Language of document : ECLI:EU:T:2023:862

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

20 dicembre 2023 (*)

«Aiuti di Stato – Tassazione delle autorità portuali in Italia – Esenzione dell’imposta sul reddito delle società – Decisione che dichiara l’aiuto incompatibile con il mercato interno – Aiuto esistente – Nozione di “impresa” – Nozione di “attività economica” – Vantaggio – Selettività – Distorsione della concorrenza – Pregiudizio per gli scambi tra Stati membri – Parità di trattamento»

Nella causa T‑166/21,

Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale, con sede in Genova (Italia), e le altre ricorrenti i cui nomi figurano in allegato(1), rappresentate da F. Munari, I. Perego, G.M. Roberti e S. Zunarelli, avvocati,

ricorrenti,

sostenute da

Associazione Porti Italiani (Assoporti), con sede in Roma (Italia), rappresentata da F. Munari, I. Perego, G.M. Roberti e S. Zunarelli, avvocati,

interveniente,

contro

Commissione europea, rappresentata da B. Stromsky e F. Tomat, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata),

composto da S. Papasavvas, presidente, O. Porchia, L. Madise, P. Nihoul, e S. Verschuur (relatore), giudici,

cancelliere: P. Nuñez Ruiz, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 19 aprile 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il loro ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE l’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale (Italia) e le altre ricorrenti i cui nomi figurano in allegato, ricorrenti, chiedono l’annullamento della decisione (UE) 2021/1757 della Commissione, del 4 dicembre 2020, relativa al regime di aiuti SA.38399 – 2019/C (ex 2018/E) cui l’Italia ha dato esecuzione – Tassazione dei porti in Italia (GU 2021, L 354, pag. 1; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Contesto normativo

 Sulla legislazione italiana relativa allamministrazione dei porti italiani

2        L’articolo 28 del codice della navigazione dispone che il lido, la spiaggia, i porti e le rade, che appartengono allo Stato ai sensi dell’articolo 822 del codice civile, fanno parte del demanio marittimo.

3        La legge del 28 gennaio 1994, n. 84 – Riordino della legislazione in materia portuale (Supplemento ordinario alla GURI n. 28, del 4 febbraio 1994; in prosieguo: la «legge n. 84/94»), disciplina le attività portuali nonché i compiti e le funzioni delle autorità di sistema portuale (in prosieguo: le «AdSP»).

4        Le AdSP sono organismi pubblici non economici dotati di personalità giuridica che amministrano uno o più porti di rilevanza nazionale o internazionale in Italia. La legge n. 84/94 istituisce sedici AdSP in cui rientrano i 57 principali porti in Italia (in particolare, Trieste, Genova, Livorno, Cagliari e Gioia Tauro).

5        L’articolo 6, comma 4, lettera a), della legge n. 84/94 dispone che le AdSP sono incaricate dell’amministrazione esclusiva delle aree e dei beni del demanio marittimo della loro circoscrizione.

6        Ai sensi dell’articolo 6, comma 5, della legge n. 84/94, le AdSP sono soggette a una normativa speciale e godono di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria. I commi 7, 8 e 9 di detto articolo dispongono, rispettivamente, che le AdSP sono sottoposte all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti italiano, che la loro gestione contabile e finanziaria è disciplinata da un decreto approvato da tale ministro, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze italiano, e che la loro gestione finanziaria è soggetta al controllo della Corte dei conti (Italia).

7        Conformemente all’articolo 6, comma 4, della legge n. 84/94, le AdSP svolgono una pluralità di compiti, tra cui l’indirizzo, la programmazione, il coordinamento, la regolazione e il controllo delle operazioni portuali quali il carico, lo scarico, il trasbordo, il deposito e il movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell’ambito portuale (in prosieguo: le «operazioni portuali»).

8        L’articolo 6, comma 11, della legge n. 84/94 dispone che le AdSP non possono svolgere, né direttamente né tramite società partecipate, operazioni portuali e attività ad esse strettamente connesse.

9        Ai sensi dell’articolo 16, comma 2, della legge n. 84/94, le AdSP disciplinano e vigilano sull’espletamento delle operazioni portuali da parte di terzi, ossia delle imprese, nonché sull’applicazione delle tariffe rese pubbliche da ciascuna impresa. Su questi aspetti, le AdSP riferiscono periodicamente al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.

10      Ai sensi dell’articolo 16, commi 3 e 4, della legge n. 84/94, le AdSP sono incaricate del rilascio delle autorizzazioni per lo svolgimento delle operazioni portuali all’interno dei porti che esse gestiscono. Tali autorizzazioni sono rilasciate alle imprese che soddisfano le condizioni stabilite con decreto dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Le imprese autorizzate a svolgere operazioni portuali sono iscritte in registri tenuti dalle AdSP e sono soggette al pagamento di un canone annuo e alla prestazione di una cauzione.

11      In aggiunta, ai sensi dell’articolo 36 del codice della navigazione, le AdSP possono rilasciare alle imprese concessioni per l’occupazione e l’uso dei beni demaniali per un determinato periodo di tempo. Tali concessioni riguardano aree demaniali e le banchine comprese nell’ambito portuale (ad esempio, l’affitto a imprese terze di terreni e di infrastrutture portuali).

12      L’articolo 37 del suddetto codice prevede, inoltre, che, in caso di più domande di concessione, venga preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che risponda a un più rilevante interesse pubblico.

13      Le AdSP dispongono di diverse risorse finanziarie, tra cui:

–        le tasse di ancoraggio e le tasse sulle merci sbarcate e imbarcate pagate da navi come contropartita per la concessione di accesso ai porti (in prosieguo: i «canoni portuali»);

–        i proventi riscossi come contropartita per la concessione di autorizzazioni per le operazioni portuali (in prosieguo: i «canoni di autorizzazione»);

–        i canoni riscossi come contropartita per l’aggiudicazione di concessioni di aree demaniali e di banchine (in prosieguo: i «canoni di concessione»).

14      A copertura dei costi sostenuti per le opere da esse stesse realizzate, le AdSP, conformemente all’articolo 5, comma 8, della legge n. 84/94, possono aumentare i canoni di concessione o i canoni portuali, imponendo soprattasse a carico delle merci imbarcate o sbarcate.

15      Peraltro, l’articolo 13, comma 1, lettere d) ed e), della legge n. 84/94 prevede che le AdSP ricevano contributi dalle regioni, dagli enti locali e da altri enti e organismi pubblici nonché entrate diverse.

 Sulla legislazione italiana relativa allimposta sul reddito delle società

16      Il titolo II del decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917 – Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (Supplemento ordinario alla GURI n. 302, del 31 dicembre 1986; in prosieguo il «TUIR»), contiene le norme applicabili in materia di imposta sul reddito delle società (in prosieguo: l’«IRES»).

17      L’articolo 73, comma 1, TUIR prevede che siano soggetti all’IRES:

«a)      le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, le società europee (…) e le società cooperative europee (…) residenti nel territorio dello Stato;

b)      gli enti pubblici e privati diversi dalle società, (…) residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;

c)      gli enti pubblici e privati diversi dalle società, (…) che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale (…), residenti nel territorio dello Stato;

d)      le società e gli enti di ogni tipo, (…) con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato».

18      L’articolo 74, comma 1, TUIR esenta dall’IRES una molteplicità di enti statali ed enti pubblici, come gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane e gli enti gestori di «demanio collettivo».

19      L’articolo 74, comma 2, lettera a), TUIR stabilisce che le attività statali non costituiscono attività commerciali.

20      Le autorità italiane hanno ritenuto che le AdSP costituissero enti gestori del demanio collettivo ai sensi dell’articolo 74, comma 1, TUIR e hanno ritenuto che esse svolgessero esclusivamente attività statali e, quindi, non economiche. Su questa base esse hanno esentato le AdSP dall’IRES (in prosieguo: l’«esenzione dall’IRES»).

 Fatti

 Procedimento amministrativo

21      Con lettera del 3 luglio 2013 la Commissione europea ha inviato a tutti gli Stati membri un questionario dettagliato riguardante l’imposta sulle società applicabile ai porti ed eventuali altre forme di sostegno a favore di diversi tipi di investimenti relativi ai porti o alla gestione dei porti.

22      La Repubblica italiana ha risposto a detto questionario con lettere del 12 settembre e del 1º ottobre 2013. Nel corso del 2014 e del 2017 la Commissione ha chiesto ulteriori informazioni, che sono state trasmesse dalle autorità italiane.

23      Con lettera del 30 aprile 2018 la Commissione, a norma dell’articolo 21 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 [TFUE] (GU 2015, L 248, pag. 9), ha informato la Repubblica italiana che essa considerava l’esenzione dall’IRES come un regime di aiuti esistente, incompatibile con il mercato interno, e l’ha invitata a presentare le sue osservazioni.

24      Successivamente, nel corso del 2018 si sono svolte varie riunioni tra la Commissione e la Repubblica italiana nonché scambi di quesiti e risposte.

25      L’8 gennaio 2019 la Commissione ha proposto alla Repubblica italiana di adottare opportune misure ai sensi dell’articolo 22 del regolamento 2015/1589 per porre fine all’esonero dall’IRES relativamente alle attività economiche delle AdSP e, di conseguenza, per garantire che queste ultime fossero soggette all’IRES allo stesso modo delle altre imprese. Inoltre, la Commissione ha invitato le autorità italiane a informarla per iscritto, entro un termine di due mesi dal ricevimento di detta proposta, dell’accettazione delle misure proposte ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589.

26      Il 7 marzo 2019 la Repubblica italiana ha respinto la proposta della Commissione.

27      Poiché le autorità italiane non hanno accettato le opportune misure proposte la Commissione ha deciso, il 15 novembre 2019, di avviare il procedimento di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589. In tale contesto, la Commissione ha invitato le Repubblica italiana e le parti interessate a presentare le loro osservazioni.

28      Le autorità italiane hanno trasmesso le loro osservazioni alla Commissione con lettera del 4 febbraio 2020. Successivamente, la Commissione ha anche ricevuto osservazioni da varie parti interessate.

29      Il procedimento di indagine formale si è concluso con l’adozione della decisione impugnata.

 Decisione impugnata

30      Nella decisione impugnata, in primo luogo, la Commissione constata che le AdSP svolgono sia attività economiche che attività non economiche.

31      Più precisamente, la Commissione ritiene che tre attività delle AdSP siano di natura economica (punti da 85 a 129 della decisione impugnata):

–        la concessione di accesso ai porti dietro remunerazione (vale a dire, le tasse di ancoraggio e le tasse sulle merci sbarcate e imbarcate; in prosieguo: la «concessione di accesso ai porti»);

–        il rilascio di autorizzazioni dietro corrispettivo per le operazioni portuali di cui all’articolo 16 della legge n. 84/94 (in prosieguo: il «rilascio di autorizzazioni per le operazioni portuali»);

–        l’aggiudicazione di concessioni dietro remunerazione per i terreni e le infrastrutture portuali nelle aree demaniali e nelle banchine comprese nell’ambito portuale e nelle circoscrizioni territoriali (in prosieguo: l’«aggiudicazione di concessioni di aree demaniali e di banchine»).

32      In secondo luogo, la Commissione afferma che l’esenzione dall’IRES dà luogo a una perdita di gettito fiscale equivalente al consumo di risorse statali sotto forma di spesa fiscale, il che costituisce un trasferimento di risorse statali (punti da 130 a 134 della decisione impugnata).

33      In terzo luogo, la Commissione sostiene che l’esenzione dall’IRES costituisce un vantaggio rispetto ad altre imprese che non beneficiano di una tale esenzione, pur svolgendo attività economiche in Italia (punti da 135 a 138 della decisione impugnata).

34      In quarto luogo, la Commissione ritiene che l’esenzione dall’IRES possa rafforzare la posizione concorrenziale delle AdSP, nella misura in cui le AdSP possono competere tra loro e con altri porti in Europa. Di conseguenza, detta esenzione è in grado di incidere sugli scambi tra gli Stati membri e può falsare la concorrenza (punti da 139 a 157 della decisione impugnata).

35      In quinto luogo, la Commissione ritiene che la misura sia selettiva. L’esenzione dall’IRES derogherebbe, senza alcuna valida giustificazione, al principio del sistema italiano di tassazione del reddito delle società in base al quale l’IRES si applica a tutti i tipi di reddito conseguiti da società o da enti pubblici o privati diversi dalle società che svolgono attività economiche. Di conseguenza, le AdSP sono favorite nei confronti delle altre società che esercitano attività economiche in Italia (punti da 158 a 174 della decisione impugnata).

36      Per questi motivi, la Commissione conclude che l’esenzione dall’IRES costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (punti 175 e 176 della decisione impugnata).

37      Infine, la Commissione constata che l’esenzione dall’IRES non può essere dichiarata compatibile con il mercato interno in base né all’articolo 93, né all’articolo 106, paragrafo 2, né all’articolo 107, paragrafi 2 e 3, TFUE (punti da 177 a 194 della decisione impugnata).

38      Dato che il regime fiscale applicabile alle autorità portuali italiane prima del 1958, vale a dire prima dell’entrata in vigore del Trattato FUE, era identico all’esenzione dall’IRES e che dette autorità portuali non sono mai state soggette né all’IRES né all’imposta sulle società in vigore prima dell’IRES, la Commissione ha concluso che si trattava di un regime di aiuti esistente conformemente all’articolo 1, lettera b), del regolamento 2015/1589 (punti da 195 a 198 della decisione impugnata). Pertanto, la Commissione ha disposto la soppressione dell’esenzione dall’IRES (articolo 2 della decisione impugnata).

39      Il dispositivo della decisione impugnata è così formulato:

«Articolo 1

L’esenzione dall’[IRES] a favore delle [AdSP] costituisce un regime di aiuti esistente che è incompatibile con il mercato interno.

Articolo 2

[La Repubblica italiana] sopprime l’esenzione dall’[IRES] di cui all’articolo 1. La misura con la quale [la Repubblica italiana] deve adempiere agli obblighi è adottata entro due mesi dalla data di notifica della presente decisione. La misura in questione si applica dall’inizio dell’esercizio fiscale successivo all’adozione della misura e al più tardi nel 2022.

Articolo 3

[La Repubblica italiana] informa la Commissione, entro il termine di due mesi a decorrere dalla data della notifica della presente decisione, delle misure adottate per conformarvisi.

Articolo 4

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione».

 Conclusioni delle parti

40      Le ricorrenti, sostenute dall’Associazione Porti Italiani (Assoporti), interveniente nell’ambito della presente causa, chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare gli articoli 1, 2, 3 e 4 della decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

41      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

42      A sostegno del loro ricorso le ricorrenti, sostenute dall’interveniente, deducono quattro motivi.

43      In primo luogo, la Commissione avrebbe violato gli articoli 107 e 296 TFUE qualificando le AdSP come imprese. In secondo luogo, la Commissione avrebbe violato l’articolo 107 TFUE ritenendo che l’esenzione dall’IRES desse luogo a un trasferimento di risorse statali. In terzo luogo, la Commissione avrebbe violato l’articolo 107 TFUE ritenendo che l’esenzione dall’IRES conferisse un vantaggio selettivo alle AdSP. In quarto luogo, la Commissione avrebbe violato l’articolo 107 TFUE ritenendo che l’esenzione dall’IRES potesse falsare la concorrenza e incidere sugli scambi tra Stati membri.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione degli articoli 107 e 296 TFUE a causa della qualificazione delle AdSP come imprese

44      Il primo motivo si suddivide in quattro parti.

45      Nell’ambito della prima parte, le ricorrenti e l’interveniente sostengono che la Commissione sarebbe incorsa in un errore di valutazione quanto allo status giuridico delle AdSP nell’ordinamento giuridico italiano. Con la seconda parte esse contestano la natura economica delle attività portuali delle AdSP e lamentano la violazione dei principi di parità di trattamento, buon andamento dell’amministrazione e certezza del diritto. Nell’ambito della terza parte esse si oppongono alla valutazione effettuata della Commissione sulla natura dei canoni portuali. Con la quarta parte esse invocano, in ordine successivo, la violazione di diverse disposizioni dei Trattati nonché un asserito sviamento di potere.

46      Occorre respingere anzitutto l’argomento sollevato a più riprese dalle ricorrenti nell’ambito del primo motivo, vertente sul difetto di motivazione della decisione impugnata relativamente alla qualificazione delle AdSP come imprese.

47      Al riguardo occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, il motivo vertente sulla violazione dell’articolo 296 TFUE è distinto da quello vertente sull’infondatezza della decisione impugnata. Mentre il primo motivo, che si riferisce a un difetto o a un’insufficienza di motivazione, rientra nella violazione delle forme sostanziali, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, e costituisce un motivo di ordine pubblico che dev’essere sollevato d’ufficio dal giudice dell’Unione europea, il secondo motivo, che verte sulla legittimità nel merito di una decisione, è sussumibile nella violazione di una norma di diritto relativa all’applicazione del Trattato, ai sensi del medesimo articolo 263 TFUE, e può essere esaminato dal giudice dell’Unione solo se è dedotto dal ricorrente. L’obbligo di motivazione, pertanto, costituisce una questione distinta da quella della fondatezza della motivazione (v., in tal senso, sentenze del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 67, e del 15 giugno 2005, Corsica Ferries France/Commissione, T‑349/03, EU:T:2005:221, punto 52).

48      Orbene, nel caso di specie, come correttamente rilevato dalla Commissione, non soltanto, del resto, le ricorrenti e l’interveniente non hanno individuato le parti della decisione impugnata in relazione alle quali addebitano alla Commissione di essere incorsa in un’asserita violazione dell’articolo 296 TFUE, ma è necessario constatare che la decisione impugnata è sufficientemente motivata. La Commissione ha infatti dedicato i punti da 85 a 129 di tale decisione alla qualificazione delle AdSP come imprese, sicché detta decisione ha consentito, da un lato, alle ricorrenti e all’interveniente di conoscere le ragioni della misura adottata al riguardo – il che risulta del resto dall’esame dei diversi motivi da esse sollevati – e, dall’altro, al Tribunale di esercitare il suo controllo.

49      Di conseguenza, si deve respingere l’argomento delle ricorrenti vertente sulla violazione dell’articolo 296 TFUE.

50      Per quanto riguarda gli altri argomenti sollevati dalle ricorrenti e dall’interveniente nell’ambito del primo motivo, occorre dapprima esaminare gli argomenti sollevati nella quarta parte.

 Sulla quarta parte, vertente sulla violazione di diverse disposizioni del Trattato e sulla sussistenza di uno sviamento di potere

51      Le ricorrenti, sostenute al riguardo dall’interveniente, affermano che la Commissione avrebbe violato l’articolo 345 TFUE ignorando che i Trattati UE e FUE consentirebbero agli Stati membri di mantenere la loro proprietà pubblica, comprese infrastrutture portuali, e di riservare in via esclusiva la regolazione e l’amministrazione di tale proprietà a enti infrastatali, come le AdSP. Alcuni settori che non sono stati aperti al mercato non rientrerebbero nell’ambito di applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato.

52      Peraltro, le ricorrenti affermano che la Commissione avrebbe violato gli articoli 3 TUE e 7 TFUE nonché l’articolo 121, paragrafo 1, TFUE, limitando le prerogative dello Stato in materia di politica economica e industriale e subordinando i regimi fiscali degli Stati membri alla sua previa autorizzazione.

53      Per di più, le ricorrenti sostengono che la Commissione sarebbe incorsa in uno sviamento di potere perseguendo un’armonizzazione mediante un’indiscriminata applicazione del regime di aiuti di Stato ai diversi Stati membri in cui le modalità di gestione delle infrastrutture portuali assumono connotazioni diverse da quelle dell’Italia. La decisione impugnata violerebbe anche i principi di proporzionalità, prossimità, sussidiarietà, separazione dei poteri e democraticità delle decisioni.

54      La Commissione contesta tali argomenti.

55      Al riguardo si deve constatare che le ricorrenti sostengono essenzialmente che la Commissione, adottando la decisione impugnata, subordinerebbe l’intera politica economica e industriale degli Stati membri alla sua previa autorizzazione, il che violerebbe diverse norme e principi del diritto dell’Unione.

56      Orbene, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti e dall’interveniente, la decisione impugnata lascia alla Repubblica italiana la piena libertà di organizzare e disciplinare il settore portuale italiano come ritenga opportuno, fatto salvo, in particolare, il rispetto del diritto dell’Unione. Infatti, la decisione impugnata non obbliga la Repubblica italiana a liberalizzare o a privatizzare il proprio settore portuale e non impone alcuna modifica dello status giuridico o della proprietà delle AdSP. La decisione impugnata richiede semplicemente che le attività delle AdSP di natura economica siano soggette a imposizione allo stesso modo delle attività economiche in altri settori. In tale contesto, occorre osservare che l’articolo 345 TFUE non esonera enti di diritto pubblico dalle norme in materia di aiuti di Stato (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Arriva Italia e a., C‑385/18, EU:C:2019:1121, punto 67).

57      Ne consegue che la Commissione non ha violato l’articolo 3 TUE, l’articolo 7 e l’articolo 121, paragrafo 1, TFUE nonché i principi di proporzionalità, prossimità, sussidiarietà, separazione dei poteri e democraticità delle decisioni.

58      Infine, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti vertenti sull’asserito sviamento di potere, da costante giurisprudenza deriva che uno sviamento di potere sussiste quando un atto viene adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati (v. sentenza del 15 maggio 2008, Spagna/Consiglio, C‑442/04, EU:C:2008:276, punto 49 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, nella decisione impugnata la Commissione si è limitata ad applicare le norme in materia di aiuti di Stato collegate al trattamento fiscale delle AdSP in Italia, richiedendo che tale trattamento venga modificato, senza tuttavia utilizzare i suoi poteri per raggiungere altri obiettivi.

59      Alla luce di quanto precede, occorre respingere la quarta parte del primo motivo.

 Sulla prima parte, vertente su un errore nella valutazione dello status giuridico delle AdSP

60      Le ricorrenti, sostenute al riguardo dall’interveniente, affermano che la Commissione sarebbe incorsa in un errore di valutazione non tenendo conto del fatto che, in diritto italiano, le AdSP sono considerate enti infrastatali, ossia organismi pubblici non economici di rilevanza nazionale, che agiscono per conto dello Stato esclusivamente per finalità di interesse generale.

61      Le AdSP sarebbero equiparabili ad altri enti locali che esercitano funzioni di autorità pubblica e sarebbero state concepite per svolgere compiti tipici di un’autorità pubblica, quali l’aggiudicazione di concessioni demaniali e la riscossione di tasse.

62      Pertanto, il legislatore italiano avrebbe scelto di vietare l’esercizio, da parte delle AdSP, di qualsiasi attività economica. A causa delle peculiarità relative al loro status, le AdSP non perseguirebbero alcuno scopo di lucro.

63      Inoltre, solo lo Stato sarebbe responsabile del loro funzionamento e della loro redditività economica. Le AdSP sarebbero enti che non possono fallire, poiché la loro esposizione debitoria è debito dello Stato che, secondo il diritto italiano, non può fallire. Tali caratteristiche specifiche delle AdSP sarebbero state più volte confermate dalla giurisprudenza e dalla prassi amministrativa italiana.

64      La Commissione contesta tali argomenti.

65      Al riguardo occorre ricordare che la nozione di «impresa» comprende qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento (sentenza del 23 aprile 1991, Höfner e Elser, C‑41/90, EU:C:1991:161, punti 21 e 22; v., anche, sentenza del 3 marzo 2011, AG2R Prévoyance, C‑437/09, EU:C:2011:112, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

66      Infatti, da una giurisprudenza costante risulta che costituisce attività economica qualsiasi attività consistente nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (sentenza del 16 giugno 1987, Commissione/Italia, 118/85, EU:C:1987:283, punto 7; v., anche, sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione e Repubblica slovacca/Dôvera zdravotná poist’ovňa, C‑262/18 P e C‑271/18 P, EU:C:2020:450, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

67      Per contro, non presentano carattere economico le attività che si ricollegano all’esercizio di prerogative dei pubblici poteri, di modo che dette attività non rientrano nel campo di applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato (v., in tal senso, sentenze del 19 gennaio 1994, SAT Fluggesellschaft, C‑364/92, EU:C:1994:7, punto 30, e del 24 marzo 2022, GVN/Commissione, C‑666/20 P, non pubblicata, EU:C:2022:225, punto 70).

68      Il fatto che un ente disponga, per l’esercizio di una parte delle proprie attività, di prerogative dei pubblici poteri non impedisce, di per sé, di qualificarlo come impresa nei limiti in cui eserciti altre attività di natura economica (v., in tal senso, sentenze del 24 ottobre 2002, Aéroports de Paris/Commissione, C‑82/01 P, EU:C:2002:617, punti 74 e 75, e del 12 luglio 2012, Compass-Datenbank, C‑138/11, EU:C:2012:449, punto 37). Nei limiti in cui un ente pubblico svolga un’attività economica che possa essere dissociata dall’esercizio dei suoi pubblici poteri, in ordine a una siffatta attività tale ente agisce come impresa (sentenze del 7 novembre 2019, Aanbestedingskalender e a./Commissione, C‑687/17 P, non pubblicata, EU:C:2019:932, punto 18, e del 30 aprile 2019, UPF/Commissione, T‑747/17, EU:T:2019:271, punto 82).

69      Pertanto, in materia di aiuti di Stato lo status giuridico di un’entità ai sensi del diritto nazionale è irrilevante ai fini della sua qualificazione come impresa. Anche un organo che faccia parte dell’amministrazione dello Stato del quale condivide la personalità giuridica può essere qualificata come impresa (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 1987, Commissione/Italia, 118/85, EU:C:1987:283, punto 13). Inoltre, il fatto che un ente non possa fallire a causa, ad esempio, di una garanzia statale illimitata non è in grado di privarlo della qualificazione di impresa.

70      Del pari, il fatto che l’offerta di beni o servizi sia fatta senza scopo di lucro non osta a che tali operazioni sul mercato debbano essere considerate attività economiche, una volta che tale offerta si pone in concorrenza con quella di altri operatori che perseguono uno scopo di lucro (v. sentenza del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania, C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

71      Pertanto, le ricorrenti e l’interveniente non sono riuscite a dimostrare l’esistenza di un errore da parte della Commissione nella valutazione dello status giuridico delle AdSP.

72      Pertanto, occorre respingere la prima parte del primo motivo.

 Sulla seconda parte, vertente su un errore di diritto relativo alla valutazione della natura economica delle attività delle AdSP

73      Nell’ambito della seconda parte del primo motivo, la quale comprende due censure, le ricorrenti, sostenute al riguardo dall’interveniente, affermano che la Commissione avrebbe violato l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE ritenendo che le AdSP esercitassero attività economiche svolgendo le tre attività indicate al precedente punto 31, ossia l’aggiudicazione di concessioni di aree demaniali e di banchine, la concessione di accesso ai porti e il rilascio di autorizzazioni per le operazioni portuali.

–       Sulla prima censura, vertente sulla violazione del principio di parità di trattamento mediante il rinvio alle decisioni anteriormente adottate in relazione ai porti belgi, francesi e olandesi

74      Le ricorrenti, sostenute al riguardo dall’interveniente, affermano che la Commissione avrebbe violato il principio di parità di trattamento, in quanto essa ha fatto riferimento alle decisioni precedentemente adottate in relazione ai porti belgi, francesi e olandesi per sostenere che le AdSP svolgevano determinate attività economiche.

75      I gestori di porti negli Stati membri interessati dalle suddette decisioni sarebbero tuttavia società per azioni che fornivano beni e servizi dietro il pagamento di un corrispettivo. Inoltre, le operazioni e i servizi portuali (quali operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e movimento delle merci) sarebbero ivi forniti direttamente dai porti sulla base di considerazioni di mercato. La Commissione, non prendendo in considerazione tali differenze fondamentali, avrebbe violato il principio di parità di trattamento.

76      La Commissione contesta tali argomenti.

77      Al riguardo occorre rammentare che il principio di parità di trattamento, sancito dagli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (sentenza del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione e a., C‑550/07 P, EU:C:2010:512, punti 54 e 55).

78      In sostanza, le ricorrenti e l’interveniente addebitano alla Commissione di aver trattato in maniera identica i gestori dei porti belgi, francesi e olandesi, da un lato, e le AdSP, dall’altro. Le decisioni interessate devono quindi essere esaminate alla luce delle differenze invocate dalle ricorrenti.

79      Contrariamente a quanto suggeriscono le ricorrenti e l’interveniente, il fatto che i gestori dei porti belgi, francesi e olandesi possano essere disciplinati dal diritto privato non ha avuto alcun ruolo nella valutazione effettuata dalla Commissione nei loro confronti. Come illustrato al precedente punto 65, lo status giuridico di un’entità è infatti irrilevante ai fini della qualificazione della natura economica delle attività svolte da detta entità. Tale qualificazione dipende solo dalla natura dell’attività interessata.

80      Inoltre, il fatto che – nei casi che hanno portato alle decisioni anteriormente adottate in relazione ai porti belgi e francesi – i gestori di questi ultimi svolgessero direttamente talune operazioni portuali (quali operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e movimento delle merci) è irrilevante, poiché si tratta di operazioni portuali in relazione alle quali la Commissione non ha affermato, nella decisione impugnata, che esse sarebbero state anche effettuate dalle AdSP.

81      Orbene, per quanto riguarda al contrario la concessione di accesso ai porti e l’aggiudicazione di concessioni di aree demaniali e di banchine, occorre constatare che, nelle decisioni anteriormente adottate in relazione ai porti belgi e francesi, ossia al punto 67 della decisione (UE) 2017/2115 della Commissione, del 27 luglio 2017, relativa al regime di aiuti SA.38393 (2016/C, ex 2015/E) cui il Belgio ha dato esecuzione – Tassazione dei porti in Belgio (GU 2017, L 332, pag. 1), e al punto 61 della decisione (UE) 2017/2116 della Commissione, del 27 luglio 2017, relativa al regime di aiuti SA.38398 (2016/C, ex 2015/E) al quale la Francia ha dato esecuzione – Tassazione dei porti in Francia (GU 2017, L 332, pag. 24), la Commissione ha qualificato attività equivalenti come attività economiche.

82      Tale conclusione è stata a più riprese confermata dal Tribunale (v., in tal senso, sentenze del 20 settembre 2019, Port autonome du Centre et de l’Ouest e a./Commissione, T‑673/17, non pubblicata, EU:T:2019:643, punti da 63 a 65; del 20 settembre 2019, Le Port de Bruxelles e Région de Bruxelles-Capitale/Commissione, T‑674/17, non pubblicata, EU:T:2019:651, punti da 63 a 65, e del 20 settembre 2019, Havenbedrijf Antwerpen e Maatschappij van de Brugse Zeehaven/Commissione, T‑696/17, EU:T:2019:652, punti 49 e 50).

83      Ne consegue che la Commissione non ha violato il principio di parità di trattamento per quanto riguarda le attività di concessione di accesso e di aggiudicazione di concessioni rinviando, nella decisione impugnata, alle decisioni anteriormente adottate in relazione ai porti belgi, francesi e olandesi, in quanto essa ha trattato in maniera uguale situazioni analoghe.

84      Per contro, quanto al rilascio di autorizzazioni per le operazioni portuali, occorre constatare che una siffatta attività non è ancora stata oggetto di esame da parte della Commissione. Su tale punto, come correttamente sostenuto essenzialmente dalle ricorrenti e dall’interveniente, il ragionamento seguito nelle decisioni adottate precedentemente in relazione ai porti belgi e francesi non è direttamente trasponibile alla situazione delle AdSP.

85      Peraltro, va notato che la sentenza del 24 ottobre 2002, Aéroports de Paris/Commissione (C‑82/01 P, EU:C:2002:617, punto 2), a cui fanno riferimento sia le ricorrenti che la Commissione, non riguarda neppure attività assimilabili a quella del rilascio di autorizzazioni da parte delle AdSP. Sebbene detta sentenza faccia riferimento ad «autorizzazioni» rilasciate dal gestore degli aeroporti di Orly e di Roissy-Charles-de-Gaulle, queste ultime non sono assimilabili a quelle nel caso di specie.

86      Infatti, le autorizzazioni dei gestori aeroportuali corrispondevano a concessioni commerciali accordate a un numero limitato di fornitori di servizi di commissariato aereo all’aeroporto di Orly, nonché a concessioni di occupazione di beni immobili situati entro il perimetro di quest’ultimo. In contropartita, i suddetti fornitori si erano impegnati a versare al gestore dell’aeroporto un corrispettivo composto da un canone per l’occupazione del terreno proporzionale alla superficie occupata nonché da un canone pari a una certa percentuale del fatturato generato con le compagnie aeree.

87      Accordando dette concessioni, il gestore dell’aeroporto che esercitava un’attività economica sfruttava lo spazio commerciale che si trovava nel perimetro dell’aeroporto mentre, nell’ambito delle autorizzazioni che esse rilasciano, le AdSP, che esercitano le loro prerogative di pubblici poteri, procedono al controllo del rispetto, da parte dei fornitori delle operazioni portuali, dei requisiti di legge applicabili, come illustrato ai successivi punti da 100 a 102.

88      Ciò premesso, non si può concludere da quanto precede che la Commissione abbia violato il principio di parità di trattamento trattando situazioni diverse in maniera uguale. Infatti, nella decisione impugnata la conclusione alla quale è giunta la Commissione ha fatto seguito a indagini specifiche al caso di specie e all’applicazione dei medesimi principi di diritto.

89      Pertanto, la prima censura della seconda parte del primo motivo dev’essere respinta.

–       Sulla seconda censura, vertente sull’assenza di un mercato nel quale le AdSP offrano i loro servizi

90      Le ricorrenti, sostenute dall’interveniente, affermano che, in assenza di un mercato nel quale le AdSP offrano i loro servizi, queste ultime non potrebbero essere considerate imprese. La decisione impugnata presupporrebbe l’esistenza di un mercato in via teorica, ignorando, al contempo, che la legislazione italiana concede un monopolio legale alle AdSP, che escluderebbe qualsiasi concorrenza, anche potenziale, tra i diversi porti.

91      La Commissione contesta tali argomenti.

92      A tal proposito, è sufficiente rilevare che erroneamente le ricorrenti e l’interveniente affermano che le AdSP non sarebbero esposte ad alcuna concorrenza. Infatti, se è vero che, come sostengono le ricorrenti, ciascuna AdSP dispone di un monopolio legale nei porti che gestisce, resta il fatto che – come correttamente rilevato in sostanza dalla Commissione – esiste una concorrenza tra taluni porti italiani, da un lato, e taluni porti di altri Stati membri, dall’altro.

93      Infatti, per quanto riguarda la concessione di accesso ai porti, come correttamente constatato ai punti 142 e 143 della decisione impugnata, esiste una concorrenza tra alcuni porti italiani e alcuni porti di altri Stati membri, atteso che gli operatori di servizi portuali possono utilizzare diversi porti per raggiungere il medesimo entroterra.

94      In aggiunta, per quanto riguarda l’aggiudicazione di concessioni di aree demaniali e di banchine, come correttamente constatato al punto 144 della decisione impugnata, diversi porti sono in concorrenza per attirare concessionari che possono gestire le loro aree demaniali, atteso che potenziali concessionari possono cercare di offrire servizi portuali anche in altri porti.

95      Ne consegue che deve essere respinto l’argomento delle ricorrenti e dell’interveniente, secondo cui la concessione di accesso ai porti e l’aggiudicazione di concessioni di aree demaniali e di banchine non costituirebbero servizi forniti su un determinato mercato.

96      Per contro, l’analisi della concessione di autorizzazioni per le operazioni portuali ai punti da 25 a 32 della decisione impugnata non consente di concludere che si tratti di un servizio fornito in un determinato mercato.

97      Infatti, come illustrato nei suddetti punti, le AdSP disciplinano e vigilano sull’espletamento delle operazioni portuali effettuate da imprese terze (in particolare, operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e movimento delle merci e di tutto il materiale connesso alle navi), la cui esecuzione è soggetta a un’autorizzazione preventiva.

98      Tale autorizzazione è concessa dall’AdSP interessata quando l’impresa terza soddisfa le condizioni stabilite con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti (punto 29 della decisione impugnata). L’autorizzazione ha una durata rapportata al programma operativo proposto dall’impresa terza (punto 31 della decisione impugnata). Le imprese terze autorizzate sono iscritte in registri distinti tenuti dalle AdSP (punto 28 della decisione impugnata) e le loro tariffe sono pubblicate dalle AdSP (punto 30 della decisione impugnata).

99      Inoltre, il numero massimo di autorizzazioni che possono essere rilasciate è determinato dalle AdSP (sentita la commissione consultiva locale) in relazione alle esigenze di funzionamento del porto e del traffico e assicurando il massimo della concorrenza nel settore (punto 32 della decisione impugnata).

100    Tali compiti sembrano corrispondere a una funzione di controllo, consistente nel verificare che le imprese interessate possano fornire le operazioni portuali che propongono in conformità con i requisiti di legge. Lo svolgimento di tali compiti è, in linea di principio, una prerogativa dei pubblici poteri di natura non economica (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 18 marzo 1997, Diego Calì & Figli, C‑343/95, EU:C:1997:160, punto 22, e del 20 settembre 2019, Port autonome du Centre et de l’Ouest e a./Commissione, T‑673/17, non pubblicata, EU:T:2019:643, punto 91).

101    Stanti tali circostanze, si deve concludere che la Commissione non ha assolto l’onere della prova ad essa incombente in relazione alla qualificazione del rilascio di autorizzazioni per le operazioni portuali come servizio fornito sul mercato (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2015, SACE e Sace BT/Commissione, T‑305/13, EU:T:2015:435, punto 95).

102    Di conseguenza, si deve accogliere la seconda censura della seconda parte del primo motivo in relazione al rilascio di autorizzazioni per le operazioni portuali e, per il resto, respingere la seconda parte.

 Sulla terza parte, relativa alla natura dei canoni riscossi dalle AdSP

103    Le ricorrenti, sostenute al riguardo dall’interveniente, affermano che la Commissione avrebbe interpretato in maniera erronea l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, ignorando il fatto che i canoni riscossi dalle AdSP costituirebbero tasse e non remunerazioni per servizi di natura economica. Ciò deriverebbe non soltanto dalla qualifica dei vari canoni in forza del diritto italiano, ma anche dal fatto che questi ultimi sarebbero determinati dallo Stato e non sarebbero collegati al valore commerciale di alcun servizio specifico.

104    La Commissione contesta tali argomenti.

105    Va ricordato, come indicato al precedente punto 69, che la qualificazione di un’entità in forza del diritto nazionale è irrilevante ai fini della sua qualificazione come impresa ai sensi delle norme in materia di aiuti di Stato.

106    Del pari, le modalità di finanziamento, in particolare la qualifica data dalle parti o dal diritto nazionale ai redditi di un’entità, sono irrilevanti per la qualifica come impresa di quest’ultima. Pertanto, come la Commissione ha correttamente rilevato, la denominazione utilizzata a livello nazionale per importi percepiti, indipendentemente dal fatto che vengano chiamati canoni, diritti portuali o tasse portuali, non incide su tale qualifica (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2018, Naviera Armas/Commissione, T‑108/16, EU:T:2018:145, punto 124).

107    Peraltro, le ricorrenti e l’interveniente non sono riuscite a suffragare la loro affermazione secondo cui i canoni di concessione e i canoni portuali dovrebbero essere considerati una tassa dovuta allo Stato piuttosto che un corrispettivo per un servizio di natura economica. In particolare, l’argomento principale sollevato al riguardo, ossia che lo Stato determinerebbe l’importo di detti canoni, è carente in punto di fatto.

108    Dal fascicolo risulta infatti che i canoni di concessione sono costituiti da una parte fissa e da una parte variabile che può essere detratta dalle AdSP, al fine di incentivare i concessionari al raggiungimento di obiettivi di interesse pubblico e di politica generale. Fissando tali canoni, le AdSP possono adottare criteri diversi da quelli enunciati nella legge applicabile ma, in ogni caso, l’importo di tali canoni non può essere inferiore a quello risultante dall’applicazione dei criteri di legge.

109    In aggiunta, dal fascicolo risulta che, a copertura dei costi sostenuti per le opere da esse stesse realizzate, le AdSP possono imporre soprattasse a carico delle merci imbarcate o sbarcate oppure aumentare i canoni di concessione.

110    Ne consegue che l’influenza delle AdSP sull’importo dei canoni di concessione e dei canoni portuali tende a confermare la natura economica delle prestazioni che esse forniscono in contropartita del pagamento di tali canoni (v., in tal senso, sentenza del 24 ottobre 2002, Aéroports de Paris/Commissione, C‑82/01 P, EU:C:2002:617, punto 78)

111    Di conseguenza, si deve constatare che la Commissione ha dimostrato, in modo giuridicamente adeguato, che i canoni di concessione e i canoni portuali costituivano il corrispettivo per attività di natura economica svolte dalle AdSP.

112    La Commissione non ha invece esaminato, come confermato dalla stessa in udienza, né il metodo di calcolo dei canoni di autorizzazione, né il loro importo, né il livello di controllo esercitato dallo Stato al riguardo.

113    Come sostenuto dalle ricorrenti e dall’interveniente nell’atto introduttivo del giudizio e in udienza, senza che la Commissione abbia contestato tale punto, detti canoni riguardano un importo stabile e relativamente basso, i cui parametri di base sono fissati con decreto ministeriale e che possono essere leggermente aumentati a seconda del fatturato dell’entità interessata.

114    In tale contesto, occorre richiamare la costante giurisprudenza secondo la quale il fatto che un prodotto o un servizio fornito da un organismo pubblico, e che si ricolleghi all’esercizio da parte di quest’ultimo di prerogative dei pubblici poteri, è fornito contro una remunerazione prevista dalla legge non è sufficiente per qualificare l’attività esercitata come attività economica e l’entità che l’esercita come impresa (v., in tal senso, sentenze del 18 marzo 1997, Diego Calì & Figli, C‑343/95, EU:C:1997:160, punti da 22 a 25, e del 12 settembre 2013, Germania/Commissione, T‑347/09, non pubblicata, EU:T:2013:418, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

115    In mancanza di dimostrazione da parte della Commissione, nella decisione impugnata, in considerazione della natura, del metodo di calcolo e dell’importo dei canoni, che questi ultimi rappresentino un corrispettivo per un servizio di natura economica, l’argomentazione delle ricorrenti e dell’interveniente, secondo cui tali canoni di autorizzazione devono essere considerati una tassa dovuta allo Stato piuttosto che un siffatto corrispettivo, non può essere respinta.

116    Ciò è tanto più vero in quanto, come rilevato al precedente punto 84, nessuna decisione anteriore della Commissione si è pronunciata sulla natura economica di un’attività quale il rilascio, da parte delle AdSP, di autorizzazioni per le operazioni portuali.

117    Inoltre, come rilevato ai precedenti punti da 96 a 102, non risulta affatto dalla decisione impugnata che detta attività consista nella prestazione di un servizio fornito su un mercato.

118    La Commissione non ha quindi dimostrato, in modo giuridicamente adeguato, che i canoni di autorizzazione costituiscano una contropartita per un servizio di natura economica reso dalle AdSP.

119    Di conseguenza, la terza parte del primo motivo dev’essere accolta nella parte in cui riguarda la concessione di autorizzazioni per le operazioni portuali e, per il resto, respinta.

120    Di conseguenza, occorre esaminare i motivi secondo, terzo e quarto unicamente in relazione alla concessione di accesso ai porti e all’aggiudicazione di concessioni di aree demaniali e banchine.

 Sul secondo motivo, vertente sullerronea interpretazione attribuita alla nozione di «trasferimento di risorse statali» ai sensi dellarticolo 107, paragrafo 1, TFUE

121    Le ricorrenti, sostenute al riguardo dall’interveniente, affermano che l’esenzione dall’IRES non comporterebbe alcun onere finanziario per lo Stato italiano poiché le attività delle AdSP sarebbero soggette al controllo della Corte dei conti, i loro risultati sarebbero inclusi nel conto economico consolidato dello Stato e i loro debiti sarebbero considerati debiti dello Stato. Tali particolarità del sistema portuale italiano non sarebbero state prese in considerazione dalla Commissione.

122    Inoltre le ricorrenti, sostenute al riguardo dall’interveniente, sottolineano che le entrate delle AdSP dovrebbero essere utilizzate soltanto per lo svolgimento dei loro compiti istituzionali, in particolare la sicurezza e il buono stato dell’infrastruttura demaniale. Per questa ragione, l’esenzione dall’IRES non comporterebbe una perdita di risorse per lo Stato in quanto, in assenza di siffatta esenzione, lo Stato dovrebbe aumentare i suoi contributi finanziari alle AdSP.

123    La Commissione contesta tali argomenti.

124    Al riguardo occorre ricordare, in via preliminare, che la nozione di «aiuto» comprende non soltanto prestazioni positive quali le sovvenzioni ma anche interventi che, in varie forme, alleviano gli oneri che di regola gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, hanno la stessa natura e producono identici effetti (v. sentenza del 21 marzo 2013, Commissione/Buczek Automotive, C‑405/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:186, punto 30 e giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso, sentenza del 19 marzo 2013, Bouygues e a./Commissione e a., C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punto 101 e giurisprudenza ivi citata).

125    Per di più, affinché determinati vantaggi possano essere qualificati come aiuti ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, essi devono andare a beneficio di un’impresa, vale a dire di un’entità che svolge attività economiche. Se tale entità è giuridicamente distinta dallo Stato, la concessione di un vantaggio a detta entità ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE comporta necessariamente un trasferimento di risorse statali.

126    Sebbene le AdSP siano enti di diritto pubblico in forza del diritto italiano, esse sono costituite come entità giuridiche distinte dallo Stato e dagli altri enti pubblici in Italia.

127    A causa dell’esenzione dall’IRES, le AdSP sono esentate dal pagamento delle tasse che sarebbero state dovute per via delle loro attività economiche. In assenza di tale esenzione, determinati importi di imposta sarebbero stati versati dalle AdSP allo Stato. Pertanto, il mancato pagamento di tali importi dà luogo a un trasferimento di risorse statali ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España, C‑387/92, EU:C:1994:100, punto 14, e dell’11 settembre 2014, Grecia/Commissione, T‑425/11, EU:T:2014:768, punto 40).

128    Inoltre va ricordato, al pari della Commissione, che qualsiasi impresa, indipendentemente dal suo status giuridico, può essere beneficiaria di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Se si seguisse la tesi secondo cui le norme in materia di aiuti di Stato non sarebbero applicabili per il fatto che il beneficiario è un’impresa pubblica e che il beneficio concesso rimane nella sfera economica dello Stato in senso lato, l’effetto utile di tali norme verrebbe seriamente pregiudicato e si introdurrebbe un’ingiustificata discriminazione tra beneficiari pubblici e beneficiari privati, in violazione del principio di neutralità di cui all’articolo 345 TFUE (sentenza del 19 dicembre 2019, Arriva Italia e a., C‑385/18, EU:C:2019:1121, punto 67)

129    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la Commissione correttamente sostiene, al punto 133 della decisione impugnata, che l’amministrazione fiscale italiana, esentando le AdSP dall’IRES nonostante il fatto che esse esercitino un’attività economica, rinuncia a un’entrata rappresentante risorse statali. Pertanto, l’esenzione dall’IRES dà luogo a un trasferimento di risorse statali ai sensi dell’articolo 107 TFUE.

130    Si deve, di conseguenza, respingere il secondo motivo in quanto infondato.

 Sul terzo motivo, vertente su uninterpretazione erronea del criterio di selettività

131    Nell’ambito del terzo motivo, che si articola in cinque parti, le ricorrenti, sostenute al riguardo dall’interveniente, affermano in sostanza che la Commissione avrebbe interpretato in maniera erronea il criterio della selettività.

 Sulla prima parte, vertente sulla confusione tra il criterio del vantaggio e quello della selettività

132    Le ricorrenti, sostenute dall’interveniente, affermano che, contrariamente alla costante giurisprudenza che prescriverebbe che il criterio del vantaggio e quello della selettività debbano essere valutati in maniera distinta, la decisione impugnata avrebbe confuso questi due criteri applicando a quello del vantaggio economico il metodo raccomandato per esaminare quello della selettività.

133    La Commissione contesta tali argomenti.

134    In via preliminare, occorre osservare che una distinzione deve essere operata secondo la qualifica della misura in questione come «regime di aiuti» o come «aiuto individuale» ai sensi dell’articolo 1, lettere d) ed e), del regolamento 2015/1589. Infatti, nell’esaminare un regime di aiuti è necessario stabilire se la misura in questione, nonostante la constatazione che essa conferisce un vantaggio di portata generale, vada a beneficio esclusivamente di talune imprese o di taluni settori di attività (v., in tal senso, sentenze del 4 giugno 2015, Commissione/MOL, C‑15/14 P, EU:C:2015:362, punto 60; del 30 giugno 2016, Belgio/Commissione, C‑270/15 P, EU:C:2016:489, punto 49, e del 6 ottobre 2021, World Duty Free Group e Spagna/Commissione, C‑51/19 P e C‑64/19 P, EU:C:2021:793, punto 34).

135    Nel caso di specie la misura in questione, ossia l’esenzione dall’IRES, costituisce un regime di aiuti.

136    Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti e l’interveniente, i due criteri di selettività e vantaggio vengono esaminati separatamente nella decisione impugnata. Infatti, tanto ai punti da 135 a 138 quanto ai punti da 158 a 176 della decisione impugnata, la Commissione spiega, in ordine successivo, che il vantaggio conferito alle AdSP consiste nell’esenzione delle loro attività asseritamente economiche dall’IRES e che tale vantaggio è conferito unicamente alle AdSP e non ad altri contribuenti, che si trovino nella medesima situazione di fatto e di diritto, alla luce dell’obiettivo perseguito dal sistema fiscale di riferimento.

137    Nel caso di specie, vero è che i ricorrenti e l’interveniente correttamente osservano che la sostanza dell’analisi del vantaggio e quella dell’analisi della selettività si sovrappongono ampiamente, ma tale constatazione è insita nel fatto che i metodi di analisi di questi due aspetti sono simili.

138    Infatti, l’esistenza potenziale di un vantaggio è determinata sulla base di una deroga al livello normale di tassazione, vale a dire in relazione all’assenza di un’esenzione fiscale.

139    Senza che ciò rappresenti una contraddizione, una siffatta deroga al livello normale di tassazione costituisce anche il punto di partenza per l’analisi della selettività, che si concentra sulla questione se lo stesso vantaggio venga percepito da altri contribuenti che si trovino nella medesima situazione di fatto e di diritto alla luce dell’obiettivo perseguito dal sistema fiscale di riferimento (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punti da 54 a 57, e del 6 ottobre 2021, World Duty Free Group e Spagna/Commissione, C‑51/19 P e C‑64/19 P, EU:C:2021:793, punto 60).

140    Di conseguenza, la prima parte del terzo motivo dev’essere respinta.

 Sulla seconda parte, vertente sull’errata determinazione del sistema di riferimento

141    Le ricorrenti, sostenute al riguardo dall’interveniente, affermano che, poiché la Commissione avrebbe erroneamente considerato le AdSP come entità commerciali soggette all’IRES, conformemente all’articolo 73, comma 1, lettera c), TUIR, laddove esse rientrerebbero, in realtà, nell’ambito di applicazione dell’articolo 74 TUIR e sarebbero quindi, a priori, esenti dall’IRES, essa avrebbe individuato un sistema di riferimento artificiosamente ampio.

142    Secondo le ricorrenti e l’interveniente, le AdSP si troverebbero in una situazione di fatto e di diritto diversa dagli enti di cui all’articolo 73 TUIR, dal momento che essi eserciterebbero soltanto attività non commerciali. Di conseguenza, l’articolo 73 TUIR, che si applica agli enti che svolgono attività commerciali, e l’articolo 74 del TUIR, che si applicherebbe unicamente a enti statali e pubblici che non svolgono attività commerciali, avrebbero ambiti di applicazione distinti e costituirebbero, pertanto, sistemi di riferimento separati. Le ricorrenti, sostenute dall’interveniente, ritengono che il sistema di riferimento avrebbe dovuto quindi limitarsi all’articolo 74 del TUIR.

143    La Commissione contesta tali argomenti.

144    Al riguardo, occorre ricordare in via preliminare che, ai fini della qualifica di una misura fiscale nazionale come selettiva, la Commissione deve individuare, in un primo tempo, il sistema di riferimento, ossia il regime fiscale normale applicabile nello Stato membro interessato, e dimostrare, in un secondo tempo, che la misura fiscale di cui trattasi deroga a tale sistema di riferimento, in quanto introduce differenziazioni tra operatori che si trovano, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito da tale sistema, in una situazione materiale e giuridica comparabile (v. sentenza del 6 ottobre 2021, World Duty Free Group e Spagna/Commissione, C‑51/19 P e C‑64/19 P, EU:C:2021:793, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

145    Inoltre, per definire il sistema di riferimento occorre individuare l’insieme delle disposizioni che influiscono sugli oneri fiscali delle imprese [conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Andres (fallimento Heitkamp BauHolding)/Commissione, C‑203/16 P, EU:C:2017:1017, punto 109]. Tale approccio garantisce che una misura fiscale sia valutata alla luce di un quadro che comprende tutte le disposizioni pertinenti.

146    Il sistema di riferimento non può essere costituito da alcune disposizioni del diritto nazionale dello Stato membro interessato estrapolate artificiosamente da un quadro normativo più ampio [sentenza del 28 giugno 2018, Andres (fallimento Heitkamp BauHolding)/Commissione, C‑203/16 P, EU:C:2018:505, punto 103].

147    In altre parole, quando la misura fiscale di cui trattasi si presenta come inscindibile dal sistema fiscale complessivo dello Stato membro interessato, è a tale sistema che occorre fare riferimento (sentenza del 6 ottobre 2021, World Duty Free Group e Spagna/Commissione, C‑51/19 P e C‑64/19 P, EU:C:2021:793, punto 63).

148    Nel caso di specie la Commissione, ai punti da 159 a 164 della decisione impugnata, ha identificato il sistema dell’IRES previsto dal TUIR come sistema di riferimento che si applicava, in sostanza, ai redditi generati da tutti gli enti che esercitano attività commerciali. Secondo la Commissione, detto sistema di riferimento comprenderebbe la definizione di soggetti passivi e di reddito imponibile derivante dall’articolo 72, in combinato disposto con l’articolo 73 TUIR.

149    Al riguardo, va ricordato che l’articolo 72 TUIR stabilisce il principio secondo il quale l’IRES si applica a tutti i redditi. L’articolo 73, comma 1, TUIR assoggetta all’IRES le società commerciali e altri organismi pubblici o privati, che abbiano o meno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali.

150    Le ricorrenti, sostenute dall’interveniente, affermano che il sistema di riferimento sarebbe costituito dal solo articolo 74 TUIR.

151    Al riguardo va ricordato che il suddetto articolo prevede, da un lato, che alcuni enti statali e alcune collettività locali non siano assoggettati all’IRES e, dall’altro, che l’esercizio di funzioni statali da parte degli organismi pubblici non sia considerato di natura commerciale. Nel caso di specie, secondo l’interpretazione adottata all’amministrazione fiscale italiana, le AdSP svolgerebbero solo funzioni statali e non dovrebbero quindi essere assoggettate all’IRES.

152    Orbene, è necessario constatare che tale articolo si inserisce in un sistema fiscale più ampio che stabilisce l’insieme delle disposizioni italiane relative all’IRES. Detto sistema definisce, tra l’altro, i soggetti passivi, gli utili imponibili e le aliquote fiscali. Secondo l’articolo 73, comma 1, lettere b) e c), TUIR (v. precedente punto 17), i soggetti passivi comprendono, tra gli altri, taluni organismi pubblici, indipendentemente dal fatto che le loro attività siano di natura economica o meno.

153    Orbene, l’articolo 74 TUIR è inscindibile dal sistema dell’IRES previsto dal TUIR. Infatti, tale disposizione esenta alcuni enti e alcune attività dall’imposizione dell’IRES, il che presuppone l’esistenza di una norma principale che preveda l’imposizione di tali enti e di tali attività. Siffatta norma principale è prevista, tra l’altro, dall’articolo 73, comma 1, lettere b) e c), TUIR, che precisa che l’esercizio di un’attività commerciale da parte di un ente di diritto pubblico o privato è il criterio decisivo per l’assoggettamento all’IRES. Senza tale norma principale, che deriva dal più ampio sistema dell’IRES, in particolare dall’articolo 73, comma 1, lettere b) e c), TUIR, l’esenzione prevista dall’articolo 74, comma 2, TUIR sarebbe priva di qualsiasi utilità.

154    Infine, è pacifico che i redditi derivanti da attività commerciali ai sensi del TUIR – il che sembra corrispondere alla nozione di «attività economica» ai sensi della norma in materia di aiuti di Stato – devono essere soggetti a imposizione ai sensi dell’articolo 73, comma 1, TUIR. In effetti, in udienza, le ricorrenti hanno confermato che, nell’ipotesi in cui una o più attività delle AdSP venissero qualificate come economiche, i redditi derivanti da questa o da queste attività dovrebbero essere assoggettati all’IRES.

155    In realtà, è necessario constatare che l’argomentazione delle ricorrenti, vertente su una definizione erronea del sistema di riferimento, si fonda in gran parte sull’ipotesi che le AdSP non svolgano alcuna attività economica. Orbene, come risulta dai precedenti punti 95 e 111, la concessione di accesso ai porti e l’aggiudicazione di concessioni di aree demaniali e di banchine sono state correttamente qualificate dalla Commissione come attività economiche. Di conseguenza, l’ipotesi sottintesa all’argomentazione delle ricorrenti non può essere accolta.

156    Alla luce di quanto precede, si deve respingere la seconda parte del terzo motivo.

 Sulla terza parte, vertente sulla deroga al sistema di riferimento

157    Le ricorrenti, sostenute al riguardo dall’interveniente, affermano che la Commissione avrebbe applicato in maniera erronea la seconda fase dell’analisi della selettività, limitandosi a individuare una deroga al sistema di riferimento senza individuare le imprese che si troverebbero nella stessa situazione di fatto e di diritto delle AdSP.

158    Secondo le ricorrenti, dal momento che l’articolo 74 TUIR sarebbe il sistema di riferimento, l’esenzione dall’IRES non si discosterebbe da detto sistema e, dato che tutti gli enti contemplati da tale articolo rientrerebbero nello stesso sistema di riferimento, non esisterebbe alcuna deroga a favore di una delle categorie di enti citate.

159    Inoltre, l’obiettivo del sistema dell’IRES previsto dal TUIR non sarebbe quello di tassare i redditi delle società e di altre entità giuridiche, indipendentemente dalla questione se queste ultime esercitino o meno attività economiche. L’obiettivo dell’articolo 74 TUIR sarebbe di non assoggettare all’IRES l’amministrazione pubblica.

160    La Commissione contesta tali argomenti.

161    Al riguardo, occorre ricordare in via preliminare che la seconda fase di valutazione della selettività potenziale di una misura fiscale nazionale consiste, secondo costante giurisprudenza, nel determinare se la misura fiscale in questione deroghi al sistema di riferimento, nella misura in cui introduce differenze tra operatori che si trovano, alla luce dell’obiettivo perseguito da tale sistema, in una situazione di fatto e di diritto paragonabile (v. sentenza del 19 dicembre 2018, A‑Brauerei, C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

162    È quindi alla luce dell’obiettivo del sistema di riferimento che si deve esaminare se le AdSP si trovino in una situazione di fatto e di diritto paragonabile agli altri enti che sono assoggettati all’IRES e che non ne sono esenti in forza dell’articolo 74 TUIR.

163    Come rilevato al precedente punto 153, l’obiettivo del sistema di riferimento, ossia il sistema dell’IRES e in particolare gli articoli 72 e 73 TUIR, è in sostanza di sottoporre all’IRES i redditi generati da ogni entità, che sia essa di diritto privato o di diritto pubblico, che eserciti attività economiche, come giustamente sollevato dalla Commissione (v., in tal senso e per analogia, sentenze dell’8 settembre 2011, Paint Graphos e a., da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 54, e del 20 settembre 2019, Port autonome du Centre et de l’Ouest e a./Commissione, T‑673/17, non pubblicata, EU:T:2019:643, punto 178).

164    Alla luce di detto obiettivo, la situazione di fatto e di diritto delle AdSP, nei limiti in cui svolgono attività economiche, è paragonabile, se non identica, a quella degli altri enti soggetti all’IRES, e non a quella dello Stato e a quella degli organismi pubblici nell’esercizio di prerogative dei pubblici poteri. In tal senso, non vi è alcuna differenza tra le attività economiche delle AdSP e quelle degli altri enti soggetti all’IRES. Si deve quindi constatare che, esentando dall’IRES i redditi delle AdSP, compresi quelli derivanti da attività economiche, l’articolo 74 TUIR, così come interpretato e applicato dall’amministrazione fiscale italiana, deroga al sistema di riferimento a beneficio delle AdSP.

165    Inoltre, è necessario di nuovo constatare che l’argomentazione delle ricorrenti, vertente sull’assenza di una deroga al sistema di riferimento, si fonda in sostanza sull’erronea premessa che le AdSP non svolgano alcuna attività economica. Orbene, come già rilevato ai precedenti punti 95 e 111, tale premessa dev’essere respinta. Inoltre, come risulta dai precedenti punti 163 e 164, nell’ipotesi in cui una o più attività delle AdSP fossero qualificate come attività economiche, i redditi derivanti da dette attività dovrebbero essere soggetti all’IRES.

166    Alla luce di quanto precede, si deve respingere la terza parte del terzo motivo.

 Sulla quarta parte, vertente sulla giustificazione della deroga in base alla natura o alla struttura del sistema di riferimento

167    Le ricorrenti sostengono che la decisione impugnata sarebbe errata nella parte in cui ha concluso che l’esenzione dall’IRES non può essere giustificata in base alla struttura e alla natura del sistema fiscale. Infatti, detta esenzione sarebbe giustificata in quanto deriverebbe direttamente dai principi informatori o basilari del sistema di riferimento, quali il principio secondo cui lo Stato non paga tasse, il principio in base al quale non si pagano tasse sulle tasse e il principio secondo cui gli enti gestori del demanio collettivo non sono soggetti all’IRES.

168    La Commissione contesta tali argomenti.

169    Al riguardo, occorre ricordare in via preliminare che una misura che deroga al sistema di riferimento può essere giustificata dalla natura o dalla struttura generale di tale sistema, circostanza questa che priverebbe la misura del suo carattere selettivo. Ciò si verifica quando una misura discende direttamente dai principi informatori o basilari intrinseci del sistema di riferimento o quando risulta da meccanismi inerenti al sistema necessari per il suo funzionamento e la sua efficacia (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2011, Paint Graphos e a., da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 69).

170    Come correttamente dedotto dalla Commissione, spetta allo Stato membro, e se del caso alle parti interessate, dimostrare che la deroga al sistema di riferimento è effettivamente giustificata dalla natura o dalla struttura generale di detto sistema (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito, C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 146).

171    Orbene, come rilevato dalla Commissione, né le autorità italiane né le parti interessate hanno presentato argomenti in tal senso durante il procedimento amministrativo, circostanza questa che, peraltro, non è stata contestata né dalle AdSP né dall’interveniente. La mancanza di tali argomenti è sufficiente per concludere che la misura in questione non è giustificata dalla natura e dalla struttura del sistema di riferimento. Pertanto, l’affermazione delle AdSPs secondo la quale, in sostanza, la Commissione avrebbe dovuto dimostrare l’assenza di una giustificazione non tiene in considerazione della giurisprudenza costante su tale punto (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 29 aprile 2004, Paesi Bassi/Commissione, C‑159/01, EU:C:2004:246, punto 43, e del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione, C‑88/03, EU:C:2006:511, punto 103).

172    Vero è che le AdSP hanno sostenuto che l’esenzione prevista dall’articolo 74 TUIR deriverebbe dai principi generali del diritto tributario italiano, ossia il principio secondo cui lo Stato non paga tasse, il principio in base al quale non si pagano tasse sulle tasse e il principio secondo cui gli enti gestori del demanio collettivo non sono soggetti all’IRES.

173    Orbene, si deve constatare che ciò si basa di nuovo sull’erronea premessa che le AdSP svolgano solo attività di natura non economica. Come già rilevato ai precedenti punti 85, 86, 107 e 111, tale premessa dev’essere tuttavia respinta.

174    Alla luce di quanto precede, la quarta parte del terzo motivo dev’essere respinta.

 Sulla quinta parte, vertente sull’irrilevanza delle decisioni anteriormente adottate in relazione ai porti belgi, francesi e olandesi

175    Le ricorrenti evidenziano le differenze tra il sistema dell’IRES previsto dal TUIR, da un lato, e i sistemi fiscali in questione nelle decisioni anteriormente adottate in relazione ai porti belgi, francesi e olandesi, dall’altro.

176    La Commissione contesta tali argomenti.

177    Si deve constatare che l’analisi della Commissione relativa al carattere selettivo dell’esenzione dall’IRES, enunciato ai punti da 158 a 174 della decisione impugnata, non si basa sulle decisioni anteriormente adottate in relazione ai porti belgi, francesi e olandesi. Di conseguenza, le eventuali differenze tra i casi che hanno portato a tali decisioni e il presente caso non hanno alcuna incidenza sulla legittimità di tali analisi della Commissione.

178    Da ciò risulta che occorre respingere la quinta parte e, di conseguenza, il terzo motivo nella sua interezza.

 Sul quarto motivo, vertente su un errore nella valutazione delle condizioni relative alla distorsione della concorrenza e allincidenza sugli scambi tra Stati membri nonché sullinsufficienza di motivazione

179    Le ricorrenti e l’interveniente sostengono che la decisione sarebbe errata nella parte in cui conclude che l’esenzione dall’IRES comporta una distorsione della concorrenza e incide sugli scambi tra Stati membri.

180    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che la decisione impugnata sarebbe viziata da un’insufficienza di motivazione, in quanto la Commissione avrebbe semplicemente presunto che la misura in questione falsasse la concorrenza e incidesse sugli scambi tra gli Stati membri, senza tuttavia dimostrare l’esistenza di questi due elementi.

181    In secondo luogo, le ricorrenti e l’interveniente affermano che, atteso che l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE si applica solo ai settori aperti alla concorrenza, esso non sarebbe applicabile al settore portuale italiano, che è chiuso alla concorrenza e non liberalizzato.

182    In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione sarebbe incorsa in un errore di valutazione dichiarando che le imprese che intendessero stabilirsi in prossimità di un porto potevano farlo anche all’esterno del porto, in un territorio che non fosse né di proprietà né gestito da un’AdSP, di modo che le AdSP sarebbero in concorrenza con altri operatori che affittano terreni al di fuori dei porti. Secondo le ricorrenti e l’interveniente, tutto il territorio costiero italiano che possa accogliere attività portuali apparterrebbe al demanio dello Stato, sicché ogni impresa che intenda esercitare siffatta attività sarebbe soggetta all’autorità delle AdSP.

183    In quarto luogo, le ricorrenti sostengono che la decisione non terrebbe conto della giurisprudenza secondo la quale, in mancanza di una politica fiscale armonizzata a livello dell’Unione, la Commissione non sarebbe autorizzata a procedere a un esame comparativo delle norme fiscali in vigore nei vari Stati membri. Pertanto, l’esistenza di una distorsione potenziale della concorrenza dovrebbe essere esaminata a livello nazionale e senza tener conto delle condizioni esistenti in altri Stati membri.

184    In quinto luogo, la decisione impugnata sarebbe inficiata da uno sviamento di potere e da un vizio di incompetenza e violerebbe gli articoli 107, 116 e 117 TFUE in quanto, nella misura in cui la Commissione intende condannare le distorsioni derivanti dalle disparità esistenti tra le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri, essa sarebbe dovuta intervenire sulla base degli articoli 116 e 117 TFUE e non in forza delle norme in materia di aiuti di Stato.

185    La Commissione contesta tali argomenti.

186    Al riguardo, in primo luogo, occorre respingere la censura vertente su una violazione dell’articolo 296 TFUE per difetto di motivazione della decisione impugnata, per quanto riguarda l’incidenza sugli scambi tra Stati membri e la distorsione della concorrenza ai sensi dell’articolo 107 TFUE.

187    Infatti, come giustamente rilevato dalla Commissione, è necessario constatare che la decisione impugnata è sufficientemente motivata, avendo la Commissione dedicato i punti da 139 a 157 all’incidenza sugli scambi tra Stati membri e alla distorsione della concorrenza. Inoltre, dall’esame delle diverse censure risulta che la decisione impugnata ha consentito alle ricorrenti di conoscere le giustificazioni della misura adottata al riguardo e al Tribunale di esercitare il suo controllo.

188    Pertanto, l’argomento delle ricorrenti vertente su una violazione dell’articolo 296 TFUE dev’essere respinto.

189    In secondo luogo, occorre esaminare l’argomento delle ricorrenti e dell’interveniente secondo cui, in sostanza, la Commissione non avrebbe tenuto conto del fatto che il settore portuale italiano era caratterizzato da un’assenza di liberalizzazione causata dall’esistenza di un monopolio legale in ogni porto italiano.

190    Al riguardo va rilevato che, come dichiarato al precedente punto 93, esiste una concorrenza tra alcuni porti italiani e alcuni porti di altri Stati membri, poiché gli operatori di servizi portuali possono scegliere tra diversi porti per raggiungere lo stesso entroterra. In aggiunta, come affermato al precedente punto 94, le AdSP sono in concorrenza per attirare concessionari che possano sfruttare le aree demaniali nei porti che esse gestiscono.

191    L’esistenza di detta concorrenza potenziale è sufficiente per concludere che l’esenzione dall’IRES può falsare la concorrenza e incidere sugli scambi tra Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 14 gennaio 2015, Eventech, C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 65).

192    In terzo luogo, per quanto riguarda in particolare l’esistenza di una concorrenza tra le AdSP e taluni operatori che affittano terreni al di fuori dei porti va constatato che, indubbiamente, il contesto geografico e territoriale attorno ai porti interessati non sembra consentire a terzi di gestire terreni in concorrenza con le AdSP, circostanza questa che, del resto, non è contestata dalla Commissione.

193    Tale constatazione non è tuttavia sufficiente a rimettere in discussione la conclusione della Commissione secondo la quale l’esenzione dall’IRES può incidere sugli scambi tra Stati membri e falsare la concorrenza.

194    Infatti, gli altri motivi elencati al riguardo nella decisione impugnata, in particolare, come ricordato nei precedenti punti da 92 a 94, l’esistenza di un certo grado di concorrenza a cui i porti italiani sono esposti, sono sufficienti a suffragare detta conclusione della Commissione. Di conseguenza, tale argomento è inoperante.

195    In quarto luogo, contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, l’assenza di un’armonizzazione in materia di fiscalità diretta non implica che la potenziale distorsione della concorrenza debba essere esaminata solo sul piano nazionale. Infatti, mentre il requisito relativo alla selettività, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, può essere valutato unicamente al livello di un solo Stato membro e risulta soltanto da un’analisi della differenza di trattamento tra le sole imprese o produzioni di detto Stato membro, la valutazione del requisito relativo alla distorsione della concorrenza, ai sensi del medesimo paragrafo di tale articolo, non si limita necessariamente alle imprese o alle produzioni dello Stato membro interessato poiché, per rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 107 TFUE, una misura di aiuto deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza incidendo sugli scambi tra Stati membri (v., in tal senso e per analogia, sentenza dell’11 novembre 2004, Spagna/Commissione, C‑73/03, non pubblicata, EU:C:2004:711, punti 28 e 29).

196    Inoltre, nel caso di un regime di aiuti di Stato, quale l’esenzione dall’IRES, la Commissione può limitarsi a un esame delle caratteristiche di detto regime per valutare se quest’ultimo sia tale da falsare la concorrenza avvantaggiando essenzialmente imprese che partecipano agli scambi tra gli Stati membri (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 14 ottobre 1987, Germania/Commissione, 248/84, EU:C:1987:437, punto 18). Poiché il settore portuale è caratterizzato da scambi transfrontalieri, la Commissione ha potuto giustamente constatare che l’esenzione dall’IRES poteva falsare la concorrenza tra alcuni porti italiani e alcuni porti di altri Stati membri.

197    Infine, occorre respingere gli argomenti delle ricorrenti vertenti su uno sviamento di potere, che sono irrilevanti alla luce delle circostanze del caso di specie, come rilevato ai precedenti punti da 56 a 58. Per le medesime ragioni, gli argomenti delle ricorrenti relativi al vizio di incompetenza devono essere respinti.

198    Pertanto, occorre respingere il quarto motivo.

 Conclusione

199    Sebbene il dispositivo della decisione impugnata sia redatto in termini generali, qualificando l’esenzione dall’IRES come un regime di aiuti di Stato esistente incompatibile con il mercato interno e ordinando alla Repubblica italiana di sopprimere tale esenzione, dai punti di detta decisione, alla luce dei quali il suo dispositivo deve essere interpretato, (v., in tal senso, sentenza del 30 novembre 2011, Quinn Barlo e a./Commissione, T‑208/06, EU:T:2011:701, punto 131), deriva che quest’ultimo riguarda soltanto le attività economiche esercitate dalle AdSP.

200    Come affermato ai precedenti punti 118 e 119, la Commissione non ha dimostrato, in modo giuridicamente adeguato, che il rilascio delle autorizzazioni per le operazioni portuali costituisse un’attività economica. Alla luce della natura separabile delle attività delle AdSP qualificate come economiche nella decisione impugnata e al fine di garantire la certezza del diritto nell’esecuzione di detta decisione da parte della Repubblica italiana, si deve annullare la decisione impugnata nella parte in cui essa qualifica come attività economica il rilascio di autorizzazioni per le operazioni portuali (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 24 ottobre 2002, Aéroports de Paris/Commissione, C‑82/01 P, EU:C:2002:617, punto 77, e del 30 settembre 2003, Germania/Commissione, C‑239/01, EU:C:2003:514, punto 33). Per il resto, il ricorso dev’essere respinto.

 Sulle spese

201    Come illustrato al precedente punto 200, la decisione impugnata deve essere annullata nella parte in cui qualifica come attività economica una delle tre attività svolte dalle AdSP, ossia il rilascio di autorizzazioni per le operazioni portuali.

202    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, se ciò appare giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte. Inoltre, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può decidere che un interveniente, diverso da quelli indicati nei paragrafi 1 e 2, si faccia carico delle proprie spese.

203    Orbene, va notato che tanto le ricorrenti, sostenute dall’interveniente, quanto la Commissione sono rimaste soccombenti per una parte delle loro conclusioni e che la decisione impugnata è stata parzialmente annullata.

204    Inoltre, nella controreplica, la Commissione informa il Tribunale della pubblicazione del controricorso sul sito Internet «Shipping Italy». Al riguardo, la Commissione sostiene che la suddetta pubblicazione costituisce un uso inappropriato degli atti di causa da parte delle ricorrenti, che dovrebbe avere un’incidenza sulle spese in forza dell’articolo 135, paragrafo 2, del regolamento di procedura, il quale precisa che il Tribunale può condannare una parte, anche vittoriosa, parzialmente o totalmente alle spese, se ciò appare giustificato a causa del suo comportamento.

205    Tuttavia, la Commissione non ha prodotto prove che dimostrino che le ricorrenti sarebbero all’origine della pubblicazione su Internet del controricorso. Per tale ragione non è stato possibile determinare con certezza la fonte della fuga di notizie di tale documento. Di conseguenza, benché un siffatto incidente sia deplorevole, in mancanza di prove a sostegno delle affermazioni della Commissione, la domanda di quest’ultima non può essere accolta.

206    Alla luce di quanto precede, ciascuna parte deve essere condannata a farsi carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione (UE) 2021/1757 della Commissione, del 4 dicembre 2020, relativa al regime di aiuti SA.38399 – 2019/C (ex 2018/E) cui l’Italia ha dato esecuzione – Tassazione dei porti in Italia, è annullata nella parte in cui essa qualifica il rilascio di autorizzazioni per le operazioni portuali come attività economica.

2)      Per il resto, il ricorso è respinto.

3)      L’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale e le altre ricorrenti i cui nomi figurano in allegato, l’Associazione Porti Italiani (Assoporti) e la Commissione europea si faranno carico ciascuna delle proprie spese.

Papasavvas

Porchia

Madise

Nihoul

 

Verschuur

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 dicembre 2023.

Il cancelliere

 

Il presidente

V. Di Bucci

 

M. van der Woude


*      Lingua processuale: l’italiano.


1       L’elenco delle altre ricorrenti è allegato unicamente alla versione notificata alle parti.