Language of document : ECLI:EU:T:2021:316

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

2 giugno 2021 (*)

«Regime linguistico – Bando relativo a concorsi generali per l’assunzione di amministratori e di assistenti nel settore dell’edilizia – Conoscenze linguistiche – Limitazione della scelta della lingua 2 dei concorsi tra tre lingue – Regolamento n. 1 – Articolo 1 quinquies, paragrafo 1, articolo 27 e articolo 28, lettera f), dello Statuto – Discriminazione fondata sulla lingua – Interesse del servizio – Proporzionalità»

Nella causa T‑718/17,

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato,

ricorrente,

sostenuta da

Regno di Spagna, rappresentato da S. Jiménez García, in qualità di agente,

interveniente,

contro

Commissione europea, rappresentata da G. Gattinara, D. Milanowska e L. Vernier, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e intesa all’annullamento del bando relativo ai concorsi generali EPSO/AD/342/17 (AD 6), organizzato ai fini della formazione di un elenco di riserva di ingegneri per la gestione degli edifici (compresi ingegneri ambientali e impiantisti), ed EPSO/AST/141/17 (AST 3), organizzato ai fini della formazione di un elenco di riserva, in primo luogo, di coordinatori/tecnici edili (profilo 1), in secondo luogo, di coordinatori/tecnici edili in ingegneria climatica, elettromeccanica ed elettrotecnica (profilo 2) e, in terzo luogo, di assistenti per la sicurezza sul lavoro/sicurezza degli edifici (profilo 3) (GU 2017, C 242 A, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da M.J. Costeira, presidente, D. Gratsias (relatore) e M. Kancheva, giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti all’origine della controversia

1        Il 27 luglio 2017, l’Ufficio europeo per la selezione del personale (EPSO), creato in virtù della decisione 2002/620/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore, del 25 luglio 2002 (GU 2002, L 197, pag. 53), ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il bando relativo ai concorsi generali EPSO/AD/342/17 (AD 6), organizzato ai fini della formazione di un elenco di riserva di ingegneri per la gestione degli edifici (compresi ingegneri ambientali e impiantisti), ed EPSO/AST/141/17 (AST 3), organizzato ai fini della formazione di un elenco di riserva, in primo luogo, di coordinatori/tecnici edili (profilo 1), in secondo luogo, di coordinatori/tecnici edili in ingegneria climatica, elettromeccanica ed elettrotecnica (profilo 2) e, in terzo luogo, di assistenti per la sicurezza sul lavoro/sicurezza degli edifici (profilo 3) (GU 2017, C 242 A, pag. 1; in prosieguo: il «bando impugnato»). Come viene precisato nel bando impugnato, dagli elenchi di riserva così costituiti all’esito di detti concorsi (in prosieguo: i «concorsi in questione») le istituzioni dell’Unione europea, «in particolare la Commissione [europea], il Parlamento europeo e il Consiglio [dell’Unione europea]», potranno attingere per l’assunzione di nuovi membri della funzione pubblica dell’Unione «a Bruxelles [(Belgio)], Lussemburgo [(Lussemburgo)] o Strasburgo [(Francia)]».

2        Nell’introduzione del bando impugnato si precisa altresì che tale bando e i suoi allegati costituiscono il quadro giuridicamente vincolante delle procedure di selezione in questione (in prosieguo: le «procedure di selezione in questione»).

3        I concorsi in questione si svolgono in sei fasi.

4        La prima fase consiste, per gli interessati, nel compilare un atto di candidatura e nel convalidare tale candidatura. Per la seconda fase, e qualora il numero dei candidati iscritti ai concorsi in questione superi una certa soglia fissata dal direttore dell’EPSO per ciascun concorso e per ciascun profilo ricercato, i candidati sono invitati a sostenere una serie di test del tipo questionario a scelta multipla su computer, ossia dei test intesi a valutare le loro capacità di ragionamento verbale, numerico e astratto. Nell’ambito della terza fase, l’EPSO verifica il rispetto delle condizioni generali di ammissione definite dal bando impugnato e la commissione giudicatrice controlla la conformità delle candidature alle condizioni specifiche per l’ammissione previste dal bando suddetto, sulla base dei dati forniti negli atti di candidatura. La quarta fase consiste nella valutazione dei candidati giudicati ammissibili nella terza fase, sulla base delle informazioni fornite nella sezione dell’atto di candidatura intitolata «Talent Screener» (valutazione dei talenti), mediante riferimento ai criteri di selezione contenuti nel bando impugnato. All’esito di tale procedura di selezione in base ai titoli, un numero di candidati corrispondente al massimo a tre volte il numero di posti disponibili per ciascun concorso e per ciascun profilo verrà convocato alla quinta fase, denominata «Assessment Center» (Centro di valutazione), nell’ambito della quale i candidati verranno valutati mediante quattro test, riguardanti varie competenze generali e specifiche, in conformità delle tabelle contenute nel bando impugnato. Peraltro, è nell’ambito di questa quinta fase che si svolgeranno i test del tipo questionario a scelta multipla menzionati sopra, qualora il numero di candidati non superi la soglia fissata dal direttore dell’EPSO. Infine, nella sesta e ultima fase, dopo la verifica dell’ammissibilità dei candidati alla luce dei loro documenti giustificativi, la commissione giudicatrice stabilisce, per ciascun concorso, un elenco di riserva contenente i nomi dei candidati ammissibili che hanno ottenuto tutti i punteggi minimi richiesti nonché i migliori punteggi complessivi, fino a concorrenza del numero di posti disponibili.

5        A titolo delle condizioni specifiche di ammissione ai concorsi in questione, il bando impugnato esige «almeno [un] livello C1 (conoscenza approfondita)» in una delle lingue ufficiali dell’Unione – là dove questa lingua viene designata come la «lingua 1» dei concorsi (in prosieguo: la «lingua 1») – e «almeno [un] livello B2 (conoscenza soddisfacente)» in una seconda lingua, designata come la «lingua 2» dei concorsi (in prosieguo: la «lingua 2»), da scegliersi a cura del candidato tra il francese, l’inglese e il tedesco, con la precisazione che tale lingua 2 dei concorsi deve obbligatoriamente essere diversa dalla lingua scelta dal candidato come lingua 1.

6        Nella medesima sezione del bando impugnato, viene indicato che i candidati saranno chiamati a utilizzare la loro lingua 1 per i test del tipo questionario a scelta multipla su computer e la loro lingua 2 per l’atto di candidatura (pag. 3), per l’«Assessment center» e per le comunicazioni tra l’EPSO e i candidati che hanno presentato una candidatura valida (pag. 2).

7        Peraltro, nel bando impugnato si precisa quanto segue:

«I futuri amministratori, tecnici e assistenti [nel settore dell’edilizia] dovranno intrattenere contatti quotidiani con appaltatori, imprese esterne e autorità locali a Bruxelles, Lussemburgo o Strasburgo. Le principali lingue di lavoro di questi operatori esterni sono l’inglese e il francese (a Bruxelles e a Strasburgo) e il francese e il tedesco (a Lussemburgo). I candidati idonei dovranno pertanto possedere una conoscenza soddisfacente (livello minimo B2) di almeno una delle lingue suddette per poter assumere le proprie mansioni immediatamente dopo l’assunzione».

8        Infine, in base all’allegato III del bando impugnato, intitolato «Disposizioni generali relative ai concorsi generali», qualsiasi reclamo o domanda di riesame connesso alle procedure di selezione in questione deve essere redatto nella lingua 2 dei concorsi (pagg. 17 e 18). Ivi si precisa, inoltre, che i candidati alle procedure suddette potranno essere squalificati qualora abbiano omesso di dichiarare, nel loro atto di candidatura, la lingua o una delle lingue richieste come lingua 2 dei concorsi in questione, ovvero il livello minimo richiesto per tale lingua (pag. 19).

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

9        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 ottobre 2017, la Repubblica italiana ha proposto l’odierno ricorso.

10      Al momento della presentazione dell’odierno ricorso era pendente, dinanzi alla Corte, un’impugnazione proposta dalla Commissione europea il 25 novembre 2016, registrata con il numero di ruolo C‑621/16 P, contro la sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495). Con tale sentenza, il Tribunale aveva annullato il bando di concorso generale EPSO/AD/276/14, inteso alla costituzione di un elenco di riserva per l’assunzione di amministratori (AD 5) (GU 2014, C 74 A, pag. 1), e il bando di concorso generale EPSO/AD/294/14, inteso alla costituzione di un elenco di riserva per la copertura di posti vacanti di amministratore (AD 6) nel settore della protezione dei dati presso il Garante europeo per la protezione dei dati (GU 2014, C 391 A, pag. 1).

11      Il 30 ottobre 2017, la Commissione ha chiesto la sospensione del procedimento nella presente causa, ai sensi dell’articolo 69 del regolamento di procedura del Tribunale, in considerazione dell’influenza che avrebbe potuto avere, sulle questioni sollevate nella presente causa, la sentenza che la Corte avrebbe emesso nella causa C‑621/16 P.

12      Il 24 novembre 2017, la Repubblica italiana ha informato il Tribunale che essa si opponeva a tale sospensione.

13      Con decisione del presidente della Quinta Sezione in data 30 novembre 2017, il procedimento nella presente causa è stato sospeso fino alla pronuncia della sentenza nella causa C‑621/16 P.

14      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 dicembre 2017, il Regno di Spagna ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica italiana.

15      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 febbraio 2018, la Repubblica italiana ha proposto un ricorso inteso all’annullamento del bando di concorso generale EPSO/AD/339/17, per la costituzione di un elenco di riserva di amministratori (AD 7) nei seguenti settori: 1) Economia finanziaria e 2) Macroeconomia (GU 2017, C 386 A, pag. 1), registrato con il numero di ruolo T‑71/18.

16      Il 26 marzo 2019, la Corte ha emesso le sentenze Spagna/Parlamento (C‑377/16, EU:C:2019:249) e Commissione/Italia (C‑621/16 P, EU:C:2019:251). Con la prima di queste due sentenze, la Corte ha annullato l’invito a manifestazione d’interesse Agenti contrattuali – Gruppo di funzioni I – Autisti (U/D), EP/CAST/S/16/2016 (GU 2016, C 131 A, pag. 1), nonché la base di dati costituita in virtù del suddetto invito a manifestazione d’interesse, nella misura in cui il Parlamento europeo non aveva dimostrato che la limitazione della scelta della lingua 2 della procedura di selezione in questione alle sole lingue francese, inglese e tedesca fosse oggettivamente e ragionevolmente giustificata da un obiettivo legittimo di interesse generale nel quadro della politica del personale (sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 79). Con la seconda delle sentenze sopra citate, la Corte ha respinto l’impugnazione proposta dalla Commissione contro la sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495). A seguito della pronuncia di quest’ultima sentenza della Corte, il procedimento è ripreso nella presente causa.

17      Con decisione del 1° aprile  2019, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento del Regno di Spagna.

18      Il 4 aprile 2019, il Tribunale ha chiesto alle parti di presentare, da un lato, negli scritti difensivi che avrebbero prossimamente depositato dinanzi ad esso, le loro osservazioni in merito alle conclusioni da trarre dalle sentenze del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento (C‑377/16, EU:C:2019:249), e del 26 marzo 2019, Commissione/Italia (C‑621/16 P, EU:C:2019:251), e, dall’altro, le loro osservazioni in merito ad un’eventuale riunione della presente causa con la causa T‑71/18, ai fini della fase orale del procedimento o della decisione che conclude il giudizio. Le parti hanno ottemperato a tali richieste entro il termine impartito.

19      Il 9 luglio 2019, la Commissione ha depositato il controricorso.

20      Il 17 settembre 2019, la Repubblica italiana ha depositato la replica.

21      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il giudice relatore è stato assegnato alla Nona Sezione, alla quale è stata di conseguenza attribuita la presente causa.

22      Il 30 ottobre 2019, il Regno di Spagna ha depositato la propria memoria di intervento.

23      Il 6 novembre 2019, la Commissione ha depositato la controreplica.

24      Il 22 settembre 2020, su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Nona Sezione), nell’ambito di misure di organizzazione del procedimento adottate a norma dell’articolo 89 del regolamento di procedura, ha, da un lato, invitato la Commissione a depositare taluni documenti e, dall’altro, sottoposto a detta istituzione alcuni quesiti ai fini di una risposta scritta. La Commissione ha ottemperato a tali richieste entro il termine assegnato.

25      Il 20 ottobre 2020, il Tribunale (Nona Sezione) ha deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento.

26      La Repubblica italiana conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare il bando impugnato;

–        condannare la Commissione alle spese.

27      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

28      Il Regno di Spagna conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare il bando impugnato;

–        condannare la Commissione alle spese.

III. In diritto

29      A sostegno del suo ricorso, la Repubblica italiana fa valere sette motivi, riguardanti: il primo, una violazione degli articoli 263, 264 e 266 TFUE; il secondo, una violazione dell’articolo 342 TFUE e degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, 17, pag. 385), come modificato (in prosieguo: il «regolamento n. 1»); il terzo, una violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, TUE, dell’articolo 18 TFUE, dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dell’articolo 27, secondo comma, e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), nonché dell’articolo 1, paragrafi 2 e 3, dell’allegato III dello Statuto; il quarto, una violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, TUE e del principio della tutela del legittimo affidamento; il quinto, uno sviamento di potere nonché una violazione delle «norme sostanziali inerenti alla natura e finalità dei bandi di concorso», in particolare dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dell’articolo 27, secondo comma, dell’articolo 28, lettera f), dell’articolo 34, paragrafo 3, e dell’articolo 45, paragrafo 1, dello Statuto, nonché del principio di proporzionalità; il sesto, una violazione dell’articolo 18 e dell’articolo 24, quarto comma, TFUE, dell’articolo 22 della Carta, dell’articolo 2 del regolamento n. 1, nonché dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dello Statuto; e, il settimo, una violazione dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, dell’articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, lettera f), dell’allegato III dello Statuto e del principio di proporzionalità, nonché un «travisamento dei fatti».

30      Occorre constatare anzitutto che, mediante i motivi da essa dedotti, la Repubblica italiana contesta, in sostanza, la legittimità di due parti del regime linguistico dei concorsi in questione. Essa contesta infatti, da un lato, le disposizioni del bando impugnato che limitano alle sole lingue francese, inglese e tedesca la scelta della lingua 2 di questi concorsi (in prosieguo: la «limitazione controversa») e, dall’altro, l’obbligo imposto ai candidati di utilizzare tale lingua nelle loro comunicazioni con l’EPSO (in prosieguo: l’«obbligo controverso»).

31      Occorre pertanto esaminare di seguito, alla luce dei motivi di ricorso dedotti dalla Repubblica italiana e degli argomenti presentati dalle parti, la legittimità delle due parti suddette del bando impugnato.

A.      Sulla legittimità della limitazione controversa

32      La parte del bando impugnato che verte sulla limitazione controversa costituisce, in sostanza, l’oggetto di tutti i motivi di ricorso dedotti dalla Repubblica italiana, ad eccezione del sesto, che invece riguarda la seconda parte del bando impugnato, identificata supra al punto 30.

33      Prima di esaminare l’argomentazione presentata dalla Repubblica italiana, occorre esporre il quadro legislativo e giurisprudenziale nel quale si colloca la presente causa.

1.      Sul quadro legislativo e giurisprudenziale 

34      L’articolo 1 del regolamento n. 1 dispone quanto segue:

«Le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione sono la lingua bulgara, la lingua ceca, la lingua croata, la lingua danese, la lingua estone, la lingua finlandese, la lingua francese, la lingua greca, la lingua inglese, la lingua irlandese, la lingua italiana, la lingua lettone, la lingua lituana, la lingua maltese, la lingua neerlandese, la lingua polacca, la lingua portoghese, la lingua rumena, la lingua slovacca, la lingua slovena, la lingua spagnola, la lingua svedese, la lingua tedesca e la lingua ungherese».

35      Come ricordato al punto 67 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), se l’articolo 1 del regolamento n. 1 enuncia espressamente quali sono le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione, l’articolo 6 del medesimo regolamento stabilisce che le istituzioni possono determinare le modalità di applicazione del regime linguistico stabilito da tale regolamento nei loro rispettivi regolamenti interni.

36      Peraltro, l’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto dispone che, nell’applicazione di quest’ultimo, è vietata qualsiasi discriminazione fondata, tra l’altro, sulla lingua.

37      Inoltre, l’articolo 28, lettera f), dello Statuto stabilisce che, per la nomina a funzionario, è necessario avere una conoscenza approfondita di una delle lingue dell’Unione e una conoscenza soddisfacente di un’altra lingua dell’Unione. Tale disposizione precisa invero che la conoscenza soddisfacente di un’altra lingua è richiesta «nella misura necessaria alle funzioni» che il candidato è chiamato a svolgere, ma non indica i criteri che possono essere presi in considerazione per limitare la scelta di tale lingua nell’ambito delle lingue ufficiali menzionate all’articolo 1 del regolamento n. 1 (v. sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 52 e la giurisprudenza ivi citata).

38      Siffatti criteri non risultano neppure dall’articolo 27 dello Statuto, il cui primo comma stabilisce, senza far riferimento a conoscenze linguistiche, che «[l]e assunzioni debbono assicurare all’istituzione la collaborazione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, efficienza e integrità, assunti su una base geografica quanto più ampia possibile tra i cittadini degli Stati membri dell’Unione», e che «[n]essun impiego deve essere riservato ai cittadini di un determinato Stato membro». Lo stesso vale per il secondo comma del medesimo articolo, che si limita ad enunciare che, «[i]n virtù del principio di uguaglianza dei cittadini dell’Unione, ciascuna istituzione è autorizzata ad adottare misure appropriate in seguito alla constatazione di uno squilibrio significativo tra le nazionalità dei funzionari che non sia giustificato da criteri obiettivi», precisando, segnatamente, che «[t]ali misure appropriate devono essere motivate e non devono mai concretizzarsi in criteri di assunzione diversi da quelli basati sul merito».

39      Infine, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, lettera f), dell’allegato III dello Statuto, il bando di concorso può specificare, eventualmente, le conoscenze linguistiche richieste per la particolare natura dei posti da coprire. Tuttavia, da tale disposizione non discende un’autorizzazione generale a limitare la scelta della lingua 2 di un concorso ad un numero ristretto di lingue ufficiali tra quelle menzionate all’articolo 1 del regolamento n. 1 (v. sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 54 e la giurisprudenza ivi citata).

40      Risulta dalle considerazioni sopra esposte che una limitazione della scelta della lingua 2 dei candidati ad un concorso ad un numero ristretto di lingue, ad esclusione delle altre lingue ufficiali, stabilite dall’articolo 1 del regolamento n. 1, come la limitazione controversa, costituisce una disparità di trattamento suscettibile di essere qualificata come discriminazione fondata sulla lingua, in linea di principio vietata ai sensi dell’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 66). È infatti evidente che, mediante una limitazione siffatta, alcuni potenziali candidati, ossia quelli che possiedono una conoscenza soddisfacente di almeno una delle lingue designate, sono favoriti, in quanto essi possono partecipare al concorso ed essere così assunti come funzionari o agenti dell’Unione, mentre altri, che non possiedono tale conoscenza linguistica, sono esclusi dal concorso in questione (v. sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 55 e la giurisprudenza ivi citata).

41      Tuttavia, secondo la giurisprudenza, risulta dall’insieme delle disposizioni summenzionate che l’interesse del servizio può costituire un obiettivo legittimo suscettibile di essere preso in considerazione. In particolare, se indubbiamente l’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla lingua, il paragrafo 6, prima frase, del medesimo articolo stabilisce nondimeno che delle limitazioni a tale divieto sono possibili, a condizione che esse siano «oggettivamente e ragionevolmente giustificat[e]» e rispondano a «obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale» (sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 89).

42      Pertanto, l’ampio margine di discrezionalità di cui dispongono le istituzioni dell’Unione per quanto riguarda l’organizzazione dei loro servizi, al pari dell’EPSO allorché quest’ultimo esercita, come nella specie, poteri che gli sono affidati da dette istituzioni, incontra i limiti imperativi fissati dall’articolo 1 quinquies dello Statuto, di modo che le disparità di trattamento fondate sulla lingua risultanti da una limitazione del regime linguistico di un concorso ad un numero ristretto di lingue ufficiali, come la limitazione controversa nel caso di specie, possono essere ammesse soltanto qualora tale limitazione sia oggettivamente giustificata e proporzionata alle reali esigenze del servizio (v. sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 90 e la giurisprudenza ivi citata).

43      In tale contesto, spetta al giudice dell’Unione effettuare un esame in concreto delle norme che stabiliscono il regime linguistico dei concorsi come quelli oggetto del bando impugnato, in quanto soltanto un esame siffatto è idoneo a permettere di accertare le conoscenze linguistiche che possono essere oggettivamente richieste, nell’interesse del servizio, dalle istituzioni, nel caso di funzioni particolari, e dunque a permettere di stabilire se un’eventuale limitazione della scelta delle lingue utilizzabili per partecipare a tali concorsi sia oggettivamente giustificata e proporzionata alle reali esigenze del servizio (sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 94).

44      Più in particolare, il giudice dell’Unione deve non soltanto verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma anche accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se essi siano idonei a suffragare le conclusioni che ne vengono tratte (v. sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 104 e la giurisprudenza ivi citata).

45      È alla luce di tali considerazioni che occorrerà esaminare gli argomenti addotti dalla Repubblica italiana.

2.      Sulla motivazione del bando impugnato 

46      La Repubblica italiana asserisce che il bando impugnato è inficiato da un difetto di motivazione, nella misura in cui le ragioni addotte per giustificare la limitazione controversa (v. punto 7 supra) non contengono precisazioni essenziali, «mansione per mansione, per comprendere la rilevanza delle necessità di comunicazione, e quindi controllare se [questa motivazione] sia tale da permettere» la suddetta limitazione.

47      La Commissione respinge tale argomentazione.

48      A questo proposito, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’obbligo di motivare le decisioni costituisce una formalità sostanziale, la quale va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, che invece attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso. Infatti, la motivazione di un atto consiste nell’esporre formalmente le ragioni su cui questo si fonda. Qualora tali ragioni siano inficiate da errori, questi ultimi viziano la legittimità nel merito dell’atto in questione, ma non la sua motivazione, che può essere sufficiente pur esponendo ragioni errate (v. sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata).

49      Allo stesso modo, per costante giurisprudenza, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve essere adattata alla natura dell’atto in questione e far apparire, in modo chiaro e non equivoco, il ragionamento seguito dall’istituzione che ne è l’autrice, in modo da permettere agli interessati di conoscere le giustificazioni della misura adottata e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Tale requisito deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, e segnatamente del contenuto dell’atto, della natura delle ragioni addotte e dell’interesse che i destinatari o altri soggetti direttamente e individualmente riguardati dall’atto stesso possono avere a ricevere dei chiarimenti. Non è richiesto che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, nella misura in cui la questione se la motivazione di un atto risponda ai criteri enunciati all’articolo 296 TFUE deve essere valutata alla luce non soltanto del tenore letterale dell’atto stesso, ma anche del suo contesto nonché dell’insieme delle norme giuridiche disciplinanti la materia in questione (v. sentenza del 24 giugno 2015, GHC/Commissione, T‑847/14, EU:T:2015:428, punti 30 e 31 e la giurisprudenza ivi citata).

50      Nel caso di specie, come risulta dalle considerazioni esposte nel bando impugnato (v. punto 7 supra), quest’ultimo reca effettivamente una motivazione intesa a giustificare la limitazione controversa. Più precisamente, in esso viene indicato che, poiché le lingue di lavoro principali degli operatori esterni con i quali i vincitori dei concorsi in questione dovranno intrattenere contatti quotidiani sono, a seconda del luogo di assegnazione in servizio, o il francese e l’inglese, o il francese e il tedesco, i suddetti vincitori di concorso devono possedere una conoscenza soddisfacente di almeno una di queste lingue per essere immediatamente operativi al momento della loro assunzione.

51      Così, malgrado il carattere succinto di detta motivazione, e quand’anche essa potesse essere ritenuta come non illustrativa della totalità degli elementi di fatto e di diritto pertinenti nel caso di specie, occorre constatare come la motivazione della limitazione controversa faccia apparire in modo chiaro e non equivoco il ragionamento seguito dall’EPSO, autore del bando impugnato. La questione della fondatezza delle ragioni indicate nel bando impugnato è distinta e verrà esaminata qui di seguito.

3.      Sulla fondatezza delle ragioni addotte nel bando impugnato riguardo alla limitazione controversa 

a)      Osservazioni preliminari 

52      Come si è appena ricordato (v. punto 50 supra) e contrariamente a quanto asserito dalla Repubblica italiana al punto 86 della replica, il bando impugnato contiene senz’altro elementi che consentono di identificare le esigenze linguistiche concrete delle istituzioni in rapporto alle mansioni che i vincitori dei concorsi in questione saranno chiamati ad esercitare.

53      Infatti, il bando impugnato identifica le esigenze linguistiche dei servizi da esso riguardati come attinenti alle «principali lingue di lavoro» degli «operatori esterni», ossia degli «appaltatori», delle «imprese esterne» e delle «autorità locali» situati a Bruxelles, a Lussemburgo o a Strasburgo, con i quali i vincitori dei concorsi in questione «dovranno intrattenere contatti quotidiani». Queste «principali lingue di lavoro» sarebbero il francese e l’inglese a Bruxelles e a Strasburgo, e il francese e il tedesco a Lussemburgo. «[P]ertanto» – indica il bando impugnato – i vincitori dei concorsi devono disporre di una conoscenza soddisfacente di almeno una di queste lingue «per poter assumere le proprie mansioni immediatamente dopo l’assunzione». All’origine della limitazione controversa è dunque tale esigenza imperativa di disporre di vincitori di concorso immediatamente operativi.

54      Nessuna altra ragione suscettibile di giustificare la limitazione controversa viene invocata nel testo del bando impugnato o nei suoi allegati. Per quanto riguarda, più specificamente, l’allegato III del bando, intitolato «Disposizioni generali relative ai concorsi generali», esso contiene soltanto indicazioni generiche riguardo al regime linguistico dei concorsi (pagg. 13 e segg.). In esso si afferma, a questo proposito, che «[l]e condizioni specifiche relative alle qualifiche, all’esperienza professionale e alla conoscenza delle lingue variano a seconda del profilo richiesto» (punto 1.1). Inoltre, il suddetto allegato precisa che le procedure di riesame interno (punti 4.2.1 e 4.2.2) e di reclamo amministrativo (punto 4.3.1) si svolgeranno nella lingua 2 dei concorsi in questione.

55      Nondimeno, è giocoforza constatare che la Commissione fa valere, nei suoi scritti difensivi, altri elementi che sarebbero, a suo avviso, suscettibili di giustificare la limitazione controversa, vale a dire, da un lato, le lingue di lavoro dei servizi interessati dal bando impugnato e, dall’altro, le esigenze logistiche delle procedure di selezione in questione, segnatamente per quanto riguarda la costituzione delle commissioni giudicatrici.

56      L’incidenza sull’esito della controversia dell’insieme dei fatti e degli elementi fatti valere dalla Commissione nel caso di specie verrà esaminata qui di seguito, alla luce della documentazione presentata dalla Repubblica italiana. Orbene, prima di procedere a tale esame, occorre constatare che, con una serie di argomenti ai quali la Commissione risponde in maniera dettagliata, la Repubblica italiana contesta, in sostanza, il carattere legittimo dell’obiettivo consistente nel selezionare, tramite le procedure di selezione in questione, candidati operativi sin dalla loro assunzione.

b)      Sullobiettivo consistente nel selezionare candidati immediatamente operativi

57      Secondo la Repubblica italiana, l’obiettivo invocato nel bando impugnato non costituisce un’esigenza tale da giustificare una discriminazione talmente grave come quella in discussione nel caso di specie e dovrebbe essere considerato secondario rispetto alla necessità di provare le competenze delle persone neoassunte. Più specificamente, le conoscenze linguistiche dei candidati ai concorsi in questione diverrebbero decisive ai fini del superamento di questi ultimi, dato che un candidato avente una conoscenza minore di una delle tre lingue proposte nel bando impugnato partirebbe con «una sorta di “handicap” linguistico», quand’anche egli fosse professionalmente più qualificato. Inoltre, per le istituzioni dell’Unione, «dovrebbe essere più facile risolvere un problema di (…) comunicazione che un problema di (…) competenza».

58      La Repubblica italiana invoca, inoltre, la prassi precedente delle istituzioni dell’Unione, facendo valere che non può ritenersi che si presenterebbero difficoltà insormontabili a che un vincitore dei concorsi in questione nel caso di specie sia immediatamente operativo sin dall’assunzione in mancanza delle conoscenze linguistiche richieste dal bando impugnato.

59      La Repubblica italiana ricorda che il periodo di prova di vari mesi, che viene imposto a tutte le persone assunte dalle istituzioni dell’Unione, potrebbe servire a queste persone per acquisire o per migliorare le proprie competenze linguistiche. Le istituzioni dell’Unione avrebbero l’obbligo di dedicare tempo e risorse alla formazione linguistica dei funzionari e alla verifica della loro capacità di lavorare in varie lingue. A questo proposito, né l’EPSO né la Commissione avrebbero effettuato il bilanciamento richiesto dalla giurisprudenza tra l’obiettivo invocato nel bando impugnato e le possibilità di miglioramento delle conoscenze linguistiche dei vincitori dei concorsi in questione una volta assunti.

60      La Commissione contesta l’argomentazione della Repubblica italiana.

61      Il Regno di Spagna sostiene l’argomentazione presentata dalla Repubblica italiana.

62      Secondo la giurisprudenza, una limitazione come la limitazione controversa deve rispondere ad «obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale» (sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 89). L’interesse del servizio può, peraltro, costituire un obiettivo legittimo suscettibile di essere preso in considerazione in un caso come quello di specie (v., in tal senso, sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 88).

63      Orbene, occorre considerare che, salvo diversa disposizione del relativo bando di concorso, esiste effettivamente un interesse del servizio a che le persone assunte dalle istituzioni dell’Unione al termine di una procedura di selezione come le procedure di selezione attualmente contestate possano essere immediatamente operative e, dunque, capaci di assumere rapidamente le funzioni che le suddette istituzioni hanno intenzione di affidare loro (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 91 e la giurisprudenza ivi citata).

64      A questo proposito, anche supponendo che si debba sempre necessariamente prevedere un tempo di adattamento a nuovi compiti e a nuove abitudini di lavoro nonché il tempo necessario per l’integrazione in un nuovo servizio, è lecito per un’istituzione cercare di assumere persone che siano, sin dalla loro entrata in servizio, capaci, quantomeno, da un lato, di comunicare con i loro superiori gerarchici e i loro colleghi e di avere così la possibilità di comprendere il più rapidamente e compiutamente possibile la portata delle funzioni che vengono loro affidate e il contenuto dei compiti che esse dovranno svolgere e, dall’altro, di interagire con i collaboratori e con i corrispondenti esterni dei servizi in questione. Infatti, come statuito dalla giurisprudenza, le conoscenze linguistiche dei funzionari sono un elemento essenziale della loro carriera (sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 96). Pertanto, deve ritenersi legittimo per un’istituzione cercare di assumere persone che possano utilizzare efficacemente e comprendere nel miglior modo possibile la lingua o le lingue utilizzate nel contesto professionale nel quale esse andranno ad integrarsi.

65      Inoltre, è giocoforza constatare che la capacità dei vincitori di un concorso, come i concorsi in discussione nel caso di specie, di essere immediatamente operativi non osta a che essi dispongano delle qualità richieste dall’articolo 27, primo comma, dello Statuto (v. punto 38 supra), dato che non sussiste alcuna antinomia tra queste capacità e qualità.

66      Invero, la Corte ha statuito che, sebbene le conoscenze linguistiche dei candidati possano, o persino debbano, costituire l’oggetto di una valutazione nell’ambito di una procedura di concorso, affinché le istituzioni si assicurino che detti candidati possiedono le conoscenze richieste dall’articolo 28, lettera f), dello Statuto, tale valutazione persegue un obiettivo indipendente da quella tesa all’accertamento delle «più alte qualità di competenza, efficienza e integrità», ai sensi dell’articolo 27, primo comma, del medesimo Statuto. Pertanto, le conoscenze linguistiche non possono essere assimilate alle «competenze», ai sensi di tale disposizione (sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 82).

67      Nel caso di specie, le conoscenze linguistiche dei candidati costituiscono soltanto uno tra i numerosi criteri presi in considerazione nell’ambito delle procedure di selezione in questione. Infatti, come risulta dalle condizioni specifiche enunciate nel bando impugnato, per quanto riguarda il concorso EPSO/AD/342/17, i candidati devono possedere un diploma in ingegneria o in architettura conseguito a seguito di un ciclo completo di studi universitari e devono aver acquisito poi un’esperienza professionale di almeno tre anni direttamente attinente alla natura delle funzioni da svolgere. Analoghi criteri sono previsti anche per quanto riguarda i candidati al concorso EPSO/AST/141/17, che devono disporre di un diploma conseguito all’esito di un ciclo completo di studi superiori in materia di sicurezza degli edifici (building security), sicurezza sul luogo di lavoro e degli edifici (occupational and building safety), tecnologia delle costruzioni o in un altro settore direttamente attinente alle funzioni da svolgere, e devono altresì aver acquisito successivamente almeno tre anni di esperienza professionale nel settore in questione o, in alternativa, avere un diploma che dia accesso all’istruzione superiore seguito da un’esperienza professionale di almeno sei anni direttamente attinente ai suddetti settori (pag. 3). Inoltre, tutti i candidati devono, nella parte dell’atto di candidatura intitolata «Talent Screener», fornire risposte a dei quesiti vertenti sui criteri di selezione contenuti nel bando (pag. 4). I criteri di selezione propri di ciascuno dei due concorsi oggetto del bando impugnato vengono peraltro specificati negli allegati I e II del bando stesso (pag. 7 e segg. e pag. 11 e segg.).

68      Alla luce di quanto sopra esposto, occorre concludere che l’obiettivo ricercato mediante la limitazione controversa è legittimo e attinente all’interesse del servizio.

69      A questo proposito, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza, nei limiti in cui un obiettivo di interesse generale possa essere invocato e la sua effettiva esistenza possa essere dimostrata, una differenza di trattamento quale quella risultante dalla limitazione controversa deve altresì rispettare il principio di proporzionalità, vale a dire essa deve essere idonea a permettere di realizzare l’obiettivo perseguito e non deve andare oltre quanto è necessario per raggiungerlo (v. sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 93 e la giurisprudenza ivi citata).

70      Così, la Corte ha statuito che, nella misura in cui l’obiettivo dell’assunzione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, rendimento e integrità può essere meglio salvaguardato quando i candidati sono autorizzati a presentare le prove di selezione nella loro lingua materna o nella seconda lingua della quale si reputano maggiormente esperti, è onere delle istituzioni dell’Unione effettuare un bilanciamento tra l’obiettivo legittimo che giustifica una limitazione come la limitazione controversa e l’obiettivo dell’individuazione dei candidati dotati delle più alte qualità di competenza. Lo stesso vale per quanto riguarda il bilanciamento tra l’obiettivo legittimo che giustifica una limitazione come quella controversa e le possibilità di apprendimento da parte dei funzionari assunti, all’interno delle istituzioni, delle lingue necessarie all’interesse del servizio (v., in tal senso, sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punti 94 e 97).

71      Risulta da quanto sopra esposto che l’esame nel caso di specie del bilanciamento dei diversi obiettivi e delle diverse possibilità invocati supra nell’ambito delle procedure di selezione in questione rientra, in realtà, nella questione diretta ad appurare se la limitazione controversa vada oltre quanto è necessario per raggiungere il legittimo obiettivo invocato. Orbene, questo controllo e l’esame degli argomenti ad esso relativi presentati dalla Repubblica italiana (v. punto 59 supra) devono essere effettuati soltanto qualora si sia previamente constatato che la limitazione controversa è idonea a permettere il conseguimento dell’obiettivo in questione.

72      Pertanto, occorre, in un primo momento, e alla luce degli argomenti presentati dalla Repubblica italiana, occuparsi della questione volta a stabilire se il bando impugnato e gli elementi di prova forniti dalla Commissione permettano di constatare, oggettivamente, l’esistenza di un siffatto interesse del servizio capace di giustificare la limitazione controversa (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 95). Più specificamente, occorre esaminare le ragioni per le quali, secondo il bando impugnato e in base agli elementi forniti in proposito dalla Commissione, la limitazione controversa permetterebbe alle istituzioni dell’Unione interessate dal bando impugnato di assumere candidati vincitori di concorso immediatamente operativi.

c)      Sulla ragione attinente alle lingue di lavoro degli operatori esterni con i quali i vincitori dei concorsi in questione dovranno intrattenere contatti quotidiani 

73      Secondo la Repubblica italiana, le ragioni addotte nel bando impugnato non permetterebbero di giustificare la limitazione controversa, in primo luogo, in considerazione della varietà di situazioni e di attività con cui i vincitori dei concorsi in questione dovranno confrontarsi, la quale confermerebbe l’esigenza per questi ultimi di disporre di una conoscenza soddisfacente di lingue diverse dalle tre lingue proposte nel bando impugnato. In secondo luogo, la ricchezza del patrimonio culturale, tecnico e di esperienze nei settori interessati dal bando impugnato sarebbe espressa in tutte le lingue dell’Unione, sicché sarebbe discriminatorio e sproporzionato limitare la possibilità di attingere a tale patrimonio solo a coloro che siano in grado di esprimersi in una delle tre lingue proposte nel bando impugnato.

74      Più specificamente, la Repubblica italiana fa valere che le ragioni presentate nel bando impugnato non soltanto sono infondate sotto il profilo fattuale, ma sono anche caratterizzate da assurdità logica. Infatti, nessuna delle città menzionate nel bando impugnato si trova in territori di lingua inglese, per cui se il motivo sta nell’uso notoriamente diffuso a livello mondiale dell’inglese come lingua veicolare, tale lingua dovrebbe essere presa in considerazione anche per il Lussemburgo, dove esso sarebbe utilizzato praticamente da tutta la popolazione. Non vi sarebbe d’altronde alcuna ragione di escludere il fiammingo e il lussemburghese, facenti parte delle lingue ufficiali rispettivamente del Belgio e del Lussemburgo, cioè le lingue che le autorità, le imprese e gli «operatori esterni» locali di queste città dovranno necessariamente impiegare nei propri atti.

75      Secondo la Repubblica italiana, non si comprenderebbe inoltre perché gli operatori esterni con i quali i vincitori dei concorsi in questione dovrebbero intrattenere dei contatti debbano essere necessariamente stabiliti nelle tre città menzionate nel bando impugnato, dato che si presume che le istituzioni dell’Unione attribuiscano i loro appalti di lavori e di servizi ad imprese stabilite in tutta l’Unione, il personale delle quali si esprimerebbe in tutte le lingue dell’Unione. La Repubblica italiana invoca, a questo proposito, le direttive sugli appalti pubblici, che costituirebbero «riferimenti necessari nella disciplina delle procedure di aggiudicazione degli appalti da parte delle istituzioni» dell’Unione. Essa fornisce, in ordine a tale punto, una relazione speciale della Corte dei conti europea, che confermerebbe le sue affermazioni.

76      Così, secondo la Repubblica italiana, la limitazione controversa introdurrebbe un «un nuovo elemento di restrizione della concorrenza e della trasparenza in questo delicato settore», nella misura in cui esiste un rischio che i vincitori dei concorsi oggetto del bando impugnato possano favorire, anche solo involontariamente, le imprese in grado di comunicare nelle tre lingue proposte nel bando impugnato a discapito delle altre lingue dell’Unione.

77      Secondo la Commissione, era imperativo, nel caso di specie, trovare una lingua che fosse comune ai membri del personale degli uffici di destinazione dei neoassunti all’esito dei concorsi in questione, alle autorità locali e agli operatori esterni. Pertanto, secondo la Commissione, è in rapporto alla necessità di poter lavorare con ognuna di queste tre categorie di soggetti, ricordate nel bando impugnato, che occorre verificare se la limitazione controversa sia giustificata.

78      Il Regno di Spagna sostiene l’argomentazione presentata dalla Repubblica italiana.

79      È giocoforza constatare, anzitutto, che la Commissione non presenta alcuna argomentazione specifica riguardo alle ragioni invocate nel bando impugnato e destinate a giustificare la limitazione controversa. Essa non fornisce inoltre alcun elemento idoneo a dimostrare i fatti invocati nelle suddette ragioni o a rimettere in discussione gli argomenti addotti dalla Repubblica italiana.

80      Orbene, da un lato, il semplice fatto che i servizi interessati dal bando impugnato abbiano la propria sede a Bruxelles, a Lussemburgo e a Strasburgo non significa che le lingue utilizzate per la comunicazione con gli operatori esterni siano necessariamente le lingue ufficiali dei paesi in cui sono situate le città suddette. Se, invece, i servizi interessati dal bando impugnato sono destinati ad avere degli scambi con le autorità locali dei loro paesi di stabilimento nelle lingue ufficiali di tali paesi, è giocoforza constatare che l’inglese non figura tra le lingue ufficiali della Francia o del Belgio e che il neerlandese non è compreso tra le lingue proposte ai candidati nel bando impugnato, là dove invece la questione del lussemburghese non può essere utilmente invocata in quanto quest’ultimo non figura tra le lingue ufficiali dell’Unione.

81      Dall’altro lato, e senza che sia necessario esaminare l’argomentazione della Repubblica italiana relativa alla normativa dell’Unione in materia di affidamento di appalti pubblici, nulla permette di ritenere che i contraenti e le imprese esterne con i quali i vincitori dei concorsi in questione saranno chiamati a cooperare abbiano tutti la propria sede nelle città menzionate nel bando impugnato. Infatti, nessun elemento del fascicolo è idoneo a dimostrare che i servizi interessati dal bando impugnato siano stati, in passato, o saranno, in futuro, portati a collaborare esclusivamente con siffatti operatori esterni. Del resto, poiché nulla obbliga tali servizi a rivolgersi a tali operatori esterni, essi possono sempre optare, nell’ambito dell’affidamento di un appalto pubblico, per un operatore esterno avente la propria sede in Stati membri diversi dal Belgio, dalla Francia e dal Lussemburgo. Per giunta, nessun elemento del fascicolo è idoneo a dimostrare che le lingue di lavoro degli operatori esterni con i quali hanno cooperato, cooperano o coopereranno i servizi interessati dal bando impugnato siano le tre lingue proposte nel bando stesso, e ciò indipendentemente dal loro Stato di stabilimento.

82      Anche se fosse possibile ritenere che l’utilizzazione delle tre lingue in questione da parte degli operatori esterni contemplati nel bando impugnato, o almeno da parte di alcuni di essi, costituisca un fatto notorio e che non vi sia pertanto bisogno di dimostrarlo mediante elementi concreti e verificabili, è giocoforza constatare che la limitazione controversa non può comunque essere considerata idonea a facilitare la selezione dei candidati immediatamente operativi. Infatti, nessuna clausola del bando impugnato obbliga i candidati a scegliere la propria lingua 2 in funzione della sede del servizio al quale essi potrebbero essere assegnati al termine delle procedure di selezione in questione. Di conseguenza, e a titolo esemplificativo, nulla esclude che un vincitore di concorso che abbia scelto una lingua dell’Unione diversa dalle tre lingue proposte nel bando impugnato come lingua 1 e l’inglese come lingua 2 dei concorsi possa presentare un profilo adatto ad un posto in seno ai servizi in questione con sede a Lussemburgo, od anche che un vincitore di concorso che abbia scelto una lingua dell’Unione diversa dalle tre lingue proposte nel bando impugnato come lingua 1 e il tedesco come lingua 2 dei concorsi possa presentare un profilo adatto ad un posto in seno ad un servizio situato a Bruxelles.

83      Invero, la Commissione fornisce, nell’allegato B.11 del controricorso, un messaggio di posta elettronica che menziona gli scambi intervenuti tra due membri del personale dell’Unione in servizio al Parlamento, il quale dovrebbe servire per precisare le esigenze linguistiche dei servizi interessati dal bando impugnato e, più specificamente, dei servizi dell’Ufficio «Infrastrutture e logistica» di detta istituzione a Lussemburgo.

84      Secondo tale messaggio di posta elettronica, per quanto riguarda la direzione A dell’Ufficio «Infrastrutture e logistica» a Lussemburgo, «la grande maggioranza d[ei] contratti sono in francese, un’altra parte (molto più piccola) in inglese». Lo stesso varrebbe per i «piani “as‑built” e le schede tecniche che vengono consegnate dai costruttori», le quali sarebbero «perlopiù in inglese e in francese». Quanto al tedesco, «tranne i contratti di uffici di informazione a Vienna, a Monaco di Baviera e a Berlino», la redattrice del messaggio di posta elettronica precisa che essa «non potrebbe segnalare [granché]».

85      Per quanto riguarda la direzione D dell’Ufficio «Infrastrutture e logistica» a Lussemburgo, viene precisato, in primo luogo, che «il 95% dei documenti sono in francese, il 5% in inglese», in secondo luogo, che la lingua di lavoro è «per il 90% il francese [e per] il 10% l’inglese» e, in terzo luogo, che tutti i contratti sono in francese. Ivi viene altresì indicato che «i colleghi [del] Lussemburgo sono, naturalmente, regolarmente in contatto con imprese tedesche» e che «[u]n piccolo numero di queste imprese (es. Lotto 61) comunica con [detto ufficio] unicamente in tedesco».

86      Occorre constatare che tali elementi sono suscettibili, tutt’al più, di dimostrare l’utilizzazione generalizzata del francese e l’utilizzazione molto più limitata dell’inglese nell’ambito delle comunicazioni tra i servizi del Parlamento interessati dal bando impugnato e i loro interlocutori esterni. Al contrario, l’utilizzazione del tedesco sarebbe, secondo questi elementi, meramente residuale e, in ogni caso, non esclusiva, tranne che in rapporto ad un «piccolo numero», peraltro indefinito, di imprese con le quali sarebbero in contatto i servizi in questione situati a Lussemburgo. Orbene, in ogni caso, come si è rilevato supra al punto 82, nessuna clausola del bando impugnato obbliga i candidati a scegliere la loro lingua 2 in funzione della sede del servizio al quale essi potrebbero essere assegnati al termine delle procedure di selezione in questione.

87      Il messaggio di posta elettronica in questione si riferisce, peraltro, ai «contratti di uffici di informazione» dei servizi del Parlamento in diversi paesi germanofoni che sarebbero, quanto ad essi, redatti in tedesco. Tuttavia, quest’elemento non può essere preso in considerazione ai fini della soluzione della presente controversia. Infatti, come la Commissione ha precisato nella sua risposta ad una misura di organizzazione del procedimento, il Parlamento dispone di 35 uffici regionali, situati in tutti gli Stati membri ed anche al di fuori dell’Unione. Orbene, è lecito ritenere che i contratti riguardanti tali uffici di informazione siano redatti nella lingua ufficiale di ciascuno dei paesi interessati.

88      Secondo la Commissione, in tutti questi uffici regionali, «l’utilizzo delle tre lingue [proposte nel bando impugnato] rimane maggioritario», mentre «anche quando la versione originale del contratto dev’essere nella lingua dello Stato in cui l’ufficio [in questione] è situato, i servizi del Parlamento debbono sempre avere una versione di lavoro di tale contratto in una delle tre lingue».

89      A questo proposito, occorre constatare, in primo luogo, che la Commissione non fornisce alcun elemento a sostegno di tali affermazioni. In secondo luogo, anche dovendo ammettere che tutti i contratti relativi agli uffici regionali del Parlamento sono tradotti, il grado di coinvolgimento, in tale contesto, dei servizi di traduzione dell’istituzione suddetta non risulta dai documenti del fascicolo. In terzo luogo, anche supponendo che i servizi del Parlamento debbano sempre conservare una «versione di lavoro» di tutti i contratti in questione in una delle tre lingue proposte nel bando impugnato, la Commissione non precisa in alcun modo se tutte le lingue in questione vengano effettivamente utilizzate dai servizi del Parlamento a questo scopo, né in quale percentuale verrebbe utilizzata ciascuna di esse, né, infine, su quale norma si fonderebbe tale prassi.

90      Risulta da quanto precede che le ragioni esposte nel bando impugnato non sono, nella fattispecie, dimostrate né dagli elementi addotti nel bando suddetto né dagli elementi forniti dalla Commissione nel quadro della presente controversia.

91      Orbene, tale constatazione rimette in discussione l’argomentazione presentata nella specie dalla Commissione nella sua globalità. Infatti, non potendosi ritenere dimostrato che le lingue di lavoro degli operatori esterni e delle autorità locali contemplati nel bando impugnato siano le tre lingue proposte ai candidati per la scelta della lingua 2 dei concorsi, non si può ritenere neppure che le tre lingue in questione costituiscano lingue di lavoro «comuni», da un lato, agli operatori e alle autorità locali di cui sopra e, dall’altro lato, ai servizi contemplati dal bando impugnato. Di conseguenza, ed alla luce del chiaro e incontestabile tenore letterale del bando impugnato, gli argomenti presentati e gli elementi prodotti dalla Commissione al fine di dimostrare che le tre lingue in questione costituiscono le lingue di lavoro di tali servizi non possono essere considerati rilevanti ai fini della soluzione della presente controversia.

92      La Commissione, nondimeno, evoca anche, nel suo controricorso, le esigenze logistiche delle procedure di selezione in questione, segnatamente per quanto riguarda la costituzione delle commissioni giudicatrici (v. punto 55 supra). Essa fa valere, più specificamente, al punto 63 del suddetto controricorso, che la limitazione controversa sarebbe giustificata dalla «natura delle prove di concorso» descritta nel bando impugnato, «ossia, principalmente, [la fase concorsuale denominata] [C]entro di valutazione». Così, al fine di procedere ad una valutazione omogenea dei candidati e di permettere loro di comunicare con la commissione giudicatrice e con gli altri partecipanti, le prove dovrebbero svolgersi in una lingua «comune». Dato che tali prove simulano una «giornata di lavoro», esse dovrebbero svolgersi in «una delle lingue veicolari» in questione. La Commissione asserisce peraltro, a questo proposito, che l’utilizzazione di tutte le lingue ufficiali nella seconda parte delle prove del concorso obbligherebbe i candidati a fare ricorso all’interpretazione simultanea, dato che «i membri delle commissioni giudicatrici non hanno tutti necessariamente la conoscenza di tutte le lingue ufficiali dell’Unione», il che determinerebbe un rischio molto elevato di «partecipare alle prove di concorso con un forte limite». Sul punto, la Commissione invoca altresì il principio di parità di trattamento dei candidati, nonché l’elevato costo economico che deriverebbe dall’utilizzazione di tutte le lingue ufficiali dell’Unione nell’ambito delle prove dei concorsi in questione.

93      Come si è indicato supra al punto 54, ragioni siffatte non risultano in alcun modo dal tenore letterale del bando impugnato. Se invero le fasi della procedura di selezione in questione sono dettagliatamente descritte in tale bando, la motivazione in esso contenuta riguardo alla limitazione controversa non fa alcuna menzione specifica di tali fasi o dei metodi impiegati in occasione delle prove previste dal bando medesimo. Anche supponendo che una siffatta giustificazione possa risultare, in maniera indiretta, dalla descrizione delle prove dei concorsi in questione, quod non, non si può nondimeno ragionevolmente pretendere dalle persone interessate da questi concorsi che esse colgano una siffatta giustificazione implicita. Orbene, secondo una costante giurisprudenza, le norme che limitano la scelta della lingua 2 di un concorso come quelli in discussione nel caso di specie devono fondarsi su criteri «chiari, oggettivi e prevedibili» (v. sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 91 e la giurisprudenza ivi citata).

94      Ad ogni modo, è giocoforza constatare che le ragioni invocate dalla Commissione e vertenti sulle esigenze logistiche delle procedure di selezione in questione, e segnatamente sulla costituzione delle commissioni giudicatrici, si fondano sulla premessa secondo cui le tre lingue proposte ai candidati nel bando impugnato costituirebbero le «lingue veicolari» od anche le «lingue di lavoro» delle istituzioni dell’Unione interessate da quest’ultimo bando e sarebbero dunque lingue conosciute e parlate dai potenziali membri delle commissioni giudicatrici. Infatti, il resto dei relativi argomenti presentati dalla Commissione, ossia quelli che invocano la valutazione omogenea dei candidati, il rispetto del principio della parità di trattamento di questi ultimi, nonché il rilevante costo economico di procedure di selezione multilingue, non sono connessi alla limitazione controversa in particolare, ossia alla limitazione della scelta della lingua 2 dei concorsi in questione alle sole lingue francese, inglese e tedesca, bensì sarebbero al contrario, validi indipendentemente dalle lingue specifiche proposte ai candidati nel bando impugnato, purché quest’ultimo limiti la scelta suddetta ad un numero ristretto di lingue.

95      Pertanto, al fine di esaminare l’argomentazione complessiva presentata dalla Commissione nel caso di specie, occorre occuparsi, anzitutto, degli elementi forniti da quest’ultima mediante i quali essa cerca di dimostrare che le tre lingue proposte nel bando impugnato costituiscono le «lingue veicolari» o le «lingue di lavoro» dei servizi interessati dal bando impugnato.

d)      Sulle lingue di lavoro dei servizi interessati dal bando impugnato 

96      A sostegno della sua argomentazione in proposito, la Commissione fornisce, da un lato, alcuni elementi che si riferiscono alla sua prassi interna in materia linguistica e, dall’altro, determinati elementi relativi alle lingue che sarebbero utilizzate dai servizi interessati dal bando impugnato.

1)      Sulla prassi interna della Commissione in materia linguistica

97      La Commissione fa valere, in sostanza, che essa ha adottato delle regole interne configuranti il suo regime linguistico. Essa invoca, a questo proposito, la comunicazione SEC(2000) 2071/6 del presidente della Commissione, del 29 novembre 2000, relativa alla semplificazione del processo decisionale della Commissione, approvata dal collegio dei suoi membri in occasione della riunione del medesimo in data 29 novembre 2000.

98      La Commissione fornisce altresì, a questo proposito, un documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», il quale dovrebbe contenere le regole stabilite dal presidente della Commissione sulla base delle modalità di esecuzione del regolamento interno di tale istituzione e aventi come oggetto l’adozione di decisioni di quest’ultima mediante procedura orale o scritta o mediante abilitazione. Secondo tali regole, tutti i documenti provenienti dai servizi della Commissione – compresi i servizi ai quali saranno assegnati i vincitori dei concorsi in questione – e indirizzati al collegio dei membri di detta istituzione per approvazione od anche per informazione dovrebbero essere sempre redatti in francese, in inglese o in tedesco. Lo stesso vale per quanto riguarda le consultazioni tra i diversi servizi della Commissione.

99      La Commissione produce inoltre, da un lato, il proprio regolamento interno (GU 2000, L 308, pag. 26), come modificato, da ultimo, nel 2011, e, dall’altro, le modalità di esecuzione del suddetto regolamento, allegate alla sua decisione C(2010) 1200 final, del 24 febbraio 2010, recante modifica del suo regolamento interno.

100    Infine, in risposta alle misure di organizzazione del procedimento che il Tribunale le ha rivolto, la Commissione ha altresì fornito alcuni documenti relativi all’attuazione delle «regole» contenute nel documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», nonché la propria comunicazione SEC(2006) 1489 final, del 20 dicembre 2006, riguardante «la traduzione alla Commissione» e accompagnata da un allegato che espone le «regole di traduzione dopo il 2006».

101    Prima di esaminare tali elementi, è opportuno indicare, sin da ora, che, contrariamente a quanto asserito dalla Commissione nella controreplica, la Repubblica italiana ha senz’altro contestato, invero in termini minimi, ma in modo globale, gli elementi relativi alla prassi interna della Commissione in materia linguistica, affermando, segnatamente, che essi rimandavano unicamente al funzionamento del collegio dei membri di tale istituzione. Detto Stato membro ha altresì fatto valere che, in ogni caso, non era dimostrato che, in tutti i servizi dell’Unione, la comunicazione interna si svolgesse nelle tre lingue in questione.

102    Poi, è giocoforza constatare, da un lato, che, poiché gli elementi in questione riguardano soltanto una delle tre istituzioni dell’Unione interessate dalle procedure di selezione in questione, la loro rilevanza è affatto relativa ai fini della soluzione della presente controversia, tanto più che queste tre istituzioni non sono le sole che possono assumere persone risultate vincitrici nei concorsi in questione.

103    Questo carattere relativo della rilevanza dei documenti forniti dalla Commissione trova conferma, peraltro, negli elementi che essa ha presentato in risposta ad una misura di organizzazione del procedimento, secondo i quali sei vincitori dei concorsi in questione sono stati assunti da un’istituzione dell’Unione diversa dalle tre contemplate nel bando impugnato.

104    Dall’altro lato, per quanto riguarda l’oggetto della comunicazione SEC(2000) 2071/6, presentata quale allegato B.3 del controricorso (v. punto 97 supra), esso consiste, in sostanza, nel valutare i diversi tipi di procedure di assunzione di decisioni da parte del collegio dei membri della Commissione, quali erano previsti dal regolamento interno di tale istituzione nella versione in vigore nel momento in cui la comunicazione suddetta è stata emessa, e nel proporne la semplificazione. È in tale contesto e facendo riferimento alla sola procedura scritta, che il punto 2.2 della comunicazione in questione indica che «i documenti devono essere diffusi nelle tre lingue di lavoro della Commissione», senza peraltro nominarle. Orbene, questo solo passaggio, pur contenendo l’espressione «lingue di lavoro», non è sufficiente per dimostrare che il francese, l’inglese e il tedesco siano le lingue effettivamente utilizzate da tutti i servizi della Commissione nel loro lavoro quotidiano (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 113).

105    Inoltre, la portata di questo riferimento è attenuata da altri passaggi della suddetta comunicazione.

106    Infatti, da un lato, risulta dal punto 2.2 della comunicazione SEC(2000) 2071/6 che, nell’ambito della procedura di abilitazione, mediante la quale la Commissione può abilitare uno o più dei suoi membri ad adottare delle decisioni in nome di essa e sotto la sua responsabilità, il testo della decisione da adottare viene «presentato in una sola lingua di lavoro e/o nelle sue versioni facenti fede».

107    Dall’altro lato, il punto 5.2 della comunicazione SEC(2000) 2071/6, intitolato «Semplificare il regime linguistico», mette in evidenza il ruolo della Direzione generale (DG) «Traduzione» della Commissione, la quale è «pienamente coinvolta nel processo» decisionale. Ivi viene precisato, segnatamente, che «una delle principali cause di ritardo nell’avvio o nella conclusione delle procedure scritte e delle procedure di abilitazione è l’acquisizione delle traduzioni, ivi compresi i testi riveduti dai giuristi linguisti», il che renderebbe indispensabile una trasmissione tempestiva dei documenti in questione alla DG «Traduzione».

108    Alla luce di quanto sopra esposto, la comunicazione SEC(2000) 2071/6 non permette di trarre conclusioni utili in merito all’utilizzazione effettiva del francese, dell’inglese e del tedesco nel lavoro quotidiano dei servizi della Commissione (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 117) e ancor meno nell’esercizio delle funzioni contemplate dal bando impugnato.

109    Tale constatazione non può essere rimessa in discussione dagli altri testi forniti dalla Commissione e che dovrebbero dimostrare l’esistenza di una prassi linguistica interna di tale istituzione (v. punto 98 supra).

110    Per quanto riguarda il regolamento interno della Commissione, occorre anzitutto rilevare che esso non contiene alcuna disposizione in merito alle lingue che devono essere utilizzate dagli organi contemplati nel suo capo I, vale a dire i membri della Commissione operanti in collegio nonché il presidente e il segretario generale di tale istituzione, né in merito alle lingue di lavoro che devono essere utilizzate dai servizi di quest’ultima contemplati dal capo II del regolamento stesso. Soltanto l’articolo 17 del regolamento interno, relativo all’autentificazione degli atti adottati dalla Commissione, si limita ad enunciare che questa viene effettuata «nella o nelle lingue in cui fanno fede», ossia, ai sensi del paragrafo 5 di tale articolo, «tutte le lingue ufficiali dell’Unione, (...) ove si tratti di atti di portata generale, nonché le lingue dei loro destinatari per ogni altro atto».

111    Occorre nondimeno tener conto degli articoli 6 e da 12 a 14 del regolamento interno della Commissione, nonché delle modalità di applicazione di tali articoli. È d’altronde sulla base di tali modalità che sarebbe stato emanato il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», presentato quale allegato B.5 del controricorso.

112    L’articolo 6 del regolamento interno della Commissione dispone, al paragrafo 1, che «[i]l presidente stabilisce l’ordine del giorno per ogni riunione della Commissione» e, al paragrafo 4, che «l’ordine del giorno e i documenti necessari sono comunicati ai membri della Commissione a norma delle modalità d’applicazione».

113    Per quanto concerne gli articoli da 12 a 14 del regolamento interno della Commissione, essi si riferiscono alle procedure decisionali diverse dalla procedura orale prevista dall’articolo 8 del medesimo regolamento e disciplinano, rispettivamente, la procedura scritta, la procedura di abilitazione e la procedura di delega. Per quanto riguarda, in particolare, la procedura scritta, l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento interno dispone che «il testo del progetto viene comunicato per iscritto a tutti i membri della Commissione, alle condizioni stabilite dalle modalità d’applicazione».

114    L’insieme delle disposizioni del regolamento interno della Commissione menzionate al punto 113 supra viene precisato in dettaglio dalle modalità di applicazione di tale regolamento, del 24 febbraio 2010 (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punti da 124 a 126).

115    Per quanto riguarda, infine, il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», esso fa riferimento, segnatamente, all’utilizzazione di «lingue procedurali», nozione che dovrebbe essere intesa nel senso che essa designa le lingue che servono alla comprensione del contenuto di un progetto di atto in vista della sua adozione da parte del collegio dei membri della Commissione o, eventualmente, da parte di un organo delegato. Risulta dal suddetto documento che le «lingue procedurali» sono il francese, l’inglese e il tedesco e che la loro utilizzazione varia a seconda del tipo di procedura di adozione di atto.

116    Così, per quanto concerne le procedure orali e scritte, il documento in questione indica che un progetto di atto e i suoi eventuali allegati sono sottoposti ai membri della Commissione nelle tre lingue procedurali nonché, eventualmente, nella lingua o nelle lingue necessarie per l’entrata in vigore o la notifica dell’atto in questione. Ivi si precisa altresì che, a seguito dell’adozione di un atto siffatto, le versioni di quest’ultimo nelle altre lingue eventualmente necessarie per la pubblicazione o la trasmissione ad altre istituzioni dell’Unione devono essere approntate il più rapidamente possibile.

117    Per quanto riguarda le procedure di adozione di atto mediante abilitazione o delega, risulta dal documento in questione che l’organo delegato può accettare di adottare un atto sulla base di un’unica lingua procedurale, ma che, eventualmente, la versione o le versioni di quest’ultimo nell’altra lingua o nelle altre lingue necessarie per l’entrata in vigore o per la notifica di tale atto devono essere anch’esse rese disponibili. Inoltre, come per le procedure orali e scritte, il documento in questione enuncia che le versioni dell’atto suddetto nelle altre lingue eventualmente necessarie per la pubblicazione o la trasmissione ad altre istituzioni dell’Unione devono essere approntate il più rapidamente possibile.

118    Peraltro, il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione» prevede che il presidente della Commissione possa, a determinate condizioni, in un singolo caso o in via permanente, concedere delle deroghe riguardo al numero di lingue procedurali da utilizzare per l’avvio di una procedura di adozione, ovvero per l’avvio di tale procedura e, al tempo stesso, per l’adozione dell’atto di cui trattasi.

119    Per quanto riguarda, più in particolare, le deroghe permanenti, il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione» precisa che esse possono essere concesse, tramite note ufficiali emanate dal segretario generale o dall’ufficio di gabinetto del presidente, per alcuni casi ricorrenti, ad esempio in caso di adozione di misure restrittive sulla base dell’articolo 29 TUE, in materia di aiuti di Stato, o in caso di firma di accordi quadro con organismi internazionali.

120    A questo proposito, occorre rilevare che, presi nel loro insieme, i testi forniti negli allegati da B.3 a B.7 del controricorso e menzionati ai punti da 97 a 99 supra non possono essere considerati come modalità di applicazione, nel regolamento interno della Commissione, del regime linguistico generale stabilito dal regolamento n. 1, ai sensi dell’articolo 6 di quest’ultimo. Occorre piuttosto leggere i testi suddetti come rispecchianti una prassi amministrativa di lungo corso in seno a tale istituzione, consistente nell’utilizzare il francese, l’inglese e il tedesco come lingue nelle quali i documenti devono essere resi disponibili per essere sottoposti all’approvazione del collegio dei membri (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 132).

121    Per quanto riguarda, in particolare, il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», la Commissione ha precisato che quest’ultimo era estratto dal «Manuale delle procedure operative», ossia una guida elettronica interna elaborata dai servizi del suo segretariato generale e mirante, segnatamente, alla codificazione della suddetta prassi amministrativa. Per quanto riguarda la data di adozione e l’applicazione nel tempo di tale guida, la Commissione si è limitata a fare riferimento alla nota SEC(2003) 153 del suo segretario generale all’attenzione dei direttori generali e dei capi di servizio, dell’11 febbraio 2003, relativa all’aggiornamento della guida suddetta e alla sua diffusione sul sito Intranet di detta istituzione.

122    Orbene, anche supponendo che la versione di detto documento prodotta dalla Commissione con il suo controricorso fosse effettivamente quella esistente alla data della pubblicazione del bando impugnato, un documento estratto dal «Manuale delle procedure operative» non può essere considerato come una decisione del presidente di detta istituzione di stabilire le lingue di presentazione dei documenti sottoposti al collegio dei suoi membri (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 134). Inoltre, nessun elemento del fascicolo permette di ritenere che tale documento sia stato formalmente approvato dal presidente della Commissione, e ancor meno dal collegio dei suoi membri.

123    In via generale, gli elementi forniti dalla Commissione non permettono di concludere che esistesse, al momento della pubblicazione del bando impugnato, una decisione interna che stabiliva le lingue di lavoro in seno a tale istituzione.

124    Anteposte queste precisazioni, occorre constatare che, nella misura in cui essi hanno come unico obiettivo di definire le lingue necessarie per lo svolgimento delle diverse procedure decisionali della Commissione, i testi prodotti da quest’ultima non possono giustificare la limitazione controversa in riferimento alle specificità funzionali dei posti contemplati dal bando impugnato.

125    Più precisamente, non risulta né dai testi suddetti né dagli altri elementi del fascicolo che esista un nesso necessario tra le procedure decisionali della Commissione, segnatamente quelle che si svolgono in seno al collegio dei suoi membri, e le funzioni che i vincitori dei concorsi in questione potranno essere chiamati ad esercitare. Infatti, anche supponendo che i membri di una determinata istituzione utilizzino esclusivamente una o alcune lingue nelle loro deliberazioni, non si può presumere, senza ulteriori spiegazioni, che un funzionario neoassunto, il quale non padroneggi alcuna di queste lingue, non sarebbe capace di fornire immediatamente un lavoro utile nell’istituzione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 137 e la giurisprudenza ivi citata). Dunque, la Commissione avrebbe dovuto, nel caso di specie, dimostrare in che modo ciascuna delle lingue proposte nel bando impugnato per la scelta della lingua 2 dei concorsi in questione presentasse un’utilità particolare ai fini dell’esercizio delle funzioni contemplate in tale bando (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 77).

126    Dai documenti prodotti dalla Commissione non risulta neppure che l’insieme delle tre lingue qualificate come «lingue procedurali» sia effettivamente utilizzato dai servizi di detta istituzione, nel loro lavoro quotidiano. Inoltre, risulta dalla comunicazione SEC(2000) 2071/6 (v. punto 97 supra) che il servizio di traduzione di tale istituzione è «pienamente» coinvolto nel processo decisionale. Tale comunicazione menziona altresì il lasso di tempo necessario per l’acquisizione delle traduzioni, ivi compresi i testi riveduti dai giuristi linguisti, nonché la necessità di una trasmissione tempestiva dei documenti in questione al servizio di traduzione. Tali riferimenti lasciano così intendere che ad approntare le versioni di un documento nelle lingue procedurali necessarie in vista della loro trasmissione al collegio dei membri non è il servizio materialmente responsabile della redazione del documento stesso, bensì la DG «Traduzione», là dove il servizio responsabile dell’elaborazione di tale documento si limita ad un compito di verifica del testo tradotto. È infatti difficilmente ipotizzabile che, al di fuori della suddetta direzione generale, un servizio possa esigere da ciascun membro del proprio personale di fornire tre versioni linguistiche dei documenti da sottoporre per adozione al collegio.

127    Infine, nella misura in cui nessun funzionario è tenuto ad avere una conoscenza soddisfacente di tutte le tre lingue proposte nel bando impugnato per la scelta della lingua 2, è del pari difficilmente ipotizzabile che il compito di approntare un progetto di atto nelle versioni linguistiche richieste per la sua trasmissione al collegio suddetto venga simultaneamente ripartito tra un numero corrispondente di funzionari appartenenti al servizio responsabile per la redazione di tale progetto. Ciò è ancora più difficile da ipotizzare nella misura in cui non vi è alcuna garanzia che dei funzionari aventi una conoscenza soddisfacente di tutte e tre le lingue in questione vengano assunti in seno a ciascun servizio.

128    La valutazione di cui sopra non può essere rimessa in discussione dagli argomenti che la Commissione ricava dalla comunicazione SEC(2006) 1489 final. Secondo la Commissione, risulta da tale comunicazione, e in particolare dal suo allegato intitolato «Regole di traduzione dopo il 2006», che, per quanto riguarda i documenti ad uso interno, sarebbe richiesta soltanto una traduzione in inglese, in francese e in tedesco, oltre ad un’eventuale lingua facente fede.

129    A questo proposito, occorre rilevare che il contenuto della comunicazione SEC(2006) 1489 final ha per effetto non di invalidare, bensì, al contrario, di confermare la valutazione esposta ai punti 125 e 126 supra. Infatti, le «Regole di traduzione dopo il 2006», presentate in allegato a tale comunicazione, menzionano il francese, l’inglese e il tedesco soltanto come lingue di arrivo nelle quali devono essere tradotte alcune categorie di documenti, senza in alcun modo indicarne la lingua di partenza. Inoltre, per la grande maggioranza delle categorie di documenti interessate dalle regole suddette, è prevista una traduzione in tutte le lingue ufficiali, mentre la traduzione verso le sole lingue francese, inglese e tedesca costituisce, in realtà, l’eccezione.

130    Alla luce di tali circostanze, e senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità di tale documento, occorre considerare che la comunicazione SEC(2006) 1489 final non presenta alcuna rilevanza ai fini della soluzione della presente controversia.

131    In ogni caso, e indipendentemente dall’esistenza stessa di un nesso tra le procedure decisionali della Commissione e le funzioni contemplate dal bando impugnato, è giocoforza constatare che i testi prodotti da tale istituzione sono ben lontani dall’indicare un’utilizzazione esclusiva delle tre lingue «procedurali» nelle procedure da essi contemplate.

132    Infatti, da un lato, come risulta dal documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», l’avvio di una procedura di adozione impone, per regola generale, e fatta salva la possibilità di utilizzare una sola lingua nelle procedure di abilitazione e di delega, la presentazione del progetto di atto nelle tre lingue procedurali. Ciò non toglie che l’adozione di tale progetto può rendere, o rende obbligatoriamente necessaria, a seconda dei requisiti imposti dalla natura dell’atto di cui trattasi, la disponibilità di quest’ultimo anche in un’altra o in altre versioni linguistiche, o addirittura, qualora l’atto in questione sia destinato ad essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o ad essere trasmesso ad altre istituzioni, in tutte le lingue ufficiali dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 145).

133    Dall’altro lato, come risulta dal medesimo documento, sono possibili delle deroghe riguardo al numero di lingue procedurali utilizzate per l’avvio di una procedura di adozione, o persino per l’adozione di un progetto di atto (v. punto 118 supra).

134    Per quanto riguarda, in particolare, le deroghe permanenti di cui si è parlato al punto 119 supra, il documento in questione indica, ad esempio, che le decisioni individuali in materia di aiuti di Stato sono approntate in una delle «lingue procedurali», «generalmente l’inglese o il francese». Quanto agli altri settori interessati da questo tipo di deroga, alcune note emanate dal segretario generale della Commissione, che quest’ultima ha esibito dinanzi al Tribunale in risposta a delle misure di organizzazione del procedimento, autorizzano la presentazione di progetti di atto in una sola «lingua procedurale». Tuttavia, è giocoforza constatare che tali note non specificano quale delle tre «lingue procedurali» possa in concreto essere utilizzata, il che non permette di trarre da esse conclusioni utili.

135    Infine, non bisogna perdere di vista il fatto che, secondo il documento in questione, è sempre possibile concedere una deroga singola relativa al regime linguistico di un determinato progetto di atto, e ciò a prescindere dal tipo di procedura decisionale.

136    Neppure i restanti argomenti presentati dalla Commissione possono essere sufficienti per rimettere in discussione le constatazioni sopra illustrate.

137    La Commissione sostiene, più specificamente, che la portata delle regole che risultano dai documenti forniti negli allegati da B.3 a B.7 del controricorso non è limitata al funzionamento del collegio dei membri di detta istituzione, bensì concerne «la presentazione di qualsiasi progetto di decisione che la Commissione deve approvare, e ciò sull’evidente premessa che sono i servizi dell’istituzione a predisporre tale progetto di decisione». La Commissione rinvia, in proposito, all’allegato B.8 del controricorso, che contiene un messaggio di posta elettronica inviato il 29 settembre 2017 ad un membro del servizio delle risorse umane della Commissione dal suo corrispondente in seno alla DG «Concorrenza». Secondo tale messaggio – il quale dimostrerebbe come «sia proprio nel senso di stabilire delle lingue di lavoro dei singoli servizi che le norme interne vengono interpretate e applicate nella Commissione» – le consultazioni interservizi «sont tou[tes] en EN/FR/DE dans toute la Commission, simplement parce que c’est obligatoire pour toutes les CIS (règle du SG)» [sono tutte in EN/FR/DE in tutta la Commissione, semplicemente perché è obbligatorio per tutte le CIS (regola del SG)].

138    In risposta ad una misura di organizzazione del procedimento, la Commissione ha indicato, nell’allegato B.8 del controricorso, che, mediante il termine «consultazioni interservizi», veniva fatto riferimento alle consultazioni previste dall’articolo 23, paragrafi da 3 a 7, del suo regolamento interno. Secondo la Commissione, le consultazioni previste da tali disposizioni sono di applicazione per tutte le attività dell’istituzione, comprese quelle di carattere politico, e coinvolgono non solo i servizi che hanno un «interesse legittimo», ossia quelli che possono essere interessati a seconda della materia trattata, ma anche i servizi come il segretariato generale o il servizio giuridico.

139    Secondo la Commissione, tali consultazioni si svolgono tra i servizi al fine dell’elaborazione di ogni documento da sottoporre al collegio per approvazione. L’obiettivo della procedura in questione sarebbe di «ottenere il parere di tutti i servizi» sui progetti di documenti. Qualsiasi progetto sarebbe d’altronde redatto in una delle tre lingue proposte nel bando impugnato, in conformità dell’allegato B.5 del controricorso, nella misura in cui esso è «finalizzato alla trasmissione al collegio per approvazione». Lo stesso varrebbe per la «consultazione che si svolge su tale documento», e ciò «al fine di consentire al collegio di prendere in considerazione le diverse posizioni dei singoli servizi».

140    Per quanto riguarda, infine, la «regola del SG» che viene menzionata nell’allegato B.8 del controricorso, si tratterebbe, secondo la Commissione, della regola «contenuta nell’allegato B.5» del controricorso medesimo.

141    È giocoforza constatare che il valore probatorio dell’allegato B.8 del controricorso rimane affatto relativo, nella misura in cui tale documento non può, in realtà, essere considerato altro che un riferimento al modo in cui sono state interpretate alcune regole relative al regime linguistico della Commissione da un unico membro del personale in servizio presso la DG «Concorrenza». Ad ogni modo, anche ritenendo che gli elementi fattuali contenuti in tale allegato siano dimostrati, occorre constatare come dai documenti del fascicolo non emerga alcun nesso tra le funzioni – peraltro altamente specializzate, come osservato dalla stessa Commissione – che i vincitori dei concorsi in questione nel caso di specie saranno chiamati ad esercitare e lo svolgimento di dette consultazioni. È certo vero che tali consultazioni possono coinvolgere, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento interno della Commissione, tutti i servizi «che hanno un interesse legittimo» per il progetto di documento da trasmettere al collegio e dunque, eventualmente, i servizi contemplati dal bando impugnato. Tuttavia, l’eventuale ruolo della DG «Traduzione» nel quadro di tali consultazioni non viene precisato negli scritti difensivi della Commissione. Così, nella misura in cui i servizi di detta direzione generale potrebbero essere suscettibili di intervenire per garantire che i documenti destinati al collegio siano disponibili in francese, in inglese e in tedesco, non è escluso che i servizi della Commissione coinvolti in tali consultazioni non lavorino nelle tre lingue in questione, bensì in una di esse od anche in una quarta lingua. Le constatazioni illustrate ai punti 126 e 127 supra valgono peraltro anche per quanto riguarda le procedure di consultazione delle quali viene fatta menzione nell’allegato B.8 del controricorso.

142    La Commissione fornisce, inoltre, in allegato alla controreplica, la comunicazione C(2014) 9004 del suo presidente al collegio, dell’11 novembre 2014, sui metodi di lavoro di tale istituzione per il periodo 2014‑2019. Tale documento stabilirebbe che, qualora una corrispondenza esterna esiga una risposta urgente di un membro della Commissione, quest’ultimo deve inviare una traduzione in inglese, in francese o in tedesco a tutti i servizi di tale istituzione senza eccezione affinché questi redigano un progetto di risposta.

143    Indipendentemente dalla questione della ricevibilità di tale allegato, dato che la Commissione non fornisce alcuna giustificazione per la sua produzione tardiva, conformemente a quanto previsto dall’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura, occorre constatare, in ogni caso, che detto documento non vale a rimettere in discussione le constatazioni illustrate segnatamente ai punti da 125 a 127 supra.

144    Infatti, ai sensi del punto 4.2 dell’allegato n. 4 di detto documento, intitolato «Principi disciplinanti i rapporti di lavoro tra i membri della Commissione, i loro uffici di gabinetto e i servizi della Commissione» e vertente sul trattamento della corrispondenza ricevuta dagli uffici di gabinetto dei membri della Commissione, «[s]e la corrispondenza è redatta in una lingua diversa dall’inglese, dal francese o dal tedesco e richiede una risposta urgente, l’ufficio di gabinetto provvede a farla tradurre in una di tali lingue prima di inviarla al servizio [interessato] affinché sia redatta una risposta e fa altresì tradurre il progetto di risposta».

145    È certo vero che tale enunciazione parte dall’ipotesi secondo cui una o più persone assegnate ai servizi della Commissione dispongono di una conoscenza soddisfacente di una delle tre lingue che sono in essa menzionate e può ritenersi che sia questa la ragione per cui gli uffici di gabinetto «provvedono a far tradurre» la corrispondenza menzionata in una di queste tre lingue. Ciò non toglie che il documento fornito dalla Commissione come allegato B.8 del controricorso, che riguarda soltanto gli scambi tra gli uffici di gabinetto dei membri di tale istituzione ed i servizi e non il lavoro dei servizi nel quotidiano, non può essere considerato come consacrante una regola specifica al riguardo, né da solo né preso congiuntamente con i documenti forniti in allegato al controricorso.

2)      Sugli elementi relativi alle «lingue utilizzate» dai servizi interessati dal bando impugnato

146    Occorre constatare che la Commissione produce vari elementi intesi a dimostrare che le «lingue utilizzate» dai servizi interessati dal bando impugnato sono le tre lingue proposte da quest’ultimo ai candidati, vale a dire il francese, l’inglese e il tedesco.

147    A questo proposito, occorre rilevare che la Commissione sostiene, nella controreplica, che il Tribunale deve tener conto del fatto che la Repubblica italiana non ha contestato gli allegati del controricorso, pur avendo avuto la possibilità di farlo nella replica. Orbene, contrariamente a quanto la Commissione sostiene, la Repubblica italiana ha contestato, certo in termini minimi, ma in modo globale, gli elementi suddetti. Infatti, per quanto riguarda gli elementi vertenti sulle lingue utilizzate nel lavoro quotidiano dai servizi interessati dal bando impugnato, la Repubblica italiana, già nell’atto introduttivo del giudizio, affermava che il numero assoluto di persone che parlano le diverse lingue ufficiali nell’ambito dei servizi delle istituzioni dell’Unione non può assumere alcuna rilevanza nel caso di specie, in quanto il «solo dato» che «servirebbe» conoscere «sarebbe quello inerente alle lingue usate nella comunicazione tra soggetti di madre lingua differente».

148    Quanto agli elementi forniti dalla Commissione, quest’ultima produce, in primo luogo, nell’allegato B.9 del controricorso, una tabella che esporrebbe dati statistici in merito alle lingue utilizzate da tutte le categorie del personale incaricato della gestione dei beni immobili della Commissione come seconda e come terza lingua, riferiti al 1° luglio  2017.

149    Più specificamente, risulta da questa tabella che, delle 447 persone in attività presso l’Ufficio «Infrastrutture e logistica» a Lussemburgo, 221 persone hanno dichiarato come prima lingua il francese, 37 persone l’italiano, 23 lo spagnolo, 22 il portoghese, 18 il rumeno e 14 il tedesco. Quanto alla seconda lingua, 130 persone hanno dichiarato l’inglese, 84 persone il francese, 22 il tedesco, 16 l’italiano, 1 persona il neerlandese, 1 persona lo spagnolo, 1 persona il polacco e 235 persone risultano non aver dichiarato alcuna lingua. Quanto al livello di conoscenza delle lingue dichiarate come seconda lingua, la Commissione ha confermato, mediante le sue risposte ad una misura di organizzazione del procedimento, che si tratta di una conoscenza soddisfacente, dato che una conoscenza siffatta di una seconda lingua costituiva una condizione per l’assunzione ai sensi dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto.

150    Per quanto riguarda, infine, la terza lingua, 51 persone hanno dichiarato l’inglese, 22 persone il francese, 10 il tedesco, 10 il neerlandese, 8 l’italiano, 4 lo spagnolo, 2 lo svedese, 1 persona il danese, 1 persona lo slovacco e 361 persone risultano non aver dichiarato alcuna lingua.

151    Nella replica, la Repubblica italiana fa valere che, alla luce degli elementi che risultano dall’allegato B.9 del controricorso, occorrerebbe considerare o che essi non sono rilevanti, o che il regime linguistico dei concorsi dovrebbe essere «il monolinguismo francese, [o] il pentalinguismo esteso anche al fiammingo e all’italiano, visto che tali due ultime lingue sono parlate quanto l’inglese, e sono meno parlate rispetto al tedesco in una misura così esigua da non giustificare certo» la limitazione controversa. La Repubblica italiana produce inoltre, nell’allegato A.3 dell’atto introduttivo del giudizio, un bollettino statistico che censisce la nazionalità e il grado dei funzionari, amministratori e assistenti, alla data del 1° gennaio  2013. Secondo la Repubblica italiana, tale documento dimostra che «nelle istituzioni operano ampi gruppi linguistici espressivi di tutte le 27 lingue dell’Unione».

152    Nella controreplica, la Commissione fa valere che i dati forniti dalla Repubblica italiana non offrono alcuna indicazione in merito alle conoscenze linguistiche del personale in questione.

153    Senza che occorra esaminare il documento fornito dalla Repubblica italiana, che verte d’altronde sull’insieme dei funzionari dell’Unione e non sui servizi interessati dal bando impugnato, occorre respingere l’argomentazione della Commissione facente riferimento all’allegato B.9 del controricorso, e ciò per le ragioni che seguono.

154    Anzitutto, occorre constatare che la tabella in questione non fa altro, a prima vista, che presentare dei dati riguardanti le conoscenze linguistiche del personale in servizio presso l’Ufficio «Infrastrutture e logistica» a Lussemburgo.

155    Orbene, indipendentemente dal fatto di sapere se l’Ufficio «Infrastrutture e logistica» a Lussemburgo sia il solo servizio della Commissione interessato dal bando impugnato, è giocoforza constatare che degli elementi riferiti alle conoscenze linguistiche del personale in attività di un’istituzione non sono, di per sé soli, atti a giustificare una limitazione della scelta della lingua 2 di un concorso ad un numero ristretto di lingue ufficiali, dato che una tabella quale quella in discussione nel caso di specie non permette di stabilire quali siano le lingue effettivamente utilizzate dai servizi interessati nel loro lavoro quotidiano, o addirittura la lingua o le lingue che sarebbero indispensabili per l’esercizio delle funzioni contemplate dal bando impugnato.

156    Certo, la Commissione fa valere al tempo stesso che le lingue che appaiono su tale documento sono «le lingue utilizzate da tutto il personale di detto servizio (…) come lingua veicolare, ossia come seconda o terza lingua in aggiunta ad una lingua principale», che tali lingue sono le «lingue utilizzate da tutte le categorie di personale (…) come seconda e come terza lingua» nei servizi interessati, e che i dati figuranti in questa tabella attestano le «conoscenze linguistiche professionali» dei funzionari in questione.

157    Tuttavia, l’allegato B.9 del controricorso non può dimostrare, né da solo, né preso congiuntamente con gli altri elementi forniti dalla Commissione, che le lingue che sono state dichiarate dai funzionari come seconda e come terza lingua costituiscano «lingue veicolari» o «lingue di lavoro» dei servizi in questione.

158    Inoltre, è importante ricordare che una limitazione della scelta della seconda lingua dei candidati ad un concorso ad un numero ristretto di lingue ufficiali non può essere considerata oggettivamente giustificata e proporzionata qualora tra tali lingue siano comprese, oltre ad una lingua la cui conoscenza è auspicabile o addirittura necessaria, altre lingue la cui conoscenza non conferisce alcun vantaggio particolare ai potenziali vincitori di un concorso rispetto alla conoscenza di un’altra lingua ufficiale. Infatti, se si ammettono, come alternativa all’unica lingua la cui conoscenza costituisce un vantaggio per un funzionario di nuova assunzione, altre lingue la cui conoscenza non apporta alcun valore aggiunto, non esiste alcuna valida ragione per non ammettere anche tutte le altre lingue ufficiali (v. sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 159 e la giurisprudenza ivi citata).

159    Pertanto, quand’anche si dovesse ritenere che le conoscenze linguistiche del personale in attività possono indicare che, per essere immediatamente operativa sul piano della comunicazione interna, una persona neoassunta deve padroneggiare una lingua avente un grado di diffusione particolarmente elevato in seno a tale personale, i dati prodotti dalla Commissione, nel caso di specie, non possono giustificare la limitazione controversa.

160    Per quanto riguarda, da un lato, i dati relativi alla terza lingua dichiarata dalle persone interessate, essi non possono, comunque, essere presi in considerazione. Infatti, ai sensi dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, per l’assunzione dei funzionari dell’Unione è richiesta la conoscenza di due sole lingue ufficiali. Inoltre, risulta dall’articolo 45, paragrafo 2, dello Statuto che la capacità di lavorare in una terza lingua è una condizione preliminare alla prima promozione dopo l’assunzione di un funzionario. Orbene, nel caso di specie, non risulta in alcun modo dall’allegato fornito dalla Commissione che l’insieme del personale in questione abbia già dato prova di tale capacità ovvero che tali persone abbiano ottenuto la loro prima promozione. Pertanto, non si può ritenere, sulla base unicamente degli elementi contenuti nell’allegato B.9 del controricorso, che le persone in questione siano capaci di lavorare nelle lingue che essi hanno dichiarato come terza lingua.

161    Dall’altro lato, risulta da un’analisi dei dati relativi alle lingue dichiarate come prima e come seconda lingua (v. punto 149 supra) che soltanto una conoscenza soddisfacente del francese e, in misura molto minore, dell’inglese potrebbe essere considerata come conferente un vantaggio ai potenziali vincitori dei concorsi in questione. In totale, le persone assegnate all’Ufficio «Infrastrutture e logistica» che hanno una conoscenza almeno soddisfacente, rispettivamente, del francese e dell’inglese sono 305 e 130, mentre soltanto 36 persone dispongono di una conoscenza siffatta del tedesco, superate d’altronde dalle 53 persone che vantano una conoscenza almeno soddisfacente dell’italiano. Queste cifre presentano, inoltre, un’importanza affatto relativa, considerato il numero molto elevato di persone interessate dall’allegato B.9 del controricorso che non hanno dichiarato alcuna lingua come seconda lingua. A questo proposito, non possono essere prese in conto, in quanto la Commissione non fornisce alcun elemento idoneo a suffragarle, le semplici affermazioni della Commissione secondo cui le 235 persone che, in base all’allegato B.9 del controricorso, risultano non aver dichiarato alcuna seconda lingua, sono comunque state assunte al termine di procedure concorsuali nelle quali la conoscenza di una delle tre lingue proposte nel bando impugnato era richiesta.

162    Per quanto riguarda, più in particolare, il tedesco, la Commissione fa valere che è necessario, per valutare la sua importanza «come eventuale seconda lingua del candidato, prendere in considerazione» il fatto che si tratta della «lingua maggiormente studiata in Europa come lingua straniera», al fine di non «fissare dei livelli di competenza che limitino in maniera eccessiva l’ingresso di candidati nella funzione pubblica dell’Unione». In riferimento a questo punto, la Commissione esibisce gli allegati B.13, B.14 e B.15 del controricorso. Si tratta, rispettivamente, del rapporto speciale Eurobarometro n. 386 del giugno 2012, del comunicato stampa n. 144/2014 di Eurostat, del 25 settembre 2014, relativo alle lingue più studiate nel 2012 a livello di insegnamento secondario inferiore, e di un documento approntato da Eurostat e relativo a dati statistici dell’anno 2016, in merito alle lingue più studiate in quest’anno a livello di insegnamento secondario superiore.

163    Occorre rilevare, anzitutto, che, in ogni caso, i dati prodotti dalla Commissione sarebbero eventualmente idonei a dimostrare il carattere proporzionato stricto sensu della limitazione controversa, qualora risultasse che quest’ultima rispondeva effettivamente all’interesse del servizio fatto valere (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑510/13, non pubblicata, EU:T:2015:1001, punto 146). Orbene, come si è constatato ai punti da 154 a 161 supra, detta istituzione non è stata in grado di dimostrare che tale condizione fosse soddisfatta.

164    Ad ogni modo, i dati rientranti tra gli elementi menzionati al punto 161 supra si riferiscono all’insieme dei cittadini dell’Unione, ivi comprese persone che non hanno raggiunto la maggiore età, cosicché non si può presumere che essi rispecchino correttamente le conoscenze linguistiche dei potenziali candidati ai concorsi oggetto del bando impugnato [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 142 (non pubblicata)].

165    La Commissione produce, in secondo luogo, quale allegato B.10 del controricorso, un messaggio di posta elettronica, inviato il 16 giugno 2019 da un amministratore in servizio presso la DG «Risorse umane e sicurezza» del Consiglio ad uno dei rappresentanti della Commissione dinanzi al Tribunale. Secondo la Commissione, attraverso tale documento «le tre lingue in questione si confermano come le tre lingue maggiormente utilizzate dal personale [del Consiglio] negli uffici in cui [tale istituzione] impiega del personale di categoria AD o AST con le funzioni oggetto del bando impugnato; in particolare, per il personale con tali competenze presente a Bruxelles e a Strasburgo, è richiesto il possesso dell’inglese e del francese, mentre, per il personale presente a Lussemburgo è richiesta la conoscenza del francese e del tedesco». Nella controreplica, la Commissione precisa che risulta dall’allegato B.10 del controricorso che le tre lingue in questione sono le «tre lingue utilizzate in maniera preponderante come lingue di lavoro per le attività descritte nell’allegato I al bando impugnato».

166    Orbene, nessuna di queste allegazioni della Commissione può trovare conferma nella lettura dell’allegato B.10 del controricorso.

167    Infatti, nel messaggio di posta elettronica in questione, l’amministratore del Consiglio afferma che egli, per quanto riguarda le ragioni che giustificano la limitazione controversa, «ricopia» il testo che il suo servizio ha ricevuto dal «servizio interessato». Tale testo indica quanto segue:

«I futuri amministratori, tecnici e assistenti nel settore dell’edilizia dovranno avere contatti quotidiani con appaltatori, imprese esterne e autorità locali a Bruxelles, Lussemburgo o Strasburgo. Le principali lingue di lavoro di questi operatori esterni sono l’inglese e il francese (a Bruxelles e a Strasburgo) e il francese e il tedesco (a Lussemburgo). I candidati idonei dovranno pertanto avere una conoscenza soddisfacente (livello minimo B2) di almeno una delle lingue suddette per poter assumere le proprie mansioni immediatamente dopo l’assunzione».

168    È giocoforza constatare che tale passaggio costituisce una riproduzione, in termini pressappoco identici, degli elementi contenuti nella parte del bando impugnato che dovrebbe giustificare la limitazione controversa, senza fornire alcuna informazione supplementare riguardo a questa limitazione o alle ragioni che dovrebbero giustificarla. Per giunta, e contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, l’allegato B.10 del controricorso non contiene alcuna informazione in merito alle lingue di lavoro o alle lingue veicolari utilizzate nell’ambito dei servizi del Consiglio interessati. Pertanto, quest’elemento non può essere preso in considerazione nell’ambito della presente valutazione.

169    In terzo luogo, e come si è già indicato (v. punto 83 supra), la Commissione fornisce, nell’allegato B.11 del controricorso, un messaggio di posta elettronica scambiato tra due membri del personale in servizio al Parlamento, che dovrebbe specificare le esigenze linguistiche dei servizi dell’Ufficio «Infrastrutture e logistica» a Lussemburgo.

170    Al di fuori degli elementi concernenti le lingue utilizzate tra i servizi del Parlamento interessati e i loro interlocutori esterni, che sono stati esaminati ai punti da 84 a 87 supra, il messaggio di posta elettronica in questione fa riferimento alle conoscenze linguistiche del personale dell’Ufficio «Infrastrutture e logistica» a Lussemburgo nel suo insieme. Secondo i dati ivi contenuti, il 44,52% dei membri del personale avrebbe il francese come lingua principale, il 4,47% avrebbe l’inglese come lingua principale, mentre il 10,07% avrebbe, come lingua principale, il tedesco. Come seconda lingua, il 32,58% avrebbe dichiarato il francese e il 66,29% l’inglese. Quanto alla terza lingua, il 27,06% avrebbe dichiarato il francese, il 25,89% l’inglese e il 9,41% il tedesco.

171    Per quanto riguarda questi elementi, che concernono d’altronde soltanto i servizi del Parlamento, cosicché il loro valore probatorio rimane, in ogni caso, affatto relativo, occorre fare riferimento, per analogia, alle constatazioni esposte ai punti da 155 a 161 supra. A tali constatazioni si aggiunge il fatto che, in realtà, se si escludono i dati relativi alla terza lingua dichiarata dalle persone interessate per le ragioni illustrate supra al punto 160, rimane soltanto un 10% circa delle persone assegnate ai servizi del Parlamento che avrebbe una conoscenza almeno soddisfacente del tedesco. Orbene, in assenza di elementi completi riguardanti le altre lingue «parlate» o utilizzate in seno ai servizi in questione, non si può ritenere che tale percentuale sia sufficiente per giustificare l’inclusione del tedesco tra le lingue proposte nel bando impugnato per la scelta della lingua 2 dei concorsi in questione.

172    Alla luce di quanto sopra esposto, occorre concludere che gli elementi presentati dalla Commissione e intesi a dimostrare che le tre lingue proposte nel bando impugnato sono le lingue utilizzate nel lavoro quotidiano dei servizi interessati dal bando stesso non possono essere sufficienti, né presi singolarmente, né considerati nel loro insieme, per giustificare la limitazione controversa.

173    Pertanto, tenendo conto di quanto si è esposto ai punti 94 e 95 supra, non occorre, nel caso di specie, esaminare l’argomentazione addotta dalla Commissione e attinente all’organizzazione dei concorsi in questione e, segnatamente, alla composizione delle commissioni giudicatrici. Inoltre, come sostenuto dalla Repubblica italiana al punto 72 della replica, poiché la sussistenza del legittimo obiettivo perseguito mediante la limitazione controversa non è stata dimostrata, lo stesso vale per quanto riguarda gli argomenti addotti dalla Commissione intesi a dimostrare la proporzionalità di tale limitazione.

174    Occorre pertanto concludere che, nel caso di specie, non è stato dimostrato che il legittimo obiettivo invocato nel bando impugnato, vale a dire l’obiettivo di assumere vincitori di concorso immediatamente operativi, potesse essere raggiunto mediante la limitazione controversa, senza che sia necessario esaminare in dettaglio l’insieme degli argomenti addotti dalla Repubblica italiana nell’ambito dei diversi motivi di ricorso da essa fatti valere dinanzi al Tribunale intesi a contestare la limitazione controversa.

B.      Sull’obbligo controverso

175    Come si è indicato al punto 32 supra, la Repubblica italiana contesta, con il suo sesto motivo di ricorso, la legittimità della seconda parte del bando impugnato, identificata al punto 30 supra.

176    Secondo la Repubblica italiana, l’obbligo controverso, e segnatamente l’obbligo imposto ai candidati di utilizzare la seconda lingua dei concorsi in questione per la redazione del loro atto di candidatura, costituisce una violazione manifesta delle disposizioni invocate da detto Stato membro e dalle quali risulta chiaramente che i cittadini dell’Unione hanno il diritto di rivolgersi alle istituzioni utilizzando una qualsiasi delle lingue ufficiali dell’Unione. La Repubblica italiana invoca, a questo proposito, la sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752).

177    La Repubblica italiana fa valere, più in particolare, che i cittadini la cui lingua principale non è una delle tre lingue proposte nel bando impugnato vengono discriminati in ragione dell’obbligo controverso, il che sarebbe contrario ai principi del multilinguismo nonché al diritto dei cittadini di accedere alla funzione pubblica dell’Unione. Le istituzioni dell’Unione non potrebbero imporre ai loro funzionari qualsiasi restrizione linguistica, il che varrebbe a maggior ragione per quanto riguarda i candidati a concorsi come quelli in discussione nel caso di specie.

178    In via subordinata, la Repubblica italiana deduce un evidente difetto di motivazione, per il fatto che il bando impugnato non recherebbe alcuna giustificazione dell’obbligo controverso.

179    La Commissione respinge l’argomentazione presentata dalla Repubblica italiana facendo valere che il regime linguistico dei concorsi in questione è appropriato per rispondere alle reali esigenze dei servizi interessati e non va oltre quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo. La Commissione aggiunge che il livello di comprensione linguistica richiesto per le comunicazioni tra l’EPSO e i candidati è evidentemente inferiore a quello necessario per le prove dei concorsi. Per quanto riguarda, più specificamente, l’atto di candidatura, la Commissione fornisce, nell’allegato B.16 del controricorso, un manuale per la preparazione dei candidati a questo scopo, il quale è disponibile in tutte le lingue ufficiali dell’Unione.

180    Nella controreplica, la Commissione rileva che, secondo le sentenze del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento (C‑377/16, EU:C:2019:249), e del 26 marzo 2019, Commissione/Italia (C‑621/16 P, EU:C:2019:251), la questione delle comunicazioni tra i candidati a concorsi come quelli in discussione nel caso di specie e l’EPSO ricade unicamente sotto l’articolo 1  quinquies, paragrafo 6, dello Statuto. Detta istituzione precisa, d’altronde, che l’obbligo imposto in proposito ai candidati è giustificato in virtù di considerazioni identiche a quelle che hanno giustificato la limitazione controversa. Il regime linguistico così completato sarebbe, peraltro, proporzionato, tenuto conto delle percentuali di diffusione delle tre lingue proposte nel bando impugnato come lingue studiate da chi, «come i giovani cittadini [dell’Unione], si candida ad un posto nella funzione pubblica dell’Unione».

181    Il Regno di Spagna sostiene l’argomentazione presentata dalla Repubblica italiana. Esso fa valere, più specificamente, che il bando impugnato non contiene alcuna giustificazione che dimostri l’esistenza di un legittimo obiettivo di interesse generale che permetta di ritenere giustificato l’obbligo controverso.

182    Sul punto, occorre ricordare che dall’obbligo incombente all’Unione di rispettare la diversità linguistica non può desumersi l’esistenza di un principio giuridico generale, il quale assicuri a ciascuna persona il diritto a che tutto ciò che può ledere i suoi interessi venga redatto nella sua lingua in qualsiasi circostanza, e in virtù del quale le istituzioni siano tenute, senza previsione di alcuna possibilità di deroga, ad utilizzare la totalità delle lingue ufficiali in qualsiasi situazione (v. sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).

183    In particolare, nel quadro specifico delle procedure di selezione del personale dell’Unione, la Corte ha statuito che le istituzioni dell’Unione non possono vedersi imporre obblighi che vadano oltre quanto prescritto dall’articolo 1 quinquies dello Statuto (v. sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).

184    A questo proposito, se invero non è escluso che l’interesse del servizio possa giustificare la limitazione della scelta della lingua 2 di un concorso organizzato dall’EPSO ad un numero ristretto di lingue ufficiali, e ciò anche nel quadro dei concorsi aventi natura generale, ed anche per quanto riguarda la lingua delle comunicazioni tra i candidati e l’EPSO, una siffatta limitazione deve nondimeno essere fondata imperativamente su elementi oggettivamente verificabili, sia da parte dei candidati ai concorsi sia da parte dei giudici dell’Unione, idonei a giustificare le conoscenze linguistiche richieste, che devono essere proporzionate alle reali esigenze del servizio (v. sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 124 e la giurisprudenza ivi citata).

185    Nel caso di specie, per quanto riguarda, da un lato, il difetto di motivazione allegato dalla Repubblica italiana, è giocoforza constatare come il bando impugnato non contenga alcuna motivazione specifica relativamente all’obbligo controverso.

186    Orbene, occorre considerare, alla luce degli argomenti addotti dalla Commissione, che l’obbligo controverso è correlato alla limitazione controversa concernente la scelta della lingua 2 dei concorsi in questione e che esso è, in realtà, imposto per le stesse ragioni per le quali viene imposta tale limitazione. Infatti, non si può dedurre dalla giurisprudenza che la giustificazione fornita in un bando come il bando impugnato riguardante il regime delle comunicazioni tra i candidati e l’EPSO debba obbligatoriamente essere distinta dalle ragioni che giustificano il regime linguistico dei concorsi in questione in generale.

187    Per quanto riguarda, dall’altro lato, la fondatezza delle ragioni, e secondo quanto si è esposto sopra ai punti 79 e seguenti, la Commissione non è riuscita a dimostrare che la limitazione controversa fosse, nel caso di specie, giustificata in rapporto al legittimo obiettivo che essa in ipotesi doveva permettere di realizzare. Pertanto, e alla luce di quanto poc’anzi esposto, lo stesso vale per quanto riguarda l’obbligo controverso.

188    Occorre dunque accogliere il sesto motivo di ricorso presentato dalla Repubblica italiana e così annullare integralmente il bando impugnato.

189    Per quanto riguarda gli effetti di tale annullamento, occorre rilevare che, per ragioni analoghe a quelle illustrate ai punti da 83 a 87 della sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento (C‑377/16, EU:C:2019:249), l’annullamento del bando impugnato non può avere alcuna incidenza su eventuali assunzioni già effettuate sulla base degli elenchi di riserva formati all’esito delle procedure di selezione in questione, in considerazione del legittimo affidamento di cui beneficiano i candidati che si siano già visti offrire un posto di lavoro sulla base della loro iscrizione negli elenchi suddetti (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 230 e la giurisprudenza ivi citata).

 IV. Sulle spese

190    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, in conformità delle conclusioni formulate dalla Repubblica italiana.

191    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella lite sopportano le proprie spese. Pertanto, il Regno di Spagna sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il bando relativo ai concorsi generali EPSO/AD/342/17 (AD 6), organizzato ai fini della formazione di un elenco di riserva di ingegneri per la gestione degli edifici (compresi ingegneri ambientali e impiantisti), ed EPSO/AST/141/17 (AST 3), organizzato ai fini della formazione di un elenco di riserva, in primo luogo, di coordinatori/tecnici edili (profilo 1), in secondo luogo, di coordinatori/tecnici edili in ingegneria climatica, elettromeccanica ed elettrotecnica (profilo 2), e, in terzo luogo, di assistenti per la sicurezza sul lavoro/sicurezza degli edifici (profilo 3), è annullato.

2)      La Commissione europea è condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Repubblica italiana.

3)      Il Regno di Spagna sopporterà le proprie spese.

Costeira

Gratsias

Kancheva

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 2 giugno 2021.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

M. van der Woude


Indice


I. Fatti all’origine della controversia

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulla legittimità della limitazione controversa

1. Sul quadro legislativo e giurisprudenziale

2. Sulla motivazione del bando impugnato

3. Sulla fondatezza delle ragioni addotte nel bando impugnato riguardo alla limitazione controversa

a) Osservazioni preliminari

b) Sull’obiettivo consistente nel selezionare candidati immediatamente operativi

c) Sulla ragione attinente alle lingue di lavoro degli operatori esterni con i quali i vincitori dei concorsi in questione dovranno intrattenere contatti quotidiani

d) Sulle lingue di lavoro dei servizi interessati dal bando impugnato

1) Sulla prassi interna della Commissione in materia linguistica

2) Sugli elementi relativi alle «lingue utilizzate» dai servizi interessati dal bando impugnato

B. Sull’obbligo controverso

IV. Sulle spese



*      Lingua processuale: l’italiano.