Language of document : ECLI:EU:C:2024:32

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate l’11 gennaio 2024 (1)

Cause C725/20 P, C198/21 P e C391/21 P

Maria Teresa Coppo Gavazzi

e altri (C725/20 P)

Giacomo Santini

e altri (C198/21 P)

Enrico Falqui (C391/21 P)

contro

Parlamento europeo

«Impugnazione – Diritto istituzionale – Statuto unico del deputato europeo – Deputati europei eletti in Italia – Adozione, da parte dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati (Italia), della deliberazione n. 14/2018 in materia di trattamenti pensionistici – Modifica dell’importo delle pensioni dei deputati nazionali – Corrispondente modifica, da parte del Parlamento europeo, dell’importo delle pensioni di taluni ex deputati europei eletti in Italia – Sostituzione delle decisioni controverse del Parlamento europeo nel corso del procedimento dinanzi alla Corte – Venir meno dell’oggetto della controversia e dell’interesse ad agire dei ricorrenti»






Indice


I. Introduzione

II. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione

B. Diritto italiano

III. Fatti

A. Rideterminazione delle pensioni di anzianità e rispettivamente di reversibilità dei ricorrenti da parte del Parlamento

B. Procedimento dinanzi al Tribunale

IV. Procedimento dinanzi alla Corte, conclusioni delle parti e ulteriori sviluppi successivamente alla conclusione della fase scritta del procedimento

V. Analisi

A. Questione della persistenza dell’oggetto della controversia e dell’interesse ad agire nonostante la sostituzione delle decisioni controverse

B. Sulle impugnazioni

1. Sulla base giuridica per l’adozione delle decisioni controverse e sulla distinzione tra l’an e il quantum del diritto

2. Sulla compatibilità dell’attuazione della deliberazione n. 14/2018 da parte del Parlamento con norme e principi di rango superiore del diritto dell’Unione

a) Sui principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, nonché sul diritto di proprietà

b) Sulla proporzionalità

3. Sulla competenza dell’autore delle decisioni controverse

4. Sulla motivazione delle decisioni controverse

5. Sul ricorso di primo grado della sig.ra Panusa

6. Conclusione intermedia

C. Sui ricorsi dinanzi al Tribunale

D. Conclusione intermedia

VI. Sulle spese

A. Sulle spese dei procedimenti di impugnazione

B. Sulle spese dei procedimenti di primo grado

VII. Conclusione


I.      Introduzione

1.        Prima della creazione di un regime pensionistico uniforme per i deputati del Parlamento europeo, essi, qualora il loro regime nazionale non prevedesse il pensionamento o il livello e/o le modalità della pensione prevista non coincidessero esattamente con quelli applicabili ai deputati al parlamento nazionale del loro Stato membro, potevano ricevere una pensione di cessata attività a carico del bilancio dell’Unione, il cui importo e le cui modalità corrispondevano esattamente a quelle della pensione di cessata attività percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento del loro Stato membro.

2.        Alla base delle presenti impugnazioni vi è la situazione di ex deputati del Parlamento eletti in Italia e rispettivamente dei loro superstiti, le cui pensioni di anzianità e rispettivamente di reversibilità (in prosieguo: le «pensioni») sono collegate, ai sensi di tale regola, denominata dal Tribunale «regola di pensione identica», all’importo e alle modalità della pensione degli ex deputati italiani.

3.        I presenti procedimenti di impugnazione vertono sulla questione di stabilire se il Parlamento, in applicazione di siffatta «regola di pensione identica», abbia a ragione ridotto le pensioni dei ricorrenti, che gli stessi già percepivano, dopo che l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati italiana aveva disposto, da parte sua, la riduzione delle pensioni degli ex deputati italiani.

4.        Accanto alla questione se il Tribunale abbia giustamente respinto i ricorsi dei ricorrenti avverso le corrispondenti decisioni del Parlamento, si pone la questione di stabilire se i presenti procedimenti conservino il loro oggetto e i ricorrenti il loro interesse ad agire. Le decisioni controverse del Parlamento, infatti, sono state nel frattempo sostituite da nuove decisioni a seguito di una nuova modifica della normativa italiana.

5.        Dall’esame delle presenti impugnazioni emergerà che queste due questioni sono indissolubilmente connesse. Gli errori di diritto fatti valere dai ricorrenti, infatti, risultano determinanti sia per la legittimità delle sentenze impugnate e delle decisioni controverse, sia per la questione del venire meno dell’oggetto dei presenti procedimenti.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

6.        La regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento europeo (in prosieguo: la «regolamentazione SID»), nella sua versione in vigore fino al 14 luglio 2009 (2), prevedeva al suo allegato III, in particolare, quanto segue:

«Articolo 1

1. Tutti i deputati al Parlamento europeo hanno diritto ad una pensione di cessata attività.

2. In attesa dell’istituzione di un regime pensionistico comunitario definitivo per tutti i deputati al Parlamento europeo e qualora il regime nazionale non preveda il pensionamento o il livello e/o le modalità della pensione prevista non coincidano esattamente con quelli applicabili ai deputati al parlamento nazionale dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo, può essere erogata, su richiesta del deputato interessato, una pensione provvisoria di cessata attività a carico del bilancio dell’Unione europea, sezione Parlamento.

Articolo 2

1. L’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo.

2. Il deputato che beneficia delle disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 2, è tenuto, aderendo al presente regime, a versare al bilancio dell’Unione europea un contributo calcolato in modo da corrispondere complessivamente a quello pagato da un Membro della Camera Bassa dello Stato membro in cui è stato eletto.

Articolo 3

1. La richiesta di adesione al presente regime pensionistico provvisorio deve essere presentata entro dodici mesi dall’inizio del mandato dell’interessato.

Dopo tale termine, la data a partire dalla quale l’adesione al regime pensionistico ha effetto è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda.

2. La richiesta di liquidazione della pensione deve essere presentata entro sei mesi dalla maturazione di tale diritto.

Dopo tale termine, la data a partire dalla quale ha effetto la prestazione pensionistica è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda.

(…)».

7.        Lo statuto dei deputati del Parlamento europeo è stato adottato con decisione 2005/684/CE, Euratom, del Parlamento del 28 settembre 2005, che adotta lo statuto dei deputati del Parlamento europeo (in prosieguo: lo «statuto dei deputati») (3), ed è entrato in vigore il 14 luglio 2009, primo giorno della settima legislatura.

8.        Con decisioni del 19 maggio e del 9 luglio 2008, l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha adottato le misure di attuazione dello statuto dei deputati (4). In virtù del suo articolo 73, le misure di attuazione dello statuto dei deputati sono entrate in vigore il giorno dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati, ossia il 14 luglio 2009.

9.        L’articolo 74 delle misure di attuazione dello statuto dei deputati precisa che, fatte salve le disposizioni transitorie previste al titolo IV, e in particolare dell’articolo 75, la regolamentazione SID scade il giorno dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati.

10.      L’articolo 75 delle misure di attuazione dello statuto dei deputati, relativo in particolare alle pensioni, così dispone nella sua versione modificata con decisione dell’Ufficio di Presidenza del Parlamento europeo del 13 dicembre 2010 recante modifica delle misure di attuazione dello statuto dei deputati (5):

«1. La pensione di reversibilità, la pensione di invalidità e la pensione di invalidità supplementare concessa ai figli a carico e la pensione di anzianità concessa in virtù degli allegati I, II e III della regolamentazione SID continuano a essere versate in applicazione di detti allegati ai titolari che beneficiavano delle prestazioni prima dell’entrata in vigore dello statuto.

Qualora l’ex deputato che beneficia della pensione d’invalidità deceda dopo il 14 luglio 2009, la pensione di reversibilità è versata al suo coniuge, membro stabile di un’unione di fatto o figli a carico, alle condizioni stabilite all’allegato I della regolamentazione SID.

2. I diritti alla pensione di anzianità maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto in applicazione dell’allegato III succitato restano acquisiti. I titolari che hanno maturato diritti in detto regime previdenziale beneficiano di una pensione calcolata sulla base dei diritti da loro acquisiti in applicazione dell’allegato III succitato purché soddisfino le condizioni previste a tal fine dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato e abbiano presentato la domanda di cui all’articolo 3, paragrafo 2, dell’allegato III succitato».

11.      Ai sensi del considerando 7 delle disposizioni di attuazione dello statuto dei deputati, occorre «provvedere a che nelle disposizioni transitorie i beneficiari di talune prestazioni concesse sulla base della regolamentazione SID possano continuare a goderne dopo l’abrogazione di detta regolamentazione, in conformità del principio del legittimo affidamento. Occorre altresì garantire il rispetto dei diritti alla pensione acquisiti sulla base della regolamentazione SID prima dell’entrata in vigore dello statuto (…)».

B.      Diritto italiano

12.      Il 12 luglio 2018, l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati (Italia) ha adottato la deliberazione n. 14/2018, avente ad oggetto una nuova fissazione dell’importo degli assegni vitalizi e della parte di assegno vitalizio pro rata, nonché delle prestazioni di reversibilità, relative agli anni di mandato svolti fino al 31 dicembre 2011 (in prosieguo: la «deliberazione n. 14/2018»).

13.      L’articolo 1 della deliberazione n. 14/2018 così dispone:

«1. A decorrere dal 1° gennaio 2019 gli importi degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, maturati, sulla base della normativa vigente, alla data del 31 dicembre 2011, sono rideterminati secondo le modalità previste dalla presente deliberazione.

2. La rideterminazione di cui al comma 1 è effettuata moltiplicando il montante contributivo individuale per il coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica del deputato alla data della decorrenza dell’assegno vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata.

3. Si applicano i coefficienti di trasformazione di cui alla tabella 1 allegata alla presente deliberazione.

4. L’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione, non può comunque superare l’importo dell’assegno vitalizio, diretto o di reversibilità, o della quota di assegno vitalizio del trattamento previdenziale pro rata, diretto o di reversibilità, previsto per ciascun deputato dal Regolamento in vigore alla data dell’inizio del mandato parlamentare.

5. L’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione non può comunque essere inferiore all’importo determinato moltiplicando il montante contributivo individuale maturato da un deputato che abbia svolto il mandato parlamentare nella sola XVII legislatura, rivalutato ai sensi del successivo articolo 2, per il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età anagrafica di 65 anni vigente alla data del 31 dicembre 2018.

6. Nel caso in cui, a seguito della rideterminazione operata ai sensi della presente deliberazione, l’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità rideterminati, risulti ridotto in misura superiore al 50 per cento rispetto all’importo dell’assegno vitalizio, diretto o di reversibilità, o della quota di assegno vitalizio del trattamento previdenziale pro rata, diretto o di reversibilità, previsto per ciascun deputato dal Regolamento in vigore alla data dell’inizio del mandato parlamentare, l’ammontare minimo determinato ai sensi del comma 5 è aumentato della metà.

7. L’Ufficio di Presidenza, su proposta del Collegio dei deputati Questori, può incrementare fino a un massimo del 50 per cento l’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e le quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione, in favore di coloro che ne facciano domanda e per i quali ricorrano i seguenti presupposti:

a) non percepiscano altri redditi annui di ammontare superiore alla misura annua dell’assegno sociale, ad esclusione di quelli eventualmente derivanti a qualsiasi titolo dall’immobile destinato ad abitazione principale;

b) siano affetti da patologie gravi che richiedano la somministrazione di terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione prodotta da strutture sanitarie pubbliche, ovvero, alternativamente, siano affetti da stati patologici sottesi a situazioni di invalidità riconosciuta dalle autorità competenti, in misura pari al 100 per cento.

8. La documentazione comprovante il ricorrere dei presupposti di cui al comma 7 deve essere prodotta a cura del richiedente all’atto dell’istanza e, successivamente, entro il 31 dicembre di ciascun anno».

III. Fatti

A.      Rideterminazione delle pensioni di anzianità e rispettivamente di reversibilità dei ricorrenti da parte del Parlamento

14.      Tutti i ricorrenti sono o ex membri del Parlamento eletti in Italia, o loro superstiti che percepiscono pensioni sulla base degli articoli 1 e 2 dell’Allegato III della regolamentazione SID in combinato disposto con l’articolo 75 delle misure di attuazione dello statuto dei deputati.

15.      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, l’ammontare di siffatte pensioni viene calcolato facendo riferimento alle modalità di calcolo delle pensioni degli ex deputati italiani. Siffatta disposizione prevede che «l’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo».

16.      Stando a quanto affermato dal Parlamento nel procedimento dinanzi al Tribunale, l’ammontare delle pensioni dei deputati italiani è stato calcolato, fino al 2012, sulla base della durata e non dell’importo dei contributi. A partire dal 1° gennaio 2012, siffatto sistema è stato modificato a favore di un sistema di calcolo contributivo. Tuttavia, poiché tale modifica riguardava unicamente diritti a pensione maturati dopo il 1° gennaio 2012, essa non esplicava effetti sulla situazione degli ex membri italiani del Parlamento. Infatti, poiché la regolamentazione SID era stata abrogata con l’entrata in vigore dello statuto dei deputati il 14 luglio 2009, successivamente a tale data non era più possibile maturare diritti a pensione sulla base del suo allegato III.

17.      Come fatto inoltre valere dal Parlamento nel procedimento dinanzi al Tribunale, l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati italiana, con l’adozione della deliberazione n. 14/2018, decideva tuttavia di rideterminare sulla base di un sistema di calcolo contributivo anche l’ammontare delle pensioni degli ex deputati italiani in relazione al periodo antecedente il 31 dicembre 2011. Su tale base, l’autorità competente italiana ha ridotto in maniera significativa le pensioni di numerosi ex deputati italiani a partire dal 1° gennaio 2019.

18.      Il 16 ottobre 2018, l’Ufficio di Presidenza del Senato (Italia), con la deliberazione n. 6/2018, adottava una nuova disciplina simile.

19.      In conseguenza a ciò, numerosi interessati impugnavano la deliberazione n. 14/2018 dinanzi al Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati (Italia) e la deliberazione n. 6/2018 dinanzi all’organo competente del Senato italiano.

20.      I ricorrenti nelle cause C‑198/21 P e C‑391/21 P nonché una parte dei ricorrenti nella causa C‑725/20 P percepivano le loro pensioni già prima dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati il 14 luglio 2009; alcuni altri ricorrenti nella causa C‑725/20 P percepivano le loro pensioni solo a partire da un momento successivo alla sua entrata in vigore. Tutte le pensioni cui le presenti impugnazioni si riferiscono venivano tuttavia già percepite dai loro aventi diritto al momento dell’adozione della deliberazione n. 14/2018 da parte dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati italiana.

21.      Con una nota inserita sui cedolini di pensione del mese di gennaio 2019, il Parlamento informava i ricorrenti del fatto che l’importo della pensione loro erogata sarebbe stato esaminato in esecuzione delle deliberazioni adottate poco prima dagli Uffici di Presidenza della Camera dei deputati e del Senato italiani, e che detto ricalcolo avrebbe potuto eventualmente comportare un recupero delle somme indebitamente versate.

22.      Con una nota non datata del capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della Direzione generale (DG) delle finanze del Parlamento, allegata ai cedolini di pensione dei ricorrenti del mese di febbraio 2019, il Parlamento informava i ricorrenti del fatto che il suo servizio giuridico aveva confermato l’applicabilità automatica della deliberazione n. 14/2018 alla loro situazione. Tale nota aggiungeva che, non appena ricevute dalla Camera dei deputati (Italia) le informazioni necessarie, il Parlamento avrebbe provveduto a comunicare ai ricorrenti la nuova liquidazione dei loro diritti pensionistici e a recuperare l’eventuale differenza sulle successive 12 mensilità. Infine, i ricorrenti venivano informati del fatto che la liquidazione definitiva dei loro diritti pensionistici sarebbe stata fissata con atto formale contro il quale sarebbe stato possibile proporre un ricorso a norma dell’articolo 72 delle misure di attuazione dello statuto dei deputati o un ricorso di annullamento a norma dell’articolo 263 TFUE.

23.      Con note dell’aprile 2019, il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle finanze del Parlamento ha informato i ricorrenti che, come preannunciato nella sua nota del febbraio 2019, l’ammontare della loro pensione sarebbe stato adattato, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, in combinato disposto con l’articolo 75 delle misure di attuazione dello statuto dei deputati, ai sensi della deliberazione n. 14/2018. Tali note precisavano altresì che l’importo delle pensioni dei ricorrenti sarebbe stato adattato a partire dal mese di aprile 2019 (e con effetto retroattivo al 1° gennaio 2019) in applicazione dei progetti di fissazione dei nuovi diritti a pensione trasmessi in allegato a tali lettere (in prosieguo: la «prima rideterminazione»). Infine, le stesse note concedevano ai ricorrenti un termine di 30 giorni, a decorrere dalla loro ricezione, per far valere le loro osservazioni. In mancanza di tali osservazioni, gli effetti di tali note sarebbero stati considerati definitivi e avrebbero comportato, in particolare, la ripetizione degli importi indebitamente percepiti per i mesi da gennaio a marzo 2019.

24.      Il 23 maggio 2019, il sig. Falqui, ricorrente nella causa C‑391/21 P, trasmetteva le proprie osservazioni al Parlamento. Con lettera dell’8 luglio 2019, il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle finanze del Parlamento, comunicava al sig. Falqui che le sue osservazioni non comportavano una modifica della posizione del Parlamento, e che la rideterminazione della sua pensione di cui alla nota dell’aprile del 2019 sarebbe dunque divenuta definitiva.

B.      Procedimento dinanzi al Tribunale

25.      I ricorrenti hanno presentato alcuni ricorsi dinanzi al Tribunale e hanno chiesto, in particolare, di dichiarare inesistenti o annullare le note menzionate al paragrafo 23 delle presenti conclusioni e rispettivamente, per quanto riguarda il sig. Falqui, la lettera del Parlamento menzionata al paragrafo 24 delle presenti conclusioni (in prosieguo: le «decisioni controverse»).

26.      Il Parlamento ha chiesto, in particolare, di respingere i ricorsi in quanto in parte irricevibili e in parte infondati.

27.      Inoltre, il Parlamento ha chiesto al Tribunale di sospendere le cause fino alla decisione sulla validità della deliberazione n. 14/2018 da parte del Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati.

28.      Il Tribunale non ha accolto siffatta richiesta, ha respinto i ricorsi con sentenze del 15 ottobre 2020, Coppo Gavazzi e a./Parlamento (da T‑389/19 a T‑394/19, T‑397/19, T‑398/19, T‑403/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, da T‑409/19 a T‑414/19, da T‑416/19 a T‑418/19, da T‑420/19 a T‑422/19, da T‑425/19 a T‑427/19, da T‑429/19 a T‑432/19, T‑435/19, T‑436/19, da T‑438/19 a T‑442/19, da T‑444/19 a T‑446/19, T‑448/19, da T‑450/19 a T‑454/19, T‑463/19 e T‑465/19, EU:T:2020:494) (in prosieguo: la «sentenza Coppo Gavazzi»), del 10 febbraio 2021, Santini e a./Parlamento (T‑345/19, T‑346/19, da T‑364/19 a T‑366/19, da T‑372/19 a T‑375/19 e T‑385/19, EU:T:2021:78) (in prosieguo: la «sentenza Santini»), e del 5 maggio 2021, Falqui/Parlamento (T‑695/19, EU:T:2021:242) (in prosieguo: la «sentenza Falqui») (in prosieguo, congiuntamente: le «sentenze impugnate»), e ha condannato i ricorrenti in primo grado alle spese.

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte, conclusioni delle parti e ulteriori sviluppi successivamente alla conclusione della fase scritta del procedimento

29.      Con atti del 28 dicembre 2020 (causa C‑725/20 P), del 29 marzo 2021 (causa C‑198/21 P) e del 24 giugno 2021 (causa C‑391/21 P), i ricorrenti hanno proposto impugnazione avverso le sentenze impugnate.

30.      I 34 ricorrenti nella causa C‑725/20 P, elencati nell’allegato alle presenti conclusioni(6), contestano la sentenza Coppo Gavazzi, nella parte in cui tale sentenza rispettivamente li riguarda. Siffatta sentenza è stata pronunciata in 49 cause riunite: per quanto riguarda le 15 cause non menzionate in allegato, essa non è oggetto del presente procedimento di impugnazione.

31.      I ricorrenti nella causa C‑725/20 P chiedono che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza Coppo Gavazzi;

–        rinviare la causa T‑453/19, Panusa/Parlamento, dinanzi al Tribunale per l’esame del merito;

–        annullare le decisioni controverse relative agli altri ricorrenti;

–        condannare il Parlamento alle spese relative ai due gradi di giudizio.

32.      I ricorrenti nella causa C‑198/21 P chiedono che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza Santini;

–        annullare di conseguenza tutti gli atti, le comunicazioni e/o le decisioni controversi e accogliere le domande formulate in primo grado;

–        condannare il Parlamento alle spese relative ai due gradi di giudizio.

33.      Il ricorrente nella causa C‑391/21 P chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza Falqui e, per l’effetto, la decisione controversa (e, ove occorra, il progetto di decisione e il parere del servizio giuridico su cui la decisione si fonda), con conseguente obbligo del Parlamento di restituire le somme indebitamente trattenute dalla sua pensione, e condannare il Parlamento alle spese dei due gradi di giudizio.

34.      Il Parlamento chiede in tutte e tre le cause il rigetto dell’impugnazione e la condanna dei ricorrenti alle spese.

35.      Dopo la conclusione della fase scritta dei presenti procedimenti di impugnazione, le parti hanno sottoposto alla Corte documenti concernenti l’ulteriore sviluppo dei procedimenti intesi alla rideterminazione delle pensioni degli ex deputati e rispettivamente dei loro superstiti a livello italiano nonché a livello del Parlamento.

36.      Si tratta al riguardo, anzitutto, delle decisioni degli organi della Camera dei deputati italiana e del Senato italiano, dinanzi ai quali erano state impugnate le deliberazioni n. 14/2018 e n. 6/2018 (v. supra, paragrafo 19), e segnatamente la sentenza n. 4/2021 del Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati del 23 dicembre 2021 nonché la sentenza n. 253/2021 del Consiglio di Garanzia del Senato (Italia) del 12 gennaio 2022.

37.      Nella sua sentenza non definitiva n. 4/2021 del 23 dicembre 2021, il Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati ha dichiarato parzialmente illegittima la deliberazione n. 14/2018. Siffatta dichiarazione di illegittimità parziale riguardava determinate modalità di rideterminazione delle pensioni degli interessati. Per contro, la decisione è stata riservata in relazione ad altre questioni di diritto sollevate dai ricorrenti.

38.      Inoltre, le parti hanno informato la Corte in merito alla deliberazione n. 150/2022 dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati italiana del 3 marzo 2022, con la quale le pensioni degli ex deputati italiani interessati dalla deliberazione n. 14/2018 sono state ricalcolate ancora una volta, con effetto retroattivo a decorrere dal 1° gennaio 2019, a seguito della sentenza n. 4/2021.

39.      Infine, le parti hanno comunicato alla Corte che il Parlamento aveva parimenti proceduto a ricalcolare ancora una volta le pensioni dei ricorrenti, con effetto retroattivo, a seguito della deliberazione n. 150/2022 dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati italiana, con effetto a partire dal 1° gennaio 2019, mediante decisioni risalenti ai mesi dal settembre al novembre 2022 (in prosieguo: la «seconda rideterminazione»).

40.      Da tale seconda rideterminazione conseguiva che le pensioni di alcuni ricorrenti venivano integralmente ripristinate al loro ammontare originario precedente la prima rideterminazione. In relazione ad altri ricorrenti, per contro, gli importi continuavano ad essere inferiori rispetto a quelli precedenti la prima rideterminazione.

41.      Una parte dei ricorrenti ha impugnato dinanzi al Tribunale (7) le decisioni del Parlamento sulla seconda rideterminazione delle loro pensioni a seguito della deliberazione n. 150/2022 dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati italiana. I relativi procedimenti sono attualmente sospesi sino alla decisione sui presenti procedimenti di impugnazione.

42.      La Corte ha sospeso i presenti procedimenti di impugnazione fino alla seconda rideterminazione delle pensioni dei ricorrenti da parte del Parlamento a seguito della deliberazione n. 150/2022 dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati italiana e li ha successivamente riaperti.

43.      Inoltre, essa ha chiesto alle parti se i presenti procedimenti di impugnazione possano essere divenuti privi di oggetto alla luce della sostituzione delle decisioni controverse con le decisioni del Parlamento, menzionate ai precedenti paragrafi da 39 a 42, concernenti la seconda rideterminazione. Tutte le parti dei presenti procedimenti di impugnazione hanno risposto negativamente.

44.      Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, la Corte ha rinunciato ad un’udienza di discussione.

V.      Analisi

45.      Come illustrato inizialmente, i presenti procedimenti di impugnazione sollevano la questione se il Tribunale abbia giustamente confermato che il Parlamento, in applicazione della «regola di pensione identica» ai sensi degli articoli 1 e 2 dell’allegato III della regolamentazione SID in combinato disposto con l’articolo 75 delle misure di attuazione dello statuto dei deputati, ha correttamente proceduto ad una riduzione delle pensioni dei ricorrenti, che questi già percepivano, a partire dal 1° gennaio 2019, dopo che l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati italiana aveva disposto, da parte sua, con la deliberazione n. 14/2018, la riduzione delle pensioni degli ex deputati italiani a partire dal 1° gennaio 2019.

46.      Come parimenti indicato inizialmente, si pone inoltre la questione di stabilire se le presenti impugnazioni conservino il loro oggetto e i ricorrenti il loro interesse ad agire, sebbene le decisioni controverse siano state nel frattempo sostituite dalle decisioni del Parlamento sulla seconda rideterminazione delle retribuzioni dei ricorrenti menzionate sopra ai paragrafi da 39 a 42.

47.      La sostituzione delle decisioni controverse non fa automaticamente venir meno, di per sé, l’oggetto dei presenti procedimenti e l’interesse ad agire dei ricorrenti.

48.      La loro persistenza dipende, piuttosto, dalla possibilità o meno, nell’ambito delle presenti impugnazioni, di chiarire in modo definitivo se modifiche della normativa nazionale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID in combinato disposto con l’articolo 75 delle misure di attuazione dello statuto dei deputati comportino automaticamente la modifica delle pensioni di anzianità degli ex parlamentari interessati da siffatte disposizioni (A).

49.      Per stabilirlo, è opportuno verificare, anzitutto, sulla scorta dei motivi di impugnazione fatti valere, la legittimità delle sentenze impugnate. Emergerà che il Tribunale è incorso in diversi errori di diritto, in particolare allorché ha confermato la compatibilità della riduzione delle pensioni dei ricorrenti con norme e principi di rango superiore del diritto dell’Unione (B).

50.      Nel successivo esame dei ricorsi di primo grado, occorrerà poi verificare se sia possibile valutare una siffatta compatibilità a prescindere dal rispettivo contenuto della decisione nazionale che deve essere attuata dal Parlamento nell’ambito della «regola di pensione identica». Se non lo fosse, non vi sarebbe più luogo a statuire sui ricorsi dinanzi al Tribunale interessati nel caso di specie a causa della sostituzione delle decisioni controverse (C).

A.      Questione della persistenza dell’oggetto della controversia e dell’interesse ad agire nonostante la sostituzione delle decisioni controverse

51.      Sia i ricorrenti sia il Parlamento ritengono che le presenti impugnazioni conservino il loro oggetto e i ricorrenti il loro interesse ad agire nonostante la sostituzione delle decisioni controverse. Rispetto alle decisioni controverse, infatti, le nuove decisioni del Parlamento avrebbero modificato le pensioni dei ricorrenti unicamente con riferimento al loro ammontare. Sotto il profilo dell’an, esse si fondavano tuttavia sulla stessa posizione giuridica, secondo la quale il Parlamento avrebbe giustamente rideterminato le pensioni dei ricorrenti, in un primo momento sulla base della deliberazione n. 14/2018 e successivamente sulla base della deliberazione n. 150/2022 dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati italiana (supra, paragrafo 38). Pertanto, essi avrebbero un interesse a che la Corte chiarisca, nell’ambito dei presenti procedimenti, se siffatta applicazione dinamica della «regola di pensione identica» sia legittima.

52.      Sia l’interesse ad agire che l’oggetto del ricorso non solo devono sussistere al momento della presentazione del ricorso, ma devono perdurare fino alla pronuncia della decisione giurisdizionale, a pena di un non luogo a statuire. Ciò presuppone che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposto (8).

53.      In diverse circostanze la Corte ha già riconosciuto che l’interesse ad agire di un ricorrente non viene necessariamente meno a motivo del fatto che l’atto da esso impugnato abbia cessato di produrre effetti nel corso del procedimento (9). In tal senso, un interesse ad agire può continuare a sussistere, in particolare, per evitare il rischio di ripetizione dell’illegittimità che asseritamente inficia tale atto (10). La persistenza di un siffatto interesse ad agire dev’essere valutata alla luce del singolo caso concreto (11). In particolare in relazione al rischio di ripetizione, deve essere dimostrata in maniera precisa e concreta l’esistenza di un rischio di ripetizione dell’asserita illegittimità (12).

54.      È vero che, prima facie, tale rischio ricorre nella specie. Il Parlamento, infatti, sostiene di essere vincolato alle modifiche delle norme previdenziali italiane, e che attuerà pertanto, prevedibilmente, anche modifiche future, reiterando così l’asserita illegittimità. Come illustrato al paragrafo 37, la sentenza n. 4/2021 del Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati, con la quale la deliberazione n. 14/2018 è stata dichiarata parzialmente illegittima, non è ancora definitiva. È senz’altro possibile, pertanto, che, a livello italiano, abbia luogo una nuova modifica della situazione giuridica, la quale verrà a sua volta attuata dal Parlamento, con conseguente reiterazione.

55.      Inoltre, la situazione attuale è caratterizzata dal fatto che il Parlamento ha rideterminato già una seconda volta l’ammontare delle pensioni dei ricorrenti, in attuazione della deliberazione n. 150/2022 dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati italiana (supra, paragrafo 38), rispetto alle decisioni controverse originarie, reiterando pertanto già una volta l’illegittimità fatta valere dai ricorrenti. Come illustrato al paragrafo 41, una parte dei ricorrenti ha impugnato dinanzi al Tribunale le nuove decisioni del Parlamento adottate in tale contesto, e quest’ultimo ha sospeso i procedimenti interessati in attesa delle decisioni sulle presenti impugnazioni.

56.      Sarebbe pertanto conforme anche al principio di economia processuale chiarire nei limiti del possibile, nell’ambito delle presenti impugnazioni, la questione fondamentale se il Parlamento poteva rideterminare le pensioni dei ricorrenti in applicazione della deliberazione n. 14/2018 nonché della successiva deliberazione n. 150/2022. In tal caso, infatti, il Tribunale potrebbe tenere conto della soluzione della Corte nell’ambito dei ricorsi proposti avverso le decisioni con le quali sono state sostituite le decisioni controverse.

57.      Ciò presuppone, peraltro, che sia possibile chiarire siffatta questione di principio nell’ambito dei presenti procedimenti di impugnazione. Ciò dipende dalla possibilità di chiarire la questione se il rinvio al diritto italiano sia dinamico nel singolo caso di specie, indipendentemente dal contenuto concreto delle rispettive normative italiane e decisioni del Parlamento. L’analisi che segue mostrerà che ciò non è possibile.

58.      Cionondimeno, tale analisi mostrerà come devono procedere il Tribunale in sede di esame dei ricorsi attualmente pendenti avverso le decisioni con le quali sono state sostituite le decisioni controverse, e il Parlamento in sede di nuova verifica dell’applicabilità delle decisioni nazionali nell’ambito della «regola di pensione identica», al fine di agire in conformità con il diritto dell’Unione.

B.      Sulle impugnazioni

59.      Secondo i ricorrenti, il Tribunale è incorso in una serie di errori di diritto allorché ha confermato, nelle sentenze impugnate, la legittimità delle decisioni controverse.

60.      Anzitutto, esso non avrebbe considerato che, a partire dall’entrata in vigore dello statuto dei deputati, la regolamentazione SID non avrebbe più fornito la base giuridica per l’adozione di nuove decisioni (13), e avrebbe erroneamente assunto una distinzione tra l’an, da un lato, e il quantum, dall’altro, del diritto alla pensione (14) (1). Esso avrebbe poi erroneamente confermato che la riduzione delle pensioni dei ricorrenti da parte delle decisioni controverse non violava principi di rango superiore del diritto dell’Unione (15) (2). Infine, esso avrebbe erroneamente dichiarato che le decisioni controverse erano state adottate dall’autorità competente all’interno del Parlamento (3) e che erano state sufficientemente motivate (16) (4). Nella causa C‑725/20 P, i ricorrenti fanno valere, inoltre, che il Tribunale avrebbe a torto considerato irricevibile il ricorso della sig.ra Panusa (17) (5).

1.      Sulla base giuridica per ladozione delle decisioni controverse e sulla distinzione tra lan e il quantum del diritto

61.      I ricorrenti fanno valere che il Tribunale non avrebbe preso in considerazione il fatto che, a partire dal momento dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati, la regolamentazione SID non avrebbe più fornito la base giuridica per l’adozione di nuove decisioni. In altre parole, il rinvio al diritto italiano non sarebbe più stato, a partire da siffatto momento, dinamico. Inoltre, essi ritengono che il Tribunale sia incorso in un errore per avere operato una distinzione tra diritto alla pensione e diritto al trattamento pensionistico (an e quantum).

62.      Tali obiezioni devono essere respinte.

63.      Il Tribunale ha infatti correttamente rilevato che, effettivamente, ai sensi dell’articolo 74 delle misure di attuazione dello statuto dei deputati, la regolamentazione SID è scaduta il giorno dell’entrata in vigore di tale statuto, ossia il 14 luglio 2009; tuttavia, l’articolo 74 delle misure di applicazione, in combinato disposto con l’articolo 75 di queste ultime, ha mantenuto in vigore, in via transitoria, la «regola di pensione identica» prevista all’allegato III della regolamentazione SID.

64.      Il Tribunale ha inoltre correttamente riconosciuto che sia l’articolo 75, paragrafo 1, sia l’articolo 75, paragrafo 2, delle misure di attuazione dello statuto dei deputati, garantiscono agli interessati che la pensione continuerà ad essere versata (per coloro che percepivano la pensione già prima dell’entrata in vigore dello statuto) ovvero che i corrispondenti diritti resteranno acquisiti (per coloro che hanno percepito la pensione solo a partire da un momento successivo all’entrata in vigore dello statuto) «in virtù [dell’allegato] III della regolamentazione SID». Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale allegato, come rammentato in precedenza, «[l]’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo».

65.      Partendo da tali premesse, il Tribunale ha dichiarato senza commettere alcun errore di diritto che l’importo e le modalità delle pensioni degli interessati continuano ad essere collegate, in linea di principio, anche dopo l’entrata in vigore dello statuto dei deputati, all’importo e alle modalità delle pensioni percepite dai membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale gli interessati sono stati eletti (18).

66.      Pertanto, il rinvio al regime nazionale di cui all’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID in combinato disposto con l’articolo 75 delle misure di attuazione dello statuto dei deputati è, in linea di principio, dinamico, in quanto tale disciplina conferisce ai membri del Parlamento interessati soltanto un diritto a una pensione per l’importo percepito dagli ex deputati nazionali. Per contro, siffatto regime non garantisce, di per sé, una pensione e rispettivamente un diritto a una pensione di un determinato importo o di un importo pari a quanto ricevuto dagli interessati in un determinato momento, ad es. al momento dell’acquisizione dei diritti, come fatto valere in subordine dai ricorrenti.

67.      È pertanto anzitutto logico partire dal presupposto che modifiche del regime nazionale si traducano eventualmente anche in una modifica delle retribuzioni degli ex deputati del Parlamento interessati. Come rilevato correttamente dal Tribunale dietro rinvio alla formulazione imperativa della disposizione di cui all’articolo 2 dell’allegato III della regolamentazione SID, al Parlamento non resta infatti, in linea di principio, alcun margine per un metodo di calcolo autonomo delle pensioni di anzianità degli interessati.

2.      Sulla compatibilità dellattuazione della deliberazione n. 14/2018 da parte del Parlamento con norme e principi di rango superiore del diritto dellUnione

68.      Come riconosciuto dallo stesso Tribunale, ciò vale peraltro solo fatto salvo il rispetto delle norme di rango superiore del diritto dell’Unione, compresi i principi generali del diritto e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Come chiarito dal Tribunale, infatti, il Parlamento, in quanto istituzione dell’Unione, nell’attuazione dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID in combinato disposto con l’articolo 75 delle misure di attuazione dello statuto dei deputati, è tenuto, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, a rispettare le disposizioni di quest’ultima (19). Inoltre, il regime degli ex deputati italiani, tramite il rinvio in tale allegato inteso alla sua applicazione agli ex deputati del Parlamento, viene incorporato nel diritto dell’Unione e deve essere pertanto conforme alle sue norme di rango superiore. Siffatta incorporazione comporta che il Parlamento non possa semplicemente applicare in maniera automatica una disposizione nazionale che può fondare un’ingerenza in diritti quesiti. Piuttosto, esso deve verificare nel singolo caso concreto se lo stesso possa attuare una riduzione che può configurare un’ingerenza in diritti quesiti, oppure se una siffatta riduzione violi norme e principi di rango superiore del diritto dell’Unione.

69.      I ricorrenti addebitano tuttavia al Parlamento di non avere proceduto ad una siffatta verifica prima dell’attuazione della deliberazione n. 14/2018, e di avere posto in essere, tramite l’applicazione automatica di tale deliberazione, un’ingerenza sproporzionata nei loro diritti quesiti, violando i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, nonché il diritto di proprietà (a) e il principio di proporzionalità (b). Non tenendone conto, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto.

a)      Sui principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, nonché sul diritto di proprietà

70.      In linea di principio, le leggi modificative di un’altra legge si applicano in via di principio, salvo deroga, agli effetti futuri delle situazioni sorte sotto l’impero della vecchia legge. Una soluzione diversa è ammissibile solo per le situazioni sorte e definitivamente attuatesi in vigenza della normativa precedente, che creano diritti quesiti (20).

71.      Un diritto è considerato quesito qualora il fatto generatore del medesimo si sia realizzato prima della modifica legislativa. Per contro, è considerato non già un diritto quesito bensì unicamente un’aspettativa un diritto la cui fattispecie costitutiva non si sia realizzata nel vigore della normativa che è stata modificata (21).

72.      Nel caso delle pensioni dei ricorrenti interessate nel caso di specie, le quali sono state ridotte, siamo dunque in presenza non più di aspettative, bensì di diritti quesiti. La fattispecie costitutiva dei diritti dei ricorrenti a siffatte retribuzioni, segnatamente il soddisfacimento dei requisiti per il pensionamento e il pagamento della pensione, infatti, si era già realizzata in capo ai ricorrenti al momento dell’adozione della deliberazione n. 14/2018, poiché, a tale data, essi percepivano già le loro pensioni (v. supra, paragrafo 20) (22).

73.      Come già rilevato dalla Corte, è vero che non sussiste un principio di diritto dell’Unione, ai sensi del quale i diritti quesiti non potrebbero essere in alcun caso modificati o ridotti. Tuttavia, è possibile modificare siffatti diritti solo a determinate condizioni, qualora gli interessi in gioco vengano sufficientemente ponderati (23), ossia venga rispettato il principio di proporzionalità (24).

74.      Anche il diritto di proprietà, il quale ricomprende prestazioni sociali garantite per legge, non garantisce effettivamente il diritto a una pensione di un determinato importo; tuttavia, esso può parimenti essere limitato solo laddove ciò sia giustificato e necessario all’interesse generale (25).

b)      Sulla proporzionalità

75.      I ricorrenti fanno valere, tuttavia, che il Tribunale avrebbe erroneamente confermato, nella specie, la compatibilità delle decisioni controverse con il principio di proporzionalità, da essi già messa in discussione in primo grado. Le significative restrizioni dei loro diritti sarebbero eccessive alla luce degli obiettivi perseguiti e la misura italiana sarebbe incoerente, poiché sarebbe diretta in maniera specifica contro gli ex deputati nazionali ed esigerebbe dai medesimi, rispetto ad altri titolari di una pensione, un sacrificio sproporzionato.

76.      La deliberazione n. 14/2018 non introdurrebbe segnatamente una decurtazione percentuale delle pensioni interessate o dei contributi di solidarietà. Piuttosto, essa disporrebbe una rideterminazione completamente retroattiva di siffatte pensioni sulla base di un metodo di calcolo del tutto nuovo e di nuovi criteri. Essi non si fondavano più sulle retribuzioni percepite in costanza di mandato, bensì sui contributi versati, non tenendo tuttavia sufficientemente conto neanche di questi ultimi.

77.      Siffatta rideterminazione graverebbe sugli ex deputati in maniera sproporzionata rispetto agli altri titolari di una pensione. In tal senso, un sistema contributivo sarebbe stato introdotto per la prima volta in Italia nel 1995 e anche in tal caso soltanto pro rata, e solo a partire dal 2012 sarebbe stato applicato alla maggior parte dei lavoratori. Per contro, tramite la deliberazione n. 14/2018, tale sistema sarebbe stato applicato in relazione agli ex deputati, con valenza retroattiva, a periodi ben anteriori (nel caso degli ex deputati del Parlamento a partire dal 1979). In tale contesto, i ricorrenti avevano esplicitamente affermato, in primo grado, che la deliberazione n. 14/2018 era un intervento simbolico e puramente dimostrativo di un certo indirizzo politico, rivolto soltanto nei confronti degli ex deputati e avente carattere «punitivo-afflittivo», il cui potenziale di risparmio era tuttavia pressoché niente rispetto al debito pubblico italiano.

78.      Secondo i ricorrenti, il Parlamento avrebbe dovuto esaminare tali elementi prima di applicare loro la deliberazione n. 14/2018. In assenza di un siffatto esame, sarebbe impossibile verificare la compatibilità dell’applicazione di tale deliberazione con i principi di rango superiore del diritto dell’Unione, e in particolare con il principio di proporzionalità, nonché accertare se le decurtazioni effettuate ledessero i diritti quesiti dei ricorrenti nel loro contenuto essenziale.

79.      Il Parlamento avrebbe tuttavia omesso di procedere ad una siffatta verifica, accontentandosi di confermare l’applicabilità «automatica» della deliberazione n. 14/2018 ai ricorrenti (v. supra, paragrafo 22). Avendo approvato tale approccio, il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto.

80.      Il ricorrente nella causa C‑391/21 P afferma, inoltre, che mancherebbe un collegamento sufficiente tra le riduzioni delle indennità dei ricorrenti, a carico del bilancio dell’Unione, da un lato, e la finalità perseguita dell’attuazione di misure di risparmio a favore del bilancio italiano, dall’altro.

81.      Quest’ultimo argomento deve essere, di per sé, respinto. La disciplina contenuta agli articoli 1 e 2 dell’allegato III della regolamentazione SID, in combinato disposto con l’articolo 75 delle misure di attuazione dello statuto dei deputati, infatti, prevede, come illustrato ai paragrafi 66 e 67, il parallelismo tra le indennità degli ex deputati del Parlamento interessati da siffatto regime e quelle degli ex deputati nazionali. Pertanto, in linea di principio, un obiettivo legittimo alla luce del diritto nazionale deve poter essere considerato un obiettivo legittimo anche alla luce della «regola di pensione identica».

82.      Come già messo in evidenza dalla Corte in un altro contesto, la questione di stabilire se una misura di riduzione di uno Stato membro sia compatibile con il diritto dell’Unione e in particolare se sia proporzionata, deve tuttavia essere risolta nell’ambito di un esame completo del contenuto concreto di tale misura, della sua sistematica, nonché del suo contesto.

83.      In tal senso, nella sua sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, la Corte ha rilevato che le misure nazionali di riduzione delle retribuzioni ivi interessate alla base di tale sentenza prevedevano una riduzione limitata dell’importo della retribuzione, a concorrenza di una percentuale che variava in funzione del livello di quest’ultima. Inoltre, tali misure riguardavano non solo i ricorrenti nel procedimento principale, ma differenti titolari di cariche pubbliche e persone che esercitano funzioni nel settore pubblico, tra cui i rappresentanti dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Da ciò la Corte ha desunto che tali misure non erano state specificamente adottate nei confronti dei ricorrenti nel procedimento principale, ma che, al contrario, potevano essere accostate a misure generali dirette a far sì che un insieme di membri del pubblico impiego nazionale contribuisse allo sforzo di austerità dettato dalle esigenze imperative di riduzione del disavanzo di bilancio eccessivo dello Stato membro. E, infine, la Corte ha rilevato che le misure di riduzione interessate presentavano carattere temporaneo (26).

84.      Un esame che risponda a siffatto criterio non è stato effettuato nella specie né dal Parlamento né dal Tribunale.

85.      In tal senso, è vero che il Tribunale ha correttamente rilevato, anzitutto, di non essere competente a valutare la conformità della deliberazione n. 14/2018 con il diritto italiano, bensì ad accertare se, applicando le norme di tale deliberazione, il Parlamento abbia violato il diritto dell’Unione (27). Ciò significherebbe verificare se la restrizione in oggetto rispetti, in particolare, il contenuto essenziale del diritto di proprietà dei ricorrenti, se risponda ad un obiettivo di interesse generale e se sia necessaria a tal fine (28).

86.      Tuttavia, il Tribunale ha poi sostenuto che il fatto che il Parlamento non abbia proceduto a tale verifica non avrebbe alcuna incidenza per le cause in esame. Infatti, una siffatta verifica non costituirebbe una formalità procedurale obbligatoria alla quale il Parlamento sarebbe stato vincolato prima di adottare le decisioni controverse. Piuttosto, sarebbe importante unicamente che gli effetti concreti di tali decisioni non ledano il contenuto essenziale del diritto di proprietà dei ricorrenti (29).

87.      Orbene, ciò non sarebbe avvenuto, in quanto le riduzioni perseguirebbero l’obiettivo legittimo di diminuire le spese pubbliche del bilancio italiano, la deliberazione n. 14/2018 conterrebbe due clausole relative ai casi più difficili, una delle quali sarebbe stata applicata a più ricorrenti, e anche i nuovi importi delle pensioni nonché i loro metodi di calcolo sarebbero stati in relazione ai contributi individuali e ai mandati dei ricorrenti (30). A tale esame effettuato con riferimento al diritto di proprietà il Tribunale ha rinviato anche nell’ambito del suo esame della proporzionalità delle decisioni controverse (31) ovvero lo ha effettuato in questa sede (32).

88.      I ricorrenti fanno giustamente valere che tale linea argomentativa del Tribunale è inficiata da diversi errori di diritto.

89.      In tal senso, non è anzitutto corretta la tesi del Tribunale secondo cui il fatto che il Parlamento non abbia verificato se l’applicazione della deliberazione n. 14/2018 ai ricorrenti violi principi di rango superiore del diritto dell’Unione sarebbe ininfluente, rilevando unicamente se una siffatta violazione abbia alla fine avuto luogo, circostanza che il Tribunale potrebbe semplicemente verificare esso stesso. Siffatta tesi non tiene conto del fatto che, come illustrato al paragrafo 68, il legislatore, tramite il rinvio al diritto nazionale di cui all’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, ha imposto al Parlamento un obbligo di verifica autonomo. In forza del medesimo, il Parlamento, nell’ambito di tale sistema normativo, prima di applicare una normativa nazionale che può fondare un’ingerenza in diritti quesiti, deve verificare se tale ingerenza sia compatibile con le norme e i principi di rango superiore del diritto dell’Unione.

90.      Effettivamente, l’affermazione del Tribunale, secondo cui il Parlamento non avrebbe proceduto ad una siffatta verifica, è errata in fatto. Il servizio giuridico del Parlamento, infatti, ha effettuato un esame sommario della proporzionalità della deliberazione n. 14/2018. Ciò emerge dal punto 13 del parere di tale servizio, sottoposto dai ricorrenti al Tribunale.

91.      Peraltro, il Parlamento non ha messo a disposizione dei ricorrenti siffatto parere e il Tribunale lo ha pertanto erroneamente incluso nella motivazione delle decisioni controverse (v. al riguardo infra, paragrafi da 107 a 109). Pertanto, detto parere non può essere utilizzato dal Parlamento come prova dell’esame della compatibilità con il diritto dell’Unione dell’applicazione della deliberazione n. 14/2018. Inoltre, l’esame della proporzionalità di tale deliberazione da parte del servizio giuridico è in ogni caso insufficiente. Quest’ultimo, infatti, si è limitato ad osservare, in un punto, che la stessa deliberazione prevede un importo minimo per le pensioni nonché due clausole relative ai casi più difficili. Un simile esame sommario non è sufficiente ad accertare la conformità al diritto dell’Unione dell’attuazione di siffatta normativa nazionale, come mostra l’esempio illustrato al paragrafo 83. Piuttosto, a tal fine, occorre verificare, in una valutazione completa della normativa nazionale, se quest’ultima non sia arbitraria, e se sia comprensibile e coerente.

92.      Ma, soprattutto, la tesi in questione del Tribunale travisa la sua propria competenza. I giudici dell’Unione, infatti, non possono in alcun caso sostituire la loro propria motivazione a quella dell’autore dell’atto impugnato (33).

93.      Il presente modus operandi del Tribunale, tuttavia, si risolve proprio in una siffatta sostituzione della motivazione. Il Tribunale, infatti, per respingere i motivi dedotti in primo grado, si è fondato su una valutazione non contenuta nella motivazione delle decisioni controverse, colmando così una lacuna ivi esistente. Così operando, il Tribunale ha esorbitato dai limiti del suo controllo (34).

94.      E, infine, l’esame della compatibilità delle decisioni controverse con il diritto dell’Unione, in particolare in relazione alla proporzionalità della misura nazionale che deve essere attuata da tali decisioni - esame che il Tribunale ha effettuato autonomamente, senza fare riferimento ad una corrispondente motivazione del Parlamento - è in ogni caso insufficiente se valutato alla luce del criterio illustrato sopra al paragrafo 83. Infatti, come mostra l’esempio ivi svolto e come già esposto al paragrafo 91, un siffatto esame esige una valutazione precisa e completa della misura nazionale da attuare in relazione al suo contesto e ai suoi effetti concreti, al fine di accertare se essa non sia arbitraria, e se sia inoltre comprensibile e coerente. L’accertamento generico che la misura è funzionale all’obiettivo di una sana gestione di bilancio e prevede clausole relative ai casi più difficili non soddisfa, da solo, tale criterio.

95.      Da quanto suesposto consegue che il Tribunale, confermando la compatibilità delle decisioni controverse con le norme e i principi di rango superiore del diritto dell’Unione, ha commesso diversi errori di diritto. I motivi di impugnazione su ciò fondati devono pertanto essere accolti.

96.      Alla luce dell’importanza centrale della compatibilità delle decisioni controverse con il diritto dell’Unione, la fondatezza di tali motivi di impugnazione comporta già, di per sé, l’annullamento delle sentenze impugnate. Tuttavia, in particolare alla luce dei ricorsi pendenti dinanzi al Tribunale avverso le decisioni che hanno sostituito le decisioni controverse (supra, paragrafo 41), è utile esaminare anche, in subordine, gli altri motivi di impugnazione dedotti dai ricorrenti.

3.      Sulla competenza dellautore delle decisioni controverse

97.      Secondo i ricorrenti nelle cause C‑725/20 P e C‑198/21 P, il Tribunale, confermando la competenza del capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della Direzione generale (DG) delle finanze del Parlamento ad adottare le decisioni controverse, ha commesso un ulteriore errore di diritto. I ricorrenti avevano fatto valere, in primo grado, che tali decisioni avrebbero piuttosto dovuto essere adottate dall’Ufficio di Presidenza del Parlamento.

98.      Il Tribunale ha fondato il rigetto di tale eccezione sulla seguente motivazione:

«Orbene, in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, il Parlamento ha indicato, con elementi di prova a supporto, che il capo dell’unità “Retribuzione e diritti sociali dei deputati” della DG finanze di tale istituzione era stato nominato ordinatore subdelegato per la linea di bilancio 1030, relativa alle pensioni di anzianità di cui all’allegato III con la decisione FINS/2019-01 del direttore generale delle finanze del Parlamento del 23 novembre 2018. Peraltro, conformemente all’articolo 73, paragrafo 3, del regolamento 2018/1046, la decisione FINS/2019-01 indica espressamente che tale subdelega di competenza autorizza il capo dell’unità “Retribuzione e diritti sociali dei deputati” della DG delle finanze del Parlamento a procedere, in particolare, all’accertamento degli impegni giuridici e degli impegni di bilancio, alla liquidazione delle spese e all’emissione degli ordini di pagamento, ma anche all’accertamento delle previsioni dei crediti, all’accertamento dei diritti da recuperare e all’emissione degli ordini di riscossione» (35).

99.      Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale ha rilevato che, «[c]ontrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, il capo dell’unità “Retribuzione e diritti sociali dei deputati” della DG delle finanze del Parlamento [sarebbe] quindi [stato] competente ad adottare le decisioni impugnate» (36).

100. Dalla motivazione del Tribunale riportata al paragrafo 98, la quale si limita a ripetere il contenuto della decisione FINS/2019-01, non si evince, tuttavia, perché il capo dell’unità fosse competente, secondo il Tribunale, ad adottare le decisioni controverse. Non si evince, in particolare, il motivo per cui il trasferimento di competenza da parte della decisione FINS/2019-01 ricomprenda, secondo il Tribunale, la competenza ad esaminare la compatibilità con il diritto dell’Unione dell’attuazione di una misura di riduzione nazionale che fonda un’ingerenza in diritti quesiti degli ex deputati del Parlamento. La risposta a tale questione non è desumibile neanche dalla semplice lettura della decisione FINS/2019-01. La motivazione del Tribunale non consente pertanto alla Corte di verificare se il Tribunale abbia correttamente confermato la competenza del capo unità interessato ad adottare le decisioni controverse. Dalla medesima non sono infatti ricavabili i motivi su cui il Tribunale ha fondato tale tesi.

101. Ne consegue che la sentenza impugnata è viziata da un difetto di motivazione. Una tale carenza di motivazione deve essere verificata d’ufficio (37). L’argomentazione dei ricorrenti è pertanto fondata, in quanto essi fanno correttamente valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel respingere la loro argomentazione concernente la competenza dell’autore delle decisioni controverse (38).

102. Peraltro, la Corte potrebbe fondare l’annullamento delle sentenze impugnate su siffatto difetto di motivazione accertato d’ufficio solo qualora la stessa abbia in precedenza sentito le parti al riguardo (39). Poiché, tuttavia, come rilevato al paragrafo 96, le sentenze impugnate devono essere annullate già per altri motivi, una siffatta audizione non è, nella specie, necessaria.

4.      Sulla motivazione delle decisioni controverse

103. I ricorrenti nelle cause C‑725/20 P e C‑198/21 P fanno valere, inoltre, che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che le decisioni controverse contenessero una motivazione sufficiente. Al contrario, tali decisioni sarebbero inficiate da un difetto di motivazione, in quanto il Parlamento non avrebbe ivi documentato un esame della compatibilità dell’attuazione della deliberazione n. 14/2018 con il diritto dell’Unione.

104. Il Tribunale ha sostanzialmente basato la propria tesi secondo cui le decisioni controverse sarebbero sufficientemente motivate sul fatto che da tali decisioni emergerebbe il loro fondamento giuridico nonché la posizione del Parlamento, secondo cui la deliberazione n. 14/2018 sarebbe applicabile ai ricorrenti in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID in combinato disposto con l’articolo 75 delle misure di attuazione dello statuto dei deputati (40).

105. Tale analisi del Tribunale si fonda sul presupposto che il Parlamento non abbia dovuto procedere ad alcuna ulteriore verifica della compatibilità con il diritto dell’Unione dell’applicazione della deliberazione n. 14/2018 ai ricorrenti. Tuttavia, come illustrato al paragrafo 89, tale presupposto non è corretto.

106. Piuttosto, prima dell’adozione delle decisioni controverse, il Parlamento avrebbe dovuto esaminare e motivare ivi perché, a suo avviso, tali decisioni fossero conformi al diritto dell’Unione di rango superiore, e in particolare al principio di proporzionalità. In assenza di corrispondenti indicazioni, le quali avrebbero consentito al Tribunale un controllo di legittimità in tal senso senza sostituire la propria motivazione a quella del Parlamento (supra, paragrafo 93), la motivazione delle decisioni controverse era insufficiente.

107. Ciò vale a maggior ragione in quanto i ricorrenti fanno valere, correttamente, che il Tribunale ha erroneamente incluso nella valutazione della motivazione delle decisioni controverse il parere del servizio giuridico del Parlamento, nel quale, seppur in maniera insufficiente ma quantomeno sommariamente, è stata trattata la proporzionalità della deliberazione n. 14/2018 (supra, paragrafi 90 e 91) (41). Tale parere, infatti, non era allegato a siffatte decisioni e non è stato messo a disposizione dei ricorrenti dal Parlamento. Esso è stato menzionato loro solo indirettamente. In tal senso, la comunicazione allegata ai loro bollettini di pensione del mese di febbraio 2019 (supra, paragrafo 22) e richiamata dalle decisioni controverse conteneva unicamente l’indicazione che il servizio giuridico del Parlamento aveva confermato l’applicabilità automatica della deliberazione n. 14/2018 ai ricorrenti. Tale comunicazione non conteneva tuttavia né un riferimento diretto al parere del servizio giuridico né un’indicazione della possibilità di consultarlo e del luogo in cui era consultabile (42).

108. È vero che la motivazione di un atto deve essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto (43). Un documento di cui i destinatari di una decisione «indovinano» l’esistenza e che devono procurarsi da soli, non può tuttavia essere considerato parte del contesto noto di tale decisione. Ciò deve valere anche laddove i destinatari producano il documento in questione nel procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione. Infatti, persino qualora tale circostanza dimostri che essi si sono procurati tale documento successivamente, la stessa non può valere come prova del fatto che la decisione originaria era sufficientemente motivata al momento, rilevante quale dies a quo del termine di ricorso, della notifica ai destinatari.

109. In sede di controllo della legittimità di una decisione, i giudici dell’Unione possono prendere in considerazione precisazioni fornite dal suo autore in un momento successivo solo se esse sono intese ad integrare una motivazione già di per sé sufficiente (44). Tuttavia, nel caso di specie, come appena illustrato, la motivazione originaria non era appunto sufficiente.

110. In sintesi, la negazione di un difetto di motivazione delle decisioni controverse da parte del Tribunale è pertanto inficiata da un errore di diritto.

5.      Sul ricorso di primo grado della sig.ra Panusa

111. I ricorrenti nella causa C‑725/20 P fanno inoltre valere, infine, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto per avere respinto, in quanto irricevibile per difetto di interesse ad agire, il ricorso di primo grado della sig.ra Panusa nella causa T‑453/19, sulla base del rilievo che la decisione controversa non avrebbe comportato, per la sig.ra Panusa, alcuna diminuzione dell’importo della sua pensione di reversibilità (45).

112. Secondo i ricorrenti, la sig.ra Panusa avrebbe tuttavia un interesse alla soluzione della questione, sollevata in udienza dinanzi al Tribunale, se la sua pensione di reversibilità debba essere calcolata, invece che sulla base dell’allegato III della regolamentazione SID, come avvenuto finora, sulla base dell’allegato I della regolamentazione SID. In quest’ultimo caso, la sua pensione di reversibilità potrebbe infatti essere più alta.

113. Come replicato correttamente dal Parlamento, la sentenza Coppo Gavazzi non contiene tuttavia alcuna indicazione nel senso che la sig.ra Panusa avrebbe sostenuto, in primo grado, la necessità di calcolare la sua pensione di reversibilità sulla base dell’allegato I della regolamentazione SID. A quanto risulta, neanche nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado della sig.ra Panusa figura un corrispondente motivo di ricorso. Quanto al riferimento della sig.ra Panusa all’udienza dinanzi al Tribunale, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 84 del regolamento di procedura del Tribunale, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. La sig.ra Panusa non fa tuttavia valere simili elementi.

114. L’argomento sollevato dalla sig.ra Panusa nel presente procedimento di impugnazione deve pertanto essere respinto in quanto irricevibile, poiché la deduzione di motivi nuovi che non erano oggetto del procedimento di primo grado è vietata nel procedimento di impugnazione (46).

6.      Conclusione intermedia

115. Da quanto suesposto consegue che tutte le sentenze impugnate in tutte le cause riunite, oggetto di tali sentenze e dei presenti procedimenti di impugnazione, sono viziate da errori di diritto e devono pertanto essere annullate, ad eccezione della sentenza Coppo Gavazzi nella parte in cui riguarda la causa T‑453/19, Panusa/Parlamento.

C.      Sui ricorsi dinanzi al Tribunale

116. Ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima può, in caso di annullamento della sentenza del Tribunale, statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

117. Questa situazione si verifica nel caso di specie.

118. Ciò si evince, in particolare, dall’esame del motivo di impugnazione, secondo il quale il Tribunale ha erroneamente confermato che la riduzione delle pensioni dei ricorrenti da parte delle decisioni controverse non violerebbe principi di rango superiore del diritto dell’Unione, e in particolare il principio di proporzionalità (supra, paragrafi da 75 a 95).

119. Come emerso dall’esame di siffatto motivo di impugnazione, il Tribunale ha erroneamente dichiarato l’irrilevanza dell’omesso esame, da parte del Parlamento, della compatibilità con il diritto dell’Unione dell’applicazione della deliberazione n. 14/2018 (supra, paragrafo 89). Piuttosto, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la conformità al diritto dell’Unione di una misura di riduzione di uno Stato membro deve essere verificata nell’ambito di un esame approfondito del contenuto concreto di tale misura, nonché della sua sistematica e del suo contesto (supra, paragrafi 82 e 83).

120. Tuttavia, dalla giurisprudenza summenzionata risulta necessariamente anche che un siffatto esame deve essere effettuato ogni volta nel singolo caso di specie alla luce della misura concreta interessata.

121. Come già illustrato, la deliberazione n. 14/2018, la quale è stata attuata nelle decisioni controverse, è stata tuttavia modificata, nel frattempo, a livello nazionale, e le decisioni controverse sono state sostituite da nuove decisioni del Parlamento (supra, paragrafi da 35 a 41). Pertanto, l’esame della conformità al diritto dell’Unione delle decisioni controverse non può più procurare alcun vantaggio ai ricorrenti. Non vi è quindi più luogo a statuire sui ricorsi di primo grado proposti avverso tali decisioni.

122. Piuttosto, il Tribunale dovrà verificare, nell’ambito dei ricorsi presentati avverso le nuove decisioni del Parlamento (supra, paragrafo 41), se il Parlamento, prima dell’adozione di tali decisioni, abbia proceduto ad una sufficiente valutazione della conformità al diritto dell’Unione delle nuove norme italiane attuate in siffatte decisioni. Se così non fosse, esso dovrebbe annullare le decisioni interessate del Parlamento. Il Parlamento potrebbe di seguito eseguire il necessario esame, e, qualora dovesse confermare la conformità al diritto dell’Unione dell’attuazione delle norme nazionali, adottare nuove decisioni intese ad attuare siffatte norme nei confronti degli ex deputati interessati, le quali poi, a loro volta, potrebbero essere oggetto di un controllo da parte del Tribunale.

123. Come illustrato al paragrafo 41, solo una parte dei ricorrenti ha impugnato le nuove decisioni del Parlamento concernenti la seconda rideterminazione delle loro retribuzioni. Qualora dall’esame dei corrispondenti ricorsi dovesse emergere che siffatte decisioni devono essere annullate, il Parlamento non dovrebbe tuttavia valutare la conformità al diritto dell’Unione della seconda rideterminazione solo in relazione a quegli ex deputati che hanno presentato ricorso avverso tale seconda rideterminazione. Piuttosto, il Parlamento, conformemente all’articolo 266 TFUE, dovrebbe valutare la conformità al diritto dell’Unione dell’attuazione delle nuove norme italiane in relazione a tutti i deputati colpiti e, se del caso, modificare di conseguenza tutte siffatte decisioni interessate. Sarebbe illegittimo, infatti, se il Parlamento continuasse a versare agli ex deputati, in ogni caso per il futuro, retribuzioni ridotte, sebbene i giudici dell’Unione abbiano accertato l’illegittimità delle corrispondenti riduzioni, seppur in relazione ad altri ex deputati.

D.      Conclusione intermedia

124. Dall’insieme delle considerazioni che precedono consegue che non vi è luogo a statuire sui ricorsi proposti dai ricorrenti dinanzi al Tribunale, ad eccezione del ricorso nella causa T‑453/19.

VI.    Sulle spese

A.      Sulle spese dei procedimenti di impugnazione

125. A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta o quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

126. Poiché il Parlamento è rimasto soccombente nei confronti dei ricorrenti, ad eccezione della sig.ra Panusa, esso deve essere condannato a sopportare le proprie spese nonché le spese sostenute dai ricorrenti nel procedimento di impugnazione, ad eccezione di quelle della sig.ra Panusa, conformemente alla domanda di questi ultimi. Per contro, la sig.ra Panusa deve essere condannata a sopportare le proprie spese nonché le spese del Parlamento nel procedimento di impugnazione, che il Parlamento ha dovuto sostenere pro parte in relazione al procedimento di impugnazione della sig.ra Panusa.

B.      Sulle spese dei procedimenti di primo grado

127. Dal momento che le sentenze impugnate devono essere annullate, la Corte deve statuire anche sulla ripartizione delle spese dei procedimenti di primo grado, ad eccezione del procedimento nella causa T‑453/19, Panusa/Parlamento, in relazione alla quale resta in vigore la decisione sulle spese pronunciata in primo grado.

128. L’articolo 149 del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’articolo 190, paragrafo 1, del regolamento di procedura, stabilisce che quando constata che è venuto meno l’oggetto del ricorso e che non vi è più luogo a statuire, la Corte provvede sulle spese. Ai sensi dell’articolo 142 del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione conformemente all’articolo 184, paragrafo 1, in caso di non luogo a statuire, la Corte decide liberamente sulle spese.

129. È vero che dalla presente analisi è emerso che non vi è luogo a statuire sulle cause di primo grado; è altresì emerso, tuttavia, che il Tribunale ha confermato erroneamente la legittimità delle decisioni controverse, sebbene il Parlamento non avesse proceduto ad un esame della compatibilità di tali decisioni con il diritto dell’Unione. Alla luce di siffatta circostanza, è opportuno condannare il Parlamento a sopportare le proprie spese, nonché le spese sostenute dai ricorrenti nei procedimenti di primo grado, ad eccezione di quelle della sig.ra Panusa.

VII. Conclusione

130. Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire come segue nella causa C‑725/20 P:

1)      I paragrafi 2 e 3 del dispositivo della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 ottobre 2020, Coppo Gavazzi e a./Parlamento (T‑389/19 e a., EU:T:2020:494) sono annullati, nella parte in cui essi riguardano tutti i ricorrenti menzionati in allegato alle presenti conclusioni, ad eccezione della sig.ra Panusa.

2)      Non vi è più luogo a statuire sulla controversia alla base dei ricorsi di primo grado nelle cause menzionate in allegato alle presenti conclusioni, ad eccezione della causa T‑453/19.

3)      L’impugnazione nella causa C‑725/20 P è respinta, nella parte che riguarda la sig.ra Panusa.

4)      Il Parlamento sopporterà le proprie spese e le spese sostenute dai ricorrenti in entrambi i gradi di giudizio, ad eccezione delle spese della sig.ra Panusa, nonché delle spese sostenute pro parte dal medesimo in relazione al procedimento di impugnazione della sig.ra Panusa.

5)      La sig.ra Panusa sopporterà le proprie spese nel procedimento di impugnazione nonché le spese sostenute pro parte dal Parlamento in relazione al procedimento di impugnazione della sig.ra Panusa.

131. Propongo inoltre alla Corte di statuire come segue nella causa C‑198/21 P:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 10 febbraio 2021, Santini e a./Parlamento (T‑345/19, T‑346/19, da T‑364/19 a T‑366/19, da T‑372/19 a T‑375/19 e T‑385/19, EU:T:2021:78) è annullata.

2)      Non vi è più luogo a statuire sulla controversia alla base dei ricorsi di primo grado nelle cause T‑345/19, T‑346/19, da T‑364/19 a T‑366/19, da T‑372/19 a T‑375/19 e T‑385/19.

3)      Il Parlamento sopporterà le proprie spese nonché le spese dei ricorrenti in entrambi i gradi di giudizio.

132. E, infine, propongo alla Corte di statuire come segue nella causa C‑391/21 P:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 5 maggio 2021, Falqui/Parlamento (T‑695/19, EU:T:2021:242) è annullata.

2)      Non vi è più luogo a statuire sulla controversia alla base del ricorso di primo grado nella causa T‑695/19.

3)      Il Parlamento sopporterà le proprie spese nonché le spese del ricorrente in entrambi i gradi di giudizio.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      Doc. PE 113.116/BUR./rev.XXV/01-2009.


3      GU 2005, L 262, pag. 1.


4      GU 2009, C 159, pag. 1.


5      GU 2010, C 340, pag. 6.


6      Tale allegato è presente solo nella versione notificata alle parti.


7      A quanto consta, si tratta al riguardo delle cause T‑735/22, Falqui/Parlamento, T‑751/22, Avitabile/Parlamento, T‑752/22, Ceravolo/Parlamento, T‑761/22, Sboarina/Parlamento, T‑804/22, Gemelli/Parlamento, T‑807/22, Lombardo/Parlamento, T‑808/22, Mantovani/Parlamento, T‑809/22, Napoletano/Parlamento, T‑810/22, Nobilia/Parlamento, T‑812/22, Viola/Parlamento, T‑815/22, Aita/Parlamento, T‑817/22, Bonsignore/Parlamento, T‑818/22, Carollo/Parlamento, T‑819/22, Catasta/Parlamento, T‑820/22, Coppo Gavazzi/Parlamento, T‑821/22, Di Meo/Parlamento, T‑823/22, Dupuis/Parlamento, T‑824/22, Filippi/Parlamento, T‑825/22, Cucurnia/Parlamento, T‑826/22, Gallenzi/Parlamento, e T‑375/23, Di Prinzio/Parlamento.


8      V. sentenze del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione (C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punto 42); del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 61), e del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione (C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 43).


9      Sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 62).


10      Sentenze del 6 marzo 1979, Simmenthal/Commissione (92/78, EU:C:1979:53, punto 32); del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione (C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punto 50), e del 6 settembre 2018, Bank Mellat/Consiglio (C‑430/16 P, EU:C:2018:668, punto 64).


11      Sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 65).


12      Sentenza del 6 settembre 2018, Bank Mellat/Consiglio (C‑430/16 P, EU:C:2018:668, punto 65).


13      Prima parte del secondo motivo di impugnazione nella causa C‑725/20 P, secondo e quarto motivo di impugnazione nella causa C‑198/21 P, primo motivo di impugnazione nella causa C‑391/21 P.


14      Prima parte del primo motivo di impugnazione nella causa C‑725/20 P, primo motivo di impugnazione nella causa C‑198/21 P, primo motivo di impugnazione nella causa C‑391/21 P.


15      Seconda parte del primo motivo di impugnazione nella causa C‑725/20 P, terzo motivo di impugnazione nella causa C‑198/21 P, secondo e terzo motivo di impugnazione nella causa C‑391/21 P.


16      Seconda e terza parte del secondo motivo di impugnazione nella causa C‑725/20 P, quinto e sesto motivo di impugnazione nella causa C‑198/21 P.


17      Terzo motivo di impugnazione nella causa C‑725/20 P.


18      Sentenza Coppo Gavazzi, punti 126, 136, 137, 138 e 141, sentenza Santini, punti 81, 84, 85, 86 e 89, sentenza Falqui, punti 49, 52, 53, 54 e 57.


19      Sentenza Coppo Gavazzi, punti 138, 141 e 180, sentenza Santini, punti 86 e 89, sentenza Falqui, punti 54 e 57.


20      V. sentenze del 22 dicembre 2008, Centeno Mediavilla e a./Commissione (C‑443/07 P, EU:C:2008:767, punti 61 e 62 e la giurisprudenza ivi citata), e del 9 marzo 2023, Grossetête/Parlamento (C‑714/21 P, EU:C:2023:187, punto 84).


21      V., in tal senso, sentenze del 22 dicembre 2008, Centeno Mediavilla e a./Commissione (C‑443/07 P, EU:C:2008:767, punto 63), e del 9 marzo 2023, Grossetête/Parlamento (C‑714/21 P, EU:C:2023:187, punto 84). V. altresì sentenza del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento (T‑439/09, EU:T:2011:600, punto 44).


22      V., a contrario, sentenze del 9 marzo 2023, Grossetête/Parlamento (C‑714/21 P, EU:C:2023:187, punti da 84 a 87), e Galeote e Watson/Parlamento (C‑715/21 P e C‑716/21 P, EU:C:2023:190, punti da 79 a 82). V. altresì sentenze del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento (T‑439/09, EU:T:2011:600, punto 46) e del 13 marzo 2013, Inglewood e a./Parlamento (T‑229/11 e T‑276/11, EU:T:2013:127, punto 50).


23      V. sentenze del 9 marzo 2023, Grossetête/Parlamento (C‑714/21 P, EU:C:2023:187, punti 88 e 89), e Galeote e Watson/ Parlamento (C‑715/21 P e C‑716/21 P, EU:C:2023:190, punti 83 e 84).


24      V., per analogia, sentenza del 19 dicembre 2019, Pensions-Sicherungs-Verein (C‑168/18, EU:C:2019:1128, punto 39).


25      V., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a. (C‑258/14, EU:C:2017:448, punti 50 e 51). Ciò vale in particolare per il vitalizio dei deputati, che mira a garantire l’indipendenza, anche economica, dei deputati in quanto rappresentanti del popolo chiamati a servire l’interesse generale di quest’ultimo; v. in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento (T‑439/09, EU:T:2011:600, punto 59).


26      C‑64/16, EU:C:2018:117, punti da 46 a 50.


27      Sentenza Coppo Gavazzi, punto 215, sentenza Santini, punti 58, 155, 220, sentenza Falqui, punto 45.


28      Sentenza Coppo Gavazzi, punto 220, sentenza Santini, punto 164.


29      Sentenza Coppo Gavazzi, punto 221, sentenza Santini, punto 165; nella sentenza Falqui, a quanto consta, ciò non è stato esplicitamente affermato dal Tribunale; il corrispondente assunto è tuttavia alla base anche di tale sentenza.


30      Sentenza Coppo Gavazzi, punti da 229 a 235, sentenza Santini, punti da 173 a 179.


31      Sentenza Coppo Gavazzi, punto 239, sentenza Santini, punto 222.


32      Sentenza Falqui, punti da 104 a 110.


33      Sentenza del 24 gennaio 2013, Frucona Košice/Commissione (C‑73/11 P, EU:C:2013:32, punto 89 e la giurisprudenza ivi citata).


34      V., in tal senso, sentenza del 24 gennaio 2013, Frucona Košice/Commissione (C‑73/11 P, EU:C:2013:32, punto 88).


35      Sentenza Coppo Gavazzi, punto 90, sentenza Santini, punto 71.


36      Sentenza Coppo Gavazzi, punto 92, sentenza Santini, punto 73.


37      Sentenza del 20 dicembre 2017, EUIPO/European Dynamics Luxembourg e a. (C‑677/15 P, EU:C:2017:998, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata).


38      V., in tal senso, sentenza dell’11 aprile 2013, Mindo/Commissione (C‑652/11 P, EU:C:2013:229, punto 54).


39      V. sentenza del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a. (C‑89/08 P, EU:C:2009:742, punti da 54 a 61).


40      Sentenza Coppo Gavazzi, punti da 103 a 105, sentenza Santini, punti da 184 a 186.


41      Sentenza Coppo Gavazzi, punti da 110 a 116, sentenza Santini, punto 188.


42      Vi sono due eccezioni, ossia il sig. Falqui, ricorrente nella causa C‑391/21 P, nonché il sig. Florio, ricorrente nella causa T‑465/19, la quale era oggetto della sentenza Coppo Gavazzi, ma non è più oggetto dei presenti procedimenti di impugnazione, in quanto il sig. Florio non vi ha più preso parte. Il sig. Falqui e il sig. Florio avevano trasmesso ciascuno osservazioni al Parlamento, alle quali il Parlamento aveva risposto con lettere che contenevano un link al parere del servizio giuridico (v. paragrafo 24 delle presenti conclusioni nonché punti 108 e 115 della sentenza Coppo Gavazzi). Poiché, tuttavia, il sig. Falqui non eccepisce un difetto di motivazione e il sig. Florio non partecipa ai presenti procedimenti di impugnazione, non è necessario pronunciarsi sulla questione se un siffatto rinvio sia sufficiente per qualificare un documento come parte della motivazione di una decisione.


43      Sentenza del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France (C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 63).


44      V., in tal senso, sentenza del 16 novembre 2000, Finnboard/Commissione (C‑298/98 P, EU:C:2000:634, punto 46).


45      Sentenza Coppo Gavazzi, punti da 66 a 70.


46      V. sentenza del 9 giugno 2016, Repsol Lubricantes y Especialidades e a./Commissione (C‑617/13 P, EU:C:2016:416, punti 58 e 59 e la giurisprudenza ivi citata).