Language of document : ECLI:EU:T:2005:49

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
15 febbraio 2005 (1)

«Marchio comunitario – Opposizione – Rischio di confusione – Domanda di marchio comunitario denominativo LINDENHOF – Marchio denominativo e figurativo anteriore LINDERHOF – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94»

Nella causa T-296/02,

Lidl Stiftung & Co. KG, con sede in Neckarsulm (Germania), rappresentata dall'avv. P. Groß,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione del mercato interno (marchi, disegni e modelli), rappresentato dai sigg. A. von Mühlendahl, B. Müller e G. Schneider, in qualità di agenti,

convenuto,

altra parte nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell'Ufficio per l'armonizzazione del mercato interno (marchi, disegni e modelli), interveniente dinanzi al Tribunale,

REWE-Zentral AG, con sede in Colonia (Germania), rappresentata dall'avv. Kinkeldey,

avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della terza commissione di ricorso dell'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) 17 luglio 2002 (procedimento R 0036/2002‑3), relativo ad un procedimento di opposizione tra la Lidl Stiftung & Co. KG e REWE‑Zentral AG,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),



composto dal sig.  J. Pirrung, presidente, dai sigg. A.W.H. Meij e N.J. Forwood, giudici,

cancelliere: sig. I. Natsinas, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e a seguito dell'udienza del 18 maggio 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Fatti

1
Il 16 settembre 1997 l’interveniente dinanzi al Tribunale chiedeva all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli; in prosieguo: l’«Ufficio») la registrazione come marchio comunitario del segno denominativo

LINDENHOF

2
La domanda di marchio riguarda, fra l’altro, i prodotti rientranti nelle classi 30 e 32, ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957 relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi per la registrazione dei marchi, nella versione rivista e modificata, e corrispondenti, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

classe 30: «(...) prodotti a base di cioccolato; (…) bevande al cioccolato, (...) prodotti di marzapane e di nougat; (...) cioccolatini (anche ripieni) (...)»;

classe 32: «Birre, birre contenenti bevande miste, acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; bevande di frutta e succhi di frutta, succhi di verdure; sciroppi e altri preparati per fare bevande; bevande a base di latticello (...)».

3
Il 10 agosto 1998 la domanda di marchio veniva pubblicata sul Bollettino dei marchi comunitari n. 60/98.

4
Il 26 ottobre 1998 la ricorrente proponeva opposizione avverso la registrazione del bando di cui sopra, basandosi sul seguente marchio denominativo e figurativo

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registrato in Germania e avente come data di deposito il 24 dicembre 1991 (in prosieguo: il «marchio anteriore»).

5
L’opposizione era diretta avverso la registrazione del marchio richiesto per tutti i prodotti di cui sopra al punto 2 ed era basata sui prodotti coperti dal marchio anteriore, denominati «vini spumanti», rientranti nella classe 33.

6
La ricorrente, a sostegno dell’opposizione, invocava il motivo di rifiuto di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

7
Poiché l’interveniente sollevava l’eccezione basata sul mancato utilizzo del marchio anteriore, prevista all’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, la ricorrente produceva una dichiarazione giurata di uno dei suoi amministratori accompagnata da un elenco in cui erano enumerate le unità di vendita per gli anni dal 1995 al 2000 e da una immagine che dimostra la forma utilizzata per tali vendite, qui sotto riprodotta.

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8
Con decisione 8 novembre 2001 la divisione di opposizione considerava in primo luogo che era stato dimostrato l’utilizzo effettivo del marchio anteriore. Accoglieva poi l’opposizione nella misura in cui aveva ad oggetto i prodotti denominati «birre, birre contenenti bevande miste», deducendo come motivo l’esistenza di rischio di confusione. Respingeva per il resto l’opposizione per assenza di un siffatto rischio. Condannava infine le parti a sopportare ciascuna le proprie spese.

9
Il 7 gennaio 2002 la ricorrente proponeva ricorso avverso tale decisione per quanto riguarda i prodotti denominati «acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; bevande di frutti e di succhi di frutta», rientranti nella classe 32 (in prosieguo: le «bevande rientranti nella domanda di marchio»).

10
Con decisione 17 luglio 2002 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la commissione di ricorso respingeva il ricorso e condannava la ricorrente alle spese.


Procedimento

11
Con atto introduttivo depositato in cancelleria il 27 settembre 2000 la ricorrente ha proposto al Tribunale il presente ricorso.

12
Con lettera 14 gennaio 2003 l’Ufficio informava il Tribunale di non aver trovato alcuna prova della proroga della durata di protezione del marchio anteriore. Con lettera ricevuta il 10 marzo 2003 la ricorrente faceva pervenire tale prova al Tribunale.

13
L’Ufficio e l’interveniente hanno depositato le loro repliche rispettivamente il 3 e il 4 febbraio 2003.


Conclusioni delle parti

14
La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare l’Ufficio alle spese.

15
L’Ufficio conclude che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

16
L’interveniente conclude che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese sostenute dall’interveniente.


Argomenti delle parti

17
La ricorrente invoca a sostegno del ricorso un motivo unico, basato sulla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in quanto la commissione di ricorso avrebbe ingiustamente concluso per l’assenza di rischio di confusione per quanto riguarda i prodotti denominati «vini spumanti», da un lato, e le bevande di cui alla domanda di marchio, dall’altro (in prosieguo: i «prodotti di cui trattasi»).

18
Per quanto riguarda i prodotti di cui trattasi, la ricorrente sostiene, anzitutto, che essi hanno di norma una provenienza comune. A questo proposito presenta documenti accompagnati da offerte di prove testimoniali, diretti a dimostrare l’esistenza di cantine di vini e di spumanti tedesche che producono anche succhi di frutta, vini di frutta, vini di spumanti di frutta e vini contenenti bevande miste. Tale circostanza sarebbe conosciuta dal pubblico destinatario. Del resto, secondo la ricorrente, non è da escludersi l’esistenza di cantine che commercializzano anche acque da tavola, perfino acqua minerale. Afferma, infine che, viceversa, anche i fabbricanti di bevande considerate nella domanda di marchio amplierebbero la loro gamma di prodotti.

19
La ricorrente sostiene inoltre che i prodotti finali di cui trattasi sono similari. Infatti, sarebbero tutte bevande di consumo corrente e vendute le une accanto alle altre sia nei negozi sia sulle liste delle bevande. La pubblicità in materia sarebbe simile, mostrando di norma una persona che, nel bere il prodotto reclamizzato, prova un momento di benessere. Al pari dei vini spumanti, le bevande contemplate dalla domanda di marchio, in particolare le bevande alcoliche a base di frutta, verrebbero bevute anche in occasioni speciali e, al pari delle dette bevande, i vini spumanti verrebbero bevuti anche in occasione di un pranzo. Inoltre, oltre ai vini molte altre bevande sarebbero spumanti. Infine, la ricorrente osserva che, al pari dei vini spumanti, talune bevande analcoliche, bevande di frutta e altri succhi di frutta possono essere prodotti, in particolare, a partire dalle uve. Ne conclude che ai prodotti di cui trattasi, se rivestiti di segni simili, potrebbe essere attribuita la stessa origine commerciale.

20
Per quanto riguarda i segni di cui trattasi, la ricorrente sostiene che essi sono simili, in quanto, essendo la loro differenza auditiva appena percettibile e la loro differenza concettuale non particolarmente evidente, il pubblico non è indotto nella specie a ricercarne il significato.

21
Per quanto riguarda il pubblico destinatario, la ricorrente afferma che, poiché i prodotti sono di consumo corrente, la sua attenzione sarebbe debole.

22
La ricorrente sostiene ancora che il marchio anteriore presenta un forte carattere distintivo. Infatti, i vini spumanti sarebbero venduti sotto questo marchio da più di sette anni, in più di 4 000 filiali della ricorrente, la più parte dei quali in Germania. La dichiarazione sotto giuramento menzionata al punto 7 di cui sopra dimostrerebbe che queste vendite hanno sviluppato un fatturato importante in Germania dal gennaio 1995 al gennaio 2000. Importanti strumenti pubblicitari sarebbero stati a tal fine messi in atto. La ricorrente sostiene che la parola «linderhof» non è descrittiva per i vini spumanti.

23
Replicando all’asserita tardività di taluni dei suoi argomenti, la ricorrente, nel corso dell’udienza, ha affermato che l’argomento principale era già stato presentato dinanzi alla commissione di ricorso.

24
L’Ufficio da parte sua ritiene che la commissione di ricorso abbia giustamente deciso che non esistevano rischi di confusione.

25
A questo proposito, l’Ufficio sostiene, in particolare, che sono tardivi gli argomenti con i quali la ricorrente deduce, in primo luogo, l’abituale provenienza comune dei prodotti di cui trattasi e, in secondo luogo, il fatto che sono proposti prodotti in questione contenenti bevande miste, tenuto conto della regola 16, n. 3, della regola 17, n. 2, e della regola 20, n. 2 del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868/95, che modifica le modalità di applicazione del regolamento n. 40/94 (GU L 303, pag. 1), e dell’art. 74, n. 1, in fine, del regolamento n. 40/94 e delle sentenze del Tribunale 13 giugno 2002, causa T‑232/00, Chef Revival USA/UAMI – Massagué Marín (Chef) (Racc. pag. II‑2749), e 23 ottobre 2002, causa T‑388/00, Institut für Lernsysteme/UAMI – Educational Services (ELS) (Racc. pag. II‑4301, punti 21 e segg.). Infatti, secondo l’Ufficio, il primo argomento è stato avanzato in modo chiaro solo dinanzi al Tribunale e il secondo argomento è stato ivi dedotto per la prima volta. Tali argomenti non servirebbero neppure a sostenere o approfondire un argomento già presentato dinanzi alla divisione di opposizione. L’Ufficio aggiunge che laddove non ha indicato chiaramente alla ricorrente quali fatti e prove dovevano essere prodotti, spetta a quest’ultima decidere per proprio conto. Inoltre l’Ufficio non sarebbe stato in grado di indicarli, non conoscendo a sufficienza il mercato di cui trattasi. Infine, l’Ufficio fa valere che la ricorrente stessa ha intitolato la parte in considerazione del suo ricorso «Fatti nuovi».

26
Altrettanto vale, secondo l’Ufficio, per quanto riguarda l’argomento che deduce il forte carattere distintivo del marchio anteriore, in ragione del suo utilizzo, dal momento che nemmeno questo argomento è stato dedotto dinanzi ad esso. L’Ufficio rileva che, dinanzi alla commissione di ricorso, la ricorrente ha soltanto sostenuto che il marchio anteriore disponeva di un «carattere distintivo almeno normale». Del resto, l’Ufficio sostiene che i fatti e gli altri elementi presentati dalla ricorrente per dimostrare l’utilizzo del marchio anteriore non costituirebbero un richiamo, né esplicito né implicito alla grande fama che tale marchio avrebbe acquistato con il suo utilizzo.

27
L’interveniente deduce in primo luogo la violazione degli artt. 15 e 43 del regolamento n. 40/94, in quanto la commissione di ricorso avrebbe dovuto respingere il ricorso per assenza di prova di effettiva utilizzazione del marchio anteriore.

28
In secondo luogo, l’interveniente sostiene che non esiste rischio di confusione.

29
Nel corso dell’udienza l’interveniente ha fatto propri gli argomenti dell’Ufficio, secondo i quali taluni argomenti della ricorrente sono tardivi.


Giudizio del Tribunale

Sulla ricevibilità di taluni argomenti avanzati dalla ricorrente

30
L’Ufficio e l’interveniente sostengono che gli argomenti riguardanti, in primo luogo, l’abituale provenienza comune dei prodotti di cui trattasi, in secondo luogo, il fatto che i prodotti di cui trattasi contenenti bevande miste sono proposti in vendita e, in terzo luogo, il forte carattere distintivo del marchio anteriore sono tardivi.

31
Si deve a questo proposito rilevare che il ricorso proposto al Tribunale mira a controllare la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso ai sensi dell’art. 63 del regolamento n. 40/94. Orbene i fatti dedotti dinanzi al Tribunale senza esserlo stati prima dinanzi ai servizi dell’Ufficio possono incidere sulla legittimità di una siffatta decisione solo se esso avesse dovuto prenderli in considerazione d’ufficio. A questo proposito dall’art. 74, n. 1, in fine, del detto regolamento, secondo il quale in procedure concernenti impedimenti relativi alla registrazione l’esame dell’Ufficio si limita agli argomenti addotti e alle richieste presentate dalle parti, risulta che quest’ultimo non è tenuto a prendere in considerazione d’ufficio fatti non dedotti dalle parti. Pertanto, tali fatti non sono idonei a mettere in discussione la legittimità di una decisione della commissione di ricorso.

32
Orbene, per quanto riguarda il primo argomento di cui al punto 30 supra, si deve constatare che la ricorrente ha sostenuto dinanzi alla commissione di ricorso che i prodotti di cui trattasi erano fabbricati, sostanzialmente, da imprese identiche, come del resto risulta dal punto 14 della decisione impugnata. Non può pertanto ritenersi che questo primo argomento non sia stato dedotto dinanzi all’Ufficio, contrariamente a quanto sostenuto da questo e dall’interveniente.

33
Va aggiunto che la ricorrente ha invero dedotto l’argomento di cui al punto precedente per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso. Tuttavia, dalla costante giurisprudenza risulta che le commissioni di ricorso possono, con la sola eccezione dell’art. 74, n. 2, del regolamento n. 40/94, accogliere il ricorso sulla base di fatti nuovi invocati dalla parte che ha proposto il ricorso o anche sulla base di nuove prove prodotte da quest’ultima [sentenza del Tribunale 23 settembre 2003, causa T‑308/01, Henkel/UAMI – LHS (UK) (KLEENCARE), Racc. pag. II‑3253, punto 26].

34
Per quanto riguarda il riferimento operato dall’Ufficio alla citata sentenza ELS (punti 21 e segg.), si deve ricordare che questi riguardano, tra l’altro, la produzione della prova dell’utilizzo del marchio addotto a sostegno dell’opposizione, che, nella specie, non è in discussione in questa fase del procedimento.

35
Altrettanto vale per il riferimento operato alla citata sentenza Chef. Infatti, questa riguardava la mancata presentazione, nel termine impartito dalla divisione di opposizione, della traduzione, nella lingua di procedura dell’opposizione, del certificato di registrazione del marchio addotto a sostegno dell’opposizione (v. punti 53 e 57 della detta sentenza). Orbene, una siffatta situazione non si presenta nella specie.

36
Ne consegue che l’argomento riguardante l’abituale provenienza comune dei prodotti di cui trattasi è ricevibile.

37
Per quanto riguarda, per contro, i documenti presentati dalla ricorrente a sostegno di tale argomento e considerati sopra al punto 18, è giocoforza constatare che sono stati prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale. La ricorrente non ha del resto asserito il contrario.

38
Tali documenti non possono pertanto essere presi in esame dal Tribunale.

39
Per quanto riguarda il secondo argomento considerato al punto 30 di cui sopra, secondo il quale vengono proposti in vendita prodotti misti contenenti bevande qui in considerazione, si deve constatare che esso non è stato dedotto dalla ricorrente dinanzi all’Ufficio, come risulta dal punto 42 della decisione impugnata, secondo il quale la ricorrente non ha dedotto alcun argomento a tal riguardo. Più precisamente, si deve rilevare che, sebbene nella memoria 24 marzo 2000 presentata dinanzi alla divisione di opposizione la ricorrente abbia fatto riferimento all’esistenza di «bevande di svago contenenti vino spumante», questo riferimento riguarda il rapporto non già fra i prodotti di cui trattasi, bensì tra i vini spumanti, da un lato, e prodotti considerati dalla domanda di marchio non più materia della presente controversia, dall’altro.

40
Da ciò consegue che l’argomento fondato sul fatto che deduce la circostanza che vengano proposti in vendita prodotti misti contenenti talune delle bevande in causa non può essere preso in esame dal Tribunale.

41
Per quanto riguarda il terzo argomento sopra considerato al punto 30, si deve constatare che nemmeno questo è stato dedotto dalla ricorrente dinanzi all’Ufficio. Più esattamente, dinanzi alla commissione di ricorso la ricorrente ha soltanto affermato che il marchio anteriore rivestiva un carattere distintivo di medio livello.

42
Pertanto nemmeno l’argomento riguardante il forte carattere distintivo del marchio anteriore può essere preso in esame dal Tribunale.

Nel merito

43
Si deve esaminare dapprima il motivo dedotto dalla ricorrente prima di passare, se del caso, all’esame di quello dedotto dall’interveniente. Infatti, se si dovesse concludere, contrariamente a quanto auspicato dalla ricorrente, che la commissione di ricorso ha respinto giustamente il ricorso dinanzi ad essa proposto per assenza di rischio di confusione, non si renderebbe più necessario esaminare se, come auspicato dall’interveniente, essa avrebbe dovuto farlo per l’assenza di prove di effettiva utilizzazione del marchio anteriore.

44
A tenore dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa della sua identità o della sua somiglianza con un marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi designati dai due marchi, sussiste un rischio di confusione nella percezione del pubblico nel cui territorio il marchio anteriore è tutelato.

45
Nella specie il marchio anteriore è registrato in Germania. Pertanto, ai fini della valutazione delle condizioni considerate nel punto precedente, si deve tener conto del punto di vista del pubblico tedesco. Di conseguenza, siccome i prodotti di cui trattasi sono di consumo corrente, tale pubblico è costituito dal consumatore medio. Quest’ultimo è considerato normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (sentenza della Corte 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 26). L’affermazione della ricorrente secondo la quale, essendo i prodotti di cui trattasi di consumo corrente, l’attenzione del pubblico di riferimento sarebbe debole non può essere accolta dal momento che non è confortata da alcun elemento preciso che confermi la validità di tale affermazione generale rispetto ai prodotti di cui trattasi.

46
Secondo costante giurisprudenza, costituisce rischio di confusione il fatto che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate. Il rischio di confusione circa l’origine commerciale dei prodotti o dei servizi dev’essere valutato globalmente secondo la percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi e tenendo conto di tutti i fattori che caratterizzano il caso di specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punti 29‑33, e la giurisprudenza ivi citata].

47
Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più importante si dimostra il carattere distintivo del marchio anteriore (v., per analogia, sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 18, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 19).

48
Del resto, dalla formulazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 risulta che un rischio di confusione ai sensi di tale disposizione presuppone una identità o una somiglianza dei prodotti o dei servizi designati. Pertanto, anche nell’ipotesi in cui sussista identità del segno richiesto con un marchio il cui carattere distintivo è particolarmente forte, è pur sempre necessario dimostrare che sussiste una somiglianza tra i prodotti o i servizi designati dai marchi controversi (v. per analogia sentenza Canon, cit., punto 22).

Sui prodotti in considerazione

49
Per valutare la somiglianza fra i prodotti in questione si deve tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra i prodotti. Questi fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità (v., sentenza Canon, cit., punto 23).

50
Orbene, certamente i vini spumanti, da un lato, e le bevande di cui alla domanda di marchio, dall’altro, presentano punti comuni circa gli ingredienti di base e sono venduti sovente fianco a fianco sia nei negozi che sulle liste delle bevande.

51
Si deve tuttavia rilevare, come ha fatto la commissione di ricorso, che il consumatore medio tedesco considera normale e, quindi, si attende che i vini spumanti, da un lato, e le bevande denominate «acque minerali e gassate e altre bevande analcoliche; bevande di frutta e succhi di frutta», dall’altro, provengano da imprese diverse. Più esattamente, i vini spumanti e le dette bevande non possono essere considerati appartenere ad una stessa famiglia di bevande e nemmeno come elementi di una gamma generale di bevande idonee ad avere un’origine commerciale comune.

52
Dinanzi alla commissione di ricorso la ricorrente ha, del resto, citato soltanto un’impresa che produce contemporaneamente vini spumanti e bevande interessate dalla domanda di marchio (v. punto 14 della decisione impugnata). Per quanto riguarda i documenti che ha all’uopo presentato dinanzi al Tribunale per dimostrare l’esistenza di cantine di vini e di vini spumanti tedesche che producono anche succhi di frutta, vini di frutta, vini spumanti di frutta e bevande miste a base di vino, ai punti 37 e 38 di cui sopra è già stato stabilito che non possono essere presi in esame dal Tribunale.

53
Per di più, pur essendo vero che le bevande contemplate dalla domanda di marchio recano la dicitura «acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche, bevande di frutta e succhi di frutta» per cui il termine «analcoliche» non si riferisce alle «bevande di frutta e succhi di frutta», con la conseguenza che, in teoria, queste ultime potrebbero essere considerate includere delle bevande alcoliche, va tuttavia considerato che, in pratica, le parole tedesche «Fruchtgetränke und Fruchtsäfte» utilizzate nell’originale della domanda di marchio, alla stessa stregua, del resto, dei «boissons de fruits et jus de fruits» e dei termini equivalenti nelle altre lingue delle Comunità, sono riservate ai prodotti analcolici. Pertanto, occorre considerare che le bevande contemplate dalla domanda di marchio includono soltanto bevande analcoliche. Del resto, la considerazione della commissione di ricorso secondo la quale il vino spumante «rientra nella categoria delle bevande alcoliche a differenza dei prodotti coperti dal marchio richiesto» (punto 37 della decisione impugnata) non è stata contestata dalla ricorrente.

54
Orbene, i vini spumanti sono bevande alcoliche e, in quanto tali, nettamente distinti dalle bevande analcoliche come quelle contemplate dalla domanda di marchio sia nei negozi che sulle liste delle bevande. Il consumatore medio, che si presume essere normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, è abituato ed è attento a tale separazione tra bevande alcoliche e analcoliche, che del resto è necessaria, poiché taluni consumatori non intendono, ovvero non possono, consumare alcol.

55
Del resto, se è vero che le bevande considerate nella domanda di marchio vengono bevute in occasioni speciali e per essere degustate, esse sono consumate anche, se non addirittura preponderatamente, in altre occasioni e per dissetarsi. In effetti sono piuttosto articoli di consumo corrente. I vini spumanti, per contro, vengono consumati quasi sempre, se non addirittura, unicamente, in occasioni speciali e per esser degustati, e molto meno frequentemente dei prodotti considerati nella domanda di marchio. Essi rientrano, infatti, in un segmento di prezzo molto più elevato di quello delle bevande considerate nella domanda di marchio.

56
Infine, i vini spumanti non costituiscono che una bevanda atipica sostitutiva delle bevande considerate nella domanda di marchio. I prodotti di cui trattasi non possono pertanto essere considerati in rapporto di concorrenza.

57
La circostanza invocata dalla ricorrente secondo la quale i prodotti di cui trattasi possono essere consumati l’uno dopo l’altro o anche essere mescolati non è tale da modificare la valutazione formulata nei punti precedenti. Infatti, tale circostanza si applica a molte bevande che non sono pertanto simili (v. per esempio il rum e la cola).

58
Lo stesso vale per la circostanza invocata dalla ricorrente secondo la quale la pubblicità dei prodotti di cui trattasi mostra sempre una persona che prova un momento di benessere nel bere la bevanda reclamizzata in quanto tale circostanza si applica pressoché a tutte le bevande, anche le più diverse tra loro.

59
Alla luce di quanto precede, si deve concludere che gli elementi di dissomiglianza tra i prodotti considerati prevalgono sugli elementi di somiglianza. Tuttavia, le differenze riscontrate fra questi non sono tali da escludere, di per sé, la possibilità di un rischio di confusione, in particolare nell’ipotesi in cui sussista identità del segno richiesto con un marchio anteriore il cui carattere distintivo è particolarmente forte (v. punto 48 supra).

Sui segni in considerazione

60
Dal punto 48 della decisione impugnata risulta che la commissione di ricorso per quanto riguarda il marchio anteriore ha basato il suo confronto tra i segni in considerazione sulla forma riprodotta sopra al punto 7, per il motivo che questa forma non differisce dalla forma registrata del marchio anteriore, cioè quella figurante sopra al punto 4, con la conseguenza che il suo carattere distintivo ne risulterebbe alterato.

61
Non è necessario decidere se, così facendo, la commissione di ricorso sia incorsa in errore. Infatti, le differenze tra le due forme contemplate nel punto precedente non sono tali da modificare il risultato del confronto dei segni in considerazione né, pertanto, quello della valutazione del rischio di confusione, come verrà qui di seguito esposto.

62
Da una costante giurisprudenza risulta che la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, auditiva o concettuale dei marchi contrapposti, sull’impressione complessiva prodotta da questi ultimi, tenendo particolarmente conto dei loro elementi distintivi e dominanti [v. sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T‑292/01, Phillips-Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), Racc. pag. I‑4335, punto 47, e la citata giurisprudenza].

63
Sui piani visivo e auditivo, si deve rilevare che, nelle due forme del marchio anteriore sopra contemplate al punto 60, l’elemento verbale «linderhof» occupa un posto preponderante. L’elemento verbale consistente nell’espressione «vita somnium breve» occupa un posto secondario, nella misura in cui esso è scritto in caratteri considerevolmente più piccoli di quelli utilizzati per la parola «linderhof». Questo elemento verbale è pertanto accessorio rispetto all’elemento verbale dominante «linderhof» [v., in questo senso, sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑104/01, Oberhauser/UAMI – Petit Liberto (Fifties), Racc. pag. II‑4359, punto 36]. Per quanto riguarda gli elementi verbali «trocken» e «sekt», si deve rilevare che il consumatore medio tedesco comprenderà immediatamente che essi servono soltanto ad indicare che si tratta, rispettivamente, di un vino secco e di un vino spumante. Entro questi limiti, anche tali elementi sono accessori rispetto all’elemento «linderhof». Infine, per quanto riguarda gli elementi figurativi delle due forme del marchio anteriore di cui al punto 60 supra, essi sono meramente decorativi. Nemmeno essi sono quindi idonei a contrastare la preponderanza dell’elemento «linderhof».

64
Poiché l’elemento «linderhof» nel marchio anteriore è preponderante, esso dev’essere considerato simile al marchio richiesto sul piano visivo e auditivo. Infatti, le differenze visive e auditive tra i termini «linderhof» e «lindenhof» non sono tali da essere immediatamente percepite dal consumatore medio tedesco.

65
Sul piano concettuale si deve constatare che, al punto 52 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che il termine «linderhof» rinvia al castello di «Linderhof» del re Luigi II di Baviera, mentre il termine «lindenhof» significa «corte di tigli».

66
A questo proposito va rilevato che, sebbene, effettivamente, una certa dissomiglianza concettuale possa essere rilevata, è dubbio che il consumatore medio tedesco arrivi a percepirla. Inoltre, non è dato attendersi che il consumatore medio in Germania conosca il detto castello di «Linderhof». Orbene, il consumatore che non lo conosca, percepirà piuttosto una somiglianza concettuale tra i termini «lindenhof» e «linderhof», in quanto, in entrambi i casi, penserà ad una «corte» o a una «tenuta».

67
Ciò considerato, si deve concludere per una somiglanza concettuale tra i due segni.

68
Da ciò consegue che i segni devono essere considerati somiglianti.

Sul rischio di confusione

69
Al punto 55 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha concluso che, pur avendo constatato una grande somiglianza auditiva tra i segni di cui trattasi, non sussiste, alla luce del carattere distintivo normale del marchio anteriore e della manifesta distanza tra i prodotti in considerazione, alcun significativo rischio di confusione nella percezione del pubblico destinatario in Germania, tanto più che non è la parte marginale del pubblico frettoloso e superficiale a far fede, nella specie, ma il consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.

70
Questa conclusione non è inficiata da errore.

71
Infatti, il Tribunale ritiene che le dissomiglianze dei prodotti di cui trattasi, sopra rilevate ai punti 51‑56, prevalgano sulla somiglianza dei segni di cui trattasi, con la conseguenza che il consumatore medio tedesco non crederà che i primi, rivestiti dei secondi abbiano la stessa origine commerciale. Del resto, come risulta sopra dal punto 42, il marchio anteriore non può considerarsi avere un forte carattere distintivo.

72
Ne consegue che, respingendo il ricorso avverso la decisione della divisione di opposizione, a causa dell’assenza di rischio di confusione, la commissione di ricorso non ha violato l’art. 8, n. 1, lett. d), del regolamento n. 40/94.

73
Pertanto, il motivo unico invocato dalla ricorrente non può essere accolto.

74
Il ricorso va pertanto respinto senza che si renda necessario esaminare il motivo invocato dall’interveniente.


Sulle spese

75
A norma dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, il soccombente è condannato alle spese se ne viene fatto domanda.

76
Nella specie, la ricorrente è rimasta soccombente. L’Ufficio chiede che la ricorrente sia condannata alle spese e l’interveniente chiede che la ricorrente sia condannata alle spese sostenute dall’interveniente. Si deve pertanto condannare la ricorrente sia alle spese dell’Ufficio sia a quelle dell’interveniente.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La ricorrente è condannata alle spese.

Pirrung

Meij

Forwood

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 febbraio 2005.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

J. Pirrung


1
Lingua processuale: il tedesco.