Language of document : ECLI:EU:C:2023:864

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GIOVANNI PITRUZZELLA

presentate il 14 novembre 2023(1)

Causa C400/22

VT,

UR

contro

Conny GmbH

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta Landgericht Berlin (Tribunale regionale di Berlino, Germania)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 2011/83/UE – Articolo 8, paragrafo 2 – Obblighi di informazione precontrattuale – Obblighi formali in materia di contratti a distanza – Contratti conclusi per via elettronica – Ordine effettuato attivando un pulsante su un sito Internet – Obbligo per il professionista di apporre su tale pulsante la dicitura “ordine con obbligo di pagamento” – Obbligo di pagamento condizionato»






1.        Al momento della conclusione del contratto a distanza tra un consumatore e un professionista l’eventuale ordine di pagamento condizionato al verificarsi di un evento estraneo alla sfera d’influenza del consumatore deve soggiacere ai medesimi requisiti formali imposti dal diritto dell’Unione alla fattispecie di un ordine di pagamento immediato e privo di condizioni?

I.      Quadro giuridico

A.      Diritto dell’Unione

2.        I considerando 4, 5, 7 e 39 della direttiva 2011/83 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2011, L 304, p. 64) così recitano:

«(4)       A norma dell’articolo 26, paragrafo 2, TFUE, il mercato interno dovrebbe comprendere uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci e dei servizi nonché la libertà di stabilimento. L’armonizzazione di taluni aspetti dei contratti a distanza conclusi dai consumatori e dei contratti da essi negoziati fuori dei locali commerciali è necessaria per promuovere un effettivo mercato interno dei consumatori, che raggiunga il giusto equilibrio tra un elevato livello di tutela dei consumatori e la competitività delle imprese, assicurando nel contempo il rispetto del principio di sussidiarietà.

(5)       [...] La completa armonizzazione delle informazioni e il diritto di recesso nei contratti a distanza e nei contratti negoziati fuori dei locali commerciali contribuirà quindi a un livello elevato di protezione dei consumatori e a un migliore funzionamento del mercato interno tra imprese e consumatori.

[...]

(7) L’armonizzazione completa di alcuni aspetti normativi chiave dovrebbe aumentare considerevolmente la certezza giuridica sia per i consumatori che per i professionisti. Entrambi dovrebbero poter fare affidamento su un unico quadro normativo basato su concetti giuridici chiaramente definiti che regolamentano taluni aspetti dei contratti tra imprese e consumatori nell’Unione. Grazie ad una tale armonizzazione dovrebbe essere possibile eliminare gli ostacoli derivanti dalla frammentazione delle norme e completare il mercato interno in questo settore. Tali barriere possono essere superate soltanto mediante un insieme di norme uniformi a livello dell’Unione. Inoltre, i consumatori dovrebbero beneficiare di un elevato livello di tutela in tutta l’Unione.

[...]

(39)       È importante garantire che, nei contratti a distanza conclusi tramite siti web, il consumatore sia in grado di leggere e comprendere nella loro interezza i principali elementi del contratto prima di inoltrare l’ordine. A tal fine è opportuno che la presente direttiva disponga che detti elementi siano visualizzati nell’immediata prossimità della conferma necessaria per l’inoltro dell’ordine. È altresì importante garantire che, in tali situazioni, il consumatore possa determinare il momento in cui si assume l’obbligo di pagare il professionista. È opportuno pertanto attirare in modo specifico l’attenzione del consumatore, mediante una formulazione inequivocabile, sul fatto che l’inoltro di un ordine comporta l’obbligo di pagare il professionista».

3.        Ai sensi dell’articolo 1  della direttiva 2011/83, intitolato «Oggetto»:

«La presente direttiva, tramite il conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori, intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno mediante l’armonizzazione di taluni aspetti delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di contratti conclusi tra consumatori e professionisti».

4.        L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», dispone quanto segue:

«Ai fini della direttiva si intende per:

[...]

(7) “contratto a distanza”: qualsiasi contratto concluso tra il professionista e il consumatore nel quadro di un regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, mediante l’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso;

[...]».

5.        L’articolo 3 della stessa direttiva, intitolato «Ambito di applicazione», prevede quanto segue:

(1) «La presente direttiva si applica, alle condizioni e nella misura stabilita nelle sue disposizioni, a qualsiasi contratto concluso tra un professionista e un consumatore.

[...]

(5) La presente direttiva non pregiudica il diritto contrattuale nazionale generale, quali le norme sulla validità, formazione o efficacia di un contratto, nella misura in cui gli aspetti relativi al diritto contrattuale generale non sono disciplinati dalla presente direttiva».

6.        L’articolo 6 della Direttiva 2011/83, intitolato «Obblighi di informazione per i contratti a distanza e per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali», prevede quanto segue:

(1) «Prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali o da una corrispondente offerta, il professionista fornisce al consumatore le informazioni seguenti, in maniera chiara e comprensibile:

[...]».

7.        L’articolo 8 della Direttiva, intitolato «Requisiti formali per i contratti a distanza», recita:

«[...]

(2) Se un contratto a distanza che deve essere concluso con mezzi elettronici impone al consumatore l’obbligo di pagare, il professionista gli comunica in modo chiaro ed evidente le informazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettere a), e), o) e p), direttamente prima che il consumatore inoltri l’ordine.

Il professionista garantisce che, al momento di inoltrare l’ordine, il consumatore riconosca espressamente che l’ordine implica l’obbligo di pagare. Se l’inoltro dell’ordine implica di azionare un pulsante o una funzione analoga, il pulsante o la funzione analoga riportano in modo facilmente leggibile soltanto le parole «ordine con obbligo di pagare» o una formulazione corrispondente inequivocabile indicante che l’inoltro dell’ordine implica l’obbligo di pagare il professionista. Se il professionista non osserva il presente comma, il consumatore non è vincolato dal contratto o dall’ordine.

[...]».

B.      Diritto tedesco

8.        I paragrafi 3 e 4 dell’articolo 312j del Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile; in prosieguo: «BGB»), intitolato «Obblighi specifici del commercio elettronico nei confronti dei consumatori», prevedono che:

«(3) Per [i contratti elettronici dei consumatori per un servizio fornito dal professionista a titolo oneroso], il professionista deve gestire la situazione degli ordini in modo che, al momento di inoltrare l’ordine, il consumatore riconosca espressamente che l’ordine implica l’obbligo di pagare. Quando l’inoltro dell’ordine avviene azionando un pulsante, l’obbligo del professionista di cui alla prima frase è soddisfatto unicamente se il pulsante riporta in modo facilmente leggibile soltanto le parole “ordine con obbligo di pagare” oppure una formulazione corrispondente inequivocabile.

(4) [I contratti elettronici dei consumatori per un servizio fornito dal professionista a titolo oneroso] si formano solo se il professionista adempie all’obbligo di cui al paragrafo 3».

II.    Fatti, procedimento e questione pregiudiziale

9.        La ricorrente in via principale (Conny, in prosieguo “la ricorrente”), una società a responsabilità limitata che agisce in qualità di cessionaria dei diritti del conduttore di un appartamento (in prosieguo «il conduttore»), contesta al locatore di tale immobile (VT e UR, in prosieguo «i convenuti») il superamento del limite massimo dell’importo del canone locativo, cosi come stabilito dall’articolo 556d del BGB.

10.      In particolare, la ricorrente offre ai conduttori di appartamenti, tramite un sito Internet dalla stessa predisposto, la possibilità di essere incaricata di far valere i diritti connessi al superamento del canone massimo di locazione nei confronti di locatori, cliccando su un pulsante con la dicitura «continua» oppure «chiedi la riduzione del canone» oppure «recupera il risparmio del canone calmierato». Una volta effettuata la registrazione sul sito web, i conduttori devono successivamente confermare di voler conferire l’incarico alla ricorrente tramite sottoscrizione di un apposito modulo.

11.      Nel caso in cui i tentativi della ricorrente volti a far valere i diritti dei conduttori abbiano successo e, dunque si riesca a recuperare le somme eccedenti il massimo previsto, questi ultimi dovranno corrispondere a titolo di compenso: i) un importo pari a un terzo (33,33%) del canone annuale risparmiato (in prosieguo denominato “commissione”), nonché, all’atto dell’invio del sollecito al locatore, (ii) l’importo che spetterebbe a un avvocato in base alle disposizioni della legge sull’onorario degli avvocati.

12.      Nel caso di specie, il conduttore prende in locazione, dal 15 novembre 2018, un appartamento situato a Berlino di proprietà dei convenuti. Il canone mensile pattuito è superiore al tetto massimo previsto dalla normativa nazionale applicabile (articolo 556d del BGB).

13.      Il conduttore – registrandosi sul sito Internet predisposto dalla ricorrente e apponendo la propria firma sull’apposito modulo – incarica la ricorrente di far valere i propri diritti derivanti dal superamento del canone massimo di locazione nei confronti dei convenuti. Il contratto di gestione d’affari, tuttavia, non conteneva al suo interno alcuna indicazione relativamente all’obbligo di pagamento da parte del locatario.

14.      Tramite lettera del 21 gennaio 2020 la ricorrente contestava ai convenuti la violazione delle disposizioni sulla limitazione dell’importo del canone (articolo 556d BGB), avanzando alcune richieste di informazione e di rimborso.

15.      L’azione veniva accolta dall’Amtsgericht Berlin Mitte (Tribunale Distrettuale, Berlino centro, Germania) il quale rilevava che il canone di locazione richiesto era superiore al canone consentito nella misura fatta valere dalla ricorrente.

16.      Nel procedimento dinanzi al Landgericht Berlin (Tribunale del Land, Berlino, Germania), i convenuti sostenevano, in particolare, che la ricorrente non fosse legittimata a far valere i diritti del conduttore, dal momento che l’incarico le era stato conferito sulla base di un contratto nullo. Tale nullità derivava, più precisamente, dal fatto che le modalità di conclusione del contratto di gestione d’affari tra la ricorrente e il locatario non rispettavano i requisiti dell’articolo 312j, paragrafi 3 e 4, del BGB, che recepisce nel diritto nazionale l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2011/83 poiché il pulsante sul sito internet della ricorrente, sul quale il conduttore aveva cliccato per concludere il contratto, avrebbe dovuto riportare le parole «ordine con obbligo di pagare» o una formulazione analoga che evidenziasse la sussistenza del vincolo contrattuale a pagare.

17.      In tale contesto, il Landgericht Berlin ha disposto il rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia nutrendo dubbi circa l’applicabilità al caso di specie dell’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2011/83, cosi come trasposto nella legislazione tedesca dall’articolo 312j, paragrafi 3 e 4, del BGB ai sensi del quale il pulsante per finalizzare l’ordine sul sito internet della ricorrente deve contenere esplicito riferimento all’assunzione da parte del locatario dell’obbligo di pagamento. A tal proposito, la giurisdizione di rinvio osserva che il suddetto obbligo non nasce unicamente in virtù dell’ordine effettuato dal locatario sul sito web della ricorrente, ma richiede il verificarsi di condizioni successive ed eventuali.

18.      Il Landgericht Berlin osserva, peraltro, che la normativa nazionale che recepisce l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2011/83 nell’ordinamento giuridico interno – vale a dire l’articolo 312j, paragrafi 3 e 4, del BGB – non è interpretata in maniera uniforme dalle corti nazionali (2).

19.      Pertanto, il Landgericht Berlin ha sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia compatibile con l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2011/83/UE il fatto che una normativa nazionale (nel caso di specie: l’articolo 312j, paragrafi 3 e 4, del BGB nella versione applicabile dal 13 giugno 2014 al 27 maggio 2022) sia interpretata nel senso che essa trova applicazione, al pari dell’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della medesima direttiva, anche nel caso in cui il consumatore non assuma un obbligo incondizionato di pagamento nei confronti del professionista al momento della conclusione del contratto con mezzi elettronici, bensì solo subordinatamente a determinate ulteriori condizioni – ad esempio, esclusivamente in caso di successivo esito positivo dell’azione giudiziaria oggetto dell’incarico oppure di successivo invio di un sollecito a terzi».

III. Analisi giuridica

20.      Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2011/83 debba essere interpretato nel senso che rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione una situazione in cui, al momento della conclusione di un contratto a distanza con mezzi elettronici, tale contratto non implichi automaticamente un obbligo di pagamento da parte del consumatore, ma tale obbligo sia sottoposto al verificarsi di determinate condizioni successive ed eventuali (nel caso di specie se abbia successo il recupero del credito da parte dell’intermediario).

21.      In particolare, il giudice remittente si domanda se, ai sensi del proprio diritto nazionale (articolo 312j, paragrafi 3 e 4, del BGB), un contratto concluso a distanza con mezzi elettronici da un consumatore possa ritenersi valido, conformemente alle previsioni dell’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2011/83, qualora al momento della sua conclusione il professionista non faccia esplicito riferimento all’assunzione da parte del consumatore dell’obbligo di pagare un compenso per la prestazione contrattuale in oggetto.

22.      Nel caso in cui tale contratto risulti invalido, si dovrà peraltro, verificare se la normativa nazionale in questione (articolo 312j, paragrafi 3 e 4, del BGB), conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2011/83, consenta al giudice di salvaguardare gli effetti del contratto, qualora il consumatore si opponga alla disapplicazione della clausola controversa.

23.      La situazione di fatto è dunque abbastanza peculiare: il conduttore di un immobile sottoscrive a distanza un contratto con il quale conferisce ad un intermediario professionista un mandato per recuperare un credito consistente in una maggior somma pagata al locatore a titolo di canone di locazione. Nel corso della controversia instaurata dall’intermediario nei confronti del locatore per il recupero delle somme, il locatore oppone la nullità del contratto tra intermediario e conduttore in ragione della violazione di una disposizione del diritto nazionale attuativa della direttiva 2011/83. Tale disposizione impone che, al momento della sottoscrizione del contratto a distanza, il pulsante con il quale si perfeziona l’accordo rechi la dicitura inequivoca che il consumatore sta assumendo un obbligo di pagamento. Il caso in esame si caratterizza però per la circostanza che l’obbligo di pagamento assunto dal consumatore è eventuale perché condizionato dall’effettivo recupero delle somme dovute da parte dell’intermediario.

24.      A parte la questione della ricevibilità, su cui dirò brevemente nel paragrafo che segue, le questioni giuridiche da esaminare per rispondere utilmente alla domanda di pronuncia pregiudiziale sono: a) la riconducibilità della fattispecie “pagamento condizionato” a quanto previsto dall’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2011/83; b) in caso di risposta positiva, gli effetti della violazione dell’obbligo ivi previsto sul contratto sottoscritto, con particolare riferimento alla volontà del consumatore e alla legittimazione di un terzo a far valere l’eventuale invalidità.

A.      Sulla ricevibilità

25.      Occorre, innanzitutto, rilevare che la ricorrente nella causa principale contesta la ricevibilità della questione pregiudiziale ritenendo che un terzo, il locatore nel caso in esame, non possa validamente invocare l’invalidità del rapporto giuridico concluso tra cedente (il conduttore) e cessionario. Ne consegue che l’interpretazione della direttiva 2011/83 richiesta dal giudice nazionale è, ad avviso della ricorrente, irrilevante ai fini della risoluzione della controversia di cui è investito.

26.      Tuttavia, tali argomentazioni non possono essere accolte, dal momento che, come emerge dalla domanda di pronuncia pregiudiziale e dai chiarimenti forniti dal giudice del rinvio, l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta è connessa all’oggetto della causa principale. Come noto, è giurisprudenza consolidata della Corte che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nell’ambito del quadro normativo e fattuale che esso definisce sotto la propria responsabilità, e la cui esattezza non spetta alla Corte verificare, godono di una presunzione di rilevanza. La Corte può rifiutarsi di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale solo quando risulti evidente che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna attinenza con la realtà o con l’oggetto della causa principale, che la Corte non dispone degli elementi di diritto o di fatto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte o che il problema è di natura ipotetica (3).

27.      Nel caso di specie la valutazione del giudice nazionale, confermata anche nei succitati chiarimenti richiesti, sembra tale da concludere per la rilevanza della questione, fermo restando che sarà poi compito del giudice nazionale stesso fare applicazione dei principi enunciati nel procedimento in via principale.

28.      La circostanza emersa in udienza che il conduttore abbia manifestato la sua volontà di restare vincolato al contratto, ove confermata, è sicuramente rilevante per la soluzione della controversia, anche alla luce delle argomentazioni che saranno svolte nel prosieguo, ma non incide, a mio avviso, sulla ricevibilità della questione, dal momento che la Corte, sotto questo profilo, deve basarsi sulle risultanze del fascicolo e su quanto dedotto dal giudice nazionale nella domanda di pronuncia pregiudiziale. E, in ogni caso, il fatto che in una situazione concreta un singolo decida di non valersi della nullità prevista dalla norma non può incidere sulle valutazioni relative alla riconducibilità dell’obbligo di pagamento condizionato all’obbligo di pagamento sans phrase.

B.      Sul merito

1.      Requisiti formali per i contratti a distanza e pagamento “condizionato”

29.      L’obiettivo principale della direttiva 2011/83, come emerge dall’articolo 1, letto alla luce dei considerando 4, 5 e 7, consiste nel contribuire al corretto funzionamento del mercato interno, garantendo un elevato livello di tutela dei diritti dei consumatori nelle transazioni con i professionisti. La tutela dei consumatori nelle politiche dell’Unione è sancita all’articolo 169 TFUE, nonché all’articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (4).

30.      La direttiva, come emerge dall’articolo 3, ricomprende nel suo ambito di applicazione contratti tra professionisti e consumatori conclusi a distanza, la cui definizione è espressamente stabilita dall’articolo 2, punto 7.

31.      Un contratto di gestione d’affari concluso tra un conduttore di un immobile (consumatore) e un professionista tramite un apposito sito web, della tipologia di quello di cui trattasi nel procedimento principale, può senz’altro qualificarsi come contratto a distanza rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva.

32.      Al fine di tutelare la sicurezza dei consumatori nelle transazioni con i professionisti, l’articolo 6 impone al professionista, per la valida conclusione di contratti a distanza, l’obbligo di fornire al consumatore, in maniera chiara e comprensibile, una serie di informazioni essenziali.

33.      A tal proposito, l’articolo 8, letto alla luce del considerando 39, si riferisce, per di più, ad un certo numero di requisiti formali da osservare.

34.      In particolare, il paragrafo 2 dell’articolo 8 include, tra gli altri, l’obbligo in capo al professionista di comunicare al consumatore, in maniera chiara ed evidente, prima che quest’ultimo sottoscriva l’ordine, che la conclusione del contratto implica un obbligo di pagare.

35.      Peraltro, qualora l’inoltro dell’ordine richieda di azionare un pulsante o l’attivazione di una funzione analoga, il pulsante o la funzione analoga devono riportare «in modo facilmente leggibile soltanto le parole «ordine con obbligo di pagare» o una formulazione corrispondente inequivocabile indicante che l’inoltro dell’ordine implica l’obbligo di pagare il professionista». Al contrario, nel caso in cui il professionista non osservi tali formalità, il consumatore non sarà vincolato dal contratto o dall’ordine.

36.      Queste disposizioni, così come interpretate dalla Corte (5), mettono in luce la necessità che il professionista, al momento della conclusione di un contratto a distanza con mezzi elettronici, indichi chiaramente al consumatore l’obbligo di pagare la prestazione contrattuale. Ne discende che l’obbligo di fornire tali precise indicazioni è collegato all’accettazione dell’obbligo contrattuale.

37.      Occorre valutare la natura e le caratteristiche di contratti conclusi a distanza con mezzi elettronici che contengano un obbligo di pagamento condizionato – della stessa tipologia di quello ad oggetto del procedimento principale – al fine di stabilire se le indicazioni contenute in tali contratti siano tali da consentire al consumatore di riconoscere espressamente al momento della sottoscrizione del contratto, conformemente all’articolo 8 della direttiva, l’obbligo di pagamento a suo carico.

38.      L’interpretazione testuale, quella sistematica e gli obiettivi della direttiva conducono, a mio avviso, alla medesima soluzione: i requisiti formali imposti dall’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2011/83 trovano applicazione anche nel caso in cui il pagamento cui si obbliga il consumatore è subordinato al verificarsi di una determinata condizione estranea alla sfera d’influenza del consumatore stesso.

39.      Quanto al testo della direttiva, l’espressione utilizzata secondo cui il “professionista garantisce che, al momento di inoltrare l’ordine, il consumatore riconosca espressamente che l’ordine implica l’obbligo di pagare” non fa alcuna distinzione tra pagamenti certi o “condizionati”.

40.      Come correttamente rilevato dalla Commissione, se il legislatore dell’Unione avesse voluto limitare l’obbligo di informazione al solo caso di un obbligo di pagamento incondizionato, lo avrebbe fatto esplicitamente. Ciò non è avvenuto (6). La conclusione di un contratto per via elettronica "implica" già di per sé un obbligo di pagamento anche quando tale obbligo non sorge necessariamente, ma è solo possibile. La condizione da cui dipende la concreta attuazione dell’obbligo di pagamento non è, infatti, nella sfera d’influenza del consumatore e, successivamente, alla conclusione del contratto non ci sarà un nuovo momento in cui il consumatore sarà chiamato a prestare il consenso al pagamento stesso.

41.      Un consumatore medio, senza conoscenze tecniche e giuridiche approfondite, non è in grado di comprendere se un contratto sia soggetto a condizioni o meno. Pertanto, i diritti di un consumatore che concluda un contratto a distanza con mezzi elettronici, come accade nel procedimento principale, possono dirsi adeguatamente protetti soltanto se quest’ultimo venga espressamente informato, nel momento in cui clicca sul pulsante per sottoscrivere il contratto, del fatto che sta assumendo un obbligo di pagamento senza che sia necessaria una sua ulteriore manifestazione di volontà.

42.      Con riferimento alle distinzioni proposte dalla ricorrente in via principale secondo cui non si tratterebbe di un vero “pagamento di un compenso” in ragione della particolarità della situazione, è sufficiente osservare che la modalità di compenso attraverso success fee è piuttosto comune nel mondo dei professionisti e rappresenta una vera e propria modalità di compenso della prestazione svolta. È, infatti, il professionista che sceglie unilateralmente di farsi remunerare solo in caso di successo nella prestazione professionale offerta e il consumatore in questo non svolge alcun ruolo. Le ragioni alla base di tale modalità di remunerazione possono essere le più disparate, ma sono perlopiù di natura puramente commerciale, al fine di incentivare il consumatore a sottoscrivere il contratto e a non agire per proprio conto. Ciò non incide, tuttavia, a mio avviso, sulla qualificazione come remunerazione o compenso della success fee.

43.      L’interpretazione sistematica e le finalità della direttiva depongono nel medesimo senso. Come chiaramente indicato dalla Corte nella sentenza Fuhrmann-2 (7) il momento dell’accettazione è un momento decisivo per fornire le informazioni al consumatore. La Corte ha sottolineato a questo proposito che il completamento di un processo di ordine che comporta un obbligo di pagamento per il consumatore è una fase fondamentale, in quanto implica che il consumatore accetta di essere vincolato non solo dal contratto a distanza ma anche dall’obbligo di pagamento. Di conseguenza, ritenere che, attivando un pulsante o una funzione analoga, il consumatore debba dedurre dalle circostanze di tale processo che sta assumendo un impegno vincolante di pagamento, quando la formulazione di tale pulsante o funzione non gli consente di individuare tali conseguenze con assoluta certezza, equivarrebbe a compromettere l’obiettivo della direttiva 2011/83 che consiste nel garantire un elevato livello di tutela dei diritti dei consumatori in materia d’informazione.

44.      Il rapporto contrattuale che costituisce la condizione giuridica dell’obbligo di pagamento sorge, piuttosto, nel momento in cui il consumatore manifesta la propria volontà, ossia quando clicca sul pulsante per sottoscrivere l’ordine.

45.      Concordo con la Commissione (8) che, anche un’interpretazione basata sull’effetto utile della disposizione, porta allo stesso risultato: l’obbligo di osservare i requisiti formali previsti dall’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2011/83 anche in caso di pagamento “condizionato” è, infatti, l’unico modo per garantire sufficientemente l’informazione e la sicurezza dei consumatori nei loro rapporti commerciali con i professionisti. In molti casi, l’effettivo obbligo di pagamento del consumatore dipende da eventi successivi sui quali non ha alcun controllo ed escludere tutti questi casi dal campo di applicazione dell’obbligo di informazione comprometterebbe in modo inaccettabile l’ambito di protezione stabilito dalla direttiva.

46.      La ricorrente sostiene che una soluzione come quella proposta rischierebbe di creare ambiguità per il consumatore perché non sarebbe chiara la mera eventualità dell’obbligo di pagamento, sottoposto alla condizione del recupero delle somme indebitamente pagate. Ritengo che, alla luce delle finalità di protezione del consumatore della direttiva, il chiarimento sull’effettiva portata dell’obbligo possa essere fornito nelle condizioni di contratto mostrate al consumatore prima dell’accettazione dell’obbligo di pagamento. La soluzione contraria, ossia l’esposizione nelle condizioni di contratto dell’assunzione di un obbligo di pagamento (seppure condizionato) senza alcun esplicito riferimento nel momento della conclusione del contratto, vanificherebbe gli obiettivi direttiva.

47.      Va poi aggiunto, al contrario di quanto sembra sostenere la parte ricorrente, che, a fronte della finalità della direttiva di garantire al consumatore un elevato livello di protezione, non vi sia alcuna esigenza dell’impresa con cui bilanciare tale finalità. Non si comprende cioè quale aggravio di costi o pregiudizio subirebbe l’impresa adeguando il pulsante agli obblighi previsti dalla direttiva (9).

48.      Il giudice del rinvio solleva poi la questione se, nel caso di obblighi di pagamento condizionato, il testo del pulsante stesso possa essere ampliato per affermare che l’obbligo di pagamento sorge solo quando sono soddisfatte determinate condizioni. Anche su questo punto concordo con la Commissione (10) secondo cui la formulazione inequivocabile dell’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2011/83 escluda una tale estensione del testo sul pulsante. Si legge, infatti che il pulsante debba contenere in modo facilmente leggibile soltanto le parole «ordine con obbligo di pagare» o una formulazione corrispondente. Ciò è in linea con l’intenzione del legislatore di informare il consumatore, al momento della conclusione del contratto, indicando il suo obbligo di pagamento in modo chiaro e non ambiguo e l’aggiunta di ulteriori informazioni al pulsante potrebbe compromettere la chiarezza.

2.      Effetti della violazione dei requisiti formali sulla validità del contratto: volontà del consumatore e legittimazione di terzi

49.      Come correttamente ricordato dalla Commissione nelle sue osservazioni (11), ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/83, la direttiva non incide sul diritto contrattuale nazionale, come le disposizioni relative alla validità, alla formazione o agli effetti di un contratto, nella misura in cui tali aspetti non siano espressamente disciplinati dalla direttiva stessa.

50.      La direttiva, all’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, con riferimento all’obbligo di indicare con chiarezza l’obbligo di pagamento al momento dell’inoltro dell’ordine, si limita a stabilire che se il professionista non osserva le prescrizioni ivi previste «il consumatore non è vincolato dal contratto o dall’ordine».

51.      Tuttavia, nell’ambito della presente controversia la nullità del contratto tra il professionista e il consumatore non è invocata dal consumatore (il locatario), bensì da un terzo (il locatore) che ha un sicuro interesse all’annullamento del contratto dal momento che farebbe venir meno la pretesa dedotta in giudizio contro di lui dal professionista.

52.      Come emerge dalla giurisprudenza consolidata della Corte (12), le clausole abusive vanno disapplicate, tranne nel caso in cui il consumatore vi si opponga. Perciò, qualora il consumatore esprima il proprio consenso affinché le clausole abusive siano mantenute, il sistema di tutela contro dette clausole non si applica. Ciò determinerebbe, infatti, effetti distorsivi ed estranei alla ratio della direttiva 2011/83, ove i profili di protezione dell’interesse individuale del consumatore sono identificati come assolutamente prioritari.

53.      La portata dell’articolo 8 nella parte in cui prevede che il consumatore non sarà vincolato all’ordine non è, dunque, incondizionata, ma, in linea con quanto affermato dalla Corte nelle citate pronunce, trova un limite nella volontà del consumatore.

54.      Ciò significa, nel caso che ci occupa, che l’accertamento dell’invalidità e il successivo annullamento della clausola controversa e, in caso dell’intero contratto, tra consumatore e professionista è rimesso alla volontà del consumatore, per la cui tutela è specificamente predisposta l’invalidità della clausola.

55.      Ciò comporta, a mio avviso, in assenza di disposizioni contrarie nel diritto nazionale (in ragione del principio di autonomia procedurale degli Stati membri), che un terzo può legittimamente far valere l’invalidità di una clausola di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore nel caso in cui vi abbia interesse perché convenuto sulla base di quel contratto. Tuttavia il giudice dovrà valutare se l’interesse del terzo e quello del consumatore coincidano (o, comunque quelli del terzo possano svolgere un supporto alla tutela del consumatore), o se essi siano divergenti. Nel secondo caso, in ragione dell’ascrivibilità delle invalidità previste nelle direttive a tutela dei consumatori alla categoria delle “nullità di protezione”, indipendentemente dalla esatta qualificazione nel diritto nazionale, il giudice dovrà assumere la decisione in linea con la volontà del consumatore. Nel caso in cui il consumatore esprima chiaramente di voler mantenere gli effetti della clausola e del contratto, la conseguenza non potrà che essere il rigetto della domanda di annullamento da parte del terzo (13).

56.      Se il diritto nazionale non lo vieta, ritengo che un terzo sia legittimato a far valere l’eventuale invalidità di una clausola di un contratto sottoscritto tra consumatore o professionista ove vi abbia interesse ma, dal momento che l’invalidità prevista da articolo 8 è “di protezione” sarà sempre il consumatore ad avere l’ultima parola sulla volontà di beneficiare o meno dell’invalidità o se con successiva manifestazione convalidare gli effetti di una clausola invalida (nullità relativa). È pertanto escluso che il terzo possa invalidare una clausola di un contratto tra consumatore e professionista perché viziata contro la volontà e l’interesse del consumatore, soggetto della tutela del provvedimento legislativo.

57.      Ultima questione, relativa agli effetti della violazione, è quella relativa alle differenze testuali tra la disposizione nazionale (i paragrafi 3 e 4 dell’articolo 312j del BGB) e l’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2011/83.

58.      Il testo della norma nazionale che ha attuato la direttiva 2011/83 dispone, infatti, nella sostanza, che il contratto può dirsi formato solo se il professionista rispetta gli obblighi ivi previsti. Non vi è dubbio che la differenza di significato rispetto al testo della direttiva sia non irrilevante, dal momento che manca ogni riferimento alla volontà del consumatore. Da ciò potrebbe dedursi che, ai sensi del diritto nazionale, l’invalidità del contratto, in caso di violazione dei requisiti formali previsti sia assoluta.

59.      Sarà il giudice nazionale a dover accertare se è possibile procedere a un’interpretazione del diritto nazionale conforme al diritto dell’Unione, facendo applicazione della consolidata giurisprudenza della Corte. Il principio di interpretazione conforme esige, infatti, che i giudici nazionali si adoperino al meglio nei limiti del loro potere, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia della direttiva di cui trattasi e di pervenire a una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima. L’esigenza di un’interpretazione conforme siffatta include precisamente l’obbligo, per i giudici nazionali, di modificare, se del caso, una giurisprudenza consolidata se questa si basa su un’interpretazione del diritto nazionale incompatibile con gli scopi di una direttiva. Pertanto, un giudice nazionale non può, in particolare, validamente ritenere di trovarsi nell’impossibilità di interpretare una disposizione nazionale conformemente al diritto dell’Unione per il solo fatto che detta disposizione è stata costantemente interpretata in un senso che è incompatibile con tale diritto (14). L’obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale, tuttavia, è soggetto ad alcuni limiti e non può, in particolare, servire da fondamento ad un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (15).

60.      Il giudice nazionale, pertanto, nel caso di specie, dovrà prendere in considerazione il diritto interno nel suo insieme, ivi compreso il principio di buona fede, per valutare se è possibile un’interpretazione del diritto nazionale conforme al testo e allo spirito della direttiva.

61.      In particolare, nella controversia in esame, ove emergerebbe la volontà del conduttore di rimanere vincolato all’ordine effettuato sul sito web della ricorrente, il giudice nazionale potrebbe interpretare l’articolo 312j, paragrafi 3 e 4, nel senso di non disapplicare la clausola abusiva, facendo così salvi gli effetti del rapporto contrattuale tra ricorrente e locatario di cui al procedimento principale (16).

IV.    Conclusioni

62.      Sulla base di tutte le suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale proposta nel seguente modo:

«L’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2011/83/UE deve essere interpretato nel senso che:

nel contesto di un ordine per la conclusione di un contratto a distanza per via elettronica e che comporta l’attivazione di un pulsante o di una funzione analoga, la dicitura presente su tale pulsante deve soddisfare i requisiti di tale disposizione anche nel caso in cui il consumatore sia soggetto, al momento della conclusione del contratto, a un obbligo di pagamento che dipenda dal verificarsi di un evento futuro estraneo alla sfera di influenza del consumatore. Ciò a condizione che non vi sia un momento successivo in cui il consumatore possa esprimere il proprio consenso al pagamento».


1      Lingua originale: l’italiano.


2      Da un lato, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ritiene che l’obiettivo di tutela di cui all’art. 312 undecies, nn. 3 e 4, del BGB non sia pregiudicato qualora, nell’ambito di un contratto concluso a distanza, (a) il consumatore chieda il recupero di un credito eventualmente già esistente, (b) la remunerazione sia dovuta al professionista solo a determinate condizioni, ossia esclusivamente in caso di successo, e (c) la remunerazione consista unicamente nel coinvolgimento del professionista nella realizzazione del credito (si vedano la sentenze del 19 gennaio 2022, VIII ZR 123/21, DE :BGH:2022:190122UVIIIZR123.21.0, punto 55, e del 30 marzo 2022, VIII ZR 358/20, DE:BGH:2022:300322UVIIIZR358.20.0, punto 58). Ai sensi di tale interpretazione, il contratto concluso tra la ricorrente e il locatario nel caso di specie sarebbe da ritenersi valido. D’altro lato, il Bundesgerichtshof ha espressamente escluso un’interpretazione restrittiva sulla base della finalità protettiva delle stesse disposizioni del BGB (si veda sentenza del 19 gennaio 2022, VIII ZR 122/21, DE:BGH:2022:190122UVIIIZR122.21.0, punto 52)., il che implicherebbe la nullità del contratto a distanza in questione.


3      Sentenze del 24 novembre 2020, Openbaar Ministerie (C‑510/19, EU:C:2020:953, punto 26 e giurisprudenza citata) e del 24 febbraio 2022, Tiketa (C-536/20, EU:C:2022:112, punto 39 e giurisprudenza citata).


4      Si vedano in tal senso sentenza del 10 luglio 2019, Amazon EU (C‑649/17, EU:C:2019:576, punto 39); Sentenza del 7 aprile 2022, Fuhrmann-2 (C‑249/21, EU:C:2022:269, punto 21).


5      Si vedano, in particolare, le recenti indicazioni circa l’interpretazione dell’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2011/83 fornite dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 7 aprile 2022, Fuhrmann-2 (C‑249/21, EU:C:2022:269).


6      Osservazioni scritte della Commissione, punto 16.


7      Si veda sentenza del 7 aprile 2022, Fuhrmann-2 (C‑249/21, EU:C:2022:269, punto 30).


8      Osservazioni scritte della Commissione, punto 21.


9      Si veda la sentenza del 7 aprile 2022, Fuhrmann-2 (C‑249/21, EU:C:2022:269, punto 31), secondo cui se è vero che nell’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2011/83, si deve garantire, come enunciato dal considerando 4 di tale direttiva, un giusto equilibrio tra un livello di tutela dei consumatori e la competitività delle imprese, rispettando al contempo la libertà di impresa dell’imprenditore, occorre tuttavia constatare che un simile bilanciamento non è pertinente nel caso di specie, atteso che la redazione o la modificazione di una dicitura presente su un pulsante o su una funzione di inoltro elettronica di un ordine non implica alcun onere significativo tale da nuocere alla competitività o alla libertà di impresa dei professionisti interessati.


10      Osservazioni scritte della Commissione, punto 24.


11      Osservazioni scritte della Commissione, punto 27.


12      In tal senso si vedano la sentenza del 4 giugno 2009, Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350); sentenza del 17 dicembre 2009, Martín Martín (C‑227/08, EU:C:2009:792); sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak (C‑260/18, EU:C:2019:819). Si vedano inoltre Annarita Freda, Riflessioni sulle c.d. nullità di protezione sul potere-dovere di rilevazione officiosa, in Ricerche Giuridiche, 2013, II, pag. 583; Stefano Milanesi, Le pronunce Pannon ed Eva Martin Martin sulla rilevabilità d’ufficio delle nullità di protezione, in Giurisprudenza Commerciale, 2010, II, pag. 801; Stefano Pagliantini, La nullità di protezione tra rilevabilità d’ufficio e convalida, in Persona e Mercato, 2009, I, pag. 26; Rosalba Alessi, Nullità di protezione e poteri del giudice tra Corte di Giustizia e sezioni unite della Cassazione, in Europa e Diritto Privato, 2014, IV, pag. 1173.


13      Come osservato dalla ricorrente nelle proprie risposte all’udienza del 27 settembre 2023, il conduttore avrebbe confermato di voler mantenere in vita il contratto nonostante la clausola abusiva. In particolare, a seguito dei dubbi espressi dal giudice del rinvio sulla validità della clausola controversa, la ricorrente avrebbe contattato il conduttore domandandogli espressamente se volesse comunque concludere il contratto e quest’ultimo avrebbe risposto in maniera affermativa.


14      Si veda sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften (C‑684/16, EU:C:2018:874, punti 59 e 60).


15      Si veda sentenza del 6 ottobre 2021, Sumal (C‑882/19, EU:C:2021:800, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).


16      Una soluzione simile è stata adottata dalla Corte di Cassazione italiana, Sezioni Unite, nella sentenza del 4 novembre 2019 n. 28314. A tal proposito si veda Tommaso Febbrajo, Uso selettivo della nullità di protezione tra buona fede e principi rimediali di effettività, proporzionalità e dissuasività, in Persona e Mercato, 2021, II, pag. 345; Giuseppe Vettori, Nullità selettive e riequilibrio effettivo. L’evoluzione della buona fede, in Persona e Mercato, 2019, IV, pag. 21; Chiara Sartoris, La sentenza delle seziono unite sulla nullità selettiva: tra protezione e buona fede, in Persona e Mercato, 2019, IV, pag. 69.