Language of document : ECLI:EU:T:1998:232

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

30 settembre 1998 (1)

«Ricorso d'annullamento — Trattamento economico dei membri della Corte dei conti — Cessazione delle funzioni — Pensione — Mancato aumento —

Violazione del regolamento base — Motivazione — Legittimo affidamento — Principio di non discriminazione»

Nella causa T-121/97,

Richie Ryan, ex membro della Corte dei conti delle Comunità europee, residente a Dublino, con l'avv. Georges Vandersanden, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la fiduciaria Myson SARL, 30, rue de Cessange,

ricorrente,

contro

Corte dei conti delle Comunità europee, rappresentata dai signori Jean-Marie Stenier, Jan Inghelram, Paolo Giusta, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto presso la Corte dei conti, 12, rue Alcide de Gasperi, Kirchberg,

convenuta,

sostenuta da

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dal signor Jean-Paul Jacqué e dalla signora Thérèse Blanchet, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Alessandro Morbilli, direttore generale della direzione degli affari giuridici della Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Corte dei conti 20 febbraio 1997, relativa alla liquidazione della pensione del ricorrente con effetto dal 1° marzo 1997,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dai signori J. Azizi, presidente, R. García-Valdecasas e M. Jaeger, giudici,

cancelliere: signora B. Pastor, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 12 maggio 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Quadro normativo

1.
    Il regolamento (CEE, Euratom, CECA) del Consiglio 18 ottobre 1977, n. 2290, relativo alla fissazione del trattamento economico dei membri della Corte dei conti (GU L 268, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 2290/77») prevede all'art. 9, n. 1, che «dopo la cessazione dalle funzioni, i membri della Corte dei conti hanno diritto ad una pensione vitalizia a decorrere dal giorno in cui raggiungono l'età di 65 anni».

2.
    L'art. 10, primo comma, del regolamento n. 2290/77 fissa la pensione dei membri della Corte dei conti, per ogni anno intero di funzione, al 4,50% dell'ultimo stipendio base percepito e, per ogni mese intero, a 1/12 di tale ammontare, con l'ammontare massimo della pensione pari al 70% dell'ultimo stipendio base percepito.

3.
    Ai sensi dell'art. 2 del regolamento n. 2290/77, lo stipendio base mensile dei membri della Corte dei conti è pari all'importo risultante dall'applicazione dei tassi seguenti allo stipendio base di un funzionario delle Comunità europee di grado A1, ultimo scatto: presidente 108%, altri membri 104%.

4.
    L'art. 18 del regolamento n. 2290/77 dispone:

«Se il Consiglio decide un aumento dello stipendio base, prende contemporaneamente una decisione per un aumento adeguato delle pensioni maturate».

5.
    L'art. 8, n. 1, del regolamento n. 2290/77 prevede che, a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla cessazione delle funzioni, l'ex membro della Corte dei conti percepisce, per una durata di tre anni, un'indennità transitoria mensile il cui ammontare è fissato, a seconda della durata del periodo durante il quale ha esercitato il mandato, ad una percentuale oscillante tra il 35% e il 60% dello stipendio base percepito alla cessazione delle funzioni.

6.
    L'art. G, punto 6), del Trattato sull'Unione europea (in prosieguo: il «TUE»), entrato in vigore il 1° novembre 1993, ha attribuito alla Corte dei conti lo status di istituzione comunitaria.

7.
    Il Consiglio ha adottato il 10 aprile 1995 il regolamento (CE, Euratom, CECA) n. 840/95, che modifica il regolamento n. 2290/77 (GU L 85, pag. 10; in prosieguo: il «regolamento n. 840/95»), il cui secondo 'considerando‘ precisa che, a seguito dell'entrata in vigore del TUE, la Corte dei conti è diventata un'istituzione delle Comunità europee ed appare dunque opportuno modificare le disposizioni del regolamento n. 2290/77. Il regolamento n. 840/95, entrato in vigore il 20 aprile 1995, ha preso effetto, ai sensi dell'art. 3, secondo comma, a partire dal 1° maggio 1995.

8.
    Il regolamento n. 840/95 ha modificato l'art. 2 del regolamento n. 2290/77, portando lo stipendio mensile del presidente della Corte dei conti dal 108% al 115%, e quello degli altri membri, dal 104% al 108% dello stipendio base di un funzionario delle Comunità europee di grado A1, ultimo scatto.

9.
    Esso ha modificato anche l'art. 8 del regolamento n. 2290/77 portando l'indennità transitoria mensile dell'ex membro della Corte dei conti ad un importo fissato, tenuto conto della durata del suo mandato, ad una percentuale oscillante tra il 40% e il 65% dello stipendio base che egli percepiva alla cessazione delle funzioni.

10.
    All'art. 2 esso dispone:

«Il presente regolamento non modifica le pensioni maturate alla data della sua entrata in vigore».

Fatti all'origine della lite

11.
    Il ricorrente è stato membro della Corte dei conti dal 18 maggio 1986 al 9 febbraio 1994.

12.
    A partire da tale data ha percepito, ai sensi dell'art. 8 del regolamento n. 2290/77, un'indennità transitoria mensile per un periodo di tre anni a decorrere dalla cessazione del suo mandato, ossia fino al febbraio 1997.

13.
    Avendo diritto, a partire dal 1° marzo 1997, al pagamento della sua pensione, il ricorrente ha ricevuto per la prima volta, in allegato ad una lettera del segretariato generale della Corte dei conti del 20 febbraio 1997, la scheda di calcolo con l'importo netto della sua pensione.

14.
    In tale occasione ha potuto constatare che la sua pensione era stata calcolata con riferimento ad uno stipendio base mensile determinato ai sensi del precedente art. 2 del regolamento n. 2290/77, e quindi pari all'importo risultante dall'applicazione di una percentuale del 104% allo stipendio base di un funzionario delle Comunità europee di grado A1, ultimo scatto.

Procedimento e conclusioni delle parti

15.
    In tali circostanze, con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 16 aprile 1997, il ricorrente ha presentato, ai sensi dell'art. 173, quarto comma, del Trattato CE, il presente ricorso.

16.
    Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 29 luglio 1997, il Consiglio ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della convenuta. Con lettera depositata nella cancelleria del Tribunale il 12 settembre 1997, il ricorrente ha chiesto il trattamento riservato, nei riguardi del Consiglio, di taluni documenti allegati al controricorso della Corte dei conti.

17.
    Con ordinanza del presidente della Quinta Sezione del Tribunale 20 novembre 1997, la domanda d'intervento è stata accolta e la domanda di trattamento riservato è stata respinta.

18.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale.

19.
    Le parti hanno svolto le proprie difese orali e risposto ai quesiti del Tribunale all'udienza del 12 maggio 1998.

20.
    Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

—    annullare la decisione della Corte dei conti 20 febbraio 1997 che liquidava la sua pensione con effetto a partire dal 1° marzo 1997;

—    condannare la convenuta alla totalità delle spese.

21.
    La convenuta conclude che il Tribunale voglia:

—    dichiarare il ricorso infondato;

—    decidere sulle spese secondo diritto.

22.
    L'interveniente sostiene le conclusioni della convenuta.

Nel merito

23.
    A sostegno del suo ricorso, il ricorrente sostanzialmente fa valere un motivo relativo ad una interpretazione errata, da parte della convenuta, dell'art. 2 del regolamento n. 840/95 e un motivo relativo all'illegittimità del regolamento n. 840/95.

Sul motivo relativo all'errata interpretazione dell'art. 2 del regolamento n. 840/95

Argomenti delle parti

24.
    Il ricorrente si interroga sulla nozione di «pensioni maturate» di cui all'art. 18 del regolamento n. 2290/77 e all'art. 2 del regolamento n. 840/95, che ritiene ambigua e soggetta ad interpretazioni differenti. Questa nozione indicherebbe le pensioni effettivamente liquidate, quindi quelle già oggetto di pagamento. Il ricorrente deduce da tale interpretazione che il regolamento n. 840/95 non si applica al suo caso poiché la pensione attribuitagli ha iniziato ad essere effettivamente liquidata solo a partire dal marzo 1997, quindi successivamente all'entrata in vigore di tale regolamento. Il ricorrente aggiunge che, volendo attribuire all'espressione «pensioni maturate» un altro significato, numerose sarebbero le ipotesi possibili. La pensione potrebbe ritenersi maturata sia a partire dal primo giorno del mese successivo alla cessazione delle funzioni, sia a partire dalla scadenza del termine di tre anni durante il quale l'ex presidente o membro della Corte dei conti percepisce un'indennità transitoria mensile. Il ricorrente segnala del pari che l'art. 18 del regolamento n. 2290/77 e l'art. 2 del regolamento n. 840/95 non sono identici nella versione inglese. Nel primo si parlerebbe di «existing pension», il che farebbe pensare a pensioni esistenti, quindi effettivamente liquidate. Nel secondo si farebbe riferimento ad «acquired pensions» corrispondente all'espressione francese, identica nei due regolamenti, con tutta l'ambiguità che sarebbe correlata a tali termini.

25.
    Il ricorrente ne conclude che occorre dare all'espressione «pensioni maturate», a causa della sua imprecisione, il significato per lui più vantaggioso, cioè quello secondo cui le pensioni sono maturate solo a partire dal momento della loro liquidazione. Siccome la pensione del ricorrente non è stata liquidata, nel senso

cioè che non è stata pagata, anteriormente alla data di entrata in vigore del regolamento n. 840/95, ossia il 1° maggio 1995, l'art. 2 di tale regolamento non si applicherebbe nel suo caso.

26.
    Il ricorrente ritiene logico e conforme al trattamento economico introdotto dal regolamento n. 2290/77, per il periodo successivo alla cessazione delle funzioni di un presidente o di un membro della Corte dei conti, di considerare una pensione maturata solo se due condizioni sono soddisfatte. Da un lato, l'interessato deve aver cessato le sue funzioni presso la Corte dei conti. Dall'altro, deve effettivamente ricevere la sua pensione, sia che egli abbia richiesto il beneficio anticipato a decorrere dal 60° anno di età, sia che abbia raggiunto la normale età pensionabile, cioè i 65 anni, o sia anche che il pagamento dell'indennità transitoria mensile che egli percepisce, e la cui durata è di tre anni,si estenda fino a fargli oltrepassare l'età di 65 anni. La situazione del ricorrente corrisponderebbe a quest'ultima ipotesi.

27.
    Il ricorrente ne conclude che l'art. 2 del regolamento n. 840/95 non si applica alla sua situazione.

28.
    Secondo la convenuta, dal dettato dell'art. 9 del regolamento n. 2290/77 risulta che il diritto alla pensione sorge, e la pensione si acquista, al momento della cessazione delle funzioni. Il fatto di considerare che la pensione si acquisti solo al momento del suo primo pagamento da un lato non sarebbe conforme al dettato dell'art. 9 del regolamento 2290/77 e, dall'altro, porterebbe ad incoerenze logiche. La convenuta aggiunge che, al momento della cessazione delle funzioni, il diritto alla pensione è già fissato e l'importo della pensione determinabile, mentre solo la data del primo pagamento deve ancora essere scelta dal pensionato.

29.
    L'interveniente non ha presentato osservazioni sul primo motivo.

Giudizio del Tribunale

30.
    Il ricorrente sostiene, in sostanza, che la nozione «pensioni maturate» di cui all'art. 2 del regolamento n. 840/95 deve essere interpretata nel senso a lui più favorevole. A partire dal 1° marzo 1997, la sua pensione è stata liquidata. Egli avrebbe dunque interesse a che la sua pensione venga a maturazione, ai sensi dell'art. 2 del regolamento n. 840/95, solo successivamente alla data di entrata in vigore di tale regolamento, ossia dopo il 1° maggio 1995. Egli propone, pertanto, che i termini «pensioni maturate» siano intesi nel senso di pensioni effettivamente liquidate.

31.
    Il Tribunale constata che l'interpretazione proposta dal ricorrente è inconciliabile con il dettato del regolamento n. 2290/77 da cui risulta che il diritto a pensione sorge e che la pensione pertanto si acquista il giorno della cessazione delle funzioni.

32.
    Infatti, e in primo luogo, l'art. 9, n. 1, di tale regolamento dispone che, dopo la cessazione delle funzioni, i membri della Corte dei conti hanno diritto ad una pensione vitalizia a decorrere dal giorno in cui raggiungono l'età di 65 anni. Ai sensi del n. 2 di tale articolo, i membri di detta Corte possono, tuttavia, chiedere il godimento della pensione a decorrere dal 60° anno di età. Ne consegue che il regolamento distingue il momento a partire dal quale il diritto alla pensione sorge, ossia il giorno della cessazione delle funzioni, da quello, successivo o concomitante, a partire dal quale l'ex membro inizia a godere di tale diritto, ossia il giorno in cui raggiunge l'età di 60 o di 65 anni.

33.
    In secondo luogo, l'importo della pensione è calcolato, ai sensi dell'art. 10 del regolamento n. 2290/77, sulla base dell'ultimo stipendio base percepito. Orbene, come risulta dall'art. 1 di tale regolamento, il diritto ad uno stipendio base termina al momento della cessazione delle funzioni. L'ultimo stipendio base percepito, criterio di determinazione del diritto a pensione, costituisce dunque un fatto unico ed immutabile nel tempo concomitante alla cessazione delle funzioni.

34.
    D'altra parte, l'interpretazione proposta dal ricorrente conduce, come giustamente ha sostenuto la convenuta, ad incoerenze logiche. Infatti, la pensione dovuta è calcolata, ai sensi dell'art. 10 del regolamento n. 2290/77, sulla base dell'ultimo stipendio percepito. Se la «pensione maturata» ai sensi dell'art. 18 del regolamento 2290/77 e dell'art. 2 del regolamento n. 840/95 fosse determinata solo al momento del pagamento ed in base allo stipendio base in vigore a tale data, lo stipendio da prendere in considerazione per il calcolo dell'importo della pensione non sarebbe più l'ultimo stipendio base ricevuto, come invece previsto dall'art. 10 del regolamento n. 2290/77.

35.
    Ne consegue che l'interpretazione proposta dal ricorrente non può essere accolta.

36.
    Per quanto riguarda l'argomento del ricorrente relativo ad una divergenza linguistica nella versione inglese fra, da un lato, l'art. 18 del regolamento 2290/77 («existing pensions») e, dall'altro, l'art. 2 del regolamento n. 840/95 («acquired pensions»), è sufficiente ricordare, anzitutto, la giurisprudenza costante secondo cui le norme comunitarie devono essere interpretate e applicate in modo uniforme alla luce delle versioni vigenti nelle altre lingue della Comunità (sentenza della Corte 17 luglio 1997, causa C-219/95 P, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. I-4411, punto 15). La necessità di un'interpretazione uniforme delle versioni linguistiche implica, in caso di divergenza tra le versioni stesse, che la disposizione in questione dev'essere intesa in funzione del sistema e delle finalità della normativa di cui essa fa parte (sentenza della Corte 24 ottobre 1996, causa C-72/95, Kraaijeveld e a., Racc. pag. I-5403, punto 28). Il Tribunale rileva poi, da un lato, che i due termini sembrano potersi considerare come sinonimi, dal momento che un diritto a pensione che è maturato sussiste necessariamente e che una pensione può sussistere senza tuttavia essere liquidata. D'altro lato, anche ammesso che l'espressione «existing pensions» nella versione inglese dell'art. 18 del regolamento

n. 2290/77 sia da tradurre con «pensioni liquidate», invece che col termine «pensioni maturate», detta espressione divergerebbe sostanzialmente dalle altre versioni linguistiche dello stesso articolo, anch'esse facenti fede. Ne consegue che tale divergenza linguistica non permette d'interpretare l'art. 18 del regolamento n. 2290/77 nel senso che esso si riferisce alle pensioni liquidate invece che a quelle maturate.

37.
    Il motivo relativo ad un errore d'interpretazione dell'art. 2 del regolamento n. 840/95 deve essere dunque respinto.

Sul motivo relativo all'illegittimità del regolamento n. 840/95

38.
    Il motivo relativo all'illegittimità del regolamento n. 840/95 si compone di tre parti, relative alla violazione dell'art. 18 del regolamento n. 2290/77, alla violazione del principio di non discriminazione e alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

Sulla prima parte, relativa alla violazione dell'art. 18 del regolamento n. 2290/77

Argomenti delle parti

39.
    Il ricorrente ritiene l'art. 2 del regolamento n. 840/95 incompatibile con l'art. 18 del regolamento n. 2290/77. Dalla formulazione di quest'ultimo articolo risulterebbe che il Consiglio deve adottare, contemporaneamente all'aumento dello stipendio base, una decisione diretta ad aumentare in modo adeguato le pensioni maturate. Il Consiglio disporrebbe a questo riguardo di un certo potere discrezionale per ciò che riguarda la consistenza dell'aumento. Non potrebbe tuttavia, a meno di non violare tale articolo, astenersi dall'adottare una decisione di aumento delle pensioni maturate in caso di aumento dello stipendio base. Il regolamento n. 840/95 travisa la lettera e la ratio dell'art. 18 del regolamento n. 2290/77 e il fatto che la pensione sia, in generale, considerata come il prolungamento dello stipendio.

40.
    Il ricorrente osserva, da un lato, che il regolamento n. 840/95 aumenta, all'art. 1, lo stipendio base e l'indennità transitoria mensile dei presidenti e dei membri della Corte dei conti. Tale aumento sarebbe motivato unicamente dall'entrata in vigore del TUE che conferisce alla Corte dei conti lo status d'istituzione delle Comunità europee. Orbene, d'altro lato, l'art. 2 di tale regolamento prevede espressamente che non si verificherà un aumento delle pensioni maturate.

41.
    Il ricorrente fa valere, in primo luogo, che il mancato aumento, da parte del regolamento n. 840/95, delle pensioni maturate non è specificamente motivato. In secondo luogo, la motivazione dell'aumento dello stipendio base e dell'indennità transitoria sarebbe puramente formale e non in grado di giustificare, di per sé, il mancato aumento delle pensioni maturate. Il fatto di aumentare lo stipendio base e l'indennità transitoria senza procedere al tempo stesso ad un aumento delle pensioni maturate, costituirebbe una rottura rispetto alla precedente prassi costante

del Consiglio, sarebbe in contrasto con l'art. 18 del regolamento n. 2290/77 e sarebbe quindi privo di valida motivazione.

42.
    Il ricorrente aggiunge che la data di entrata in vigore del regolamento n. 840/95 non corrisponde alla data in cui la Corte dei conti ha acquistato lo status di istituzione ai sensi dell'art. 4 del Trattato, come modificato dall'art. G, punto 6), del TUE. Infatti, il TUE è entrato in vigore il 1° novembre 1993, quindi in una data in cui il ricorrente svolgeva ancora le proprie funzioni. Pertanto, la motivazione utilizzata per giustificare l'aumento degli stipendi e delle indennità transitorie dei presidenti e dei membri della Corte dei conti dovrebbe applicarsi anche al ricorrente e, a fortiori, tradursi in un aumento dei suoi diritti a pensione. Vi sarebbe quindi una evidente contraddizione tra la motivazione del regolamento n. 840/95 e le sue conseguenze sulla situazione del ricorrente.

43.
    Il ricorrente conclude affermando che l'art. 2 del regolamento n. 840/95 è illegittimo, essendo in contraddizione con l'art. 18 del regolamento n. 2290/77.

44.
    La convenuta riconosce che, ai sensi dell'art. 18 del regolamento n. 2290/77, il Consiglio era tenuto, modificando quest'ultimo con il regolamento n. 840/95, a decidere un aumento delle pensioni maturate . Essa ritiene che il Consiglio ha adempiuto tale obbligo fissando, all'art. 2 del regolamento n. 840/95, che l'aumento adeguato delle pensioni maturate è pari a zero. L'art. 2 del regolamento n. 840/95 corrisponderebbe a quanto prescritto dall'art. 18 del regolamento n. 2290/77. Infatti, ed in primo luogo, l'art. 2 del regolamento n. 840/95 sarebbe stato adottato contemporaneamente alla decisione di aumento dello stipendio, prevista dall'art. 1 di tale regolamento. In secondo luogo, l'art. 18 del regolamento n. 2290/77 imporrebbe una decisione su un aumento adeguato, quindi una decisione sulla questione se occorra procedere ad un aumento adeguato. Non obbligherebbe dunque a decidere necessariamente un aumento. In terzo luogo, l'art. 18 del regolamento n. 2290/77 imporrebbe al Consiglio una decisione per un «aumento adeguato», cioè corrispondente alle circostanze di specie che giustificano la sua decisione di aumentare gli stipendi. Orbene, nel caso di specie, il Consiglio avrebbe deciso che l'aumento delle pensioni maturate, che gli sembrava corrispondere alle circostanze di specie e alle ragioni che giustificavano un aumento dello stipendio, fosse pari a zero.

45.
    La convenuta ritiene che l'art. 2 del regolamento n. 840/95 sia correttamente e sufficientemente motivato. Tale motivazione risulterebbe, da un lato e principalmente, dal fatto che tale articolo costituisce un'applicazione diretta di una norma base, cioè l'art. 18 del regolamento n. 2290/77. Essa risulterebbe, d'altra parte e indirettamente, dalla motivazione dell'aumento degli stipendi, deciso all'art. 1 del regolamento n. 840/95, conseguente all'attribuzione alla Corte dei conti dello status di istituzione. Essa ricorda, a questo proposito, la costante giurisprudenza secondo cui la motivazione di un regolamento può limitarsi a definire la situazione complessiva che ha condotto alla sua adozione, tenuto conto

dell'ambito nel quale si inserisce (sentenze della Corte 13 marzo 1968, causa 5/67, Beus, Racc. pag. 125, in particolare pag. 143, e 20 giugno 1973, causa 80/72, Koninklijke Lassiefabrieken, Racc. pag. 635).

46.
    L'interveniente sottolinea il carattere particolare ed eccezionale della situazione che ha condotto alla decisione di aumentare gli stipendi dei membri della Corte dei conti. Infatti, tanto per la Corte dei conti stessa quanto per il Consiglio occorreva tener conto del fatto che la Corte dei conti aveva acquisito lo status di istituzione comunitaria. Non si tratterebbe dunque di un aumento come quelli che intervengono abitualmente a causa, per esempio, dell'aumento di un indice o di una circostanza analoga. Tale tipo di aumento interverrebbe, d'altra parte, per i membri dell'istituzione, semplicemente a causa dell'aumento della base di calcolo delle loro indennità, cioè lo stipendio di un funzionario di grado A1, ultimo scatto.

47.
    L'interveniente ritiene che, in tale ottica, sia perfettamente logico che tale aumento non abbia effetti che per il futuro e che non si applichi alle pensioni maturate. Queste ultime costituirebbero il prolungamento dello stipendio, in quanto si basano sull'ultimo stipendio percepito. Orbene, quest'ultimo stipendio sarebbe, per i membri che hanno cessato le loro funzioni prima che il regolamento 840/95 fosse loro applicabile, pari al 104%, e non al 108% dello stipendio di un funzionario di grado A1, ultimo scatto.

48.
    L'interveniente ritiene di aver pienamente rispettato l'obbligo ad esso imposto dall'art. 18 del regolamento n. 2290/77 di prendere una decisione riguardo alle pensioni maturate. Tale decisione sarebbe stata presa sotto forma dell'art. 2 del regolamento controverso. L'art. 18 del regolamento n. 2290/77 non sarebbe dunque stato violato.

49.
    L'interveniente respinge l'argomento del ricorrente secondo cui la motivazione relativa al fatto che la Corte dei conti è diventata un'istituzione comunitaria sarebbe solo una ragione puramente formale e non in grado di giustificare, di per sé, una violazione dell'art. 18 del regolamento n. 2290/77, dal momento che non si tratterebbe di un criterio oggettivo e che non ci sarebbe alcun legame tra l'attribuzione alla Corte dei conti dello status di istituzione e l'aumento degli stipendi. Infatti, dai lavori preparatori relativi all'adozione del regolamento n. 840/95 emergerebbe chiaramente che l'attribuzione alla Corte dei conti dello status di istituzione comunitaria costituiva una ragione di fondo che giustificava pienamente, di per sé, la decisione del Consiglio di aumentare gli stipendi e le indennità transitorie dei membri di questa nuova istituzione. Lo scopo sarebbe stato quello di assicurare un certo equilibrio tra il livello di retribuzione dei membri delle differenti istituzioni.

50.
    L'interveniente aggiunge che, siccome tale acquisizione dello status di istituzione era l'unica motivazione del regolamento n. 840/95, non sarebbe stato necessario né giustificato motivare tale regolamento in modo diverso da quanto effettuato con il secondo 'considerando‘. Da tale acquisizione deriverebbe che le pensioni maturate

non sono interessate da tale aumento. Non sarebbe quindi stato necessario prendere specificamente in considerazione tale aspetto nei 'considerando‘.

51.
    L'interveniente ne conclude che l'obbligo di motivazione previsto dall'art. 190 del Trattato CE è stato pienamente rispettato nel caso di specie, e che la prima parte del secondo motivo, relativa alla inosservanza del regolamento n. 2290/77 da parte dell'art. 2 del regolamento n. 840/95, deve essere dichiarata infondata.

— Giudizio del Tribunale

52.
    L'applicazione dell'art. 18 del regolamento n. 2290/77 presuppone un aumento da parte del Consiglio dello stipendio base. Orbene, è assodato che il Consiglio ha, con l'art. 1 del regolamento n. 840/95, aumentato lo stipendio base dei presidenti e dei membri della Corte dei conti.

53.
    Peraltro, il regolamento n. 840/95 non ha abrogato l'art. 18 del regolamento n. 2290/77. Ne consegue che il Consiglio, adottando il regolamento n. 840/95, era tenuto a rispettare questo articolo.

54.
    Ciò impone al Consiglio, in primo luogo, l'obbligo di adottare una decisione sullepensioni contemporaneamente a quella relativa all'aumento dello stipendio base. E assodato che il Consiglio ha rispettato tale obbligo adottando l'art. 2 del regolamento n. 840/95.

55.
    Esso impone al Consiglio, in secondo luogo, l'obbligo di dare a tale decisione un oggetto determinato, dovendo questa riguardare «un aumento adeguato delle pensioni maturate».

56.
    Tali termini impongono una doppia considerazione. Da un lato, disponendo che il Consiglio «prende (...) una decisione per un aumento», invece di disporre che il Consiglio decide un aumento, l'art. 18 del regolamento n. 2290/77 obbliga il Consiglio unicamente ad esaminare l'opportunità di tale aumento. Per contro, non gli impone l'obbligo generale di decidere, al termine di tale esame, un aumento delle pensioni maturate.

57.
    Dall'altro, tale obbligo di esaminare l'opportunità di un aumento delle pensioni deve seguire una determinata direzione. L'art. 18 del regolamento n. 2290/77 impone infatti al Consiglio di decidere un aumento «adeguato» delle pensioni. Tale termine significa, da un lato, che l'aumento previsto delle pensioni, oggetto della decisione, non deve necessariamente essere identico a quello dello stipendio base. Esso accorda dunque al Consiglio un certo potere discrezionale. Tale termine esprime anche, d'altro lato, l'idea che il Consiglio deve preoccuparsi di determinare quale sia, se del caso, l'aumento «adeguato» delle pensioni maturate.

58.
    Orbene, generalmente, l'aumento adeguato delle pensioni maturate in caso di aumento dello stipendio base è pari a quest'ultimo aumento. In casi eccezionali, e a seconda delle circostanze, un aumento inferiore, o persino infimo delle pensioni rispetto a quello dello stipendio base può tuttavia essere adeguato e giustificato. In casi molto eccezionali, e tenuto conto di circostanze del tutto particolari, un aumento adeguato delle pensioni maturate potrebbe perfino essere pari a zero.

59.
    Nel valutare l'adeguatezza di un aumento delle pensioni maturate, il Consiglio possiede un potere discrezionale, che è, tuttavia, soggetto al controllo di legittimità del Tribunale. Nell'ambito di tale controllo, tenuto conto, in particolare, dei principi generali del diritto comunitario, il Tribunale concentra necessariamente l'attenzione sull'analisi dei motivi del regolamento che giustificano l'adeguatezza di un aumento delle pensioni maturate. Sebbene il Consiglio non sia tenuto a giustificare specificamente l'adeguatezza di un aumento delle pensioni maturate allorché questo sia identico a quello dello stipendio base, diversamente avviene nelle ipotesi eccezionali in cui l'aumento delle pensioni maturate è assai più limitato di quello dello stipendio base e, a maggior ragione, nel caso del tutto eccezionale in cui il Consiglio consideri adeguato non aumentare affatto dette pensioni. Occorre pertanto accertare se, nel caso di specie, l'art. 2 del regolamento n. 840/95, nella parte in cui prevede che «il presente regolamento non modifica le pensioni maturate alla data della sua entrata in vigore» rispetti i criteri di cui sopra.

60.
    Il regolamento n. 840/95 è motivato dal fatto che, «in seguito all'entrata in vigore del Trattato sull'Unione europea, la Corte dei conti è divenuta un'istituzione delle Comunità europee e che si ravvisa quindi l'opportunità di modificare le disposizioni del regolamento n. 2290/77 relative alla retribuzione e alle indennità transitorie di cessazione delle funzioni» (secondo 'considerando‘ del regolamento n. 840/95).

61.
    Il regolamento n. 840/95, per contro, non contiene nessun espresso 'considerando‘ relativo al mancato aumento delle pensioni maturate.

62.
    Il secondo 'considerando‘ del regolamento n. 840/95 costituirebbe tuttavia, secondo la convenuta e l'interveniente, una implicita giustificazione. Infatti, dalla giustificazione dell'aumento dello stipendio mensile di base e dell'indennità transitoria si dedurrebbe, implicitamente, ma in modo sufficiente, il mancato aumento delle pensioni maturate. La giustificazione comune di tali misure sarebbe l'attribuzione alla Corte dei conti dello status di istituzione comunitaria. Tale circostanza rivalorizzerebbe in certo modo la funzione dei membri della Corte dei conti. Simmetricamente, le funzioni esercitate precedentemente a tale evento non potrebbero costituire oggetto di tale rivalorizzazione. Dal momento che le pensioni costituiscono la retribuzione delle funzioni esercitate quando vigeva il regime precedente, queste non potrebbero essere aumentate.

63.
    Tale motivo, benché implicito, è ragionevolmente sufficiente per giustificare il mancato aumento delle pensioni maturate fino al giorno in cui la Corte dei conti ha acquisito il rango di istituzione, ossia il 1° novembre 1993. Infatti, nessun

membro della Corte dei conti, il quale abbia cessato le proprie funzioni prima dell'entrata in vigore del TUE, può essere considerato aver esercitato funzioni per la Corte dei conti in quanto istituzione comunitaria.

64.
    Per contro, occorre constatare che il mancato aumento delle pensioni maturate, deciso dall'art. 2 del regolamento n. 840/95, ha effetto a partire non dalla data di entrata in vigore del TUE, ossia il novembre 1993, ma dalla data di entrata in vigore del regolamento n. 840/95, vale a dire il 1° maggio 1995. Come sopra precisato al punto 31, ne consegue che, poiché il diritto a pensione matura il giorno della cessazione delle funzioni dell'interessato, i membri della Corte dei conti i quali, come il ricorrente, hanno esercitato le loro funzioni dopo il 1° novembre 1993, ma le cui funzioni siano cessate, ed il cui diritto a pensione è stato pertanto acquisito anteriormente al 1° maggio 1995, si vedono negare un aumento della loro pensione. Orbene, la giustificazione di tale mancato aumento, risultante dal secondo 'considerando‘ del regolamento n. 840/95, ossia l'acquisizione da parte della Corte dei conti dello status di istituzione, non è loro applicabile poiché hanno esercitato le loro funzioni successivamente a tale acquisizione. Questa giustificazione è loro tanto meno applicabile in quanto il criterio che determina la concessione del diritto a pensione è costituito dalla cessazione delle funzioni. Occorre dunque riferirsi a questo giorno per valutare i cambiamenti di circostanze, come quello cui si fa riferimento nei 'considerando‘ del regolamento n. 840/95.

65.
    Tale regolamento non contiene dunque alcuna giustificazione del mancato aumento delle pensioni maturate tra il giorno dell'attribuzione alla Corte dei conti dello status di istituzione comunitaria, cioè il 1° novembre 1993, e il giorno della sua entrata in vigore, vale a dire il 1° maggio 1995. Esso non fornisce quindi, in violazione dell'art. 18 del regolamento n. 2290/77, i motivi per cui sia giustificato il fatto che i membri della Corte dei conti, i quali abbiano cessato le loro funzioni tra queste due date, non beneficino di un aumento della loro pensione a partire dall'entrata in vigore del regolamento n. 840/95 che aumenta lo stipendio base dei membri in carica.

66.
    In udienza, l'interveniente ha affermato che il diniego di far beneficiare un membro, come il ricorrente, di un aumento della sua pensione era dovuto al fatto che l'acquisizione da parte della Corte dei conti dello status di istituzione comunitaria aveva prodotto un aumento delle sue attribuzioni, in particolare quella, prevista dal nuovo art. 188 C, n. 1, secondo comma, del Trattato, in base al quale essa presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una dichiarazione in cui attesta l'affidabilità dei conti e la legittimità e la regolarità delle relative operazioni. Sarebbero così stati affidati ai suoi membri nuovi compiti e responsabilità. Orbene, queste nuove funzioni sarebbero state esercitate pienamente solo al termine di un esercizio completo e dopo la presentazione della prima dichiarazione di cui sopra corrispondente a detto esercizio. Un membro che, come il ricorrente, ha abbandonato le sue funzioni nel febbraio 1994, non avrebbe dunque potuto partecipare effettivamente all'esercizio di queste nuove funzioni. Sarebbe dunque

oggettivamente giustificato il diniego di farlo beneficiare dell'aumento dello stipendio base accordato ai membri a causa dell'attribuzione alla Corte dei conti dello status di istituzione.

67.
    Il Tribunale rileva, tuttavia, che tale argomentazione, che è stata del resto formulata per la prima volta all'udienza in risposta ad un quesito del Tribunale e che è contestata dal ricorrente, è, da un duplice punto di vista, irrilevante. Da un lato, l'art. 18 del regolamento n. 2290/77, imponendo al Consiglio di adottare, contemporaneamente ad una decisione di aumento dello stipendio base, una decisione recante un aumento adeguato delle pensioni maturate, lo obbliga necessariamente a valutare, anteriormente a tale decisione, il carattere adeguato dell'aumento delle pensioni maturate e, pertanto, la giustificazione della portata di tale aumento adeguato. Orbene, nel caso di specie, la giustificazione esposta dal Consiglio in udienza non risulta né dai 'considerando‘ del regolamento n. 840/95, né da alcun altro documento presentato al Tribunale, di modo che non è provato che essa abbia effettivamente costituito il criterio guida seguito dal Consiglio nella sua decisione di negare l'aumento delle pensioni maturate tra il 1° novembre 1993 e il 1° maggio 1995. D'altro lato, la giustificazione formulata non è tale da spiegare per quale ragione la decisione di aumentare le pensioni maturate produca il suo effetto il 1° maggio 1995 e non, come essa invece lo richiederebbe, o alla scadenza del primo esercizio della Corte dei conti dopo che essa era divenuta istituzione comunitaria, quindi il 31 dicembre 1994, oppure alla data della prima suddetta dichiarazione, relativa all'esercizio 1994, emessa, secondo le spiegazioni fornite in udienza dal rappresentante della convenuta, nel novembre 1995. Occorre aggiungere che l'importo della pensione si calcola sulla base non solamente degli anni interi di funzioni svolte, ma anche, ai sensi dell'art. 10, primo comma, del regolamento n. 2290/77, di ciascun mese supplementare maturato oltre l'ultimo anno intero di esercizio delle funzioni.

68.
    La prima parte del secondo motivo, relativa alla violazione dell'art. 18 del regolamento n. 2290/77, per effetto dell'art. 2 del regolamento n. 840/95, è dunque fondata.

69.
    Il Tribunale ritiene, nonostante tale considerazione, opportuno esaminare anche la seconda parte del presente motivo, relativo a una violazione del principio di non discriminazione.

Sulla seconda parte, relativa alla violazione del principio di non discriminazione

— Argomenti delle parti

70.
    Il ricorrente rileva che la data in cui il regolamento n. 840/95 prende effetto, ossia il 1° maggio 1995, costituisce una data chiave, poiché le pensioni maturate dopo tale data usufruirebbero di un aumento contrariamente a quelle maturate prima. Orbene, questa differenza di trattamento non sarebbe fondata su alcun criterio oggettivo. Il motivo addotto dal Consiglio per giustificare tale differenziazione, e

cioè il fatto che la Corte dei conti è diventata una istituzione delle Comunità europee, non sarebbe un criterio obiettivo in rapporto all'aumento degli stipendi base e delle indennità transitorie mensili. L'art. 18 del regolamento n. 2290/77 si applicherebbe, d'altra parte, indipendentemente dalla causa dell'aumento in questione.

71.
    Il ricorrente si domanda perché tale aumento, da un lato, comprende, oltre gli stipendi base, anche le indennità transitorie mensili esistenti alla data di entrata in vigore del regolamento n. 840/95, ossia il 1° maggio 1995 e, dall'altro, non comprende le pensioni. Tale differenza nel caso di specie sarebbe sorprendente. Avendo lasciato la Corte dei conti nel febbraio 1994, ossia due mesi dopo che essa è diventata un'istituzione delle Comunità europee, egli avrebbe comunque usufruito, a partire dell'entrata in vigore del regolamento n. 840/95, dell'aumento dell'indennità transitoria mensile corrispostagli a partire dal mese di marzo 1994. Per contro, la sua pensione non poteva essere aumentata, essendo il suo importo fissato sulla base dell'ultimo stipendio base riscosso prima della data di entrata in vigore del regolamento n. 840/95. Il ricorrente ne conclude che non esiste alcun legame tra l'attribuzione alla Corte dei conti dello status di istituzione comunitaria e la liquidazione degli stipendi, delle indennità transitorie e delle pensioni.

72.
    Il ricorrente ritiene che ciò che è valido per le indennità transitorie, aumentate dopo l'entrata in vigore del regolamento n. 840/95, deve esserlo anche per le pensioni. Trattando in maniera differente, senza valida ragione oggettiva, la liquidazione delle indennità transitorie e quella delle pensioni, il regolamento n. 840/95 creerebbe una discriminazione arbitraria avente come effetto di rendere l'art. 2 di tale regolamento illegittimo e inopponibile al ricorrente.

73.
    Il ricorrente sostiene che il regime introdotto con l'art. 2 del regolamento n. 840/95 crea anch'esso una differenza di trattamento ingiustificata ed ingiusta, da un lato, rispetto ai presidenti e membri della Corte dei conti che non sono ancora in pensione e, dall'altro, tra i pensionati stessi a seconda della data presa in considerazione per determinare il momento a partire dal quale la loro pensione è maturata.

74.
    Egli ritiene che la sentenza della Corte 19 marzo 1975, causa 28/74, Gillet/Commissione (Racc. pag. 463), fatta valere dalla convenuta, non è pertinente nel caso di specie. Infatti, tale causa riguardava la modifica di una situazione futura con le relative conseguenze di carattere finanziario. Invece, il regolamento n. 840/95 introdurrebbe dei livelli di pensione differenti per prestazioni identiche già svolte dal presidente o dai membri della Corte dei conti nel passato. Infatti, esso avrebbe l'effetto di fissare tassi di pensione differenti per il periodo che va dall'ottobre 1977, data dell'istituzione della Corte dei conti, al maggio 1995. Di conseguenza, unmembro della Corte dei conti che ha svolto il suo mandato dall'ottobre 1977 fino al momento del suo pensionamento nell'aprile 1995, riceverebbe una pensione di importo inferiore a quello di cui beneficerebbe un collega nominato nello stesso

momento, nell'ottobre 1977, ma che avesse maturato la sua pensione una settimana più tardi, nel corso del mese di maggio 1995. Il ricorrente ricorda di avere iniziato il suo mandato alla Corte dei conti il 18 maggio 1986 e di aver cessato le sue funzioni il 9 febbraio 1994, in un periodo in cui la Corte dei conti aveva appena acquistato lo status di istituzione comunitaria.

75.
    Il ricorrente rileva altresì che il Consiglio, adottando il regolamento n. 840/95, ha abbandonato la sua prassi tradizionale diretta ad attribuire un effetto retroattivo all'aumento delle pensioni identico a quello degli stipendi. Se la ragione di tale regolamentazione risiedeva, come sostiene il Consiglio, nell'attribuzione alla Corte dei conti dello status di istituzione, la modifica degli stipendi avrebbe dovuto, secondo il ricorrente, retroagire al dicembre 1993, data in cui svolgeva ancora il proprio mandato. Pertanto, la data del 1° maggio 1995 non sarebbe fondata su alcun valido criterio oggettivo di determinazione delle persone aventi diritto ad un aumento delle pensioni.

76.
    Il ricorrente ritiene inoltre che il Consiglio non può, contrariamente a quanto affermato dalla Corte dei conti, esaminare l'aumento delle pensioni «caso per caso». Al contrario, l'art. 18 del regolamento n. 2290/77 richiederebbe che una decisione relativa a un aumento adeguato delle pensioni rispetto all'aumento degli stipendi sia presa contemporaneamente. I termini «decisione adeguata» non andrebbero intesi come decisione presa «caso per caso», ma come decisione giustificata in rapporto all'aumento degli stipendi.

77.
    La convenuta si richiama alla sentenza Gillet/Commissione, citata supra, punto 74, nella quale è stato deciso, riguardo a un regolamento che abrogava a partire da un dato momento una misura a favore dei dipendenti, che non c'era disparità di trattamento tra dipendenti che potevano ancora beneficiare di tale misura, rispetto a quelli per i quali ciò non era più possibile. Essa cita a questo proposito le conclusioni dell'avvocato generale Mayras relative a tale sentenza (Racc. pag. 476), nelle quali si osserverebbe che nessuna norma di rango superiore a quelle statutarie obbligava, nel caso di specie, il legislatore comunitario a conferire ai dipendenti nominati in ruolo o promossi successivamente alla data di entrata in vigore del regolamento di abrogazione gli stessi vantaggi e che, pertanto, un trattamento diverso nei confronti di tali dipendenti non costituisce una discriminazione illegittima.

78.
    La convenuta ne deduce che la data in cui una nuova regolamentazione entra in vigore costituisce un criterio distintivo oggettivo per determinarne i beneficiari. Tale criterio sarebbe considerato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia come rispettoso del principio della parità di trattamento e di non discriminazione. La sentenza farebbe riferimento, infatti, al principio secondo cui il trattamento differente risultante dall'entrata in vigore di una nuova disposizione ad una data determinata non può costituire una discriminazione illegittima. Questa entrata in vigore costituirebbe un dato oggettivo, applicabile a tutti indistintamente. Tale considerazione dovrebbe dunque applicarsi anche, nel caso di specie, al

regolamento n. 840/95 che blocca, a partire dal 1° maggio 1995, la pensione degli ex membri della Corte dei conti ad un livello determinato, calcolato sulla base di un importo corrispondente al 104% dello stipendio di un funzionario di grado A1, ultimo scatto, mentre fissa la retribuzione dei membri attuali o futuri al 108% dello stipendio di detto dipendente.

79.
    La convenuta è del parere che una soluzione opposta svuoterebbe di ogni sostanza il principio secondo cui l'autorità comunitaria, nel caso di specie il Consiglio, ha il diritto di apportare in ogni momento alle norme dello statuto le modifiche che ritiene conformi all'interesse del servizio.

80.
    La convenuta spiega che la differenza di trattamento cui fa riferimento il ricorrente tra la soluzione accolta per l'indennità transitoria e quella applicata per le pensioni si giustifica alla luce del principio secondo cui una disposizione derogatoria deve essere interpretata restrittivamente. Infatti, in applicazione di tale principio, solo le pensioni dovrebbero seguire il regime derogatorio specifico previsto dall'art. 2 del regolamento n. 840/95, mentre l'indennità transitoria, in mancanza di specifiche disposizioni derogatorie, seguirebbe il regime generale dell'art. 1 di questo stesso regolamento. La convenuta aggiunge in subordine che, se il Tribunale dovesse giudicare irregolare l'aumento dell'indennità transitoria, ciò non potrebbe in alcun caso giustificare la necessità di un aumento anche delle pensioni.

81.
    La convenuta ritiene necessario respingere anche l'argomento del ricorrente secondo cui l'art. 2 del regolamento n. 840/95 introduce una discriminazione tra pensionati. Infatti per garantire a tutti i pensionati la stessa pensione occorrerebbe un aumento automatico uguale per tutti in base all'art. 18 del regolamento n. 2290/77. Orbene, tale articolo non prevederebbe comunque un aumento automatico, ma un suo esame caso per caso. La convenuta ne deduce che il ricorrente potrebbe solo far valere l'illegittimità di tale articolo, cosa che egli non ha fatto nel suo ricorso.

82.
    La convenuta riconosce che, secondo l'esempio citato dal ricorrente nella sua replica, è teoricamente esatto che due ex membri possano ricevere una pensione differente per il fatto che uno di loro abbia ottenuto la sua pensione poco tempo prima dell'entrata in vigore del nuovo testo normativo e l'altro poco tempo dopo l'entrata in vigore. Questo argomento non sarebbe tuttavia pertinente. Infatti, da un lato, l'adozione di una norma generale e astratta non è di per sé discriminatoria per il fatto che, in talune situazioni marginali, possano derivarne degli inconvenienti ai destinatari (sentenza della Corte 16 ottobre 1980, causa 147/79, Hochstrass/Corte di giustizia, Racc. pag. 3005, punto 14). Nella fattispecie, il caso citato dal ricorrente, che non corrisponderebbe comunque alla sua situazione personale, non potrebbe dunque inficiare il fondamento della misura generale ed astratta. D'altra parte, una differenza di trattamento non implica necessariamente una disparità di trattamento o una discriminazione. Così, nel caso di specie, esisterebbe una

distinzione oggettiva, neutra ed astratta, basata sulla data di entrata in vigore del nuovo regolamento.

83.
    La convenuta precisa anche ciò che essa intende per aumento caso per caso delle pensioni. Essa ribadisce che l'art. 18 del regolamento n. 2290/77 obbligava il Consiglio a pronunciarsi in modo specifico su un aumento adeguato delle pensioni ogni volta che esso decida di un aumento dello stipendio base, cioè ogni volta che se ne presenti il caso. Tale valutazione verrebbe dunque svolta «caso per caso» poiché l'aumento delle pensioni può essere «adeguato» solo se si riferisce specificamente all'aumento del relativo stipendio. Inoltre, sarebbe chiaro che l'art. 18 impone un esame specifico dell'aumento delle pensioni se lo stipendio è aumentato. L'aumento delle pensioni non potrebbe essere automatico, a meno di rendere ingiustificato l'art. 18.

84.
    La convenuta ne conclude che l'asserita discriminazione tra pensionati deriva dall'art. 18 del regolamento n. 2290/77, e non dall'art. 2 del regolamento n. 840/95, che non farebbe che eseguire tale disposizione. Essa ne deduce che il ricorrente, pertanto, può solamente addurre l'illegittimità dell'art. 18 del regolamento n. 2290/77, cosa che tuttavia non ha fatto. Questa parte del motivo dovrebbe quindi essere respinta.

85.
    L'interveniente sostiene di aver solamente esercitato il suo potere discrezionale, aderendo alla posizione espressa dalla Corte dei conti, secondo cui, essendo diventata un'istituzione comunitaria, occorreva aumentare lo stipendio dei suoi membri. Non si sarebbe trattato di un atto dovuto. Né il Trattato, né alcun altra disposizione avrebbero obbligato l'interveniente a decidere tali aumenti. Non gravando su di esso alcun obbligo, non si sarebbe dunque trovato inadempiente per carenza, unico motivo questo che avrebbe eventualmente potuto giustificare, per sanare l'inerzia, un efficacia retroattiva dell'aumento degli stipendi a partire dal giorno dell'entrata in vigore del TUE. In ogni caso, ogni effetto retroattivo dovrebbe normalmente costituire un'eccezione. La data di applicazione del regolamento controverso sarebbe oggettiva, neutra e astratta. Essa non darebbe luogo a discriminazione.

86.
    L'interveniente ne conclude che la parte di motivo relativa ad una violazione del principio di non discriminazione deve essere dichiarata infondata.

— Giudizio del Tribunale

87.
    Il Tribunale ricorda che, secondo una costante giurisprudenza (v., ad esempio, sentenze del Tribunale 9 febbraio 1994, causa T-109/92, Lacruz Bassols/Corte di giustizia, Racc. PI pag. II-105, punto 87, e 18 dicembre 1997, causa T-142/95, Delvaux/Commissione, Racc. PI, pag. II-1247, punto 95), il principio di uguaglianza e di non discriminazione implica che situazioni analoghe non siano trattate in modo differente, salvo che una differenziazione sia oggettivamente giustificata.

88.
    Nel caso di specie, il regolamento n. 840/95 stabilisce una differenza tra il regime delle pensioni degli ex membri della Corte dei conti a seconda che essi abbiano cessato le loro funzioni, e abbiano quindi acquistato il loro diritto a pensione, prima o dopo l'entrata in vigore del regolamento di cui trattasi avvenuta il 1° maggio 1995. Tale differenza risiede nel fatto che la pensione dei membri che hanno cessato le loro funzioni prima del 1° maggio 1995 è calcolata con riferimento ad uno stipendio base del 104% dello stipendio di un dipendente di grado A1, ultimo scatto, mentre quella dei membri che hanno cessato le loro funzioni dopo il 1° maggio 1995 è calcolata con riferimento ad uno stipendio base del 108% dello stipendio di un dipendente di grado A1, ultimo scatto.

89.
    Questa differenza di trattamento non è espressamente giustificata dal regolamento n. 840/95. Questo è stato adottato al fine di tener conto del fatto che la Corte dei conti è diventata, dopo l'entrata in vigore del TUE in data 1° novembre 1993, un'istituzione comunitaria. Tale motivazione può quindi giustificare una differenza di trattamento tra i membri che hanno cessato la loro attività prima o dopo tale data. Per contro, essa non è tale da giustificare una differenza di trattamento tra membri che hanno tutti cessato la loro attività dopo tale data e che hanno, quindi, tutti esercitato le loro funzioni dopo l'acquisizione da parte della Corte dei conti dello status di istituzione comunitaria. Tali membri, pur essendo trattati in maniera differente si trovano, rispetto a questa motivazione, in una situazione analoga. La motivazione in esame non è dunque tale da spiegare la ragione per la quale sarebbe stato necessario trattare in maniera differente membri che avevano tutti cessato le loro funzioni dopo la data di entrata in vigore del TUE il 1° novembre 1993, a seconda che tale cessazione fosse intervenuta prima o dopo il 1° maggio 1995, data di entrata in vigore del regolamento n. 840/95. Né la convenuta, né l'interveniente hanno presentato, nel corso della fase scritta, alcun elemento atto a dimostrare che tale differenza di trattamento tra persone, pur sempre in una situazione analoga, fosse oggettivamente giustificata.

90.
    L'argomento addotto dall'interveniente all'udienza e relativo al fatto che le nuove funzioni attribuite dal TUE alla Corte dei conti potevano essere pienamente esercitate solo al termine di un esercizio completo, cioè al momento della presentazione della prima dichiarazione (v. supra, punto 66), è anch'esso diretto a dimostrare l'esistenza di una differenza di situazione tra il ricorrente e i membri che hanno cessato le loro funzioni dopo l'entrata in vigore del regolamento n. 840/95, differenza che giustificherebbe una disparità di trattamento. Il Tribunale, pur ricordando quanto affermato sopra al punto 67, aggiunge che la data a partire dalla quale è stata introdotta la differenza di regime in questione, ossia il 1° maggio 1995, si colloca in un momento che è nel contempo posteriore alla scadenza del primo esercizio successivo all'acquisizione da parte della Corte dei conti dello status di istituzione, cioè il 31 dicembre 1994, e precedente alla presentazione della prima dichiarazione relativa all'esercizio 1994, emessa, secondo le spiegazioni fornite in udienza dal rappresentante della convenuta, nel novembre 1995. Alla luce di tali contraddizioni, non sembra che la data del 1° maggio 1995 sia stata oggetto di una

scelta consapevole dovuta alle considerazioni svolte, e neppure che essa vi corrisponda.

91.
    Le considerazioni formulate dal Consiglio in udienza non sono, per di più, adeguate a giustificare in modo obiettivo una differenza di trattamento. Esse discendono, infatti, dal raffronto della situazione dei membri della Corte dei conti rispetto all'acquisizione da parte di essa dello status di istituzione. Tale raffronto non si limita ad avvicinare i due termini oggettivi che sono, da un lato, la data di acquisizione dello status di istituzione e, dall'altro, la data di cessazione delle funzioni dei membri. Essa tiene conto inoltre di un terzo elemento, cioè della durata del periodo nel corso del quale il membro ha esercitato le sue funzioni dopo l'acquisizione da parte della Corte dei conti dello status di istituzione e prima che questi cessasse le proprie funzioni. Tale elemento fa dunque rientrare nell'ambito del confronto una valutazione riguardo la durata dell'esercizio delle funzioni.

92.
    Orbene, nella logica particolare di tale ordine di idee, si sarebbe dovuto tener conto anche della circostanza che la pensione costituisce il corrispettivo di tutte le funzioni esercitate dal membro al servizio del suo organo, e successivamente della sua istituzione. L'art. 10, primo comma, del regolamento n. 2290/77 dispone, aquesto proposito, che l'ammontare della pensione è determinato con riferimento all'intero periodo nel corso del quale il membro ha esercitato le sue funzioni, inclusi non solamente gli anni interi di funzione, ma anche ciascun mese supplementare svolto oltre l'ultimo anno intero di funzione. D'altra parte, la durata del mandato di un membro della Corte dei conti è di sei anni — ai sensi dell'ex art. 206, n. 4, primo comma, del Trattato CEE, diventato, in forza dell'art. G, punto 59, del TUE, l'art. 188 B, n. 3, primo comma, del Trattato CE — e il mandato è rinnovabile. Ne consegue che un membro che ha cessato le sue funzioni poco tempo dopo la data di entrata in vigore del regolamento n. 840/95, cioè il 1° maggio 1995, ha dunque, salvo circostanze particolari, esercitato la quasi totalità di queste in un periodo precedente all'acquisizione da parte della Corte dei conti dello status di istituzione, avvenuta il 1° novembre 1993. Per contro, esso ha esercitato solo una minima parte delle sue attività nel periodo successivo a tale evento. Da tale punto di vista la sua situazione non si differenzia dunque in modo significativo da quella del ricorrente.

93.
    Le circostanze cui fa riferimento il Consiglio in udienza non giustificano quindi in modo oggettivo la differenza di trattamento, riguardo all'aumento della pensione motivata dall'attribuzione alla Corte dei conti dello status di istituzione, tra membri che hanno tutti continuato ad esercitare le proprie funzioni dopo tale attribuzione, a seconda che abbiano cessato le loro funzioni prima o dopo il 1° maggio 1995.

94.
    La convenuta e l'interveniente controdeducono inoltre, in sostanza, che in via di principio un trattamento diverso risultante dall'entrata in vigore di una nuova disposizione ad una data determinata non può costituire una discriminazione illegittima. Infatti, tale entrata in vigore costituirebbe un dato oggettivo, applicabile a tutti indistintamente. Una soluzione in senso contrario svuoterebbe di ogni

contenuto il principio per cui l'autorità comunitaria ha diritto di apportare in ogni momento le modifiche ritenute conformi all'interesse del servizio.

95.
    Tale argomentazione ignora tuttavia, da un lato, come non sia escluso che la data dell'entrata in vigore di una nuova normativa possa costituire una discriminazione illegittima (v., ad esempio, riguardo al carattere discriminatorio della data di entrata in vigore di una nuova direttiva interna, la sentenza del Tribunale 9 luglio 1997, causa T-92/96, Monaco/Parlamento, Racc. PI, pag. II-573, punti 50-58).

96.
    Dall'altro, la convenuta non può avvalersi, a sostegno della sua tesi, delle precitate sentenze Gillet/Commissione e Hochstrass/Corte di giustizia.

97.
    Nella causa che è sfociata nella sentenza Gillet/Commissione, la questione che si poneva riguardava un regolamento adottato nel 1972 che stabiliva, in occasione di una misura di collocamento in pensione, trattamenti economici differenti per i funzionari di grado A1 o A2, assunti in base al precedente statuto del personale della Comunità europea del carbone e dell'acciaio del 1956 e che avevano cessato le loro funzioni nelle stesse condizioni, a seconda che fossero o meno titolari di uno di questi due gradi alla data di entrata in vigore del nuovo statuto dei funzionari della Comunità europea del carbone e dell'acciaio, vale a dire il 1° gennaio 1962. Il ricorrente, un funzionario inserito in tale categoria solo successivamente al 1° gennaio 1962, faceva valere, nell'ambito di un'eccezione di illegalità, l'asserito carattere discriminatorio di detto regolamento. La Corte ha respinto questa eccezione.

98.
    Da detta sentenza risulta senza dubbio implicitamente che il legislatore comunitario ha diritto di adottare, per il futuro, disposizioni statutarie più sfavorevoli per i dipendenti. In questa sentenza, tuttavia, la Corte, da un lato, ha precisato che non può venir meno la validità delle misure transitorie le quali tutelano i diritti regolarmente maturati dal dipendente assunto sulla base di un precedente statuto più favorevole, e, d'altra parte, ha concluso che tali misure transitorie non costituivano una discriminazione rispetto ad un dipendente assunto in base al nuovo statuto più sfavorevole. Nel corso dell'esame delle misure controverse, la Corte ha verificato se fosse oggettivamente giustificata la differenza di trattamento tra, da un lato, il dipendente assunto in base al precedente statuto più favorevole, il quale continua, dopo l'adozione del nuovo statuto più sfavorevole, ad usufruire di un regime transitorio che tutela i propri diritti, e, dall'altro, il dipendente assunto in base al nuovo statuto più sfavorevole. La sentenza accerta, a tal proposito, in primo luogo, che il dipendente assunto in base al nuovo statuto più sfavorevole non può avvalersi del precedente statuto più favorevole, e, in secondo luogo, che il regime transitorio di cui si avvantaggiano i dipendenti assunti in base al precedente statuto più favorevole non può essere rimesso in discussione.

99.
    La sentenza accerta anche che la data di riferimento che distingue fra i due trattamenti economici, cioè il 1° gennaio 1962, è oggettivamente giustificata.

100.
    Non si può quindi dedurre da tale sentenza che la data di entrata in vigore di una nuova normativa non possa mai essere discriminatoria.

101.
    E' vero che nella seconda sentenza fatta valere dalla convenuta, vale a dire la sentenza Hochstrass/Corte di giustizia, citata supra, punto 82, si afferma che: «anche se in situazioni marginali dall'istituzione di una normativa generale ed astratta possono derivare casualmente degli inconvenienti, non si può far carico al legislatore di essersi valso di una classifica per categorie» che sarebbe discriminatoria (punto 14). La Corte aggiunge tuttavia, subito dopo, che tale conclusione si applica solo se questa classifica per categorie «non è di per sé discriminatoria con riferimento allo scopo perseguito».

102.
    La sentenza è diretta peraltro ad accertare se la classifica per categorie compiuta da questa nuova legislazione (nel caso di specie, l'instaurazione di una indennità di espatrio accordata in base al criterio della nazionalità) sia oggettivamente giustificata.

103.
    Tale sentenza non può quindi dispensare dall'esaminare, in base al controllo del rispetto del principio di non discriminazione, la giustificazione oggettiva delle differenze di regime instaurate da una nuova regolamentazione.

104.
    Il Tribunale rileva infine come sia vero che il legislatore comunitario è libero di apportare in ogni momento alle norme dello statuto, nel caso di specie, al regolamento n. 2290/77, le modifiche che ritiene conformi all'interesse del servizio. Tuttavia, se tale modifica è specificamente giustificata con riferimento ad una situazione nuova, nel caso di specie l'acquisizione da parte della Corte dei conti dello status di istituzione comunitaria, e riguarda una categoria determinata di persone, nel caso di specie i membri che hanno esercitato le loro funzioni dopo tale acquisizione, essa deve stabilire un'identica disciplina per le persone appartenenti alla categoria specificamente interessata da tale nuova situazione.

105.
    Il legislatore comunitario non era, nel caso di specie, necessariamente obbligato a decidere un aumento dello stipendio base, e quindi delle pensioni, dei membri della Corte dei conti. Se tuttavia dispone tale aumento, come conseguenza dell'acquisizione da parte della Corte dei conti dello status di istituzione, e se propone che non ne debbano beneficiare i titolari di pensioni maturate prima dell'entrata in vigore del regolamento adottato a tale fine, esso è tenuto a vigilare che, a partire dall'entrata in vigore di tale regolamento, tutti i membri che si trovino nella situazione che ha giustificato l'aumento, cioè coloro che hanno esercitato le loro funzioni successivamente all'acquisizione da parte della Corte dei conti dello status di istituzione, siano trattati in modo identico. Si è sopra accertato che tali obblighi non sono stati osservati nel caso di specie.

106.
    Infine, la discriminazione accertata non discende, come sostenuto dalla convenuta, dall'applicazione dell'art. 18 del regolamento n. 2290/77. Tale disposizione, che obbliga il Consiglio, in caso di aumento dello stipendio base dei membri della Corte

dei conti, ad adottare contemporaneamente una decisione per un aumento adeguato delle pensioni maturate, non impedisce in nessun caso al Consiglio stesso di rispettare il principio della parità di trattamento. Al contrario, tale articolo, impiegando l'aggettivo «adeguato» obbliga il Consiglio ad interrogarsi anche sul rispetto di questo principio superiore di diritto.

107.
    Ne consegue che il Consiglio, nel caso di specie, ha violato il principio della parità di trattamento.

108.
    Essendo così anch'essa fondata la seconda parte del motivo in esame, relativa alla violazione del principio della parità di trattamento, non occorre pronunciarsi sugli argomenti del ricorrente relativi alla circostanza che il regolamento n. 840/95 ha aumentato l'indennità transitoria senza aumentare le pensioni maturate alla data della sua entrata in vigore.

109.
    Il ricorso è dunque fondato senza che si debba esaminare la terza parte del motivo, relativa alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

110.
    Ne consegue che la decisione impugnata della convenuta, fondata sull'art. 2 del regolamento n. 840/95, deve essere annullata.

Sulle spese

111.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Corte dei conti è rimasta soccombente e avendo il ricorrente chiesto la condanna della Corte dei conti alle spese, occorre condannare quest'ultima alle spese.

112.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, le istituzioni intervenute nella causa sopportano le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    La decisione della Corte dei conti 20 febbraio 1997 relativa alla liquidazione della pensione del ricorrente è annullata.

2)    La Corte dei conti è condannata alle spese.

3)    Il Consiglio sopporterà le proprie spese.

Azizi                        García-Valdecasas                Jaeger

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 settembre 1998.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

J. Azizi


1: Lingua processuale: il francese.

Racc.