SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
18 dicembre 1997 (1)
«Agricoltura Parco naturale-archeologico Attività economica
Tutela di diritti fondamentali Incompetenza della Corte»
Nel procedimento C-309/96,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a
norma dell'art. 177 del Trattato CE, dalla Pretura circondariale di Roma, sezione
distaccata di Tivoli, nella causa dinanzi ad essa pendente tra
Daniele Annibaldi
e
Sindaco del Comune di Guidonia,
Presidente Regione Lazio,
domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 40, n. 3, del Trattato CE e dei
principi generali di diritto comunitario,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dai signori D.A.O. Edward (relatore), facente funzione di presidente
della Prima Sezione, P. Jann e L. Sevón, giudici,
avvocato generale: G. Cosmas
cancelliere: R. Grass
viste le osservazioni scritte presentate:
per il signor Annibaldi, dall'avv. Romano Vaccarella, del foro di Roma;
per il sindaco del Comune di Guidonia, dall'avv. Giovanni Mascioli, del foro
di Roma;
per il Presidente della Regione Lazio, dagli avv.ti Giuseppe La Cute, Aldo
Rivela e Massimo Luciani, del foro di Roma;
per la Commissione delle Comunità europee, dal signor Paolo Ziotti,
membro del servizio giuridico, in qualità di agente,
vista la relazione del giudice relatore,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 2 ottobre
1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
- 1.
- Con ordinanza 9 settembre 1996, pervenuta alla Corte il 23 settembre successivo,
la Pretura circondariale di Roma, sezione distaccata di Tivoli, ha posto, ai sensi
dell'art. 177 del Trattato CE, due questioni pregiudiziali relative all'interpretazione
dell'art. 40, n. 3, del Trattato CE e dei principi generali di diritto comunitario.
- 2.
- Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra il signor
Annibaldi, da un lato, e il Comune di Guidonia e la Regione Lazio, dall'altro, in
ordine al diniego, nei confronti dell'interessato, di un'autorizzazione a impiantare
un frutteto su una superficie di 3 ettari situata nell'area di un parco regionale.
- 3.
- L'art. 1 della legge regionale del Lazio 20 giugno 1996, n. 22 (Supplemento ordinario
n. 2 al Bollettino ufficiale della Regione Lazio n. 18 del 1° luglio 1996, pag. 3; in
prosieguo: la «legge regionale»), ha istituito il parco naturale-archeologico
regionale dell'Inviolata (in prosieguo: il «parco»). Ai sensi dell'art. 2, n. 1, di tale
legge il parco è stato istituito per tutelare e valorizzare l'ambiente e i beni culturali
del territorio interessato.
- 4.
- Al fine di realizzare tali obiettivi, gli artt. 7, 8 e 9 della legge regionale prevedono
una serie di divieti di talune attività all'interno dell'area del parco accompagnati,
in via eccezionale, da talune deroghe connesse al perseguimento degli scopi del
parco e che richiedono, di norma, un'apposita autorizzazione da parte dell'ente
gestore. Tra i divieti previsti dall'art. 7 della legge regionale figurano i cambiamenti
di coltura e i movimenti di terreno [lett. e)], la circolazione e la sosta di mezzi
motorizzati [lett. g)], l'apertura di nuove strade o piste di penetrazione [lett. h)],
nonché l'esecuzione di qualsiasi opera edilizia [lett. l)].
- 5.
- Ai sensi dell'art. 9, n. 2, della legge regionale, parte dei fondi destinati alla gestione
del parco è utilizzata per indennizzare la perdita di redditi qualora quest'ultima sia
derivante, in particolare, dall'applicazione delle norme sull'utilizzazione del
patrimonio boschivo ed agricolo del parco.
- 6.
- Il signor Annibaldi è proprietario di un'impresa agricola di 65 ettari, denominata
«Prato Rotondo» e sita nel Comune di Guidonia, 35 ettari della quale sono
ricompresi nell'area del parco.
- 7.
- Con comunicazione dell'8 agosto 1996 il sindaco del Comune di Guidonia, nella sua
qualità di gestore del parco, ha negato al signor Annibaldi l'autorizzazione ad
impiantare un frutteto su una superficie di 3 ettari situata nell'area del parco.
- 8.
- Ritenendo che la legge regionale introduca in sostanza un esproprio senza
indennizzo, il 26 agosto 1996 il signor Annibaldi ha proposto un ricorso contro tale
diniego dinanzi alla Pretura circondariale di Roma. Egli ha sostenuto che la legge
regionale era in contrasto con le norme del Trattato CE, in particolare con i suoi
artt. 40 e 52, con i principi generali del diritto, in particolare quelli connessi alla
proprietà, all'impresa e alla parità di trattamento da parte delle autorità nazionali,
nonché con la Costituzione italiana.
- 9.
- Ritenendo che la controversia sollevasse questioni di interpretazione del diritto
comunitario, la Pretura circondariale di Roma ha deciso di sospendere il giudizio
e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se una norma di diritto nazionale che imponga alle aziende ricomprese in
un parco naturale-archeologico di astenersi da ogni attività e qualunque
attività sulle relative aree risolvendosi in una sostanziale espropriazione
delle aziende ricomprese nel parco stesso senza che sia prevista alcuna
indennità per i soggetti espropriati violi i diritti fondamentali legati alla
proprietà, all'impresa e alla parità di trattamento da parte delle Autorità
nazionali.
2) Anche a prescindere dalla risposta che la Corte di giustizia riterrà di dare
al primo quesito, se le misure previste dall'art. 7 della legge regionale in
esame (equiparabile, ai fini del giudizio comunitario, ad ogni altra norma
nazionale) violino il principio di uguaglianza e il connesso divieto di
discriminazione previsto dall'art. 40, n. 3, secondo comma, del Trattato di
Roma».
Sulla competenza della Corte
- 10.
- Secondo la Regione Lazio e la Commissione, la Corte non è competente a
pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali poiché le norme della legge regionale non
rientrano nell'ambito di applicazione del diritto comunitario.
- 11.
- Il signor Annibaldi ritiene invece che la Corte sia legittimata ad enucleare i principi
generali dell'ordinamento giuridico comunitario dando soluzione a questioni
pregiudiziali relative all'interpretazione di tali principi.
- 12.
- Si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza (v., in particolare,
parere 2/94 del 28 marzo 1996, Racc. pag. I-1759, punto 33), i diritti fondamentali
fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce
l'osservanza. A tal fine la Corte si ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli
Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela
dei diritti dell'uomo a cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito. La
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali
del 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «Convenzione») riveste, a questo proposito,
un particolare significato. Come la Corte ha pure precisato, ne consegue che nella
Comunità non possono essere consentite misure incompatibili con il rispetto dei
diritti dell'uomo in tal modo riconosciuti e garantiti (v., in particolare, sentenza 18
giugno 1991, causa C-260/89, ERT, Racc. pag. I-2925, punto 41).
- 13.
- Risulta inoltre dalla giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenza 29
maggio 1997, causa C-299/95, Kremzow, Racc. pag. I-2629, punto 15) che, dal
momento che una normativa nazionale entra nel campo di applicazione del diritto
comunitario, la Corte, adita in via pregiudiziale, deve fornire tutti gli elementi di
interpretazione necessari per la valutazione, da parte del giudice nazionale, della
conformità di tale normativa con i diritti fondamentali di cui la Corte assicura il
rispetto, quali essi risultano, in particolare, dalla Convenzione. Per contro, essa non
ha tale competenza nei confronti di una normativa nazionale che non si colloca
nell'ambito del diritto comunitario.
- 14.
- Si deve pertanto accertare se una normativa nazionale quale la legge regionale, che
istituisce un parco naturale-archeologico al fine di tutelare e valorizzare l'ambiente
e i beni culturali del territorio interessato, rientri nell'ambito di applicazione del
diritto comunitario, in particolare dell'art. 40, n. 3, del Trattato.
- 15.
- Occorre constatare innanzi tutto che l'art. 2 del Trattato CE descrive i compiti e
gli obiettivi della Comunità che sono enunciati all'art. 3 (v., in particolare, sentenza
1° febbraio 1996, causa C-177/94, Perfili, Racc. pag. I-161, punto 10). Ai sensi
dell'art. 3, lett. e) e k), del Trattato CE, l'azione della Comunità comporta
l'attuazione di politiche comuni nei settori dell'agricoltura e dell'ambiente.
- 16.
- Si deve poi ricordare che l'art. 128 del Trattato CE prevede un'azione della
Comunità nel settore della cultura che comprende, in particolare, la conservazione
e salvaguardia del patrimonio culturale di importanza europea (n. 2, secondo
trattino).
- 17.
- Occorre infine ricordare che, ai sensi dell'art. 222 del Trattato CE, quest'ultimo
«lascia del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri».
- 18.
- A norma dell'art. 40, n. 3, secondo comma, del Trattato, l'organizzazione comune
dei mercati agricoli, da istituire nell'ambito della politica agricola comune, «deve
escludere qualsiasi discriminazione fra produttori o consumatori della Comunità».
Tale divieto di discriminazione è solo una specificazione del principio generale di
uguaglianza che fa parte dei principi fondamentali del diritto comunitario (v., in
particolare, sentenza 25 novembre 1986, cause riunite 201/85 e 202/85, Klensch e
a., Racc. pag. 3477, punto 9, e 24 marzo 1994, causa C-2/94, Bostock, Racc. pag.
I-955, punto 23).
- 19.
- In particolare, occorre sottolineare che l'art. 40, n. 3, del Trattato riguarda tutti i
provvedimenti relativi all'organizzazione comune dei mercati agricoli,
indipendentemente dall'autorità dalla quale vengano adottati. Di conseguenza, esso
vincola anche gli Stati membri allorché danno attuazione a detta organizzazione (v.,
in particolare, sentenze Klensch e a., già citata, punto 8, e 14 luglio 1994, causa C-351/92, Graff,, Racc. pag. I-3361, punto 18).
- 20.
- Si deve altresì sottolineare che, secondo una giurisprudenza costante (v. sentenze
1° aprile 1982, cause riunite 141/81, 142/81 e 143/81, Holdijk e a., Racc. pag. 1299,
punto 12, e 6 ottobre 1987, causa 118/86, Nertsvoederfabriek Nederland, Racc. pag.
3883, punto 12), l'instaurazione di un'organizzazione comune dei mercati agricoli
ai sensi dell'art. 40 del Trattato non sottrae i produttori agricoli a qualsiasi norma
nazionale diretta a scopi diversi da quelli perseguiti dall'organizzazione comune, ma
che, incidendo sulle condizioni di produzione, può influire sul volume o sui costi
della produzione nazionale e, quindi, sull'andamento del mercato comune nel
settore interessato. Il divieto di discriminazione tra i produttori della Comunità
enunciato al n. 3, secondo comma, dell'art. 40 riguarda gli scopi perseguiti
dallorganizzazione comune, non già le diverse condizioni di produzione derivanti
dalle normative nazionali che hanno carattere generale e perseguono altri scopi (v.
sentenza Holdijk e a., già citata, punto 12).
- 21.
- Pertanto, è giocoforza constatare, innanzi tutto, che nel caso di specie non esiste
alcun elemento che consenta di concludere che la legge regionale avesse lo scopo
di applicare una disposizione di diritto comunitario vuoi nel settore agricolo, vuoi
in quello dell'ambiente o della cultura.
- 22.
- Inoltre, anche se la legge regionale può incidere indirettamente sul funzionamento
di un'organizzazione comune dei mercati agricoli, non è contestato, in primo luogo,
che, poiché il parco è stato istituito al fine di tutelare e valorizzare l'ambiente e i
beni culturali del territorio interessato, la legge regionale sia diretta a scopi diversi
da quelli perseguiti dalla politica agricola comune e, in secondo luogo, che la stessa
legge abbia carattere generale.
- 23.
- Infine, data, da un lato, l'assenza di una specifica disciplina comunitaria in materia
di esproprio e, dall'altro, il fatto che i provvedimenti relativi all'organizzazione
comune dei mercati agricoli non hanno l'effetto di pregiudicare i regimi della
proprietà agricola, risulta dalla formulazione dell'art. 222 del Trattato che la legge
regionale riguarda un settore che rientra nella competenza degli Stati membri.
- 24.
- Ne consegue che, allo stato attuale del diritto comunitario, una normativa nazionale
quale la legge regionale, che istituisce un parco naturale-archeologico al fine di
tutelare e valorizzare l'ambiente e i beni culturali del territorio interessato, si
applica ad una situazione che non rientra nell'ambito di applicazione del diritto
comunitario.
- 25.
- Di conseguenza, la Corte non è competente a risolvere le questioni pregiudiziali
poste dalla Pretura circondariale di Roma.
Sulle spese
- 26.
- Le spese sostenute dalla Commissione delle Comunità europee, che ha presentato
osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti
nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato
dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE (Prima Sezione),
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla Pretura circondariale di Roma,
sezione distaccata di Tivoli, con ordinanza 9 settembre 1996, dichiara:
La Corte non è competente a risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dalla
Pretura circondariale di Roma.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 18 dicembre 1997.
Il cancelliere
Il presidente della Prima Sezione
R. Grass
M. Wathelet