Language of document : ECLI:EU:T:2005:73

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
1° marzo 2005 (1)

«Marchio comunitario – Procedimento di opposizione – Domanda di registrazione di marchio comunitario denominativo ENZO FUSCO – Marchio comunitario denominativo anteriore ANTONIO FUSCO – Rischio di confusione – Somiglianza dei segni – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94»

Nella causa T-185/03,

Vincenzo Fusco, residente a Sarmeola di Rubano, rappresentato dall'avv. B. Saguatti,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. O. Montalto e P. Bullock, in qualità di agenti,

convenuto,

altra parte nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell'UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Antonio Fusco International SA Lussemburgo, succursale di Lugano, con sede in Lugano (Svizzera), rappresentata dagli avv.ti  M. Bosshard, S. Verea e K. Muraro,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell'UAMI 17 marzo 2003 nel procedimento R 1023/2001-4,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),



composto dai sigg. J. Pirrung, presidente, A.W.H. Meij e N.J. Forwood, giudici,

cancelliere: sig.ra B. Pastor, cancelliere aggiunto

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 27 maggio 2003,

visto il controricorso dell'UAMI depositato nella cancelleria del Tribunale il 17 settembre 2003,

visto il controricorso dell'interveniente depositato nella cancelleria del Tribunale il 10 settembre 2003,

vista la replica del ricorrente depositata nella cancelleria del Tribunale il 5 novembre 2003,

in seguito all'udienza del 22 giugno 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Fatti della controversia

1
Il 21 gennaio 1998 il ricorrente ha presentato una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), in forza del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1).

2
Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo ENZO FUSCO.

3
I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione appartengono alle classi 3, 9, 18, 24 e 25 dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi per la registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di queste classi, alla seguente descrizione:

«saponi; profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per i capelli, dentifrici» (classe 3);

«occhiali, astucci per occhiali» (classe 9);

«cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; borse e zaini; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio» (classe 18);

«tessuti e prodotti tessili non compresi in altre classi; coperte da letto e copritavoli» (classe 24);

«articoli di abbigliamento, calzature, cappelleria» (classe 25).

4
La domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 2/1999 dell’11 gennaio 1999.

5
L’8 aprile 1999 l’interveniente ha proposto opposizione ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94 contro il marchio richiesto.

6
Il marchio fatto valere a sostegno dell’opposizione consiste nel marchio comunitario denominativo ANTONIO FUSCO, depositato il 10 ottobre 1997 e registrato l’8 marzo 1999.

7
I prodotti per i quali questo marchio anteriore è stato registrato corrispondono alle descrizioni seguenti:

«preparati per la sbianca e altre sostanze per il bucato; preparati per pulire, lucidare, sgrassare e abradere; saponi; profumeria, olii essenziali, cosmetici, lozioni per capelli; dentifrici» (classe 3);

«occhiali; apparecchi e strumenti scientifici, nautici, geodetici, elettrici, fotografici, cinematografici, ottici, di pesata, di misura, di segnalazione, di controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e d’insegnamento; apparecchi per la registrazione, la trasmissione, la riproduzione del suono o delle immagini; supporti di registrazione magnetica, dischi acustici; distributori automatici e meccanismi per apparecchi di prepagamento; registratori di cassa, macchine calcolatrici, corredo per il trattamento dell’informazione e gli elaboratori elettronici; estintori» (classe 9);

«metalli preziosi e loro leghe e prodotti in tali materie o placcati non compresi in altre classi; gioielleria, pietre preziose; orologeria e strumenti cronometrici» (classe 14);

«cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria» (classe 18);

«mobili, specchi, cornici; prodotti, non compresi in altre classi, in legno, sughero, canna, giunco, vimini, corno, osso, avorio, balena, tartaruga, ambra, madreperla, spuma di mare, succedanei di tutte queste materie o in materie plastiche» (classe 20);

«tessuti e prodotti tessili non compresi in altre classi; coperte da letto e copritavoli» (classe 24);

«articoli di abbigliamento, calzature, cappelleria» (classe 25).

8
Con decisione 28 settembre 2001 la divisione di opposizione ha respinto la domanda di registrazione sulla base dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

9
Il 5 dicembre 2001 il ricorrente ha presentato un ricorso dinanzi all’UAMI contro la decisione della divisione di opposizione.

10
Con decisione 17 marzo 2003 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto il ricorso. Essa ha considerato, in sostanza, che il cognome «Fusco», presente in ambedue i segni e che, in Italia, non era né raro né particolarmente diffuso, avesse un carattere maggiormente distintivo rispetto ai nomi «Antonio» ed «Enzo», che erano entrambi nomi comuni. Essa ha definito il grado di somiglianza dei segni né basso né elevato, bensì medio. Poiché i prodotti designati erano identici, la commissione di ricorso ha concluso che la presenza dell’elemento verbale «Fusco» nei due segni rendeva plausibile un rischio di confusione nel pubblico del settore interessato.


Conclusioni delle parti

11
Nel ricorso, il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

in via principale, annullare la decisione impugnata della commissione di ricorso;

dichiarare che il marchio comunitario richiesto ENZO FUSCO può essere registrato;

in subordine, ove ritenga che i segni siano tra loro confondibili, precisare quale sia l’esatto ambito di applicazione territoriale della decisione;

sempre in via principale, dichiarare che la procedura di trasformazione di cui all’art. 108 del regolamento n. 40/94 non risulterà preclusa se non con riferimento al territorio per il quale dovesse essere esplicitamente riconosciuta la sussistenza di un rischio di confusione;

condannare l’UAMI e l’interveniente alle spese o, in subordine, disporre la compensazione delle stesse.

12
All’udienza il ricorrente ha rinunciato al secondo e terzo capo della sua domanda, cosa di cui il Tribunale ha preso atto. Egli ha anche ammesso che il quarto capo della domanda riguarda una questione futura che si porrebbe solo qualora il ricorso fosse respinto.

13
L’UAMI e l’interveniente concludono che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare il ricorrente alle spese.


In diritto

Sulla ricevibilità

Argomenti delle parti

14
L’interveniente rileva che la firma dell’avvocato che figura in calce al ricorso è diversa da quella apposta in calce alla procura alle liti. Inoltre, le copie del ricorso non sarebbero state certificate conformi da un avvocato iscritto al foro di uno Stato membro. All’udienza l’interveniente ha presentato al Tribunale tre documenti comprendenti perizie grafologiche per giustificare il fatto che riteneva necessario sollevare la questione dell’autenticità della firma dell’avvocato del ricorrente.

15
Nella replica nonché all’udienza, l’avvocato del ricorrente ha affermato che la firma apposta in calce al ricorso e quella apposta per autentica in calce alla procura alle liti sono entrambe sue: l’una è in forma leggibile e per esteso, l’altra è apposta sotto forma di sigla. Inoltre, il ricorrente allega alla replica sette copie del ricorso certificate conformi dal suo avvocato.

16
Il ricorrente ha contestato in quanto tardiva la produzione delle tre perizie grafologiche. L’UAMI ha indicato che era incline a condividere questa tesi.

Giudizio del Tribunale

17
Poiché l’avvocato del ricorrente ha affermato che le firme che figurano sul ricorso e sulla procura alle liti sono sue ed i grafologi, nelle loro perizie, hanno sottolineato che le firme in base alle quali essi hanno emesso il loro parere non consentono di escludere che queste firme provengono dalla stessa persona, il Tribunale ritiene che non vada accolta la prima eccezione di irricevibilità sollevata dall’interveniente, senza che esso debba pronunciarsi sul carattere tardivo o meno della presentazione delle perizie grafologiche.

18
Per quanto riguarda le copie certificate conformi, è sufficiente rilevare che il ricorrente ha regolarizzato il ricorso.

Sulla domanda di annullamento

Argomenti delle parti

19
A sostegno della sua domanda di annullamento, il ricorrente deduce un motivo unico, relativo alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

20
Le parti non contestano il fatto che i prodotti coperti dai marchi in conflitto siano identici. Per il resto, le parti fanno riferimento esclusivamente al mercato italiano.

21
Il ricorrente fa valere, in sostanza, che la commissione di ricorso ha applicato in maniera errata i principi che disciplinano la valutazione del rischio di confusione.

22
In primo luogo, il ricorrente addebita alla commissione di ricorso un’errata interpretazione del principio secondo cui la comparazione dei segni contesi dev’essere condotta in maniera unitaria e sintetica, tenendo conto dell’impressione complessiva da essi prodotta. A suo parere, la commissione di ricorso ha ingiustamente incentrato la sua analisi comparativa solamente sull’elemento «Fusco».

23
In secondo luogo, il ricorrente considera che la commissione di ricorso ha basato il suo ragionamento su un teorema aprioristico in base al quale, in un marchio composto di un nome e di un cognome, l’elemento dominante e distintivo è sempre costituito dal cognome. Egli ritiene che la valutazione di segni siffatti debba avvenire sulla scorta degli stessi principi che disciplinano il raffronto degli altri segni. All’udienza, il ricorrente ha fatto riferimento a una serie di recenti sentenze di tribunali tedeschi e spagnoli, secondo cui il consumatore medio contemporaneo non considera, a priori, che un cognome costituisce l’elemento dominante di un segno composto secondo la formula «nome + cognome».

24
In terzo luogo, il ricorrente fa valere che la commissione di ricorso ha basato la decisione impugnata su fatti inesatti. Innanzi tutto, contrariamente a quanto la commissione di ricorso ha esposto nella sua decisione, il cognome «Fusco» non è un cognome a scarsa diffusione, ma un cognome mediamente diffuso. Inoltre, i nomi «Antonio» ed «Enzo», se è vero che sono comuni in Italia, sarebbero pur sempre ben diversi tra loro. Secondo il ricorrente, l’identità del cognome contenuto in ciascuno dei segni di cui trattasi è attenuata dalla differenza dei nomi «Enzo» e «Antonio», nonché dalla circostanza che «Fusco» è un cognome mediamente diffuso in Italia.

25
In quarto luogo, secondo il ricorrente, il consumatore italiano di prodotti di abbigliamento è particolarmente attento e avveduto e sarà perfettamente in grado di associare i prodotti cui si riferiscono, rispettivamente, i marchi in conflitto a due diversi stilisti, senza rischio di confonderne l’origine. Il ricorrente contesta la tesi della commissione di ricorso, secondo cui siffatta capacità di discernimento potrebbe essere eventualmente il frutto di un processo di apprendimento nel tempo, ma non è innata.

26
In quinto luogo, la commissione di ricorso non avrebbe tenuto conto della pertinenza del fattore «notorietà» dei marchi di cui trattasi. Quanto, anzitutto, al marchio anteriore, quest’ultimo non godrebbe di alcuna notorietà. Poiché il marchio anteriore non era noto, il grado di somiglianza tra i marchi opposti non sarebbe sufficientemente elevato da far ritenere che sussista un rischio di confusione. Inoltre, la commissione di ricorso avrebbe dovuto tener conto del fatto che il marchio ENZO FUSCO è protetto in Italia dal 1982 e che il ricorrente è uno stilista che esercita la sua attività da più di trent’anni.

27
L’UAMI ribatte che la commissione di ricorso ha applicato correttamente i principi guida in materia di comparazione dei segni in conflitto. Esso sottolinea in particolare che il cognome «Fusco» costituisce l’elemento dominante di ciascuno dei segni per i motivi esposti nella decisione impugnata.

28
Secondo l’interveniente, il cognome costituisce il principale segno distintivo «civile» di una persona e viene perciò percepito dal consumatore come l’elemento dominante di un marchio costituito secondo la formula «nome + cognome». Inoltre, l’interveniente ritiene che, di fronte ai marchi in conflitto, il consumatore possa credere che esista un legame familiare tra i titolari dei due marchi. A sostegno di questa tesi, essa fa valere diverse sentenze pronunciate dai tribunali italiani in materia.

29
Per quanto riguarda la notorietà dei segni di cui trattasi, l’UAMI e l’interveniente ritengono, in sostanza, che gli argomenti dedotti dal ricorrente siano inoperanti.

Giudizio del Tribunale

30
Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza del detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato.

31
Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente legate tra loro.

32
Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione dev’essere valutato globalmente, secondo la percezione che il pubblico pertinente ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi e tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi designati [v. sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punti 31-33, e la giurisprudenza menzionata].

    Sul pubblico destinatario

33
Nella fattispecie, il marchio anteriore è un marchio comunitario. Ne deriva che il territorio in cui il marchio anteriore è tutelato è quello della Comunità europea. Tuttavia, dal carattere unitario del marchio comunitario, sancito all’art. 1, n. 2, del regolamento n. 40/94, deriva che un marchio comunitario anteriore riceve la stessa tutela in tutti gli Stati membri. I marchi comunitari anteriori sono quindi opponibili a qualsiasi domanda di marchio successiva lesiva della loro tutela, se non altro in relazione alla percezione dei consumatori di una parte del territorio comunitario. Ne deriva che il principio sancito all’art. 7, n. 2, del regolamento n. 40/94, secondo il quale, per rifiutare la registrazione di un marchio, è sufficiente che un impedimento assoluto alla registrazione esista soltanto per una parte della Comunità, si applica per analogia anche nel caso di un impedimento relativo alla registrazione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

34
Benché la commissione di ricorso abbia fatto riferimento, al punto 15 della decisione impugnata, al consumatore «del territorio comunitario», dall’insieme del ragionamento che segue deriva che la commissione di ricorso si è limitata ad esaminare il solo mercato italiano. Così, al punto 20 della decisione impugnata, essa fa riferimento ai dati statistici relativi alla frequenza del cognome «Fusco» nel territorio italiano. Al punto 22 di questa decisione essa esamina la percezione che ha il «consumatore italiano» del marchio anteriore. Dal contesto deriva che il punto 23 della decisione impugnata riguarda unicamente la percezione dei consumatori italiani, benché non vi figuri esplicitamente un riferimento al mercato italiano. Questo paragrafo contiene infatti un ragionamento parallelo a quello del punto precedente, che si riferisce esplicitamente al mercato italiano.

35
Inoltre, gli argomenti dedotti dalle parti si riferiscono solo al territorio italiano.

36
Ne deriva che occorre limitare l’esame della decisione impugnata al solo rischio di confusione nella mente del consumatore italiano.

37
Né la commissione di ricorso né la divisione di opposizione dell’UAMI si sono pronunciate esplicitamente sulla composizione del pubblico pertinente. Deriva tuttavia dalla decisione della divisione di opposizione che questa ha valutato il rischio di confusione in relazione alla percezione di un consumatore medio, che si ritiene sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. La commissione di ricorso ha implicitamente approvato questa conclusione, senza che il ricorrente o l’interveniente l’abbiano rimessa in discussione.

38
Ne deriva che il Tribunale deve valutare il rischio di confusione rispetto alla percezione di un consumatore italiano medio e non specializzato.

    Sulla somiglianza dei prodotti

39
Le parti non hanno contestato la conclusione della commissione di ricorso secondo cui i prodotti designati dai marchi di cui trattasi sono identici. Pertanto, il Tribunale ritiene che si debba partire da questa premessa.

    Sulla somiglianza dei segni

40
È pacifico tra le parti che il consumatore italiano percepisce i segni nel senso che presentano una struttura identica, consistente in un nome seguito da un cognome («nome + cognome»).

41
Sia sul piano visivo sia sul piano fonetico i segni in conflitto si assomigliano a causa della presenza del cognome «Fusco» in entrambi. Per contro, essi si distinguono per i nomi che precedono questo termine, ossia «Antonio» e «Enzo», il quale ultimo è il diminutivo del nome Vincenzo. Le parti concordano sul fatto che questi nomi non si somigliano né sul piano visivo né sul piano auditivo.

42
Sul piano concettuale, il Tribunale rileva che il consumatore, dal fatto che i nomi sono diversi, deduce che le parole «Enzo Fusco», da un lato, e «Antonio Fusco», dall’altro, designano due persone diverse. Inoltre, è pacifico tra le parti che i segni non hanno alcuna relazione semantica con i prodotti che designano, ma sono percepiti come nomi propri.

43
La commissione di ricorso ha ritenuto che l’espressione «Fusco» costituisse l’elemento dominante e distintivo dei due segni, in primo luogo, poiché si tratta di un cognome, in secondo luogo, poiché questo cognome non è particolarmente diffuso in Italia e, in terzo luogo, poiché né «Antonio» né «Enzo» sono nomi insoliti in Italia.

44
La controversia riguarda quindi principalmente la questione se la presenza di nomi diversi sia sufficiente, nella fattispecie, ad escludere un rischio di confusione nella mente del consumatore italiano, tesi sostenuta dal ricorrente, o se, per contro, nei segni di cui trattasi la parola «Fusco» costituisca un elemento dominante al punto da subordinare o da cancellare, nella percezione e nella memoria del consumatore, la presenza dei nomi «Enzo» e «Antonio», i quali, dal canto loro, sono completamente diversi.

45
In via preliminare, occorre rilevare che l’art. 4 del regolamento n. 40/94 stabilisce che possono costituire marchi comunitari tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare i nomi di persone. Gli artt. 7 e 8 di questo regolamento, relativi agli impedimenti alla registrazione, non operano alcuna distinzione tra i segni di natura diversa. La valutazione del rischio di confusione, ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, tra tali segni deve avvenire pertanto in base agli stessi principi che riguardano qualsiasi altro segno. Questo non esclude tuttavia che il fatto che un segno sia costituito da un nome di una persona possa influire sulla percezione di questo segno da parte del pubblico pertinente.

46
Come risulta da una giurisprudenza costante, la valutazione del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta da questi ultimi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [v. sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T‑292/01, Phillips-Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), Racc. pag. II‑4335, punto 47, e la giurisprudenza citata]. Il consumatore solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria (sentenza della Corte 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 26). In generale, sono le caratteristiche dominanti e distintive di un segno quelle che vengono più facilmente memorizzate [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑104/01, Oberhauser/UAMI – Petit Liberto (Fifties), Racc. pag. II‑4359, punti 47 e 48]. Pertanto, la necessità di valutare l’impressione complessiva prodotta da un segno non esclude l’esame di ciascuno dei suoi componenti al fine di determinarne gli elementi dominanti.

47
Ne deriva che la commissione di ricorso, ricercando, da un lato, gli elementi simili e diversi dei segni confrontati e, dall’altro, l’eventuale esistenza di un elemento dominante che fosse più facilmente memorizzato dal consumatore, non ha violato i principi sanciti dalla giurisprudenza.

48
Occorre tuttavia esaminare più dettagliatamente la pertinenza della tesi, accolta dalla commissione di ricorso, secondo cui il cognome «Fusco» costituisce l’elemento dominante dei segni di cui trattasi.

49
A tale riguardo occorre constatare innanzi tutto che, prima facie, nei due segni di cui trattasi, l’espressione «Fusco» non è messa in evidenza né sul piano visivo né sul piano fonetico. Per quanto riguarda il marchio anteriore, il nome «Antonio» figura in testa al segno. Inoltre, sia sul piano visivo sia sul piano fonetico, questa parola è più lunga della parola seguente «Fusco». Per quanto riguarda il nome «Enzo», che figura in testa al segno richiesto, esso è leggermente più breve della parola «Fusco» sul piano visivo, mentre sul piano fonetico le parole «Enzo» e «Fusco», che comprendono ciascuna due sillabe, hanno una lunghezza uguale.

50
L’UAMI e l’interveniente, unitamente alla commissione di ricorso nella decisione impugnata, ritengono tuttavia che, in un segno composto da un nome e da un cognome, quest’ultimo conferisca al marchio il suo carattere distintivo e ne costituisca pertanto l’elemento dominante, a meno che si tratti di un cognome molto diffuso che ha, per tale motivo, un carattere distintivo nettamente ridotto.

51
Il Tribunale constata innanzi tutto che nessuna delle parti ha rimesso in discussione la valutazione della commissione di ricorso secondo cui né il nome «Enzo» né il nome «Antonio» vengono percepiti come più importanti, caratterizzanti o distintivi della parola «Fusco».

52
Occorre rilevare poi che la percezione dei segni costituiti da nomi di persona può variare nei diversi paesi della Comunità europea. Per accertare se, in un determinato paese, il pubblico pertinente attribuisca generalmente maggior carattere distintivo al cognome rispetto al nome, la giurisprudenza di questo paese, benché non sia vincolante per gli organi giurisdizionali comunitari, può fornire indicazioni utili.

53
Nella fattispecie occorre tener conto della percezione che il pubblico pertinente italiano ha dei segni di cui trattasi. A tale riguardo il Tribunale osserva che, come ha rilevato l’interveniente, la giurisprudenza italiana ritiene generalmente che il cognome costituisca il cuore di un segno composto da un nome e da un cognome. Inoltre, non è controverso tra le parti che il cognome «Fusco» non figura tra i cognomi più diffusi in Italia.

54
In tale contesto, il Tribunale considera che non occorre nella fattispecie rimettere in discussione la valutazione della commissione di ricorso, condivisa anche dalla divisione di opposizione, secondo cui il consumatore italiano attribuisce, in generale, maggior carattere distintivo al cognome rispetto al nome presente nei marchi di cui trattasi.

55
Di conseguenza, il Tribunale giudica che i segni di cui trattasi presentano una certa somiglianza poiché il loro elemento più caratteristico è identico. In considerazione degli altri elementi presenti nei segni, ossia i nomi «Antonio» e «Enzo», si tratta tuttavia di una somiglianza che non è né tenue né elevata.

    Sul rischio di confusione

56
Secondo una giurisprudenza costante, la valutazione del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, in particolare la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Pertanto, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi (v., per analogia, sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 17, e, per quanto riguarda l’applicazione del regolamento n. 40/94, sentenza GIORGIO BEVERLY HILLS, cit., punto 32). Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore (v., per analogia, sentenze della Corte 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL, Racc. pag. I-6191, punto 24; Canon, cit., punto 18, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 20).

57
Nella fattispecie, il ricorrente fa valere in primo luogo che il pubblico destinatario è particolarmente attento nell’acquisto dei prodotti di cui trattasi.

58
A tale riguardo, dalla giurisprudenza risulta che il livello di attenzione del consumatore può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (v., per analogia, sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 26). Come ha giustamente rilevato l’UAMI, non è tuttavia sufficiente che il ricorrente affermi, in generale e senza che questa affermazione sia precisata o corroborata da prove, che il livello di attenzione del consumatore dei prodotti di cui trattasi è elevato. Ne deriva che l’argomento del ricorrente, secondo cui il consumatore destinatario è particolarmente attento, non può essere accolto.

59
Il ricorrente ritiene, in secondo luogo, che la commissione di ricorso avrebbe dovuto tener conto del fatto che il marchio anteriore non gode di alcuna notorietà.

60
Il Tribunale constata che l’interveniente non sostiene che il marchio anteriore gode di un carattere distintivo elevato a causa della sua notorietà sul mercato italiano. Tuttavia, l’UAMI e l’interveniente rilevano giustamente che il ricorrente s’inganna circa le conseguenze che occorre trarre dall’eventuale assenza di notorietà del marchio anteriore, sostenendo che il marchio anteriore gode solo, in questo caso, di una tutela affievolita. Infatti, il carattere distintivo del marchio anteriore, sia che derivi dalle qualità intrinseche di questo marchio sia che derivi dalla sua notorietà, dev’essere preso in considerazione per valutare se la somiglianza tra i prodotti o i servizi contraddistinti dai due marchi sia sufficiente per provocare un rischio di confusione (sentenza Canon, cit., punti 18 e 24). Per contro, la notorietà non è una condizione preliminare per la tutela del diritto anteriore.

61
In terzo luogo, il ricorrente ritiene che la commissione di ricorso avrebbe dovuto tener conto del fatto che il marchio ENZO FUSCO è tutelato in Italia dal 1982 e che il ricorrente è uno stilista che esercita la propria attività da più di trent’anni.

62
Su tale punto, la commissione di ricorso, al punto 18 della decisione impugnata, ha indicato che l’acquisto di formali diritti sul marchio ENZO FUSCO in Italia fin dal 1982 era privo di rilevanza pratica ai fini della definizione della vertenza, giacché gli unici titoli da considerare erano i due marchi comunitari di cui trattasi.

63
Questa conclusione dev’essere accolta. Se il ricorrente è titolare di un marchio nazionale che è anteriore al marchio comunitario ANTONIO FUSCO ed è, almeno in sostanza, identico al marchio comunitario richiesto, incomberebbe ad esso, se vi si ritiene legittimato e se lo vuole, chiederne la tutela mediante un procedimento di opposizione o di annullamento o, eventualmente, dinanzi al giudice nazionale competente nell’ambito ammesso dall’art. 106 del regolamento n. 40/94. Per contro, finché il marchio comunitario anteriore ANTONIO FUSCO è effettivamente tutelato, l’esistenza di una registrazione nazionale anteriore a quest’ultima non è pertinente nell’ambito di un’opposizione contro una domanda di marchio comunitario, anche se il marchio comunitario richiesto è identico a un marchio nazionale del ricorrente anteriore al marchio comunitario opposto [v., in tal senso, per quanto riguarda l’esistenza di un impedimento assoluto alla registrazione del marchio anteriore, sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑6/01, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), Racc. pag. II‑4335, punto 55].

64
In quanto l’argomento del ricorrente mira a dimostrare che il carattere distintivo del marchio comunitario anteriore è sminuito dal fatto che questo e il marchio italiano ENZO FUSCO, asseritamente tutelato fin dal 1982, sono coesistiti pacificamente, occorre rilevare che, anche se si accogliesse questa tesi, il periodo di coesistenza di questi due marchi sarebbe stato troppo breve per poter influire sulla percezione del consumatore italiano. Infatti, dal fascicolo risulta che il marchio comunitario anteriore è stato depositato il 10 ottobre 1997 e registrato l’8 marzo 1999. Poiché la domanda di marchio controversa è stata depositata il 21 gennaio 1998, il periodo pertinente non sarebbe durato nemmeno quattro mesi.

65
Infine, per quanto riguarda il percorso professionale e personale del ricorrente o l’eventuale notorietà del nome «Enzo Fusco», il Tribunale constata che il ricorrente non ha fornito gli elementi necessari per consentire di valutare la materialità o anche la pertinenza di questi elementi. Egli ha in particolare omesso di dimostrare come questi elementi influenzerebbero la percezione, da parte del consumatore italiano, dei segni di cui trattasi.

66
Nella valutazione globale del rischio di confusione, una tenue somiglianza dei segni può essere compensata da altri fattori pertinenti quali una forte somiglianza dei prodotti.

67
Nella fattispecie, il Tribunale rileva che il consumatore italiano, per il fatto che attribuisce generalmente un maggiore carattere distintivo al cognome rispetto al nome, memorizza l’elemento «Fusco» piuttosto che i nomi «Antonio» o «Enzo». Inoltre, i prodotti di cui trattasi sono identici. In tale contesto la commissione di ricorso ha potuto constatare senza commettere errori di diritto che un consumatore confrontato a un prodotto munito del marchio richiesto ENZO FUSCO potrebbe confondere quest’ultimo con il marchio anteriore ANTONIO FUSCO, di modo che esiste un rischio di confusione.

68
Poiché il motivo unico relativo alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 non è fondato, occorre respingere la domanda principale del ricorrente.

Sulla domanda in subordine, mirante a far constatare che il procedimento di trasformazione non è precluso

69
Ai sensi dell’art. 108, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94, il richiedente un marchio comunitario può richiedere la trasformazione della sua domanda di marchio comunitario in domanda di marchio nazionale nella misura in cui la domanda di marchio comunitario è respinta.

70
Nella fattispecie occorre constatare che il ricorrente non ha ancora chiesto la trasformazione della sua domanda di marchio comunitario. Ora, la domanda in subordine mira, in sostanza, a che il Tribunale constati, in via preliminare e senza relazione con un atto impugnabile ai sensi dell’art. 63 del regolamento n. 40/94, l’esistenza di un obbligo dell’UAMI.

71
Poiché una tale constatazione non rientra nella competenza del Tribunale, la domanda in subordine è irricevibile.


Sulle spese

72
Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI e l’interveniente ne hanno fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
Il ricorrente è condannato alle spese.

Pirrung

Meij

Forwood

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 1° marzo 2005.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

J. Pirrung


1
Lingua processuale: l'italiano.