Language of document : ECLI:EU:C:2017:975

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate il 14 dicembre 2017 (1)

Causa C577/16

Trinseo Deutschland Anlagengesellschaft mbH

contro

Repubblica federale di Germania

[domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal Verwaltungsgericht Berlin (tribunale amministrativo di Berlino) (Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2003/87/CE – Ambiente – Sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nell’Unione europea – Articolo 2, paragrafo 1 – Sfera di applicazione – Emissioni indirette generate dalla produzione di calore acquisito da un impianto terzo – Mancata considerazione – Allegato I – Settore chimico – Nozione di produzione di prodotti chimici organici su larga scala mediante cracking, reforming, ossidazione parziale o totale, o processi simili – Produzione di polimeri, in particolare di policarbonato – Inclusione – Articolo 10 bis – Decisione 2011/278/UE – Assegnazione di quote a titolo gratuito – Assenza di effetto diretto»






I.      Introduzione

1.        Con decisione del 3 novembre 2016, pervenuta presso la cancelleria della Corte il 16 novembre 2016, il Verwaltungsgericht Berlin (tribunale amministrativo di Berlino, Germania) ha sottoposto alla Corte una domanda diretta a ottenere una pronuncia pregiudiziale sull’interpretazione dell’articolo 1 e dell’allegato I della direttiva 2003/87/CE (2) nonché della decisione 2011/278/UE (3).

2.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Trinseo Deutschland Anlagengesellschaft mbH (in prosieguo: la «Trinseo») e la Bundesrepublik Deutschland (Repubblica federale di Germania), rappresentata dall’Umweltbundesamt (Ufficio federale per l’ambiente, Germania), in ordine al diniego della Deutsche Emissionshandelsstelle (autorità tedesca competente per lo scambio di quote di emissioni, Germania, in prosieguo: la «DEHSt») di assegnare quote di emissioni a titolo gratuito a un impianto di produzione di policarbonato gestito dalla Trinseo (in prosieguo anche: l’«impianto controverso»).

3.        Tale diniego era basato sulle disposizioni della normativa tedesca che recepisce la direttiva 2009/29. Tale direttiva ha esteso la sfera d’applicazione del sistema di scambio delle quote di emissioni al settore chimico a partire dal terzo periodo di scambio (2013-2020). A tal fine, la direttiva medesima ha, in particolare, inserito la seguente disposizione nell’allegato I della direttiva 2003/87, la quale enumera le attività incluse in tale sistema di scambio: «Produzione di prodotti chimici organici su larga scala mediante cracking, reforming, ossidazione parziale o totale o processi simili, con una capacità di produzione superiore a 100 tonnellate al giorno» (in prosieguo: la «disposizione controversa»).

4.        La disposizione della normativa tedesca di trasposizione della disposizione controversa ha istituito un elenco limitato di prodotti chimici che possono rientrare in tale attività, elenco nel quale non rientrano i polimeri come quelli prodotti dall’impianto controverso (4). Poiché la produzione di polimeri non rientra nel sistema di scambio ai sensi di detta normativa, la DEHSt ha rifiutato di assegnare quote a titolo gratuito a tale impianto.

5.        Sottolineo che il contenuto della normativa tedesca ha provocato due reazioni da parte della Commissione europea.

6.        Da una parte, la Commissione ha avviato una procedura di infrazione nei confronti della Repubblica federale di Germania per incompleto recepimento della direttiva 2003/87, basata sulla mancata inclusione della produzione di polimeri nel sistema di scambio di quote di emissioni (5).

7.        Dall’altra, la Commissione ha rilevato nella decisione 2013/448/UE che l’elenco degli impianti riportato nelle misure nazionali di attuazione della Germania era incompleto giacché non comprendeva gli impianti che producono polimeri (6). Inoltre, con riguardo al calore fornito a tali impianti, la Commissione ha ritenuto che dette misure non prevedessero erroneamente l’assegnazione di quote a titolo gratuito agli impianti stessi, bensì ai fornitori di calore (7). La Commissione ha conseguentemente respinto l’assegnazione a titolo gratuito prevista dalle misure di attuazione tedesche ai suddetti fornitori di calore (8). Tale diniego della Commissione, unitamente alla mancata inclusione nelle misure di attuazione tedesche degli impianti che producono polimeri come l’impianto controverso, ha determinato l’esclusione di qualsiasi assegnazione di quote a titolo gratuito per la produzione del calore fornito a tali impianti.

8.        Dalle osservazioni presentate dalla Trinseo nel procedimento principale emerge quindi che né l’impianto controverso, né la società Dow Deutschland Anlagengesellschaft (in prosieguo: la «Dow»), che le fornisce il calore necessario per la produzione di polimeri, hanno ricevuto quote a titolo gratuito per la produzione di tale calore.

9.        In tale contesto, il giudice del rinvio chiede alla Corte, con la prima questione pregiudiziale, di determinare se la produzione di polimeri e, in particolare, di policarbonato, ricada nell’ambito di applicazione della disposizione controversa e, pertanto, della direttiva 2003/87/CE.

10.      Suggerirò alla Corte di rispondere nel senso che tale attività ricade senz’altro nell’ambito di applicazione della disposizione controversa, specificando tuttavia che essa rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87 solamente se genera, di per sé, emissioni di diossido di carbonio (CO2), e ciò a prescindere dalle emissioni indirette come quelle generate dalla produzione di calore acquisito da un impianto terzo.

11.      Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice a quo chiede, in sostanza, se l’articolo 10 bis della direttiva 2003/87 e le disposizioni della decisione 2011/278, che prevedono l’assegnazione a titolo gratuito di quote di emissioni, abbiano un effetto diretto.

12.      Suggerirò alla Corte di rispondere a tale domanda in senso negativo.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

13.      L’articolo 1 della direttiva 2003/87, intitolato «Oggetto», recita così:

«La presente direttiva istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nella Comunità (…), al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica.

(…)».

14.      L’articolo 2, paragrafo 1, di tale medesima direttiva, intitolato «Campo di applicazione», dispone quanto segue:

«La presente direttiva si applica alle emissioni provenienti dalle attività indicate nell’allegato I e ai gas a effetto serra elencati nell’allegato II».

15.      Nell’allegato I della direttiva 2003/87, intitolato «categorie di attività cui si applica la presente direttiva» figura, in particolare, la disposizione controversa.

16.      La decisione 2011/278, come precisa il suo titolo, stabilisce norme transitorie per l’insieme dell’Unione europea ai fini dell’armonizzazione delle procedure di assegnazione gratuita delle quote di emissioni ai sensi dell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87/CE.

B.      Diritto tedesco

17.      L’articolo 2 del Gesetz über den Handel mit Berechtigungen zur Emission von Treibhausgasen (Treibhausgas-Emissionshandelsgesetz – TEHG) (legge sullo scambio delle quote di emissioni di gas a effetto serra, in prosieguo: il «TEHG»), del 27 luglio 2011 (BGBl. I S. 1475), intitolato «Ambito di applicazione», così dispone:

«1)      La presente legge si applica alle emissioni di gas a effetto serra riportati nell’allegato 1, parte 2, prodotte dalle attività ivi menzionate. Per gli impianti di cui all’allegato 1, parte 2, la presente legge si applica anche laddove si tratti di componenti o infrastrutture di un impianto non elencato nell’allegato 1 parte 2.

(…)».

18.      L’articolo 9 del TEHG, intitolato «Assegnazione di quote a titolo gratuito ai gestori degli impianti», dispone quanto segue:

«(1)      Ai gestori di impianti vengono assegnate quote a titolo gratuito sulla base dei principi enunciati all’articolo 10 bis (…) della [direttiva 2003/87] nella versione vigente, e della decisione [2011/278].

(…)».

19.      L’allegato 1, parte 2, punto 27, del TEHG concerne gli «impianti per la produzione di prodotti chimici organici (alcheni e alcheni clorurati; alchini; sostanze aromatiche e sostanze aromatiche alchilate; fenoli, alcoli; aldeidi, chetoni; acidi carbossilici, acidi dicarbossilici, anidridi di acidi carbossilici e dimetiltereftalato; epossidi; acetato di vinile, acrilonitrile; caprolattame e melamina) con una capacità di produzione superiore a 100 tonnellate al giorno».

III. Procedimento principale e questioni pregiudiziali

20.      La Trinseo gestisce un impianto per la produzione di policarbonato sito a Stade (Germania), la cui capacità produttiva autorizzata è di oltre 100 tonnellate al giorno. Tale impianto acquisisce il vapore necessario per tale produzione da una centrale elettrica soggetta al sistema di scambio di quote di emissioni che è gestita da un’altra società, la Dow, stabilita nello stesso luogo.

21.      Il 23 gennaio 2012 la Trinseo chiedeva alla DEHSt l’assegnazione gratuita di quote di emissioni per l’impianto controverso.

22.      Con decisione del 17 febbraio 2014 la DEHSt respingeva la domanda, sulla base del rilievo che il policarbonato non sarebbe contenuto nell’elenco di sostanze e categorie di sostanze di cui al punto 27 dell’allegato 1, parte 2, del TEHG e che, pertanto, l’impianto controverso non rientrerebbe nell’ambito di applicazione di tale legge.

23.      L’opposizione proposta dalla Trinseo avverso tale decisione veniva respinta dalla DEHSt per gli stessi motivi.

24.      Il 2 ottobre 2015 la Trinseo impugnava detta decisione dinanzi al Verwaltungsgericht Berlin (tribunale amministrativo di Berlino).

25.      A sostegno del ricorso la Trinseo sosteneva che, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/87, in combinato disposto con l’allegato I della stessa, qualsiasi attività per la produzione di prodotti chimici organici su larga scala mediante cracking, reforming, ossidazione parziale o totale o altri processi, senza limitazioni a determinate sostanze, ricade nell’ambito di applicazione di tale direttiva.

26.      La DEHSt sosteneva, invece, che la direttiva 2003/87 non impone l’obbligo di includere gli impianti di polimerizzazione nel sistema di scambio di quote di emissioni. Peraltro, il fatto che tale direttiva abbia un effetto sostanzialmente gravoso per i gestori degli impianti inciderebbe in senso sfavorevole a un’applicabilità diretta della stessa.

27.      Ciò premesso, il Verwaltungsgericht Berlin (tribunale amministrativo di Berlino) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 1, in combinato disposto con l’allegato I, della direttiva [2003/87] debba essere interpretato nel senso che la produzione di polimeri, e, in particolare, del polimero policarbonato in impianti di capacità produttiva superiore a 100 t al giorno, rientri nell’attività, ivi indicata, di produzione di prodotti chimici organici su larga scala mediante cracking, reforming, ossidazione parziale o totale o processi simili.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione pregiudiziale, se il gestore di un impianto di tal genere abbia diritto all’assegnazione a titolo gratuito di quote di emissioni per effetto di applicazione diretta delle disposizioni della direttiva 2003/87/CE e della decisione [2011/278], nel caso in cui un’assegnazione a titolo gratuito di quote di emissioni ai sensi del diritto nazionale resti esclusa per il sol fatto che lo Stato membro interessato non abbia inserito gli impianti per la produzione di polimeri nell’ambito di applicazione della legge nazionale di recepimento della direttiva [2003/87] e, per detto solo motivo, tali impianti non partecipino allo scambio di quote di emissioni».

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

28.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta presso la cancelleria della Corte il 16 novembre 2016.

29.      La Trinseo, il governo tedesco, il governo olandese e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte.

30.      La Trinseo, l’Ufficio federale per l’ambiente (Umweltbundesamt), il governo tedesco, il governo olandese e la Commissione sono comparsi all’udienza del 21 settembre 2017 esponendo proprie osservazioni.

V.      Analisi

31.      Con il primo quesito pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede alla Corte se l’articolo 1 della direttiva 2003/87, in combinato disposto con l’allegato I di quest’ultima, debba essere interpretato nel senso che la produzione di polimeri e, in particolare, di policarbonato, in impianti con una capacità produttiva superiore a 100 tonnellate al giorno, rientri nell’ambito di applicazione della disposizione controversa.

32.      In sostanza, il giudice del rinvio chiede quindi alla Corte se la produzione di polimeri, e, in particolare, di policarbonato, rientri nell’ambito di applicazione della disposizione controversa e, pertanto, nell’ambito di applicazione di tale direttiva. Suggerisco dunque di sostituire, nella questione sottoposta, il riferimento all’articolo 1 con un riferimento all’articolo 2, paragrafo 1, di detta direttiva, dal momento che quest’ultima disposizione ha lo scopo di definire l’ambito di applicazione della direttiva medesima.

33.      A tal riguardo, il governo tedesco e il governo olandese hanno sostenuto che la produzione di polimeri non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87 per il motivo che il processo di polimerizzazione non emette, di per sé, CO2. Analizzerò detto argomento, che solleva a mio avviso una questione di principio per quanto riguarda la possibilità di prendere in considerazione emissioni indirette nel regime istituito dalla presente direttiva, nella sezione A.

34.      Esaminerò quindi l’ambito di applicazione della disposizione controversa. Osservo, al pari della Trinseo e del governo olandese, che i termini che compaiono nella formulazione di tale disposizione e, in particolare, i termini «su larga scala» e «processi simili», non sono definiti dalla direttiva 2003/87. Secondo una costante giurisprudenza, dalla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo senso e della sua portata devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa in questione (9).

35.      Nel caso di specie, dalla formulazione della disposizione controversa possono essere dedotte quattro condizioni.

36.      In primo luogo, l’impianto deve avere una capacità di produzione superiore a 100 tonnellate al giorno. È pacifico che tale condizione è soddisfatta dall’impianto controverso, e la prima questione sottoposta muove del resto da tale premessa.

37.      In secondo luogo, l’impianto deve produrre prodotti chimici «organici». Nessuna delle parti che hanno presentato osservazioni alla Corte ha contestato il fatto che i polimeri prodotti dall’impianto controverso della Trinseo costituiscano prodotti chimici organici. A tale riguardo, mi limito ad osservare che, secondo la sua comune definizione, la nozione di composto organico si riferisce a un composto che contiene l’elemento carbonio (10), circostanza che chiaramente ricorre nel caso del policarbonato prodotto in detto impianto.

38.      In terzo luogo, l’impianto deve produrre prodotti chimici «su larga scala». Esaminerò tale condizione nella seguente sezione B.

39.      In quarto luogo, i prodotti chimici devono essere prodotti «mediante cracking, reforming, ossidazione parziale o totale o processi simili». Tale quarta condizione sarà oggetto della sezione C.

40.      Al termine di tale esame, e in risposta alla prima questione sottoposta, riassumerò nella sezione D i motivi per cui ritengo che la produzione di polimeri rientri nell’ambito di applicazione della disposizione controversa. Tuttavia, tale attività potrà rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87, definito all’articolo 2, paragrafo 1 di quest’ultima, solamente se essa genera, di per sé, emissioni di CO2, e ciò, a prescindere dalle emissioni indirette come quelle generate dalla produzione di calore acquisito da un impianto terzo.

41.      In risposta alla seconda questione sottoposta, esporrò nella sezione E le ragioni per cui ritengo che l’articolo 10 bis di tale direttiva e le disposizioni della decisione 2011/278, che prevedono l’assegnazione gratuita di quote di emissioni, siano prive di effetto diretto.

A.      Sulla mancata considerazione delle emissioni «indirette» come quelle generate dalla produzione di calore acquisito da un impianto terzo

42.      Il governo tedesco e il governo olandese hanno sostenuto che la produzione di polimeri non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87 per il motivo che il processo di polimerizzazione non emette, di per sé, CO2. Secondo tali governi, le sole emissioni di CO2 in tale contesto, trovano origine nella produzione del calore necessario per tale polimerizzazione, come quello acquisito dall’impianto controverso da un impianto terzo, vale a dire quello presso la Dow.

43.      Detti governi ne concludono che, in tale contesto, solo l’attività di produzione di calore rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva, restando inteso che tale calore può essere prodotto da un impianto terzo, come avviene nel caso di specie, o dall’impianto di polimerizzazione stesso.

44.      Secondo la Trinseo e la Commissione, invece, le emissioni provenienti dalla produzione di polimeri dovrebbero comprendere le emissioni «indirette» generate dalla produzione del calore necessario per la polimerizzazione. Tale approccio permetterebbe di incoraggiare gli investimenti diretti a ridurre il consumo di energia, in conformità con gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2003/87. Esso sarebbe inoltre confermato dall’articolo 10 bis di tale direttiva e dalla decisione 2011/278, i quali prevedono l’assegnazione di quote a titolo gratuito all’impianto che utilizza il calore, e non all’impianto che lo produce (11).

45.      Sottolineo, in via preliminare, che l’allegato I della direttiva 2003/87 riguarda non la produzione di calore in quanto tale bensì la «combustione di carburanti in impianti di potenza termica nominale totale superiore a 20 MW».

46.      Peraltro, il CO2 è l’unico gas a effetto serra menzionato nell’allegato I, per quanto riguarda sia tale attività di combustione, sia la produzione di prodotti chimici organici di cui alla disposizione controversa.

47.      Ciò premesso, lo scambio dei precedenti argomenti non riguarda l’interpretazione della disposizione controversa, bensì dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/87. In sostanza, la questione che si pone è se le emissioni «indirette», ossia le emissioni che non sono generate di per sé dall’attività in questione (le quali possono essere qualificate come «dirette»), ma che risultano dalla produzione dei «materiali in ingresso» (12) necessari per tale attività, debbano essere considerate «provenienti», ai sensi di detta disposizione, dalle attività di cui all’allegato I di tale direttiva.

48.      Nel procedimento principale l’impianto controverso si è procurato il calore di cui aveva bisogno dalla Dow, cosicché le emissioni generate dalla produzione di tale calore rappresentano emissioni indirette per la sua attività di produzione di polimeri.

49.      Per quanto possa essere auspicabile prendere in considerazione dette emissioni indirette nel sistema di scambio di quote di emissioni alla luce dell’obiettivo di tutela ambientale, tale considerazione incontra, a mio parere, numerosi ostacoli effettivi nel sistema attualmente istituito da tale direttiva.

50.      In primo luogo, si creerebbe un rischio di duplice conteggio di tali emissioni, che dovrebbero essere comunicate sia dal produttore (in quanto emissioni dirette) sia dall’utilizzatore del materiale in ingresso interessato (in quanto emissioni indirette). Pertanto, nell’ambito della controversia oggetto del procedimento principale, nessun elemento risultante dagli atti presentati alla Corte consente di dubitare del fatto che la Dow abbia comunicato le emissioni provenienti dalla combustione da cui è prodotto il calore fornito alla Trinseo. Orbene, dalla posizione sostenuta dalla Trinseo e dalla Commissione deriverebbe che la Trinseo sarebbe tenuta a comunicare le medesime emissioni una seconda volta.

51.      Detto rischio di duplice conteggio risulterebbe, a mio avviso, incompatibile sia con l’articolo 5, primo comma, del regolamento (UE) n. 601/2012 (13) sia con la tutela delle condizioni di concorrenza, che costituisce uno dei sub‑obiettivi del regime istituito dalla direttiva 2003/87 (14).

52.      Preciso che il regime istituito da tale direttiva non prevede, per quanto a mia conoscenza, alcun meccanismo generale (15) che consenta di «trasferire» emissioni dal produttore all’utilizzatore del materiale in ingresso, liberando il produttore dagli obblighi di comunicazione, monitoraggio e restituzione ad esse relativi (16). Per quanto concerne il calore, tale interpretazione risulta confermata dal punto 1, A), secondo comma, dell’allegato IV del regolamento n. 601/2012, a termini del quale «[i]l gestore assegna all’impianto tutte le emissioni provenienti dalla combustione di combustibili presso l’impianto, indipendentemente dalle esportazioni di calore o elettricità verso altri impianti. Il gestore non assegna all’impianto portatore le emissioni associate alla produzione di calore o elettricità importati da altri impianti».

53.      In secondo luogo, l’obbligo per un impianto di comunicare le proprie emissioni indirette comporterebbe problemi amministrativi irrisolvibili allo stato attuale del regime istituito. In caso di produzione di calore da parte di un impianto terzo, come avviene nella controversia di cui al procedimento principale, si porrebbe in particolare la questione della ripartizione delle emissioni indirette tra i vari clienti di tale impianto. Lo stesso problema di ripartizione si porrebbe in capo agli utilizzatori successivi di un materiale in ingresso, come ad esempio nel caso della produzione di alluminio successivamente trasformato da diversi impianti.

54.      Inoltre, è lecito interrogarsi sulla capacità di un impianto di monitorare le proprie emissioni indirette, ai sensi dell’articolo 14 della direttiva 2003/87, qualora queste ultime provengano, ad esempio, da un impianto terzo.

55.      In terzo luogo, la considerazione delle emissioni indirette, come quelle provenienti dalla produzione del calore necessario per la produzione di polimeri, solleverebbe questioni fondamentali riguardo all’ambito di applicazione della direttiva. Da una parte, ci si chiede se spetti a ogni impianto comunicare tutte le proprie emissioni indirette, ossia le emissioni provenienti dalla produzione di tutti i propri materiali in ingresso come il calore, l’elettricità, l’acciaio o ancora l’alluminio. Dall’altra, se una società debba essere inclusa nel sistema di scambio per il semplice motivo che utilizza materiali in ingresso la cui produzione genera emissioni contemplate dalla direttiva.

56.      In quarto luogo, i considerando e le disposizioni della decisione 2011/278, invocati dalla Commissione (17), sono irrilevanti per determinare l’ambito di applicazione della direttiva 2003/87. L’ambito di applicazione di tale decisione è limitato, infatti, al meccanismo di assegnazione gratuita delle quote di cui all’articolo 10 bis di tale direttiva. Orbene, ad esempio, solo gli impianti che rientrano nell’ambito di applicazione di detta direttiva possono beneficiare di una siffatta assegnazione. Dunque, il principio per cui le quote gratuite devono essere assegnate al consumatore di calore può riguardare, ad esempio, solamente impianti già inclusi nel sistema di scambio.

57.      A mio parere, dai suesposti rilievi consegue che le emissioni indirette non possono essere considerate «provenienti», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, dalle attività di cui all’allegato I di detta direttiva. Pertanto, nell’ambito della controversia di cui al procedimento principale, le emissioni generate dalla produzione di calore acquisito dall’impianto controverso dalla Dow non «provengono» dall’attività di produzione di polimeri all’interno di tale impianto, conformemente a quanto sostenuto dal governo tedesco e dal governo olandese. Tali emissioni «provengono», invece, quali emissioni dirette, dall’attività di combustione all’interno dell’impianto gestito dalla Dow.

58.      Conseguentemente, l’impianto controverso potrà ricadere nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87, definito all’articolo 2, paragrafo 1, di quest’ultima, solo nel caso in cui provenissero emissioni di CO2, di per sé, dalla produzione di polimeri, e ciò a prescindere dalle emissioni indirette come quelle generate dalla produzione di calore acquisito da un impianto terzo.

59.      Certamente, nel caso in cui la produzione di polimeri non emettesse, di per sé, CO2, tale interpretazione potrebbe comportare una differenza di trattamento tra un impianto di produzione di polimeri che produca esso stesso il calore di cui ha bisogno (impianto «incluso»), che sarà in linea di principio incluso nel sistema di scambio nell’ambito dell’attività di combustione, e un altro impianto che si procuri tale calore da un impianto terzo e che, pertanto, non verrà incluso in tale sistema. Tuttavia, tale differenza di trattamento non è discriminatoria, giacché si basa su una differenza oggettiva rispetto al regime istituito dalla direttiva, vale a dire l’emissione di gas a effetto serra da parte del primo impianto («incluso») e l’assenza di emissioni da parte del secondo impianto.

60.      Inoltre, a mio avviso, tale interpretazione è confermata dalla sentenza Schaefer Kalk, nella quale la Corte ha rilevato che un’attività può rientrare nella sfera di applicazione della direttiva 2003/87, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, e degli allegati I e II della stessa, solo qualora tale attività determini un rilascio di gas a effetto serra nell’atmosfera (18). Analogamente, la definizione della nozione di «emissione», stabilita all’articolo 3, lettera b), di tale direttiva, riguarda il rilascio nell’atmosfera di gas a effetto serra «a partire da fonti situate in un impianto».

61.      Spetta al giudice del rinvio verificare se la produzione di polimeri nell’impianto controverso generi, di per sé, emissioni di CO2, e ciò a prescindere dalle emissioni indirette come quelle generate dalla produzione di calore acquisito da un impianto terzo.

62.      Se ciò non avviene nel caso di specie, il giudice a quo dovrà concludere che l’impianto controverso non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87, definito all’articolo 2, paragrafo 1, della medesima e, pertanto, che esso non ha il diritto di beneficiare di un’assegnazione gratuita di quote ai sensi dell’articolo 10 bis di tale direttiva e della decisione 2011/278.

63.      Invece, se ciò dovesse avvenire nel caso di specie, l’impianto controverso potrà ricadere nell’ambito di applicazione di detta direttiva purché l’attività di produzione di polimeri rientri nell’ambito di applicazione della disposizione controversa. Esaminerò tale questione nelle sezioni da B a D.

B.      Sulla nozione di produzione «su larga scala» nell’ambito della disposizione controversa

64.      Preliminarmente, devo rilevare l’esistenza di una divergenza tra le versioni linguistiche della disposizione controversa.

65.      La nozione di produzione «en vrac», utilizzata nella versione in lingua francese, è menzionata anche nella versione nelle lingue inglese («production of bulk organic chemicals»), spagnola («fabricación de productos químicos orgánicos en bruto»), olandese («productie van organische bulkchemicaliën») e portoghese («produção de produtos químicos orgânicos a granel»). La versione in lingua italiana, dal canto suo, riguarda la produzione su larga scala («produzione di prodotti chimici organici su larga scala»).

66.      La versione tedesca («Grundchemikalien») e la versione svedese («baskemikalier») riguardano, invece, la produzione di prodotti chimici «di base». Inoltre, la versione danese non contiene alcuna precisazione a tale riguardo («produktion af organiske kemikalier»).

67.      Secondo costante giurisprudenza, la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può fungere da unico fondamento per l’interpretazione di questa disposizione ovvero vedersi riconosciuto carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. Le disposizioni del diritto dell’Unione devono, infatti, essere interpretate ed applicate in modo uniforme, alla luce delle versioni esistenti in tutte le lingue dell’Unione. In caso di difformità tra le diverse versioni linguistiche di un testo di diritto dell’Unione, la disposizione in questione dev’essere interpretata alla luce dell’economia generale e della finalità della normativa di cui essa costituisce un elemento (19).

68.      La Trinseo e la Commissione hanno sostenuto che la nozione di produzione «su larga scala» e/o di prodotti chimici «di base» utilizzata nella disposizione controversa riguarda la produzione di materiali chimici in grandi quantità, circostanza che escluderebbe in particolare la produzione all’unità.

69.      A mio avviso, tale interpretazione discende effettivamente dalla terminologia usata nelle varie versioni linguistiche, e in particolare dalla versione in lingua italiana richiamata supra. Essa, tuttavia, riveste solo un’importanza relativa, poiché la disposizione controversa afferma del resto che l’impianto deve avere una capacità di produzione superiore a 100 tonnellate al giorno, circostanza che implica necessariamente una produzione in grandi quantità.

70.      Inoltre, tutte le parti che hanno presentato osservazioni alla Corte convengono sul fatto che tale disposizione non riguarda prodotti finiti bensì prodotti chimici intermedi, ossia prodotti chimici destinati ad essere utilizzati per produrre altri prodotti.

71.      Tuttavia, il governo tedesco e il governo olandese hanno difeso, a tal riguardo, un’interpretazione restrittiva, limitata ai prodotti chimici utilizzati per produrre altri prodotti chimici. Secondo tali governi, tale approccio comporta l’esclusione della produzione di polimeri dall’ambito di applicazione della disposizione controversa dal momento che questi ultimi non vengono utilizzati per produrre altri prodotti chimici.

72.      Al contrario, la Trinseo e la Commissione hanno proposto un’interpretazione estensiva, comprendente i prodotti chimici intermedi utilizzati per produrre altri prodotti indipendentemente dalla loro natura e, in particolare, prodotti di natura chimica o industriale. Tale interpretazione comporterebbe l’inclusione della produzione di polimeri nell’ambito di applicazione di tale disposizione, dal momento che questi ultimi sono utilizzati per produrre altri prodotti come bottiglie di plastica, pannelli solari o proiettori.

73.      Ritengo che sia opportuno accogliere l’interpretazione estensiva proposta dalla Trinseo e dalla Commissione per i seguenti motivi.

74.      Il primo motivo attiene al tenore della disposizione controversa nelle sue diverse versioni linguistiche. Certamente, le espressioni quali produzione «su larga scala» e «prodotti chimici di base» indicano che l’attività in questione conduce non alla produzione di prodotti finiti, bensì di prodotti intermedi.

75.      Tuttavia, nessun elemento di tale formulazione suggerisce che tali prodotti chimici intermedi debbano essere destinati alla produzione di altri prodotti chimici, fatti salvi i prodotti chimici destinati alla produzione di prodotti industriali.

76.      La seconda ragione deriva dagli obiettivi perseguiti dal legislatore dell’Unione quando è stata adottata la direttiva 2009/29. Infatti, uno di tali obiettivi era l’inserimento dell’industria chimica nel sistema di scambio di quote di emissioni istituito dalla direttiva 2003/87 (20).

77.      A tal fine, l’allegato I di tale direttiva elenca otto attività, ivi compresa la produzione di prodotti chimici organici interessati dalla disposizione controversa. Orbene, tale disposizione riveste, a mio avviso, una notevole importanza strategica ai fini dell’inclusione dell’industria chimica, dal momento che essa riguarda l’unica attività che non sia limitata ad una sostanza chimica specifica (21). In altri termini, la produzione di prodotti chimici organici su larga scala è l’unica attività dell’industria chimica tra quelle menzionate in tale allegato I la cui portata è generale.

78.      In tale contesto, l’interpretazione restrittiva della disposizione controversa, proposta dal governo tedesco e dal governo olandese, avrebbe l’effetto di escludere dall’ambito di applicazione della direttiva 2003/87 tutte le attività dell’industria chimica che non rientrino tra le attività specifiche elencate nell’allegato I e che comportino la produzione di prodotti chimici che non vengono utilizzati per produrre altri prodotti chimici. Tale esclusione risulterebbe, a mio avviso, contraria alla volontà del legislatore dell’Unione di estendere il sistema di scambio di quote all’industria chimica nel suo insieme a partire dal terzo periodo di scambio, senza restrizioni relative alla destinazione dei prodotti chimici interessati (22).

79.      Il terzo motivo attiene al rispetto del principio di non discriminazione, interpretato dalla Corte nella sentenza Arcelor Atlantique e Lorraine e a. (23). Infatti, nel regime istituito dalla direttiva 2003/87, sarebbe a mio avviso discriminatorio trattare le attività di produzione chimica in modo diverso in funzione della destinazione dei prodotti, mentre tutte le emissioni di gas a effetto serra generate da tali attività possono altresì contribuire a una pericolosa interferenza sul sistema climatico.

80.      Dalle suesposte considerazioni discende che la nozione di prodotti chimici «su larga scala» e/o «di base», utilizzata nella formulazione della disposizione controversa, dev’essere interpretata nel senso che essa riguarda la produzione in grandi quantità di prodotti chimici destinati a essere utilizzati per produrre altri prodotti e, in particolare, prodotti di natura chimica o industriale.

C.      Sulla nozione di produzione mediante «cracking, reforming, ossidazione parziale o totale o processi simili» nell’ambito della disposizione controversa

81.      Nell’ambito della controversia principale, è pacifico che la produzione di polimeri all’interno dell’impianto controverso non venga effettuata attraverso un metodo di cracking, di reforming o di ossidazione. Pertanto, la soluzione della controversia di cui al procedimento principale dipende in particolare dall’interpretazione della nozione di «processi simili».

82.      Esattamente come il requisito di produzione «su larga scala», esaminato nella precedente sezione, la nozione di «processi simili» può essere oggetto di un’interpretazione estensiva o restrittiva.

83.      L’interpretazione estensiva induce ad interpretare la nozione di «somiglianza» alla luce della finalità dei suddetti processi, vale a dire la produzione di prodotti chimici organici su larga scala. Secondo tale interpretazione, l’espressione «processi simili» comprende qualsiasi processo che consenta di produrre tali prodotti, come lo consentono i processi di cracking, di reforming e di ossidazione.

84.      L’interpretazione restrittiva consisterebbe, invece, nell’interpretare la nozione di «processi simili» alla luce delle caratteristiche tecniche comuni ai processi di cracking, di reforming e di ossidazione. Tale approccio richiederebbe, in un primo momento, di individuare tali caratteristiche tecniche comuni e, in un secondo momento, di qualificare come «processi simili» solo i processi che presentano tali caratteristiche.

85.      Nessun elemento nel tenore dell’allegato I consente di respingere l’interpretazione estensiva o l’interpretazione restrittiva di tale nozione. Conformemente alla giurisprudenza richiamata supra al paragrafo 34, è necessario risolvere tale questione tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa in questione.

86.      A mio avviso, il contesto della disposizione controversa e la finalità perseguita dalla direttiva 2003/87 sostengono l’interpretazione estensiva della nozione di «processi simili».

87.      In primo luogo, l’interpretazione restrittiva di tale nozione condurrebbe ad escludere dall’ambito di applicazione di tale direttiva gli impianti che producono prodotti chimici organici utilizzando processi che non presentano le caratteristiche tecniche comuni ai processi di cracking, di reforming e di ossidazione. A mio avviso, una siffatta esclusione non sarebbe conforme all’intenzione del legislatore dell’Unione di estendere il sistema di scambio di quote all’industria chimica nel suo complesso (24).

88.      In secondo luogo, un’interpretazione restrittiva sarebbe contraria al principio di non discriminazione giacché comporterebbe un trattamento diverso delle attività di produzione chimica in funzione dei processi utilizzati, mentre tutte le emissioni di gas a effetto serra generate da tali attività possono altresì contribuire a una pericolosa interferenza sul sistema climatico (25).

89.      In terzo luogo, l’interpretazione estensiva, a mio avviso, rispetta maggiormente la certezza del diritto che dev’essere garantita ai gestori di impianti. Infatti, come precedentemente illustrato, l’interpretazione restrittiva richiederebbe di definire, in astratto, le caratteristiche tecniche comuni ai processi di cracking, di reforming e di ossidazione, per poi determinare, caso per caso, se i processi utilizzati in ogni impianto interessato presentino tali caratteristiche.

90.      A mio avviso, un approccio di tal genere sarebbe caratterizzato da incertezza giuridica, sia nell’individuazione delle caratteristiche comuni, sia nella verifica della loro presenza all’interno dell’impianto interessato. Le osservazioni presentate alla Corte evidenziano tale rischio di incertezza dal momento che ognuna delle parti ha proposto un elenco diverso di caratteristiche tecniche che sarebbero comuni ai processi di cracking, di reforming e di ossidazione (26).

91.      Per tali ragioni, ritengo necessario interpretare in maniera estensiva la nozione di «processi simili» utilizzata nel tenore della disposizione controversa, in modo da includervi ogni processo che consenta la produzione di prodotti chimici su larga scala.

D.      Sull’inclusione della produzione di polimeri nell’ambito di applicazione della disposizione controversa e in quello della direttiva 2003/87

92.      Dalle sezioni B e C risulta che la disposizione controversa dev’essere interpretata estensivamente nel senso che essa riguarda la produzione in grandi quantità di prodotti chimici organici destinati a essere utilizzati per produrre altri prodotti, in particolare prodotti di natura chimica o industriale, e ciò a prescindere dai processi utilizzati a tale scopo.

93.      Nell’ambito del procedimento principale, nessuna delle parti ha contestato il fatto che i polimeri vengano utilizzati per produrre altri prodotti, quali bottiglie di plastica, pannelli solari o schermi (27). Di conseguenza, la produzione di polimeri rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione.

94.      Come sottolineato dalla Trinseo, tale inclusione è avvalorata dalla classificazione effettuata in altri strumenti di diritto derivato, da cui risulta altresì che i polimeri rappresentano «prodotti chimici organici di base» (28).

95.      Tuttavia, il regime istituito dalla direttiva 2003/87 si applica solo alle emissioni di gas a effetto serra (29). A tale riguardo, ho specificato nella sezione A i motivi per cui le emissioni indirette, come quelle generate dalla produzione di calore acquisito da un impianto terzo, non possono essere considerate «provenienti», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, dalle attività elencate nell’allegato I di detta direttiva.

96.      Pertanto, la produzione di polimeri, come quella di cui al procedimento principale, potrà rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87, definito all’articolo 2, paragrafo 1, di quest’ultima, solamente se emissioni di CO2 provengano, di per sé, da tale produzione, e ciò a prescindere dalle emissioni indirette come quelle generate dalla produzione di calore acquisito da un impianto terzo.

97.      Per tutti questi motivi, e in risposta alla prima questione sottoposta, l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/87, in combinato disposto con l’allegato I di tale direttiva, dev’essere interpretato nel senso che la produzione di polimeri e, in particolare, di policarbonato, in impianti con una capacità di produzione superiore a 100 tonnellate al giorno, rientra nell’ambito di applicazione di detta direttiva, purché tale produzione generi, di per sé, emissioni di CO2, e ciò a prescindere dalle emissioni indirette come quelle generate dalla produzione di calore acquisito da un impianto terzo.

E.      Sulla mancanza di effetto diretto dell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87 e delle disposizioni della decisione 2011/278

98.      Con il secondo quesito pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 10 bis della direttiva 2003/87 e le disposizioni della decisione 2011/278, che prevedono l’assegnazione gratuita di quote di emissioni, abbiano un effetto diretto.

99.      Secondo costante giurisprudenza, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato membro, vuoi qualora esso abbia omesso di trasporre la direttiva in diritto nazionale entro i termini, vuoi qualora l’abbia recepita in modo non corretto (30).

100. Ciò vale altresì per le disposizioni delle decisioni di cui gli Stati membri sono destinatari (31), come la decisione 2011/278.

101. Secondo costante giurisprudenza, una disposizione del diritto dell’Unione è incondizionata se sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione né subordinato, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni dell’Unione o degli Stati membri (32).

102. Orbene, nel caso di specie, l’obbligo di assegnare quote di emissioni a titolo gratuito, che è disciplinato dall’articolo 10 bis della direttiva 2003/87 e dalla decisione 2011/278, è subordinato, per quanto riguarda sia la sua esecuzione sia i suoi effetti, all’intervento di diversi atti da parte degli Stati membri e della Commissione.

103. Infatti, come ho esposto nelle mie conclusioni nella causa INEOS (33), tale assegnazione richiede in particolare la comunicazione alla Commissione da parte di ciascuno Stato membro di un elenco degli impianti situati nel loro territorio che possono beneficiare di quote a titolo gratuito, con l’indicazione per ogni impianto dell’importo dell’assegnazione di base e di quello dell’assegnazione preliminare (34).

104. Dopo aver rifiutato le assegnazioni preliminari non conformi alle disposizioni della direttiva 2003/87 e della decisione 2011/278 (35), la Commissione è tenuta ad assicurarsi che la somma totale delle assegnazioni di base calcolate per tutti gli impianti sul territorio dell’Unione non superi il tetto massimo fissato all’articolo 10 bis, paragrafo 5, di tale direttiva. Se detto tetto massimo viene superato, la Commissione è quindi tenuta a procedere a una riduzione proporzionale applicando un «fattore di correzione transettoriale» alle assegnazioni previste dagli Stati membri, corrispondente al rapporto tra tale tetto massimo e la somma delle assegnazioni di base.

105. È solo al termine di tale procedura che gli Stati membri procedono alle assegnazioni definitive, applicando l’eventuale fattore di correzione alle assegnazioni preliminari che non sono state respinte dalla Commissione.

106. A mio avviso, dalle precedenti precisazioni risulta che l’articolo 10 bis della direttiva 2003/87 e le disposizioni della decisione 2011/278 non sono incondizionate ai sensi della menzionata giurisprudenza e, pertanto, sono privi di effetto diretto.

VI.    Conclusione

107. Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dal Verwaltungsgericht Berlin (tribunale amministrativo di Berlino, Germania) nei termini seguenti:

1)      L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio, modificata dalla direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, in combinato disposto con l’allegato I di tale direttiva, dev’essere interpretato nel senso che la produzione di polimeri e, in particolare, di policarbonato, in impianti con una capacità produttiva superiore a 100 tonnellate al giorno, rientra nell’ambito di applicazione di detta direttiva, purché tale attività generi, di per sé, emissioni di CO2, e ciò a prescindere dalle emissioni indirette come quelle generate dalla produzione di calore acquisito da un impianto terzo.

2)      L’articolo 10 bis della direttiva 2003/87 e le disposizioni della decisione 2011/278/UE della Commissione, del 27 aprile 2011, che stabilisce norme transitorie per l’insieme dell’Unione ai fini dell’armonizzazione delle procedure di assegnazione gratuita delle quote di emissioni ai sensi dell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, modificata dalla decisione 2012/498/UE della Commissione, del 17 agosto 2012, sono privi di effetto diretto.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU 2003, L 275, pag. 32), modificata dalla direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009 (GU 2009, L 140, pag. 63) (in prosieguo: la «direttiva 2003/87»).


3      Decisione della Commissione, del 27 aprile 2011, che stabilisce norme transitorie per l’insieme dell’Unione ai fini dell’armonizzazione delle procedure di assegnazione gratuita delle quote di emissioni ai sensi dell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87 (GU 2011, L 130, pag. 1), modificata dalla decisione 2012/498/UE della Commissione, del 17 agosto 2012 (GU 2012, L 241, pag. 52) (in prosieguo: la «decisione 2011/278»).


4      V. infra, paragrafo 19.


5      Procedura INFR 2013/2240, con diffida in data 20/11/2013 e parere motivato in data 16/04/2014.


6      V. considerando 16 di tale decisione della Commissione del 5 settembre 2013 relativa alle misure nazionali di attuazione per l’assegnazione transitoria a titolo gratuito di quote di emissioni di gas a effetto serra ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 (GU 2013, L 240, pag. 27).


7      Quando è calore scambiato tra due impianti inclusi nel sistema di scambio, l’assegnazione di quote a titolo gratuito dev’essere effettuata nei confronti del consumatore di calore. V. considerando 17 della decisione 2013/448 nonché considerando 6 e 21 della decisione 2011/278.


8      V. articolo 1, paragrafo 1, e articolo 1, paragrafo 2, comma 5, della decisione 2013/448.


9      V., in particolare, sentenze del 19 dicembre 2013, Fish Legal e Shirley (C‑279/12, EU:C:2013:853, punto 42); del 29 settembre 2015, Gmina Wrocław (C‑276/14, EU:C:2015:635, punto 25), e del 18 ottobre 2016, Nikiforidis (C‑135/15, EU:C:2016:774, punto 28).


10      La nozione di «composto organico» è definita all’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva 2004/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all’uso di solventi organici in talune pitture e vernici e in taluni prodotti per carrozzeria e recante modifica della direttiva 1999/13/CE (GU 2004, L 143, pag. 87) nei termini seguenti: «qualsiasi composto contenente almeno l’elemento carbonio e uno o più degli elementi seguenti: idrogeno, ossigeno, zolfo, fosforo, silicio, azoto od un alogeno, ad eccezione degli ossidi di carbonio e dei carbonati e bicarbonati inorganici» V. anche l’articolo 3, paragrafo 44, della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010 relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU 2010, L 334 pag. 17).


11      V. paragrafo 7 supra nonché i considerando 6 e 21 della decisione 2011/278.


12      Utilizzo la nozione di materiale in ingresso nella sua accezione economica, che comprende tutti i beni e i servizi utilizzati in un processo di produzione.


13      Regolamento della Commissione del 21 giugno 2012 concernente il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87 (GU 2012, L 181, pag. 30).


14      V., in tal senso, sentenze del 29 marzo 2012, Commissione/Polonia (C‑504/09 P, EU:C:2012:178, punto 77); del 29 marzo 2012, Commissione/Estonia (C‑505/09 P, EU:C:2012:179, punto 79), e del 17 ottobre 2013, Iberdrola e a. (C‑566/11, C‑567/11, C‑580/11, C‑591/11, C‑620/11 e C‑640/11, EU:C:2013:660, punto 43). A titolo illustrativo, tale rischio di duplice conteggio comporterebbe una distorsione della concorrenza a scapito degli impianti che si procurano i propri materiali in ingresso da impianti terzi e che, pertanto, sarebbero tenuti a comunicare emissioni indirette già comunicate come emissioni dirette da tali impianti terzi. Negli impianti «inclusi», che producono a loro volta i materiali in ingresso necessari alla propria attività principale, come il calore necessario per il processo di polimerizzazione, le emissioni associate alla produzione di tali materiali in ingresso sarebbero comunicate una sola volta, quali emissioni dirette.


15      L’articolo 49 del regolamento n. 601/2012 stabilisce certamente un siffatto meccanismo di trasferimento, ma il cui ambito è limitato al trasferimento di CO2 nelle tre fattispecie elencate nel paragrafo 1 di tale articolo. V., a tal riguardo, sentenza del 19 gennaio 2017, Schaefer Kalk (C‑460/15, EU:C:2017:29).


16      Gli obblighi di comunicazione, monitoraggio e restituzione sono previsti all’articolo 12, paragrafo 3, e all’articolo 14 della direttiva 2003/87.


17      V. paragrafo 7 delle presenti conclusioni nonché i considerando 6 e 21 della decisione 2011/278. La Commissione ha altresì invocato l’esistenza di parametri stabiliti all’allegato I della decisione 2011/278 per la produzione di polimeri come l’E-PVC (E-policloruro di vinile) e il S-PVC (S-policloruro di vinile). Tuttavia, l’esistenza di tali parametri, il cui unico scopo è servire come base per il calcolo delle assegnazioni gratuite, non può comportare l’inclusione nel sistema di scambio di un impianto di polimerizzazione se tale impianto non emette CO2.


18      V., in tal senso, sentenza del 19 gennaio 2017 (C‑460/15, EU:C:2017:29, punto 37).


19      V. in particolare sentenze del 26 febbraio 2015, Christie’s France (C‑41/14, EU:C:2015:119, punto 26); del 1o marzo 2016, Alo e Osso (C‑443/14 e C‑444/14, EU:C:2016:127, punto 27) nonché del 26 luglio 2017, Mengesteab (C‑670/16, EU:C:2017:587, punto 82).


20      I motivi addotti dalla Commissione nella propria proposta di direttiva riguardavano in particolare le «emissioni di CO2 dell’industria petrolchimica»: v. proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/87 al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dei gas a effetto serra, COM(2008) 16 definitivo, pag. 4. Tuttavia, la proposta di modificare l’allegato I riguardava in generale «l’industria chimica» (ibid., pag. 41). Allo stesso modo, nella valutazione d’impatto che accompagna tale proposta [SEC (2008) 53], la Commissione invoca l’inclusione delle «emissioni di biossido di carbonio prodotte dall’industria petrolchimica e dalle altre industrie chimiche» («CO2 emissions from petrochemicals production and other chemicals»). In tale valutazione, la Commissione sottolinea la preponderanza del settore petrolchimico nelle emissioni di CO2 dell’industria chimica (ibidem, nota 45): «This is only a very small part of all chemical industry regarding the number of substances produced, but still the major part regarding CO2 emissions»).


21      Infatti, le altre sette attività riguardano sostanze chimiche specifiche: (1) produzione di nerofumo; (2) produzione di acido nitrico; (3) produzione di acido adipico; (4) produzione di gliossale e di acido gliossilico; (5) produzione di ammoniaca; (6) produzione di idrogeno (H2) e di gas di sintesi mediante reforming o mediante ossidazione parziale; (7) produzione di carbonato di sodio (Na2CO3) e di bicarbonato di sodio (NaHCO3).


22      V., in particolare, «EU ETS Handbook», pubblicato dalla Commissione, disponibile all’indirizzo https://ec.europa.eu/clima/sites/clima/files/docs/ets_handbook_en.pdf: «From phase 3 the sectoral scope was expanded to include the sectors aluminium, carbon capture and storage, petrochemicals and other chemicals».


23      Sentenza del 16 dicembre 2008 (C‑127/07, EU:C:2008:728). Sull’analisi della comparabilità, v., in particolare, i punti da 34 a 38 della sentenza medesima.


24      V. supra, paragrafi da 76 a 78.


25      V. supra, paragrafo 79.


26      Secondo tali osservazioni, le caratteristiche tecniche comuni a questi tre processi consisterebbero nella produzione e nell’uso di calore ad alta intensità (secondo la Trinseo); nella divisione di grandi molecole, in uno sviluppo di forte calore e nel rilascio di CO2 (secondo il governo tedesco); nella divisione delle molecole sotto l’effetto di un forte calore o di una reazione all’ossigeno nonché nel rilascio di CO2 (secondo il governo olandese) e nel cambiamento della struttura molecolare, nell’uso di un catalizzatore e di condizioni di pressione e temperatura elevata (secondo la Commissione).


27      Secondo il governo tedesco e il governo olandese i polimeri non sono utilizzati per produrre altri prodotti chimici. V. supra, paragrafo 71.


28      V., in particolare, punto 4, lettera a), viii), dell’allegato I al regolamento (CE) n. 166/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 gennaio 2006, relativo all’istituzione di un registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti e che modifica le direttive 91/689/CEE e 96/61/CE del Consiglio (GU 2006, L 33, pag. 1).


29      Per essere più precisi, tale regime si applica solo a taluni tipi di gas a effetto serra, menzionati all’allegato II di tale direttiva, allorquando la loro emissione provenga dalle attività di cui all’allegato I di detta direttiva. V. articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/87.


30      V., in particolare, sentenze del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 33); del 15 gennaio 2014, Association de médiation sociale (C‑176/12, EU:C:2014:2, punto 31) nonché del 12 ottobre 2017, Lombard Ingatlan Lízing (C‑404/16, EU:C:2017:759, punto 36).


31      V., in tal senso, sentenze del 6 ottobre 1970, Grad (9/70, EU:C:1970:78, punti da 5 a 10); del 10 novembre 1992, Hansa Fleisch Ernst Mundt (C‑156/91, EU:C:1992:423, punti 13 e 19); del 7 giugno 2007, Carp (C‑80/06, EU:C:2007:327, punto 21) nonché del 20 novembre 2008, Foselev Sud-Ouest (C‑18/08, EU:C:2008:647, punto 11).


32      V., in particolare, sentenze del 1o luglio 2010, Gassmayr (C‑194/08, EU:C:2010:386, punto 45); del 26 maggio 2011, Stichting Natuur en Milieu e a. (da C‑165/09 a C‑167/09, EU:C:2011:348, punto 95) nonché del 12 ottobre 2017, Lombard Ingatlan Lízing (C‑404/16, EU:C:2017:759, punto 36).


33      V. le mie conclusioni presentate il 23 novembre 2017 nella causa INEOS (C‑572/16, ECLI:EU:C:2017:896,, paragrafi da 57 a 65).


34      V. articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2003/87 e articolo 15, paragrafi 1 e 2, della decisione 2011/278.


35      Nell’ambito del procedimento principale, la Commissione ha effettivamente respinto le assegnazioni a titolo gratuito proposte dalle misure di attuazione tedesche agli impianti che hanno fornito calore agli impianti che producono polimeri come l’impianto controverso. V. supra, paragrafo 7.