Language of document : ECLI:EU:C:2013:714

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 7 novembre 2013 (1)

Causa C‑604/12

H. N.

contro

Minister for Justice, Equality and Law Reform


[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court (Irlanda)]

«Sistema europeo comune di asilo – Direttiva 2004/83/CE – Norme minime sulle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria – Direttiva 2005/85/CE – Norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato – Norma procedurale nazionale che subordina l’esame di una domanda di protezione sussidiaria al preventivo rigetto di una domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato – Ammissibilità – Rispetto del diritto a una buona amministrazione – Celerità e imparzialità della procedura d’esame»





1.        Il presente rinvio pregiudiziale solleva ancora una volta la questione dell’organizzazione della procedura di riconoscimento della protezione internazionale in Irlanda e si inserisce nel solco delle sentenze M. (2) e D. e A. (3).

2.        In particolare, la Supreme Court (Corte suprema) (Irlanda) chiede alla Corte se una norma procedurale nazionale che subordina l’esame di una domanda di protezione sussidiaria al preventivo rigetto di una domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato soddisfi i requisiti della direttiva 2004/83/CE (4) e, segnatamente, il principio di buona amministrazione sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (5).

3.        La protezione sussidiaria è una protezione internazionale che, a norma dell’articolo 2, lettera e), della direttiva 2004/83, si rivolge ai cittadini di un paese terzo che non possiedono i requisiti per essere riconosciuti come rifugiati, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, una volta ritornati nel loro paese di origine, correrebbero un rischio effettivo di subire un grave danno.

4.        Nel quadro del sistema europeo comune di asilo, la protezione sussidiaria integra le norme relative allo status di rifugiato previste dalla Convenzione sullo status dei rifugiati (6). La maggior parte degli Stati membri ha quindi previsto un procedimento unico nell’ambito del quale la domanda d’asilo presentata dall’interessato è esaminata alla luce delle due forme di protezione internazionale. L’Irlanda, dal canto suo, ha mantenuto un sistema più articolato prevedendo due procedimenti distinti. Una domanda di protezione sussidiaria può così essere presentata in Irlanda soltanto dopo la conclusione del procedimento volto a ottenere lo status di rifugiato e dopo che il Minister for Justice, Equality and Law Reform (Ministero della Giustizia, delle Pari opportunità e delle Riforme legislative) ha notificato all’interessato la sua intenzione di adottare nei suoi confronti un decreto di accompagnamento coattivo alla frontiera. Nell’ambito di tale sistema – come d’altronde nell’ambito di tutti gli altri sistemi –, un individuo non può proporre un’autonoma domanda volta a ottenere il solo beneficio della protezione sussidiaria.

5.        Il Minister for Justice, Equality and Law Reform ha respinto la domanda di protezione sussidiaria presentata dal sig. N. sulla base di tale normativa.

6.        Quest’ultimo è un cittadino pachistano che risiede in Irlanda dal 2003. Il sig. N. ha inizialmente beneficiato di un visto per studenti prima di ottenere un titolo di soggiorno valido sino al 31 dicembre 2005 per aver sposato una cittadina irlandese. Il 23 febbraio 2006, il Minister for Justice, Equality and Law Reform gli ha notificato la sua intenzione di adottare un decreto di accompagnamento coattivo alla frontiera sulla base del fatto che il suo titolo di soggiorno non era stato rinnovato essendosi egli separato dalla moglie. Il sig. N. è tuttavia rimasto in Irlanda come studente e ha conseguito nel 2007 un diploma in scienze economiche. Egli ha inoltre agito contro il Minister for Justice, Equality and Law Reform e contro lo Stato irlandese sostenendo che la normativa in materia di accompagnamento coattivo alla frontiera era in parte incostituzionale.

7.        Il sig. N. non ha mai presentato domanda di asilo in Irlanda. Egli spiega di non temere di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale e di non essere pertanto un rifugiato ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2004/83. Tuttavia, egli sostiene che rischierebbe di subire un grave danno ove dovesse essere rinviato in Pakistan in considerazione in particolare del clima di indiscriminata violenza che regna nella valle dello Swat, dove risiede la sua famiglia.

8.        Il 16 giugno 2009 il sig. N. ha quindi presentato una domanda di protezione sussidiaria. Il Minister for Justice, Equality and Law Reform ha respinto tale domanda sulla base del fatto che egli non aveva preliminarmente richiesto il beneficio dello status di rifugiato. A seguito del rigetto del ricorso di annullamento che egli aveva introdotto contro tale decisione davanti alla High Court (Irlanda), il sig. N. ha presentato ricorso in cassazione dinanzi alla Supreme Court.

9.        Dal momento che tale norma procedurale nazionale solleva dubbi quanto all’efficacia, all’imparzialità e alla durata del procedimento, la Supreme Court ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la direttiva 2004/83 (...), interpretata alla luce del principio di buona amministrazione nel diritto dell’Unione europea e, segnatamente, come disposto dall’articolo 41 della Carta (...), consenta ad uno Stato membro di disporre nella sua normativa che una domanda di riconoscimento dello status di protezione sussidiaria possa essere presa in considerazione unicamente se il richiedente ha chiesto lo status di rifugiato, ai sensi del diritto nazionale, e tale status gli è stato negato».

10.      In altre parole, nel quadro dell’attuazione della direttiva 2004/83, il rispetto del diritto a una buona amministrazione obbliga uno Stato membro a istituire un procedimento autonomo ai fini dell’ottenimento dello status di beneficiario della protezione sussidiaria?

11.      Benché la questione sottoposta alla Corte dal giudice del rinvio verta sulla compatibilità della normativa irlandese con il diritto dell’Unione, essa riguarda, in realtà, una norma procedurale che incontriamo in tutti gli Stati membri. Infatti, a prescindere dalla struttura del procedimento in esame, che si tratti di uno sportello unico o di un procedimento come quello oggetto del procedimento principale, l’autorità nazionale competente esamina sempre se l’interessato sia ammissibile al riconoscimento dello status di rifugiato prima di verificare se possa beneficiare di una protezione sussidiaria. In tal senso, il procedimento irlandese non si differenzia molto dai procedimenti istituiti negli altri Stati membri. Inoltre, nessuno dei sistemi prevede ad oggi la presentazione di un procedimento autonomo ai fini della concessione della protezione sussidiaria.

12.      Nelle presenti conclusioni esporrò le ragioni per cui ritengo che, nell’ambito della procedura di esame di una domanda di asilo, il principio di buona amministrazione debba anzitutto garantire una corretta individuazione delle esigenze di protezione internazionale, il che necessita di una valutazione completa della domanda alla luce delle due forme di protezione internazionale. Spiegherò, quindi, perché sono convinto che, imponendo un esame preliminare dal punto di vista delle condizioni fissate per l’ottenimento dello status di rifugiato, la norma procedurale controversa permetta di garantire a chi richiede legittimamente una protezione internazionale il riconoscimento di uno status appropriato e l’effettivo accesso ai diritti che gli sono conferiti dalla direttiva 2004/83, e ciò sulla base di un esame conforme allo spirito e alle norme che disciplinano il sistema europeo comune di asilo.

I –    Diritto irlandese

13.      In Irlanda, il procedimento di esame di una domanda di protezione internazionale è caratterizzato da numerosi passaggi procedurali.

14.      Le norme procedurali relative alle domande volte all’ottenimento dello status di rifugiato sono fissate dalla legge del 1996 sui rifugiati (Refugee Act 1996) (7).

15.      A norma dell’articolo 8 della legge sui rifugiati, la domanda di asilo viene presentata al Refugee Applications Commissioner. L’articolo 11 di tale legge stabilisce che un membro dell’Office of the Refugee Applications Commissioner (ufficio del commissario competente per le domande di asilo) ha il compito di conferire con il richiedente, di effettuare le indagini e di raccogliere le informazioni necessarie. Detto membro redige quindi una relazione con la quale formula una raccomandazione positiva o negativa quanto al riconoscimento dello status di rifugiato al richiedente interessato e trasmette tale relazione al Minister for Justice, Equality and Law Reform (8).

16.      A norma dell’articolo 17, paragrafo 1, della legge sui rifugiati, se la raccomandazione del Refugee Applications Commissioner è positiva, il Minister for Justice, Equality and Law Reform è tenuto a riconoscere lo status di rifugiato al richiedente interessato. Qualora venga raccomandato di non concedere lo status di rifugiato al richiedente, quest’ultimo può, a norma dell’articolo 16 della legge in parola, impugnare la raccomandazione dinanzi al Refugee Appeals Tribunal (Irlanda). Qualora esso accolga la domanda del richiedente e ritenga che la raccomandazione debba essere positiva, il Minister for Justice, Equality and Law Reform è tenuto, in conformità dell’articolo 17, paragrafo 1, della legge di cui trattasi, a riconoscere lo status di rifugiato. In caso contrario, se il Refugee Appeals Tribunal conferma la raccomandazione negativa del Refugee Applications Commissioner, il Minister mantiene il potere discrezionale di decidere se riconoscere o meno il suddetto status.

17.      Ai sensi dell’articolo 5 della legge del 2000 sull’immigrazione clandestina, i richiedenti asilo possono contestare la fondatezza delle raccomandazioni del Refugee Applications Commissioner e delle decisioni del Refugee Appeals Tribunal dinanzi alla High Court, fatte salve le condizioni speciali applicabili ai procedimenti in materia di domande d’asilo. In base alla suddetta disposizione, è possibile proporre impugnazione avverso la decisione della High Court dinanzi alla Supreme Court solo se la High Court stessa ha pronunciato una sentenza che autorizza l’impugnazione («certificate of leave to appeal»).

18.      Quando la domanda d’asilo è respinta definitivamente, il Minister for Justice, Equality and Law Reform può notificare all’interessato la sua intenzione di adottare un decreto di accompagnamento coattivo alla frontiera («proposal to deport»), a norma dell’articolo 3, paragrafo 3, della legge del 1999 sull’immigrazione.

19.      A questo punto del procedimento trovano applicazione le norme procedurali che disciplinano le domande di protezione sussidiaria. Tali norme sono contenute nel regolamento del 2006 relativo alle Comunità europee (condizioni per la protezione) [European Communities (Eligibility for Protection) Regulations 2006], adottato dal Minister for Justice, Equality and Law Reform il 9 ottobre 2006 e avente ad oggetto in particolare il recepimento della direttiva 2004/83 (9).

20.      A norma dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento del 2006, la notifica del Minister for Justice, Equality and Law Reform è corredata da un parere che informa l’interessato che egli può richiedere lo status di beneficiario della protezione sussidiaria nonché un’autorizzazione temporanea a rimanere nel territorio («application for leave to remain»). A tal fine, vengono allegati alla suddetta lettera una nota informativa sulla protezione sussidiaria e il modulo di presentazione della domanda. Oltre ai dati personali, il richiedente è invitato a trasmettere tutta la documentazione supplementare e ad esporre in dettaglio i motivi riguardanti specificamente le circostanze invocate a sostegno della domanda di protezione sussidiaria indicando, segnatamente, il grave danno che egli potrebbe subire una volta ritornato nel suo paese d’origine.

21.      Il Minister for Justice, Equality and Law Reform decide della domanda di protezione sussidiaria mediante decisione motivata. Quest’ultima può formare oggetto di un ricorso di annullamento.

22.      A norma dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento del 2006, il Minister for Justice, Equality and Law Reform non è tenuto a esaminare una domanda di protezione sussidiaria proposta da una persona la cui domanda d’asilo non sia stata respinta. Nella sua sentenza del 9 luglio 2010, Izevbeckhai and Others/Minister for Justice, Equality and Law Reform (10), la Supreme Court ha indicato che, a norma di tale disposizione, il Minister for Justice, Equality and Law Reform può esaminare soltanto le domande di protezione sussidiaria introdotte da persone la cui domanda di asilo sia stata, in precedenza, respinta.

II – Analisi

23.      Ricordo che, con la sua questione, il giudice del rinvio chiede essenzialmente alla Corte se una norma procedurale nazionale che subordina l’esame di una domanda di protezione sussidiaria al preventivo rigetto di una domanda volta ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato soddisfi i requisiti della direttiva 2004/83 e, in particolare, il principio di buona amministrazione sancito all’articolo 41 della Carta.

24.      A mio parere, tale questione richiede una risposta chiaramente affermativa.

A –    Osservazioni preliminari

25.      Prima di esaminare la questione, desidero formulare due osservazioni.

26.      In primo luogo, la questione sottoposta alla Corte dal giudice del rinvio impone di tener conto di norme di legge ulteriori rispetto a quelle espressamente considerate dalla Supreme Court nella sua decisione di rinvio (11). Mentre quest’ultima incentra la sua questione sui diritti accordati al richiedente asilo dalla direttiva 2004/83 e dall’articolo 41 della Carta, ritengo che occorra ricordare anche le norme che disciplinano la procedura di riconoscimento della protezione internazionale contenute nella direttiva 2005/85/CE (12).

27.      Infatti, la direttiva 2004/83, attraverso il suo contenuto e la sua finalità, non intende fissare le norme procedurali applicabili all’esame di una domanda di protezione internazionale né quindi stabilire le garanzie procedurali che devono essere, a tal fine, concesse al richiedente asilo (13). Tale direttiva ha come unico obiettivo quello di fissare criteri comuni a tutti gli Stati membri quanto alle condizioni che devono essere soddisfatte dai cittadini di paesi terzi per poter beneficiare di una protezione internazionale (14) e quanto al contenuto materiale di tale protezione (15). È in questo contesto che la direttiva 2004/83 individua al suo articolo 2, lettere c) ed e), le persone ammissibili al riconoscimento dello status di rifugiato e dello status di beneficiario della protezione sussidiaria e, al suo capo VII, i diritti connessi a ciascuno di tali status.

28.      Le norme procedurali relative all’esame di una domanda di protezione internazionale sono fissate, a loro volta, dalla direttiva 2005/85. A norma del suo articolo 1, quest’ultima ha l’obiettivo di stabilire norme minime comuni a tutti gli Stati membri quanto alla procedura di riconoscimento e di revoca dello status di rifugiato e definisce, ai suoi capi II e III, i diritti e gli obblighi procedurali gravanti sul richiedente e sullo Stato membro riguardo all’esame di una domanda di protezione internazionale.

29.      Di conseguenza, valuterò la compatibilità della normativa controversa con il diritto dell’Unione non soltanto alla luce dei termini e della finalità della direttiva 2004/83, ma altresì tenendo conto delle disposizioni previste nella direttiva 2005/85.

30.      In secondo luogo, la questione sottoposta alla Corte dal giudice del rinvio impone di tener conto dell’autonomia procedurale di cui dispone l’Irlanda in merito all’organizzazione dell’esame delle domande di protezione internazionale. Occorre infatti precisare che, allo stato del diritto applicabile alla presente controversia, l’Unione europea non disciplina le modalità procedurali di esame di una domanda di protezione sussidiaria quando tale esame si inserisce in un procedimento distinto rispetto a quello volto all’ottenimento dello status di rifugiato.

31.      Al pari della direttiva 2004/83, la direttiva 2005/85 mira ad attuare un’armonizzazione minima delle norme. Essa riconosce di conseguenza agli Stati membri un margine di discrezionalità nell’attuazione delle sue disposizioni, in particolare quanto all’organizzazione del trattamento delle domande d’asilo (16). Inoltre, a norma del suo articolo 3, la direttiva in parola si applica unicamente qualora lo Stato membro esamini una domanda volta all’ottenimento dello status di rifugiato oppure ove tale Stato abbia istituito un procedimento unico nel quale esso esamina una domanda alla luce delle due forme di protezione internazionale, vale a dire quella relativa allo status di rifugiato e quella attinente alla protezione sussidiaria.

32.      La direttiva 2005/85 accorda quindi agli Stati membri ampio spazio per organizzare la procedura di esame di una domanda di protezione sussidiaria ove essi scelgano di valutare la domanda di cui trattasi nell’ambito di un procedimento distinto rispetto a quello volto all’ottenimento dello status di rifugiato, come accade in Irlanda.

33.      Tuttavia, tale rinvio all’autonomia procedurale degli Stati membri è tradizionalmente temperato dall’obbligo di rispettare i principi di equivalenza e di effettività (17) e dalla necessità di garantire il rispetto dei diritti fondamentali.

34.      Il principio di equivalenza impone che le norme di procedura adottate in tale contesto dagli Stati membri non siano meno favorevoli di quelle previste per un’azione simile fondata sul diritto nazionale. Nel caso di specie, tale questione non si pone.

35.      Quanto al principio di effettività, esso richiede che le modalità procedurali non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione all’interessato. Nell’ambito della presente causa occorrerà di conseguenza esaminare se la norma procedurale controversa garantisca un accesso effettivo delle persone che richiedono una protezione internazionale ai diritti che sono loro conferiti dalla direttiva 2004/83.

36.      Nell’adottare decisioni rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, gli Stati membri sono peraltro tenuti a garantire il rispetto dei diritti fondamentali e dei principi generali di tale diritto. È il caso delle decisioni relative all’esame di una domanda di protezione sussidiaria (18). Non vi è quindi dubbio che le autorità irlandesi devono garantire il rispetto del diritto degli interessati ad una buona amministrazione non soltanto perché tale diritto rappresenta un principio generale del diritto dell’Unione (19), ma anche perché si tratta di un diritto fondamentale sancito dall’articolo 41 della Carta. Ritengo infatti che, benché la formulazione dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta si riferisca ai rapporti tra singoli e «istituzioni, organi e organismi dell’Unione» (20), il diritto a una buona amministrazione si imponga negli stessi termini agli Stati membri quando essi danno attuazione al diritto dell’Unione (21).

37.      È alla luce di tali elementi che mi appresto ora a verificare se la norma procedurale controversa sia compatibile con i requisiti della direttiva 2004/83 soddisfacendo i principi di effettività e di buona amministrazione.

B –    Sul rispetto del principio di effettività

38.      Ritengo che la normativa controversa garantisca al richiedente asilo un accesso effettivo ai diritti che gli sono accordati dalla direttiva 2004/83 sulla base di un esame conforme allo spirito e ai testi di legge che disciplinano il sistema europeo comune di asilo.

39.      In primis, richiedendo un preventivo esame della domanda di protezione internazionale alla luce delle condizioni che definiscono lo status di rifugiato, tale norma garantisce pienamente il rispetto dell’articolo 78 TFUE.

40.      Occorre ricordare che le direttive 2004/83 e 2005/85 sono state adottate sul fondamento dell’articolo 63, primo comma, punto 1, CE (nuovo articolo 78 TFUE), in forza del quale il Consiglio dell’Unione europea era competente ad adottare misure in materia di asilo in base ad un’applicazione integrale e globale della Convenzione di Ginevra (22). Le due direttive in parola contribuiscono quindi alla creazione di un sistema europeo comune di asilo che, a norma del nuovo articolo 78, paragrafo 1, TFUE, deve essere conforme a detta convenzione.

41.      La convenzione in parola costituisce un trattato di diritto internazionale, che, in quanto tale, dispone di forza vincolante nei confronti di tutte le parti contraenti tra le quali rientrano gli Stati membri dell’Unione. Come riconosciuto dal legislatore dell’Unione al considerando 3 della direttiva 2004/83, essa costituisce il fondamento o meglio la «pietra angolare» del diritto internazionale dei rifugiati, definendo la nozione stessa di rifugiato e i diritti e gli obblighi connessi a tale status. È ad integrazione delle regole stabilite nell’ambito della Convenzione di Ginevra che il legislatore dell’Unione ha introdotto altre forme di protezione internazionale, tra le quali rientra la protezione sussidiaria. L’articolo 78, paragrafo 2, lettere a) e b), TFUE precisa così che il Parlamento europeo e il Consiglio adottano le misure relative a un sistema europeo comune di asilo le quali includono non soltanto «uno status uniforme in materia di asilo a favore di cittadini di paesi terzi, valido in tutta l’Unione», ma anche «uno status uniforme in materia di protezione sussidiaria per i cittadini di paesi terzi che, pur senza il beneficio dell’asilo europeo, necessitano di protezione internazionale» (23).

42.      L’uso del termine «sussidiaria» e il dettato dell’articolo 2, lettera e), della direttiva 2004/83 indicano così, senza ambiguità, che lo status conferito dalla protezione sussidiaria si rivolge ai cittadini dei paesi terzi che non soddisfano le condizioni richieste per la concessione dello status di rifugiato (24). L’articolo 2, lettera b), della direttiva 2005/85 aggiunge peraltro che tutte le domande di protezione internazionale presentate sulla base della direttiva 2004/83 sono considerate domande di asilo ai sensi della Convenzione di Ginevra.

43.      Di conseguenza, introducendo una forma sussidiaria di protezione nel sistema europeo comune di asilo, il legislatore dell’Unione non intende dare la possibilità di scegliere tra l’una e l’altra forma di protezione internazionale. Il suo obiettivo è di garantire il «primato» della Convenzione di Ginevra assicurando che le forme sussidiarie di protezione istituite dall’Unione non erodano la sua portata essenziale. Una tale finalità risulta chiaramente dai lavori preparatori della direttiva 2004/83. Nella sua proposta di direttiva (25), la Commissione europea ha indicato esplicitamente che «l’esame volto a stabilire se un richiedente soddisfa le condizioni per potere accedere alla protezione sussidiaria dovrà generalmente essere intrapreso soltanto dopo che sia stato accertato che l’interessato non ha diritto alla qualifica di rifugiato» (26), fondandosi la Commissione sulla necessità di garantire un’«applicazione, in ogni sua componente, della Convenzione di Ginevra» (27) e sulla necessità di non indebolire il regime stabilito da quest’ultima.

44.      In linea di principio, occorre esaminare anzitutto la protezione offerta dallo status di rifugiato poiché è a integrazione delle norme stabilite nell’ambito della convenzione in parola che il legislatore dell’Unione ha introdotto altre forme di protezione internazionale qualificate come «sussidiarie», «complementari» o ancora «temporanee» (28).

45.      Occorre osservare che una siffatta interpretazione si impone anche quando è evidente che il richiedente non può essere considerato un rifugiato ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2004/83, come deduce il sig. N. nella causa in esame. Infatti, in una ipotesi del genere, l’articolo 23, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2005/85 prevede espressamente che lo Stato membro possa accelerare l’esame relativo alle condizioni richieste ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, ma, in nessun caso, il legislatore dell’Unione lo esonera da tale esame preliminare (29), a ragione. Solo tale esame permette di concedere all’interessato uno «status appropriato», a norma dell’articolo 78, paragrafo 1, TFUE. Esso permette, infatti, a ciascuno Stato membro di procedere a una valutazione completa della domanda al fine di stabilire correttamente le esigenze di protezione internazionale dell’interessato. Ciò richiede che l’autorità nazionale accertante, prima di esaminare la domanda di protezione sussidiaria, possa sincerarsi che la minaccia di cui l’interessato ritiene di essere vittima non rientra nella «persecuzione», ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2004/83 e che non occorra riconoscergli lo status di rifugiato.

46.      A questo proposito, non si deve dimenticare che, nella vigenza della direttiva 2004/83, lo status di rifugiato riconosce diritti e vantaggi economici e sociali più ampi rispetto a quelli derivanti dalla concessione di una protezione sussidiaria (30). Di conseguenza, tale esame preliminare permette anche di garantire il massimo dei diritti a favore dell’interessato. Come osservato dalla Corte nella citata sentenza M., la natura dei diritti connessi allo status di rifugiato e quella dei diritti inerenti allo status di beneficiario della protezione sussidiaria sono infatti diverse (31). Nel suo capo VII, recante il titolo «Contenuto della protezione internazionale», la direttiva 2004/83 distingue a seconda che la persona interessata sia un rifugiato o benefici della protezione sussidiaria (32). Per quanto attiene ai beneficiari della protezione sussidiaria, essa autorizza gli Stati membri ad adottare condizioni più restrittive circa il rilascio dei permessi di soggiorno o dei documenti di viaggio (33). Così, mentre gli Stati membri sono tenuti a riconoscere ai rifugiati un permesso di soggiorno della durata minima di tre anni, essi possono limitare la durata di tale permesso a un anno quando è rilasciato a favore di un individuo che beneficia della protezione sussidiaria. La direttiva in parola autorizza inoltre gli Stati membri a limitare l’accesso a taluni diritti economici e sociali, quali l’accesso al mercato del lavoro o all’assistenza sociale (34). Così, benché gli Stati membri siano tenuti a riconoscere ai beneficiari della protezione internazionale un’adeguata assistenza sociale, alla stregua dei cittadini nazionali, quando si tratta di beneficiari della protezione sussidiaria essi possono tuttavia limitare l’assistenza sociale alle prestazioni essenziali.

47.      Va riconosciuto che è nell’interesse stesso di ogni richiedente asilo che la sua domanda sia esaminata alla luce delle condizioni che definiscono lo status di rifugiato. Non comprendo quindi le ragioni alla base del modo di procedere del sig. N. nella presente causa.

48.      A tale riguardo, ritengo che non spetti al richiedente asilo stabilire lo status più appropriato alla sua situazione. Ciò rientra nella competenza esclusiva dell’autorità nazionale accertante che, sulla base delle informazioni raccolte presso l’interessato e i servizi, istruisce la domanda a norma delle regole fissate nel quadro delle direttive 2004/83 e 2005/85.

49.      Si deve ricordare che la decisione attesa ha un’importanza vitale per chi legittimamente cerca protezione internazionale. Non si deve neppure dimenticare che egli si trova in una situazione estremamente difficile dal punto di vista umano e materiale e che il procedimento cui egli dà avvio dinanzi alle autorità statali deve permettergli di preservare i suoi diritti più essenziali. Orbene, è poco probabile che l’interessato sia sempre in grado di stabilire se la situazione nella quale si trova si rapporti ai criteri fissati per il riconoscimento dello status di rifugiato o soddisfi piuttosto le condizioni previste per la concessione di una protezione sussidiaria. Può essere molto difficile tracciare una linea di demarcazione tra le due forme di protezione internazionale, in particolare nelle situazioni caratterizzate da violenza indiscriminata nei confronti di determinati gruppi, il che impone sempre alle autorità nazionali accertanti di procedere a un esame dettagliato e rigoroso delle dichiarazioni e degli elementi di prova presentati dal richiedente. Si deve anche tener conto della situazione di sudditanza psicologica nella quale il richiedente asilo può trovarsi e delle difficoltà che egli può incontrare, a causa ad esempio della sua lingua, non solo per comprendere le norme procedurali ma anche per conoscere i diritti e gli obblighi su di lui gravanti. A tal proposito, sono molti coloro che non avranno i mezzi per avere un’assistenza giudiziaria. Non possiamo pertanto correre il rischio che un individuo in cerca di protezione ometta di presentare domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato pur avendone diritto.

50.      Non dobbiamo infine dimenticare che il suddetto esame preliminare permette di concludere il procedimento volto al riconoscimento di una protezione internazionale garantendo che non venga presentata nessun’altra domanda all’interno dell’Unione e limitando, per l’effetto, i movimenti secondari dei richiedenti asilo sul territorio dell’Unione, fenomeno questo meglio conosciuto come «asylum shopping» (35).

51.      Dato l’insieme degli elementi che precedono, mi risulta difficile condividere le opinioni espresse dal sig. N. e dalla Commissione nelle loro osservazioni. Questi ultimi ritengono infatti che, tenuto conto dei testi di legge applicabili, l’Irlanda dovrebbe introdurre un procedimento autonomo volto all’ottenimento dello status di beneficiario della protezione sussidiaria.

52.      Alla luce delle considerazioni che precedono, una siffatta interpretazione delle norme di diritto rischierebbe, a mio avviso, di travisare lo spirito su cui si fonda il sistema europeo comune di asilo e, in particolare, l’obiettivo e la lettera dell’articolo 78 TFUE e delle direttive 2004/83 e 2005/85.

53.      Essa rischierebbe anzitutto di ledere il primato della Convenzione di Ginevra dal momento che le forme sussidiarie di protezione potrebbero finire per indebolire la portata essenziale di tale convenzione. Inoltre, essa rischierebbe di minare l’armonizzazione delle norme di diritto che il legislatore dell’Unione ambisce a conseguire (36), alimentando così i movimenti secondari dei richiedenti asilo che l’Unione si è impegnata a contrastare. Infatti, come osserva il governo tedesco nelle sue osservazioni, non possiamo escludere il rischio che un richiedente asilo chieda di beneficiare della protezione sussidiaria in uno Stato membro diverso da quello responsabile della procedura d’asilo e che una stessa situazione sia esaminata parallelamente in due Stati membri da due punti di vista giuridici differenti.

54.      Inoltre, ed è senz’altro l’argomento più forte, l’introduzione di un procedimento autonomo non permetterebbe di garantire una valutazione completa della domanda di protezione internazionale che è tuttavia garanzia dei diritti accordati al richiedente asilo nell’ambito della direttiva 2004/83. In altri termini, rischieremmo di arrecare un grave colpo alla tutela dei diritti fondamentali delle persone maggiormente vulnerabili. Il sistema che la Commissione difende porta, infatti, a correre un rischio calcolato su un passaggio indispensabile alla garanzia dei diritti degli interessati. È vero che la Commissione ha fatto notare all’udienza che la situazione in cui l’interessato non presenta domanda sarebbe marginale. Ebbene, è un argomento che mi rifiuto di prendere in considerazione, perché è evidente che i diritti fondamentali della persona non possono essere scalfiti adducendo la motivazione che solo un piccolo numero di persone ne sarebbe vittima.

55.      Ritengo infine che, al di là dell’assenza di fondamento giuridico, non abbia alcun senso imporre all’Irlanda di introdurre una procedura autonoma ai fini dell’ottenimento dello status di beneficiario della protezione sussidiaria, laddove invece gli Stati membri devono ora dotarsi di uno «sportello unico». La mia valutazione non potrà infatti dirsi completa qualora si omettesse di menzionare gli obiettivi perseguiti dal legislatore dell’Unione nell’ambito della seconda fase del sistema europeo comune di asilo, e in particolare nella nuova direttiva 2013/32, anche se tale testo di legge non trova applicazione alla fattispecie oggetto del procedimento principale (37).

56.      Infatti, a norma del suo considerando 11, la direttiva in parola instaura una procedura unica onde garantire una valutazione completa ed efficiente delle esigenze di protezione internazionale dei richiedenti asilo. L’articolo 10, paragrafo 2, della suddetta direttiva prevede ora che, «[n]ell’esaminare una domanda di protezione internazionale, l’autorità accertante determina anzitutto se al richiedente sia attribuibile la qualifica di rifugiato e, in caso contrario, se l’interessato sia ammissibile alla protezione sussidiaria» (38). La previsione di una procedura unica non è più soltanto una facoltà, com’era nella vigenza della direttiva 2005/85, ma costituisce oggi un obbligo che permette anche al legislatore dell’Unione di semplificare e razionalizzare le procedure di esame delle domande di asilo e di alleggerire l’onere amministrativo gravante sugli Stati membri.

57.      Tali elementi dimostrano, se ce ne fosse bisogno, che il richiedente asilo non dispone – e non deve disporre – della facoltà di scelta tra l’una e l’altra forma di protezione internazionale. Come giustamente rilevato dal governo belga all’udienza, il riconoscimento di una protezione internazionale non deve dunque dipendere da una valutazione soggettiva del richiedente e costui non deve poterne disporre considerati gli interessi reali o presunti. La sua domanda deve necessariamente essere esaminata alla luce dei criteri di ammissione allo status di rifugiato e soltanto se non è ammissibile a tale status egli può allora richiedere di beneficiare di una forma sussidiaria di protezione. Il suddetto esame è richiesto a prescindere dalla struttura della procedura adottata dallo Stato membro, che si tratti di uno sportello unico o di un sistema come quello oggetto del procedimento principale, dal momento che, sul punto, le due procedure si distinguono ben poco.

58.      Alla luce delle considerazioni che precedono, sono quindi convinto che la norma procedurale controversa garantisca al richiedente asilo un accesso effettivo ai diritti che gli sono attribuiti dalla direttiva 2004/83, nel rispetto del principio di effettività.

59.      Ritengo altresì che una normativa siffatta garantisca una buona amministrazione della domanda di protezione internazionale, posto che essa impone che quest’ultima venga preliminarmente esaminata alla luce delle condizioni che definiscono lo status di rifugiato.

C –    Sul rispetto del diritto a una buona amministrazione

60.      Ai sensi del considerando 10 della direttiva 2004/83 e del considerando 8 della direttiva 2005/85, il legislatore dell’Unione si è impegnato a rispettare i diritti fondamentali nella definizione di norme sostanziali e procedurali relative alla concessione di una protezione internazionale. Questi ha dunque provveduto affinché le autorità nazionali competenti garantissero all’interessato il suo diritto a una buona amministrazione, prevedendo, in concreto, nel capo II della direttiva 2005/85, taluni obblighi procedurali a loro carico.

61.      Certamente, come abbiamo visto, gli Stati membri non sono tenuti ad applicare tali garanzie procedurali all’esame di una domanda di protezione sussidiaria quando tale domanda si inserisce in un procedimento amministrativo distinto da quello volto alla concessione dello status di rifugiato. Ciò deriva dai limiti al campo di applicazione della direttiva 2005/85. Ricordo tuttavia che gli Stati membri sono tenuti a garantire il rispetto del diritto dell’interessato a una buona amministrazione dal momento che, da una parte, il riconoscimento di una protezione sussidiaria rientra nel campo di applicazione del diritto dell’Unione e, dall’altra, il diritto a una buona amministrazione rappresenta non soltanto un principio generale di diritto dell’Unione ma anche un diritto fondamentale.

62.      La portata del diritto in parola è estremamente ampia.

63.      A norma dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, il diritto a una buona amministrazione impone il «diritto [di ogni persona] a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole». In forza dell’articolo 41, paragrafo 2, della Carta, tale diritto comprende, «in particolare», il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio (39), il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale, e l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni. Come osservato dalla Corte nella citata sentenza M., tale norma è, in base al suo tenore letterale, di applicazione generale (40).

64.      Nell’ambito del sistema europeo comune di asilo, il diritto a una buona amministrazione è sancito dal capo II della direttiva 2005/85. Esso si concretizza attraverso il riconoscimento di obblighi procedurali in capo all’amministrazione e attraverso l’instaurazione di una stretta collaborazione tra essa e il richiedente asilo. Il diritto a una buona amministrazione deve così permettere di stabilire correttamente le esigenze di protezione internazionale dell’interessato. A tal fine, l’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/85 impone che l’autorità nazionale accertante esamini la domanda di protezione internazionale in modo individuale, obiettivo ed imparziale. L’articolo 23, paragrafo 2, primo comma, della direttiva in parola richiede inoltre che la procedura di cui trattasi sia espletata quanto prima possibile, sulla base di un esame adeguato e completo degli elementi fattuali e circostanziali sui quali si fonda la domanda. Infine, a norma degli articoli 10 e 13 della direttiva 2005/85, l’autorità nazionale accertante deve garantire il rispetto del diritto dell’interessato di essere sentito attraverso incontri personali nel corso dei quali questi deve poter spiegare il proprio contesto personale in piena riservatezza e, se necessario, con l’ausilio di un interprete. Ancora una volta, l’insieme di tali obblighi procedurali ha l’obiettivo di garantire all’interessato la concessione di uno status appropriato a norma dell’articolo 78, paragrafo 1, TFUE, oltre all’accesso effettivo ai diritti a lui conferiti dalla direttiva 2004/83.

65.      Orbene, abbiamo visto che la norma procedurale controversa, richiedendo un preventivo esame della domanda dal punto di vista delle condizioni stabilite per il riconoscimento dello status di rifugiato, contribuisce pienamente a tali obiettivi.

66.      Tuttavia, il sig. N. e la Commissione affermano che la norma procedurale di cui trattasi non garantisce l’imparzialità e la celerità dell’esame.

67.      Da una parte, essi osservano che, a causa di tale disciplina, il richiedente una protezione sussidiaria deve seguire una serie di passaggi procedurali che allungano inevitabilmente la durata, già eccessiva, dei procedimenti in Irlanda. La Commissione osserva, a questo proposito, che la normativa in parola «impone al richiedente di prendere parte a una finzione» (41) quando presenta la sua domanda volta all’ottenimento dello status di rifugiato o, ancora, «[lo obbliga] a ricorrere alla formalità di una procedura destinata a fallire» (42), il che ritarderebbe inevitabilmente l’esame della sua domanda di protezione sussidiaria.

68.      Dall’altra, il sig. N. e la Commissione ritengono che la norma procedurale non soddisfi l’esigenza di imparzialità dal momento che la domanda di protezione sussidiaria viene presentata quando il Minister for Justice, Equality and Law Reform non solo ha respinto la richiesta volta all’ottenimento dello status di rifugiato, ma è anche sul punto di emettere un decreto di accompagnamento alla frontiera a suo carico. Di conseguenza, secondo la Commissione, il procedimento sarebbe «già orientato verso l’allontanamento [e il Minister for Justice, Equality and Law Reform sarebbe] in una disposizione di spirito favorevole all’espulsione» (43), contraria alle esigenze di equità e imparzialità.

69.      Pur condividendo le preoccupazioni espresse per quanto attiene alla durata dei procedimenti di esame delle domande di asilo in Irlanda (44), ritengo tuttavia che le critiche sollevate a tal proposito dal sig. N. e dalla Commissione riguardino non tanto la normativa controversa quanto piuttosto l’architettura della procedura nel suo insieme. Essa aggiunge in effetti un passaggio procedurale, posto che l’autorità nazionale accertante è tenuta a esaminare la domanda di protezione internazionale alla luce delle condizioni fissate dall’articolo 2, lettera c), della direttiva 2004/83 ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato ed eventualmente alla luce di quelle previste all’articolo 2, lettera e), di tale direttiva ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria. Penso però che la rapidità della procedura contribuisce non soltanto alla certezza giuridica del richiedente ma anche alla sua integrazione.

70.      Tuttavia, abbiamo visto che tale esame rappresenta una premessa indispensabile di cui gli Stati membri non possono fare a meno senza privare l’interessato dei diritti a lui conferiti dalla direttiva 2004/83 e senza violare lo spirito sul quale si fonda il sistema europeo comune di asilo.

71.      D’altro canto, tale esame preliminare non mi sembra essere la fonte dei ritardi eccessivi del procedimento poiché, in base ai dati a mia disposizione, il ritardo si concentra piuttosto nella fase di esame della domanda di protezione sussidiaria (45). A tal proposito, occorre osservare che tale esame preventivo non comporta ritardi eccessivi nell’ambito dei procedimenti avviati negli altri Stati membri. Pertanto, non penso che escludere l’esame della domanda sotto l’aspetto dei requisiti che determinano lo status di rifugiato sia giustificato da un risparmio di tempo. Tale esame è in compenso necessario ad assicurare la garanzia e la completezza dei diritti.

72.      Esaminiamo ora i timori espressi dal sig. N. e dalla Commissione circa l’imparzialità della procedura.

73.      In base alla giurisprudenza costante della Corte, l’esigenza di imparzialità riveste due aspetti, quello dell’imparzialità soggettiva e quello dell’imparzialità oggettiva. L’imparzialità soggettiva impone che nessuno dei membri dell’istituzione interessata manifesti in alcun modo opinioni preconcette o pregiudizi personali, dovendosi presumere l’imparzialità personale sino a prova contraria. Quanto all’imparzialità oggettiva, essa esige che l’istituzione offra garanzie sufficienti per escludere al riguardo qualsiasi legittimo dubbio (46).

74.      Occorre osservare anzitutto che non esiste alcun elemento nel fascicolo idoneo a rimettere in discussione l’imparzialità personale del Minister for Justice, Equality and Law Reform, dato che il sig. N. non indica a tal proposito alcun elemento atto ad alimentare la mia analisi.

75.      D’altro canto, non condivido i timori espressi quanto all’imparzialità obiettiva della procedura.

76.      Da una parte, si deve ricordare ancora una volta che, a prescindere dalla struttura del procedimento, l’esame di una domanda di protezione sussidiaria avviene sempre dopo una decisione di rigetto dello status di rifugiato.

77.      Dall’altra, si deve osservare che, quando il Minister for Justice, Equality and Law Reform inizia l’esame di una domanda di protezione sussidiaria, questi non ha ancora adottato la decisione di accompagnamento coattivo alla frontiera nei confronti dell’interessato. A norma dell’articolo 3, paragrafo 3, della legge del 1999 sull’immigrazione, il Minister for Justice, Equality and Law Reform ha soltanto notificato la sua intenzione di adottare una simile decisione. Tale notifica è volta a spiegare all’interessato che, a seguito del rigetto della sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, egli non dispone più di un titolo legittimo che gli permetta di rimanere nel territorio, conseguenza questa che riscontriamo in tutti gli Stati membri. Essa deve altresì informarlo dei diritti di cui egli dispone a tale stadio del procedimento. In particolare e a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento del 2006, tale notifica informa l’interessato del fatto che egli può richiedere lo status di beneficiario della protezione sussidiaria nonché un’autorizzazione temporanea a rimanere nel territorio. Essa è pertanto accompagnata da una nota informativa sulla protezione sussidiaria e da un formulario per la presentazione della domanda. Oltre ai dati personali, il richiedente è invitato a trasmettere tutta la documentazione supplementare e a esporre in dettaglio i motivi riguardanti specificamente le circostanze invocate a sostegno della domanda di protezione sussidiaria indicando, in particolare, il grave danno che il richiedente potrebbe subire una volta rientrato nel proprio paese d’origine. Alla luce di tali elementi, mi sembra difficile imputare al Minister for Justice, Equality and Law Reform una «disposizione di spirito favorevole all’espulsione», dal momento che il riconoscimento della protezione sussidiaria permette all’interessato di ottenere un permesso di soggiorno regolare sul territorio.

78.      Infine, non condivido le osservazioni della Commissione a detta delle quali tale normativa «impo[rrebbe] al richiedente di prendere parte a una finzione» o ancora «[lo obbligherebbe] a ricorrere alla formalità di una procedura destinata a fallire», il che inficerebbe l’efficacia della procedura. Occorre infatti ricordare l’obiettivo di tale procedura. Non siamo nell’ambito di un classico procedimento amministrativo volto, ad esempio, alla concessione di una detrazione fiscale o di un’autorizzazione edilizia. Il procedimento amministrativo è volto al riconoscimento di un diritto fondamentale, quale è il diritto di asilo, e tale esame deve permettere di adottare una decisione di importanza vitale per chi legittimamente chiede una protezione internazionale. Non si tratta quindi di «costringerlo» ad avviare una procedura amministrativa supplementare, quanto piuttosto di assicurargli un esame completo della sua domanda e di garantirgli i diritti più appropriati alla sua situazione nello Stato membro ospitante. Non si tratta neppure di prendere parte a una finzione, perché, comunque stiano le cose, è talvolta molto difficile stabilire con certezza, nella fase preliminare del procedimento, se un individuo rischi, una volta ritornato nel suo paese d’origine, di essere «perseguitato», ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2004/83, o di subire un «grave danno», ai sensi dell’articolo 2, lettera e), di tale direttiva, come peraltro dimostra a sufficienza il contenzioso dinanzi alla Corte.

79.      Alla luce di tali elementi, ritengo quindi che la norma procedurale controversa, richiedendo un esame preliminare della domanda di protezione internazionale alla luce delle condizioni che definiscono lo status di rifugiato, risponda al principio di buona amministrazione come sancito dall’articolo 41 della Carta.

80.      Ciò non toglie che l’Irlanda sia comunque tenuta a organizzare la sua procedura in modo tale che le domande di asilo siano esaminate nel modo più efficace possibile, in linea con l’obiettivo di celerità perseguito dalla direttiva 2005/85. A tal proposito, a norma dell’articolo 23, paragrafo 4, della direttiva 2005/85, gli Stati membri possono accelerare la procedura di esame relativa alle condizioni fissate per ottenere lo status di rifugiato quando è evidente che il richiedente non può essere considerato tale o quando la domanda è manifestamente poco convincente in ragione di dichiarazioni poco plausibili o insufficienti.

81.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo quindi alla Corte di dichiarare che la direttiva 2004/83, letta alla luce, da una parte, delle norme e delle garanzie procedurali stabilite nell’ambito della direttiva 2005/85 e, dall’altra, del principio di buona amministrazione, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una norma procedurale nazionale che subordina l’esame di una domanda di protezione sussidiaria al preventivo rigetto di una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato.

III – Conclusione

82.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla Supreme Court nel seguente modo:

La direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, letta alla luce, da una parte, delle norme e delle garanzie procedurali stabilite nell’ambito della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, e, dall’altra, del principio di buona amministrazione, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una norma procedurale nazionale che subordina l’esame di una domanda di protezione sussidiaria al preventivo rigetto di una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Sentenza del 22 novembre 2012 (C‑277/11).


3 – Sentenza del 31 gennaio 2013 (C‑175/11).


4 – Direttiva del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 304, pag. 12, e rettifica in GU 2005, L 204, pag. 24).


5 – In prosieguo: la «Carta».


6 –      Tale convenzione, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Raccolta dei Trattati delle Nazioni Unite, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954) (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»)], è entrata in vigore il 22 aprile 1954. Essa è stata completata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati del 31 gennaio 1967, entrato in vigore il 4 ottobre 1967.


7 – Legge come modificata dall’articolo 11, paragrafo 1, della legge del 1999 sull’immigrazione (Immigration Act 1999), dall’articolo 9 della legge del 2000 sull’immigrazione clandestina [Illegal Immigrants (Trafficking) Act 2000], e dall’articolo 7 della legge del 2003 sull’immigrazione (Immigration Act 2003) (in prosieguo: la «legge sui rifugiati»).


8 – Articolo 13 di tale legge.


9 – In prosieguo: il «regolamento del 2006».


10 – [2010] IESC 44.


11 – Ricordo che da una giurisprudenza costante risulta che spetta alla Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione con i giudici nazionali creata dall’articolo 267 TFUE, fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli. In tale prospettiva, la Corte può prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare le sue questioni pregiudiziali nella misura in cui tali norme siano necessarie ai fini dell’esame della causa principale [v., in particolare, sentenza dell’8 dicembre 2011, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑157/10, Racc. pag. I‑13023, punti da 18 a 20 e la giurisprudenza ivi citata)].


12 – Direttiva del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU L 326, pag. 13, e rettifica in GU 2006, L 236, pag. 36).


13 – Sentenza M., cit., punto 73.


14 – V. articolo 1 della direttiva in parola.


15 – V. paragrafo 19 delle mie conclusioni nella causa che ha dato luogo alla sentenza M., cit., nonché sentenza M., cit., punto 72.


16 – V., a questo proposito, considerando 11 della direttiva 2005/85 e sentenza D. e A., cit., punti da 62 a 66.


17 – V., in particolare, sentenze del 15 gennaio 2013, Križan e a. (C‑416/10, punto 85 e la giurisprudenza ivi citata), e del 10 settembre 2013, G. e R. (C‑383/13 PPU, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata).


18 – V., a questo proposito, articolo 6, paragrafo 3, TUE. V., altresì, sentenze del 21 dicembre 2011, N. S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, Racc. pag. I‑13905, punto 77 e la giurisprudenza ivi citata); del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, punti da 18 a 21), nonché G. e R., cit., punto 35 e la giurisprudenza ivi citata. V. altresì paragrafo 111 delle mie conclusioni nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 6 settembre 2011, Scattolon (C‑108/10, Racc. pag. I‑7491), nonché paragrafi 32 e 114 delle mie conclusioni nella causa che ha dato luogo alla sentenza M., cit.


19 – V. spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17), afferenti al suo articolo 41, secondo le quali:


      «[l]’articolo 41 è basato sull’esistenza dell’Unione in quanto comunità di diritto, le cui caratteristiche sono state sviluppate dalla giurisprudenza che ha consacrato segnatamente la buona amministrazione come principio generale di diritto [v., tra l’altro, la sentenza della Corte del 31 marzo 1992, causa C‑255/90 P, Burban, Racc. pag. I‑2253]».


      V. anche sentenza del 18 dicembre 2008, Sopropé (C‑349/07, Racc. pag. I‑10369, punti 33 e 38).


20 – V. sentenza del 21 dicembre 2011, Cicala (C‑482/10, Racc. pag. I‑14139, punto 28).


21 – V. spiegazioni relative alla Carta, attinenti all’articolo 51, paragrafo 1 di questa, e sentenze del 15 novembre 2011, Dereci e a. (C‑256/11, Racc. pag. I‑11315, punto 72), nonché M., cit., punti da 82 a 84.


22 – V, considerando 2 della direttiva 2004/83.


23 –      Il corsivo è mio.


24 – V. considerando 5 e 24 della direttiva 2004/83.


25 – Proposta di direttiva del Consiglio recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi ed apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto dello status di protezione [COM (2001) 510 def.].


26 –      Pag. 15.


27 –      Idem. Nel suo parere in merito alla «Proposta di direttiva del Consiglio concernente le norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi ed apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, e relative al contenuto dello status di protezione» (GU 2002, C 221, pag. 43), il Comitato economico e sociale europeo ha inoltre evidenziato la «regola di priorità, ricordata dalla Commissione stessa, in base alla quale è sempre lo status di rifugiato che dovrebbe innanzitutto essere preso in considerazione al momento dell’esame della richiesta, mentre la protezione sussidiaria non può essere un mezzo per indebolire la protezione conferita dallo status di rifugiato» (punto 2.3.5).


28 –      V. direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi (GU L 212, pag. 12).


29 –      Tale disposizione stabilisce quanto segue:


      «Gli Stati membri possono (...) prevedere che una procedura d’esame sia valutata in via prioritaria o accelerata conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, se:


      (...)


      b) il richiedente chiaramente non può essere considerato rifugiato (...) in uno Stato membro a norma della direttiva 2004/83 (...)».


30 – La direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU L 180, pag. 60), elimina le differenze esistenti tra la portata dei diritti accordati rispettivamente ai rifugiati e ai beneficiari di una protezione sussidiaria che non possono più essere considerate come giustificate. Gli emendamenti riguardano la durata dei permessi di soggiorno, l’accesso all’assistenza sociale, all’assistenza sanitaria e al mercato del lavoro.


31 – V. punto 92 di tale sentenza.


32 – Tale capitolo illustra in particolare le condizioni alle quali i beneficiari di una protezione internazionale possono ottenere un permesso di soggiorno e i documenti di viaggio e possono avere accesso all’occupazione, all’istruzione, all’assistenza sociale e all’assistenza sanitaria e all’alloggio.


33 – V., rispettivamente, articoli 24 e 25 di tale direttiva.


34 – V., rispettivamente, articoli 26 e 28 della direttiva 2004/83.


35 – Tale fenomeno è nato in ragione delle differenze esistenti fra gli Stati membri quanto al riconoscimento di una protezione internazionale. Esso descrive la situazione di un richiedente asilo che, entrato in uno Stato membro responsabile dell’esame della sua domanda di protezione internazionale, decide tuttavia di presentarla in un altro Stato membro poiché quest’ultimo offre maggiori possibilità di successo o perché le condizioni di accesso gli sembrano più favorevoli.


36 – V. in particolare considerando 6 e 7 della direttiva 2004/83, considerando da 3 a 6 della direttiva 2005/85, considerando da 8 a 10, 12 e 13 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 337, pag. 9), e il considerando 13 della direttiva 2013/32.


37 –      La direttiva 2013/32 è entrata in vigore il 19 luglio 2013. Tuttavia, come indica il suo considerando 58, l’Irlanda non è vincolata ad essa a norma degli articoli 1, 2 e 4 bis, paragrafo 1, del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia allegato al TUE e al TFUE.


38 – V. altresì considerando 22 della direttiva 2013/32. Il corsivo è mio.


39 – Sentenza M., cit., punto 82.


40 – Ibidem, punto 84.


41 –      Punto 43 delle osservazioni della Commissione.


42 –      Punto 41 di dette osservazioni.


43 – Punto 42 delle suddette osservazioni.


44 – V., a questo proposito, paragrafi da 112 a 115 delle mie conclusioni nella causa che ha dato luogo alla sentenza M., cit.


45 – Nell’ambito della causa che ha dato luogo alla sentenza M., cit., ho osservato che l’esame della domanda dell’interessato volta al riconoscimento dello status di rifugiato era durato sei mesi e mezzo e l’esame della sua domanda di protezione sussidiaria, 21 mesi.


46 – V. ordinanza del 15 dicembre 2011, Altner/Commissione (C‑411/11 P, punto 15), nonché sentenza dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione (C‑439/11 P, punto 155 e la giurisprudenza ivi citata).