Language of document : ECLI:EU:C:2017:554

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 13 luglio 2017 (1)

Causa C‑194/16

Bolagsupplysningen OÜ

Ingrid Ilsjan

contro

Svensk Handel AB

(Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Riigikohus (Corte suprema, Estonia)

«Regolamento n. 1215/2012 – Competenza in materia di illeciti civili dolosi o colposi – Pubblicazione di informazioni su Internet – Diritti della personalità delle persone giuridiche ‐ Centro degli interessi – Ordine di cancellazione e rettifica delle informazioni in un altro Stato membro – Domanda di risarcimento dei danni»






Indice


I. Introduzione

II. Diritto applicabile

III. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

IV. Analisi

A. Applicabilità alle persone giuridiche del criterio di competenza basato sul «centro degli interessi»

1. Introduzione: l’evoluzione della giurisprudenza (come l’eccezione è divenuta la regola)

2. Diritti della personalità delle persone giuridiche

a) Risposta di principio

b) Risposta pragmatica

c) Trattamento differenziato delle persone giuridiche in base al regolamento n. 1215/2012?

B. La competenza internazionale per le azioni relative a lesioni di diritti della personalità cagionate da informazioni pubblicate su Internet

1. Le difficoltà connesse al mantenimento dell’approccio «a mosaico» alle azioni per atto illecito relative ad Internet

2. L’alternativa più restrittiva

a) Il criterio ridefinito

b) La localizzazione del centro degli interessi

c) Conclusione provvisoria

C. Competenza a ordinare la rettifica e la rimozione di informazioni asseritamente lesive

V. Conclusione



I.      Introduzione

1.        Una società estone operante in Svezia è stata inserita in una lista nera del sito Internet di un’associazione di datori di lavoro svedesi a motivo delle sue pratiche commerciali asseritamente discutibili. Come inevitabilmente accade nell’era del coraggio anonimo su Internet, universalmente noto per il suo stile cortese, la sottile comprensione e la moderazione, il sito Internet in questione ha attirato numerosi commenti ostili dei lettori.

2.        La società estone ha citato in giudizio dinanzi ai giudici estoni l’associazione svedese, sostenendo che le informazioni pubblicate ne avevano leso l’onore, la reputazione e il buon nome. Essa ha chiesto ai suddetti giudici di ordinare all’associazione svedese la rettifica delle informazioni e la rimozione dei commenti dal suo sito Internet. Ha inoltre chiesto il risarcimento dei danni che avrebbe subito a causa della pubblicazione su Internet delle informazioni e dei commenti in questione.

3.        Il Riigikohus (Corte suprema, Estonia) nutre dubbi in ordine alla competenza dei giudici estoni a conoscere di tale controversia. Esso ha quindi sottoposto alla Corte sostanzialmente tre questioni: anzitutto, se il giudice estone possa dichiararsi competente a conoscere della controversia in base al «centro degli interessi» del ricorrente, un criterio di competenza speciale che la Corte ha già applicato alle persone fisiche, ma finora non alle persone giuridiche. In caso affermativo, come debba allora essere determinato il centro degli interessi di una persona giuridica. Infine, qualora la competenza del giudice estone fosse circoscritta ai casi concernenti danni avvenuti in Estonia, il giudice del rinvio si chiede se possa ordinare all’associazione svedese di rettificare e rimuovere le informazioni controverse.

4.        Vi sono due nuovi elementi che suggeriscono alla Corte di riesaminare la propria giurisprudenza, magari in un’ottica più critica: una persona giuridica (non una persona fisica) chiede in via principale la rettifica e la rimozione di informazioni pubblicate su Internet (e solo in subordine il risarcimento degli asseriti danni alla sua reputazione). Tale contesto di fatto induce a domandarsi se occorra aggiornare le regole, apparentemente molto elastiche, sulla competenza internazionale stabilite in precedenza nella sentenza Shevill (2) per quanto riguarda la diffamazione a mezzo stampa, successivamente estese nella sentenza eDate (3) ai danni arrecati alla reputazione di una persona fisica mediante informazioni pubblicate su Internet.

II.    Diritto applicabile

Regolamento n. 1215/2012

5.        Ai sensi del considerando 15 del regolamento (UE) n. 1215/2012 (4), le norme sulla competenza dovrebbero presentare «un alto grado di prevedibilità e [basarsi] sul principio generale della competenza dell’autorità giurisdizionale del domicilio del convenuto».

6.        Secondo il considerando 16, «[i]l criterio del foro del domicilio del convenuto deve essere completato attraverso la previsione di fori alternativi, basati sul collegamento stretto tra l’autorità giurisdizionale e la controversia, ovvero al fine di agevolare la buona amministrazione della giustizia. L’esistenza di un collegamento stretto dovrebbe garantire la certezza del diritto ed evitare la possibilità che il convenuto sia citato davanti a un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro che non sia per questi ragionevolmente prevedibile. Tale aspetto è importante soprattutto nelle controversie in materia di obbligazioni extracontrattuali derivanti da violazioni della privacy e dei diritti della personalità, compresa la diffamazione».

7.        La norma generale che disciplina la competenza internazionale è contenuta nell’articolo 4, paragrafo 1, secondo il quale «le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro cittadinanza, davanti alle autorità giurisdizionali di tale Stato membro».

8.        Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, del medesimo regolamento, è possibile derogare a quest’ultima regola solo nei casi previsti alle sezioni da 2 a 7 del capo II.

9.        Nel caso di specie assume rilievo la norma di cui all’articolo 7, punto 2 (contenuto nella sezione 2 del capo II del regolamento n. 1215/2012). In materia di illeciti civili dolosi o colposi, la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro davanti all’«autorità giurisdizionale del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire».

III. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

10.      La Bolagsupplysningen OÜ (in prosieguo: la «ricorrente») è una società avente sede a Tallinn (Estonia) che apparentemente svolge la maggior parte delle proprie attività in Svezia. La sig.ra Ingrid Ilsjan è una dipendente della ricorrente.

11.      La Svensk Handel AB è un’associazione professionale svedese (in prosieguo: la «resistente»).

12.      La resistente ha iscritto la ricorrente in una lista nera pubblicata sul proprio sito Internet, affermando che essa era «responsabile di truffe e frodi». In un forum di discussione ospitato su detto sito Internet sarebbero stati pubblicati, in risposta all’inserimento nella lista nera, quasi 1 000 commenti, tra i quali inviti ad esercitare atti di violenza nei confronti della ricorrente e dei suoi dipendenti.

13.      Il 29 settembre 2015 la ricorrente e la sig.ra Ilsjan presentavano dinanzi allo Harju Maakohus (Tribunale distrettuale di Harju, Estonia; in prosieguo: il «tribunale di primo grado») un ricorso contro la resistente, chiedendone la condanna alla rettifica delle indicazioni errate pubblicate sulla ricorrente e alla rimozione dei commenti pubblicati sul suo sito Internet. La ricorrente chiedeva inoltre il risarcimento del danno economico sofferto, in particolare a titolo di lucro cessante, quantificato in EUR 56 634,99. La sig.ra Ilsjan chiedeva il risarcimento del danno morale nella misura determinata dal giudice. La ricorrente e la sig.ra Ilsjan sostenevano di avere subito un danno imputabile alla condotta della resistente. Esse affermavano che la pubblicazione di indicazioni errate aveva pregiudicato l’attività commerciale della ricorrente in Svezia.

14.      Con decisione del 1o ottobre 2015, il tribunale di primo grado respingeva il ricorso. Esso dichiarava che non era comprovato che il danno in questione si fosse verificato in Estonia. Pertanto, detto giudice non poteva stabilire la propria competenza sulla base dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012. Le informazioni e i commenti erano redatti in lingua svedese e, in mancanza di una traduzione, erano incomprensibili per i parlanti estoni. Inoltre, la perdita di fatturato era espressa in valuta svedese, il che indicava che in realtà il danno era avvenuto in Svezia. Il solo fatto che il sito Internet fosse accessibile in Estonia non poteva fondare, di per sé, la competenza dei giudici estoni.

15.      La ricorrente e la sig.ra Ilsjan impugnavano detta decisione dinanzi al Tallinna Ringkonnakohus (Corte d’appello di Tallinn, Estonia). Il 9 novembre 2015 detto giudice respingeva il ricorso d’appello, confermando il difetto di competenza internazionale dei giudici estoni.

16.      Detta decisione veniva successivamente impugnata dinanzi al giudice del rinvio, il Riigikohus (Corte suprema).

17.      Dinanzi alla Corte suprema, la ricorrente sostiene che i giudici estoni sono competenti a conoscere della controversia in quanto il centro dei suoi interessi si trova in Estonia. Nel caso di specie, il contenuto pubblicato su Internet avrebbe leso il diritto della ricorrente di esercitare un’attività economica. La direzione, l’attività economica, la contabilità, nonché lo sviluppo dell’attività e i servizi legati al personale della ricorrente si trovano tutti in Estonia. I suoi redditi vengono trasferiti dalla Svezia all’Estonia. Essa non ha all’estero né una rappresentanza, né una sede secondaria. Pertanto, gli effetti dell’atto illecito si sono verificati in Estonia.

18.      La resistente ritiene che, nel caso di specie, non sussista un collegamento stretto tra l’oggetto dell’azione e i giudici estoni. La competenza internazionale andrebbe individuata in base alla regola generale di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012. La sede della resistente si trova in Svezia. Pertanto, la competenza a conoscere della controversia principale spetterebbe al giudice svedese.

19.      Il giudice del rinvio ha deciso di separare i ricorsi della ricorrente e della sig.ra Ilsjan. Nel secondo caso, il ricorso è stato rinviato al giudice di primo grado affinché ne riesaminasse la ricevibilità. Quanto all’azione della ricorrente, il giudice del rinvio ritiene che i giudici estoni siano competenti a statuire sulla domanda di risarcimento dei danni eventualmente avvenuti in Estonia. Per contro, esso non è certo di avere competenza su altri aspetti dell’azione della ricorrente.

20.      In tale contesto, il Riigikohus (Corte suprema) ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 7, punto 2, del [regolamento n. 1215/2012] debba essere interpretato nel senso che una persona i cui diritti risultino violati dalla pubblicazione su Internet di indicazioni errate sul proprio conto e dall’omessa rimozione di commenti che la riguardino possa agire dinanzi ai giudici di ciascuno Stato membro nel cui territorio siano o siano state accessibili le informazioni pubblicate su Internet con riferimento al danno avvenuto in detto Stato membro, al fine di ottenere la rettifica delle indicazioni errate nonché la rimozione dei commenti lesivi dei propri diritti.

2)      Se l’articolo 7, punto 2, del [regolamento n. 1215/2012] debba essere interpretato nel senso che una persona giuridica i cui diritti risultino violati dalla pubblicazione su Internet di indicazioni errate sul proprio conto e dall’omessa rimozione di commenti che la riguardino, possa far valere il diritto alla rettifica delle indicazioni, all’obbligo di rimozione dei commenti e al risarcimento dell’intero danno materiale subito per effetto della pubblicazione delle indicazioni errate in Internet, dinanzi ai giudici dello Stato in cui si trovi il centro dei propri interessi.

3)      In caso di risposta affermativa alla seconda questione, se l’articolo 7, punto 2, del [regolamento n. 1215/2012] debba essere interpretato nel senso che:

–      si debba ritenere che il centro degli interessi di una persona giuridica e quindi il luogo in cui si sia concretizzato il danno a suo carico si trovi nello Stato membro in cui essa abbia sede ovvero

–      nell’accertamento del centro degli interessi della persona giuridica e, quindi, del luogo in cui sia insorto il danno a proprio carico occorra tener conto del complesso delle circostanze della specie, ad esempio della sede e degli stabilimenti della persona giuridica, della sede dei suoi clienti e delle modalità di conclusione delle sue operazioni».

21.      Hanno presentato osservazioni scritte la ricorrente, i governi estone, portoghese e del Regno Unito nonché la Commissione europea. La ricorrente, il governo estone e la Commissione hanno presentato osservazioni orali all’udienza tenutasi il 20 marzo 2017.

IV.    Analisi

22.      I quesiti posti dal giudice nazionale riguardano, in sostanza, tre problematiche. La questione fondamentale, a mio parere, è la seconda: se il criterio di competenza basato sul centro degli interessi, elaborato nella sentenza eDate (5)in riferimento alle persone fisiche sia parimenti applicabile alle persone giuridiche. Pertanto, esaminerò anzitutto tale questione (A). In caso di risposta affermativa, occorre esaminare la terza questione posta dal giudice nazionale, vale a dire quale sarebbe allora il criterio per individuare il centro degli interessi di una persona giuridica (B). Infine, la prima questione posta dal giudice del rinvio invita la Corte a valutare il rapporto tra l’approccio «a mosaico» da essa elaborato nella sentenza Shevill (6), secondo cui la competenza del giudice è circoscritta ai danni avvenuti nel rispettivo territorio nazionale, e la natura indivisibile (unitaria) del provvedimento riparatorio chiesto dalla ricorrente (C).

23.      In sintesi, nelle presenti conclusioni esaminerò anzitutto l’ambito di applicazione ratione personae delle norme pertinenti in materia di competenza (A), quindi il criterio da utilizzare (B) e infine la questione dei provvedimenti riparatori (C). Il mio argomento è in sostanza il seguente: per quanto riguarda l’attribuzione della competenza internazionale su controversie in materia di responsabilità extracontrattuale relative a danni alla reputazione, non vedo validi motivi per distinguere preliminarmente tra persone fisiche e persone giuridiche. A mio parere, sotto il profilo della competenza internazionale, esse devono essere trattate allo stesso modo. Tuttavia, tenuto conto della natura particolare di Internet e delle informazioni pubblicate su di esso, propongo altresì di ridefinire in senso restrittivo l’approccio precedentemente adottato dalla Corte. Per quanto riguarda il contenuto reso accessibile su Internet, a mio avviso sarebbe poco utile mantenere la competenza «a mosaico» che è stata definita nella sentenza Shevill in specifico riferimento alla diffusione della carta stampata. Qualora si accogliesse tale limitazione delle norme sulla competenza internazionale in relazione alla diffamazione a mezzo Internet, non si porrebbe la questione delle misure che possono essere disposte nel contesto di una competenza «a mosaico» di tipo Shevill territorialmente circoscritta.

A.      Applicabilità alle persone giuridiche del criterio di competenza basato sul «centro degli interessi»

1.      Introduzione: l’evoluzione della giurisprudenza (come l’eccezione è divenuta la regola)

24.      Il presente procedimento verte sull’interpretazione della regola dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012, relativa alla competenza internazionale sulle azioni per atto illecito. Secondo detta regola, in materia di illeciti civili dolosi o colposi, una persona domiciliata in uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro «davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire».

25.      Si tratta di una norma speciale di competenza che consente di derogare alla regola generale fissata all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012, secondo cui il convenuto deve essere citato nello Stato membro in cui ha il proprio domicilio (7).

26.      Secondo costante giurisprudenza, la regola dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 trova il suo fondamento nell’esistenza di un collegamento particolarmente stretto tra la controversia e i giudici di uno Stato membro diverso da quello in cui è domiciliato il convenuto. Tale regola è giustificata da motivi di buona amministrazione della giustizia e di economia processuale (8).

27.      L’espressione «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto» contenuta nell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 (e nei suoi predecessori (9)) è stata interpretata dalla Corte, fin dalla sentenza Bier (10), nel senso che comprende sia il luogo in cui si è concretizzato il danno, sia il luogo dell’evento generatore di tale danno. Pertanto, l’attore può scegliere di citare il convenuto dinanzi ai giudici di entrambi i luoghi in parola (11).

28.      Nella sentenza Shevill, la Corte ha precisato che, in caso di diffamazione attraverso un articolo di stampa diffuso in più Stati membri, l’attore può scegliere di esercitare l’azione per danni (conformemente alle norme di competenza speciale) dinanzi ai giudici di due luoghi. È possibile adire i giudici dello Stato membro in cui si trova il luogo di origine del fatto dannoso (12), che corrisponde al luogo in cui è stabilito l’editore, oppure i giudici di ogni Stato membro nel quale è stata diffusa la pubblicazione di cui trattasi e in cui la vittima asserisce di avere subito una lesione della propria reputazione. Nel secondo caso, i giudici sono competenti a conoscere solo dei danni cagionati in detto Stato membro (13). Questo secondo tipo di competenza speciale, da cui deriva la competenza territorialmente limitata elaborata nella sentenza Shevill, è stato indicato come approccio «a mosaico» (14).

29.      Nella sentenza eDate, la Corte ha anzitutto confermato l’applicabilità di tale criterio di competenza alle azioni concernenti violazioni di diritti della personalità cagionate da informazioni pubblicate su Internet. La Corte ha dichiarato che l’azione per danni può essere proposta dinanzi ai giudici di ciascuno Stato membro sul cui territorio un’informazione messa in rete sia accessibile oppure lo sia stata. La competenza di detti giudici rimane territorialmente limitata (15).

30.      Tuttavia, nella sentenza eDate la Corte ha anche aggiunto un ulteriore criterio di competenza: quello secondo cui un’azione siffatta può essere avviata dinanzi ai giudici del luogo in cui si trova il centro degli interessi dell’attore. Tale luogo corrisponde allo Stato membro in cui l’attore risiede abitualmente o ad un altro uno Stato membro rispetto al quale possa essere dimostrata l’esistenza di un collegamento particolarmente stretto, ad esempio perché l’attore vi esercita un’attività professionale (16).

31.      La Corte ha elaborato questo terzo criterio speciale di competenza per le azioni che ricadono nell’ambito di applicazione dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 tenendo conto della «gravità della lesione» e della disponibilità in qualunque parte del mondo dell’informazione che l’avrebbe provocata (17). Si tratta di caratteristiche peculiari di Internet, che, come mezzo di informazione, era piuttosto marginale all’epoca in cui è stata definita la causa Shevill (18).

32.      In sintesi: dalla lettura combinata delle sentenze Shevill ed eDate risulta che attualmente, in caso di asserito danno alla reputazione provocato da informazioni pubblicate su Internet, se l’attore è una persona fisica, può scegliere tra quattro tipi di fori. Tre di essi sono fori «pieni»: il danno può essere fatto valere nella sua totalità. Il quarto è «parziale»: la domanda di risarcimento è limitata ai danni subiti nel territorio dello Stato di cui trattasi. I fori pieni comprendono un foro generale (domicilio del convenuto) e due fori speciali (quello del luogo in cui si è verificato il danno, che nella maggior parte dei casi corrisponde probabilmente al foro generale, e quello del luogo in cui si trova il centro degli interessi dell’attore). Inoltre, tutti gli altri Stati membri possono costituire fori parziali, in quanto le informazioni pubblicate su Internet sono accessibili in tutti gli Stati membri.

33.      Il caso in esame riguarda la competenza internazionale su una domanda di risarcimento dei danni derivanti da un’asserita violazione dei diritti della personalità della ricorrente. Quest’ultima è una persona giuridica. È stato chiesto di ordinare alla convenuta di rettificare e rimuovere le informazioni e i commenti dal suo sito Internet. Come confermato in udienza, l’obiettivo principale dell’azione della ricorrente non è il risarcimento del danno economico sofferto, ma semmai la rettifica e la rimozione del contenuto online assertivamente lesivo. La domanda di risarcimento dei danni è stata presentata solo in via accessoria.

34.      Come anticipato all’inizio delle presenti conclusioni, si potrebbe ritenere che questi due elementi, considerati congiuntamente, spingano la giurisprudenza esistente della Corte troppo lontano, in settori per i quali forse non era stata concepita originariamente. Tuttavia, essere spinti oltre i limiti esterni di una costruzione intellettuale può anche essere utile, giacché consente di riesaminare criticamente le fondamenta stesse di quella struttura.

35.      Tuttavia, prima di poter svolgere tale esercizio, occorre risolvere una questione preliminare: è possibile distinguere tra persone fisiche e persone giuridiche in riferimento a una violazione a mezzo Internet di diritti della personalità?

2.      Diritti della personalità delle persone giuridiche

36.      Sebbene non sia espressamente menzionata, sembrerebbe che, nella sentenza eDate, l’idea fortemente sottesa alla creazione di un criterio supplementare speciale di competenza fosse la tutela di diritti fondamentali. Tale idea è stata articolata con chiarezza nel ragionamento esposto dall’avvocato generale Cruz Villalón nelle conclusioni relative a quella causa (19).

37.      Ad ogni modo, la questione se la tutela dei diritti della personalità, in quanto diritti fondamentali, possa essere estesa o meno anche alle persone giuridiche è stata certamente oggetto di ampio dibattito nel presente procedimento. Le persone giuridiche dispongono di diritti della personalità? A tale proposito, le parti hanno espresso pareri divergenti.

38.      Nelle sue osservazioni scritte e all’udienza, il governo estone ha sostenuto che i diritti della personalità tutelati dalla sentenza eDate possono spettare per definizione solo alle persone fisiche. Secondo l’Estonia, ciò sarebbe dovuto alla loro natura e ai loro effetti (quali dolore e sofferenza). Analogamente, il Regno Unito ha sottolineato nelle sue osservazioni scritte che il risarcimento chiesto in risposta alla pubblicazione di informazioni lesive su Internet corrisponde in realtà a una perdita commerciale per le persone giuridiche. Ciò solleva questioni diverse da quelle che si pongono in relazione a una persona fisica di cui sia stata lesa la reputazione.

39.      La Commissione riconosce che i diritti della personalità sono protetti in alcuni Stati membri ma sostiene che il forum actoris basato sul centro degli interessi non andrebbe esteso alle persone giuridiche. Siffatta estensione non garantirebbe l’equilibrio tra gli interessi in gioco.

40.      Non posso accogliere tali argomenti. In primo luogo, a livello di principio, è difficile comprendere perché le persone giuridiche non dovrebbero essere dotate di diritti della personalità, entro i limiti ragionevolmente consentiti da tale analogia (a). Tuttavia, in secondo luogo, vale forse la pena sottolineare che, a un livello più pratico, la questione se le persone giuridiche dispongano o meno di alcuni diritti fondamentali della personalità ha una rilevanza piuttosto limitata ai fini del presente procedimento. Non vi è dubbio che, negli ordinamenti di vari Stati membri, la reputazione o il buon nome delle persone giuridiche sono tutelati in quanto diritti loro conferiti dalla legge. Tali diritti esistono e devono essere riconosciuti a prescindere dalla (in)esistenza di diritti fondamentali delle persone giuridiche. Le controversie in tale materia, se di natura transfrontaliera, possono riguardare un «danno» ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012, ma una discussione potenzialmente accesa sulla portata dei diritti fondamentali delle società non costituisce in realtà l’elemento chiave della presente causa (b). Tali considerazioni portano alla conclusione che non vi sono ragioni per riservare un trattamento diverso alle persone fisiche e alle persone giuridiche quando si applica il criterio di competenza speciale (c).

a)      Risposta di principio

41.      Nel sistema della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (CEDU), inizialmente solo l’articolo 1 del protocollo n. 1 della CEDU relativo al diritto proprietà prevedeva espressamente la sua applicazione alle persone giuridiche. In seguito, tuttavia, sia la Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») sia la Corte hanno gradualmente esteso la tutela dei diritti fondamentali alle persone giuridiche nei casi in cui tale approccio risultava adeguato rispetto allo specifico diritto fondamentale in questione.

42.      Pertanto, nella giurisprudenza della Corte EDU si è verificata negli anni una progressiva estensione per quanto riguarda, ad esempio, la libertà di espressione (20), il diritto al rispetto del domicilio e della corrispondenza (21) e il diritto a un processo equo (22). Allo stesso tempo, tuttavia, la Corte EDU ha parimenti riconosciuto che, qualora si tratti della limitazione di diritti fondamentali, le Parti firmatarie godono di una maggiore discrezionalità nei casi che riguardano le attività professionali degli interessati (23).

43.      Analogamente, nell’ordinamento giuridico dell’Unione, la Corte ha confermato che le persone giuridiche dispongono non solo di diritti di proprietà (24), ma altresì del diritto alla libertà d’impresa (25), del diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo (26) e, più in particolare, del diritto al gratuito patrocinio (27). La Corte ha inoltre dichiarato che le persone giuridiche godono della presunzione di innocenza e del diritto di difesa (28).

44.      Nel complesso, sembrerebbe che in entrambi gli ordinamenti, salvo alcune eccezioni (29), l’estensione di diritti fondamentali alle persone giuridiche sia avvenuta in maniera sempre più graduale, e piuttosto naturalmente e spontaneamente, senza riflessioni filosofiche più approfondite sulla natura o sulla funzione dei diritti fondamentali (30). Le considerazioni di fondo sembrano essere più di natura funzionale: il diritto fondamentale in questione può essere applicato, in base a una ragionevole analogia, a una persona giuridica? In caso affermativo, tale diritto tende ad essere esteso alle persone giuridiche, magari con spazio per maggiori limitazioni e restrizioni (31).

45.      Più specificamente, per quanto riguarda i diritti della personalità delle persone giuridiche, il loro riconoscimento indiretto è riscontrabile nella sentenza Fayed c. Regno Unito (32). La Corte EDU ha dichiarato che, per quanto riguarda il diritto all’integrità della reputazione, i limiti della critica ammissibile sono più ampi nel caso dei professionisti che partecipano alle attività di grandi società di quanto non lo siano per semplici privati (33). Inoltre, la Corte EDU ha dichiarato che il fatto che una parte fosse una grande società multinazionale non doveva privarla del diritto di difendersi contro affermazioni diffamatorie, né dispensare i ricorrenti (persone fisiche) dall’obbligo di dimostrare la fondatezza delle affermazioni in questione (34).

46.      Tuttavia, occorre ammettere che la giurisprudenza della Corte EDU su tale questione potrebbe non essere esaustiva, in particolare per due motivi. In primo luogo, la natura dei diritti della personalità delle persone giuridiche potrebbe essere diversa sotto alcuni aspetti da quella dei medesimi diritti delle persone fisiche a seconda dello specifico diritto nel cui contesto vengano invocati ‑ articolo 8, articolo 10 o eventualmente articolo 1 del primo protocollo ‑ o perfino nell’ambito dei diritti procedurali. In secondo luogo, in casi concreti la Corte EDU rinvia spesso alle valutazioni già operate dal giudice nazionale in ordine alla (in)sussistenza di violazioni dei diritti della personalità di una persona giuridica (35).

47.      La tutela dei diritti della personalità delle persone giuridiche in quanto diritti fondamentali può essere esaminata secondo due approcci, quello intrinseco e quello strumentale.

48.      Il valore intrinseco dei diritti della personalità implica che essi sono meritevoli di protezione in sé stessi. I diritti della personalità possono essere considerati un’emanazione della dignità umana. Il mero fatto di essere umano è degno di tutela in sé e per sé. Se si accogliesse tale nozione dei diritti della personalità, potrebbe effettivamente risultare difficile, dal punto di vista intellettuale, attribuire siffatto status a una persona giuridica.

49.      Tuttavia, i diritti della personalità possono essere intesi anche come diritti strumentali all’effettiva tutela di altri diritti fondamentali, anziché come un fine in sé. La protezione dei diritti della personalità delle persone giuridiche conduce a (o è la necessaria realizzazione di) altri diritti conferiti a dette persone, quali il diritto di proprietà (articolo 17 della Carta) o la libertà d’impresa (articolo 16 della Carta).Applicando questa logica, la violazione dei diritti della personalità di una società consistente in un danno al suo buon nome e alla sua reputazione si traduce direttamente nella violazione dei suoi diritti economici. Pertanto, l’effettiva tutela di tali diritti economici (di cui le persone giuridiche certamente dispongono) presuppone che siano parimenti tutelati i diritti della personalità.

50.      Quest’ultima giustificazione della tutela dei diritti della personalità delle persone giuridiche rende tali diritti inferiori o perfino inesistenti? Alcune osservazioni presentate nel presente procedimento sembrano avanzare tale argomento morale, il quale implica essenzialmente che «se la questione riguarda il denaro, non è meritevole della tutela dei diritti fondamentali».

51.      Non condivido tale parere, per tre motivi. Anzitutto, esistono numerosi altri diritti, essenzialmente procedurali, in relazione ai quali non si può affermare che la loro protezione sia uno scopo in sé, ma che sono in un certo senso strumentali alla tutela di altri diritti o valori. Tali diritti sono dunque «inferiori»? In secondo luogo, qual è la situazione per quanto concerne altri diritti sostanziali che riguardano la tutela, ad esempio, del diritto di proprietà, del diritto al lavoro o la libertà d’impresa? Anche questi diritti sono «moralmente inferiori»? In terzo luogo, quand’anche si accogliesse tale presa di posizione, quid non, essa escluderebbe le persone giuridiche che generano profitti dal godimento della tutela dei diritti fondamentali. Ma che dire delle persone giuridiche che non operano sulla base della realizzazione di un profitto? O delle persone giuridiche senza scopo di lucro, che potrebbero avere obiettivi più «nobili»?

b)      Risposta pragmatica

52.      Non vedo perché le persone giuridiche non potrebbero godere della tutela dei loro diritti della personalità in quanto diritti fondamentali, sempre che, applicando il criterio generale illustrato nella precedente sezione, ciò risulti appropriato nel contesto del caso di specie.

53.      Tuttavia, ritengo che la Corte non debba effettivamente esaminare tale questione per poter esaminare il caso di specie.

54.      Guardando oltre l’aspetto «obbligatorio» delle attuali discussioni sulla tutela dei diritti fondamentali (36), occorre rammentare che il vero oggetto della causa in esame è la decisione relativa all’attribuzione di competenza internazionale ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 in relazione alla responsabilità extracontrattuale per i danni causati alla reputazione di una persona.

55.      Tuttavia, la responsabilità per tale tipo di danno non è circoscritta a ciò che è tutelato dai diritti fondamentali costituzionalmente garantiti. Al contrario, negli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le disposizioni più dettagliate sulla protezione della personalità e della reputazione si trovano a livello legislativo, nei codici civili nazionali o nelle norme in materia di illeciti civili. Pertanto, tali norme sono inevitabilmente applicabili sia alle persone fisiche, sia alle persone giuridiche.

56.      Nel diritto tedesco, ad esempio, la protezione dei diritti generali della personalità ha radici costituzionali. Sono tutelate sia le persone fisiche, sia le persone giuridiche. Le persone giuridiche godono di siffatta tutela nei limiti in cui essa riguarda la loro funzione specifica, ad esempio in quanto operatori economici o datori di lavoro (37). I diritti della personalità di un’impresa tutelano la sua reputazione e la sua libertà di iniziativa economica costituzionalmente garantita (38). La portata della tutela dei diritti della personalità di un’impresa è intesa in senso relativamente ampio (39). In Francia, la giurisprudenza sembra avere accettato che le persone giuridiche dispongono di taluni diritti della personalità, segnatamente quando sia in gioco il loro onore o la loro reputazione (40). Nel diritto inglese, le nozioni di diffamazione e falsità dolosa sembrano tutelare la reputazione e gli interessi economici delle persone giuridiche (41).

57.      Pertanto, nonostante le diverse tipologie e la diversa portata, i diritti della personalità delle persone giuridiche che tutelano il buon nome e la reputazione non sono un fenomeno insolito negli Stati membri. Se in uno Stato membro viene quindi avviata un’azione fondata su una legge nei confronti di una persona giuridica di un altro Stato membro, la decisione su tale azione richiederà ovviamente anche una decisione sulla competenza internazionale ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012.

58.      In altri termini, l’articolo 7, punto 2, è una disposizione a più livelli, nel senso che le norme sulla competenza ivi contenute si applicano indipendentemente dalla specifica base giuridica nazionale dell’azione, a prescindere dalla circostanza che la tutela sostanziale dei diritti della personalità sia conferita da un diritto fondamentale costituzionalmente protetto, oppure derivi dalla legge o dalla giurisprudenza, o da entrambe.

59.      Allo stesso tempo, sebbene l’articolo 7, punto 2, operi a più livelli in relazione alla base sostanziale dell’azione proposta in forza del diritto nazionale, il suo risultato deve essere univoco. In altre parole, le eventuali differenze sotto il profilo del fondamento di diritto nazionale dell’azione non possono influire sulla valutazione delle norme di competenza, purché, ovviamente, l’azione abbia comunque la natura di azione relativa a un illecito civile doloso o colposo.

60.      In sintesi, la tutela quanto meno di alcuni diritti della personalità delle persone giuridiche viene concessa non solo a livello di diritti fondamentali, ma altresì (o più spesso) a livello legislativo. Pertanto, devono esservi norme di competenza equivalenti nel diritto dell’Unione che consentano di individuare il giudice competente a conoscere di un’azione come quella proposta nel procedimento principale.

c)      Trattamento differenziato delle persone giuridiche in base al regolamento n. 1215/2012?

61.      Una volta stabilito che le norme di competenza internazionale di cui all’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 si applicano alle azioni per atto illecito proposte da persone giuridiche contro asserite violazioni dei loro diritti della personalità (a prescindere dalla circostanza che il fondamento di tali azioni sia una tutela garantita a livello costituzionale o legislativo), consegue logicamente un’altra questione. Esiste un valido motivo per distinguere tra persone fisiche e persone giuridiche ai fini dell’applicazione di un criterio speciale di competenza basato sul centro degli interessi? In caso affermativo, come si può giustificare siffatta distinzione?

62.      L’unica giustificazione addotta nel presente procedimento ‑ a parte la negazione, cui si è accennato supra, dei diritti della personalità delle persone giuridiche – è quella del criterio della «parte più debole». Tale argomento è formulato come segue: le persone fisiche sono per natura «più deboli» rispetto alle persone giuridiche, come accadeva nelle due cause riunite eDate. Il danno grave che può essere arrecato istantaneamente mediante la pubblicazione di informazioni su Internet giustifica l’interpretazione a loro favore delle norme di competenza. Tuttavia, la medesima protezione speciale non sarebbe necessaria nel caso delle persone giuridiche, dal momento che esse, per definizione, non sarebbero «deboli».

63.      Non sono d’accordo, per quattro motivi.

64.      In primo luogo, analogamente a quanto affermato dalla Commissione in udienza, rilevo che la norma di competenza di cui all’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 non mira a tutelare la parte più debole. È vero che ciò accade nel caso di altri criteri di competenza speciale previsti dal regolamento n. 1215/2012. Ciò vale per la tutela giurisdizionale accordata ai consumatori, ai lavoratori subordinati e a determinati soggetti in materia di assicurazioni (42). Tuttavia, il criterio della «parte più debole» è chiaramente assente dalla norma speciale di competenza relativa agli illeciti civili. Tale tipo di competenza è fondata semmai sulla stretta connessione tra l’azione e il giudice competente a conoscerne (43).

65.      In secondo luogo, anche ammesso che nel contesto in esame occorra prendere in considerazione il criterio della parte più debole, travalicando il chiaro tenore letterale del regolamento n. 1215/2012, quod non, mi domando in che modo una norma siffatta, applicata in modo automatico, sarebbe effettivamente appropriata e produrrebbe risultati corretti nella maggior parte dei casi. Le persone fisiche sono per definizione sempre deboli e quelle giuridiche sempre forti, indipendentemente dall’effettivo «rapporto di forze» in una determinata controversia? Qual è la situazione per quanto riguarda le persone giuridiche di fatto più piccole e piuttosto deboli, o tutti i casi limite come quelli delle società unipersonali, delle professioni autonome, o, per contro, dei privati facoltosi e potenti? Inoltre, in tale contesto, dovrebbe essere rilevante il fatto che una persona giuridica sia un’organizzazione con o senza scopo di lucro?

66.      In terzo luogo, se si considera nello specifico il danno potenziale arrecato mediante informazioni su Internet, è utile ricordare che probabilmente esistono alcune differenze non solo per quanto riguarda l’attore, ma anche rispetto al potenziale convenuto. All’epoca della sentenza Shevill, presumibilmente la diffamazione poteva avere luogo attraverso la carta stampata. In molti casi (certo non in tutti), era probabile che gli editori convenuti fossero persone giuridiche.

67.      Internet ha cambiato completamente le regole del gioco, in meglio o in peggio, democratizzando la pubblicazione. Nell’era dei siti Internet privati, del self-posting, dei blog e dei social network, le persone fisiche possono diffondere molto facilmente informazioni relative a qualunque altra persona, fisica o giuridica, o ad autorità pubbliche. In tale contesto tecnico, viene completamente meno l’idea iniziale che potrebbe avere ispirato le prime regole sui danni provocati da pubblicazioni diffamatorie, secondo la quale l’attore è presumibilmente un soggetto debole, mentre il convenuto è un editore (professionale).

68.      Infine, quand’anche si dovesse accogliere la logica della valutazione individuale del reciproco rapporto di forza in casi concreti, siffatto approccio risulta spesso in contrasto, nella sua applicazione pratica, con l’obiettivo dell’«alto grado di prevedibilità» delle norme di competenza perseguito dal regolamento n. 1215/2012 (44). Dunque, quali sarebbero esattamente i criteri? Le disponibilità economiche? Le dimensioni dei rispettivi uffici legali delle parti? La circostanza che il soggetto in questione sia un editore professionale o meno? Ancora una volta, probabilmente siffatto esame laborioso e dall’esito incerto non rappresenta l’approccio migliore per determinare la competenza internazionale, che dovrebbe essere un’operazione quanto più possibile rapida e semplice (45).

69.      In sintesi, non vedo alcun motivo valido per cui le norme di competenza speciale contenute nell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012, compreso il criterio di competenza basato sul centro degli interessi, debbano variare a seconda che l’attore sia una persona fisica o una persona giuridica.

B.      La competenza internazionale per le azioni relative a lesioni di diritti della personalità cagionate da informazioni pubblicate su Internet

70.      Per i motivi esposti nella sezione precedente, non ravviso argomenti persuasivi che impongano di distinguere tra persone fisiche e giuridiche al fine di determinare la competenza internazionale sulle azioni per atto illecito aventi ad oggetto asserite violazioni dei loro diritti della personalità.

71.      Vedo invece, per le ragioni che illustrerò nella presente sezione, argomenti molto convincenti dai quali emerge che occorre riesaminare le regole sulla competenza speciale, dalla portata troppo ampia, sviluppate negli anni dalla giurisprudenza della Corte. Nell’elaborare tali norme occorre prestare la dovuta attenzione al fatto che Internet è semplicemente un mezzo di comunicazione molto diverso (46).

72.      Pertanto, la proposta formulata nella presente sezione è la seguente: per le affermazioni potenzialmente diffamatorie pubblicate su Internet dovrebbero esservi solo due possibili competenze speciali (e piene). Alle persone fisiche e giuridiche si dovrebbe quindi applicare un criterio di competenza speciale più restrittivo, senza distinzioni.

1.      Le difficoltà connesse al mantenimento dell’approccio «a mosaico» alle azioni per atto illecito relative ad Internet

73.      Occorre rammentare (47) che, nella sentenza Shevill, la Corte ha dichiarato che l’azione per il risarcimento dei danni alla reputazione provocati da un quotidiano può essere esercitata sia dinanzi ai giudici dello Stato membro in cui è stabilito l’editore, sia dinanzi a quelli del luogo di diffusione del giornale.

74.      Nella sentenza eDate, la Corte ha aggiunto un terzo criterio di competenza speciale: il centro degli interessi dell’attore. È importante osservare che la Corte ha inoltre confermato l’applicabilità del criterio di competenza basato sulla diffusione di cui alla sentenza Shevill per le azioni relative a danni asseritamente arrecati tramite Internet. Come nella causa Shevill, tale competenza internazionale rimane limitata al danno avvenuto nel territorio nazionale di cui trattasi.

75.      Tuttavia, nella sentenza Shevill, siffatto approccio «a mosaico» è stato elaborato in riferimento alla diffusione, per definizione limitata, di copie stampate di uno specifico quotidiano in un determinato Stato membro. L’idea della diffusione territoriale sembra quindi adeguata alla competenza internazionale territorialmente limitata sull’azione per danni considerata in quel caso.

76.      Il problema sollevato da questo specifico criterio di competenza speciale consiste semplicemente nel fatto che Internet funziona in modo molto diverso. Le informazioni pubblicate in rete sono accessibili istantaneamente e in qualsiasi luogo. In linea di principio, non esistono limiti geografici (48). Certamente, si potrebbero subito sollevare obiezioni relative all’accesso e alla lingua in cui sono redatte le informazioni, valutando se, nel contesto di un caso specifico, le informazioni possano o meno essere state ragionevolmente comprese. Tuttavia, tenuto conto dello sviluppo della traduzione automatica e della mole senza precedenti di informazioni pubblicate in lingue ampiamente conosciute, probabilmente tali preoccupazioni non rivestono più la stessa importanza che avevano in passato.

77.      A mio parere, l’attuale problema trae origine dall’estensione automatica dell’approccio «a mosaico» della sentenza Shevill alle azioni concernenti Internet di cui alle cause eDate, che forse non ha tenuto pienamente conto delle notevoli differenze fra i due tipi di mezzi di comunicazione. Ciò si traduce in una serie di problemi strutturali e operativi. Ne illustrerò tre.

78.      In primo luogo, «mettere online la sentenza Shevill» significa in sostanza riconoscere la competenza simultaneamente ad un ampio numero di giudici, 28 all’interno dell’Unione europea. L’informazione è accessibile istantaneamente in tutti gli Stati membri. Come osservato dall’avvocato generale Cruz Villalón nelle conclusioni relative alle cause eDate, il numero e l’origine delle «visite» di una determinata pagina web, pur potendo essere indicativi dell’impatto in un certo territorio, non costituisce un criterio affidabile per misurare la diffusione delle relative informazioni su Internet (49). Pertanto, anche una sola visita può condurre alla conclusione che sussiste «diffusione» ai sensi della sentenza Shevill e consentire all’attore di adire il foro corrispondente.

79.      È molto difficile conciliare tale molteplicità di fori derivante dal criterio della diffusione con l’obiettivo della prevedibilità delle norme di competenza e della buona amministrazione della giustizia sancito dal considerando 15 del regolamento n. 1215/2012 (50).

80.      In secondo luogo, a parte la molteplicità di fori, esiste anche una notevole frammentazione delle azioni nell’ambito degli stessi: ciascuno dei 28 possibili fori sarà competente a conoscere dei danni limitatamente al rispettivo territorio nazionale. Tenuto conto delle particolarità di Internet, siffatta ripartizione risulta difficile, se non impossibile (51).

81.      È inoltre difficile comprendere come tali azioni multiple possano essere coordinate tra loro e come interagirebbero con altri meccanismi previsti dal regolamento n. 1215/2012 intesi a razionalizzare l’organizzazione dei procedimenti, quali la litispendenza (52) o la riunione (53) di procedimenti strettamente connessi (o con il principio del giudicato).

82.      Per quanto riguarda la regola della litispendenza, il suo eventuale effetto ostativo opererebbe tra due (e fino a 28) azioni territorialmente limitate, in quanto esse vertono sulle medesime informazioni lesive di cui si chiede la cancellazione, unitamente al risarcimento dei danni? L’applicazione di tale regola dipenderebbe dal tipo di provvedimento richiesto? E come opererebbe detta regola in presenza di un’azione «piena» e di varie azioni «parziali», territorialmente limitate? Ci si potrebbe inoltre chiedere quale effetto avrebbe il passaggio in giudicato di una sentenza relativa alla totalità degli asseriti danni, pronunciata ad esempio dal giudice del luogo in cui si trova il centro degli interessi dell’attore, su un’eventuale azione susseguente per danni intentata dinanzi a uno o più organi giurisdizionali che hanno competenza parziale.

83.      È vero che la causa in esame non verte su tali elementi specifici. Tuttavia, occorre tenere conto delle loro potenziali implicazioni (non) pratiche allorché si esamina il funzionamento di una norma di competenza che sostanzialmente attribuisce la competenza ai giudici di 28 Stati membri diversi.

84.      In terzo luogo, il caso di specie riguarda specificamente anche l’interazione tra la portata della competenza e il tipo di provvedimento richiesto. La giurisprudenza Shevill‑eDate ha chiarito che la competenza può essere «piena» (quando è basata sul centro degli interessi o sul luogo di stabilimento/domicilio del convenuto) oppure «territorialmente limitata» (quando è basata sulla diffusione). Tuttavia, tale flessibilità riguardo alla portata della competenza è stata addotta espressamente solo in relazione alle azioni per danni. Dette azioni sono quantitativamente modulabili per natura, ma potrebbe non valere lo stesso per altri provvedimenti richiesti, quale un ordine di rettifica o di cancellazione di informazioni, che è per natura indivisibile. Tale problematica è al centro della terza questione sollevata dal giudice nazionale. La esaminerò più dettagliatamene in seguito, nella sezione C delle presenti conclusioni.

85.      In sintesi, l’applicazione pratica della versione «online» della sentenza Shevill risulta problematica. In questa fase, tuttavia, è forse opportuno compiere un passo indietro e guardare non agli aspetti pratici, bensì ai presumibili valori orientativi e agli interessi in gioco. Quali interessi potrebbe tutelare siffatta proliferazione di criteri speciali di competenza? Per chi sono stati elaborati?

86.      Non è certo che tale molteplicità di fori sia nell’interesse del funzionamento del sistema in quanto tale. Si deve ricordare che il criterio di competenza di cui all’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 è espressione dell’obiettivo della buona amministrazione della giustizia, in quanto attribuisce la competenza al giudice che presenta un collegamento stretto con una specifica domanda (54). Come già spiegato (55), tale criterio di competenza non è inteso a tutelare la parte più debole. Pertanto, occorre tenere conto allo stesso modo sia degli interessi dell’attore, sia di quelli del convenuto.

87.      Tuttavia, anche supponendo che siffatta molteplicità di competenze sia intesa a tutelare l’attore, la questione è se si possa affermare che i suoi interessi sono adeguatamente protetti attraverso la possibilità di scegliere tra molteplici fori, compreso un ampio numero di fori con competenza parziale.

88.      Ritengo di no. La situazione dell’attore è già resa piuttosto confortevole attraverso la possibilità di citare il convenuto nel proprio foro, in base al centro dei propri interessi, come nella causa eDate (56). Se, nell’ambito di quel foro, l’attore potesse chiedere il risarcimento della totalità dei danni asseriti, sarebbe ragionevolmente incentivato a tentare di ottenere risarcimenti «parziali» in vari altri Stati? Non vedo come la possibilità di accedere ad altri 27 fori possa essere utile alle parti, al di là dell’evidente possibilità offerta all’attore di disturbare il convenuto con azioni oppressive in procedimenti paralleli. Il rischio di azioni persecutorie era già stato rilevato in relazione alla sentenza Shevill (57), ma diviene difatti ancor più evidente nell’era di Internet.

89.      Così, mentre l’attuale molteplicità di fori può essere percepita, prima facie, come un fattore favorevole all’attore, è difficile sostenere che essa sia effettivamente utile a una o all’altra parte. Per i motivi sopra illustrati, detta molteplicità può creare difficoltà procedurali ad entrambe. In particolare, il convenuto perde qualsiasi possibilità di prevedere in quale o in quali Stati membri possa essere citato.

90.      In sintesi, l’estensione dell’approccio «a mosaico» adottato nella sentenza Shevill alle affermazioni asseritamente diffamatorie pubblicate su Internet comporta una moltiplicazione di fori che non risponde agli interessi legittimi di nessuna delle parti e vanifica gli obiettivi della prevedibilità e della corretta amministrazione della giustizia.

2.      L’alternativa più restrittiva

91.      Nella presente sezione si suggerisce, in relazione alle affermazioni diffamatorie a mezzo Internet, di riportare le norme di competenza alle radici della responsabilità extracontrattuale o da atto illecito di cui al medesimo regolamento n. 1215/2012, limitando la competenza speciale a due casi: il luogo dell’evento generatore del danno e il luogo in cui il danno è avvenuto. Quest’ultimo criterio di competenza sarebbe definito come quello del luogo in cui è stata maggiormente lesa la reputazione dell’attore, ossia il luogo del centro dei suoi interessi.

a)      Il criterio ridefinito

92.      Secondo la regola dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012, la competenza spetta «all’autorità giurisdizionale del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire». Tale definizione comprende i) il luogo in cui è avvenuto l’evento generatore del dannoe ii) il luogo in cui è avvenuto il danno (58). Come si può verificare l’applicabilità di questi due criteri di competenza speciale in relazione ad affermazioni diffamatorie pubblicate su Internet?

93.      La prima opzione riguarda il luogo da cui provengono le informazioni (l’«evento generatore del danno»). Come rilevato dalla Corte, spesso tale opzione si sovrappone alla norma di competenza generale del domicilio del convenuto di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 (59). Logicamente, è molto probabile che il convenuto diffonda e controlli le informazioni dal luogo in cui è domiciliato. Quest’ultimo è inoltre il luogo in cui può essere chiesta giudizialmente la rettifica o la rimozione del contenuto online lesivo.

94.      Pertanto, l’«evento generatore» riguarda la posizione geografica della persona o delle persone che controllano le informazioni, e non il luogo in cui è stato effettivamente creato il substrato fisico e/o virtuale delle informazioni. Nella sentenza Shevill, la Corte ha implicitamente escluso che il luogo in cui il quotidiano veniva stampato fisicamente fosse il luogo in cui si era verificato l’«evento generatore del danno». Ha invece concentrato l’attenzione sul domicilio dell’editore. A mio parere, tale analogia con la sentenza Shevill può essere confermata: la posizione geografica dei vari server nei quali è contenuta l’informazione dovrebbe essere irrilevante. Il punto chiave è chi possa accedere al contenuto, vale a dire chi abbia normalmente (60) il compito di pubblicare e modificare il contenuto delle informazioni su Internet (61).

95.      La seconda opzione riguarda il luogo in cui è avvenuto il danno.La presente causa verte su un asserito danno alla reputazione di una persona giuridica. Presumibilmente, tale danno è stato subito nel luogo in cui detta persona svolge la sua attività o è comunque professionalmente attiva.

96.      Se si escludesse l’approccio «a mosaico» di cui alla sentenza Shevill (62), il luogo in cui è avvenuto il danno sarebbe limitato a un unico foro. Poiché il bene tutelato è la reputazione dell’attore, il luogo in questione dovrebbe essere quello dove tale reputazione protetta è stata maggiormente lesa. Potrebbe trattarsi del luogo in cui l’interessato, persona fisica o giuridica, detiene il proprio centro degli interessi. Tale luogo rappresenterebbe quindi il luogo del vero centro della controversia, al quale dovrebbe correttamente condurre un criterio speciale di competenza basato sul collegamento più stretto.

97.      L’attore potrebbe dunque scegliere tra due fori possibili. Il primo sarebbe il domicilio del convenuto, quale regola generale dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012, che corrisponde anche al luogo di origine del danno. Il secondo sarebbe il centro degli interessi dell’attore, che corrisponde al luogo in cui è avvenuto il danno. Entrambi i fori conferiscono al giudice una competenza piena a conoscere di tutti i danni fatti valere e a concedere tutti i provvedimenti disponibili in forza del rispettivo diritto nazionale, compresa un’eventuale misura inibitoria, se richiesta.

98.      La limitazione proposta persegue un duplice scopo. In primo luogo, essa riconosce e ricomprende la situazione della persona lesa che citi il convenuto dinanzi al giudice del proprio foro chiedendo il risarcimento della totalità dei danni sofferti. In secondo luogo, detta limitazione persegue l’obiettivo della corretta amministrazione della giustizia. Ciò in quanto essa comporta l’attribuzione della competenza ai giudici dello Stato membro in cui si trova il collegamento più stretto con il centro degli interessi dell’attore, i quali conoscono meglio la sua situazione e si trovano quindi nella posizione migliore per valutare l’impatto complessivo della totalità del danno causato.

b)      La localizzazione del centro degli interessi

99.      La rimanente questione chiave è quindi come si debba determinare il centro degli interessi delle persone fisiche e delle persone giuridiche.

100. La determinazione di tale luogo dipende per natura dalle circostanze del caso ed è incentrata in particolare su due elementi: la situazione fattuale e la situazione sociale dell’attore, viste nel contesto della natura di una specifica affermazione. Il primo elemento riguarda la situazione specifica dell’attore. Il secondo concerne il modo in cui tale situazione può avere influito o meno sull’affermazione controversa.

101. Tale duplice esame deve essere necessariamente effettuato in relazione ad ogni domanda concreta. Per definizione, un esame siffatto non può essere svolto in astratto, indipendentemente dal tipo e dalla natura della specifica domanda di cui trattasi (63). Esso è volto ad attribuire la competenza al giudice situato al centro di gravità di una determinata controversia. Detto giudice avrà quindi piena conoscenza della situazione dell’attore e degli effetti che si potrebbero produrre all’interno di quel particolare Stato membro, e potenzialmente oltre i suoi confini.

102. Nel cercare di prevedere in generale il luogo in cui verosimilmente le persone fisiche avvertiranno l’effetto di un’affermazione diffamatoria, la Corte ha stabilito nella sentenza eDate che il centro degli interessi del ricorrente corrisponde allo Stato membro della residenza abituale. Essa ha dichiarato che può trattarsi anche di un altro Stato membro qualora altri indizi, come l’esercizio di un’attività professionale, possano dimostrare l’esistenza di un collegamento particolarmente stretto con tale Stato (64). A seconda della situazione specifica di un determinato attore, potrebbe quindi trattarsi di un luogo diverso, quale il luogo in cui l’attore ha la propria cerchia di amici, la famiglia e così via.

103. Il criterio della residenza abituale può certamente costituire un valido punto di partenza per l’esame fattuale relativo al centro degli interessi delle persone fisiche. Tuttavia, tale punto di partenza deve essere verificato alla luce della specifica affermazione considerata, dato che, naturalmente, talune informazioni possono non avere il medesimo effetto sulla vita professionale e privata di una persona, che può non essere limitata ad un unico Stato membro.

104. Per quanto riguarda il centro degli interessi delle persone giuridiche, si tratta del luogo in cui potrebbero tipicamente verificarsi i danni relativi alla loro attività professionale. Nel caso di un’organizzazione con scopo di lucro, ossia un’impresa, il foro competente corrisponderà probabilmente allo Stato membro in cui essa registra il fatturato più elevato. Nell’ipotesi di organizzazioni senza scopo di lucro, si tratterà verosimilmente del luogo in cui si trova la maggior parte dei «clienti» (nel senso più ampio del termine). In entrambi i casi, tale Stato membro è presumibilmente quello in cui sarà avvertito maggiormente il danno alla reputazione e quindi all’esistenza professionale dell’organizzazione di cui trattasi.

105. Il giudice del rinvio si domanda se, per individuare il centro degli interessi di una persona giuridica, si debba tenere conto del luogo in cui essa è stabilita (65). Tale suggerimento sembra ispirato da un’analogia con il luogo di residenza delle persone fisiche al quale fa riferimento la Corte nella sentenza eDate.

106. Cercando parallelismi con i casi in cui il luogo di stabilimento assume rilevanza ai fini dell’attribuzione della competenza internazionale, l’analogia (o meglio, una differenza) può essere ravvisata nella nozione di «centro degli interessi principali» (in prosieguo: il «CIP)», che effettivamente costituisce l’elemento fondamentale delle norme di competenza previste dal regolamento sull’insolvenza (66).

107. Nel contesto di detto regolamento, il CIP corrisponde al luogo in il cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi. Nel caso di una persona giuridica, si presume che il CIP corrisponda alla sede legale. Nel caso di una persona fisica, si tratta del luogo in cui si trova la sede principale della sua attività (se la persona in questione esercita un’attività economica indipendente) o la sua residenza abituale (in tutti i casi fino a prova contraria e se la sede legale, la sede principale di attività o la residenza abituale non sono state spostate in un altro Stato membro entro il periodo di tre o sei mesi precedente la domanda di apertura della procedura d’insolvenza).

108. È dunque il CIP del debitore a determinare la competenza internazionale del giudice ad avviare la cosiddetta procedura di insolvenza principale. Il CIP viene quindi definito in riferimento al debitore, il quale, nel contesto della procedura di insolvenza, equivale al convenuto.

109. Pertanto, il fatto che la sede legale venga presa come punto di partenza per stabilire il CIP di una persona giuridica (e che quindi il giudice sia competente ad avviare la cosiddetta procedura di insolvenza «principale») non costituisce una deroga significativa alla classica norma generale di competenza sancita dall’articolo 4 del regolamento n. 1215/2012.

110. Per contro, il centro degli interessi sviluppato nella sentenza eDate si riferisce all’attore. Come osservato in linea di principio a tale proposito dalla Commissione, ciò inverte la logica principale su cui sono fondate le norme di competenza, in quanto assicura all’attore il forum actoris (67), altrimenti riservato dal regolamento alle «parti più deboli» (68).

111. Pertanto, per adottare una decisione in ordine al centro degli interessi ai fini dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012, può tenersi conto del luogo di stabilimento o del domicilio di una persona giuridica in quanto esso costituisce uno degli elementi di fatto. Tuttavia, non si tratta certamente dell’elemento decisivo.

112. Come già rilevato, la localizzazione del centro degli interessi è sia fattuale che contestuale, essendo diretta ad identificare il luogo in cui viene maggiormente avvertito il danno alla reputazione di una persona giuridica. Tale luogo corrisponde al domicilio della persona giuridica solo se anche le sue principali attività professionali sono ubicate in quello Stato membro. Se invece in tale Stato membro non vengono svolte attività professionali e l’attore non realizza alcun fatturato, il centro degli interessi non può essere individuato nello Stato in questione.

113. Di conseguenza, i fattori rilevanti per determinare il centro degli interessi delle persone giuridiche sono presumibilmente le principali attività commerciali o professionali di altro tipo, che a loro volta sono determinate in modo più preciso sulla base del fatturato o del numero di clienti o di altri contatti professionali. La sede può essere presa in considerazione come uno degli elementi fattuali, ma non isolatamente. A differenza di quanto accade per le persone fisiche, non è raro che le persone giuridiche aprano sedi legali senza che esista alcun collegamento sostanziale con il territorio.

114. Il fatto di prendere la residenza come criterio rilevante sembra pienamente giustificato per i ricorrenti che siano persone fisiche e la cui reputazione sia stata lesa, senza alcun collegamento particolare con la loro attività professionale. Lo Stato membro di residenza della persona in questione è infatti presumibilmente quello del luogo in cui esiste la sua struttura sociale e professionale.

115. Al di fuori di tale contesto, non si può escludere che una persona fisica possa anche avere stabilito una residenza abituale in uno Stato membro mentre la sua vita (professionale, personale o entrambe) si svolge concretamente in un altro Stato membro.

116. Ciò mi induce alla seguente osservazione conclusiva: si dovrebbe chiaramente riconoscere che, tanto per le persone fisiche quanto per le persone giuridiche, può esistere più di un centro degli interessi rispetto a una specifica domanda. Una volta effettuate tutte le valutazioni (dei fatti e del contesto), potrebbero semplicemente esservi più centri degli interessi in relazione a una specifica domanda.

117. In tal caso spetterebbe all’attore operare una scelta e adire il giudice di uno di tali Stati membri. Tuttavia, dal momento che la competenza basata sul centro degli interessi è una competenza «piena», effettuando tale scelta si attiva il meccanismo della litispendenza, che esclude la possibilità di agire in giudizio altrove in pendenza del primo procedimento.

c)      Conclusione provvisoria

118. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alla seconda e alla terza questione pregiudiziale nei seguenti termini: l’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 deve essere interpretato nel senso che una persona giuridica la quale lamenti una violazione dei propri diritti della personalità cagionata dalla pubblicazione di informazioni su Internet può adire, con riferimento all’intero danno subito, i giudici dello Stato membro in cui si trova il centro dei suoi interessi.

Il centro degli interessi di una persona giuridica si trova nello Stato membro in cui essa esercita le sue principali attività professionali, purché le informazioni asseritamente lesive siano idonee a pregiudicare la sua situazione professionale.

C.      Competenza a ordinare la rettifica e la rimozione di informazioni asseritamente lesive

119. Nella parte finale delle presenti conclusioni esaminerò il problema sollevato dalla prima questione pregiudiziale: se, mantenendo l’approccio «a mosaico» della sentenza Shevill alla competenza internazionale per danni territorialmente limitati, si attribuisca al giudice nazionale la competenza a emettere una misura inibitoria transfrontaliera, come quella richiesta nel procedimento principale. In altri termini, se la competenza del giudice estone è limitata ai danni cagionati alla ricorrente sul territorio estone, detto giudice può ordinare al convenuto in Svezia di rettificare e cancellare le informazioni lesive nella loro interezza?

120. Preliminarmente, occorre rilevare che non è del tutto chiaro se il provvedimento richiesto dalla ricorrente costituisca un provvedimento provvisorio oppure una misura inibitoria emessa come parte della decisione sul merito. Mentre il primo mira ad una soluzione temporanea in attesa dell’esito della controversia nel merito, la seconda forma parte della decisione definitiva sul merito.

121. Tale distinzione produce conseguenze sull’esame da svolgere per determinare la competenza internazionale (69), nonché sul sistema di riconoscimento ed esecuzione (70).

122. Tuttavia, come è stato precisato in udienza, risulta che la misura inibitoria è stata richiesta come parte della decisione nel merito. Presumerò quindi che sia così.

123. Qualora la Corte accogliesse il suggerimento da me avanzato in relazione alla seconda e alla terza questione pregiudiziale, la risposta alla prima questione diverrebbe superflua. Dal momento che non esisterebbero più limitazioni territoriali della competenza come quella della sentenza Shevill per i danni di cui si chiede il risarcimento, non si porrebbero altresì problemi di discordanza tra la portata della competenza e i provvedimenti richiesti. In altri termini, il giudice che risulta competente per la totalità dell’azione relativa ai danni sarà parimenti competente ad applicare l’intera gamma di provvedimenti individuali offerta dal diritto nazionale, comprese le misure inibitorie.

124. Qualora invece la Corte ritenesse opportuno mantenere l’approccio «a mosaico» della sentenza Shevill, la prima questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio rimarrebbe altamente pertinente. Allo scopo di fornire piena assistenza alla Corte, nei restanti paragrafi delle presenti conclusioni esporrò una breve risposta a tale questione.

125. L’approccio «a mosaico» della sentenza Shevill pone il problema dell’adattamento della competenza territorialmente limitata sulla domanda di risarcimento al provvedimento richiesto, unitario e per sua natura indivisibile. Il punto è se sia possibile limitare la competenza del giudice in relazione ai tipi di provvedimento che esso può adottare, una volta accertata la sua competenza internazionale a conoscere di un’azione per atto illecito, o se, in caso di risposta negativa, sia possibile limitare, in qualche modo, la portata o l’estensione di tale provvedimento.

126. Non vedo alcuna possibilità né alcuna base giuridica per farlo. Se, per ipotesi, fosse accertato che la domanda della ricorrente è fondata e che la competenza internazionale in relazione ai danni ad essa cagionati in Estonia spetta al giudice estone, ritengo che detto giudice sarebbe del pari competente a concedere il provvedimento richiesto, sempreché esso sia contemplato dal diritto nazionale. Ciò è dovuto alla natura unitaria della fonte dell’asserito danno nel caso di specie. Vi è un unico sito Internet, che semplicemente non può essere rettificato o cancellato solo «in misura proporzionale» al danno avvenuto in un determinato territorio.

127. Per spiegare meglio tale punto, si può prendere l’esempio di un contenzioso di vicinato. Poniamo che il serbatoio delle acque di scarico del mio vicino abbia una perdita. Le acque di scarico fuoriuscite dal serbatoio raggiungono un certo numero di abitanti del paese e invadono anche il mio giardino, infettando e quindi distruggendo le mie amate verdure biologiche che ho coltivato con fatica, ma anche con un certo successo. Se io o qualsiasi altro vicino danneggiato fossimo costretti in definitiva ad adire il giudice, in quanto le discussioni con l’altro vicino non hanno portato a nulla, ovviamente è probabile che chiederemmo che quest’ultimo sia condannato a riparare il serbatoio delle acque di scarico e a fermare la perdita. Ciò tuttavia avverrebbe, per natura, a beneficio di tutti. È difficile immaginare che al vicino in questione possa essere ordinato di fermare la perdita solo nella misura matematicamente corrispondente alla parte che il danno provocato alle mie verdure biologiche rappresenta rispetto al danno generale cagionato a tutti gli abitanti del paese.

128. Nel contesto della presente causa, qualora fosse accertato che la ricorrente può adire il giudice estone per chiedere il risarcimento dei danni verificatisi in Estonia, la questione sarebbe allora se la competenza parziale di detto giudice possa riflettersi anche a livello della competenza parziale a emettere una misura inibitoria. Si potrebbe ragionevolmente chiedere al convenuto di rettificare una parte proporzionale delle informazioni e dei commenti asseritamente lesivi? In caso affermativo, come verrebbe determinata tale parte? Si chiederebbe al convenuto di cancellare solo una parte proporzionale delle informazioni, o solo una parte dei commenti?

129. Tali considerazioni piuttosto paradossali conducono chiaramente a un’unica risposta possibile: se un giudice di uno Stato membro è competente a conoscere di un’azione extracontrattuale/per atto illecito per danni, dovrebbe del pari poter statuire in ordine alla concessione di qualsiasi provvedimento previsto dal diritto nazionale (71). Ciò, tuttavia, solleva un diverso tipo di problema: se tutti i 28 giudici potenzialmente competenti fossero competenti anche a emettere misure inibitorie, potrebbero essere disposti nei confronti del convenuto molteplici provvedimenti redatti in modi diversi e concernenti il medesimo comportamento che esso dovrebbe adottare o dal quale dovrebbe astenersi.

130. Come risulta dalle considerazioni esposte nella sezione B delle presenti conclusioni, questo e altri problemi pratici mi inducono a raccomandare alla Corte di limitare a due i criteri di competenza speciale internazionale sulle azioni per atto illecito relative ad Internet. Il giudice nazionale competente in base a tali due criteri avrebbe dunque piena giurisdizione sia per quantificare e accordare il risarcimento dei danni, sia per concedere qualsiasi altro provvedimento di cui disponga in forza del diritto nazionale, comprese le misure inibitorie.

V.      Conclusione

131. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla seconda e alla terza questione pregiudiziale sollevate dal Riigikohus (Corte suprema, Estonia) nei seguenti termini:

–        L’articolo 7, punto 2, del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (rifusione), deve essere interpretato nel senso che una persona giuridica la quale lamenti una violazione dei propri diritti della personalità cagionata dalla pubblicazione di informazioni su Internet può adire, con riferimento alla totalità del danno subito, i giudici dello Stato membro in cui si trova il centro dei suoi interessi.

–        Il centro degli interessi di una persona giuridica si trova nello Stato membro in cui essa esercita le sue principali attività professionali, purché le informazioni asseritamente lesive siano idonee a pregiudicare le sue attività professionali in detto Stato membro.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Sentenza del 7 marzo 1995, Shevill e a. (C‑68/93, EU:C:1995:61).


3      Sentenza del 25 ottobre 2011, eDate Advertising e a. (C‑509/09 e C‑161/10, EU:C:2011:685).


4      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (rifusione) (GU 2012, L 351, pag. 1).


5      Sentenza del 25 ottobre 2011, eDate Advertising e a. (C‑509/09 e C‑161/10, EU:C:2011:685).


6      Sentenza del 7 marzo 1995, Shevill e a. (C‑68/93, EU:C:1995:61).


7      Per un riferimento recente, v., ad esempio, sentenza del 22 gennaio 2015, Hejduk (C‑441/13 EU:C:2015:28, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).


8      Così è stato stabilito nella sentenza del 30 novembre 1976, Bier (21/76, EU:C:1976:166, punto 11). V. anche sentenze del 7 marzo 1995, Shevill e a.(C‑68/93, EU:C:1995:61, punto 19 e giurisprudenza ivi citata); del 25 ottobre 2011, eDate Advertising e a. (C‑509/09 e C‑161/10, EU:C:2011:685, punto 40 e giurisprudenza ivi citata); del 3 ottobre 2013, Pinckney (C‑170/12, EU:C:2013:635 punto 27 e giurisprudenza ivi citata); del 22 gennaio 2015, Hejduk (C‑441/13, EU:C:2015:28, punto 19 e giurisprudenza ivi citata), e del 21 dicembre 2016, Concurrence (C‑618/15, EU:C:2016:976, punto 26 e giurisprudenza ivi citata). V. anche considerando 16 del regolamento n. 1215/2012.


9      L’articolo 7, punto 2, è formulato in termini identici all’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1) e quasi identici a quelli dell’articolo 5, paragrafo 3, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1978, L 304, pag. 36).


10      Sentenza del 30 novembre 1976, Bier (21/76, EU:C:1976:166, punto 19).


11      Per un riferimento recente v., ad esempio, sentenza del 22 gennaio 2015, Hejduk (C‑441/13, EU:C:2015:28, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).


12 ‐      Ciò corrisponde peraltro alla regola generale del foro del convenuto. V. sentenza del 7 marzo 1995, Shevill e a. (C‑68/93, EU:C:1995:61, punto 26).


13      Sentenza del 7 marzo 1995, Shevill e a. (C‑68/93, EU:C:1995:61, punti 30 e 31).


14      V., ad esempio, Mankowski, P., Kommentar zu Art. 5 EuGVVO, in EWiR 2011, pagg. 743 e 744. Generalmente, si ritiene che la soluzione adottata nella sentenza Shevill rispecchi il fatto che, nel caso di specie, le pubblicazioni in questione erano diffuse per lo più in Francia e solo una piccola parte delle stesse circolava in Inghilterra, dove risiedevano le persone alle quali si riferivano le informazioni pubblicate. V., ad esempio, Briggs, A., «The Brussels Convention», Yearbook of European Law, 1995, Vol. 15, prima edizione, pagg. da 487 a 514.


15      Sentenza del 25 ottobre 2011, eDate Advertising e a. (C‑509/09 e C‑161/10, EU:C:2011:685, punti 51 e 52).


16      Sentenza del 25 ottobre 2011, eDate Advertising e a. (C‑509/09 e C‑161/10, EU:C:2011:685, punto 49).


17      Ibidem, punto 47.


18      Per un’analisi critica in dottrina, che evidenzia il passaggio al forum actoris e la mancanza di prevedibilità, nonché il rischio di «forum shopping» che tale approccio comporta, v., ad esempio, Bollée, S., e Haftel, B., «Les nouveaux (dés)équilibres de la compétence internationale en matière de cyber délits après l’arrêt eDate Advertising et Martinez», Recueil Le Dalloz, 2012, n. 20, pagg. da 1285 a 1293; Kuipers, J.-J., «Joined Cases C‑509/09 & 161/10, eDate Advertising v. X and Olivier Martinez and Robert Martinez v. MGN Limited, Judgment of the Court of Justice (Grand Chamber) of 25 October 2011», Common Market Law Review 2012, pagg. da 1211 a 1231, e Thiede, T., «Bier, Shevill und eDate – Aegrescit medendo?», Zeitschrift für das Privatrecht der Europäischen Union, 4/2012, pagg. da 219 a 222.


19      Il quale ha osservato, tra l’altro, che i diritti fondamentali alla vita privata e alla libertà di informazione, sanciti dagli articoli 7 e 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), «manifestano la speciale protezione che merita l’informazione in una società democratica, sottolineando al tempo stesso l’importanza della sfera privata, che comprende anche la propria immagine»; conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nelle cause riunite eDate Advertising e a. (C‑509/09 e C‑161/10, EU:C:2011:192, paragrafo 52).


20      Sancito dall’articolo 10 CEDU. Sentenza della Corte EDU del 26 aprile 1979, Sunday Times c. Regno Unito (CE:ECHR: 1979:0426JUD000653874).


21      Sancito dall’articolo 8 della CEDU. La Corte EDU ha esteso la nozione di «domicilio» ai locali delle imprese. V. sentenza della Corte EDU del 16 aprile 2002, Société Colas Est e a. c. Francia (CE:ECHR:2002:0416JUD003797197, §§ da 40 a 42).


22      Previsto dall’articolo 6, paragrafo 1, CEDU. V. sentenza della Corte EDU del 20 settembre 2011, Oao Neftyanaya Kompaniya Yukos c. Russia (CE:ECHR:2011:0920JUD001490204, §§ da 536 a 551). È stato osservato che non vi erano motivi per trattare diversamente le persone giuridiche, dal momento che il rispetto del diritto a un processo equo costituisce un presupposto per poter far valere i loro diritti sostanziali. V. Oliver, P., «Companies and their Fundamental Rights: a comparative perspective», International and Comparative Law Quarterly, 2015, Vol. 64, terza edizione, pag. 678.


23      V. sentenza del 16 dicembre 1992, Niemietzc. Germania (CE:ECHR:1992:1216JUD001371088), in cui la Corte EDU ha dichiarato che una perquisizione di polizia presso l’ufficio di un avvocato libero professionista in cui quest’ultimo viveva costituiva un’ingerenza nel suo «domicilio». Tuttavia, la Corte EDU ha aggiunto che il diritto di ingerenza conferito agli Stati dall’articolo 8, paragrafo 2, della CEDU può essere più esteso «per i locali o le attività professionali o commerciali di quanto non sia in altri casi» (§ 31).


24      Sancito dall’articolo 17 della Carta. V., a titolo d’esempio, sentenza dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a. (C‑98/14, EU:C:2015:386, punti da 89 a 91 e giurisprudenza ivi citata).


25      Previsto dall’articolo 16 della Carta. V. sentenza del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis (C‑201/15, EU:C:2016:972, punti da 66 a 69 e giurisprudenza ivi citata).


26      Sancito dall’articolo 47 della Carta. V., ad esempio, sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund SA (C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 48).


27      Previsto dall’articolo 47 della Carta. Sentenza del 22 dicembre 2010, DEB (C‑279/09, EU:C:2010:811, punti da 44 a 59).


28      Sancito dall’articolo 48 della Carta. V., ad esempio, sentenze del 26 novembre 2013, Groupe Gascogne (C‑58/12 P, EU:C:2013:770, punti 29 e segg.), e del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione (C‑550/07 P, EU:C:2010:512, punto 92).


29      Una delle quali è la sentenza del 22 dicembre 2010, DEB (C‑279/09, EU:C:2010:811), in cui la Corte ha confermato che le persone giuridiche hanno parimenti diritto al gratuito patrocinio. A tal fine (punto 38), la Corte si è basata su un argomento linguistico (il termine «persona» contenuto nella disposizione in esame non escludeva le persone giuridiche), abbinato a considerazioni sistematiche (la collocazione del titolo pertinente all’interno della Carta).


30      V. anche, ad esempio, Oliver, P., «Companies and their Fundamental Rights: a comparative perspective», International and Comparative Law Quarterly, 2015, Vol. 64, terza edizione, pagg. 661‑696.


31      Si potrebbe aggiungere che le discussioni sul tema e le potenziali estensioni della tutela di diritti fondamentali alle persone giuridiche non sono limitate ai due ordinamenti europei. Per esempi relativi all’altro lato dell’Atlantico v. sentenza Citizens United v. Federal Election Commission 558 U.S. 310 (2010), concernente la libertà di espressione politica delle persone giuridiche e, più recentemente, Burwell v. Hobby Lobby Stores 573 U.S. _ (2014), dove la Supreme Court (Corte suprema degli Stati Uniti) ha riconosciuto che le società a ristretta partecipazione azionaria con scopo di lucro possono essere detentrici di convinzioni religiose.


32      Sentenza della Corte EDU del 21 settembre 1990, Fayed c. Regno Unito (CE:ECHR:1994:0921JUD001710190).


33      Ibidem, punto 75. V. anche sentenze della Corte EDU del 15 maggio 2005, Steel e Morris c. Regno Unito (CE:ECHR:2005:0215JUD006841601, § 94), e del 20 novembre 1989, Markt intern Verlag GmbH e Klaus Beermann c. Germania (CE:ECHR:1989:1120JUD001057283, §§ da 33 a 38).


34      Sentenza della Corte EDU del 15 maggio 2005, Steel e Morris c. Regno Unito (CE:ECHR:2005:0215JUD006841601, § 94).


35      V., recentemente, sentenza della Corte EDU del 2 febbraio 2016, Magyar Tartalomszolgáltatók Egyesülete e Index.hu Zrtc. Ungheria (CE:ECHR:2016:0202JUD002294713, § 66).


36      In retrospettiva, vale la pena osservare che, nella causa Shevill, tre dei quattro ricorrenti erano effettivamente persone giuridiche. Tale circostanza, tuttavia, non ha fatto sorgere alcun dubbio circa l’applicabilità delle medesime norme di competenza internazionale. La stessa circostanza potrebbe però essere considerata anche come una prova indiretta di quanto il dibattito giuridico nell’ambito del diritto dell’Unione sia cambiato e sia stato riorientato negli ultimi dieci anni. Gli scettici potrebbero aggiungere che ciò non implica sempre e necessariamente che il dibattito sui diritti fondamentali fornisca strumenti analitici migliori o più efficaci per interpretare, ad esempio, le norme di competenza internazionale.


37      V., ad esempio, Bundesgerichtshof (Corte suprema federale tedesca), sentenza del 18 maggio 1971 – VI ZR 220/69, NJW 1971, 1665; sentenza dell’8luglio 1980 – VI ZR 177/78, NJW 1980, 2807; sentenza del 19 aprile 2005 – X ZR 15/04, NJW 05, 2766; sentenza del 23 settembre 2014 – VI ZR 358/13, NJW 2015, 489; v. anche sentenza del 28 luglio 2015 – VI ZR 340/14, NJW 2016, 56. V. altresì Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale tedesca), ordinanza del 24 maggio 2006, ‐ 1 BvR 49/00, NJW 06, 3771.


38      Koreng, A., «Das „Unternehmenspersönlichkeitsrecht“ als Element des gewerblichen Reputationsschutzes», in GRUR 2010, pagg. 1065 e segg.


39      Tale protezione non riguarda solo le affermazioni che potrebbero indurre i consumatori a non richiedere più i prodotti o servizi di un’impresa; anche la registrazione non autorizzata di immagini nei locali di un’impresa può costituire una violazione dei diritti della personalità di un’impresa. V., ad esempio, Landgericht Stuttgart (Tribunale regionale di Stoccarda), sentenza del 9 ottobre 2014 – 11 O 15/14.


40      V., ad esempio, Dumoulin, L., «Les droits de la personnalité des personnes morales», Revue des sociétés 2006, prima edizione, punto 19.


41      V., ad esempio, sentenze Tesla Motors Ltd v BBC [2013] EWCA Civ 152, o Marathon Mutual Ltd v Waters [2009] EWHC 1931 (QB).


42      V. considerando 18 del regolamento n. 1215/2012: «Nei contratti di assicurazione, di consumo e di lavoro è opportuno tutelare la parte più debole con norme in materia di competenza più favorevoli ai suoi interessi rispetto alle regole generali». Tali regole sono contenute nelle sezioni da 3 a 5 del capo II del medesimo regolamento.


43      V. la giurisprudenza richiamata supra, alla nota 8.


44      Considerando 15 del regolamento n. 1215/2012.


45      Per un’illustrazione delle difficoltà pratiche poste dall’esame caso per caso dei «rapporti di forza» in materia di assicurazioni nel contesto del regolamento n. 44/2001, v. le mie conclusioni nella causa MMA IARD (C‑340/16, EU:C:2017:396, in particolare paragrafi 61 e 62).


46      A livello di principio astratto, condivido pienamente l’auspicio di criteri di competenza tecnologicamente neutri eloquentemente espresso dall’avvocato generale Cruz Villalón nelle sue conclusioni nelle cause riunite eDate Advertising e a. (C‑509/09 e C‑161/10, EU:C:2011:192, paragrafi 53 e 54). Tuttavia, a livello di applicazione pratica, come si vedrà nella presente sezione, trovo difficile considerare identiche situazioni obiettivamente molto diverse.


47      V. supra, paragrafo 28 delle presenti conclusioni.


48      Per un’analoga interpretazione e ispirazione comparativa, v., ad esempio, sentenza Dow Jones and Company Inc v Gutnick [2002] HCA 56, punto 113 (Alta Corte australiana). V. anche sentenza della Corte suprema federale tedesca del 2 marzo 2010 in VI ZR 23/09.


49      Conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nelle cause riunite eDate Advertising e a. (C‑509/09 e C‑161/10, EU:C:2011:192, paragrafo 50).


50      In tal senso v., ad esempio, Garber, T., «Die internationale Zuständigkeit für Klagen aufgrund einer Persönlichkeitsrechtsverletzung im Internet», ÖJZ, 2012, pagg. 108 e segg. Per la tesi opposta v., ad esempio, Mankowski, P., Kommentar zu Art. 5 EuGVVO, in EWiR 2011, pagg. 743 e 744.


51      Nella discussione accademica sviluppatasi in risposta alla sentenza eDate sono state riconosciute, tra l’altro, le difficoltà di «dividere matematicamente le offese in parti territoriali» come nella sentenza Shevill. V. Pichler, P., «Forum-Shopping für Opfer von Persönlichkeitseingriffen im Internet? Das EuGH-Urteil eDate Advertising gegen X und Martinez gegen MGN (C‑509/09 und C‑161/10)», MR2011, pagg. 365 e segg.


52      Vale a dire i procedimenti tra le stesse parti e aventi il medesimo oggetto, ma avviati dinanzi a giudici di Stati membri diversi. V. capo II, sezione 9, del regolamento n. 1215/2012.


53      V. articolo 8 del regolamento n. 1215/2012.


54      V, supra, nota 8.


55      V. supra, nota 64.


56      Parte della dottrina ha suggerito che tale forum actoris favorisca già indebitamente l’attore. V. supra, nota 18.


57      Briggs, A., «The Brussels Convention», Yearbook of European Law, 1995, Vol. 15, prima edizione, pagg da 487 a 514.


58      V. supra, nota 8.


59      Sentenza del 7 marzo 1995, Shevill e a. (C‑68/93, EU:C:1995:61, punto 26), che fa riferimento all’articolo 2 della Convenzione di Bruxelles, predecessore dell’articolo 4 del regolamento n. 1215/2012.


60      Pertanto, la persona responsabile in via principale del contenuto delle informazioni, tralasciando l’eventuale possibilità di obbligare l’amministratore del server (se diverso dall’editore) o il fornitore di servizi Internet a disabilitare l’accesso alle informazioni in questione.


61      Anche perché la pubblicazione di contenuti su Internet avviene spesso su molteplici server situati in luoghi o perfino in paesi diversi.


62      Per le ragioni dettagliatamente esposte supra, ai paragrafi da 77 a 90 delle presenti conclusioni.


63      Tenendo conto ad esempio delle situazioni nelle quali il centro (oggettivo) degli interessi dell’attore si trova nello Stato membro X, ma la sua domanda è di natura molto specifica e riguarda una situazione molto particolare o unica nello Stato membro Y, che semplicemente non è idonea a ledere la reputazione dell’attore nello Stato membro X.


64      Sentenza del 25 ottobre 2011, eDate Advertising e a. (C‑509/09 e C‑161/10, EU:C:2011:685, punto 49).


65      Si potrebbe rammentare che l’articolo 63, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 dispone che: «[a]i fini dell’applicazione del presente regolamento, una società o altra persona giuridica è domiciliata nel luogo in cui si trova: a) la sua sede statutaria; b) la sua amministrazione centrale; oppure c) il suo centro d’attività principale».


66      V. articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di insolvenza (GU 2015, L 141, pag. 19). V. il precedente e analogo, ma meno particolareggiato, articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza (GU 2000, L 160, pag. 1).


67      La preoccupazione che l’attore in materia extracontrattuale/di illeciti civili possa beneficiare del forum actoris è già stata espressa in seguito alla pronuncia della sentenza Shevill. V. Briggs, A., «The Brussels Convention», Yearbook of European Law, 1995, Vol. 15, prima edizione, pagg. da 487 a 514, ed è stata ulteriormente discussa in risposta alla sentenza eDate. V. supra, nota 18.


68      V. supra, paragrafo 64 delle presenti conclusioni.


69      V. articolo 35 del regolamento n. 1215/2012. Tale disposizione conferma la possibilità (già esistente) che un organo giurisdizionale adotti un provvedimento provvisorio pur senza essere competente a conoscere del merito della controversia. In tale contesto, la Corte ha dichiarato che il giudice può concedere provvedimenti provvisori se esiste «un effettivo nesso di collegamento fra l’oggetto dei provvedimenti richiesti e la competenza territoriale (…) del giudice adito»: sentenza del 17 novembre 1998, Van Uden (C‑391/95, EU:C:1998:543, punto 40). Pertanto, l’articolo 35 costituisce un criterio specifico di competenza supplementare, che coesiste con altre norme previste dal medesimo regolamento. V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Solvay (C‑616/10, EU:C:2012:193, paragrafo 46).


70      V. considerando 33 e articolo 42, paragrafo 2, del regolamento n. 1215/2012. V. sentenza del 21 maggio 1980, Denilauler (125/79, EU:C:1980:130, punti da 16 a 18).


71      A meno che, ovviamente, si sostenga che il criterio di competenza «a mosaico» di tipo Shevill consente a un giudice nazionale di pronunciarsi solo ed esclusivamente sulle domande di risarcimento dei danni (ossia sulla compensazione pecuniaria), ma non su altri aspetti. Tuttavia, è difficile immaginare quale potrebbe essere la base giuridica di questa drastica limitazione della competenza dei giudici nazionali, e in che modo detti giudici potrebbero esperire procedimenti nei quali le loro competenze fossero effettivamente ridotte in tale misura.