Language of document : ECLI:EU:T:2017:87

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

16 febbraio 2017 (*)

«Disegno o modello comunitario – Procedimento di dichiarazione di nullità – Disegni o modelli comunitari registrati che raffigurano termosifoni per radiatori – Disegni o modelli anteriori – Eccezione di illegittimità – Articolo 1 quinquies del regolamento (CE) n. 216/96 – Articolo 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali – Principio di imparzialità – Composizione della commissione di ricorso – Motivo di nullità – Assenza di carattere individuale – Articolo 6 e articolo 25, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 6/2002 – Esecuzione da parte dell’EUIPO di una sentenza che annulla una decisione delle sue commissioni di ricorso – Affollamento dello stato dell’arte – Data della valutazione»

Nelle cause riunite T‑828/14 e T‑829/14,

Antrax It Srl, con sede in Resana (Italia), rappresentata da L. Gazzola, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato inizialmente da P. Bullock, successivamente da L. Rampini e S. Di Natale, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale:

Vasco Group NV, già Vasco Group BVBA, con sede in Dilsen (Belgio), rappresentata da J. Haber, avvocato,

avente ad oggetto due ricorsi presentati avverso le decisioni della terza commissione di ricorso dell’EUIPO, del 10 ottobre 2014 (procedimenti R 1272/2013-3 e R 1273/2013-3), relativi a procedimenti di dichiarazione di nullità tra la Vasco Group e l’Antrax It,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da S. Gervasoni, facente funzione di presidente di sezione, L. Madise e Z. Csehi (relatore), giudici,

cancelliere: A. Lamote, amministratore

visti i ricorsi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 29 dicembre 2014,

visti i controricorsi dell’EUIPO depositati presso la cancelleria del Tribunale il 18 marzo 2015,

visti i controricorsi dell’interveniente depositati presso la cancelleria del Tribunale il 7 aprile 2015,

viste le repliche depositate presso la cancelleria del Tribunale l’8 giugno 2015,

vista la decisione del 5 agosto 2016 che ha disposto la riunione delle cause T‑828/14 e T‑829/14 ai fini della fase orale del procedimento e della decisione che conclude il procedimento,

in seguito all’udienza del 4 ottobre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ricorrente, Antrax It Srl, è titolare di due disegni o modelli comunitari n. 000593959-0001 e n. 000593959-0002, depositati il 25 settembre 2006 presso l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), in forza del regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari (GU 2002, L 3, pag. 1), e pubblicati nel Bollettino dei disegni e modelli comunitari il 21 novembre 2006.

2        I disegni o modelli contestati sono rappresentati come segue:

–        disegno o modello n. 000593959-0001 (ricorso T‑828/14):

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–        disegno o modello n. 000593959-0002 (ricorso T‑829/14):

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3        Secondo quanto indicato nelle domande di registrazione, i disegni o modelli contestati erano diretti ad essere applicati a termosifoni (modelli di termosifoni) destinati ad essere applicati a radiatori per riscaldamento rientranti nella classe 23.03 ai sensi dell’accordo di Locarno che istituisce una classificazione internazionale per i disegni e modelli industriali, dell’8 ottobre 1968, come modificato.

4        Il 16 aprile 2008, la società cui è succeduta la Vasco Group NV, interveniente, ha presentato dinanzi all’EUIPO, a norma dell’articolo 52 del regolamento n. 6/2002, domande di dichiarazione di nullità dei disegni o modelli contestati. A fondamento delle proprie domande, l’interveniente ha invocato i disegni o modelli tedeschi n. 4 e n. 5 figuranti nella registrazione multipla n. 40110481.8, pubblicata il 10 settembre 2002 ed estesa alla Francia, all’Italia e al Benelux quale disegno o modello internazionale con il riferimento DM/060899.

5        I disegni o modelli anteriori sono rappresentati come segue:

–        disegno o modello anteriore n. 5 (opposto alla registrazione n. 000593959-0001, corrispondente al ricorso T‑828/14):

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–        disegno o modello anteriore n. 4 (opposto alla registrazione n. 000593959-0002, corrispondente al ricorso T‑829/14):

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6        Le suddette domande di nullità erano fondate sull’articolo 25, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 6/2002, in ragione del fatto che i disegni o modelli contestati non rispettavano i requisiti di protezione stabiliti agli articoli da 4 a 9 del suddetto regolamento.

7        Con decisioni del 30 settembre 2009, la divisione di annullamento ha dichiarato la nullità dei disegni o modelli contestati per mancanza di novità ai sensi dell’articolo 5 del regolamento n. 6/2002.

8        Il 27 novembre 2009, la ricorrente ha proposto dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 55 a 60 del regolamento n. 6/2002, ricorsi avverso le decisioni della divisione di annullamento.

9        Con decisioni del 2 novembre 2010 (procedimenti R 1451/2009-3 e R 1452/2009-3), la terza commissione di ricorso dell’EUIPO ha annullato le decisioni della divisione di annullamento in considerazione del difetto di adeguata motivazione rispetto alla causa di nullità vertente sulla mancanza di novità, ma ha dichiarato nulli i disegni o modelli contestati per assenza di carattere individuale ai sensi dell’articolo 6 del regolamento n. 6/2002.

10      L’11 febbraio 2011, la ricorrente ha presentato ricorso avverso le decisioni in parola dinanzi al Tribunale.

11      Con sentenza del 13 novembre 2012, Antrax It/UAMI – THC (Radiatori per riscaldamento) (T‑83/11 e T‑84/11; in prosieguo: la «sentenza del 13 novembre 2012», EU:T:2012:592), il Tribunale ha annullato le decisioni del 2 novembre 2010, in quanto l’argomento sollevato dalla ricorrente riguardo al livello di affollamento del settore di riferimento non era stato esaminato dalla commissione di ricorso. A tale riguardo, il Tribunale ha sottolineato che un eventuale affollamento dello stato dell’arte derivante dall’asserita esistenza di altri disegni o modelli di termosifoni o di radiatori aventi le stesse caratteristiche generali dei disegni o modelli di cui trattasi era rilevante ai fini della valutazione del carattere individuale dei disegni o modelli contestati, in quanto poteva essere idoneo a rendere l’utilizzatore informato più sensibile alle differenze di proporzioni interne tra tali diversi disegni o modelli. Di conseguenza, il Tribunale ha annullato le decisioni del 2 novembre 2010 per difetto di motivazione in merito alla questione dell’affollamento dello stato dell’arte.

12      A seguito della sentenza del 13 novembre 2012 (T‑83/11 e T‑84/11, EU:T:2012:592), i ricorsi sono stati deferiti all’EUIPO e ad essi sono stati attribuiti, rispettivamente, i nuovi riferimenti R 1272/2013-3 e R 1273/2013-3. Essi sono stati assegnati alla terza commissione di ricorso dell’EUIPO.

13      Il 13 febbraio 2014, il relatore della terza commissione di ricorso nei due procedimenti di cui al precedente punto 12 ha invitato le parti a presentare, entro un mese, le loro memorie ed elementi di prova riguardo alla presenza o meno di un affollamento del settore di riferimento e riguardo alla conseguente impressione generale suscitata dai disegni o modelli in questione nell’utilizzatore informato.

14      Il 12 marzo 2014, la ricorrente ha presentato osservazioni e prove. Lo stesso giorno, l’interveniente ha presentato osservazioni.

15      Con decisioni del 10 ottobre 2014 (in prosieguo: le «decisioni impugnate»), la terza commissione di ricorso ha respinto i ricorsi ed ha dichiarato la nullità dei disegni e dei modelli contestati.

16      La commissione di ricorso ha ritenuto di doversi pronunciare, conformemente all’articolo 61, paragrafo 6, del regolamento n. 6/2002, sulla questione dell’affollamento del settore o del mercato di riferimento, posto che il Tribunale, nella sua sentenza del 13 novembre 2012 (T‑83/11 e T‑84/11, EU:T:2012:592), aveva ritenuto che tale questione dell’affollamento dello stato dell’arte, che poteva essere idoneo a rendere l’utilizzatore informato più sensibile alle differenze di proporzioni interne tra tali diversi disegni o modelli, non fosse stata adeguatamente esaminata nelle decisioni precedentemente annullate. La commissione di ricorso ha ritenuto di dover stabilire, sulla base degli elementi di prova e degli argomenti presentati dalle parti, se vi fosse, nel settore di riferimento, una situazione di affollamento derivante dall’esistenza di una moltitudine di altri disegni o modelli aventi le stesse caratteristiche generali dei disegni o modelli in questione (punti 14, da 17 a 19 e 25 delle decisioni impugnate). La commissione di ricorso ha sottolineato che, nel caso di specie, il settore da sottoporre a tale valutazione era specificamente quello dei termosifoni e non quello degli impianti per il riscaldamento (punto 29 delle decisioni impugnate).

17      A tale riguardo, la commissione di ricorso ha ritenuto necessario che la parte che deduce l’affollamento dello stato dell’arte presentasse un insieme di elementi di prova chiaro, preciso, coerente e attuale (punti 36, 41 e 50 delle decisioni impugnate). Essa ha constatato, sostanzialmente, che gli elementi di prova forniti dalla ricorrente al fine di dimostrare lo stato di affollamento del settore di riferimento non erano esaurienti, erano di scarsa qualità e avrebbero dovuto essere più coerenti e precisi. Essa ha inoltre sottolineato che i cataloghi forniti come allegato alle osservazioni della ricorrente del 12 marzo 2014 erano non datati o, quando presentavano data, si riferivano agli anni 2004 e 2006 (punti da 41 a 46 delle decisioni impugnate).

18      Per quanto attiene al confronto dei disegni o modelli in conflitto, la commissione di ricorso ha ritenuto essenzialmente che le loro somiglianze, relative a forma e disposizione dei termosifoni e dei tubi riscaldanti, prevalessero sulle loro differenze minime, quanto a profondità o proporzioni interne, rispettiva distanza tra i tubi e numero di tubi, che necessitavano di un esame attento (punti da 52 a 62 delle decisioni impugnate). La commissione di ricorso ne ha concluso che i disegni o modelli contestati non presentavano un carattere individuale specifico ai sensi dell’articolo 6 del regolamento n. 6/2002, posto che l’impressione generale da essi suscitata nell’utilizzatore informato non si differenziava da quella suscitata dalle forme e dall’aspetto dei disegni o modelli anteriori (punto 64 delle decisioni impugnate).

 Conclusioni delle parti

19      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare le decisioni impugnate;

–        dichiarare di conseguenza la validità dei disegni e dei modelli contestati senza rinviare le questioni all’EUIPO;

–        «dichiarar[e] il contrasto tra l’art[icolo] 1 quinquies del [r]egolamento [n.] 216/96 e l’art[icolo] 41 della [Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea]»;

–        condannare, in solido tra loro, l’EUIPO e l’interveniente alle spese e condannare l’interveniente alle spese del procedimento dinanzi all’EUIPO.

20      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi;

–        condannare la ricorrente alle spese.

21      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi e dichiarare nulli i disegni o modelli contestati;

–        condannare la ricorrente alle spese, comprese quelle del procedimento dinanzi all’EUIPO.

 In diritto

22      A fondamento dei suoi ricorsi di annullamento, la ricorrente deduce, in sostanza, quattro motivi. I motivi vertono, in primo luogo e sostanzialmente, sulla violazione dell’obbligo di imparzialità della commissione di ricorso alla luce dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e sulla violazione del regolamento (CE) n. 216/96 della Commissione, del 5 febbraio 1996, che stabilisce il regolamento di procedura delle commissioni di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (GU 1996, L 28, pag. 11), come modificato dal regolamento (CE) n. 2082/2004 della Commissione, del 6 dicembre 2004 (GU 2004, L 360, pag. 8), in secondo luogo, sulla violazione dell’articolo 6 e dell’articolo 61, paragrafo 6, del regolamento n. 6/2002, in terzo luogo e in via subordinata, sulla violazione dell’articolo 6 e dell’articolo 63, paragrafo 1, di detto regolamento nonché dei principi della tutela del legittimo affidamento, di buona amministrazione e di parità di trattamento nonché, in quarto luogo e in via ulteriormente subordinata, sulla violazione dell’articolo 6 e dell’articolo 62, prima frase, del medesimo regolamento, sull’obbligo di motivazione.

23      All’udienza, la ricorrente ha sollevato un motivo vertente sulla violazione da parte dell’EUIPO di un termine ragionevole.

24      Ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso dì causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Tuttavia, un motivo che costituisca un’estensione di un motivo precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio, e che sia strettamente connesso con questo, dev’essere considerato ricevibile [v. sentenza del 30 maggio 2013, Moselland/UAMI – Renta Siete (DIVINUS), T‑214/10, non pubblicata, EU:T:2013:280, punto 69 e giurisprudenza ivi citata]. Nel caso di specie, la ricorrente ha ammesso dinanzi al Tribunale che il suo motivo vertente sulla violazione del termine ragionevole non era contenuto nel ricorso, il quale richiama l’articolo 41 della Carta unicamente per far valere la violazione dell’obbligo di imparzialità della commissione di ricorso.

25      Si deve pertanto respingere, in quanto irricevibile, il motivo vertente sulla violazione del principio del termine ragionevole da parte dell’EUIPO, conformemente a quanto sostenuto da quest’ultimo.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta e del regolamento n. 216/96

26      La ricorrente deduce, in sostanza, la violazione del suo diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, e la violazione del regolamento n. 216/96. Nell’ambito del suo primo motivo, la ricorrente solleva inoltre un’eccezione di illegittimità nei confronti dell’articolo 1 quinquies del regolamento n. 216/96.

27      Il Tribunale ritiene che occorra innanzitutto esaminare tale eccezione di illegittimità.

 Sull’eccezione di illegittimità

28      La ricorrente chiede preliminarmente al Tribunale di accertare e dichiarare il contrasto tra l’articolo 1 quinquies del regolamento n. 216/96 e l’articolo 41 della Carta. Tale domanda, esposta ai punti 19 e 20 dei ricorsi, è inoltre contenuta nel terzo capo delle conclusioni della ricorrente.

29      L’EUIPO fa valere, in sostanza, che tale domanda della ricorrente è irricevibile, in quanto competente in materia non sarebbe il Tribunale, ma soltanto la Corte.

30      Si deve preliminarmente ricordare che, ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 2, del regolamento n. 6/2002, il ricorso dinanzi al Tribunale contro le decisioni delle commissioni di ricorso «può essere proposto per incompetenza, inosservanza di norme processuali essenziali, violazione del trattato, [di detto] regolamento e di qualsiasi norma giuridica relativa alla loro applicazione, o per sviamento di potere». Nel caso di specie, risulta dai ricorsi presentati dalla ricorrente che quest’ultima contesta alla commissione di ricorso di aver applicato una disciplina illegittima, in quanto incompatibile con la Carta, la quale, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, TUE, ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Di conseguenza, senza peraltro richiamare direttamente l’articolo 277 TFUE, la ricorrente ha sollevato un’eccezione di illegittimità ai sensi di detto articolo, chiedendo al Tribunale di dichiarare l’inapplicabilità dell’articolo 1 quinquies del regolamento n. 216/96 alla presente controversia (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 12 luglio 2001, Kik/UAMI, T‑120/99, EU:T:2001:189, punto 20).

31      Ai sensi dell’articolo 277 TFUE, l’inapplicabilità di un atto di portata generale adottato da un’istituzione, organo o organismo dell’Unione europea può essere invocata, sulla base dei motivi previsti all’articolo 263, secondo comma, TFUE, dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, compresa la violazione del trattato. Secondo una costante giurisprudenza, detto articolo 277 TFUE è espressione di un principio generale che garantisce a qualsiasi parte il diritto di contestare, al fine di ottenere l’annullamento di una decisione che la concerne direttamente e individualmente, la validità di precedenti atti delle istituzioni, che costituiscono il fondamento giuridico della decisione impugnata, qualora tale parte non avesse il diritto di proporre, in forza dell’articolo 263 TFUE, un ricorso diretto contro tali atti, di cui essa subisce così le conseguenze senza averne potuto chiedere l’annullamento (sentenza del 6 marzo 1979, Simmenthal/Commissione, 92/78, EU:C:1979:53, punto 39). Di conseguenza, il fatto che il regolamento n. 6/2002 non menzioni espressamente l’eccezione di illegittimità quale via legale incidentale di cui i soggetti dell’ordinamento possano valersi dinanzi al Tribunale allorché chiedono l’annullamento o la riforma di una decisione di una commissione di ricorso dell’EUIPO, non impedisce ai soggetti dell’ordinamento di sollevare tale eccezione nell’ambito di siffatto ricorso. Tale diritto risulta dal principio generale sopra enunciato (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 12 luglio 2001, Kik/UAMI, T‑120/99, EU:T:2001:189, punto 21).

32      Occorre osservare che l’argomento dell’EUIPO secondo il quale soltanto la Corte sarebbe competente a dichiarare la contrarietà degli atti rispetto al diritto dell’Unione risulta in realtà da una confusione con la competenza esclusiva della Corte rispetto alle questioni pregiudiziali che comportano un giudizio di validità ai sensi dell’articolo 267, secondo comma, TFUE. Ebbene, nel caso di specie, non viene trattata una questione sollevata dal giudice di uno Stato membro nell’ambito di una controversia nazionale.

33      Occorre pertanto respingere l’argomento dell’EUIPO secondo il quale tale domanda della ricorrente sarebbe irricevibile.

34      Nel merito, la ricorrente afferma che l’articolo 1 quinquies del regolamento n. 216/96, nella misura in cui non prevede l’obbligo di modificare la composizione della commissione di ricorso nel caso in cui il ricorso venga deferito, dopo l’annullamento di una decisione, alla commissione che si era precedentemente pronunciata, è contrario all’obbligo di imparzialità ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta.

35      L’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, sul diritto ad una buona amministrazione, prevede che «ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione».

36      L’articolo 1 quinquies del regolamento n. 216/96, come modificato, è così formulato:

«1. Se (...) i provvedimenti necessari per conformarsi a una sentenza della Corte di giustizia [dell’Unione europea] che annulla interamente o parzialmente la decisione di una commissione di ricorso o della commissione allargata comprendono un nuovo esame da parte delle commissioni di ricorso del ricorso oggetto della decisione, il Presidium stabilisce se il ricorso debba essere deferito alla commissione che ha preso questa decisione, ad un’altra commissione o alla commissione allargata.

2. Quando il ricorso è deferito ad un’altra commissione, quest’ultima non potrà comprendere nessuno dei membri che hanno preso parte alla decisione contestata. Quest’ultima disposizione non si applica quando il ricorso è deferito alla commissione allargata».

37      Da tale formulazione non risulta che, qualora il ricorso venga deferito alla commissione di ricorso che ha precedentemente adottato la decisione annullata, esista per il Presidium un obbligo di prevedere una diversa composizione della commissione di ricorso, in modo da non comprendere nessuno dei membri che hanno preso parte alla decisione precedente.

38      Occorre ricordare che il procedimento dinanzi alle commissioni di ricorso dell’EUIPO non ha natura giurisdizionale, bensì amministrativa [v. sentenza del 20 aprile 2005, Krüger/UAMI – Calpis (CALPICO), T‑273/02, EU:T:2005:134, punto 62 e giurisprudenza ivi citata].

39      Ebbene, il Tribunale ha già dichiarato che nessuna norma di diritto, né alcun principio si opponeva al fatto che un’amministrazione affidi agli stessi agenti il riesame di un procedimento avviato in esecuzione di una sentenza di annullamento di una decisione e che non si può enunciare come principio generale derivante dal dovere di imparzialità che un organo amministrativo o giudiziario abbia l’obbligo di rinviare il procedimento ad un’altra autorità o ad un organo di tale autorità diversamente costituito (v., in tal senso, per quanto riguarda l’esame di una situazione da parte di un organo amministrativo, sentenza dell’11 luglio 2007, Schneider Electric/Commissione, T‑351/03, EU:T:2007:212, punti da 185 a 188 e giurisprudenza della Corte EDU ivi citata, e, per quanto riguarda la composizione di un organo giudicante, sentenza del 1° luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punti da 51 a 60 e giurisprudenza della Corte EDU ivi citata).

40      Si deve pertanto concludere che il deferimento da parte del Presidium, conformemente all’articolo 1 quinquies del regolamento n. 216/96, di un ricorso, in seguito ad un annullamento, alla stessa commissione di ricorso che si è in precedenza pronunciata, senza l’obbligo di prevedere una diversa composizione di tale commissione di ricorso, non viola l’obbligo di imparzialità dell’amministrazione ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta.

41      Si deve pertanto respingere l’eccezione di illegittimità nonché, di conseguenza, il terzo capo delle conclusioni della ricorrente.

 Sulla violazione del regolamento n. 276/96 e dell’obbligo di imparzialità della commissione di ricorso

42      Con il suo primo motivo, la ricorrente deduce inoltre la violazione del suo diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, e, implicitamente, la violazione del regolamento n. 216/96. Essa sostiene, in primo luogo, che i ricorsi siano stati deferiti alla medesima commissione di ricorso, la quale, in particolare, comprendeva uno dei membri della commissione di ricorso che aveva adottato le decisioni annullate dal Tribunale, in secondo luogo, che i presenti ricorsi avrebbero dovuto essere deferiti ad una commissione allargata, come consentirebbero le regole di funzionamento dell’EUIPO e, in terzo luogo, che la commissione di ricorso mancava, in ogni caso, di un’apparenza di imparzialità.

43      L’EUIPO e l’interveniente contestano tale argomentazione. Per quanto riguarda il deferimento dei ricorsi alla commissione di ricorso che aveva adottato le decisioni annullate, avente in parte la stessa composizione, l’EUIPO sottolinea, innanzitutto, che siffatto rinvio costituisce una possibilità prevista dall’articolo 1 quinquies del regolamento n. 216/96, successivamente, che la ricorrente non aveva contestato dinanzi all’EUIPO la riattribuzione dei ricorsi alla medesima commissione di ricorso e, infine, che soltanto quando il ricorso è deferito ad un’altra commissione di ricorso quest’ultima non può comprendere nessuno dei membri che hanno preso parte alla decisione annullata. Per quanto attiene all’opportunità di designare una commissione allargata a seguito dell’annullamento pronunciato dal Tribunale, l’EUIPO sostiene che nel caso di specie non ricorrevano le condizioni previste al riguardo dall’articolo 1 ter, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 216/96.

44      In primo luogo, si devono respingere le censure relative al fatto che i ricorsi siano stati deferiti dal Presidium alla medesima commissione di ricorso, che comprendeva uno dei membri della commissione di ricorso che aveva adottato le decisioni annullate dal Tribunale. Infatti, come è stato rilevato ai precedenti punti 36 e 37, dal momento che il Presidium ha deciso di deferire i ricorsi alla medesima commissione di ricorso, non vi era alcun obbligo, ai sensi del regolamento n. 216/96, di prevedere una diversa composizione di tale commissione di ricorso. Inoltre, dai precedenti punti da 38 a 40 emerge che non può risultare alcuna violazione dell’obbligo di imparzialità, ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, dal semplice fatto che vengano deferiti ricorsi ad un’entità costituita in parte da agenti che li avevano già esaminati.

45      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo il quale il Presidium avrebbe dovuto deferire i ricorsi alla commissione allargata, occorre ricordare quali siano i motivi che, ai sensi del regolamento n. 216/96, giustificano il deferimento da parte del Presidium alla commissione allargata.

46      Ai sensi dell’articolo 1 ter, paragrafo 3, del regolamento n. 216/96, «[i]l Presidium, su proposta del presidente delle commissioni di ricorso presentata di propria iniziativa o su richiesta di un membro del Presidium, può deferire alla commissione allargata un ricorso per il quale una commissione [di ricorso] è stata adita qualora lo ritenga giustificato da difficoltà in diritto, dall’importanza del ricorso o da particolari circostanze, in particolare qualora le commissioni di ricorso abbiano pronunciato decisioni divergenti su una questione di diritto sollevata dal ricorso in questione». Il paragrafo 1 del medesimo articolo prevede che una commissione di ricorso possa, in funzione dei medesimi criteri, deferire alla commissione allargata un ricorso per il quale è stata adita.

47      Nel caso di specie, occorre rilevare che, alla luce del combinato disposto dell’articolo 1 ter, paragrafo 3, e dell’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, del regolamento n. 216/96, il deferimento alla commissione allargata costituisce una facoltà lasciata al libero apprezzamento del Presidium e che, in ogni caso, la ricorrente non fornisce alcun elemento atto a dimostrare che, nel caso di specie, ricorressero le condizioni previste sia dall’articolo 1 ter, paragrafo 3, sia dall’articolo 1 ter, paragrafo 1, di detto regolamento, che giustificano il deferimento alla commissione allargata. Essa si limita a sottolineare l’«importanza della decisione alla luce delle osservazioni del Tribunale» e l’«alto livello di contenzioso in materia», senza fornire maggiori spiegazioni in merito alla presunta importanza del ricorso. Dal fatto che la sentenza del 13 novembre 2012 (T‑83/11 e T‑84/11, EU:T:2012:592) abbia annullato le decisioni del 2 novembre 2010 per difetto di motivazione sul punto relativo all’affollamento dello stato dell’arte non emergono una difficoltà in diritto, l’importanza del ricorso o una particolare circostanza che giustifichino il deferimento alla commissione allargata. Di conseguenza, senza che sia necessario esaminare se l’irregolarità dedotta sarebbe tale da giustificare l’annullamento delle decisioni impugnate, nel caso di specie non sussisteva, in ogni caso, alcun motivo che giustificasse il deferimento dei ricorsi alla commissione allargata.

48      In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento vertente sulla presunta mancanza, da parte della commissione di ricorso, di un’apparenza di imparzialità, occorre constatare che la ricorrente non deduce alcun argomento relativo ad una qualsivoglia parzialità di natura personale di uno o più membri della commissione di ricorso.

49      Il primo motivo deve essere pertanto respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 6 e dell’articolo 61, paragrafo 6, del regolamento n. 6/2002

50      Con il suo secondo motivo, la ricorrente intende dimostrare che la commissione di ricorso è incorsa in errori di valutazione delle prove relative all’affollamento dello stato dell’arte e, quindi, del carattere individuale dei disegni o modelli contestati ai sensi dell’articolo 6 del regolamento n. 6/2002. Così facendo, la commissione di ricorso non avrebbe adempiuto il suo obbligo di «prendere i provvedimenti necessari per conformarsi» alla sentenza del 13 novembre 2012 (T‑83/11 e T‑84/11, EU:T:2012:592), conformemente all’articolo 61, paragrafo 6, del regolamento in parola.

51      L’EUIPO e l’interveniente contestano tale argomentazione.

52      Dalla formulazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 6/2002 emerge che il carattere individuale deve essere valutato, per i disegni o modelli comunitari registrati, alla luce dell’impressione generale suscitata nell’utilizzatore informato. L’impressione generale suscitata nell’utilizzatore informato deve essere diversa da quella suscitata da qualsiasi disegno o modello divulgato al pubblico anteriormente alla data di deposito della domanda di registrazione ovvero, qualora sia stata rivendicata una priorità, anteriormente alla data di quest’ultima. L’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento n. 6/2002 precisa che, nell’accertare il carattere individuale, occorre prendere in considerazione il margine di libertà dell’autore nel realizzare tale disegno o modello.

53      Come emerge dalla giurisprudenza, il carattere individuale di un disegno o modello risulta da un’impressione generale, dal punto di vista dell’utilizzatore informato, di differenza o di assenza di «déjà vu» rispetto a qualsiasi anteriorità nell’ambito dell’insieme dei disegni o modelli già esistenti, senza tenere conto delle differenze che, benché non costituiscano meri dettagli irrilevanti, non sono sufficientemente marcate da modificare detta impressione generale, ma prendendo in considerazione differenze sufficientemente marcate da creare impressioni complessive dissimili [v. sentenza del 7 novembre 2013, Budziewska/UAMI – Puma (Felino balzante), T‑666/11, non pubblicata, EU:T:2013:584, punto 29 e giurisprudenza ivi citata].

54      Nel valutare il carattere individuale di un disegno o modello rispetto a qualsiasi anteriorità nell’ambito dell’insieme dei disegni o modelli già esistenti si deve prendere in considerazione la natura del prodotto cui il disegno o modello si applica o in cui esso è incorporato e, più in particolare, il comparto industriale cui appartiene (considerando 14 del regolamento n. 6/2002), il grado di libertà dell’autore nell’elaborare il disegno o modello, l’eventuale affollamento dello stato dell’arte, che può essere tale da rendere l’utilizzatore informato più sensibile alle differenze tra i disegni o modelli messi a confronto, nonché il modo in cui il prodotto in questione viene utilizzato, in particolare a seconda delle manipolazioni cui di norma è soggetto in tale occasione (v. sentenza del 7 novembre 2013, Felino balzante, T‑666/11, non pubblicata, EU:T:2013:584, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

55      L’affollamento dello stato dell’arte, sebbene non possa essere considerato un limite alla libertà dell’autore, può essere tale, ove accertato, da rendere l’utilizzatore più sensibile alle differenze di dettaglio dei disegni o modelli in conflitto. Di conseguenza, un disegno o un modello può, in ragione di un affollamento dello stato dell’arte, presentare carattere individuale a motivo di caratteristiche che, in mancanza di un siffatto affollamento, non sarebbero atte a suscitare una differenza di impressione generale sull’utilizzatore informato [v., in tal senso, sentenze del 12 marzo 2014, Tubes Radiatori/UAMI – Antrax It (Radiatore), T‑315/12, non pubblicata, EU:T:2014:115, punto 87 e giurisprudenza ivi citata, e del 29 ottobre 2015, Roca Sanitario/UAMI – Villeroy & Boch (Rubinetto a comando unico), T‑334/14, non pubblicata, EU:T:2015:817, punto 83].

56      Nel valutare il carattere individuale di un disegno o modello si deve inoltre tenere conto del punto di vista dell’utilizzatore informato. Come risulta da costante giurisprudenza, l’utilizzatore informato è una persona dotata di una particolare diligenza e che dispone di una certa conoscenza del precedente stato dell’arte, vale a dire dell’insieme dei disegni o modelli relativi al prodotto in questione che sono stati divulgati alla data del deposito del disegno o modello contestato o, eventualmente, alla data della priorità rivendicata [sentenze del 18 marzo 2010, Grupo Promer Mon Graphic/UAMI – PepsiCo (Rappresentazione di un supporto promozionale circolare), T‑9/07, EU:T:2010:96, punto 62; del 9 settembre 2011, Kwang Yang Motor/UAMI – Honda Giken Kogyo (Motore a combustione interna), T‑11/08, non pubblicata, EU:T:2011:447, punto 23, e del 6 giugno 2013, Kastenholz/UAMI – Qwatchme (Quadrante di orologio), T‑68/11, EU:T:2013:298, punto 57].

57      Nel caso di specie, l’utilizzatore informato è stato definito dalla commissione di ricorso come colui che acquista radiatori per riscaldamento per installarli nella propria abitazione e che, senza essere esperto in disegno industriale come lo sarebbe un architetto o un decoratore d’interni, è al corrente di ciò che offre il mercato, delle tendenze, della moda e delle caratteristiche basilari dei prodotti. La commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che tale definizione fosse stata confermata ai punti 41 e 42 della sentenza del 13 novembre 2012 (T‑83/11 e T‑84/11, EU:T:2012:592). Tale definizione non è, del resto, contestata dalle parti.

58      Inoltre, la commissione di ricorso ha considerato che, non esistendo vincoli normativi o tecnici particolari, l’autore poteva scegliere, per la sezione tubi e per il disegno dei collettori, tra un’ampia gamma di forme diverse. La commissione di ricorso ha inoltre giustamente ritenuto che la valutazione secondo la quale il margine di libertà dell’autore non era nella fattispecie ridotto fosse stata confermata ai punti da 46 a 52 della sentenza del 13 novembre 2012 (T‑83/11 e T‑84/11, EU:T:2012:592).

59      A sostegno del suo secondo motivo, vertente sugli errori commessi dalla commissione di ricorso nella valutazione delle prove relative all’affollamento dello stato dell’arte, la ricorrente solleva, in sostanza, due censure. Con la prima censura, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso abbia commesso un errore riguardo al momento della valutazione dell’affollamento dello stato dell’arte, collocandolo alla data della pronuncia delle decisioni impugnate, ossia nell’ottobre 2014, mentre occorreva valutarlo alla data della domanda di registrazione dei disegni o modelli contestati, ossia nel settembre 2006. La commissione di ricorso avrebbe quindi erroneamente ritenuto che le prove dell’affollamento dello stato dell’arte fornite dalla ricorrente in allegato alle sue osservazioni del 12 marzo 2014, riferite al periodo della registrazione (tra il 2004 ed il 2006), non fossero «attuali». Tale errore sarebbe inoltre dimostrato dall’utilizzo del tempo presente nelle decisioni impugnate, nonché dai diversi riferimenti alla situazione «attuale» del settore di riferimento.

60      L’EUIPO contesta il fatto che l’analisi del carattere affollato del settore sia stata effettuata alla data delle decisioni impugnate. Esso ritiene, peraltro, che anche in tale ipotesi, dal momento che le prove fornite erano insufficienti a dimostrare l’affollamento del settore alla data delle decisioni impugnate, esse erano a fortiori insufficienti anche a dimostrare l’affollamento dello stato dell’arte al momento del deposito della domanda di registrazione dei disegni o modelli contestati, tenuto conto del fatto che sarebbe illogico ritenere che un settore che era affollato in precedenza abbia in seguito cessato di esserlo.

61      La commissione di ricorso ha ritenuto che, tenuto conto in particolare della sentenza del 13 novembre 2012 (T‑83/11 e T‑84/11, EU:T:2012:592), il concetto di affollamento del settore di riferimento non poteva essere nel caso di specie né presunto né stabilito a priori in maniera sommaria, come era a volte avvenuto in precedenza. Essa ha ritenuto che, data l’importanza e la rilevanza del principio giuridico dell’affollamento dello stato dell’arte, al fine di stabilire il carattere individuale di un determinato disegno o modello fosse necessario per la parte che lo invocava, ovverosia la ricorrente, presentare elementi di prova sufficientemente chiari, precisi e coerenti. Al punto 41 delle decisioni impugnate, essa ha aggiunto che tali elementi di prova dovevano anche essere «attuali». Essa ha ricordato di avere concesso, a tale fine, un nuovo termine alle parti per presentare argomenti ed elementi di prova su questo punto. Essa ha ritenuto che, in particolare, i documenti depositati dalla ricorrente in allegato alle sue osservazioni del 12 marzo 2014, ossia gli estratti di uno dei suoi cataloghi, gli estratti di un catalogo dell’interveniente, gli estratti ottenuti da cinque cataloghi di altre imprese operanti nel settore (Tubes, Tubor, The Radiator Company, Metalform e Rondra) ed un’immagine che pone a confronto un radiatore realizzato secondo uno dei disegni o modelli contestati e uno dei disegni o modelli anteriori, non fossero esaurienti in quanto gli estratti dei cataloghi mostravano solo alcuni modelli di radiatore per riscaldamento offerti da soli cinque produttori, senza però mostrare l’intera gamma dei prodotti offerti da questi o da altri produttori. Inoltre, la commissione di ricorso ha notato la qualità assai scarsa di certe riproduzioni di radiatori, cosicché le risultava impossibile valutare le loro linee e i loro contorni correttamente, ed ha criticato il fatto che le immagini fossero state ottenute da cataloghi e non da registrazioni di disegni o modelli. Infine, la commissione di ricorso ha sottolineato, al punto 46 delle decisioni impugnate, che i cataloghi in questione erano non datati o che, quando presentavano data, corrispondevano agli anni 2004 e 2006. La commissione di ricorso ha aggiunto che la prova di un elevato grado di densità nel settore di riferimento avrebbe dovuto consistere in mezzi di prova maggiormente consistenti e precisi come, ad esempio, altri cataloghi e prove documentali riguardanti prodotti offerti da un maggior numero di imprese concorrenti, dichiarazioni di esperti del settore, dichiarazioni di associazioni di produttori e di consumatori, cataloghi e listini prezzi di grandi distributori operanti nel settore di riferimento e, infine, indagini e studi di settore effettuati da società terze. La commissione di ricorso ne ha concluso che l’insieme della documentazione prodotta non era sufficiente per stabilire il grado di affollamento dello stato dell’arte e, ancor più, per verificare la veridicità dell’asserzione della ricorrente secondo la quale il settore di riferimento era affollato. La commissione di ricorso ha aggiunto che certi disegni o modelli rappresentati nelle prove fornite si discostavano anche visivamente rispetto agli altri esempi forniti dalla ricorrente.

62      Quanto alle decisioni precedenti dell’EUIPO, pertinenti per quanto riguarda l’esistenza di un affollamento del settore in questione, tra le quali, in particolare, la decisione del 17 aprile 2008 (procedimento R 976/2007-3), nella quale la medesima commissione di ricorso aveva menzionato il fatto che il settore dei radiatori per riscaldamento fosse «notoriamente» affollato, la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che la sua prassi decisionale precedente costituisse un’indicazione sufficiente soltanto se corroborata da una documentazione che presentasse in modo inequivoco «lo stato attuale d[ei] fatti», circostanza che non ricorreva nel caso di specie.

63      Innanzitutto, dalla giurisprudenza emerge che è alla data del deposito della domanda di registrazione del disegno o modello contestato che occorre, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, esaminare il carattere individuale del disegno o modello contestato e stabilire l’eventuale esistenza di un affollamento dello stato dell’arte (v., in tal senso, sentenza del 29 ottobre 2015, Rubinetto a comando unico, T‑334/14, non pubblicata, EU:T:2015:817, punto 87). Tale affermazione non è stata del resto contestata dall’EUIPO.

64      Nel caso di specie, si deve constatare che, come sostiene la ricorrente, la commissione di ricorso ha commesso un errore riguardante la data della valutazione dell’eventuale esistenza di un affollamento dello stato dell’arte. La commissione di ricorso ha dichiarato, al punto 46 delle decisioni impugnate, che «i cataloghi in questione sono non datati, o che quando presentano data, essi corrispondono agli anni 2004 e 2006», con ciò indicando che tali anni non erano rilevanti per la sua valutazione dell’esistenza di un affollamento dello stato dell’arte. Ebbene, quantomeno il catalogo del 2006 corrisponde all’anno di registrazione dei disegni o modelli contestati ed era quindi rilevante ai fini della valutazione dell’affollamento dello stato dell’arte. Peraltro, occorre sottolineare che, al punto 41 delle decisioni impugnate, la commissione di ricorso ha affermato che, «data la crucialità di questo fattore [ossia l’affollamento dello stato dell’arte], esso non p[oteva] essere oggetto di presunzione alcuna e d[oveva] essere valutato alla luce di un insieme di elementi di prova chiari, precisi, coerenti e attuali», con ciò indicando che essa analizzava l’affollamento dello stato dell’arte al momento delle decisioni impugnate. Tale affermazione è corroborata dal punto 49 delle decisioni impugnate, nel quale la commissione di ricorso ha indicato quanto segue:

«[l]e decisioni [del 2007 e del 2008] prese in precedenza [dall’EUIPO] sull’affollamento del settore di riferimento invocate dalla titolare non possono essere indicazione sufficiente se non sono corroborate da una documentazione che presenti in modo inequivoco lo stato attuale d[ei] fatti (...)».

65      L’espressione «stato attuale dei fatti» non può, in questo contesto, fare riferimento al 2006.

66      Alla luce di quanto precede, si deve pertanto constatare che la commissione di ricorso ha valutato l’affollamento dello stato dell’arte ad una data errata. Contrariamente a quanto sostenuto dall’EUIPO, i diversi riferimenti allo stato attuale dei fatti di cui al precedente punto 64, il fatto che i cataloghi del 2004 e del 2006 non fossero stati considerati riferiti al periodo corretto, nonché l’uso del presente nei punti rilevanti delle decisioni impugnate costituiscono prove nel loro insieme sufficienti a dimostrare, nel caso di specie, siffatto errore.

67      Si deve inoltre respingere l’argomento dell’EUIPO secondo il quale, in sostanza, dato che la commissione di ricorso avrebbe ritenuto che il settore non fosse affollato alla data delle decisioni impugnate, esso non poteva essere affollato otto anni prima, poiché sarebbe illogico ritenere che un settore che era affollato in precedenza abbia cessato di esserlo successivamente. In primo luogo, è erroneo affermare che la commissione di ricorso abbia considerato, nelle decisioni impugnate, che il settore di riferimento non fosse affollato al momento delle decisioni impugnate. Essa ha semplicemente ritenuto che l’affollamento dello stato dell’arte non fosse stato sufficientemente dimostrato alla data delle decisioni impugnate. In secondo luogo, tale argomento costituisce una semplice affermazione non suffragata, in quanto l’EUIPO non dimostra perché l’affollamento dello stato dell’arte non potrebbe variare in un periodo lungo otto anni.

68      Si deve tuttavia constatare che l’errore commesso dalla commissione di ricorso non può comportare l’annullamento delle decisioni impugnate.

69      Infatti, sebbene abbia erroneamente ritenuto che i cataloghi del 2004 e del 2006 non si riferissero agli anni rilevanti ai fini della sua valutazione, la commissione di ricorso si è tuttavia preoccupata di esaminarli e di concludere che erano insufficienti a dimostrare un affollamento dello stato dell’arte, sulla base di altri elementi sostanziali. Essa ha così notato, al punto 40 delle decisioni impugnate, che gli estratti dei cataloghi del 2004 (Tubor) e del 2006 (The Radiator Company) erano insufficienti sotto il profilo del numero di modelli presentati e non presentavano l’intera gamma dei prodotti offerti da tali produttori (due modelli nel catalogo della Tubor, tre modelli in quello di The Radiator Company) e che le immagini del catalogo del 2006 di The Radiator Company (modelli Volcano e Volcano Vertical) erano di scarsa qualità. Peraltro, la sua constatazione del fatto che gli estratti dei cataloghi proposti riguardavano soltanto cinque produttori prendeva effettivamente in considerazione i cataloghi del 2004 e del 2006. La commissione di ricorso ha ritenuto che le prove sarebbero dovute consistere in mezzi di prova maggiormente consistenti e precisi come, ad esempio, altri cataloghi e prove documentali riguardanti prodotti offerti da un maggior numero di imprese concorrenti, dichiarazioni di esperti del settore, dichiarazioni di associazioni di produttori e di consumatori, cataloghi e listini prezzi di grandi distributori operanti nel settore di riferimento e, infine, indagini e studi di settore effettuati da società terze, ma che la ricorrente avesse presentato soltanto qualche immagine ottenuta da cinque cataloghi di imprese produttrici di termosifoni. Inoltre, al punto 44 delle decisioni impugnate, la commissione di ricorso ha sottolineato che certi disegni o modelli dei cataloghi si discostavano visivamente rispetto agli altri esempi forniti, in particolare certi che figurano nel catalogo del 2006 di The Radiator Company, con ciò indicando che tali esempi non erano rilevanti per dimostrare l’esistenza di modelli molto simili a quelli in questione e, quindi, un affollamento dello stato dell’arte. Tali considerazioni, vertenti sull’insufficienza del numero e sull’irrilevanza delle prove, sono valide anche per quanto riguarda la valutazione dell’affollamento dello stato dell’arte alla data della domanda di registrazione dei disegni o modelli contestati.

70      Di conseguenza, si deve constatare, in definitiva, che la commissione di ricorso ha giustamente considerato che le prove relative al periodo rilevante ai fini della valutazione dell’affollamento dello stato dell’arte (in particolare, le prove del 2006) fossero insufficienti per numero, qualità e rilevanza.

71      La prima censura, pertanto, non può essere accolta.

72      Con la seconda censura la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso avrebbe omesso di prendere in considerazione prove relative all’affollamento del mercato dalla stessa già presentate nell’ambito dei precedenti procedimenti dinanzi all’EUIPO che sono all’origine delle decisioni del 2 novembre 2010.

73      In primo luogo, occorre ricordare che, in seguito alla sentenza del 13 novembre 2012 (T‑83/11 e T‑84/11, EU:T:2012:592), il relatore ha invitato le parti a depositare tutte le prove e le osservazioni che intendessero presentare in merito all’affollamento dello stato dell’arte. La ricorrente ha depositato osservazioni e prove su tale questione il 12 marzo 2014. Tali prove, allegate alle osservazioni della ricorrente del 12 marzo 2014, sono debitamente elencate al punto 39 delle decisioni impugnate. La commissione di ricorso ha inoltre indicato, ai punti da 48 a 51 delle decisioni impugnate, la precedente prassi decisionale dell’EUIPO sulla questione.

74      Occorre notare che i documenti espressamente indicati nelle decisioni impugnate non sono i soli che la commissione di ricorso ha esaminato, dato che il punto 39 delle decisioni impugnate comincia con l’espressione «[i]n particolare», la quale sottolinea il fatto che il successivo elenco dei documenti relativi all’affollamento dello stato dell’arte forniti dalla ricorrente non aveva alcuna pretesa di essere esaustivo, e che l’analisi della commissione di ricorso è stata effettuata sulla base di un insieme più ampio di documenti. A tale riguardo si deve osservare che la commissione di ricorso non è tenuta a fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dinanzi ad essa dalle parti, in quanto la motivazione può essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali la decisione della commissione di ricorso è stata adottata ed al giudice competente di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo [v., per analogia, sentenza del 9 luglio 2008, Reber/UAMI – Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (Mozart), T‑304/06, EU:T:2008:268, punto 55 e giurisprudenza ivi citata].

75      In secondo luogo, si deve constatare che l’insieme delle prove dell’affollamento dello stato dell’arte prodotte dalla ricorrente è stato considerato insufficiente a dimostrare l’esistenza di un affollamento dello stato dell’arte nel settore interessato, come emerge dal punto 41 delle decisioni impugnate.

76      In terzo luogo, per quanto riguarda i documenti allegati alle osservazioni della ricorrente del 3 settembre 2008, ossia le foto dei radiatori E.CO.TERM (della Cordivari) e Runtal, occorre constatare che essi non sono idonei a modificare la constatazione dell’insufficienza delle prove effettuata nelle decisioni impugnate. Si tratta di alcune foto di radiatori, che occupano soltanto tre pagine. L’unica foto che raffigura sei radiatori della Cordivari tutti insieme (peraltro poco visibili) è del 1997, ossia nove anni prima del momento in cui deve essere valutato l’affollamento dello stato dell’arte, e rappresenta radiatori, quattro dei quali non presentano le stesse caratteristiche generali dei disegni o modelli di cui trattasi. Lo stesso vale per le sei foto di radiatori Runtal, due dei quali sono molto diversi da quelli in questione. Inoltre, tali foto sono non datate oppure, volendo interpretare il riferimento al listino prezzi come una data, esse sono in ogni caso del 2000. Per quanto riguarda le osservazioni della ricorrente del 6 agosto 2009, si deve constatare che essa non fornisce alcuna argomentazione che consenta di stabilire che le eventuali prove in esse contenute sono idonee a dimostrare un affollamento dello stato dell’arte. Si deve pertanto constatare che la ricorrente non dimostra quali prove dell’affollamento dello stato dell’arte sarebbero state omesse nell’esame e sarebbero state sufficientemente rilevanti e decisive da modificare la posizione della commissione di ricorso.

77      Si deve pertanto respingere la seconda censura e, quindi, il secondo motivo nel suo insieme.

 Sui motivi terzo e quarto, sollevati in via subordinata e vertenti sulla violazione dell’articolo 6 e dell’articolo 63, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, dei principi della tutela del legittimo affidamento, di buona amministrazione e della parità di trattamento, nonché sulla violazione dell’articolo 6 e dell’articolo 62, prima frase, del regolamento n. 6/2002, per quanto riguarda l’obbligo di motivazione delle decisioni dell’EUIPO

78      Con i suoi motivi terzo e quarto, sollevati in via subordinata, la ricorrente contesta, in sostanza, alla commissione di ricorso di essersi discostata dalla sua precedente decisione del 17 aprile 2008 (procedimento R 976/2007-3), presentata come prova dalla ricorrente, decisione nella quale la commissione di ricorso aveva concluso per il carattere «notoriamente» affollato del mercato dei radiatori per riscaldamento. Con il suo quarto motivo, sollevato in via ulteriormente subordinata, la ricorrente critica la motivazione eccessivamente sommaria, al punto 51 delle decisioni impugnate, delle ragioni di tale cambio di orientamento.

79      L’EUIPO e l’interveniente contestano tale argomentazione.

80      Nel caso di specie, ai punti 48 e 49 delle decisioni impugnate, la commissione di ricorso ha ritenuto che, nonostante le conclusioni raggiunte dalla divisione di annullamento in una decisione del 12 aprile 2007, nonché quelle raggiunte dalla commissione di ricorso nella decisione del 17 aprile 2008 (procedimento R 976/2007-3), menzionate dalla ricorrente, la documentazione presentata da quest’ultima non potesse essere considerata sufficiente per dimostrare che, allo stato attuale degli atti, il settore di riferimento era così affollato da far sì che l’utilizzatore informato prestasse una maggiore attenzione alle differenze tra i disegni o modelli posti a confronto. La commissione di ricorso ha ritenuto che le decisioni prese in precedenza dall’EUIPO sull’affollamento del settore di riferimento non costituissero un’indicazione sufficiente se non erano corroborate da una documentazione che presentasse in modo inequivoco lo stato attuale dei fatti, i quali non potevano essere oggetto di alcuna presunzione giacché l’affollamento dello stato dell’arte non poteva essere meramente fondato su un fatto notorio. Al punto 50 delle decisioni impugnate la commissione di ricorso ha sottolineato che, vista l’importanza della nozione di affollamento dello stato dell’arte, specialmente nel contesto dei casi in esame, era assolutamente necessario che la titolare presentasse un impianto probatorio sufficientemente chiaro, preciso e coerente, e non qualche immagine ottenuta da cataloghi o, come nel caso di specie, un semplice riferimento a decisioni prese in passato dall’EUIPO o dalle commissioni di ricorso. Al punto 51 delle decisioni impugnate, la commissione di ricorso ha ricordato che la legittimità delle decisioni dell’EUIPO doveva essere valutata unicamente sulla base del regolamento n. 6/2002, come interpretato dal giudice dell’Unione, e non sulla base di una prassi decisionale precedente dell’EUIPO. La commissione di ricorso ha inoltre ricordato che, alla luce dei principi della parità di trattamento e di buona amministrazione, l’EUIPO doveva certamente prendere in considerazione le decisioni adottate su domande simili e interrogarsi con particolare attenzione sulla questione se occorresse o meno decidere nello stesso senso, ma che l’applicazione di questi principi doveva tuttavia conciliarsi con il rispetto del principio di legalità. Il titolare di un disegno o modello contestato non potrebbe quindi invocare a suo favore un illecito commesso a beneficio di altri al fine di ottenere una decisione identica, dovendosi eseguire un esame rigoroso in ogni caso concreto.

81      Il Tribunale ritiene che si debba innanzitutto esaminare il quarto motivo, vertente, in sostanza, sulla violazione dell’obbligo di motivazione.

–       Sulla violazione dell’obbligo di motivazione

82      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 62, prima frase, del regolamento n. 6/2002, le decisioni dell’EUIPO devono essere motivate. Tale obbligo di motivazione ha la stessa portata di quello dettato dall’articolo 296 TFUE, secondo il quale il ragionamento dell’autore dell’atto deve risultare in modo chiaro ed inequivocabile. Esso ha il duplice scopo di consentire, da un lato, agli interessati di conoscere le giustificazioni del provvedimento adottato al fine di difendere i loro diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione di esercitare il suo sindacato sulla legittimità della decisione [v., per analogia, sentenza del 12 luglio 2012, Gucci/UAMI – Chang Qing Qing (GUDDY), T‑389/11, non pubblicata, EU:T:2012:378, punto 16 e giurisprudenza ivi citata].

83      Nella sentenza del 13 novembre 2012 (T‑83/11 e T‑84/11, EU:T:2012:592), il Tribunale ha constatato che la commissione di ricorso non aveva fornito alcuna motivazione in merito agli argomenti della ricorrente relativi all’affollamento dello stato dell’arte, nemmeno per respingerli in quanto non dimostrati (sentenza del 13 novembre 2012, T‑83/11 et T‑84/11, EU:T:2012:592, punti 79, 87 e da 97 a 99).

84      In seguito a tale sentenza, la ricorrente ha fatto valere, dinanzi alla commissione di ricorso, in particolare nelle sue osservazioni del 12 marzo 2014, le precedenti decisioni della divisione di annullamento del 12 aprile 2007 e della terza commissione di ricorso del 17 aprile 2008, che accertano, rispettivamente, l’affollamento ed il carattere notoriamente affollato del settore dei radiatori.

85      Si deve necessariamente rilevare, alla luce dei punti da 48 a 51 delle decisioni impugnate, ricordati al precedente punto 80, che, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, le decisioni impugnate sono sufficientemente motivate per quanto riguarda le ragioni per le quali la commissione di ricorso ha deciso di non ritenere che il mercato interessato fosse notoriamente affollato, contrariamente a quanto emergerebbe dalle precedenti decisioni dell’EUIPO. Infatti, ai punti 48 e 49 delle decisioni impugnate, la commissione di ricorso ha spiegato che le precedenti decisioni dell’EUIPO che sono state invocate avrebbero potuto costituire un’indicazione sufficiente soltanto qualora fossero state corroborate da una documentazione che presentasse in modo inequivoco lo stato «attuale» dei fatti, i quali non possono essere oggetto di alcuna presunzione giacché l’affollamento dello stato dell’arte non può essere meramente basato su un fatto notorio. Nonostante il riferimento allo stato attuale dei fatti dimostri un errore riguardo alla data di valutazione da prendere in considerazione, la motivazione consente di comprendere chiaramente che la commissione di ricorso ha deciso che la sua prassi decisionale precedente doveva essere corroborata da prove rilevanti alla data in cui doveva essere valutato l’affollamento dello stato dell’arte. Inoltre, ai punti 51 e 52 delle decisioni impugnate, la commissione di ricorso ha richiamato la costante giurisprudenza secondo la quale l’EUIPO non è vincolato dalla sua prassi decisionale e l’applicazione dei principi della parità di trattamento e di buona amministrazione deve conciliarsi con il principio di legalità, dovendo ciascun caso concreto essere sottoposto ad un esame rigoroso. Da tale motivazione emerge che la commissione di ricorso ha ritenuto di doversi discostare dalla constatazione effettuata nelle sue precedenti decisioni, poiché non era sufficientemente suffragata o poteva essere viziata da illegittimità. La questione della pertinenza di tale motivazione rientra, da parte sua, nell’ambito dell’analisi nel merito delle decisioni impugnate.

86      L’affermazione della ricorrente secondo la quale le decisioni impugnate non indicano quali sarebbero le circostanze che permettono di stabilire che il mercato non è o non è più affollato è inoperante in quanto la commissione di ricorso espone, nelle decisioni impugnate, altri motivi che spiegano perché essa non ha effettuato la medesima constatazione risultante da precedenti decisioni dell’EUIPO.

87      Da quanto precede risulta che il motivo vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione deve essere respinto.

–       Sull’asserita violazione dell’articolo 63, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 e dei principi della tutela del legittimo affidamento, della parità di trattamento e di buona amministrazione

88      La ricorrente contesta alla commissione di ricorso di non aver applicato al caso di specie la constatazione effettuata nella sua precedente decisione del 17 aprile 2008 (procedimento R 976/2007-3), secondo la quale il mercato dei radiatori per riscaldamento è notoriamente affollato. La ricorrente sostiene che il fatto che la commissione di ricorso si sia discostata da tale precedente constatazione di fatto costituisce una violazione dell’articolo 63, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, del principio della tutela del legittimo affidamento e dei principi della parità di trattamento e di buona amministrazione. La ricorrente richiama, in particolare, la giurisprudenza secondo la quale, alla luce di questi ultimi due principi, l’EUIPO, nell’ambito dell’istruzione di una domanda di registrazione, deve prendere in considerazione le decisioni già adottate per domande simili e chiedersi con particolare attenzione se occorra o meno decidere nello stesso senso. La ricorrente ritiene che, alla luce di tali obblighi, la commissione di ricorso non potesse cambiare opinione su una questione di fatto come era quella dello stato di affollamento del mercato, salvo il verificarsi di circostanze idonee a giustificare un tale cambiamento, circostanze che, in ogni caso, essa non ha addotto.

89      L’EUIPO e l’interveniente contestano tale argomentazione. L’EUIPO sostiene in particolare che sarebbe la sentenza del 12 marzo 2014, Radiatore (T‑315/12, non pubblicata, EU:T:2014:115, punto 87), ad avere imposto l’onere di fornire prova dell’affollamento dello stato dell’arte e ad avere impedito di presumere l’affollamento del settore di riferimento o di considerarlo come un semplice fatto notorio, come era avvenuto nelle decisioni precedenti.

90      Il Tribunale osserva preliminarmente che, contrariamente a quanto afferma l’EUIPO, la sentenza del 12 marzo 2014, Radiatore (T‑315/12, non pubblicata EU:T:2014:115), non ha imposto l’onere di fornire prova dello stato di affollamento e non impediva di considerarlo, se del caso, un fatto notorio. Il riferimento, al punto 87 di tale sentenza, al fatto che un affollamento dello stato dell’arte possa essere tale, ove accertato, da rendere l’utilizzatore informato più sensibile alle differenze di dettaglio dei disegni o modelli di cui trattasi non impedirebbe alla commissione di ricorso di ritenere che un affollamento dello stato dell’arte fosse notorio. Un fatto «accertato» significa solamente un fatto riconosciuto vero, esatto. Ebbene, un fatto notorio è, di norma, un fatto «conoscibil[e] da qualsiasi persona o che p[uò] essere conosciut[o] tramite mezzi generalmente accessibili» [sentenza del 22 giugno 2004, Ruiz-Picasso e a./UAMI – DaimlerChrysler (PICARO), T‑185/02, EU:T:2004:189, punto 29]. Un fatto notorio è quindi un fatto riconosciuto vero da chiunque, a tal punto che non è necessario dimostrarlo.

91      Inoltre, occorre ricordare che l’articolo 63, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 prevede che «[n]el corso del procedimento l’[EUIPO] procede d’ufficio all’esame dei fatti», ma che, «[t]uttavia, nei procedimenti relativi alla dichiarazione di nullità l’esame dell’[EUIPO] si limita ai fatti, ai mezzi di prova e agli argomenti addotti dalle parti e alle richieste da queste presentate». Tale disposizione è espressione del dovere di diligenza, secondo il quale l’istituzione competente deve esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti della fattispecie [v., per analogia, sentenza del 15 luglio 2011, Zino Davidoff/UAMI – Kleinakis kai SIA (GOOD LIFE), T‑108/08, EU:T:2011:391, punto 19 e giurisprudenza ivi citata].

92      Nel caso di specie, la ricorrente non dimostra in che modo il fatto di non aver applicato la constatazione del carattere notoriamente affollato del settore di riferimento costituisca una violazione di detta disposizione, dato che quest’ultima si limita a prevedere gli elementi che devono essere esaminati dall’EUIPO e non predetermina il risultato di tale esame. Il fatto che la sua posizione finale non corrisponda alla posizione sostenuta dalla ricorrente non costituisce in alcun modo una violazione dell’articolo 63, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002.

93      Per quanto riguarda la censura vertente sulla violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento, della parità di trattamento e di buona amministrazione, da una costante giurisprudenza emerge che le decisioni che le commissioni di ricorso dell’EUIPO devono adottare, in forza del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), relativamente alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea, rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non in quello di un potere discrezionale. Pertanto, la legittimità di dette decisioni deve essere valutata unicamente sulla base di tale regolamento e non sulla base di una prassi decisionale precedente a queste ultime [sentenze del 26 aprile 2007, Alcon/UAMI, C‑412/05 P, EU:C:2007:252, punto 65, e del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), T‑346/04, EU:T:2005:420, punto 71]. La Corte ha dichiarato che, alla luce dei principi della parità di trattamento e di buona amministrazione, l’EUIPO, nell’ambito dell’istruzione di una domanda di registrazione di un marchio dell’Unione europea, doveva prendere in considerazione le decisioni già adottate per domande simili e chiedersi con particolare attenzione se occorresse o meno decidere nello stesso senso. Tuttavia, essa ha aggiunto che i principi della parità di trattamento e di buona amministrazione dovevano conciliarsi con il rispetto della legalità. Di conseguenza, la persona che chiede la registrazione di un segno come marchio non può invocare a proprio vantaggio un eventuale illecito commesso in favore di altri al fine di ottenere una decisione identica. Del resto, per motivi di certezza del diritto e, specificamente, di buona amministrazione, l’esame di ogni domanda di registrazione deve essere rigoroso e completo per evitare l’indebita registrazione dei marchi. Tale esame deve essere effettuato in ogni caso concreto. Infatti, la registrazione di un segno come marchio dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso di specie, destinati a verificare se il segno di cui trattasi rientri in un impedimento alla registrazione (sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punti da 74 a 77). Tale giurisprudenza, richiamata al punto 51 delle decisioni impugnate, è applicabile per analogia all’istruzione delle domande di dichiarazione di nullità di disegni o modelli.

94      Per quanto riguarda, più specificamente, la censura mossa alla commissione di ricorso di avere, al punto 35 delle decisioni impugnate, repentinamente aumentato lo standard probatorio richiesto per l’affollamento del mercato rispetto a quanto la stessa richiedeva in passato, quando ormai la ricorrente non poteva più presentare nuove prove, è sufficiente osservare che la ricorrente, contrariamente a quanto afferma, ha avuto ampiamente occasione di depositare prove e osservazioni sull’affollamento dello stato dell’arte in seguito alla sentenza del 13 novembre 2012 (T‑83/11 e T‑84/11, EU:T:2012:592), dato che il relatore ha invitato le parti ad agire in tal senso a seguito della sentenza del Tribunale, cosa che peraltro la ricorrente ha fatto il 12 marzo 2014. La commissione di ricorso non ha quindi violato, in ogni caso, il principio della tutela del legittimo affidamento.

95      Si devono pertanto respingere il terzo ed il quarto motivo e, di conseguenza, i ricorsi nella loro integralità.

 Sulle spese

96      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

97      Nel caso di specie, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dall’EUIPO e dall’interveniente, conformemente alle domande di questi ultimi.

98      L’interveniente ha inoltre chiesto la condanna della ricorrente alle spese da essa sostenute nel corso del procedimento amministrativo dinanzi all’EUIPO. Si deve ricordare in proposito che, ai sensi dell’articolo 190, paragrafo 2, del regolamento di procedura, le spese indispensabili sostenute dalle parti ai fini del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono considerate spese ripetibili. Ciò non vale tuttavia per le spese sostenute ai fini del procedimento dinanzi alla divisione di annullamento. Pertanto, la domanda dell’interveniente di condannare la ricorrente, rimasta soccombente, alle spese del procedimento amministrativo dinanzi all’EUIPO può essere accolta solo limitatamente alle spese indispensabili sostenute dall’interveniente ai fini del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso [v., in tal senso, sentenza del 12 gennaio 2006, Devinlec/UAMI – TIME ART (QUANTUM), T‑147/03, EU:T:2006:10, punto 115]. Occorre precisare che tale condanna si applica unicamente ai procedimenti R 1272/2013-3 et R 1273/2013-3 dinanzi alla commissione di ricorso.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      L’Antrax It Srl è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) e dalla Vasco Group NV, comprese le spese sostenute dalla Vasco Group ai fini dei procedimenti dinanzi alla commissione di ricorso R 1272/2013-3 e R 1273/2013-3.

Gervasoni

Madise

Csehi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 febbraio 2017.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      V. Tomljenović


* Lingua processuale: l’italiano.