Language of document : ECLI:EU:T:2019:168

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

19 marzo 2019 (*)

«Aiuti di Stato – Settore postale – Compensazione del costo netto risultante dagli obblighi del servizio universale – Decisione che dichiara l’aiuto compatibile con il mercato interno – Ricorso di annullamento – Interesse ad agire – Obbligo di motivazione – Parità di trattamento – Proporzionalità – Diritto di proprietà – Libertà d’impresa»

Nelle cause riunite T‑282/16 e T‑283/16,

Inpost Paczkomaty sp. z o.o., con sede a Cracovia (Polonia), rappresentata inizialmente da T. Proć, successivamente da M. Doktór, avvocati,

ricorrente nella causa T‑282/16,

Inpost S.A., con sede a Cracovia, rappresentata da W. Knopkiewicz, avvocato,

ricorrente nella causa T‑283/16,

contro

Commissione europea, rappresentata da K. Herrmann, K. Blanck e D. Recchia, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da:

Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, in qualità di agente,

interveniente,

avente ad oggetto domande fondate sull’articolo 263 TFUE e dirette all’annullamento della decisione C(2015) 8236 final della Commissione, del 26 novembre 2015, con la quale quest’ultima non ha sollevato obiezioni nei confronti della misura notificata dalle autorità polacche relativa all’aiuto concesso alla Poczta Polska sotto forma di compensazione del costo netto risultante dall’adempimento, da parte della medesima società, dei suoi obblighi di servizio postale universale per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2013 e il 31 dicembre 2015,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata),

composto da S. Frimodt Nielsen, presidente, V. Kreuschitz, I.S. Forrester, N. Półtorak ed E. Perillo (relatore), giudici,

cancelliere: K. Guzdek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 aprile 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti e principali disposizioni normative applicabili

1        La Poczta Polska (in prosieguo: la «PP») è una società per azioni polacca il cui unico azionista è l’erario della Repubblica di Polonia. All’epoca dei fatti oggetto della presente causa, la sua attività comprendeva, essenzialmente, i servizi postali universali nonché quelli di corriere, servizi per i quali essa era allora il principale operatore in Polonia.

2        Conformemente alle disposizioni pertinenti del trattato CE applicabili alla presente controversia e riguardanti lo sviluppo del mercato interno, i servizi in questione ricadevano, come del resto ancora oggi, in una competenza legislativa concorrente tra la Comunità europea, oggi Unione europea, da un lato, e gli Stati membri, dall’altro.

3        In tal senso, per quanto attiene al diritto dell’Unione, le norme applicabili sono state stabilite dalla direttiva 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio (GU 1998, L 15, pag. 14), come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67 per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari (GU 2008, L 52, pag. 3) (in prosieguo: la «direttiva postale»).

4        In particolare, per quanto riguarda le implicazioni che, sul piano finanziario, possono derivare dalla liberalizzazione del settore di servizi in questione nel mercato interno dell’Unione, l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva postale prevede, ancora oggi, che, se gli obblighi del servizio universale danno luogo a «un onere finanziario eccessivo» che il fornitore designato di tale servizio dovrebbe sopportare da solo, lo Stato membro interessato può introdurre «un meccanismo volto a ripartire il costo netto degli obblighi del servizio universale fra i [vari] fornitori».

5        A norma dell’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva postale, se viene introdotto un simile meccanismo, lo Stato membro interessato può allora «istituire un fondo di compensazione che può essere finanziato mediante diritti a carico dei fornitori dei servizi [in questione]». In forza dell’articolo 7, paragrafo 5, della direttiva postale, nell’istituzione del suddetto fondo di compensazione e nella fissazione del livello dei contributi finanziari di cui ai paragrafi 3 e 4 dello stesso articolo, «[g]li Stati membri garantiscono che(…) vengano rispettati i principi di trasparenza, di non discriminazione e di proporzionalità».

6        Conformemente al tenore letterale della parte B, secondo comma, dell’allegato I della direttiva postale, il costo netto degli obblighi di servizio universale è ogni costo connesso all’operazione della fornitura del servizio universale. Tale costo netto è uguale alla «differenza tra il costo netto delle operazioni di un fornitore [di detto] servizio (…) quando è soggetto ad obblighi [previsti dalla legge nazionale sui servizi postali] e il costo netto delle operazioni in assenza di tali obblighi».

7        In Polonia, la direttiva postale è stata trasposta dall’ustawa Prawo pocztowe (legge sui servizi postali), del 23 novembre 2012 (Dz. U. del 2012, posizione 1529) (in prosieguo: la «legge polacca sui servizi postali»). A termini del suo articolo 2, i servizi rientranti nel servizio universale sono, in tale paese, quelli comprendenti gli invii di lettere e di pacchi postali nonché gli invii per i non vedenti, che non sono effettuati dall’operatore designato nell’ambito dei suoi obblighi di servizio universale. In forza del servizio postale universale, l’instradamento e la distribuzione di lettere e di pacchi postali devono essere assicurati ogni giorno lavorativo e non meno di cinque giorni a settimana. Il peso degli invii postali interessati non può superare i 2 000 grammi, mentre quello dei pacchi può arrivare fino a 10 000 grammi (articoli 45 e 46 della legge polacca sui servizi postali).

8        Sulla base della legge polacca sui servizi postali (articolo 178, paragrafo 1), l’attuazione della riforma del servizio postale polacco è stata affidata, in un primo tempo e per una durata di tre anni con decorrenza dal 1o gennaio 2013, alla PP, la quale è stata quindi incaricata di assumere gli obblighi di fornitore del servizio postale universale in tutto il territorio polacco.

9        Una volta istituito il quadro giuridico della summenzionata riforma, le autorità polacche, avvalendosi in particolare delle possibilità concesse dalla direttiva postale (v. punti da 3 a 6 supra) nonché delle disposizioni pertinenti della legge polacca sui servizi postali, hanno allora notificato alla Commissione europea, il 10 giugno 2014, un regime di aiuti riguardante, da un lato, un meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi del servizio universale e, dall’altro, la creazione di un fondo di compensazione, complementare all’istituzione di tale meccanismo.

10      Il fondo di compensazione era finanziato, in parte, dai contributi che gli operatori postali interessati erano tenuti a versare allo stesso fondo e, in parte, dal bilancio dello Stato. In particolare, l’obbligo contributivo previsto all’articolo 108, paragrafo 2, della legge polacca sui servizi postali riguardava gli operatori postali che forniscono servizi universali equivalenti, i cui redditi annuali percepiti a tale titolo dovevano nondimeno essere superiori a 1 milione di zloty polacchi (PLN). In ogni caso, l’importo dovuto da ogni operatore interessato non poteva superare, su base annua, il massimale del 2% dell’importo dei redditi provenienti dalla sua fornitura di servizio universale (in prosieguo: la «percentuale determinante l’importo massimo del contributo»).

11      Previsto inizialmente per coprire il periodo compreso tra il 2013 e il 2026, il meccanismo in parola è stato infine limitato, mediante lettera inviata dalle competenti autorità polacche alla Commissione il 5 gennaio 2015, al periodo compreso tra il 2013 e il 2015 (in prosieguo: il «regime nazionale di compensazione» o la «misura in questione»).

12      Il 26 novembre 2015, la Commissione, in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 [TFUE] (GU 2015, L 248, pag. 9), ha deciso di non sollevare obiezioni nei confronti del regime nazionale di compensazione con la motivazione che si trattava di un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Secondo la Commissione, conformemente ai criteri di cui alle sezioni da 2.1 a 2.8 della sua comunicazione sulla disciplina dell’Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (2011) (GU 2012, C 8, pag. 15; in prosieguo: la «disciplina SIEG»), la misura in questione non è tale da incidere sugli scambi commerciali in misura contraria agli interessi dell’Unione. Inoltre, i principi relativi al funzionamento del fondo di compensazione non comporterebbero gravi distorsioni della concorrenza e non imporrebbero quindi requisiti aggiuntivi per garantire che lo sviluppo degli scambi non sia compromesso in misura incompatibile con gli interessi dell’Unione.

13      Le ricorrenti sono, da un lato, l’Inpost Paczkomaty sp. z o.o. e, dall’altro, l’Inpost S.A. Tali società fanno parte del gruppo polacco Integer.pl S.A., il quale, in forza dell’articolo 2 della legge polacca sui servizi postali, contribuisce al finanziamento del fondo di compensazione creato dalla medesima legge e che consente alla PP di beneficiare delle compensazioni corrispondenti (v. punto 9 supra).

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

14      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 30 maggio 2016, le ricorrenti hanno presentato, rispettivamente, i ricorsi iscritti a ruolo con i numeri T‑282/16 e T‑283/16.

15      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 settembre 2016, la Repubblica di Polonia ha chiesto di intervenire nei presenti procedimenti a sostegno delle conclusioni della Commissione.

16      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 settembre 2016, la Commissione ha chiesto la riunione delle presenti cause.

17      Con decisioni del 28 ottobre 2016, il presidente della Terza Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento della Repubblica di Polonia.

18      Con decisione del presidente della Terza Sezione del Tribunale del 14 novembre 2016, le cause T‑282/16 e T‑283/16 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento nonché della decisione che definisce il giudizio, conformemente all’articolo 68 del regolamento di procedura del Tribunale.

19      Il 19 gennaio 2017, la Repubblica di Polonia ha depositato la propria memoria di intervento.

20      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto alle parti quesiti scritti, invitandole a rispondere agli stessi per iscritto, richiesta cui le parti hanno ottemperato entro i termini impartiti.

21      Su proposta della Terza Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del suo regolamento di procedura, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

22      Le parti hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza del 24 aprile 2018.

23      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

24      La Commissione e la Repubblica di Polonia chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

III. In diritto

A.      Sull’oggetto della controversia e sull’interesse ad agire delle ricorrenti

25      Per quanto concerne l’oggetto della presente controversia, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il regime nazionale di compensazione non riguarda il periodo successivo al 31 dicembre 2015, atteso che il finanziamento dei servizi postali universali per il periodo compreso tra il 2016 e il 2025 non è oggetto della decisione impugnata (v. punti 2 e 12 di tale decisione e punto 11 supra).

26      Inoltre, va sottolineato che, in risposta a un quesito scritto posto dal Tribunale nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, le ricorrenti hanno riferito che il fondo di compensazione non era stato utilizzato né nel 2014 né nel 2015 e che «[l]’assenza effettiva di domanda da parte della [PP] che consentisse di attuare tale meccanismo per [i suddetti] anni (…) [aveva] come conseguenza che la decisione impugnata non produce[va] effetti giuridici sfavorevoli per l[e] ricorrent[i]». Ne consegue che, per stessa ammissione delle ricorrenti, esse non dimostrano di avere un interesse ad agire contro la decisione impugnata nei limiti in cui questa non solleva obiezioni nei confronti della misura in questione per quanto riguarda la sua applicazione durante il 2014 e il 2015, considerato che un simile interesse presuppone che l’annullamento della decisione in parola possa produrre, di per sé, conseguenze giuridiche e che il ricorso possa pertanto, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

27      Tenuto conto di tali circostanze, occorre concludere che i presenti ricorsi sono ricevibili solo nella misura in cui la decisione impugnata ha prodotto effetti giuridici nei confronti delle ricorrenti nel 2013, atteso che il fondo di compensazione oggetto della misura in questione e della medesima decisione non è stato attivato durante il 2014 e il 2015.

B.      Nel merito

28      A sostegno dei ricorsi, le ricorrenti deducono sette motivi, vertenti, in sostanza, i primi cinque, sulla violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE in quanto la disciplina SIEG e l’articolo 7 della direttiva postale non sarebbero stati rispettati, il sesto, sulla violazione degli articoli 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e, l’ultimo, sull’inosservanza dell’obbligo di motivazione.

1.      Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE in quanto l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva postale e il punto 19 della disciplina SIEG non sarebbero stati rispettati

29      Le ricorrenti sostengono essenzialmente che la misura in questione non avrebbe dovuto essere dichiarata compatibile con il mercato interno da parte della Commissione, poiché la decisione del legislatore polacco di incaricare la PP dei servizi postali universali in questione non era stata oggetto né di una procedura di appalto rispettosa delle norme dell’Unione applicabili al settore degli appalti pubblici né, in ogni caso, di una procedura rispettosa dei principi di trasparenza, di parità di trattamento e di non discriminazione.

30      La Commissione e la Repubblica di Polonia contestano la fondatezza del motivo in esame. Inoltre, in udienza, la Commissione ha aggiunto, a tale riguardo, che le ricorrenti non dovevano essere considerate legittimate a dedurre un simile motivo, il quale riguarderebbe, infatti, solo la situazione e i diritti specifici della PP.

31      A termini dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva postale:

«Gli Stati membri possono garantire la fornitura del servizio universale appaltando tali servizi in conformità alle norme e ai regolamenti applicabili in materia di appalti pubblici, inclusi, come previsto dalla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, il dialogo competitivo o le procedure negoziate con o senza la pubblicazione di un bando di gara».

32      Nel caso di specie, è senz’altro pacifico che la PP è stata designata dalla legge polacca sui servizi postali quale fornitore dei servizi postali universali senza che le autorità polacche abbiano previamente organizzato una procedura di appalto.

33      Tuttavia, come rilevano giustamente la Commissione e la Repubblica di Polonia, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva postale non obbliga lo Stato membro interessato a ricorrere alle procedure di appalto per selezionare l’organismo al quale esso intende affidare le prestazioni del servizio postale universale, giacché un simile ricorso, conformemente ai termini della stessa disposizione secondo cui «[g]li Stati membri possono garantire», è semplicemente una facoltà.

34      La suesposta interpretazione letterale dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva postale è confermata da un’interpretazione sistematica, alla luce in particolare del considerando 23 della direttiva 2008/6, il quale è del seguente tenore:

«[G]li Stati membri dovrebbero disporre di maggiore flessibilità per determinare il meccanismo più efficiente e appropriato per garantire l’offerta del servizio universale, nel rispetto dei principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione, proporzionalità e minima distorsione del mercato, [attraverso] la fornitura del servizio universale da parte delle forze di mercato, [o] la nomina di una o più imprese per fornire elementi diversi del servizio universale o per coprire varie parti del territorio [oppure ancora l’]appalto pubblico di servizi».

35      Ne deriva che le procedure di appalto sono solo una delle opzioni contemplabili dallo Stato membro interessato, a condizione in particolare che, nell’esercizio di tale scelta, siano debitamente rispettati i principi di trasparenza, di parità di trattamento e di non discriminazione. Del resto, tale interpretazione corrisponde a quella fornita dalla Commissione al punto 56 della disciplina SIEG, nel quale essa riconosce che esiste per lo Stato membro interessato la possibilità di incaricare «un fornitore di servizi pubblici, senza procedura di selezione concorrenziale, di fornire un SIEG su un mercato non riservato (…)».

36      Orbene, le ricorrenti non contestano «la legittimità in quanto tale della designazione della [PP quale fornitore dei servizi postali universali] per via legislativa», ma si limitano a sostenere, essenzialmente, che detta designazione avrebbe disatteso i requisiti in materia di trasparenza, di parità di trattamento e di non discriminazione per il motivo che, nel dicembre 2012, «le autorità polacche hanno votato [la legge polacca sui servizi postali] a condizioni fondamentalmente diverse da quelle che erano state sottoposte alla consultazione pubblica [del settembre] 2010, in particolare per quanto riguarda l’aumento del tasso di finanziamento del costo netto, che passava dall’1 al 2% dei redditi».

37      È tuttavia necessario constatare che un simile argomento non riguarda la modalità o la procedura attraverso cui la PP è stata designata quale fornitore unico dei servizi postali universali, per un periodo di tre anni con decorrenza dal 1o gennaio 2013, ma è volto a contestare, anticipando peraltro il secondo motivo, la modalità con la quale il tasso di compensazione in questione è stato da ultimo calcolato e applicato dalle autorità polacche. Di conseguenza, l’argomento in esame, nei limiti in cui si basa sui requisiti di trasparenza, di parità di trattamento e di non discriminazione, dev’essere respinto in quanto inoperante.

38      Inoltre, è pacifico che la designazione della PP quale fornitore dei servizi postali universali per un periodo determinato era già stata considerata in occasione della consultazione pubblica del settembre 2010, avvenuta proprio nell’ambito del pertinente processo legislativo nazionale. In ogni caso, ne consegue che, per quanto riguarda la scelta del fornitore dei servizi postali universali, le ricorrenti non possono validamente sostenere che la legge sui servizi postali sia stata votata nel 2012 in condizioni «fondamentalmente diverse» da quelle sottoposte alla consultazione pubblica del settembre 2010 per comprovare l’esistenza di una violazione dei requisiti di trasparenza, di parità di trattamento e di non discriminazione.

39      Infine, la circostanza che la PP è stata designata come fornitore dei servizi postali universali direttamente ed esclusivamente per via legislativa non è sufficiente, di per sé, a dimostrare l’esistenza di una violazione dei principi di trasparenza, di parità di trattamento e di non discriminazione. A tale riguardo, occorre precisare che la legge polacca sui servizi postali è stata pubblicata il 29 dicembre 2012 nella Gazzetta ufficiale di tale paese e che la Repubblica di Polonia era libera, nell’esercizio del suo ampio potere discrezionale quanto alla definizione della portata di un servizio universale (v. sentenza del 20 dicembre 2017, Comunidad Autónoma del País Vasco e a./Commissione, da C‑66/16 P a C‑69/16 P, EU:C:2017:999, punti 69 e 70 nonché giurisprudenza ivi citata) e conformemente alle disposizioni del punto 15 della disciplina SIEG, di determinare la forma giuridica dell’atto che affida la responsabilità della gestione del servizio di interesse economico generale (SIEG) all’impresa designata.

40      Lo stesso vale allorché il fornitore del servizio universale designato è, come nel caso di specie, un ente pubblico «detenuto al 100% dallo Stato». Il mero carattere pubblico di detto fornitore, infatti, non mette in discussione il fatto che la sua designazione sia stata decisa nel rispetto dei principi che disciplinano la concessione di un mandato di fornitore del servizio universale, quali riconosciuti nella giurisprudenza (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2008, BUPA e a./Commissione, T‑289/03, EU:T:2008:29, punti 161 e segg.).

41      Tenuto conto di quanto precede, e senza che sia necessario pronunciarsi sulla questione della ricevibilità di tale motivo, quale sollevata in udienza dalla Commissione, il primo motivo dev’essere, in ogni caso, respinto in quanto infondato.

2.      Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE in quanto le condizioni previste ai punti 14 e 60 della disciplina SIEG sarebbero state erroneamente considerate soddisfatte

42      Nell’ambito del secondo motivo, le ricorrenti deducono due censure distinte. Da un lato, esse sostengono che i requisiti di consultazione pubblica, quali risultano dall’applicazione del punto 14 della disciplina SIEG, non sono stati, nella specie, rispettati. Il progetto di legge polacca sui servizi postali sarebbe considerevolmente mutato rispetto al progetto iniziale, sul quale si era basata la consultazione pubblica organizzata nel settembre 2010, essendo il tasso di compensazione nel frattempo passato dall’1 al 2% dei redditi interessati. Pertanto, in assenza di una nuova consultazione, che s’imponeva sulla base del punto 14 della disciplina SIEG, una simile modifica legislativa sarebbe intervenuta senza che gli interessi degli operatori postali, diversi dalla PP, nonché le esigenze in materia di servizio universale, fossero stati debitamente presi in considerazione dalle autorità polacche. Dall’altro lato, le ricorrenti ritengono che neanche i requisiti di trasparenza previsti al punto 60 della disciplina SIEG siano stati rispettati, non avendo la Commissione constatato, nella decisione impugnata, che i risultati della consultazione pubblica erano stati pubblicati, su Internet o mediante qualsiasi altro mezzo di pubblicazione adeguato.

43      La Commissione e la Repubblica di Polonia contestano la fondatezza degli argomenti suesposti. In udienza, la Commissione ha altresì sostenuto che il motivo in questione deve essere considerato irricevibile, poiché non inciderebbe sulla situazione di ciascuna delle ricorrenti né direttamente né individualmente.

a)      Sulla prima censura

44      Per quanto riguarda la prima censura, occorre ricordare, in limine, che, nell’esercizio del suo potere discrezionale ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, la Commissione può adottare norme di condotta al fine di stabilire i criteri sulla base dei quali essa intende valutare la compatibilità, con il mercato interno, di misure di aiuto attinenti alla gestione di un SIEG, previste dagli Stati membri. Adottando simili norme di condotta, come quella della disciplina SIEG, e annunciando con la loro pubblicazione che essa le applicherà da quel momento in poi alle fattispecie cui si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del potere discrezionale summenzionato e non può, in linea di principio, discostarsi dalle medesime norme, pena una sanzione, eventualmente, per violazione di principi generali del diritto, quali il principio della parità di trattamento o quello della tutela del legittimo affidamento (v., in tal senso, sentenze dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punti da 68 a 70; del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punti da 38 a 40 e giurisprudenza ivi citata, e del 16 luglio 2014, Zweckverband Tierkörperbeseitigung/Commissione, T‑309/12, non pubblicata, EU:T:2014:676, punto 212).

45      Il punto 14 della disciplina SIEG così recita:

«Ai fini dell’applicazione dei principi delineati nella presente comunicazione, è opportuno che gli Stati membri dimostrino di aver tenuto in debita considerazione le esigenze di servizio pubblico cui è offerto sostegno mediante una consultazione pubblica o altri strumenti adeguati per tener conto degli interessi di utenti e fornitori. Ciò non si applica qualora sia evidente che una nuova consultazione non apporterà nessun valore aggiunto significativo a una consultazione svolta di recente».

46      Orbene, dal testo della succitata disposizione emerge chiaramente che l’organizzazione di una consultazione pubblica non è obbligatoria, atteso che una simile procedura costituisce, infatti, solo uno degli strumenti adeguati cui lo Stato membro può ricorrere al fine di prendere in considerazione le esigenze del servizio pubblico interessato e di tener conto degli interessi degli utenti e dei fornitori.

47      Inoltre, in occasione della consultazione pubblica del settembre 2010, le ricorrenti hanno potuto utilmente presentare le proprie osservazioni in merito alle condizioni relative al funzionamento del fondo di compensazione e in particolare il proprio disaccordo su un tasso di contribuzione fissato all’1%, ossia su un tasso inferiore al 2%.

48      Pertanto, considerato che le ricorrenti hanno potuto esprimere il proprio disaccordo su un tasso inferiore a quello da ultimo previsto, sostenendo che a loro avviso esso era già eccessivo, una nuova consultazione non avrebbe apportato, sotto tale profilo, «nessun valore aggiunto significativo», ai sensi del punto 14 della disciplina SIEG. Peraltro, la circostanza che, in seguito, gli argomenti delle ricorrenti non siano stati tenuti in considerazione dalle autorità nazionali competenti non significa che tali società non abbiano potuto far conoscere le proprie osservazioni su questo specifico punto [v., in tal senso e per analogia, sentenza del 12 dicembre 2014, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio, T‑643/11, EU:T:2014:1076, punto 43 e giurisprudenza ivi citata].

49      Ne consegue che la consultazione pubblica del settembre 2010 costituiva uno «strumento adeguato», ai sensi del punto 14 della disciplina SIEG, avendo essa, in particolare, consentito alle ricorrenti di esporre utilmente il loro punto di vista e allo Stato membro interessato di tener debitamente conto dei loro interessi quali fornitori.

50      Premesso ciò, la Commissione poteva ritenere, al punto 122 della decisione impugnata, senza incorrere in errori di diritto né di valutazione, che, in sostanza, la Repubblica di Polonia avesse preso in considerazione le esigenze del servizio, in quanto gli obblighi di SIEG affidati alla PP dalla legge polacca sui servizi postali soddisfacevano i requisiti di servizio definiti nella direttiva postale e in considerazione dei quali aveva in ogni caso avuto luogo una consultazione pubblica, in applicazione del punto 14 della disciplina SIEG.

51      Infine, la suddetta conclusione non può essere messa in discussione dagli argomenti delle ricorrenti attinenti, da un lato, al fatto che «l’innalzamento del massimale dei contributi al 2% [avrebbe avuto] come sola e unica ragione quella di evitare di ricorrere al bilancio erariale» e, dall’altro, al fatto che anche gli operatori del servizio di corriere avrebbero dovuto contribuire al finanziamento del fondo di compensazione. A tale riguardo, è sufficiente constatare che i suddetti argomenti sono inoperanti ai fini della prima censura vertente sull’inosservanza dei requisiti di trasparenza della procedura stabiliti al punto 14 della disciplina SIEG.

52      Tenuto conto di quanto precede, la prima censura di questo secondo motivo dev’essere respinta.

b)      Sulla seconda censura

53      Per quanto riguarda la seconda censura, occorre ricordare i termini del punto 60 della disciplina SIEG, il quale è del seguente tenore:

«Per ciascuna compensazione della prestazione di SIEG che rientra nel campo di applicazione della presente comunicazione, lo Stato interessato deve pubblicare le seguenti informazioni, su Internet o in altro modo adeguato:

a)      i risultati della consultazione pubblica o degli altri strumenti adeguati di cui al punto 14;

(…)».

54      Orbene, è sufficiente in proposito rilevare che, al punto 158 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato, senza incorrere in un errore di fatto, che la legge polacca sui servizi postali era stata pubblicata. Inoltre, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, dal punto 60 della disciplina SIEG non deriva un obbligo per lo Stato membro di pubblicare i risultati delle consultazioni pubbliche separatamente. Infine, dalle considerazioni esposte ai punti da 46 a 50 supra si evince che la Commissione poteva validamente ritenere che i requisiti di trasparenza di cui al punto 14 della disciplina SIEG fossero stati rispettati, sicché la sua conclusione corrispondente di cui al punto 160 della decisione impugnata è priva di errori.

55      Pertanto, stante quanto precede, occorre respingere anche la seconda censura e, di conseguenza, senza che sia necessario statuire sulla sua ricevibilità, il secondo motivo nel suo complesso.

3.      Sul terzo motivo, vertente, da un lato, sulla violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE in quanto la Commissione avrebbe disatteso il punto 52 della disciplina SIEG e, dall’altro, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafi 1 e da 3 a 5, della direttiva postale

56      Con il terzo motivo, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha disatteso il punto 52 della disciplina SIEG nonché l’articolo 7, paragrafi 1 e da 3 a 5, della direttiva postale. In sostanza, le caratteristiche del fondo di compensazione sarebbero discriminatorie, sproporzionate e sarebbero state adottate mediante una procedura non trasparente. Inoltre, esse ritengono che la Commissione non abbia effettuato un esame adeguato al fine di accertare se gli obblighi del servizio universale comportassero per la PP un costo netto e rappresentassero un onere finanziario «eccessivo» per la medesima impresa, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva postale.

57      In limine, va ricordato che dalla decisione impugnata risulta che l’importo del contributo degli operatori postali chiamati a contribuire al fondo di compensazione è fissato in una determinata percentuale del loro volume d’affari rilevante. Il volume d’affari preso in considerazione è il volume d’affari proveniente, nel corso dell’anno di riferimento, dalla fornitura del servizio universale (per il fornitore del servizio universale) e dalla fornitura di servizi equivalenti (per il fornitore del servizio universale nonché per tutti gli altri operatori postali chiamati a contribuire al fondo di compensazione). Gli operatori postali che hanno realizzato un volume d’affari rilevante inferiore a PLN 1 milione durante l’anno di riferimento sono tuttavia esentati dal contributo al fondo di compensazione. Quanto alla percentuale determinante l’importo massimo del contributo, essa è uniforme per tutti gli operatori chiamati a contribuire al fondo di compensazione e limitata a un massimo del 2% del loro volume d’affari rilevante. La percentuale in parola è calcolata rapportando, da un lato, l’importo totale della compensazione dovuta al fornitore del servizio universale e, dall’altro, il totale del volume d’affari rilevante realizzato da tutti gli operatori postali chiamati a contribuire al fondo di compensazione nel corso dell’anno di riferimento (punti 164, 165 e 170 della decisione impugnata).

58      Ai sensi della legge polacca sui servizi postali, il calcolo dell’importo totale della compensazione è stabilito con decisione dell’autorità di regolamentazione postale polacca (in prosieguo: l’«UKE»), previa verifica da parte di un esperto indipendente dei calcoli e dei documenti contabili giustificativi forniti dalla PP (punto 18 della decisione impugnata). A tale riguardo, il costo netto degli obblighi del servizio universale della PP dà diritto a compensazione solo se la fornitura del servizio universale ha effettivamente comportato una perdita contabile (punto 16 della decisione impugnata). Qualora debba essere versata alla PP una compensazione, l’UKE fissa anche l’importo individuale della compensazione per ogni operatore postale chiamato a contribuire al fondo di compensazione (punto 19 della decisione impugnata).

59      Tenuto conto delle modalità illustrate, la Commissione ha ritenuto che il metodo utilizzato per calcolare l’importo della compensazione al quale aveva diritto la PP soddisfacesse i requisiti della disciplina SIEG, in quanto la PP riceverebbe compensazioni solo se i suoi obblighi di servizio universale comportassero un costo netto e rappresentassero un onere eccessivo (punto 152 della decisione impugnata). La Commissione ha altresì ritenuto che l’importo della compensazione e la percentuale determinante l’importo massimo del contributo fossero conformi ai principi di non discriminazione e di proporzionalità (punti 166 e 171 della decisione impugnata). Inoltre, la Commissione ha ritenuto che le caratteristiche del fondo di compensazione fossero trasparenti in quanto erano state pubblicate in anticipo nella legge polacca sui servizi postali (punto 176 della decisione impugnata).

60      Di conseguenza, la Commissione ha concluso che la misura in questione non produceva gravi distorsioni della concorrenza ed era compatibile con le norme in materia di aiuti di Stato (punto 177 della decisione impugnata).

a)      Sulla portata del terzo motivo e sulla sua operatività alla luce della censura relativa alla violazione dell’articolo 7 della direttiva postale

61      Con il terzo motivo, le ricorrenti sostengono in particolare che la Commissione avrebbe violato l’articolo 7, paragrafi 1 e da 3 a 5, della direttiva postale.

62      La Commissione chiede che il motivo venga respinto nel suo complesso. In particolare, essa sostiene che il terzo motivo è inoperante nei limiti in cui verte sull’eventuale violazione dell’articolo 7 della direttiva postale. In considerazione del contenuto e della portata del suo controllo di compatibilità sugli aiuti di Stato, infatti, la Commissione dovrebbe applicare solo norme specifiche a tale settore, senza dovere anche verificare la conformità della misura notificata con altre norme dell’Unione, ossia, nel caso di specie, con la direttiva postale.

63      A tale riguardo, va ricordato che, quando applica la procedura relativa al controllo degli aiuti di Stato, la Commissione è tenuta, in forza del sistema generale del Trattato, a rispettare la coerenza tra le disposizioni che disciplinano tale materia e le disposizioni specifiche diverse da quelle relative agli aiuti di Stato e, pertanto, a valutare la compatibilità dell’aiuto in questione con le suddette disposizioni specifiche (v. sentenza del 3 dicembre 2014, Castelnou Energía/Commissione, T‑57/11, EU:T:2014:1021, punto 181 e giurisprudenza ivi citata).

64      Tuttavia, un simile obbligo si impone alla Commissione unicamente per quanto riguarda le caratteristiche di un aiuto a tal punto inscindibilmente connesse all’oggetto dell’aiuto che non sarebbe possibile valutarle isolatamente. Esso non si impone, per contro, in caso di condizioni o di elementi di un aiuto che, pur facendo parte dell’aiuto stesso, possono essere considerati non necessari alla realizzazione del suo oggetto o al suo funzionamento (v. sentenza del 3 dicembre 2014, Castelnou Energía/Commissione, T‑57/11, EU:T:2014:1021, punto 182 e giurisprudenza ivi citata).

65      Infatti, l’obbligo della Commissione di prendere posizione in modo definitivo, a prescindere dal collegamento tra le caratteristiche e l’oggetto dell’aiuto in questione, nell’ambito di una procedura relativa al controllo degli aiuti di Stato, sull’esistenza o sull’assenza di una violazione delle disposizioni del diritto dell’Unione distinte da quelle rientranti negli articoli 107 e 108 TFUE, se del caso letti in combinato disposto con l’articolo 106 TFUE, confliggerebbe, da un lato, con le norme e le garanzie procedurali – in parte molto divergenti e che implicano conseguenze giuridiche distinte – che sono proprie dei procedimenti specificamente previsti per il controllo dell’applicazione di tali disposizioni e, dall’altro, con il principio dell’autonomia dei procedimenti amministrativi e dei mezzi di ricorso. Un simile obbligo confliggerebbe altresì con la deroga alle norme del Trattato posta dall’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, la quale non potrebbe mai produrre effetti se la sua applicazione dovesse allo stesso tempo assicurare il pieno rispetto delle norme alle quali è destinata a derogare (v. sentenza del 3 dicembre 2014, Castelnou Energía/Commissione, T‑57/11, EU:T:2014:1021, punto 183 e giurisprudenza ivi citata).

66      Pertanto, se le caratteristiche dell’aiuto in questione sono inscindibilmente connesse al suo oggetto, la sua conformità con le disposizioni diverse da quelle relative agli aiuti di Stato sarà valutata dalla Commissione nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 108 TFUE e tale valutazione potrà sfociare in una dichiarazione di incompatibilità dell’aiuto considerato con il mercato interno. Per contro, se le caratteristiche dell’aiuto in questione possono essere dissociate dal suo oggetto, la Commissione non è tenuta a valutare la sua conformità con le disposizioni diverse da quelle relative agli aiuti di Stato nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 108 TFUE (v. sentenza del 3 dicembre 2014, Castelnou Energía/Commissione, T‑57/11, EU:T:2014:1021, punto 184 e giurisprudenza ivi citata).

67      Inoltre, occorre altresì ricordare che è già stato dichiarato che la modalità di finanziamento di un aiuto può rendere incompatibile con il mercato interno il regime di aiuto complessivamente considerato, cosicché, in una situazione del genere, la Commissione è obbligata a esaminare l’aiuto prendendo in considerazione anche gli effetti economici e giuridici che il suo finanziamento può produrre (v., in tal senso, sentenza del 21 luglio 2011, Alcoa Trasformazioni/Commissione, C‑194/09 P, EU:C:2011:497, punto 48).

68      Nel caso di specie, occorre constatare che la misura di aiuto in questione è diretta a coprire il costo netto degli obblighi del servizio universale della PP attraverso un fondo di compensazione alimentato dai contributi imposti a taluni operatori postali.

69      Orbene, al punto 163 della decisione impugnata, la Commissione ha espressamente ritenuto che fosse necessario esaminare le caratteristiche del fondo di compensazione in dettaglio al fine di valutare la compatibilità della misura d’aiuto in questione. In particolare, essa ha ritenuto che «la fissazione dei contributi degli operatori postali a un livello adeguato (vale a dire a un livello proporzionato e non discriminatorio) [fosse] particolarmente importante» (punto 163 della decisione impugnata).

70      In aggiunta, la Commissione stessa ha fatto espressamente riferimento non soltanto alla direttiva postale, ma anche alla compatibilità della misura in questione con la medesima direttiva, nella parte della decisione impugnata relativa alla valutazione della compatibilità della misura in questione (punti 122, 137, 139, 152 e 163 della decisione impugnata).

71      Di conseguenza, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, le modalità di finanziamento necessarie al funzionamento del fondo di compensazione sono inscindibilmente connesse all’oggetto dell’aiuto stesso, ossia la compensazione per la PP dei suoi obblighi di servizio universale. Pertanto, fatta salva la portata del controllo che la Commissione era tenuta a effettuare al riguardo nella fattispecie, il suo argomento in base al quale il terzo motivo è inoperante nei limiti in cui verte sulla violazione dell’articolo 7 della direttiva postale dev’essere respinto.

72      È dunque necessario esaminare nel suo insieme il terzo motivo, il quale si suddivide in sostanza in quattro parti. Con la prima parte, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato il principio di non discriminazione e altre disposizioni, avendo ritenuto che fosse possibile applicare uniformemente la percentuale determinante l’importo massimo del contributo ai fornitori di servizi universali e ai fornitori di servizi equivalenti (v. punto 166 della decisione impugnata). Con la seconda parte, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità, avendo ritenuto che la percentuale determinante l’importo massimo del contributo nonché la soglia di redditi di PLN 1 milione fossero adeguate (v. punti 168 e 171 della decisione impugnata). Con la terza parte, le ricorrenti contestano la conclusione della Commissione secondo la quale il meccanismo del fondo di compensazione era trasparente (v. punto 176 della decisione impugnata). Con la quarta parte, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha errato, da un lato, nel non effettuare un esame adeguato della misura al fine di accertare se gli obblighi del servizio universale comportassero un costo netto per la PP e rappresentassero un onere finanziario «eccessivo» per la medesima impresa e, dall’altro, nel ritenere che le perdite subite dalla PP rappresentassero un simile onere finanziario eccessivo (punto 152 della decisione impugnata).

b)      Sulla prima parte, vertente sul carattere asseritamente discriminatorio della percentuale determinante l’importo massimo del contributo

73      Le ricorrenti sostengono, essenzialmente, che la Commissione è incorsa in un errore di valutazione nel ritenere che l’applicazione uniforme della percentuale determinante l’importo massimo del contributo ai fornitori di servizi universali e ai fornitori di servizi equivalenti rispettasse il principio di non discriminazione (punto 166 della decisione impugnata). Così facendo, la Commissione avrebbe violato il punto 52 della disciplina SIEG, l’articolo 7, paragrafi da 3 a 5, della direttiva postale nonché il principio di non discriminazione.

74      A sostegno di questa prima parte, le ricorrenti avanzano due argomenti. Da un lato, esse adducono che i fornitori di servizi universali e i fornitori di servizi equivalenti non si trovano in una situazione analoga e che, di conseguenza, l’applicazione uniforme della percentuale determinante l’importo massimo del contributo viola il principio di non discriminazione. Dall’altro, le ricorrenti sostengono che i fornitori di servizi di corriere, nel senso di corriere espresso, si trovano in una situazione analoga a quella degli operatori postali chiamati a contribuire al fondo di compensazione e che, di conseguenza, la loro esenzione dall’obbligo di contribuire al fondo di compensazione viola il principio di non discriminazione.

75      Nel caso di specie, tanto dal punto 163 della decisione impugnata, che attua il punto 52 della disciplina SIEG, quanto dall’articolo 7, paragrafo 5, della direttiva postale risulta che la determinazione degli operatori postali chiamati a contribuire al fondo di compensazione deve soddisfare il principio di non discriminazione.

76      A tale riguardo, secondo una giurisprudenza consolidata, il principio di non discriminazione, chiamato anche principio della parità di trattamento, quale principio generale del diritto dell’Unione, impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che un simile trattamento non sia obiettivamente giustificato. La comparabilità di situazioni diverse è valutata alla luce di tutti gli elementi che le caratterizzano. Tali elementi devono, in particolare, essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto dell’Unione che stabilisce la distinzione di cui trattasi. Devono, inoltre, essere presi in considerazione i principi e gli obiettivi del settore in cui rientra l’atto in questione (v. sentenza del 12 dicembre 2014, Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português/Commissione, T‑487/11, EU:T:2014:1077, punto 139 e giurisprudenza ivi citata).

77      In primo luogo, per quanto riguarda l’oggetto della misura in questione, è pacifico che essa è volta a compensare la PP del costo netto risultante dai suoi obblighi di servizio universale e a finanziare tale compensazione attraverso un fondo di compensazione cui sono tenuti a contribuire taluni operatori postali (punto 12 della decisione impugnata).

78      In secondo luogo, al fine di determinare quali imprese possano essere chiamate a contribuire al fondo di compensazione, occorre rilevare che il considerando 27 della direttiva postale dispone che gli Stati membri dovrebbero valutare se i servizi forniti da tali imprese possono, nell’ottica di un utente, essere considerati come servizi che rientrano nell’ambito di applicazione del servizio universale, poiché denotano un livello di intercambiabilità sufficiente rispetto al servizio universale, tenuto conto delle loro caratteristiche, compresi gli aspetti che comportano un valore aggiunto, nonché l’impiego previsto e la tariffazione.

79      È alla luce di tali principi che occorre verificare, da un lato, se il fornitore del servizio universale e i fornitori di servizi equivalenti si trovino in una situazione analoga e, dall’altro, se gli operatori postali chiamati a contribuire al fondo di compensazione e i fornitori di servizi di corriere, nel senso di corriere espresso, si trovino in una situazione analoga.

1)      Sul confronto tra l’operatore del servizio universale e gli operatori di servizi equivalenti

80      Le ricorrenti sostengono che l’applicazione uniforme della percentuale determinante l’importo massimo del contributo tanto agli operatori del servizio universale quanto ai fornitori di servizi equivalenti presenta un carattere discriminatorio, in quanto la situazione degli uni sarebbe diversa da quella degli altri.

81      Ciò avverrebbe in particolare quando il mercato nel quale operano i fornitori del servizio universale conta, in definitiva, un solo operatore, nel caso di specie la PP, e non sarebbe quindi veramente concorrenziale, a differenza del mercato al quale i fornitori di servizi equivalenti possono accedere e nel quale gli stessi possono esercitare le loro attività. Grazie alla gestione del servizio universale di cui è stata incaricata, la PP genererebbe peraltro proporzionalmente più redditi di quelli derivanti dai servizi equivalenti, i quali, essendo soggetti alla concorrenza, possono produrre solo margini di profitto nettamente inferiori. In questi due tipi di mercato distinti, gli operatori interessati non possono dunque essere soggetti al medesimo tasso di contribuzione. Le modalità di funzionamento del fondo di compensazione sarebbero ancor più discriminatorie in quanto esse consentirebbero alla PP di recuperare, mediante il finanziamento del costo netto dei servizi universali, il margine che questo stesso fornitore perderebbe, eventualmente, sul mercato dei servizi equivalenti, consentendogli in tal modo di proporre tariffe anormalmente basse e di escludere, in pratica, qualsiasi forma di concorrenza, in particolare nell’ambito di procedure di appalto pubblico che mettono le imprese interessate in concorrenza tra di loro.

82      La Commissione replica che le ricorrenti si trovano, al contrario, in una situazione essenzialmente analoga a quella della PP, in quanto i servizi postali universali ed equivalenti costituirebbero un solo mercato, giacché tutti gli operatori interessati esercitano, in definitiva, lo stesso tipo di attività economica.

83      La Repubblica di Polonia adduce che l’applicazione uniforme della percentuale determinante l’importo massimo del contributo non può essere, nel caso di specie, discriminatoria, poiché, applicandosi a operatori aventi redditi diversi a seconda dei servizi equivalenti forniti, una simile compensazione non può dare origine a un trattamento discriminatorio, dato che tali operatori agiscono in situazioni di mercato diverse.

84      A tale riguardo, in primo luogo, va constatato che i servizi postali universali e i servizi postali equivalenti presentano caratteristiche simili. In tal senso, è necessario rilevare che, conformemente all’articolo 2 della legge polacca sui servizi postali, i servizi postali equivalenti comprendono, in particolare, gli invii di lettere e di pacchi postali, il cui peso e le cui dimensioni sono gli stessi di quelli previsti per i servizi universali. Di conseguenza, sebbene i fornitori di servizi equivalenti possano tentare di differenziarsi dai servizi universali attraverso prestazioni supplementari o concedendo riduzioni, ciò non toglie tuttavia che i servizi universali e i servizi equivalenti devono essere considerati intercambiabili dal punto di vista dei consumatori, in considerazione delle loro caratteristiche intrinseche.

85      In secondo luogo, va ricordato che l’oggetto della misura in questione è quello di compensare al fornitore del servizio universale il costo netto derivante dai suoi obblighi di servizio universale. Orbene, atteso che la misura in questione dà diritto a compensazione solo alla condizione che la fornitura del servizio universale porti a perdite contabili, la compensazione di tali perdite può, per definizione, essere effettuata solo attraverso redditi diversi da quelli provenienti dalla fornitura del servizio universale. Di conseguenza, nel calcolare l’importo del contributo a carico della PP sulla base del volume d’affari risultante non soltanto dalla sua fornitura di servizi equivalenti, ma anche da quella connessa ai suoi obblighi di servizio universale, la misura in questione impone in realtà alla PP di versare al fondo di compensazione un contributo di una percentuale del suo volume d’affari proveniente dalla sua fornitura di servizi equivalenti più elevata rispetto al contributo del 2% imposto agli altri fornitori di servizi equivalenti.

86      In terzo luogo, occorre constatare che le affermazioni delle ricorrenti quanto a eventuali pratiche di prezzi predatori e di sovvenzioni incrociate da parte della PP sono irrilevanti nell’ambito della presente causa. Simili comportamenti, che potrebbero essere esaminati alla luce degli articoli 101 e 102 TFUE, sono irrilevanti ai fini dell’esame della conformità della misura in questione alla luce del regime di controllo degli aiuti di Stato.

87      Stante quanto precede, la censura relativa all’applicazione uniforme della percentuale determinante l’importo massimo del contributo tanto agli operatori del servizio universale quanto ai fornitori di servizi equivalenti dev’essere respinta.

2)      Sul confronto con i servizi di corriere

88      Le ricorrenti sostengono che l’obbligo loro imposto di contribuire al fondo di compensazione è discriminatorio, poiché i fornitori di servizi di corriere, nel senso di corriere espresso, non sono soggetti al medesimo obbligo, sebbene si trovino in una situazione analoga alla loro.

89      Le ricorrenti adducono, in particolare, che servizi di questo tipo «ricomprendono servizi di invio di lettere e di pacchi postali, il cui peso e le cui dimensioni sono gli stessi di quelli previsti per i servizi universali». Tali servizi di corriere sarebbero quindi intercambiabili con i servizi universali alla luce dei criteri stabiliti dalla direttiva postale, in particolare al considerando 27 della medesima. Ciò varrebbe per il loro utilizzo, la loro tariffa o ancora per le condizioni della loro fornitura, quali l’obbligo di rispettare un termine determinato per la distribuzione degli invii che s’imporrebbe a tutti i servizi postali, o ancora per il monitoraggio degli invii, che non sarebbe più riservato a tali servizi di corriere e farebbe parte dei servizi standard forniti dai fornitori di servizi universali o di servizi equivalenti. Infine, i prezzi dei servizi di corriere non sarebbero «considerevolmente diversi da quelli dei servizi universali e, in molti casi, [sarebbero] addirittura inferiori».

90      La Commissione e la Repubblica di Polonia sostengono che i summenzionati servizi di corriere non sono comparabili ai servizi equivalenti. Secondo la Commissione, infatti, solo i primi prevedono, da un lato, la raccolta dell’invio postale direttamente presso il mittente e, dall’altro, la consegna di questo stesso invio nelle mani proprie del destinatario. Inoltre, secondo la Repubblica di Polonia, la differenza tra questi due servizi risiede, in particolare, nel prezzo. Quest’ultimo distingue i servizi di corriere dai servizi postali universali, in quanto i primi sono necessariamente più cari dei secondi.

91      A tale proposito, in primo luogo, occorre osservare che i servizi di corriere, nel senso di corriere espresso, si differenziano dai servizi postali universali per le loro caratteristiche.

92      Invero, i servizi di corriere espresso si differenziano dal servizio postale universale per il valore aggiunto fornito a ogni cliente, valore per il quale tale utente accetta, infatti, di pagare una somma più elevata. Servizi di questo genere corrispondono, quindi, a offerte commerciali specifiche, scindibili dal servizio di interesse generale e rispondenti a esigenze particolari che richiedono determinate prestazioni supplementari che il servizio postale tradizionale non offre (sentenza del 15 giugno 2017, Ilves Jakelu, C‑368/15, EU:C:2017:462, punto 24).

93      In tal senso, secondo la giurisprudenza della Corte, la raccolta a domicilio associata a una maggiore rapidità o flessibilità nella distribuzione nonché nella consegna dell’oggetto postale presso il destinatario sono prestazioni specifiche chiaramente scindibili dal «servizio postale tradizionale», definito come servizio a favore di tutti gli utenti, su tutto il territorio dello Stato membro interessato, a tariffe uniformi e a condizioni di qualità simili (v., in tal senso, sentenza del 19 maggio 1993, Corbeau, C‑320/91, EU:C:1993:198, punti 15 e 19).

94      Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, valutazioni di questo tipo restano tuttora valide. Le ricorrenti non dimostrano peraltro in che modo «i cambiamenti e le trasformazioni (…) intervenuti sul mercato dei servizi postali» dal 1993, data della sentenza menzionata al punto 93 supra, le avrebbero rese obsolete.

95      In primo luogo, solo il servizio di corriere espresso prevede la raccolta diretta dell’oggetto postale presso il mittente nonché la consegna del medesimo oggetto nelle mani proprie del destinatario interessato. Tali prestazioni costituiscono un valore aggiunto dal punto di vista dell’utente rispetto ai servizi postali universali che obbligano gli utenti a portare essi stessi la posta in un punto di raccolta e che si limitano a depositare detta posta nella cassetta delle lettere all’indirizzo del destinatario indicato.

96      Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, né la possibilità di invii raccomandati con avviso di ricevimento e tracciabilità né la «moltiplicazione [nel mercato] dei punti di deposito e di ricevimento degli invii» destinati ai servizi di corriere consentono di ritenere che esista un grado di intercambiabilità dei servizi universali e dei servizi di corriere sufficiente per considerarli come facenti parte di un unico mercato. Da un lato, per quanto riguarda gli invii raccomandati con avviso di ricevimento, essi non rappresentano la maggior parte degli invii coperti dal servizio universale e continuano a obbligare gli utenti a portare essi stessi la posta in un punto di raccolta. Dall’altro, per quanto riguarda i punti di deposito e di ricevimento degli invii, essi costituiscono solo servizi aggiuntivi rispetto ai servizi di raccolta a domicilio e di consegna nelle mani proprie dei destinatari dell’oggetto postale loro affidato.

97      In secondo luogo, anche se il rispetto dei termini di invio si imponesse a tutti i servizi postali, compresi i servizi di corriere, è necessario constatare che tali servizi offrono anche possibilità di invio molto più rapide. Orbene, tali prestazioni costituiscono parimenti un valore aggiunto dal punto di vista dell’utente rispetto ai servizi postali universali.

98      Di conseguenza, i servizi di corriere espresso, proprio per via della specificità delle loro prestazioni e del loro valore aggiunto, non possono essere considerati come intercambiabili con i servizi postali universali.

99      In secondo luogo, le ricorrenti hanno altresì sostenuto che, in alcuni Stati membri, l’obbligo di finanziare il costo netto del servizio postale universale incomberebbe a tutti i fornitori di servizi postali e che, di conseguenza, i fornitori di servizi di corriere si troverebbero in una situazione analoga a quella degli altri fornitori di servizi rientranti nel servizio universale.

100    Orbene, la relazione intitolata «l’istituzione dell’operatore postale designato nell’Unione europea» dell’Instytut Pocztowy, allegata al ricorso, sulla quale le ricorrenti si basano, non è sufficiente a suffragare una simile affermazione. Sebbene, infatti, tale relazione indichi che un contributo a un fondo di compensazione può essere chiesto, in Francia e in Spagna, a «tutti gli operatori», in Portogallo, a «tutti gli operatori con licenza», in Austria, a «tutti gli operatori con licenza i cui redditi eccedano EUR 1 milione», e, in Grecia, a «tutti gli operatori postali autorizzati», occorre rilevare che essa non contiene dati che consentano di individuare con esattezza i fornitori che possono contribuire effettivamente ai diversi fondi di compensazione, come, ad esempio, il calcolo del contributo di ciascun fornitore nel paese in questione. Pertanto, quand’anche tutti i fornitori di servizi postali dovessero contribuire al fondo di compensazione, se il contributo di ciascun fornitore è calcolato in proporzione al numero di invii postali dallo stesso instradati nell’ambito del servizio universale, i fornitori di servizi di corriere potrebbero restare di fatto esonerati dal contributo. Per il resto, interrogata su tale punto in udienza, la Commissione ha affermato di aver esaminato la prassi degli Stati membri al riguardo e di essere giunta alla conclusione, peraltro non contraddetta dalle ricorrenti, che nessuno degli Stati in riferimento ai quali essa disponeva di informazioni avrebbe ritenuto, a tale data, che i servizi di corriere, nel senso di corriere espresso, fossero equivalenti al servizio postale universale. In ogni caso, è necessario constatare che le considerazioni di cui ai punti da 91 a 98 supra riguardanti la specificità di tali servizi consentono da sole di respingere l’argomento qui avanzato dalle ricorrenti.

101    In terzo luogo, è parimenti irrilevante ai fini della valutazione del rispetto del principio di non discriminazione l’argomento secondo il quale la ripartizione dell’obbligo di contribuire al fondo di compensazione istituito nel settore parallelo delle telecomunicazioni sarebbe più uniforme di quella applicata nel settore postale. Sebbene una simile circostanza, supponendo che sia rilevante, possa essere presa in considerazione quanto alla valutazione della proporzionalità o no del tasso di contribuzione contemplato (v. punti 135 e segg. infra), essa è tuttavia, invece, irrilevante quanto alla censura relativa al carattere asseritamente discriminatorio del fondo di compensazione istituito nel settore postale, che deve valutarsi unicamente tra gli operatori attivi in quest’ultimo settore.

102    Alla luce di quanto precede, occorre concludere che l’esclusione dei servizi di corriere dal finanziamento del fondo di compensazione non costituisce una violazione del principio di non discriminazione. La Commissione non ha quindi errato nel ritenere, al punto 166 della decisione impugnata, che l’applicazione uniforme della percentuale determinante l’importo massimo del contributo a tutti gli operatori del mercato dei servizi postali sulla loro fornitura di servizi universali o equivalenti garantisse un contributo non discriminatorio, atteso che ogni operatore contribuisce, infatti, in proporzione dei redditi derivanti dalle proprie attività.

103    Tenuto conto di quanto precede, la prima parte dev’essere respinta nel suo complesso.

c)      Sulla seconda parte, vertente sul carattere asseritamente sproporzionato della percentuale determinante l’importo massimo del contributo e della soglia di redditi soggetta a contributo

104    Le ricorrenti sostengono, essenzialmente, che la Commissione è incorsa in un errore di valutazione nel ritenere che la percentuale determinante l’importo massimo del contributo, ossia il 2% del volume d’affari rilevante, e la soglia di redditi di PLN 1 milione fossero adeguate (v. punti 168 e 171 della decisione impugnata). Esse sostengono che le summenzionate modalità del sistema considerato hanno avuto l’effetto di «precludere l’accesso al mercato dei servizi postali, o quantomeno [hanno provocato] notevoli distorsioni della concorrenza».

105    A tale riguardo, le ricorrenti adducono che la percentuale determinante l’importo massimo del contributo sarebbe stata determinata senza che le autorità polacche abbiano raccolto informazioni sufficienti, in assenza in particolare di seri studi di mercato, e senza che le medesime abbiano consultato tutti gli attori interessati. La percentuale in parola sarebbe stata determinata al solo scopo di non ricorrere a un finanziamento pubblico per assicurare la sostenibilità del fondo di compensazione.

106    L’assenza di proporzionalità della percentuale determinante l’importo massimo del contributo sarebbe inoltre confermata dal fatto che il fondo di compensazione previsto nell’ambito del mercato parallelo dei servizi di telecomunicazioni prevede un tasso contributivo massimo pari a solo l’1% dei redditi, e non al 2%.

107    Le ricorrenti aggiungono che, contrariamente a quanto indica la Commissione al punto 167 della decisione impugnata, il tasso del 2% non sarebbe stato fissato al momento della consultazione pubblica, bensì dopo la fine di tali concertazioni.

108    Inoltre, per quanto riguarda la soglia di redditi dalla quale il contributo è obbligatorio, le ricorrenti contestano la pertinenza del metodo contemplato dalle autorità polacche e che è stato validato dalla Commissione. Il metodo in questione consisterebbe nel valutare la suddetta soglia facendo riferimento a quella contemplata per gli operatori di telecomunicazioni e attribuendovi un coefficiente correttore per tener conto delle dimensioni più ridotte del mercato postale, la cui redditività e i cui redditi sarebbero minori. Per le ricorrenti, tuttavia, non avrebbe dovuto essere applicato alcun coefficiente correttore e le autorità polacche avrebbero dovuto prevedere la stessa soglia di quella utilizzata per il mercato parallelo delle telecomunicazioni, pari a PLN 4 milioni. Al pari della soluzione adottata per il mercato delle telecomunicazioni, la soglia avrebbe dovuto includere i redditi generati da tutte le attività del settore postale, e non unicamente quelli derivanti dai servizi universali. In definitiva, la soglia di redditi contemplata priverebbe di redditività l’attività delle ricorrenti nel settore dei servizi equivalenti, pur essendo queste ultime nondimeno costrette a contribuire al fondo di compensazione.

109    Infine, le ricorrenti addebitano alla Commissione di non averle consultate sul livello dei loro redditi e benefici derivanti dai servizi equivalenti, sicché detta istituzione avrebbe, per questo stesso motivo, erroneamente interpretato i dati trasmessi dalle autorità polacche.

110    La Commissione chiede che la censura in esame venga respinta. Essa sostiene che la percentuale determinante l’importo massimo del contributo prevista per finanziare il servizio universale nel settore dei servizi di telecomunicazioni nonché la soglia di redditi applicabile alle società operanti nel medesimo mercato non possono essere le stesse di quelle applicabili al finanziamento del servizio postale universale, poiché il settore parallelo delle telecomunicazioni genera, per via della natura e della portata dei suoi servizi, redditi e benefici più elevati che nel settore postale.

111    Inoltre, la mancata consultazione di tutti gli operatori da parte delle autorità polacche, ammettendo che sia accertata, non può essere utilmente invocata contro la decisione impugnata. In ogni caso, stanti i dati di cui la Commissione disponeva quando ha adottato la decisione impugnata, le modalità di compensazione potevano essere considerate sufficientemente adeguate. I dati in questione riguarderebbero, in particolare, il livello di redditività del 7,6% del gruppo Integer.pl, al quale appartengono le ricorrenti, il livello di redditività del 5,5% registrato per la PP e la soglia di redditi, nella misura in cui la soglia di PLN 1 milione avrebbe consentito a qualsiasi nuovo operatore, tenuto conto in particolare della struttura concreta del mercato dei servizi postali, di ritardare il momento della sua contribuzione al fondo di compensazione e, pertanto, di non scoraggiare altri operatori dall’entrare eventualmente nel mercato.

112    La Repubblica di Polonia sostiene, essenzialmente, che il tasso di contribuzione non era sproporzionato in quanto non esponeva i concorrenti al rischio di essere esclusi dal mercato dei servizi postali né dissuadeva i nuovi operatori dall’entrarvi liberamente.

113    In limine, occorre rilevare che gli argomenti delle ricorrenti non vertono sul carattere proporzionato della compensazione concessa alla PP in quanto fornitore del servizio universale, bensì unicamente sulle sue modalità di finanziamento. In particolare, le ricorrenti contestano la fondatezza delle valutazioni della Commissione secondo le quali la percentuale determinante l’importo massimo del contributo (ossia un tasso del 2%) e una soglia di redditi fissata a PLN 1 milione sono conformi al principio di proporzionalità.

114    A tale riguardo, si deve ricordare che il controllo della proporzionalità costituisce uno dei controlli che devono essere effettuati dalla Commissione nell’ambito della verifica della compatibilità di una misura di aiuto di Stato con le disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE (sentenza del 3 dicembre 2014, Castelnou Energía/Commissione, T‑57/11, EU:T:2014:1021, punto 147).

115    Inoltre, per costante giurisprudenza, il controllo della proporzionalità di una misura volta all’adempimento di una missione SIEG si limita a verificare se la misura prevista sia necessaria affinché la missione SIEG di cui trattasi possa essere assolta in condizioni economicamente accettabili o, al contrario, se la misura di cui trattasi sia manifestamente inadeguata rispetto all’obiettivo perseguito (v. sentenza del 3 dicembre 2014, Castelnou Energía/Commissione, T‑57/11, EU:T:2014:1021, punto 150 e giurisprudenza ivi citata).

116    Analogamente, per quanto riguarda il controllo esercitato dal Tribunale su valutazioni effettuate dalla Commissione in una decisione adottata in esito al procedimento di esame preliminare, occorre ricordare che esso deve essere operato alla luce delle informazioni di cui poteva disporre la Commissione quando ha adottato una simile decisione (sentenza del 22 dicembre 2008, Régie Networks, C‑333/07, EU:C:2008:764, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

1)      Sul carattere proporzionato della percentuale determinante l’importo massimo del contributo

117    Dal fascicolo emerge che, in esito al procedimento di esame preliminare e in assenza di dati circostanziati relativi ai tassi di redditività degli operatori postali chiamati a contribuire al fondo di compensazione, la Commissione si è principalmente basata, al fine di determinare il carattere proporzionato della percentuale determinante l’importo massimo del contributo, sul tasso di redditività della PP in materia di servizi equivalenti e su decisioni anteriori riguardanti altri Stati membri (punti da 167 a 169 della decisione impugnata).

118    A tale riguardo, in primo luogo, la Commissione poteva legittimamente prendere in considerazione il tasso di redditività della PP in materia di servizi equivalenti. Un simile confronto, come essa ha riconosciuto alla nota a piè di pagina n. 66, alla quale rinvia il punto 168 della decisione impugnata, può senz’altro sembrare imperfetto sulla base del rilievo che la PP beneficia di economie di scala di cui non beneficiano gli altri operatori tenuti a contribuire al fondo di compensazione. Nondimeno, la Commissione poteva ragionevolmente ritenere che gli altri operatori potessero raggiungere un tasso di redditività simile a quello della PP, operatore pubblico storico, grazie alla loro maggiore efficacia, alla loro maggiore efficienza e alla loro maggiore flessibilità e, pertanto, alla loro più elevata capacità di concentrarsi sui segmenti più redditizi del mercato (v. nota a piè di pagina n. 66 della decisione impugnata).

119    Tale valutazione è ancor più plausibile in quanto il tasso di redditività preso in considerazione dalla Commissione, ossia un tasso di circa il 5,5%, era simile a quello risultante da studi realizzati nell’ambito di precedenti decisioni della Commissione, relative alla Grecia e al Belgio, riguardanti operatori postali storici di altri Stati membri, richiamate nella nota a piè di pagina n. 67, alla quale rinvia il punto 168 della decisione impugnata. Inoltre, anche a voler ammettere che la Commissione non godesse di una grande esperienza nel settore dei servizi postali, essa disponeva comunque di informazioni derivanti dall’esperienza acquisita nell’ambito delle summenzionate decisioni. In sede di esame del fondo di compensazione greco, la Commissione ha constatato, ad esempio, che il contributo massimo chiesto ai concorrenti dell’operatore storico sarebbe stato superiore agli stessi benefici del medesimo operatore nelle zone urbane, che erano inoltre un settore riservato, il che l’ha portata ad avviare al riguardo il procedimento di indagine formale. Nel caso di specie, invece, la Commissione poteva legittimamente constatare che la percentuale determinante l’importo massimo del contributo non eccedeva il tasso di redditività del 5,5%.

120    Inoltre, si deve constatare che la critica mossa dalle ricorrenti in riferimento al fatto che è stato preso in considerazione il tasso di redditività della PP ai fini della valutazione della percentuale determinante l’importo massimo del contributo è contraddetta dai tassi di redditività che esse stesse menzionano nei loro ricorsi. Esse indicano, infatti, di aver raggiunto un tasso di redditività del 5,6% per la loro attività di fornitura di servizi postali nel 2013, che è il solo anno rilevante ai fini della presente controversia e per il quale le ricorrenti erano chiamate a contribuire al fondo di compensazione. Orbene, anche a voler ritenere che tali tassi riguardino tutte le attività postali delle ricorrenti e non unicamente la loro fornitura di servizi equivalenti, le ricorrenti ammettono nondimeno che i medesimi tassi «consent[ono] di presentare anche i risultati di tale ramo di attività», vale a dire quello dei servizi equivalenti, per via della «struttura omogenea dei costi».

121    A tale proposito, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, dalla decisione impugnata, e in particolare dal punto 168 della stessa, non risulta che la Commissione abbia ritenuto che gli operatori chiamati a contribuire al fondo di compensazione raggiungerebbero un tasso di redditività del 5,5% per la loro fornitura di servizi equivalenti dopo la deduzione del contributo al fondo di compensazione. Al contrario, dai fascicoli in questione risulta che l’analisi della Commissione ha tenuto conto del tasso di redditività di tali servizi prima, e non dopo, l’applicazione del tasso di contribuzione.

122    Analogamente, la circostanza che il tasso di redditività del gruppo Integer.pl, menzionato dalla Commissione alla nota a piè di pagina n. 68 a sostegno del suo ragionamento, riguarda tutte le attività generate dal medesimo gruppo, e non unicamente quelle rientranti nell’ambito dei servizi equivalenti, non può essere sufficiente a mettere in discussione la plausibilità della valutazione effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata. È necessario constatare che la Commissione non afferma che si tratti del tasso di redditività per il settore dei servizi equivalenti, bensì del tasso di redditività per il gruppo nel suo complesso, che comprende otto società, due delle quali sono in concorrenza diretta con la PP, offrendo servizi equivalenti. Di conseguenza, se è vero che il tasso di redditività globale del gruppo Integer.pl non consente di per sé di sostenere il ragionamento della Commissione relativo alla percentuale determinante l’importo massimo del contributo, esso costituisce tuttavia un indizio che può rafforzare la plausibilità della tesi secondo la quale i concorrenti della PP nel settore dei servizi equivalenti potevano verosimilmente raggiungere una redditività di circa il 5,5%.

123    In secondo luogo, la Commissione non è incorsa in errore nel non invalidare il suo ragionamento in considerazione delle informazioni fornite dall’Ogólnopolski Związek Pracodawców Niepublicznych Operatorów Pocztowych (Associazione nazionale dei datori di lavoro di operatori postali non pubblici; in prosieguo: l’«OZPNOP»), in una lettera inviata ai servizi della suddetta istituzione il 24 luglio 2015, in cui si fa riferimento, da un lato, a una lettera dell’Inpost presentata dinanzi alle autorità polacche nel corso dei lavori legislativi che hanno dato luogo all’adozione della legge sui servizi postali, nella quale l’Inpost sosteneva che «la soglia di redditività [dei servizi postali in Polonia] si [situava] attualmente tra l’1 e il 2,5% dei benefici», e, dall’altro, all’intervento del rappresentante dell’OZPNOP dinanzi alle autorità polacche il 5 dicembre 2012, in cui questi indicava che «ad oggi, la redditività o la soglia di redditività degli operatori commerciali (…) oscilla[va] tra l’1 e il 2,5%]».

124    Risulta, infatti, che il tasso di redditività menzionato nella lettera dell’OZPNOP alla Commissione era calcolato in considerazione di tutti gli operatori postali, laddove i soli operatori chiamati a contribuire al fondo di compensazione sono i più grandi attori di tale settore, quelli il cui volume d’affari supera il milione di PLN. La Commissione poteva quindi legittimamente ritenere che un simile tasso rappresentasse meno fedelmente la situazione da valutare rispetto al tasso di redditività della PP in materia di servizi equivalenti o ai tassi di redditività osservati in altri Stati membri. Per il resto, è pacifico che il tasso di redditività evocato dall’OZPNOP riguarda solo il 2012 e non copre quindi il periodo oggetto della decisione impugnata.

125    In ogni caso, le ricorrenti hanno omesso di presentare, nelle more del giudizio, elementi tali da suffragare sia l’effettività sia la rilevanza del tasso di redditività medio menzionato nella lettera dell’OZPNOP alla Commissione. In particolare, esse non hanno mai comunicato il proprio tasso di redditività, rispetto segnatamente ai tassi utilizzati dalla Commissione per valutare la percentuale determinante l’importo massimo del contributo.

126    In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento relativo al fatto che la percentuale determinante l’importo massimo del contributo al fondo di compensazione prevista nel settore parallelo delle telecomunicazioni è soltanto dell’1%, una simile circostanza non può essere sufficiente a dimostrare che un tasso fissato al 2% nel settore postale sarebbe sproporzionato.

127    Dal fascicolo non risulta infatti che i succitati settori siano analoghi tanto in termini di operatori quanto in termini di redditi generati. A tale riguardo, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti nelle repliche, una soglia di redditi inferiore non giustificherebbe l’applicazione di un tasso parimenti inferiore, ma implicherebbe, al contrario, l’applicazione di un tasso superiore proprio al fine di compensare una base meno ampia.

128    Di conseguenza, la Commissione poteva ritenere che fosse ragionevole prendere in considerazione un tasso di redditività dell’ordine del 5,5% in materia di servizi universali o equivalenti in Polonia e che, corrispondentemente, la percentuale determinante l’importo massimo del contributo al fondo di compensazione, ossia, al massimo, il 2% dei redditi generati da tale fornitura di servizi, fosse proporzionata.

129    La valutazione suesposta non è messa in discussione dall’argomento delle ricorrenti secondo il quale la percentuale determinante l’importo massimo del contributo al fondo di compensazione non era stata fissata nella fase iniziale di consultazione nazionale, ma era stata decisa soltanto alla fine della procedura. Un simile argomento procedurale, anche ammettendo che sia fondato, non è infatti tale da consentire di ritenere che, per tale motivo, la percentuale così fissata sia sproporzionata.

130    Parimenti, l’argomento delle ricorrenti diretto a contestare la procedura nazionale seguita dalle autorità polacche, le quali non avrebbero raccolto sufficienti informazioni, è irrilevante ai fini dell’esame della fondatezza delle valutazioni della Commissione e della compatibilità della misura con il regime degli aiuti di Stato.

131    Anche gli elementi relativi alla politica tariffaria della PP, invocati dalle ricorrenti nella loro risposta alla misura di organizzazione del procedimento e in seguito in udienza, sono irrilevanti per quanto concerne la proporzionalità della percentuale determinante l’importo massimo del contributo. In più, essi riguardano gli anni dal 2016 a 2018, ossia anni successivi al periodo rilevante.

132    Quanto all’argomento relativo al fatto che il tasso di redditività sarebbe stato determinato al solo fine di evitare di ricorrere al bilancio dello Stato per finanziare il fondo di compensazione in questione, anche ammettendo che sia fondato, esso non implicherebbe tuttavia che un simile tasso sia necessariamente sproporzionato nella misura in cui consentirebbe di far beneficiare la PP di un finanziamento che supera il costo netto del servizio di cui questo stesso operatore è stato incaricato.

133    È infatti sufficiente a tale riguardo rilevare che la direttiva postale prevede proprio la possibilità che un simile fondo possa essere finanziato «mediante diritti a carico dei fornitori [e degli] utenti» del servizio interessato, al di fuori di qualsiasi contributo del bilancio statale. Per il resto, dal punto 174 della decisione impugnata emerge che le autorità statali polacche erano comunque chiamate a contribuire al fondo di compensazione per il 2013 per un importo pari a EUR 1,5 milioni, ossia un importo superiore a quello di EUR 1 milione che gli operatori postali diversi dalla PP erano tenuti ad apportare al fondo in parola per questo stesso anno.

134    Alla luce delle circostanze suesposte, la censura vertente sul carattere asseritamente sproporzionato della percentuale determinante l’importo massimo del contributo fissata dalla misura in questione non può essere accolta.

2)      Sulla soglia di redditi per l’individuazione degli operatori soggetti al contributo

135    In via preliminare, occorre constatare che la Commissione ha ritenuto che la fissazione della soglia di redditi a PLN 1 milione ai fini dell’individuazione degli operatori chiamati a contribuire al fondo di compensazione fosse conforme al principio di proporzionalità (punti 170 e 171 della decisione impugnata). Pertanto, riprendendo su tale punto il ragionamento delle autorità polacche e tenendo conto della struttura concreta del mercato dei servizi postali, essa ha concluso che occorreva stabilire una soglia di redditi più elevata della soglia di PLN 0,6 milioni che sarebbe stata applicata se fosse stata mantenuta per il settore dei servizi postali la stessa proporzione che nel settore dei servizi di telecomunicazioni tra il totale dei redditi generati nel mercato di tali servizi e la soglia dei redditi ottenuti dagli operatori nello stesso settore. La Commissione ha infatti rilevato che una simile soglia consentiva a qualsiasi nuovo operatore di ritardare il momento della sua contribuzione al fondo e rafforzava in tal modo la proporzionalità del tasso contributivo. Inoltre, la Commissione ha ritenuto, al punto 173 della decisione impugnata, che la modifica legislativa prevista per il futuro dalla Repubblica di Polonia, consistente nell’esonerare tutti gli operatori che si situano al di sotto del primo milione di PLN, fosse tale da migliorare la concezione del fondo di compensazione, atteso che, quando la decisione impugnata è stata adottata, l’impatto del fondo in questione sulla concorrenza era limitato, tenuto conto dei modesti importi interessati e della sua durata molto limitata nel tempo.

136    A tale riguardo, anzitutto, per quanto concerne l’argomento secondo il quale al settore dei servizi postali avrebbe dovuto essere applicata la stessa soglia di quella prevista per il settore parallelo delle telecomunicazioni, occorre constatare che le ricorrenti non possono sostenere in maniera coerente che la soglia di PLN 4 milioni sarebbe stata nel caso di specie giustificata laddove esse sostengono, allo stesso tempo, che, dal momento che la soglia di PLN 1 milione poteva essere raggiunta solo da un esiguo numero di operatori, il contributo chiesto a ciascun operatore era di conseguenza sproporzionato. Se così fosse, lo stesso varrebbe, per questo stesso motivo e a fortiori, anche nel caso di una soglia fissata a un livello superiore. Al contrario, le ricorrenti non apportano alcun elemento tale da dimostrare che un aumento della soglia avrebbe ridotto significativamente il numero di operatori tenuti a contribuire al fondo, mentre la Commissione ha ritenuto che una soglia più elevata non avrebbe comportato una riduzione del numero di operatori tenuti a versare il contributo di cui trattasi.

137    Inoltre, occorre aggiungere che, sui 71 operatori coinvolti nel settore di servizi equivalenti nel 2013, che rappresentano circa il 5% dei redditi di tale settore, solo 10 di essi potevano contribuire al fondo, tenuto conto dei criteri contemplati dalla legge polacca sui servizi postali (v. punto 10 supra). Dal fascicolo emerge altresì che, nel 2013, il 95% del finanziamento del fondo doveva essere assicurato dalla PP.

138    Inoltre, per quanto riguarda l’argomento secondo il quale la soglia di redditi avrebbe dovuto tener conto di tutti i redditi postali, esso deve essere respinto in quanto è basato sul presupposto errato che i servizi di corriere sarebbero equivalenti al servizio universale (v. punti da 91 a 98 supra).

139    Infine, è pacifico che il meccanismo dei fondi di compensazione nel settore postale è nella fattispecie una novità, sicché le analisi al riguardo non possono ancora basarsi sull’esperienza. A ragione quindi la Commissione, basandosi anche sui dati del settore delle telecomunicazioni, ha potuto ritenere che, tenuto conto delle specificità del settore postale, una soglia di PLN 1 milione non fosse sproporzionata in quanto, da un lato, essa manteneva la concorrenza nel mercato dei servizi postali equivalenti e, dall’altro, garantiva che un numero adeguato di operatori fosse chiamato a contribuire al fondo.

140    Stante quanto precede, la Commissione non ha errato nel ritenere nella decisione impugnata che la soglia di redditi per l’individuazione degli operatori soggetti al contributo fosse conforme al principio di proporzionalità.

141    Occorre dunque respingere la presente censura e, pertanto, la seconda parte del terzo motivo nel suo insieme.

d)      Sulla terza parte, vertente sulla violazione del principio di trasparenza

142    Le ricorrenti sostengono, essenzialmente, che la Commissione è incorsa in un errore di valutazione nel ritenere che il meccanismo del fondo di compensazione fosse trasparente (v. punto 176 della decisione impugnata). Secondo le ricorrenti, la Commissione non poteva ritenere che il regime nazionale di compensazione rispettasse il principio di trasparenza, poiché, contrariamente a quanto affermano le autorità polacche, non vi sarebbe stata, nonostante le obiezioni degli operatori postali, alcuna consultazione pubblica effettiva. Solo gli obiettivi iniziali della legge polacca sui servizi postali, infatti, sarebbero stati sottoposti a una simile consultazione pubblica, e non la versione definitiva del progetto legislativo in questione, in particolare la parte riguardante il tasso di contribuzione che sarebbe stato innalzato dall’1% al 2% in occasione di una riunione a porte chiuse del Consiglio dei Ministri di tale paese.

143    La Commissione replica che le parti interessate hanno avuto la possibilità di esprimersi sull’innalzamento del tasso al 2% durante i lavori parlamentari relativi all’approvazione della legge polacca sui servizi postali, avendo le stesse ricorrenti peraltro riconosciuto che la fissazione di un simile tasso aveva incontrato una forte opposizione da parte degli operatori postali interessati nel corso dei lavori legislativi alla Dieta della Repubblica di Polonia.

144    La Repubblica di Polonia sostiene parimenti che i suesposti argomenti sono del tutto infondati.

145    A tale riguardo, è sufficiente ricordare le considerazioni esposte ai punti da 44 a 55 supra in risposta al secondo motivo, con il quale il presente motivo coincide in larga misura. Ne deriva che una consultazione pubblica ai sensi del punto 14 della disciplina SIEG che tenesse conto delle osservazioni degli operatori postali ha effettivamente avuto luogo e che i requisiti di trasparenza sono stati rispettati, sicché la premessa principale del presente motivo è priva di fondamento in punto di fatto.

146    Pertanto, la terza parte del terzo motivo dev’essere respinta.

e)      Sulla quarta parte, vertente sull’inosservanza della condizione relativa all’onere finanziario eccessivo prevista all’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva postale

147    Le ricorrenti sostengono, essenzialmente, che la Commissione è incorsa in un errore di valutazione, da un lato, nel non effettuare un esame adeguato al fine di accertare se gli obblighi del servizio universale comportassero un costo netto per la PP e rappresentassero un onere finanziario «eccessivo» per la medesima impresa e, dall’altro, nel ritenere che le perdite subite dalla PP configurassero un simile onere finanziario eccessivo (punto 152 della decisione impugnata).

148    Le ricorrenti sostengono, dunque, che la Commissione ha errato nel ritenere che le autorità polacche avessero correttamente trasposto la direttiva postale laddove esse non avrebbero rispettato i criteri sanciti dalla giurisprudenza della Corte per stabilire quando un onere finanziario dovesse essere considerato eccessivo per l’operatore designato per assicurare il servizio postale universale, conformemente all’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva postale, dando in tal modo luogo a una compensazione.

149    A tale riguardo, secondo le ricorrenti, non è sufficiente essere in presenza di un disavanzo per giustificare il finanziamento del costo netto, ma sarebbe necessario altresì che il disavanzo sia eccessivo, vale a dire che vada oltre la capacità dell’impresa interessata di farvi fronte con le proprie risorse, ossia in particolare il livello delle sue attrezzature, della sua situazione economica e finanziaria nonché della sua quota di mercato.

150    Inoltre, sempre secondo le ricorrenti, valutare l’esistenza di un onere eccessivo solo sulla base delle perdite subite dall’operatore del servizio universale al fine di farle finanziare da un fondo di compensazione darebbe luogo a una cattiva gestione di tale servizio, atteso che l’operatore potrebbe ottenere un finanziamento del costo netto del servizio universale tanto più elevato quanto maggiori siano le perdite.

151    La Commissione replica, in sostanza, che essa non era tenuta a valutare, nell’ambito del suo controllo della compatibilità della compensazione di servizio pubblico concessa alla PP, la corretta trasposizione da parte delle autorità polacche della direttiva postale su tale punto, né l’esistenza di un onere finanziario eccessivo tale da giustificare l’istituzione del fondo di compensazione. Il suo controllo consisterebbe, infatti, nel verificare se le condizioni della compensazione siano compatibili con il mercato interno, vale a dire se l’obbligo di contribuire non pregiudichi la concorrenza nel mercato dei servizi postali. Il finanziamento del costo netto di un servizio universale istituito indipendentemente dall’esistenza di un onere finanziario eccessivo per l’operatore designato non sarebbe, per tale motivo, necessariamente incompatibile con il mercato interno, alla luce delle disposizioni del trattato FUE applicabili agli aiuti di Stato. Essendo le questioni indipendenti, la censura sarebbe quindi inoperante.

152    A tale riguardo, occorre anzitutto ricordare che l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva postale dispone quanto segue:

«Se uno Stato membro stabilisce che gli obblighi del servizio universale previsti dalla presente direttiva comportano un costo netto, calcolato tenendo conto dell’allegato I, e rappresentano un onere finanziario eccessivo per il fornitore o i fornitori del servizio universale, può introdurre:

(…)

b)      un meccanismo volto a ripartire il costo netto degli obblighi del servizio universale fra i fornitori di servizi e/o gli utenti».

153    In primo luogo, fatta salva la questione se, e in che misura, nel caso di specie, la Commissione fosse tenuta a verificare la conformità della misura in questione con altre norme dell’Unione, tra cui quelle della direttiva postale (v. giurisprudenza citata ai punti da 63 a 66 supra), dal testo dell’articolo 7, paragrafo 3, della medesima direttiva risulta che spetta allo Stato membro interessato stabilire se gli obblighi del servizio universale di cui trattasi costituiscano un onere eccessivo per il fornitore designato. Orbene, è quanto avviene nel caso di specie, atteso che spetta all’UKE effettuare tale valutazione, ai sensi della legge polacca sui servizi postali che ha attuato la direttiva postale (punto 16 della decisione impugnata).

154    In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo il quale la qualifica, da parte dell’UKE, delle perdite contabili della PP risultanti dalla sua fornitura del servizio universale quale onere finanziario eccessivo sarebbe contraria all’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva postale, è sufficiente constatare che esso si basa su una confusione delle nozioni di costo netto e di perdite contabili ai sensi della succitata disposizione, atteso che il costo netto degli obblighi del servizio universale possono dare diritto a compensazione solo a condizione che esso costituisca un onere finanziario eccessivo per il fornitore degli stessi obblighi.

155    Analogamente, nelle sentenze del 6 ottobre 2010, Commissione/Belgio (C‑222/08, EU:C:2010:583), e del 6 ottobre 2010, Base e a. (C‑389/08, EU:C:2010:584), citate dalle ricorrenti a sostegno del loro argomento, la Corte si è limitata a precisare che qualsiasi costo netto non costituiva automaticamente un onere finanziario eccessivo che dà luogo a compensazione.

156    Orbene, è necessario constatare che la misura in questione non dà alcun diritto automatico a compensazione per il costo netto degli obblighi del servizio universale della PP. Dai punti 16, da 84 a 87 e 144 della decisione impugnata risulta, infatti, che il diritto a compensazione concesso alla PP è riconosciuto solo se la fornitura del servizio universale comporta perdite contabili. In più, tale diritto a compensazione corrisponde al più esiguo degli importi relativi o alle perdite contabili risultanti dalla fornitura del servizio universale o al costo netto degli obblighi del servizio universale. In tal modo, come rileva la Commissione al punto 144 della decisione impugnata, la misura in questione è più restrittiva della disciplina SIEG, che avrebbe potenzialmente consentito una compensazione totale del costo netto degli obblighi del servizio universale. Di conseguenza, subordinare il riconoscimento e la limitazione del diritto alla compensazione del costo netto degli obblighi del servizio universale alle perdite derivanti dalla fornitura del servizio universale non può, in ogni caso, violare l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva postale.

157    In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo il quale il metodo scelto non incoraggerebbe la PP a essere efficace, da un lato, occorre constatare che il calcolo del costo netto degli obblighi del servizio universale prende in considerazione adeguamenti di efficienza in modo da non tener conto di determinate inefficienze della PP illustrate al punto 34 della decisione impugnata. Dall’altro, la PP è tenuta a presentare ogni anno un piano di azioni correttive teso a eliminare o, quantomeno, a limitare le perdite derivanti dalla sua fornitura del servizio universale (punto 15 della decisione impugnata). Pertanto, gli argomenti delle ricorrenti secondo i quali le modalità di finanziamento del fondo di compensazione porterebbero, in definitiva, a coprire un’eventuale cattiva gestione del servizio universale devono essere respinti.

158    In quarto luogo, le ricorrenti sostengono, essenzialmente, che il «potenziale economico» della PP le consentiva di far fronte ai suoi obblighi di servizio universale, poiché la liberalizzazione del settore le avrebbe consentito di ridurre significativamente i suoi costi eliminando, in particolare, diverse centinaia di uffici postali.

159    Con tali osservazioni, tuttavia, le ricorrenti non dimostrano in alcun modo che una simile riduzione di costo del servizio universale avrebbe reso non eccessivo l’onere del costo netto e, di conseguenza, che il finanziamento delle perdite contabili risultanti dalla fornitura del servizio universale sarebbe stato incompatibile con lo sviluppo degli scambi. Simili osservazioni non fanno che evidenziare la ricerca di efficienza che la PP ha operato riducendo i suoi costi di servizio universale, rispondendo in tal modo ai requisiti della disciplina SIEG.

160    Nel caso di specie, la Commissione era, infatti, chiamata a valutare, in particolare, se l’importo di tale compensazione non eccedesse quanto necessario per coprire il costo netto dell’adempimento degli obblighi del servizio pubblico tenendo conto non dei costi potenziali o futuri, bensì dei costi reali, effettivamente generati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico (v., in tal senso, sentenza del 24 settembre 2015, Viasat Broadcasting UK/Commissione, T‑125/12, EU:T:2015:687, punti 87 e 88). Orbene, le ricorrenti non dimostrano che la compensazione concessa dalla misura in questione, nonostante essa non copra necessariamente l’integralità del costo netto degli obblighi del servizio universale, avrebbe impatti negativi sul mercato di cui trattasi.

161    Alla luce delle circostanze suesposte, occorre respingere la quarta parta del terzo motivo e, pertanto, il terzo motivo nel suo complesso.

4.      Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, e dell’articolo 8 della direttiva postale

162    Le ricorrenti sostengono, essenzialmente, che, avendo «accettato il finanziamento del costo del servizio universale [attraverso] i diritti esclusivi e speciali concessi alla [PP]», quali elencati ai punti da 51 a 56 della decisione impugnata, la Commissione sarebbe incorsa in un errore di diritto per non aver rispettato l’articolo 7, paragrafo 1, e l’articolo 8 della direttiva postale. In ogni caso, secondo le ricorrenti, la concessione dei suddetti diritti non può essere giustificata.

163    La Commissione sostiene anzitutto che, nell’ambito del suo dovere di controllo della compatibilità dell’aiuto, essa non era tenuta a verificare se la legge polacca sui servizi postali fosse conforme alle disposizioni della direttiva postale. Ad ogni modo, essa non avrebbe in alcun caso accettato, con la decisione impugnata, di concedere simili diritti alla PP, ma avrebbe semplicemente verificato se il metodo di calcolo del costo netto da parte delle autorità polacche fosse conforme alla disciplina SIEG.

164    La Repubblica di Polonia chiede che il motivo venga respinto. Essa afferma, al riguardo, che l’esame da parte della Commissione dei diversi diritti esclusivi e speciali non aveva lo scopo di concedere alla PP vantaggi determinati, bensì di calcolare il costo netto della fornitura del servizio universale. Per il resto, il valore di tali diritti sarebbe stato dedotto dal costo netto dell’obbligo del servizio universale, sicché il motivo sarebbe inoperante.

165    A tale riguardo, l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva postale prevede quanto segue:

«Gli Stati membri non concedono né mantengono in vigore diritti esclusivi o speciali per l’instaurazione e la fornitura di servizi postali. Gli Stati membri possono finanziare la fornitura del servizio universale in conformità ad uno o più degli strumenti di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, o in conformità a qualsiasi altro strumento compatibile con il trattato».

166    L’articolo 8 della direttiva postale precisa, inoltre, che le disposizioni dell’articolo 7 «lasciano impregiudicato il diritto degli Stati membri di provvedere al collocamento di cassette postali sulla via pubblica, all’emissione di francobolli e al servizio di invii raccomandati utilizzato nelle procedure amministrative e giudiziarie conformemente alla loro legislazione nazionale».

167    Fatta salva la questione se, e in che misura, nel caso di specie, la Commissione fosse tenuta a verificare la conformità della misura in questione con altre norme dell’Unione, tra cui quelle della direttiva postale (v. giurisprudenza citata ai punti da 63 a 66 supra), è necessario constatare che le ricorrenti non avanzano alcun argomento idoneo a dimostrare che i diritti accordati alla PP, quali precisati ai punti da 51 a 56 della decisione impugnata, non ricadevano nell’eccezione prevista espressamente dall’articolo 8 della direttiva postale e, pertanto, idoneo a dimostrare l’errore costituito dalla presunta inosservanza di questa stessa direttiva.

168    Tenuto conto di quanto precede, il motivo in esame deve essere respinto.

5.      Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 102 e dell’articolo 106, paragrafo 1, TFUE

169    Le ricorrenti sostengono che la compensazione di servizio pubblico concessa alla PP rafforzerebbe la sua posizione dominante, comportando un effetto di preclusione anticoncorrenziale sul mercato, ai sensi della comunicazione alla Commissione relativa agli orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’articolo [102 TFUE] al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti (GU 2009, C 45, pag. 7). La decisione impugnata sarebbe dunque contraria al combinato disposto dell’articolo 102 e dell’articolo 106, paragrafo 1, TFUE.

170    La Commissione chiede che il motivo venga respinto.

171    A tale riguardo, è sufficiente constatare che il motivo, quale formulato nei ricorsi, e anche supponendo che sia operante, è in ogni caso irricevibile, per mancanza di sufficiente precisione per valutarne la fondatezza.

172    Gli argomenti presentati nelle repliche a sostegno di tale motivo non possono invalidare tale conclusione.

173    In tal senso, in primo luogo, per quanto riguarda gli argomenti relativi alle presunte perdite dell’Inpost nel 2015 o vertenti sul fatto che questa avrebbe deciso nel 2016 di porre fine alle proprie attività di servizio postale, essi sono, nel caso di specie, irrilevanti, giacché, come constatato al punto 26 supra, il fondo di compensazione non è stato attivato nel 2015 e, come precisato al punto 25 supra, la decisione impugnata non riguarda il periodo successivo a tale anno.

174    In secondo luogo, supponendo che la Commissione non potesse stabilire un tasso di redditività delle attività di servizi equivalenti del 5,5% avendo ritenuto al contempo che il costo medio ponderato del capitale fosse ben superiore, poiché fissato al 10,82%, e supponendo che le ricorrenti abbiano effettivamente inteso avanzare un simile argomento, esse non dimostrano in che modo una circostanza del genere contribuirebbe a comprovare, in assenza di precisazioni complementari, l’abuso di posizione dominante della PP, che le ricorrenti intendono in questa sede contestare.

175    Tenuto conto di quanto precede, il quinto motivo deve essere pertanto respinto.

6.      Sul sesto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 16 e dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, in combinato disposto con l’articolo 52

176    Le ricorrenti sostengono che la decisione impugnata, imponendo loro un contributo obbligatorio sproporzionato, comporti una limitazione ingiustificata della loro libertà d’impresa e del loro diritto di proprietà, quali tutelati dall’articolo 16 e dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, in combinato disposto con l’articolo 52.

177    La Commissione e la Repubblica di Polonia contestano la fondatezza dell’argomento delle ricorrenti.

178    Si deve rilevare che le ricorrenti non specificano adeguatamente gli elementi di fatto che possano corroborare un simile motivo e che consentano di dimostrare in che modo la compensazione in questione avrebbe limitato in maniera sproporzionata il loro diritto di proprietà o la loro libertà d’impresa, vale a dire in modo tale da eccedere quanto sarebbe adeguato e necessario per assicurare la buona esecuzione del servizio universale di cui trattasi.

179    Inoltre, da un lato, un’eventuale limitazione dei suddetti diritti fondamentali sarebbe la conseguenza non della decisione impugnata, con la quale la Commissione non ha contestato la misura di aiuto notificatale, bensì della stessa legge polacca sui servizi postali ovvero, da ultimo, della decisione individuale che ne reca applicazione, che le ricorrenti, come risulta dal fascicolo, non hanno contestato, sotto tale profilo, dinanzi ai giudici nazionali competenti. Dall’altro lato, occorre parimenti constatare che, non essendo stato dimostrato che il regime di compensazione in questione impedirebbe agli operatori di servizi postali di commercializzare, in Polonia, servizi equivalenti al servizio universale, esso non può neanche pregiudicare la libertà d’impresa o il diritto di proprietà delle ricorrenti. Una simile misura contributiva, infatti, non impedisce in alcun modo alle ricorrenti di godere del loro diritto di esercitare attività economiche nel mercato di cui trattasi né di esercitare il loro diritto di proprietà nella produzione e nella commercializzazione dei servizi in questione, in particolare i loro diritti di proprietà intellettuale.

180    Ciò considerato, il secondo motivo dev’essere respinto.

7.      Sul settimo motivo, vertente sull’inosservanza dell’obbligo di motivazione

181    Le ricorrenti sostengono che la decisione impugnata non è stata sufficientemente motivata e deducono, al riguardo, le seguenti nove censure: in primo luogo, la Commissione «non [avrebbe] raccolto alcun dato relativo ai profitti realizzati sulle vendite da parte degli operatori diversi dalla PP»; in secondo luogo, «[essa avrebbe] erroneamente constatato di non disporre di dati sulla redditività operativa degli operatori diversi dalla PP, motivo per il quale essa [si sarebbe] basata solo sui dati della PP»; in terzo luogo, «[essa avrebbe] erroneamente accettato un tasso di redditività del capitale del 10,82% per la PP, pur ammettendo che un tasso di redditività operativa del 5,5% [sarebbe stato] sufficiente per i concorrenti»; in quarto luogo, essa non avrebbe «spiegato nella motivazione [della decisione impugnata] le ragioni per cui un tasso di contribuzione limitato al massimo al 2% dei redditi fosse adeguato»; in quinto luogo, essa non avrebbe neanche «specificato, nella motivazione [della decisione impugnata], le ragioni per le quali essa non aveva considerato l’obbligo di contribuire al fondo come discriminatorio»; in sesto luogo, «[essa avrebbe] erroneamente concluso che il progetto di legge sui servizi postali era stato sottoposto a una consultazione pubblica nel 2012»; in settimo luogo, «[essa avrebbe] ritenuto, [sempre] erroneamente, che le autorità polacche avessero fissato il tasso di contribuzione al fondo [di compensazione] al 2% e la soglia a PLN 1 milione»; in ottavo luogo, «[essa avrebbe] ritenuto erroneamente che gli operatori postali non avessero comunicato le loro osservazioni», e, infine, in nono luogo, «[essa] non [avrebbe] tenuto conto, quale circostanza aggravante, della rinuncia a predisporre una gara di appalto ai fini della valutazione dell’impatto sulla concorrenza».

182    La Commissione e la Repubblica di Polonia chiedono che il motivo in esame sia respinto nel suo insieme.

183    In via preliminare, occorre ricordare che la motivazione di una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato, richiesta dall’articolo 296, secondo comma, TFUE, deve far apparire in modo chiaro e non equivoco il ragionamento seguito a tale riguardo dalla stessa istituzione, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il suo controllo. L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi addotti e dell’interesse che i destinatari o altre persone che l’atto riguarda direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto per valutare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti dell’articolo 296, secondo comma, TFUE si deve tener conto non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme che disciplinano la materia in questione (v. sentenza del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a., C‑89/08 P, EU:C:2009:742, punto 77 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, una decisione della Commissione di non sollevare obiezioni, adottata al termine del procedimento d’esame preliminare, deve contenere i motivi principali che consentono ai terzi interessati di comprendere i fattori sulla base dei quali la Commissione ha reputato che non sussistessero gravi difficoltà per la valutazione della compatibilità dell’aiuto in questione con il mercato interno (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2008, Régie Networks, C‑333/07, EU:C:2008:764, punti 64 e 65 e giurisprudenza ivi citata).

184    Dalla lettura di sette delle nove censure riassunte supra risulta chiaramente che le ricorrenti confondono, in sostanza, la fondatezza degli elementi di fatto e di diritto alla base della decisione impugnata con il difetto o l’insufficienza di motivazione di tale atto, sicché tali censure devono essere considerate inoperanti (v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punti da 65 a 67). Una «cattiva motivazione», infatti, anche a voler ammettere che sia dimostrata, non può dare automaticamente luogo a un «difetto» o a un’«insufficienza» di motivazione (v., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2015, Ipatau/Consiglio, C‑535/14 P, EU:C:2015:407, punto 37).

185    Ciò vale per le prime tre censure nonché per le ultime quattro, quali illustrate al punto 180 supra, le quali sono dirette, in sostanza, a mettere in questione la fondatezza della decisione impugnata, per mancanza di elementi di prova sufficienti (prima censura), errore materiale di fatto (censure seconda, sesta e ottava) ed errore di valutazione e di diritto (censure terza, settima e nona).

186    Per quanto riguarda la quarta censura, vertente sul fatto che la Commissione, secondo le ricorrenti, non ha «spiegato nella motivazione [della decisione impugnata] le ragioni per cui un tasso di contribuzione limitato al massimo al 2% dei redditi fosse adeguato», occorre ricordare che, al punto 168 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che la percentuale determinante l’importo massimo del contributo, fissata al 2% del volume d’affari, potesse essere considerata proporzionata, poiché era limitata a un livello che rappresentava solo una frazione del tasso di redditività della PP nel settore dei servizi equivalenti. La Commissione ha precisato che essa si aspettava che i concorrenti della PP potessero del pari raggiungere una simile redditività e che si potesse quindi ragionevolmente ritenere che tale livello di contribuzione non avrebbe portato o non avrebbe mantenuto i concorrenti efficaci fuori del mercato.

187    Da tale punto risulta che la Commissione ha analizzato le ragioni per le quali essa riteneva che la percentuale determinante l’importo massimo del contributo fosse adeguata nel caso di specie. Poiché la Commissione ha indicato che la percentuale rappresentava solo una frazione del tasso di redditività della PP nel settore dei servizi equivalenti – tasso di redditività che a suo avviso potrebbero raggiungere i fornitori tenuti a contribuire al fondo di compensazione – e che non avrebbe portato o mantenuto quindi i concorrenti efficaci fuori del mercato, essa ha debitamente esposto le ragioni per le quali considerava la percentuale in questione adeguata. Inoltre, tale punto della decisione impugnata ha consentito, da un lato, alle ricorrenti di conoscere le giustificazioni della misura adottata al fine di difendere i loro diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla decisione. Le ricorrenti hanno infatti potuto contestare la fondatezza delle medesime valutazioni addebitando, in particolare, alla Commissione di aver preso in considerazione il tasso di redditività della PP come unico punto di riferimento per valutare l’adeguatezza della percentuale del 2% sebbene l’OZPNOP l’avesse informata del fatto che il tasso di redditività dei concorrenti della PP si situava tra l’1 e il 2,5%. In più, come esposto ai punti 113 e segg. supra, il Tribunale ha avuto modo di pronunciarsi su tale affermazione. Le ricorrenti, pertanto, errano nel dedurre a tale riguardo un difetto di motivazione.

188    Infine, per quanto riguarda la quinta censura vertente sul fatto che la Commissione non avrebbe neanche «specificato, nella motivazione [della decisione impugnata], le ragioni per le quali essa non aveva considerato l’obbligo di contribuire al fondo come discriminatorio», occorre osservare che i punti 10, 11 e 166 della decisione impugnata così recitano:

«(10)      La legge sui servizi postali definisce altresì i “servizi che comprendono i servizi postali universali” (in prosieguo: i “servizi equivalenti”). A termini dell’articolo 3, paragrafo 30, della legge sui servizi postali, i servizi in parola comprendono “gli invii di lettere e di pacchi postali il cui peso e le cui dimensioni sono gli stessi di quelli previsti per i servizi universali nonché gli invii per i non vedenti, che non sono effettuati dall’operatore designato a fornire i servizi universali nell’ambito del suo obbligo di servizio universale”. I servizi equivalenti non comprendono i servizi postali consistenti nella raccolta, nello smistamento, nel trasporto e nella distribuzione degli invii postali.

(11)      Le autorità polacche confermano che tali servizi sono equivalenti ai servizi universali, conformemente al considerando 27 della terza direttiva postale, il quale così recita: “Al fine di determinare quali imprese possano essere chiamate a contribuire al fondo di compensazione, gli Stati membri dovrebbero valutare se i servizi forniti da tali imprese possono, nell’ottica di un utente, essere considerati come servizi che rientrano nell’ambito di applicazione del servizio universale, poiché denotano un livello di intercambiabilità sufficiente rispetto al servizio universale, tenuto conto delle loro caratteristiche, compresi gli aspetti che comportano un valore aggiunto, nonché l’impiego previsto e la tariffazione. Tali servizi non devono necessariamente coprire tutte le caratteristiche del servizio universale, come la distribuzione quotidiana o la copertura nazionale completa”».

«(166)      Se la percentuale uniforme ottenuta è superiore al 2%, il contributo dovuto da ogni operatore è calcolato nel 2% (il massimale) dei redditi rilevanti di ogni fornitore di servizi tenuto a contribuire. Poiché tale percentuale si applica uniformemente a tutti gli attori del mercato, ogni operatore contribuisce nella stessa proporzione di redditi nel segmento dei servizi universali e dei servizi equivalenti. In quanto tale, il contributo richiesto da ogni operatore può considerarsi non discriminatorio».

189    Poiché la Commissione ha indicato che, conformemente alla legge polacca sui servizi postali, i servizi equivalenti non comprendevano i servizi di corriere e ha affermato che, per determinare quali imprese contribuivano al fondo, occorreva verificare se i servizi forniti dalle medesime potessero, nell’ottica dell’utente, essere considerati servizi rientranti nell’ambito del servizio universale, essa ha implicitamente, ma indubbiamente, ritenuto che i servizi di corriere non fossero, nell’ottica degli utenti, servizi rientranti nell’ambito del servizio universale. Ad avviso della Commissione, poiché la percentuale determinante l’importo massimo del contributo si applicava uniformemente a tutti gli attori del mercato, il contributo richiesto di ogni fornitore non era discriminatorio. Inoltre, tali punti della decisione impugnata hanno consentito, da un lato, alle ricorrenti di conoscere le giustificazioni della misura adottata al fine di difendere i loro diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla decisione impugnata sotto tale profilo. Le ricorrenti hanno infatti potuto contestare la fondatezza delle medesime valutazioni affermando, in particolare ai punti 58 e 59 dei ricorsi, che non era difficile individuare i servizi di corriere che erano simili, nell’ottica degli utenti, ai servizi universali e che, per via del loro utilizzo, della loro tariffa e delle condizioni della loro fornitura, i servizi di corriere si sostituivano ai servizi universali. In più, come esposto ai punti 91 e segg. supra, il Tribunale ha avuto modo di pronunciarsi su tale affermazione. Le ricorrenti errano quindi nell’affermare che la motivazione sia insufficiente al riguardo.

190    Tenuto conto di tutto quanto precede, occorre quindi respingere il settimo motivo nonché, di conseguenza, il ricorso nel suo complesso.

 Sulle spese

191    Ai sensi dell’articolo 134 del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

192    Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima.

193    La Repubblica di Polonia sopporterà le proprie spese, a norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      L’Inpost Paczkomaty sp. z o.o. e l’Inpost S.A. sopporteranno ciascuna le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      La Repubblica di Polonia sopporterà le proprie spese.

Frimodt Nielsen

Kreuschitz

Forrester

Półtorak

 

      Perillo

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 marzo 2019.

Firme


Indice





*      Lingua processuale: il polacco.