Language of document : ECLI:EU:T:2022:691

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

9 novembre 2022 (*) (1)

«Concorrenza – Intese – Mercato del tondo per cemento armato – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 65 CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, in base al regolamento (CE) n. 1/2003 – Fissazione dei prezzi – Limitazione e controllo della produzione e delle vendite – Decisione adottata in seguito all’annullamento di decisioni anteriori – Svolgimento di una nuova audizione in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri – Diritti della difesa – Principio di buona amministrazione – Termine ragionevole – Obbligo di motivazione – Proporzionalità – Principio del ne bis in idem – Eccezione di illegittimità – Infrazione unica, complessa e continuata – Prova della partecipazione all’intesa – Dissociazione pubblica – Competenza estesa al merito»

Nella causa T‑657/19,

Feralpi Holding SpA, con sede a Brescia (Italia), rappresentata da G. Roberti e I. Perego, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da P. Rossi, G. Conte e C. Sjödin, in qualità di agenti, assistiti da P. Manzini, avvocato,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2019) 4969 final della Commissione, del 4 luglio 2019, relativa a una violazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (caso AT.37956 – Tondo per cemento armato) e/o all’annullamento oppure alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata),

composto, in sede di deliberazione, da S. Gervasoni, presidente, L. Madise, P. Nihoul (relatore), R. Frendo e J. Martín y Pérez de Nanclares, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 giugno 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        La ricorrente, Feralpi Holding SpA (già Feralpi Siderurgica SpA e Federalpi Siderurgica SRL), è un produttore di tondo per cemento armato con sede in Italia.

A.      Prima decisione della Commissione (2002)

2        Dall’ottobre al dicembre 2000 la Commissione delle Comunità europee ha effettuato, conformemente all’articolo 47 CA, accertamenti presso imprese italiane produttrici di tondo per cemento armato, tra cui la ricorrente, e presso un’associazione di imprese, la Federazione Imprese Siderurgiche Italiane (in prosieguo: la «Federacciai»). Essa ha anche inviato loro richieste di informazioni ai sensi di tale disposizione.

3        Il 26 marzo 2002 la Commissione ha avviato un procedimento di applicazione dell’articolo 65 CA e formulato taluni addebiti ai sensi dell’articolo 36 CA (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti») notificati, in particolare, alla ricorrente. Quest’ultima ha risposto alla comunicazione degli addebiti il 31 maggio 2002.

4        Il 13 giugno 2002 si è svolta un’audizione delle parti nell’ambito del procedimento amministrativo.

5        Il 12 agosto 2002 la Commissione ha inviato agli stessi destinatari taluni addebiti supplementari (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti supplementari»), ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204). In tale comunicazione, la Commissione ha precisato la sua posizione in merito alla prosecuzione del procedimento dopo la scadenza del Trattato CECA, avvenuta il 23 luglio 2002. La ricorrente ha risposto alla comunicazione degli addebiti supplementari il 20 settembre 2002.

6        Il 30 settembre 2002 si è svolta una nuova audizione delle parti nel procedimento amministrativo, in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Essa riguardava l’oggetto della comunicazione degli addebiti supplementari, ossia le conseguenze giuridiche della scadenza del Trattato CECA sulla prosecuzione del procedimento.

7        Al termine del procedimento amministrativo, la Commissione ha adottato la decisione C (2002) 5087 definitivo, del 17 dicembre 2002, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 del trattato CECA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione del 2002»), indirizzata alla Federacciai e a otto imprese, tra cui la ricorrente. In detta decisione, essa ha constatato che queste ultime, tra il dicembre 1989 e il luglio 2000, avevano attuato un’intesa unica, complessa e continuata nel mercato italiano del tondo per cemento armato in barre o in rotoli (in prosieguo: il «tondo per cemento armato») avente per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite, in violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA. A detto titolo, la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda di importo pari a EUR 10,25 milioni.

8        Il 4 marzo 2003 la ricorrente ha proposto dinanzi al Tribunale un ricorso avverso la decisione del 2002. Il Tribunale ha annullato detta decisione nei confronti della ricorrente (sentenza del 25 ottobre 2007, Feralpi Siderurgica/Commissione, T‑77/03, non pubblicata, EU:T:2007:319) e delle altre imprese destinatarie, con la motivazione che la base giuridica utilizzata, ossia l’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA, non era più in vigore al momento dell’adozione di tale decisione. Pertanto, la Commissione non era competente, in base alle menzionate disposizioni, a constatare e a sanzionare una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA dopo la scadenza del Trattato CECA. Il Tribunale non ha esaminato gli altri aspetti della decisione in parola.

9        La decisione del 2002 è divenuta definitiva nei confronti della Federacciai, che non ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale.

B.      Seconda decisione della Commissione (2009)

10      Con lettera del 30 giugno 2008, la Commissione ha informato la ricorrente e le altre imprese interessate della sua intenzione di adottare una nuova decisione, previa correzione della base giuridica utilizzata. Essa ha inoltre precisato che la decisione in parola sarebbe stata fondata sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari. La ricorrente, su invito della Commissione, ha presentato osservazioni scritte il 31 luglio 2008.

11      Con telefax del 24 luglio e del 25 settembre 2008, poi del 13 marzo, del 30 giugno e del 15 luglio 2009, la Commissione ha chiesto alla ricorrente informazioni relative all’evoluzione della sua struttura e del suo fatturato. La ricorrente ha risposto a tali richieste di informazioni, rispettivamente, con e-mail del 4 settembre e del 17 ottobre 2008, poi del 3 aprile, del 6 luglio e del 22 luglio 2009.

12      Il 30 settembre 2009 la Commissione ha adottato la decisione C(2009) 7492 definitivo, relativa a una violazione dell’articolo 65 del trattato CECA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione), indirizzata alle stesse imprese di cui alla decisione del 2002, ivi inclusa la ricorrente. Detta decisione è stata adottata sulla base delle norme procedurali del trattato CE e del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1). Essa si basava sugli elementi oggetto della comunicazione degli addebiti e della comunicazione degli addebiti supplementari e riproduceva, in sostanza, il contenuto e le conclusioni della decisione del 2002. In particolare, l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, pari a EUR 10,25 milioni, rimaneva invariato.

13      L’8 dicembre 2009, la Commissione ha adottato una decisione di modifica, che integrava, nel suo allegato, le tabelle indicanti le variazioni dei prezzi omesse dalla sua decisione del 30 settembre 2009 e rettificava i riferimenti numerati alle suddette tabelle in otto note a piè di pagina.

14      Il 19 febbraio 2010 la ricorrente ha proposto dinanzi al Tribunale un ricorso avverso la decisione della Commissione del 30 settembre 2009, come modificata (in prosieguo: la «decisione del 2009»). Il 9 dicembre 2014 il Tribunale ha respinto detto ricorso (sentenza del 9 dicembre 2014, Feralpi/Commissione, T‑70/10, non pubblicata, EU:T:2014:1031). Il Tribunale ha annullato parzialmente la decisione del 2009 nei confronti di un altro dei suoi destinatari, ha ridotto l’importo dell’ammenda inflitta ad altri due dei suoi destinatari e ha respinto gli altri ricorsi proposti.

15      Il 19 febbraio 2015 la ricorrente ha proposto impugnazione avverso la sentenza del 9 dicembre 2014, Feralpi/Commissione (T‑70/10, non pubblicata, EU:T:2014:1031). Con sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709), la Corte ha annullato detta sentenza del Tribunale nonché la decisione del 2009 nei confronti, in particolare, della ricorrente.

16      Nella sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709), la Corte ha dichiarato che, quando una decisione era stata adottata sulla base del regolamento n. 1/2003, il procedimento che si concludeva con tale decisione doveva essere conforme alle norme di procedura previste da suddetto regolamento nonché dal regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), anche se detto procedimento era iniziato prima della loro entrata in vigore.

17      Orbene, la Corte ha constatato che, nel caso di specie, l’audizione del 13 giugno 2002, la sola riguardante il merito del procedimento, non poteva essere considerata conforme ai requisiti procedurali relativi all’adozione di una decisione in base al regolamento n. 1/2003, mancando la partecipazione delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri.

18      La Corte ha concluso che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto nel dichiarare che la Commissione non era tenuta, prima dell’adozione della decisione del 2009, ad organizzare una nuova audizione, per il motivo che le imprese avevano già avuto la possibilità di essere ascoltate durante le audizioni del 13 giugno e del 30 settembre 2002.

19      Nella sua sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15, EU:C:2017:709), la Corte ha ricordato l’importanza dello svolgimento, su richiesta delle parti interessate, di un’audizione alla quale siano invitate le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, costituendo la sua omissione una violazione delle forme sostanziali.

20      La Corte ha dichiarato che, poiché il diritto in parola, previsto espressamente dal regolamento n. 773/2004, non era stato rispettato, non era necessario che l’impresa il cui diritto era stato così violato dimostrasse che tale violazione era stata idonea ad influenzare, a suo svantaggio, lo svolgimento del procedimento e il contenuto della decisione controversa.

21      La Corte ha altresì annullato, per gli stessi motivi, altre sentenze del Tribunale pronunciate il 9 dicembre 2014 che statuivano sulla legittimità della decisione del 2009, nonché la decisione stessa, nei confronti di altre quattro imprese. La decisione del 2009 è invece divenuta definitiva per le imprese destinatarie che non hanno proposto impugnazione avverso le suddette sentenze.

C.      Terza decisione della Commissione (2019)

22      Con lettera del 15 dicembre 2017, la Commissione ha informato la ricorrente della propria intenzione di riprendere il procedimento amministrativo e di organizzare, in tale contesto, una nuova audizione delle parti di detto procedimento in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri.

23      Il 20 dicembre 2017 e il 16 gennaio 2018 la ricorrente ha informato la Commissione della sua intenzione di partecipare a suddetta audizione. Con lettera del 1° febbraio 2018, la ricorrente ha presentato osservazioni nelle quali ha contestato il potere della Commissione di riassumere il procedimento amministrativo e ha pertanto invitato quest’ultima a non procedere a tale riassunzione.

24      Il 23 aprile 2018 la Commissione ha tenuto una nuova audizione relativa al merito del procedimento, alla quale hanno partecipato, in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri e del consigliere-auditore, la ricorrente nonché altre tre imprese destinatarie della decisione del 2009.

25      Il 7 maggio 2018 la ricorrente ha depositato nuove osservazioni scritte relativamente alla causa. Con lettere del 19 novembre 2018 nonché del 18 gennaio e del 6 maggio 2019, la Commissione ha inviato alla ricorrente tre richieste di informazioni riguardanti l’evoluzione della sua struttura e il suo fatturato La ricorrente ha risposto a tali richieste di informazioni con lettere, rispettivamente, del 7 dicembre 2018 nonché del 30 gennaio e del 9 maggio 2019.

26      Il 4 luglio 2019 la Commissione ha adottato la decisione C(2019) 4969 final, relativa a una violazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (AT.37956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), destinata alle cinque imprese nei confronti delle quali la decisione del 2009 era stata annullata, vale a dire, oltre alla ricorrente, l’Alfa Acciai SpA, la Partecipazioni Industriali SpA (già Riva Acciaio SpA e successivamente Riva Fire SpA; in prosieguo: la «Riva»), la Valsabbia Investimenti SpA e la Ferriera Valsabbia SpA e la Ferriere Nord SpA.

27      Con l’articolo 1 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato l’esistenza di un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA nel settore del tondo per cemento armato in Italia, tra il 6 dicembre 1989 e il 4 luglio 2000, alla quale avevano partecipato la ricorrente e tali altre quattro imprese. L’infrazione è consistita in un accordo continuato e/o in pratiche concertate aventi per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite nel mercato italiano del tondo per cemento armato.

28      La Commissione ha dichiarato la responsabilità della ricorrente per la sua partecipazione all’intesa dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000. Con l’articolo 2 della decisione impugnata, essa le ha quindi inflitto un’ammenda di importo pari a EUR 5,125 milioni, dopo aver applicato una riduzione del 50% a motivo della durata del procedimento.

29      Il 18 luglio 2019 la decisione impugnata è stata notificata alla ricorrente.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

30      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 settembre 2019, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

31      Su proposta della Quarta Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

32      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto alcuni quesiti scritti alle parti e ha chiesto loro di produrre taluni documenti. Le parti hanno risposto a tali quesiti e a tali richieste di produzione di documenti entro il termine impartito.

33      All’udienza del 3 giugno 2021, le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti scritti e orali posti dal Tribunale. Nel corso dell’udienza, a seguito di un quesito del Tribunale, la ricorrente ha acconsentito a che i motivi sollevati nell’atto introduttivo del giudizio a sostegno del presente ricorso fossero rinumerati ai fini della redazione della sentenza, circostanza di cui si è preso atto nel verbale d’udienza.

34      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare, in tutto o in parte, la decisione impugnata nella parte in cui la riguarda;

–        e/o annullare, o quanto meno ridurre, l’ammenda irrogatale dalla suddetta decisione;

–        ove occorra, «dichiarare illegittimo e inapplicabile l’articolo 25, paragrafi da 3 a 6, del regolamento n. 1/2003»;

–        condannare la Commissione alle spese.

35      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

36      In via preliminare, occorre rilevare che la ricorrente, nel suo terzo capo delle conclusioni, ha chiesto al Tribunale di «dichiarare illegittimo e inapplicabile l’articolo 25, paragrafi da 3 a 6, del regolamento n. 1/2003».

37      Orbene, dall’atto introduttivo del giudizio risulta che, con tale domanda, la ricorrente deduce, sollevando un’eccezione, l’illegittimità dell’articolo 25, paragrafi da 3 a 6, del regolamento n. 1/2003 a sostegno della domanda di annullamento della decisione impugnata o della domanda di annullamento o di riduzione dell’ammenda.

38      L’eccezione di illegittimità sarà quindi esaminata, in qualità di motivo, unitamente a quelli sviluppati a sostegno della domanda di annullamento della decisione impugnata o della domanda di annullamento o di riduzione dell’ammenda.

39      A sostegno della domanda di annullamento della decisione impugnata o della domanda di annullamento o di riduzione dell’ammenda, la ricorrente deduce otto motivi, vertenti:

–        il primo, sulla violazione dei diritti della difesa e delle norme procedurali in occasione dell’audizione del 23 aprile 2018;

–        il secondo, sull’illegittimo rifiuto della Commissione di verificare, prima di adottare la decisione impugnata, la compatibilità di tale decisione con il principio della durata ragionevole del procedimento;

–        il terzo, sulla violazione del principio della durata ragionevole del procedimento;

–        il quarto, sulla violazione dell’obbligo di motivazione, su errori di valutazione e sulla violazione del principio di proporzionalità;

–        il quinto, sulla violazione del principio del ne bis in idem e del principio della certezza del diritto;

–        il sesto, sull’illegittimità del regime di prescrizione previsto dall’articolo 25, paragrafi da 3 a 6, del regolamento n. 1/2003;

–        il settimo, su un’assenza di prova della partecipazione della ricorrente all’intesa tra il 1989 e il 1995;

–        l’ottavo, su un’insufficienza di motivazione della decisione impugnata relativamente all’accertamento di un’infrazione unica, complessa e continuata a suo carico nel periodo tra il 6 dicembre 1989 e il 27 giugno 2000 nonché su un’assenza di prova del carattere unico e continuato di tale infrazione.

A.      Sul primo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e delle norme procedurali in occasione dell’audizione del 23 aprile 2018

40      La ricorrente deduce una violazione delle norme relative alla consultazione del comitato consultivo e all’audizione orale delle parti nonché dei suoi diritti della difesa.

41      In particolare, la ricorrente deduce tre censure, riguardanti l’imparzialità che si esige da parte del comitato consultivo, l’assenza di soggetti importanti durante l’audizione del 23 aprile 2018 e l’impossibilità, per la Commissione, di porre rimedio al vizio procedurale censurato dalla Corte, tutte contestate dalla Commissione.

1.      Sullaudizione organizzata a seguito della riapertura del procedimento amministrativo

42      In via preliminare, occorre ricordare che, nella sua sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709, punti da 38 a 44), la Corte ha addebitato alla Commissione di non aver dato alla ricorrente la possibilità di sviluppare i suoi argomenti nel corso di un’audizione vertente sul merito del caso in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri.

43      La Corte ha poi dichiarato che il vizio così individuato doveva essere analizzato come una violazione delle forme sostanziali che inficia il procedimento indipendentemente dalle conseguenze pregiudizievoli per la ricorrente che potessero risultarne (sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione, C‑85/15 P, EU:C:2017:709, punti da 45 a 47).

44      Analizzando la sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709), la Commissione ha ritenuto che, se tale difetto fosse stato corretto, il procedimento amministrativo avrebbe potuto essere riaperto nei confronti delle imprese ancora interessate (punto 15 della decisione impugnata).

45      Con lettera del 15 dicembre 2017, la Commissione ha comunicato alle imprese interessate che intendeva riaprire il procedimento amministrativo a partire dal punto in cui era emerso il vizio identificato dalla Corte, vale a dire a partire dall’audizione.

46      Nella sua lettera del 15 dicembre 2017, la Commissione ha chiesto alle imprese interessate di manifestare per iscritto, qualora lo desiderassero, il loro interesse a partecipare ad una nuova audizione, che, vertente sul merito del caso, sarebbe stata organizzata in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri conformemente alla normativa applicabile.

47      Avendo ricevuto le risposte fornite dalle imprese interessate, il 23 aprile 2018 la Commissione ha organizzato una nuova audizione in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri.

2.      Sullesecuzione delle sentenze di annullamento

48      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 266, paragrafo 1, TFUE, l’istituzione da cui emana l’atto annullato è tenuta a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta.

49      Per conformarsi a una sentenza di annullamento e darle piena esecuzione, le istituzioni devono rispettare non soltanto il dispositivo della sentenza, ma anche i motivi che ne costituiscono il fondamento necessario, nel senso che sono indispensabili per determinare il significato esatto di ciò che è stato deciso nel dispositivo (v., in tal senso, sentenza del 6 luglio 2017, Francia/Commissione, T‑74/14, non pubblicata, EU:T:2017:471, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

50      L’annullamento di un atto che pone fine a un procedimento amministrativo non incide su tutte le fasi precedenti alla sua adozione, ma unicamente su quelle interessate dai motivi, di merito o procedurali, che hanno giustificato l’annullamento (v., in tal senso, sentenza del 6 luglio 2017, Francia/Commissione, T‑74/14, non pubblicata, EU:T:2017:471, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

51      Pertanto, la procedura volta alla sostituzione di un atto annullato può, in linea di principio, essere riaperta a partire dalla fase inficiata dall’illegittimità (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 73, e del 6 luglio 2017, Francia/Commissione, T‑74/14, non pubblicata, EU:T:2017:471, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

52      Nel caso di specie, poiché l’atto è stato annullato a seguito di una violazione di forme sostanziali intervenuta nell’organizzazione dell’audizione (sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione, C‑85/15 P, EU:C:2017:709), ben poteva la Commissione riaprire il procedimento, come ha fatto, a partire da tale fase.

53      È in siffatto contesto che devono essere esaminate le censure dedotte dalla ricorrente a sostegno del primo motivo.

3.      Sulla prima censura, relativa allimparzialità che si esige da parte del comitato consultivo

54      La ricorrente adduce, in sostanza, che il comitato consultivo non è stato validamente consultato, poiché le modalità messe in atto per organizzare l’audizione alla quale dovevano essere invitate le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, i cui rappresentanti compongono detto comitato, non hanno consentito di garantirne l’imparzialità nel momento in cui quest’ultimo doveva emettere il proprio parere in applicazione della normativa.

55      A tal riguardo, occorre ricordare che il procedimento per l’adozione delle decisioni fondate sugli articoli 101 e 102 TFUE è disciplinato, per quanto concerne gli aspetti coinvolti dalla presente controversia, dal regolamento n. 1/2003:

–        ai sensi dell’articolo 14, paragrafi 1 e 2, di tale regolamento, la Commissione, prima di adottare la sua decisione, consulta un comitato composto da rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri;

–        l’articolo 14, paragrafo 3, di detto regolamento specifica che tale comitato emette per iscritto un parere sul progetto preliminare di decisione presentato dalla Commissione;

–        l’articolo 14, paragrafo 5, del medesimo regolamento precisa che la Commissione tiene in massima considerazione il parere espresso da tale comitato, informandolo del modo in cui essa ha adempiuto tale obbligo.

56      Per l’organizzazione delle audizioni, il regolamento n. 773/2004 stabilisce le seguenti regole:

–        l’articolo 12 di tale regolamento impone alla Commissione di accordare alle parti cui è inviata la comunicazione degli addebiti la possibilità di sviluppare i propri argomenti nel corso di un’audizione orale, qualora lo richiedano nella loro proposta scritta;

–        l’articolo 14, paragrafo 3, di detto regolamento prevede che le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri siano invitate a prendere parte all’audizione.

57      Secondo la giurisprudenza, la consultazione del comitato consultivo costituisce una formalità sostanziale la cui violazione incide sulla legittimità della decisione controversa e comporta il suo annullamento qualora sia dimostrato che il mancato rispetto della normativa ha impedito a tale comitato di emettere il proprio parere con piena cognizione di causa (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2018, Servier e a./Commissione, T‑691/14, con impugnazione pendente, EU:T:2018:922, punto 148 e giurisprudenza ivi citata).

58      La ricorrente non afferma che le regole enunciate ai punti 55 e 56 supra non sono state rispettate in quanto tali. Essa ritiene, tuttavia, che, quando hanno partecipato all’audizione del 23 aprile 2018 e, successivamente, emesso il loro parere, le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri non si trovassero in una situazione idonea a garantirne l’imparzialità. A suo avviso, le autorità in parola conoscevano, infatti, al momento di esprimere suddetto parere, la posizione che era stata adottata dalla Commissione e dagli organi giurisdizionali dell’Unione europea nelle decisioni e nelle sentenze che avevano punteggiato il procedimento. Essa osserva che, da un lato, prima di adottare la decisione impugnata, la Commissione già aveva adottato, in due occasioni (nel 2002 e nel 2009), una decisione sanzionatoria senza consultare le suddette autorità riguardo al merito del caso e che, dall’altro, nel 2014, il Tribunale aveva pronunciato una sentenza confermativa della posizione assunta dalla Commissione. A suo avviso, essendo caratterizzato dall’esistenza di dette decisioni e di detta sentenza, il contesto ha inevitabilmente influenzato le medesime autorità in un modo tale da rendere impossibile la formulazione di un parere con assoluta imparzialità.

59      A tal riguardo, si deve rammentare che, quando un atto viene annullato, esso scompare dall’ordinamento giuridico ed è considerato come mai esistito (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2017, Crédit mutuel Arkéa/BCE, T‑712/15, EU:T:2017:900, punto 42 e giurisprudenza ivi citata), anche se, quando l’annullamento ha portata individuale, ne traggono vantaggio, stanti determinate circostanze, unicamente le parti del processo (v. sentenza dell’8 maggio 2019, Lucchini/Commissione, T‑185/18, non pubblicata, EU:T:2019:298, punti da 33 a 37 e giurisprudenza ivi citata).

60      Così, le sentenze del Tribunale, che sono atti adottati da una delle istituzioni dell’Unione, scompaiono retroattivamente dall’ordinamento giuridico quando sono annullate in sede di impugnazione.

61      Pertanto, nel caso di specie, sebbene il comitato consultivo abbia reso il suo parere, da un lato, dopo che la Commissione aveva adottato la decisione del 2002 e poi quella del 2009 e, dall’altro, dopo che il Tribunale si era pronunciato nella sua sentenza del 9 dicembre 2014, Feralpi/Commissione (T‑70/10, non pubblicata, EU:T:2014:1031), resta comunque il fatto che, essendo state annullate, tali decisioni e tale sentenza erano scomparse dall’ordinamento giuridico dell’Unione e che, in applicazione di detta giurisprudenza, dovevano essere considerate come mai esistite.

62      Relativamente all’asserita mancanza di imparzialità delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, che renderebbe impossibile la formulazione, da parte del comitato consultivo, di un parere con assoluta imparzialità, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), ogni persona ha diritto, in particolare, a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale dalle istituzioni dell’Unione.

63      L’esigenza di imparzialità prevista dall’articolo 41 della Carta riguarda, da un lato, il profilo soggettivo, nel senso che nessuno dei membri dell’istituzione interessata che è incaricato della questione manifesti opinioni preconcette o pregiudizi personali e, dall’altro, il profilo oggettivo, nel senso che l’istituzione è tenuta ad offrire garanzie sufficienti per escludere al riguardo qualsiasi legittimo dubbio (v. sentenza dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 155 e giurisprudenza ivi citata).

64      Nel caso di specie, l’imparzialità del comitato consultivo quando ha emesso il suo parere è messa in discussione in quanto, secondo la ricorrente, l’atteggiamento dei rappresentanti delle autorità che compongono detto comitato avrebbe potuto essere influenzato dal fatto che dette autorità erano venute a conoscenza della posizione adottata sul caso, da un lato, dalla Commissione nelle sue decisioni del 2002 e del 2009 e, dall’altro, dal Tribunale nella sua sentenza del 9 dicembre 2014, Feralpi/Commissione (T‑70/10, non pubblicata, EU:T:2014:1031).

65      Da una simile conoscenza, anche volendo ritenerla dimostrata, non si può tuttavia inferire una mancanza di imparzialità idonea a pregiudicare la legittimità della decisione impugnata, a meno di mettere in dubbio le disposizioni del Trattato in forza delle quali atti dichiarati illegittimi possono essere sostituiti, senza che sia necessario determinare se quella messa in discussione dalla ricorrente sia imparzialità soggettiva o oggettiva.

66      Infatti, la possibile conoscenza di una soluzione adottata in precedenza e, se del caso, confermata in una sentenza del Tribunale successivamente annullata dalla Corte in sede di impugnazione è insita nell’obbligo di trarre le conseguenze di un annullamento. Il fatto di decidere che la conoscenza di una situazione siffatta potrebbe, in quanto tale, impedire una riapertura del procedimento, inciderebbe, di per sé, sul meccanismo dell’annullamento, indicando che quest’ultimo implica non solo la scomparsa retroattiva dell’atto annullato, ma anche il divieto di riapertura del procedimento. Una simile eventualità sarebbe incompatibile con l’articolo 266 TFUE, che, in caso di annullamento sulla base dell’articolo 263 TFUE, impone alle istituzioni, agli organi o agli organismi dell’Unione di prendere i provvedimenti che l’esecuzione delle sentenze emesse nei loro confronti comporta, senza tuttavia esonerarle dal compito consistente nell’assicurare, nei settori rientranti nella loro competenza, l’applicazione del diritto dell’Unione.

67      La censura in esame va pertanto respinta.

4.      Sulla seconda censura, relativa allassenza di soggetti importanti durante laudizione del 23 aprile 2018

68      La ricorrente sostiene che la Commissione, da un lato, abbia violato diverse norme relative all’organizzazione delle audizioni e, dall’altro, abbia commesso un errore omettendo di invitare svariate entità all’audizione del 23 aprile 2018, laddove, avendo svolto un ruolo centrale nella vicenda, tali entità avrebbero potuto fornire alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri elementi idonei a consentire a queste ultime di adottare la loro posizione con piena cognizione di causa. A suo avviso, non avendo potuto beneficiare di un parere reso con piena cognizione di causa da parte delle autorità in parola, i suoi diritti della difesa sono stati violati per le seguenti ragioni:

–        la Federacciai avrebbe dovuto partecipare a detta audizione, così come la Leali SpA e la sua società figlia Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA (in prosieguo, considerate congiuntamente, la «Leali»), nel frattempo fallite, tenuto conto del ruolo centrale svolto da queste ultime nel complesso dei fatti oggetto dell’indagine;

–        la Lucchini SpA, anch’essa fallita, e la Riva, posta in amministrazione straordinaria, che erano i leader del mercato, avrebbero anch’esse dovuto partecipare alla suddetta audizione;

–        la Industrie Riunite Odolesi SpA (in prosieguo: la «IRO»), che, dal canto suo, non aveva impugnato la sentenza del 9 dicembre 2014, IRO/Commissione (T‑69/10, non pubblicata, EU:T:2014:1030), avrebbe anch’essa dovuto partecipare alla suddetta audizione;

–        l’Associazione Nazionale Sagomatori Ferro (in prosieguo: l’«Ansfer») avrebbe dovuto essere invitata, giacché l’associazione in parola, rappresentante di clienti delle imprese interessate, era intervenuta in qualità di terzo nel corso dell’audizione del 13 giugno 2002 e in tale sede aveva dichiarato che l’esistenza di intese restrittive della concorrenza non era mai stata avvertita sul mercato.

69      Occorre, dunque, esaminare se, nell’organizzazione dell’audizione, la Commissione abbia violato una norma per essa vincolante e se, in tal modo, o in qualsiasi altro modo, essa abbia ostacolato i diritti della difesa della ricorrente in occasione dell’audizione del 23 aprile 2018.

70      In primo luogo, occorre rilevare che la partecipazione all’audizione fa parte dei diritti procedurali la cui violazione, a causa della loro natura soggettiva, deve essere invocata dall’impresa o dal terzo che ne è titolare (v., in tal senso, sentenze del 1° luglio 2010, ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni/Commissione, T‑62/08, EU:T:2010:268, punto 186; del 12 maggio 2011, Région Nord-Pas-de-Calais e Communauté d’agglomération du Douaisis/Commissione, T‑267/08 e T‑279/08, EU:T:2011:209, punto 77, e del 19 settembre 2019, Zhejiang Jndia Pipeline Industry/Commissione, T‑228/17, EU:T:2019:619, punto 36).

71      Pertanto, la ricorrente non può utilmente chiedere l’annullamento di una decisione per il solo motivo che, nel caso di specie, sarebbero stati violati diritti procedurali a favore di terzi o di altre parti.

72      Peraltro, si deve rilevare che, sebbene le audizioni tenute nell’ambito dei procedimenti in materia di intese si svolgano, nella maggior parte dei casi, in forma collettiva nella prassi della Commissione, la normativa non riconosce alle imprese alle quali è stata inviata una comunicazione degli addebiti alcun diritto ad un’audizione collettiva.

73      Per contro, l’articolo 14, paragrafo 6, del regolamento n. 773/2004 precisa che ogni persona può essere sentita o separatamente o in presenza di altre persone invitate a partecipare, tenuto conto dell’interesse legittimo delle imprese alla riservatezza dei loro segreti aziendali e di altre informazioni riservate (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2000, Cimenteries CBR e a./Commissione, T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, EU:T:2000:77, punto 697).

74      In secondo luogo, occorre esaminare se – al di là del rispetto dovuto ai diritti di cui dispongono altre persone o entità – la Commissione abbia violato talune norme relative all’organizzazione delle audizioni in un modo che abbia potuto ostacolare la difesa della ricorrente.

75      A tal riguardo, occorre rilevare che i diritti della difesa sono diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto di cui il giudice dell’Unione garantisce il rispetto. Siffatto rispetto nell’ambito di un procedimento dinanzi alla Commissione avente ad oggetto l’irrogazione di un’ammenda a un’impresa per violazione delle norme in materia di concorrenza esige che l’impresa interessata sia stata posta in grado di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare la propria affermazione dell’esistenza di un’infrazione al Trattato. Tali diritti sono contemplati all’articolo 41, paragrafo 2, lettere a) e b), della Carta (v. sentenza del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione, C‑109/10 P, EU:C:2011:686, punti 52 e 53 e giurisprudenza ivi citata).

76      Nel caso di specie, la ricorrente ha insistito sul fatto che l’assenza di talune entità avesse comportato l’impossibilità per il comitato consultivo di esprimere il suo parere con piena cognizione di causa. A suo avviso, se suddette entità fossero state sentite, il contenuto del suo parere e, di conseguenza, quello della decisione impugnata, avrebbe quindi potuto essere diverso. Tale problematica è stata oggetto di articolati scambi tra le parti, sia per iscritto che durante l’udienza.

77      A tal riguardo, occorre operare una distinzione tra la situazione delle imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti e della decisione impugnata, la situazione dei terzi che dimostrino un interesse sufficiente e la situazione degli altri terzi.

a)      Sulla situazione delle imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti e della decisione impugnata

78      Ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, le imprese e le associazioni di imprese oggetto del procedimento avviato devono avere modo di essere sentite relativamente agli addebiti mossi nei loro confronti prima che sia adottata nei loro riguardi una decisione applicativa dell’articolo 101 o 102 TFUE. La Commissione può basare le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite.

79      L’articolo 12 del regolamento n. 773/2004 precisa che la Commissione accorda alle parti cui è inviata la comunicazione degli addebiti la possibilità di sviluppare i propri argomenti nel corso di un’audizione orale, qualora lo richiedano nella loro proposta scritta.

80      Nel caso di specie, l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 12 del regolamento n. 773/2004 erano quindi destinati ad applicarsi a tutte le imprese che avevano partecipato all’intesa e per le quali la decisione del 2002 o la decisione del 2009 non era divenuta definitiva, ivi inclusa la Riva.

81      Secondo la ricorrente, l’assenza della Riva all’udienza del 23 aprile 2018 ha potuto contribuire ad inficiare il procedimento, incidendo sulle condizioni nelle quali essa poteva esercitare la sua difesa.

82      A tal riguardo, occorre rilevare che, come indicato ai punti 45 e 46 della decisione impugnata, e senza che ciò sia contestato dalle parti:

–        la Riva è stata informata dalla Commissione, con lettera del 15 dicembre 2017, della riapertura del procedimento;

–        in risposta a suddetta lettera, la Riva ha depositato osservazioni scritte senza tuttavia chiedere di partecipare a un’audizione;

–        poiché la Riva non aveva formulato una richiesta in tal senso, la Commissione non l’ha invitata a prendere parte all’audizione del 23 aprile 2018.

83      Alla luce di tali elementi, non si può ritenere che, astenendosi dall’invitare la Riva a partecipare all’audizione del 23 aprile 2018, la Commissione abbia violato l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 12 del regolamento n. 773/2004. Non avendo chiesto di partecipare all’audizione, la Riva non doveva esservi invitata dalla Commissione. La ricorrente non può quindi validamente dedurre una violazione delle disposizioni summenzionate che abbiano potuto pregiudicare la sua difesa.

b)      Sulla situazione dei terzi che dimostrino un interesse sufficiente

84      L’audizione dei terzi interessati è disciplinata dall’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003. Tale disposizione prevede che, qualora persone fisiche o giuridiche chiedano di essere sentite, dimostrando di avervi un interesse sufficiente, la loro domanda è accolta.

85      L’articolo 13, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 773/2004 precisa quanto segue:

–        alle persone fisiche o giuridiche che chiedano di essere sentite e dimostrino di avervi un interesse sufficiente, la Commissione comunica per iscritto la natura e l’oggetto del procedimento;

–        essa assegna a tali persone un termine per la presentazione di osservazioni scritte;

–        essa può invitarle a sviluppare gli argomenti nel corso dell’audizione, sempre che esse lo richiedano nelle osservazioni scritte.

86      Nel caso di specie, l’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 13, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 773/2004 erano quindi destinati ad applicarsi, in particolare, a cinque entità la cui presenza era necessaria, secondo la ricorrente, affinché l’audizione del 23 aprile 2018 fosse validamente organizzata, ossia, da un lato, la Federacciai, la Leali, la IRO e la Lucchini e, dall’altro, l’Ansfer.

87      In primo luogo, per quanto riguarda le prime quattro entità menzionate al punto 86 supra, occorre rilevare che queste ultime hanno rinunciato, in una fase anteriore del procedimento, a contestare la decisione che era stata loro indirizzata:

–        la Federacciai non ha depositato alcun ricorso di annullamento avverso la decisione del 2002;

–        la Leali, la IRO e la Lucchini non hanno impugnato le sentenze del 9 dicembre 2014, Leali e Acciaierie e Ferriere Leali Luigi/Commissione (T‑489/09, T‑490/09 e T‑56/10, non pubblicata, EU:T:2014:1039), e del 9 dicembre 2014, IRO/Commissione (T‑69/10, non pubblicata, EU:T:2014:1030), del 9 dicembre 2014 Lucchini/Commissione (T‑91/10, EU:T:2014:1033), che avevano respinto i loro ricorsi di annullamento avverso la decisione del 2009.

88      Pertanto, secondo la giurisprudenza, la decisione della Commissione adottata nei loro confronti è divenuta definitiva per la parte che le riguarda e, di conseguenza, essendo il procedimento per loro concluso, tali entità non erano più parti del procedimento riaperto il 15 dicembre 2017 (v., in tal senso, sentenza del 14 settembre 1999, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., C‑310/97 P, EU:C:1999:407, punto 63).

89      In tali circostanze, le prime quattro entità di cui al punto 86 supra non disponevano di un diritto a partecipare all’audizione del 23 aprile 2018 nella qualità di parti del procedimento.

90      È certo vero che le prime quattro entità di cui al punto 86 supra avevano la possibilità di chiedere alla Commissione, dimostrando di avere un interesse sufficiente, di essere autorizzate a partecipare all’audizione del 23 aprile 2018 nella qualità di terzi interessati, conformemente alle disposizioni ricordate ai punti 84 e 85 supra.

91      Tuttavia, la Federacciai, la Leali e la IRO non hanno compiuto suddetto passaggio e, pertanto, non si può sostenere che la Commissione abbia potuto, in tale contesto, violare una qualsivoglia regola, con la conseguenza di aver potuto incidere sull’esercizio, da parte della ricorrente, dei suoi diritti della difesa.

92      Di contro, va osservato che la Lucchini ha affermato, dal canto suo, di dover beneficiare dell’annullamento pronunciato dalla Corte nelle sue sentenze del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709), del 21 settembre 2017, Ferriera Valsabbia e a./Commissione (C‑86/15 P e C‑87/15 P, EU:C:2017:717), del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione (C‑88/15 P, EU:C:2017:716), e del 21 settembre 2017, Riva Fire/Commissione (C‑89/15 P, EU:C:2017:713), benché non avesse proposto impugnazione avverso la sentenza del 9 dicembre 2014, Lucchini/Commissione (T‑91/10, EU:T:2014:1033). Sulla base di suddetto argomento, essa ha chiesto alla Commissione di essere autorizzata a partecipare all’audizione del 23 aprile 2018. Tale domanda, tuttavia, è stata presentata dalla Lucchini in qualità di parte del procedimento riaperto il 15 dicembre 2017, allo stesso titolo, in particolare, della ricorrente, e non già in qualità di terzo interessato. Siffatta domanda è stata giustamente respinta dalla Commissione per le ragioni esposte ai punti 87 e 88 supra (sentenza dell’8 maggio 2019, Lucchini/Commissione, T‑185/18, non pubblicata, EU:T:2019:298, punti 41 e 42). Essendosi vista negare la summenzionata possibilità nella qualità di parte nel procedimento, la Lucchini non ha fatto valere, in seguito, che essa poteva essere invitata all’audizione in qualità di terzo avente un interesse sufficiente.

93      In tali circostanze, non si può ritenere che la Commissione, astenendosi dall’invitare, da un lato, la Federacciai e, dall’altro, la Leali, la IRO e la Lucchini a partecipare all’audizione, abbia violato una norma procedurale idonea ad incidere sull’esercizio, da parte della ricorrente, dei suoi diritti della difesa.

94      In secondo luogo, per quanto riguarda la quinta entità menzionata al punto 86 supra, ossia l’Ansfer, la ricorrente ritiene che essa avrebbe dovuto essere invitata all’audizione del 23 aprile 2018, alla luce delle informazioni da essa detenute e che erano tali da influenzare le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, relativamente alla conoscenza che esse avevano del fascicolo.

95      A sostegno della sua posizione, la ricorrente deduce tre argomenti.

96      In primo luogo, la ricorrente sostiene che, con ogni probabilità, se l’Ansfer fosse stata informata dalla Commissione della riapertura del procedimento, essa avrebbe partecipato all’audizione del 23 aprile 2018, come aveva fatto per l’audizione del 13 giugno 2002.

97      A questo proposito, occorre rammentare in che modo è stato avviato nel 2002 il procedimento a carico della ricorrente e delle altre imprese allora interessate.

98      Come indicato dalla Commissione nella sua risposta ai quesiti del Tribunale e all’udienza senza essere contraddetta dalla ricorrente, l’avvio di cui trattasi è avvenuto il 26 marzo 2002, seguito dalla notifica, alle parti interessate, della comunicazione degli addebiti, conformemente all’articolo 36 CA.

99      Pertanto, l’avvio di cui trattasi non è stato accompagnato da alcuna misura di pubblicità, giacché la normativa non prescriveva che la Commissione rendesse pubblica la decisione di avviare un procedimento amministrativo, l’adozione di una comunicazione degli addebiti o quella, come nel caso di specie, di una comunicazione degli addebiti supplementari.

100    Il modo di procedere non è stato diverso dopo che il Tribunale ebbe pronunciato la sentenza del 25 ottobre 2007, Feralpi Siderurgica/Commissione (T‑77/03, non pubblicata, EU:T:2007:319), e che la Corte ebbe pronunciato la sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709).

101    Dopo aver esaminato le sentenze indicate al punto 100 supra, la Commissione ha informato la ricorrente, per la prima volta con lettera del 30 giugno 2008 e per seconda con lettera del 15 dicembre 2017, della sua intenzione di «riprendere» il procedimento.

102    In particolare, la seconda lettera è stata notificata alle imprese destinatarie della decisione impugnata, ma non è stata comunicata ad alcun’altra persona o entità, così come non è stata oggetto di alcuna misura di pubblicità.

103    In siffatto contesto, occorre stabilire se la Commissione fosse tenuta ad informare il pubblico della riapertura del procedimento dopo l’annullamento della decisione del 2009, così che, se tale obbligo fosse stato rispettato nel caso di specie, l’Ansfer sarebbe stata informata e avrebbe potuto chiedere di partecipare alla nuova audizione.

104    A tal riguardo, occorre notare che nessuna norma impone alla Commissione di rendere pubblica la riapertura di un procedimento a seguito dell’annullamento di una delle sue decisioni con sentenza della Corte o del Tribunale.

105    In effetti, una simile riapertura del procedimento avviene nell’ambito dell’esecuzione di una sentenza di annullamento.

106    Orbene, l’articolo 266 TFUE vincola l’istituzione dalla quale promana l’atto annullato soltanto nei limiti di quanto necessario per garantire l’esecuzione della sentenza di annullamento. In tal senso, detta disposizione impone all’istituzione interessata di evitare che qualsiasi atto destinato a sostituire l’atto annullato sia inficiato dalle stesse irregolarità individuate nella sentenza stessa. Le istituzioni dispongono comunque di un ampio potere discrezionale per decidere i provvedimenti da attuare al fine di trarre le conseguenze da una sentenza di annullamento o d’invalidità, fermo restando che tali provvedimenti devono essere compatibili con il dispositivo della sentenza di cui trattasi e con la motivazione, che ne costituisce il sostegno necessario. Fatta salva l’ipotesi in cui l’illegittimità accertata abbia determinato la nullità di tutto il procedimento, le istituzioni interessate possono, al fine di adottare un atto volto a sostituire un precedente atto annullato o dichiarato invalido, riaprire il procedimento alla fase in cui tale illegittimità si è verificata (v. sentenza dell’11 dicembre 2017, Léon Van Parys/Commissione, T‑125/16, EU:T:2017:884, punti 49 e 52 e giurisprudenza ivi citata).

107    Al termine della valutazione effettuata dalla Commissione in siffatto contesto, essa può quindi decidere di riprendere il procedimento, come ha fatto nella presente causa, così come può abbandonare il procedimento ove ritenga che il fascicolo possa essere chiuso oppure, se reputa necessarie misure di indagine, può avviare un nuovo procedimento, idoneo, in tal caso, a condurre alla notifica di una nuova comunicazione degli addebiti alle imprese destinatarie ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003.

108    Nel caso di specie, la Commissione, avendo effettuato detta valutazione, ha deciso di riprendere il procedimento a partire dal punto in cui esso era stato interrotto, come consentito dalla giurisprudenza menzionata ai punti 50 e 51 supra.

109    Nelle sue risposte ai quesiti scritti del Tribunale, la Commissione ha menzionato la sua comunicazione del 20 ottobre 2011 sulle migliori pratiche relative ai procedimenti previsti dagli articoli 101 e 102 TFUE (GU 2011, C 308, pag. 6) (v., in particolare, il suo punto 20), nella quale essa si è impegnata, da un lato, a pubblicare l’avvio di ciascun procedimento di applicazione delle disposizioni in parola sul sito web della sua Direzione generale della Concorrenza e, dall’altro, a diramare un comunicato stampa al riguardo, tranne quando tali misure di pubblicità siano idonee a pregiudicare lo svolgimento dell’indagine.

110    Tuttavia, come addotto dalla Commissione, la comunicazione di cui trattasi non le imponeva nel caso di specie di attuare gli impegni indicati al punto 109 supra. Infatti, in assenza di disposizioni esplicite in tal senso, non occorre estendere la portata di detti impegni quando la Commissione riprende un procedimento a partire dalla fase di un’audizione precedentemente tenuta in modo irregolare, che è la fase in cui siffatto procedimento è stato interrotto, come deciso dalla Commissione nella fattispecie nel contesto dell’esecuzione della sentenza di annullamento della Corte, situazione che si distingue da quella dell’avvio del procedimento previsto nella comunicazione in parola.

111    L’argomento deve pertanto essere respinto.

112    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, per la determinazione dei terzi da invitare all’audizione, l’Ansfer non poteva essere considerata come un semplice membro del pubblico, ma aveva lo status di «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente» ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 13, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 773/2004.

113    A sostegno della sua posizione, la ricorrente ricorda che lo status di «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente» era stato riconosciuto, nel 2002, all’Ansfer dal consigliere auditore, circostanza che aveva consentito la partecipazione di tale associazione all’audizione del 13 giugno 2002.

114    Poiché, dunque, disponeva dello status di «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente», l’Ansfer non può averlo perso nel frattempo e avrebbe dovuto essere invitata a partecipare, a detto titolo, all’audizione del 23 aprile 2018.

115    In proposito, occorre rilevare che l’argomento della ricorrente relativo al mantenimento dello status di «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente» è conforme alla posizione difesa dalla Commissione sulla continuità esistente tra le fasi del procedimento amministrativo, anche se quest’ultimo è stato interrotto da procedimenti giurisdizionali che hanno dato luogo a sentenze di annullamento.

116    In siffatta prospettiva, sarebbe legittimo ritenere che un soggetto cui sia stato riconosciuto lo status di «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente» in una fase precedente del procedimento abbia potuto conservarlo durante tutto il procedimento, anche se quest’ultimo ha potuto essere interrotto da un procedimento giurisdizionale che ha dato luogo a un annullamento pronunciato dal giudice dell’Unione.

117    Occorre quindi stabilire se, nel caso di specie, essendosi vista riconoscere lo status di «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente» in un determinato momento del procedimento, l’Ansfer abbia potuto conservare tale status per tutta la durata di quest’ultimo e avrebbe dovuto essere invitata all’audizione del 23 aprile 2018 o, quanto meno, essere informata della riapertura del procedimento per consentirle di manifestare il proprio interesse e, pertanto, di essere invitata, se del caso, a partecipare a detta audizione.

118    A tal riguardo, si deve constatare che, come risulta dal fascicolo, senza che ciò sia contestato dalla ricorrente, l’interesse manifestato dall’Ansfer a partecipare al procedimento non è stato conservato per tutta la durata di quest’ultimo.

119    Infatti, ricapitolando le fasi che si sono succedute, la Commissione ha precisato, all’udienza, senza essere contraddetta dalla ricorrente, in risposta ai quesiti posti dal Tribunale, che:

–        nel 2002 l’Ansfer aveva appreso l’avvio del procedimento attraverso informazioni apparse sulla stampa italiana;

–        sulla base di suddette informazioni, l’Ansfer aveva chiesto alla Commissione di essere autorizzata a partecipare all’audizione del 13 giugno 2002 facendo valere che poteva dimostrare, a tal fine, l’esistenza, per quanto la riguardava, di un interesse sufficiente;

–        invitata a partecipare, l’Ansfer si era presentata a detta audizione, dove, senza che il suo rappresentante vi prendesse la parola, aveva presentato osservazioni scritte;

–        su tale base, l’Ansfer era stata invitata a partecipare alla seconda audizione del 30 settembre 2002, relativa alle conseguenze della scadenza del Trattato CECA sul procedimento;

–        tuttavia, essa non aveva risposto all’invito in parola e non si era neppure presentata nel corso di tale audizione;

–        non avendo l’Ansfer risposto all’invito alla nuova audizione che le era stato trasmesso e non essendosi presentata alla stessa, la Commissione aveva ritenuto che quest’ultima non intendesse più partecipare al seguito del procedimento e non dovesse quindi essere invitata all’audizione del 23 aprile 2018;

–        in siffatto contesto, la Commissione aveva tenuto conto del fatto che, da un lato, la partecipazione dell’Ansfer durante l’audizione del 13 giugno 2002 si era limitata alla presentazione di osservazioni scritte, senza presa di parola, e che, dall’altro, le suddette osservazioni erano state versate agli atti.

120    Orbene, in forza della normativa, i terzi possono partecipare ad un’audizione organizzata in un procedimento relativo all’applicazione delle regole di concorrenza, ma, a tal fine, essi devono comunicare simile desiderio alla Commissione e dimostrare a quest’ultima di presentare un interesse sufficiente a consentire loro di parteciparvi (v. punti 84 e 85 supra).

121    Inoltre, occorre considerare che, qualora a un terzo sia stato riconosciuto lo status di «terzo che dimostri di avervi un interesse sufficiente» nel corso di un procedimento amministrativo che è stato interrotto da un sindacato giurisdizionale al termine del quale il giudice dell’Unione ha pronunciato un annullamento, la Commissione dispone di un margine discrezionale per decidere se tale terzo conservi un interesse sufficiente a far conoscere il proprio punto di vista. Infatti, la garanzia dei diritti della difesa non richiede che la Commissione, quando riapre il suddetto procedimento, proceda all’audizione di terzi che non dispongono più di un siffatto interesse sufficiente (v., per analogia, sentenze del 16 giugno 2015, FSL e a./Commissione, T‑655/11, EU:T:2015:383, punto 406, e dell’11 luglio 2019, Silver Plastics e Johannes Reifenhäuser/Commissione, T‑582/15, non pubblicata, EU:T:2019:497, punto 202 e giurisprudenza ivi citata).

122    Nell’interesse di una buona amministrazione, occorre infatti evitare una moltiplicazione di intervenienti garantendo al contempo la partecipazione di coloro che possono fornire un effettivo contributo, a carico o a discarico, all’analisi del fascicolo e al rispetto dei diritti della difesa, in modo da garantire che il parere sia emesso dal comitato consultivo e che la decisione sia adottata dalla Commissione con piena cognizione di causa e nel rispetto delle garanzie procedurali.

123    È al termine di tale valutazione che, nella fattispecie, l’Ansfer è stata invitata come «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente» a partecipare all’audizione del 13 giugno 2002 e a quella del 30 settembre 2002.

124    Successivamente, considerata l’assenza di risposta dell’Ansfer all’invito a partecipare alla seconda audizione del 30 settembre 2002 e della sua mancata partecipazione a tale audizione, la Commissione, senza commettere errori, ha potuto considerare che quest’ultima aveva rinunciato ad intervenire nel prosieguo del procedimento o, quanto meno, non intendeva sviluppare ulteriormente i suoi argomenti nel corso dell’audizione del 23 aprile 2018 e che il suo contributo, già inserito nel fascicolo e ripreso successivamente nel progetto della decisione impugnata, non motivava la circostanza di informarla della riapertura del procedimento per consentirle di manifestare nuovamente il suo interesse ed essere così invitata, eventualmente, a partecipare a detta audizione.

125    L’argomento deve pertanto essere respinto.

126    In terzo luogo, la ricorrente sostiene di avere, nella sua lettera del 1º febbraio 2018 e durante l’audizione del 23 aprile 2018, attirato l’attenzione della Commissione sul fatto che il procedimento non poteva essere validamente riaperto, dal momento che non tutti i soggetti presenti nel 2002 avrebbero potuto essere presenti a detta audizione, con la conseguenza di fornire solo una visione parziale del caso alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri i cui rappresentanti sono incaricati di esprimere un’opinione per consentire al comitato consultivo di emettere il proprio parere conformemente alla normativa.

127    A tal riguardo, occorre rilevare che, così formulata, una siffatta osservazione non può essere considerata come una domanda rivolta alla Commissione e diretta a ottenere che quest’ultima invitasse all’audizione l’Ansfer o altri terzi in applicazione dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, che consente alle parti di proporre nelle loro osservazioni scritte «che la Commissione senta le persone in grado di confermare i fatti esposti nelle osservazioni».

128    Come sottolineato dalla Commissione, spettava alla ricorrente, se riteneva che l’intervento dell’Ansfer fosse necessario, o anche solo utile, per la difesa dei suoi argomenti, informare tale associazione della riapertura del procedimento affinché essa si manifestasse presso la Commissione oppure chiedere a quest’ultima, in modo specifico, di invitare suddetta entità.

129    Orbene, la ricorrente, nella sua risposta scritta ai quesiti del Tribunale, ha ammesso di non aver intrapreso alcuna iniziativa in tal senso presso la Commissione o presso l’Ansfer.

130    Occorre aggiungere che, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri possono chiedere alla Commissione di sentire terzi, qualora lo ritengano opportuno.

131    Nulla impediva alla ricorrente di suggerire alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, nel corso dell’audizione del 23 aprile 2018, o prima di quest’ultima, di chiedere alla Commissione di ascoltare l’Ansfer.

132    Orbene, la ricorrente non ha proceduto in tal senso presso le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, né tantomeno, dal canto loro, le suddette autorità hanno chiesto alla Commissione di sentire l’Ansfer.

133    Di conseguenza, poiché l’Ansfer non disponeva più di un interesse sufficiente a far conoscere il proprio punto di vista al momento della ripresa del procedimento (v. punti da 115 a 125 supra), e poiché nessuna richiesta di essere sentita è stata presentata alla Commissione, a quest’ultima non può essere validamente addebitato di non averla invitata a partecipare all’audizione del 23 aprile 2018.

134    L’argomento dev’essere quindi respinto.

c)      Sulla situazione degli altri terzi 

135    Nella misura in cui gli argomenti addotti dalla ricorrente possono essere interpretati come a ciò riferiti, occorre notare che la normativa prevede, per l’organizzazione delle audizioni, una terza situazione, riguardante i terzi che non dispongono di un interesse sufficiente ai sensi dei punti 84 e 85 supra.

136    L’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004 prevede la possibilità di invitare eventuali altre persone fisiche o giuridiche diverse dalle imprese oggetto del procedimento o dai terzi che dimostrino un tale interesse, a presentare osservazioni scritte e ad assistere, se del caso, all’audizione. Oltre a poter essere autorizzate ad assistervi, siffatte persone possono essere invitate ad esprimersi nel corso dell’audizione.

137    Questa era proprio la situazione in cui si trovava l’Ansfer, dato che, come è stato accertato, la Commissione ha potuto considerare che tale associazione non disponeva più di un interesse sufficiente a far conoscere il proprio punto di vista al momento della ripresa del procedimento (v. punti da 115 a 125 supra).

138    Orbene, la Commissione dispone di un margine discrezionale per stabilire se la partecipazione di terzi non interessati possa essere utile nel dibattito, fermo restando che la garanzia dei diritti della difesa della ricorrente non impone, in ogni caso, che la Commissione proceda alle audizioni richieste (v., in tal senso, la giurisprudenza citata al punto 121 supra).

139    Pertanto, nel caso di specie la Commissione, senza commettere errori, ha potuto considerare che, per le ragioni esposte ai punti da 114 a 125 supra, invitare l’Ansfer all’udienza del 23 aprile 2018 non avrebbe apportato alcun elemento nuovo al dibattito.

140    Ciò considerato, non si può validamente contestare alla Commissione di aver violato, omettendo di invitare altri terzi all’audizione del 23 aprile 2018, una norma procedurale che avrebbe potuto incidere sull’esercizio dei suoi diritti della difesa da parte della ricorrente.

141    L’argomento deve pertanto essere respinto.

142    Alla luce degli elementi che precedono, si può concludere che la Commissione non ha violato norme procedurali relative all’audizione di altre persone o entità e, di conseguenza, che l’esercizio dei diritti della difesa fatti valere dalla ricorrente non ha potuto essere in alcun modo ostacolato dalla violazione di tali norme.

143    Ad ogni buon conto, si deve rilevare che la ricorrente non ha dimostrato di essere stata ostacolata nell’esercizio dei suoi diritti della difesa a prescindere dalla violazione di una norma, a causa dell’assenza di un’impresa o di un terzo durante l’audizione organizzata ai fini dell’adozione della decisione impugnata.

144    La censura in esame va pertanto respinta.

5.      Sulla terza censura, relativa allimpossibilità, per la Commissione, di porre rimedio al vizio procedurale censurato dalla Corte 

145    La ricorrente sostiene, in sostanza, che fosse impossibile rimediare al vizio procedurale censurato dalla Corte. A causa del periodo trascorso, i cambiamenti intervenuti nell’identità dei soggetti e nella struttura del mercato erano tali, a suo avviso, che nessuna audizione poteva ancora essere organizzata a condizioni identiche o, quantomeno, equivalenti a quelle esistenti nel 2002.

146    A tal riguardo, occorre rilevare che, a causa dell’ampiezza dei compiti che essi comportano, il contesto nel quale sono organizzati i procedimenti di concorrenza è inevitabilmente alterato dal decorso del tempo.

147    In un contesto siffatto, in cui la concorrenza comporta costantemente modifiche dei soggetti, dei prodotti e delle quote di mercato, la possibilità che simili cambiamenti rendano impossibile, di per sé soli, l’adozione di una nuova decisione pregiudicherebbe, per sua natura stessa, la possibilità per la Commissione di riprendere un procedimento al fine di applicare le regole di concorrenza in esecuzione della missione affidatale dai Trattati.

148    Quando la Commissione decide di riprendere un procedimento a seguito di un annullamento di una delle sue decisioni da parte di una sentenza della Corte o del Tribunale, essa deve tuttavia procedere ad una valutazione destinata a determinare, alla luce delle circostanze esistenti al momento della ripresa, e in particolare degli effetti che possono aver potuto risultare dal decorso del tempo, se la prosecuzione del procedimento appaia ancora una soluzione adeguata alla situazione, ciò che essa ha fatto nel caso di specie, come spiegato in risposta alla prima censura del secondo motivo dedotto dalla ricorrente a sostegno del ricorso (v. punti da 156 a 180 infra).

149    La censura in esame va pertanto respinta.

150    Tenuto conto di quanto precede, occorre respingere il primo motivo.

6.      Sulla domanda di annullamento o di riduzione dellammenda presentata dalla ricorrente durante ludienza

151    Ad ogni buon conto, la ricorrente ha dichiarato in udienza che, qualora il Tribunale prevedesse di riformare l’importo dell’ammenda, esso dovrebbe tenere conto degli argomenti sollevati nel primo motivo, in particolare degli effetti del decorso del tempo sull’esercizio dei diritti della difesa.

152    A tal riguardo, l’ammenda non può essere ridotta né a maggior ragione annullata sulla base del primo motivo, poiché gli argomenti addotti a sostegno di quest’ultimo sono stati integralmente respinti. Inoltre, analogamente alla violazione da parte della Commissione del termine ragionevole di un procedimento amministrativo ai sensi dell’articolo 101 o 102 TFUE, gli effetti del decorso del tempo sui diritti della difesa fatti valere dalla ricorrente, quand’anche dimostrati, non potrebbero condurre a una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta (v., in tal senso, sentenza del 9 giugno 2016, CEPSA/Commissione, C‑608/13 P, EU:C:2016:414, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

153    La domanda formulata dalla ricorrente deve pertanto essere respinta senza che sia necessario pronunciarsi sulla sua ricevibilità.

B.      Sul secondo motivo, vertente sul rifiuto illegittimo della Commissione di verificare, prima di adottare la decisione impugnata, la compatibilità di tale decisione con il principio del termine ragionevole del procedimento

154    La ricorrente sostiene che la Commissione non abbia verificato in modo giuridicamente sufficiente se la decisione impugnata potesse essere adottata, laddove, a suo avviso, vi ostava il principio del termine ragionevole, sancito all’articolo 41 della Carta. Da un lato, essa addebita alla Commissione un errore di diritto al riguardo. Dall’altro, essa lamenta che la Commissione non avrebbe rispettato l’obbligo di motivazione ad essa incombente.

155    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

1.      Sulla prima censura, vertente su un errore di diritto

156    La ricorrente ritiene che la Commissione, rifiutandosi di valutare, prima di adottare la decisione impugnata, la compatibilità dell’adozione di tale decisione con il principio del termine ragionevole, abbia violato l’articolo 41 della Carta.

157    A tal riguardo, occorre rilevare che, come sottolineato dalla ricorrente, la Commissione è tenuta a rispettare il principio del termine ragionevole ripreso all’articolo 41 della Carta (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C2-44/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 179, e del 5 giugno 2012, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑214/06, EU:T:2012:275, punto 285).

158    Pertanto, il decorso del termine deve essere preso in considerazione quando, avvalendosi del margine discrezionale conferitole dal diritto dell’Unione, la Commissione valuta se, nell’applicazione delle regole di concorrenza, occorra avviare azioni e adottare una decisione.

159    Dalla decisione impugnata risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione non ha violato l’obbligo di tener conto della scadenza del termine quando valuta se debbano essere avviate siffatte azioni e adottata una decisione sanzionatoria. La decisione impugnata mostra, infatti, che tale istituzione ha esaminato, prima di pronunciarsi, se, nel caso di specie, il procedimento potesse essere riaperto e se esso potesse sfociare nell’adozione di una siffatta decisione, imponendo un’ammenda.

160    Pertanto, la Commissione ha analizzato, in diversi passaggi della decisione impugnata, da un lato, se il procedimento che aveva portato all’adozione di quest’ultima fosse stato condotto in modo soddisfacente per quanto riguarda i termini e, dall’altro, se si dovessero trarre conseguenze dalla durata delle fasi che avevano portato a tale adozione.

161    Ad esempio, la Commissione ha rilevato che, secondo l’analisi che essa aveva potuto effettuare, da un lato, le attività di indagine erano state svolte con diligenza e, dall’altro, le interruzioni intervenute nel corso del procedimento amministrativo erano dovute al sindacato giurisdizionale (punti 528 e 555 della decisione impugnata).

162    In tale contesto, la Commissione ha riconosciuto che, come affermato dal Tribunale e dalla Corte nelle sentenze del 25 ottobre 2007, Feralpi Siderurgica/Commissione (T‑77/03, non pubblicata, EU:T:2007:319), e del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709), essa aveva commesso taluni errori procedurali. Tuttavia, essa ha fatto valere che detti errori, che avevano potuto prolungare la durata del procedimento, erano dovuti all’incertezza giuridica in cui si era trovata a seguito della scadenza del trattato CECA (punto 555 della decisione impugnata).

163    Analogamente, la Commissione ha ammesso che, a seguito degli errori procedurali che erano stati commessi, le diverse fasi succedutesi avevano potuto condurre, per il procedimento considerato nel suo complesso – fasi amministrative e interruzioni dovute al sindacato giurisdizionale incluse – a una durata «oggettivamente» lunga (punto 528 della decisione impugnata).

164    La Commissione ha aggiunto, nell’ambito di tale valutazione, che, a suo avviso, la lunghezza di cui trattasi non superava i termini considerati accettabili alla luce della giurisprudenza (punto 528 della decisione impugnata).

165    A titolo complementare, la Commissione ha indicato che, in forza della giurisprudenza, una durata contraria al principio del termine ragionevole non poteva comportare, di per sé sola, l’annullamento di una decisione. Infatti, secondo la Corte, un risultato del genere potrebbe essere raggiunto solo se la durata irragionevole avesse pregiudicato i diritti della difesa compromettendo la facoltà, per le imprese interessate, di raccogliere le prove e di presentare i loro argomenti. Orbene, secondo la Commissione, la ricorrente non aveva dimostrato che ciò fosse avvenuto nel caso di specie (punti 556 e 557 della decisione impugnata).

166    Peraltro, la Commissione ha indicato, al punto 536 della decisione impugnata, che, alla luce della normativa applicabile, e conformemente alla giurisprudenza elaborata in materia, essa aveva il potere di adottare una nuova decisione.

167    La Commissione ha ammesso che l’adozione di una nuova decisione doveva essere preceduta da un esame volto, nell’ambito del potere discrezionale riconosciutole in materia di repressione delle infrazioni al diritto della concorrenza, a effettuare un bilanciamento tra, da un lato, l’interesse pubblico a garantire l’effettiva applicazione delle regole di concorrenza e, dall’altro, quello delle parti ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole e la mitigazione delle possibili conseguenze degli errori eventualmente commessi durante il procedimento (punti 536 e 559 della decisione impugnata).

168    Nel caso di specie, la Commissione ha effettuato un simile bilanciamento, concludendo, alla luce della gravità dell’infrazione constatata, da un lato, che era necessario adottare una decisione e, dall’altro, che doveva essere inflitta una sanzione alle imprese destinatarie (punti da 560 a 568 della decisione impugnata).

169    Infine, la Commissione ha ridotto l’importo dell’ammenda conformemente al suggerimento formulato dal consigliere-auditore, in modo da mitigare, in una certa misura (50%), le conseguenze negative che avrebbero potuto risultare, per le imprese interessate, dalla lunghezza del procedimento e dagli errori procedurali commessi (punti da 570 a 573 della decisione impugnata).

170    Pertanto, dalla decisione impugnata risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione ha verificato, prima di adottare tale decisione, se il principio del termine ragionevole fosse stato rispettato, analizzando la lunghezza del procedimento amministrativo, fasi amministrative e interruzioni dovute al sindacato giurisdizionale incluse, le cause che potevano spiegare la durata del procedimento e le conseguenze che potevano esserne tratte.

171    Tale conclusione è contestata dalla ricorrente, secondo la quale la Commissione, nella decisione impugnata, ha rifiutato di pronunciarsi sulla lunghezza irragionevole del procedimento con la motivazione che siffatta valutazione doveva essere riservata al giudice dell’Unione senza che essa potesse pronunciarsi al riguardo.

172    A tal riguardo, occorre rilevare che al giudice dell’Unione possono essere sottoposte questioni relative alla durata di procedimenti. Nel contenzioso in materia di responsabilità, esso deve condannare le istituzioni, gli organi o gli organismi dell’Unione laddove questi ultimi abbiano causato un danno violando il principio del termine ragionevole (sentenze del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 94, e dell’11 luglio 2019, Italmobiliare e a./Commissione, T‑523/15, non pubblicata, EU:T:2019:499, punto 159). Nel contenzioso di annullamento, la durata di un procedimento può avere come conseguenza l’annullamento di una decisione impugnata se due condizioni sono soddisfatte in modo cumulativo, la prima delle quali è che siffatta durata appaia essere stata irragionevole e la seconda che il superamento del termine ragionevole abbia ostacolato i diritti della difesa (sentenze del 21 settembre 2006, Technische Unie/Commissione, C‑113/04 P, EU:C:2006:593, punti 47 e 48; dell’8 maggio 2014, Bolloré/Commissione, C‑414/12 P, non pubblicata, EU:C:2014:301, punti 84 e 85, e del 9 giugno 2016, PROAS/Commissione, C‑616/13 P, EU:C:2016:415, punti da 74 a 76).

173    Come segnalato dalla ricorrente, la competenza così attribuita al giudice dell’Unione non può dispensare la Commissione dalla valutazione che essa deve effettuare al momento di determinare il seguito da dare a una sentenza di annullamento in applicazione dell’articolo 266 TFUE.

174    Come è stato indicato, la Commissione deve prendere in considerazione, quando effettua una siffatta valutazione, il complesso degli elementi della causa, in particolare l’opportunità di adottare una nuova decisione, quella di infliggere una sanzione e quella, se del caso, di ridurre la sanzione prevista qualora risulti, segnatamente, che, senza costituire di per sé un inadempimento colpevole, la durata del procedimento, in quanto ha comportato fasi amministrative ma anche, eventualmente, interruzioni dovute al sindacato giurisdizionale, può aver influito sugli elementi di cui tenere conto per fissare l’importo dell’ammenda, e in particolare sul suo eventuale effetto deterrente quando essa viene irrogata molto tempo dopo i fatti che costituiscono l’infrazione.

175    Tale valutazione, vertente in particolare sulla durata complessiva del procedimento, fasi giurisdizionali incluse, è stata principalmente effettuata al punto 528 della decisione impugnata.

176    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione ha verificato, nella decisione impugnata, se la durata del procedimento potesse ostare alla ripresa del procedimento pur riconoscendo che una siffatta valutazione era posta sotto il controllo del giudice dell’Unione nel contenzioso in materia di legittimità e, se del caso, di responsabilità.

177    Nel ricorso, la ricorrente invoca l’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), relativamente all’obbligo, che incomberebbe alla Commissione, di verificare, prima di adottare una nuova decisione, se tale adozione sarebbe conforme al principio del termine ragionevole.

178    A tal riguardo, occorre rilevare che, al pari dell’articolo 47 della Carta, parimenti invocato dalla ricorrente, l’articolo 6 della CEDU comporta l’obbligo di rispettare il principio del termine ragionevole nei procedimenti giurisdizionali.

179    Nel caso di specie, l’articolo 6 della CEDU e l’articolo 47 della Carta non possono in ogni caso incidere sulla soluzione da dare alla controversia per quanto riguarda il motivo qui esaminato, dato che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione ha proceduto, di fatto, come risulta dalla decisione impugnata, alla verifica di cui si tratta nell’argomentazione da essa sviluppata.

180    La censura in esame va pertanto respinta.

2.      Sulla seconda censura, vertente su una violazione dellobbligo di motivazione

181    Anche supponendo che l’argomentazione della ricorrente debba essere intesa nel senso che essa addebita alla Commissione, fra l’altro, di aver violato l’obbligo di motivazione non spiegando in modo giuridicamente sufficiente i motivi per i quali riteneva di non essere tenuta a valutare il rispetto del principio del termine ragionevole, la censura sarebbe carente sotto il profilo in fatto.

182    Invero, come dichiarato in risposta alla prima censura del presente motivo, la Commissione non ha rifiutato di verificare, nella decisione impugnata, la compatibilità dell’adozione di quest’ultima con il principio del termine ragionevole.

183    Al contrario, dalla risposta alla prima censura emerge che essa ha proceduto a tale verifica in modo giuridicamente sufficiente concludendo che nessuna considerazione poteva ostare alla ripresa del procedimento, all’adozione di una nuova decisione e all’irrogazione di un’ammenda.

184    La censura deve pertanto essere respinta, così come, di conseguenza, il secondo motivo nel suo complesso.

C.      Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del principio del termine ragionevole del procedimento

185    La ricorrente deduce che la decisione impugnata deve essere annullata, giacché è stata adottata al termine di un procedimento che avrebbe oltrepassato il termine ragionevole. A suo avviso, la durata eccessiva del procedimento comporta la conseguenza che la Commissione non disponesse più del potere sanzionatorio. L’argomentazione sviluppata a sostegno del terzo motivo contiene, in sostanza, quattro censure, tutte contestate dalla Commissione.

186    Prima di esaminare tali censure, si deve ricordare che, secondo la Corte, la durata del procedimento può avere come conseguenza l’annullamento di una decisione impugnata se ricorrono cumulativamente due condizioni, la prima, che la durata del procedimento appaia irragionevole e, la seconda, che il superamento del termine ragionevole abbia impedito l’esercizio dei diritti della difesa (v. punto 172 supra).

187    Ne consegue che una decisione della Commissione non potrebbe essere annullata per il solo motivo del superamento del termine ragionevole qualora tale superamento non abbia pregiudicato i diritti della difesa della ricorrente.

188    Per l’analisi del motivo, il Tribunale esaminerà la prima condizione, considerando in successione la durata delle fasi amministrative (prima censura), la durata delle fasi giurisdizionali (seconda censura) e la durata complessiva del procedimento amministrativo, incluse le interruzioni dovute al sindacato giurisdizionale (terza censura). Successivamente, esso analizzerà, a titolo della seconda condizione, se l’esercizio dei diritti della difesa della ricorrente sia stato ostacolato (quarta censura).

1.      Sulla prima censura, relativa alla durata delle fasi amministrative

189    La ricorrente sostiene che l’affermazione della Commissione secondo cui le fasi amministrative del procedimento sono state sempre condotte «speditamente e senza ingiustificate interruzioni» non tiene conto della realtà dei fatti e, al più, si può ritenere corretta soltanto con riguardo alla fase di adozione della decisione del 2002, tale fase essendo durata, nell’insieme, due anni e due mesi.

190    Le altre fasi del procedimento amministrativo che hanno portato all’adozione, rispettivamente, della decisione del 2009 e della decisione impugnata, sarebbero state caratterizzate da periodi di inerzia della Commissione manifestamente irragionevoli.

191    Anche la durata complessiva del procedimento amministrativo sarebbe di per sé irragionevole, in particolare alla luce della causa che ha dato luogo alla sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582).

192    A tal riguardo, occorre ricordare che il diritto dell’Unione impone alle istituzioni di trattare entro un termine ragionevole i casi nell’ambito dei procedimenti amministrativi da esse condotti (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2012, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑214/06, EU:T:2012:275, punto 284).

193    Infatti, l’obbligo di osservare un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi costituisce un principio generale di diritto ripreso, in particolare, dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta (sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 167; dell’11 aprile 2006, Angeletti/Commissione, T‑394/03, EU:T:2006:111, punto 162, e del 7 giugno 2013, Italia/Commissione, T‑267/07, EU:T:2013:305, punto 61).

194    Nel caso di specie, dal fascicolo risulta che quattro fasi, durate complessivamente sei anni e un mese, si sono succedute dinanzi alla Commissione nel corso della trattazione del caso:

–        una prima fase, durata un anno e cinque mesi, ha separato le prime misure di indagine dall’invio della comunicazione degli addebiti alla Federacciai e alle imprese interessate;

–        le tre fasi successive sono quelle che hanno condotto, rispettivamente, all’adozione della decisione del 2002, di quella del 2009 e della decisione impugnata, ciascuna delle quali è durata, rispettivamente, nove mesi, due anni e un mese e un anno e nove mesi.

195    Secondo la giurisprudenza, il carattere ragionevole del termine deve essere valutato prendendo in considerazione le circostanze proprie di ciascun caso di specie e, segnatamente, la rilevanza della controversia per l’interessato, la complessità del caso nonché il comportamento della parte ricorrente e quello delle autorità competenti (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti 187 e 188).

196    Pertanto, anche supponendo che, in altri casi, la fase amministrativa che ha seguito l’annullamento di una decisione della Commissione da parte del giudice dell’Unione, nell’ambito di un procedimento ripreso per adottare una nuova decisione, sia stata più breve che nelle circostanze del caso di specie, ciò non consentirebbe, di per sé, di concludere nel senso della violazione del principio del termine ragionevole.

197    Occorre infatti esaminare la ragionevolezza del termine considerando le circostanze proprie di ciascun caso di specie alla luce, in particolare, dei criteri menzionati al punto 195 supra.

198    In primo luogo, per quanto riguarda la rilevanza della controversia per l’interessato, occorre ricordare che, in caso di controversia riguardante un’infrazione al diritto della concorrenza, il precetto fondamentale della certezza del diritto, sulla quale gli operatori economici devono poter contare, nonché l’obiettivo di garantire che la concorrenza non sia falsata sul mercato interno presentano un rilevante interesse non solo per la parte ricorrente e per i suoi concorrenti, bensì anche per i terzi, in ragione del vasto numero di persone coinvolte e degli interessi economici in gioco (v. sentenza del 1° febbraio 2017, Aalberts Industries/Unione europea, T‑725/14, EU:T:2017:47, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

199    Nel caso di specie, la Commissione ha constatato nella decisione impugnata che la ricorrente aveva violato l’articolo 65, paragrafo 1, CA, partecipando, dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000, a un accordo continuato o a pratiche concertate riguardanti il tondo per cemento armato aventi per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite nel mercato interno.

200    Sulla base di tale constatazione, la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda di EUR 5,125 milioni.

201    Tenendo conto di tali elementi, è lecito ritenere che la rilevanza del caso fosse notevole per la ricorrente.

202    In secondo luogo, per quanto concerne la complessità del caso, si deve rilevare che gli errori in cui è incorsa la Commissione riguardano le conseguenze che occorreva trarre, per il procedimento, dalla scadenza del Trattato CECA.

203    Orbene, occorre ricordare che le questioni connesse alle norme applicabili ai fatti in discussione, sia per quanto riguarda il merito sia per quanto riguarda il procedimento, a causa della scadenza del Trattato CECA, presentavano, come indicato dalla Commissione, una certa complessità.

204    Inoltre, l’intesa ha coperto un periodo relativamente lungo (10 anni e 7 mesi), ha coinvolto un numero significativo di soggetti (8 imprese, comprendenti in totale 11 società e un’associazione di categoria) e ha comportato un volume imponente di documenti forniti o ottenuti nel corso delle ispezioni (circa 20 000 pagine).

205    Alla luce di tali elementi, il caso deve essere considerato complesso.

206    In terzo luogo, quanto al comportamento delle parti, va constatato che la Commissione ha svolto un’attività continua a causa dei numerosi solleciti che le pervenivano dalle parti del procedimento amministrativo.

207    Così, la Commissione ha dovuto esaminare, nel contesto dell’adozione della decisione impugnata, numerose lettere, mentre al contempo doveva preparare l’audizione del 23 aprile 2018 e verificare una proposta di transazione presentata da alcune parti del procedimento amministrativo il 4 dicembre 2018.

208    Da tali elementi considerati nel loro complesso risulta che la durata delle fasi amministrative del procedimento non appare irragionevole alla luce delle circostanze proprie del caso di specie e, in particolare, della sua complessità, in un contesto in cui nessun periodo di inerzia ingiustificata può essere addebitato alla Commissione nel corso delle tappe che hanno punteggiato le suddette fasi amministrative.

209    La censura in esame va pertanto respinta.

2.      Sulla seconda censura, relativa alla durata delle fasi giurisdizionali

210    La ricorrente critica il carattere a suo avviso irragionevole della durata dei procedimenti giurisdizionali. Da un lato, la durata complessiva di tali procedure sarebbe stata di dodici anni. Dall’altro, ciascun procedimento dinanzi al Tribunale (cause T‑77/03 e T‑70/10) sarebbe durato quasi cinque anni.

211    A tal riguardo, occorre rammentare che l’obbligo di osservare un termine ragionevole nello svolgimento dei procedimenti amministrativi costituisce un principio generale di diritto ripreso in particolare all’articolo 41, paragrafo 1, della Carta.

212    Nello stesso senso, il mancato rispetto di una durata ragionevole del processo costituisce un’irregolarità procedurale (sentenza del 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione, C‑385/07 P, EU:C:2009:456, punto 191).

213    Difatti, ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, ai fini della determinazione sia dei suoi diritti e doveri di carattere civile sia della fondatezza di ogni accusa penale le venga rivolta, conformemente all’articolo 47 della Carta e all’articolo 6 della CEDU (v., in tal senso, sentenze del 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione, C‑385/07 P, EU:C:2009:456, punti da 177 a 179, e del 5 giugno 2012, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑214/06, EU:T:2012:275, punti 282 e 283).

214    Secondo la giurisprudenza, una violazione da parte di un giudice dell’Unione del suo obbligo di pronunciarsi entro un termine ragionevole deve essere sanzionata non già in un ricorso di annullamento e di cancellazione o riduzione dell’importo dell’ammenda, bensì in un ricorso per risarcimento danni, ricorso che costituisce un rimedio effettivo (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 26 novembre 2013, Gascogne Sack Deutschland/Commissione, C‑40/12 P, EU:C:2013:768, punto 89, e del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione, C‑85/15 P, EU:C:2017:709, punto 54).

215    Questa giurisprudenza si spiega con la preoccupazione del giudice dell’Unione di non far dipendere la legittimità di una decisione adottata dalla Commissione dalle condizioni nelle quali un procedimento giurisdizionale è stato condotto dal giudice (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 203).

216    La censura in esame deve pertanto essere respinta in quanto inoperante.

3.      Sulla terza censura, relativa alla durata complessiva del procedimento

217    La ricorrente si duole della durata complessiva che è stata necessaria per il trattamento del fascicolo dai primi atti istruttori fino all’adozione della decisione impugnata. A suo avviso, il fatto che, al momento della suddetta adozione, tale durata fosse pari a quasi 19 anni e riguardasse condotte alcune delle quali si erano verificate oltre 30 anni prima rende siffatta durata contraria al principio del termine ragionevole.

218    A tal riguardo, occorre rilevare che l’obbligo di rispettare un termine ragionevole si applica a ciascuna fase che s’inscriva in un procedimento nonché al complesso da quest’ultimo formato (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti 230 e 231, e conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Solvay/Commissione, C‑109/10 P, EU:C:2011:256, paragrafo 239).

219    Nel caso di specie, si deve constatare che il periodo nel corso del quale si è svolto il complesso del procedimento amministrativo è stato eccezionalmente lungo, ciò che, del resto, ha indotto la Commissione a ridurre l’ammenda infine irrogata alla ricorrente (v. punto 169 supra).

220    Tuttavia, la lunghezza complessiva del procedimento amministrativo può essere spiegata, nella fattispecie, con la complessità del fascicolo, fermo restando che, per taluni aspetti, essa è dovuta ad elementi relativi al caso vero e proprio, mentre, per altri, è legata al contesto in cui è da inquadrare il fascicolo, vale a dire la scadenza del trattato CECA (v. punti da 202 a 205 supra).

221    È vero che la Commissione è incorsa in taluni errori nella valutazione delle conseguenze da trarre dalla scadenza del trattato CECA e che detti errori hanno dato luogo ad annullamenti pronunciati dal Tribunale e successivamente dalla Corte.  

222    Tuttavia, tali errori nonché l’impatto che essi hanno potuto avere sulla durata del procedimento amministrativo devono essere valutati tenendo conto della complessità delle questioni sollevate.

223    Peraltro, la durata complessiva del procedimento amministrativo è in parte imputabile alle interruzioni dovute al sindacato giurisdizionale ed è quindi legata al numero di ricorsi proposti dinanzi al giudice dell’Unione sui diversi aspetti del caso.

224    A detto riguardo occorre notare che la possibilità che talune imprese, in una situazione come quella della ricorrente, vedano i propri casi esaminati più di una volta dalle autorità amministrative ed eventualmente dai giudici dell’Unione è insita nel sistema realizzato previsto dagli autori dei trattati per il controllo delle condotte e delle operazioni in materia di concorrenza.

225    Quindi, l’obbligo per le autorità amministrative di svolgere svariate formalità e adempimenti prima di poter adottare una decisione finale nell’ambito della concorrenza, e la possibilità che suddetti formalità o adempimenti possano dare origine ad un ricorso, non possono essere utilizzati da un’impresa, come argomento al termine dell’iter procedimentale, per far valere che si sia superato il termine ragionevole (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Wahl nelle cause Feralpi e a./Commissione, C‑85/15 P, C‑86/15 P e C‑87/15 P, C‑88/15 P e C‑89/15 P, EU:C:2016:940, paragrafo 70).

226    In tali circostanze, non si può considerare che, valutata nel suo complesso, la durata del procedimento amministrativo sia stata eccessiva, e che, pertanto, essa abbia potuto ostare all’adozione, da parte della Commissione, di una nuova decisione irrogativa di un’ammenda.

227    La censura in esame va pertanto respinta.

4.      Sulla quarta censura, concernente leffetto della durata del procedimento sui diritti della difesa

228    La ricorrente ritiene che la durata irragionevole del procedimento amministrativo abbia pregiudicato l’esercizio dei suoi diritti della difesa nel corso della terza fase di tale procedimento, compresa tra la sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709) e l’adozione della decisione impugnata.

229    A tal riguardo, occorre ricordare che, come indicato al punto 186 supra, affinché il giudice pronunci l’annullamento della decisione adottata dalla Commissione a motivo di una violazione del principio del termine ragionevole, devono essere soddisfatte due condizioni. Poiché la prima (durata irragionevole del procedimento) non è soddisfatta, non è necessario, in linea di principio, verificare, in risposta alla quarta censura, se la lunghezza del procedimento amministrativo abbia ostacolato l’esercizio dei diritti della difesa. Occorre tuttavia procedere a tale esame, ad abundantiam, per fornire una piena risposta alle preoccupazioni formulate dalla ricorrente.

230    Da un lato, occorre constatare che, nel corso del procedimento considerato nel suo complesso, la ricorrente ha avuto, almeno sette volte, l’occasione di esprimere il suo punto di vista e di esporre i suoi argomenti (v. punti da 3 a 6, 10, 23 e 24 supra).

231    In particolare, la ricorrente ha potuto esprimere il suo punto di vista, durante la terza fase amministrativa, nelle sue osservazioni del 1º febbraio 2018, durante l’audizione del 23 aprile 2018 e nelle sue osservazioni del 7 maggio 2018 (v. punti da 23 a 25 supra).

232    D’altro lato, l’esame del primo motivo ha consentito di dimostrare che i diritti della difesa della ricorrente non erano stati pregiudicati né dal fatto che non tutti i soggetti che avevano partecipato alle precedenti audizioni erano presenti all’audizione del 23 aprile 2018, né dal fatto che i rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sapessero, al momento di esprimere il loro parere all’interno del comitato consultivo, che due decisioni, una delle quali era stata confermata dal Tribunale, erano state adottate precedentemente nei confronti delle imprese interessate (v. punti da 55 a 149 supra).

233    Da tali elementi risulta che, anche supponendo che la durata del procedimento amministrativo possa essere considerata contraria al principio del termine ragionevole, le condizioni da soddisfare per ottenere un annullamento della decisione impugnata non sarebbero soddisfatte, dal momento che la ricorrente non ha potuto dimostrare alcuna lesione dei diritti della difesa derivanti da detta durata.

234    Ciò considerato, si deve ritenere che non sia soddisfatto alcuno dei requisiti necessari affinché il Tribunale possa pronunciare l’annullamento della decisione impugnata a titolo di violazione del principio del termine ragionevole.

235    La censura dev’essere quindi respinta e, con essa, il terzo motivo considerato nel suo complesso.

D.      Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, su errori manifesti di valutazione e sulla violazione del principio di proporzionalità

236    Il quarto motivo è suddiviso in quattro censure. Esse sono tutte contestate dalla Commissione.

1.      Sulla prima censura, relativa allerronea decisione della Commissione di adottare una nuova decisione irrogativa di unammenda

237    La ricorrente sostiene che la Commissione non ha correttamente esercitato la sua discrezionalità in quanto ha dato priorità all’applicazione effettiva e all’effetto deterrente delle regole di concorrenza rispetto al principio del termine ragionevole. La decisione impugnata sarebbe altresì inficiata da una motivazione insufficiente su tale punto.

238    A tal riguardo, occorre rilevare che la Commissione è investita dall’articolo 105, paragrafo 1, TFUE del compito di vigilare sull’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE.

239    A detto titolo, la Commissione è chiamata a definire e ad attuare, secondo la giurisprudenza, la politica dell’Unione in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 16 ottobre 2013, Vivendi/Commissione, T‑432/10, non pubblicata, EU:T:2013:538, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

240    In tale contesto, la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale attestato dal regolamento n. 1/2003, secondo il quale, qualora constati l’esistenza di un’infrazione, essa «può», da un lato, obbligare le imprese interessate a porvi fine (articolo 7, paragrafo 1) e, dall’altro, infliggere ammende alle imprese che contravvengono (articolo 23, paragrafo 2).

241    In materia di concorrenza, alla Commissione è stato quindi affidato, indipendentemente dalla via seguita per portare il fascicolo a sua conoscenza, ovverosia, segnatamente, nell’ambito di una denuncia oppure di propria iniziativa, il potere di decidere se determinati comportamenti debbano essere oggetto di un’istruttoria, di una decisione e di un’ammenda, in funzione delle priorità da essa definite nell’ambito della sua politica di concorrenza.

242    Tuttavia, l’esistenza di tale potere non esime la Commissione dal suo obbligo di motivazione (v., in tal senso, sentenza del 12 marzo 2020, LL-Carpenter/Commissione, T‑531/18, non pubblicata, EU:T:2020:91, punto 90 e giurisprudenza ivi citata).

243    In un contesto in cui, come nel caso di specie, da un lato, una decisione adottata dalla Commissione è stata annullata due volte e in cui, dall’altro, il tempo trascorso tra i primi atti istruttori e l’adozione della decisione è stato eccezionalmente lungo, spetta a detta istituzione, in base al principio di buona amministrazione, tener conto della durata del procedimento e delle conseguenze che una simile durata ha potuto avere sulla sua decisione di perseguire le imprese interessate, e tale valutazione deve allora risultare nella motivazione della decisione.

244    In primo luogo, occorre rilevare che, come risulta dalla risposta data al terzo motivo, il principio del termine ragionevole non è stato ignorato nelle circostanze del caso di specie.

245    Ne consegue che l’argomentazione della ricorrente secondo cui la Commissione non avrebbe correttamente esercitato il suo potere discrezionale, giacché non avrebbe tenuto conto del fatto che la durata del procedimento aveva superato un termine ragionevole, deve essere respinta a priori.

246    In secondo luogo, si deve comunque rilevare, per quanto riguarda la motivazione fornita dalla Commissione nella decisione impugnata, che la Commissione ha esposto dettagliatamente, da un lato, ai punti da 526 a 529 della decisione impugnata e, dall’altro, ai punti da 536 a 573 di tale decisione, le ragioni per le quali essa ha ritenuto che occorresse adottare una nuova decisione che accertasse l’esistenza dell’infrazione e infliggesse un’ammenda alle imprese interessate.

247    Così, la Commissione ha indicato, anzitutto, che la durata del procedimento non comportava, a suo avviso, alcuna violazione del principio del termine ragionevole (punti 528 e 555 della decisione impugnata) e che i diritti della difesa delle imprese non erano stati violati, dato che queste ultime, da un lato, avevano potuto presentare le loro osservazioni quanto alla riapertura del procedimento e, dall’altro, avevano parimenti esposto i loro argomenti nel corso dell’audizione del 23 aprile 2018. Sotto tale profilo, essa ha precisato che la ricorrente non aveva fornito alcun elemento concreto a supporto della sua affermazione secondo cui essa non sarebbe stata in grado di esercitare pienamente i suoi diritti della difesa (punti 556 e 557 di detta decisione).

248    La Commissione, tuttavia, ha ammesso di essere incorsa in taluni errori procedurali e ha riconosciuto che tali errori avevano potuto contribuire ad allungare la durata del procedimento.

249    È in tale momento che la Commissione ha proceduto, nella decisione impugnata, a un bilanciamento dell’interesse generale all’effettiva applicazione delle norme in materia di concorrenza e dello scrupolo di mitigare le possibili conseguenze degli errori procedurali commessi (punto 559 della decisione impugnata).

250    A tale titolo, la Commissione ha rilevato che le imprese di cui trattasi avevano partecipato, per undici anni, a un’infrazione considerata come una restrizione fra le più serie in materia di concorrenza. Essa ha indicato che, in un simile contesto, il fatto di non riadottare una decisione che constata la partecipazione delle imprese a detta infrazione sarebbe contraria all’interesse generale di garantire ad un’effettiva applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione e andrebbe al di là dell’interesse a mitigare le conseguenze di un’eventuale violazione dei diritti fondamentali subita dalle imprese destinatarie (punti 560 e 561 della decisione impugnata).

251    All’esito di tale bilanciamento, la Commissione è giunta alla conclusione che, dal momento che era stata commessa un’infrazione, è soltanto adottando la decisione impugnata che essa avrebbe potuto assicurarsi che gli autori dell’infrazione non restassero impuniti e fossero effettivamente dissuasi dall’adottare un comportamento simile in futuro (punti da 563 a 569 della decisione impugnata).

252    Al termine dell’analisi, la Commissione ha precisato che, al fine di mitigare le conseguenze negative che potrebbero essere state causate dalla lunghezza del procedimento, che si era resa necessaria per ovviare ai vizi procedurali intervenuti nel corso dell’indagine e non attribuibili alle imprese di cui trattasi, essa aveva deciso di ridurre del 50% l’importo delle ammende inflitte (punti da 570 a 573 della decisione impugnata).

253    Consta quindi che, nella decisione impugnata, la Commissione ha fornito una motivazione approfondita che fa apparire, in forma chiara e non equivoca, il ragionamento da essa seguito per giustificare l’adozione di una nuova decisione nonostante i due annullamenti in precedenza intervenuti.

254    La censura in esame va pertanto respinta.

2.      Sulla seconda censura, relativa ad un errore di valutazione in cui è incorsa la Commissione riguardo alleffetto deterrente che può essere prodotto da una decisione irrogativa di unammenda

255    La ricorrente contesta che la decisione impugnata consenta di garantire un effetto deterrente. Essa sostiene che una sanzione tardiva indebolirebbe il suo stesso obiettivo, comprometterebbe la sua utilità e si porrebbe in contrasto con l’«obiettivo rieducativo della pena», avente rango costituzionale nel diritto italiano. Meno di una decina di operatori sarebbero ancora attivi sul mercato italiano del tondo per cemento armato, la domanda sarebbe fortemente diminuita e gli operatori sarebbero stati sottoposti ad una forte pressione competitiva dei produttori di paesi terzi.

256    Al riguardo, occorre rilevare che la Commissione ha potuto considerare, alla luce del carattere grave dell’infrazione constatata, che adottare una decisione e infliggere una sanzione era ancora giustificato, al momento in cui la decisione impugnata è stata adottata, in considerazione dell’effetto deterrente che avrebbero potuto produrre, sui mercati, tale decisione e tale sanzione.

257    È difatti la sanzione, vale a dire il fatto di dover versare l’ammenda inflitta, che dissuade effettivamente un’impresa, e in modo generale i soggetti del mercato, dal commettere una violazione delle regole di concorrenza previste agli articoli 101 e 102 TFUE. È vero che alla ricorrente è stata inflitta una sanzione in due occasioni nel corso del procedimento, la prima volta con la decisione del 2002 e la seconda con quella del 2009. Tuttavia, tali decisioni sono state annullate dal giudice dell’Unione, rispettivamente, nelle sentenze del 25 ottobre 2007, Feralpi Siderurgica/Commissione (T‑77/03, non pubblicata, EU:T:2007:319), e del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709). In siffatto contesto, imporre una sanzione nella decisione impugnata ha potuto trovare una giustificazione alla luce della necessità di garantire l’effetto deterrente.

258    Si può aggiungere che l’imposizione di un’ammenda da parte della Commissione non aveva come unico obiettivo, nel caso di specie, quello di conferire un certo effetto deterrente alla decisione impugnata, ma parimenti quello di evitare una totale impunità alle imprese interessate, il che sarebbe avvenuto qualora esse non fossero state sanzionate nella decisione impugnata (v. punto 527 della decisione impugnata).

259    Orbene, quest’ultimo obiettivo era sufficiente, di per sé solo, alla luce degli elementi menzionati nella decisione impugnata, e tenuto conto con particolare rilievo, da un lato, della gravità dell’infrazione constatata dalla Commissione e, dall’altro, della durata di tale infrazione quale accertata da detta istituzione, per giustificare nel caso di specie l’adozione di una decisione irrogativa di una sanzione.

260    La censura in esame va pertanto respinta.

3.      Sulla terza censura, riguardante un errore in cui è incorsa la Commissione nella valutazione della possibilità, per taluni terzi, di proporre unazione risarcitoria dinanzi ai giudici nazionali

261    La ricorrente sostiene che la decisione impugnata non è necessaria per la proposizione di azioni per il risarcimento del danno causato dall’intesa di cui trattasi, sapendo che tali azioni non sarebbero state proposte e sarebbero state verosimilmente prescritte.

262    A tal riguardo, occorre rilevare che, al punto 564 della decisione impugnata, la Commissione ha spiegato che, a suo avviso, la ripresa del procedimento e l’adozione di una nuova decisione potevano agevolare il compito dei terzi intenzionati ad esperire, se del caso, dinanzi ai giudici nazionali, un’azione risarcitoria.

263    Siffatta valutazione è fondata. La Commissione, in effetti, non poteva escludere, adottando la decisione impugnata, la possibilità che talune vittime avessero interrotto la prescrizione e che tale decisione potesse quindi agevolare la presentazione, da parte di queste ultime, di un’azione risarcitoria volta ad ottenere il risarcimento di un eventuale danno.

264    Occorre tuttavia rilevare che paesi diversi dall’Italia potevano essere interessati dall’esperimento di azioni volte ad ottenere il risarcimento di un eventuale danno risultante dall’intesa, dato che i prodotti su cui detta intesa aveva inciso hanno potuto essere acquistati da clienti situati all’estero.

265    In tale contesto, l’applicazione di altri diritti nazionali, i quali prevedano, eventualmente, norme diverse sul termine di prescrizione o sulle cause che potevano sospendere, o addirittura interrompere, quest’ultima, non poteva essere esclusa dalla Commissione.

266    Pertanto, la ricorrente, nella sua argomentazione, non è riuscita a dimostrare l’esistenza di un errore, giacché la sua posizione si limita ad indicare che essa non ha la stessa opinione della Commissione sulla questione in esame, vale a dire l’interesse dell’esistenza di una decisione della Commissione ai fini della proposizione di azioni risarcitorie dinanzi ai giudici nazionali da parte di terzi eventualmente lesi.

267    La censura in esame va pertanto respinta.

4.      Sulla quarta censura, relativa alla violazione del principio di proporzionalità

268    La ricorrente ha fatto valere, nei suoi scritti difensivi e in udienza, che, a causa della durata irragionevole del procedimento, l’adozione della decisione impugnata era contraria al principio di proporzionalità. Essa ha sollevato a tal riguardo tre argomenti. In primo luogo, il procedimento amministrativo non avrebbe dovuto essere riaperto. In secondo luogo, essendo detto procedimento stato ripreso, la Commissione avrebbe potuto adottare una decisione senza imporre sanzioni. In terzo luogo, poiché la Commissione ha erroneamente inflitto un’ammenda, il Tribunale dovrebbe riformarne l’importo.

269    A tal riguardo, si deve ricordare che il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione non eccedano i limiti di quanto è idoneo e necessario alla realizzazione dell’obiettivo perseguito, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v., in tal senso, sentenze del 13 novembre 1990, Fedesa e a., C‑331/88, EU:C:1990:391, punto 13, e del 14 luglio 2005, Paesi Bassi/Commissione, C‑180/00, EU:C:2005:451, punto 103).

270    Sul primo argomento sollevato dalla ricorrente, occorre ricordare che, nel caso di specie, la Commissione ha ripreso il procedimento amministrativo, come le consente la giurisprudenza in caso di annullamento di un atto da essa emanato (v. punti 49 e 51 supra)

271    Come risulta dall’analisi del primo e del terzo motivo, la ripresa del procedimento amministrativo non può comportare l’annullamento della decisione impugnata, poiché la ricorrente non ha dimostrato che la durata di detto procedimento era stata eccessiva né che i suoi diritti della difesa erano stati lesi nel senso indicato dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 172. Orbene, nel caso di specie, dall’analisi del primo e del terzo motivo risulta che la ricorrente non può avvalersi di siffatte violazioni.

272    Ciononostante, la Commissione si è premurata di giustificare, nella decisione impugnata, le ragioni per le quali la ripresa del procedimento amministrativo nonché l’adozione di una nuova decisione e l’irrogazione di una sanzione le apparivano giustificate, vale a dire:

–        garantire un’applicazione effettiva del diritto della concorrenza ed evitare un’impunità delle imprese di cui trattasi;

–        dissuadere le imprese coinvolte dal commettere una nuova infrazione al diritto della concorrenza;

–        agevolare le azioni di risarcimento proposte dalle eventuali vittime dell’intesa.

273    Ciò posto, occorre respingere il primo argomento della ricorrente.

274    Sul secondo argomento della ricorrente, occorre ricordare che la Commissione ha provveduto a mitigare le conseguenze della lunghezza del procedimento amministrativo, per le imprese destinatarie della decisione impugnata, concedendo loro una riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda.

275    Secondo la ricorrente, il principio di proporzionalità implicava tuttavia che, nel caso di specie, se fosse stata adottata una terza decisione, non le venisse inflitta alcuna ammenda.

276    A tal riguardo, come ricordato al precedente punto 172, un superamento del termine ragionevole, quand’anche dimostrato, non è di per sé sufficiente a comportare un annullamento della decisione impugnata, dal momento che un simile annullamento è riservato alle situazioni in cui un siffatto superamento abbia ostacolato l’esercizio dei diritti della difesa.

277    Inoltre, come ricordato al precedente punto 172, quando il superamento del termine ragionevole non ostacola l’esercizio dei diritti della difesa, il risarcimento del danno causato può essere chiesto nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni dinanzi al giudice dell’Unione.

278    Siffatta posizione è criticata dalla ricorrente, ad avviso della quale la proposizione di un ricorso per risarcimento danni non è un «rimedio effettivo», giacché essa ritarderebbe ulteriormente la constatazione della violazione del suo diritto ad un termine ragionevole.

279    A tal riguardo, occorre ricordare che il diritto a un ricorso effettivo è sancito dall’articolo 47, paragrafo 1, della Carta e costituisce una prerogativa di cui il giudice dell’Unione deve garantire il rispetto. Tale diritto deve essere esercitato all’interno del sistema costituito dai mezzi di ricorso che sono organizzati nel Trattato, servendo il ricorso di annullamento a controllare la legittimità degli atti dell’Unione, mentre il ricorso per risarcimento danni è diretto ad ottenere il risarcimento di un danno causato da un comportamento illegittimo adottato dalle sue istituzioni, dai suoi organi o dai suoi organismi. In detto sistema, per ottenere l’annullamento di un atto lesivo, la ricorrente deve dimostrare che la validità di tale atto è stata inficiata dal comportamento illegittimo del suo autore.

280    Nel caso di specie, la ricorrente non ha dimostrato che la decisione impugnata fosse inficiata da una qualsivoglia illegittimità derivante da una violazione del diritto al termine ragionevole o da una violazione dei diritti della difesa tali da condurre al suo annullamento.

281    Il secondo argomento della ricorrente deve quindi essere respinto.

282    Con il suo terzo argomento, la ricorrente chiede in sostanza al Tribunale di esercitare la sua competenza estesa al merito riformando l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta in modo da tener conto delle circostanze del caso di specie, conformemente al principio di proporzionalità.

283    A tal riguardo, occorre ricordare che il giudice dell’Unione è legittimato ad esercitare una competenza estesa al merito ai sensi dell’articolo 261 TFUE e dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003 quando è investito della questione dell’importo dell’ammenda (sentenza del 10 aprile 2014, Commissione/Siemens Österreich e a. e Siemens Transmission & Distribution e a./Commissione, da C‑231/11 P a C‑233/11 P, EU:C:2014:256, punto 126).

284    Nel caso di specie, la ricorrente ha presentato una tale domanda al Tribunale, come risulta, in particolare, dal punto 158 del ricorso, dove, riassumendo le sue domande, essa dichiara di voler ottenere, quantomeno, una riduzione dell’importo dell’ammenda, segnatamente, a titolo dell’articolo 261 TFUE.

285    Quando esercita la sua competenza estesa al merito, il giudice dell’Unione è autorizzato – al di là del mero controllo di legittimità, che consente soltanto di respingere il ricorso di annullamento oppure di annullare (in tutto o in parte) l’atto impugnato – a tenere conto di tutte le circostanze di fatto al fine di modificare, se del caso, l’importo della sanzione [v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, EU:C:2009:505, punto 86 e giurisprudenza ivi citata, e del 10 novembre 2021, Google e Alphabet/Commissione (Google Shopping), T‑612/17, con impugnazione pendente, EU:T:2021:763, punto 605].

286    Nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, il giudice dell’Unione può sopprimere, ridurre o persino aumentare l’ammenda inflitta (v. sentenza del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione, C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punto 334 e giurisprudenza ivi citata).

287    In tali circostanze, il giudice dell’Unione può anche, ove occorra, effettuare valutazioni diverse da quelle effettuate dalla Commissione per la determinazione dell’importo dell’ammenda inflitta (v. sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 75).

288    Nella decisione impugnata, la Commissione, senza constatare né una violazione del termine ragionevole né una violazione dei diritti della difesa, ha concesso alla ricorrente una riduzione dell’importo dell’ammenda, che ha giustificato nei seguenti termini:

–        «tenuto conto della (...) incertezza creata dalla transizione tra i due trattati, circostanza eccezionale al tempo non espressamente disciplinata dalla giurisprudenza, (...) la Commissione considera opportuno che le parti destinatarie della presente decisione beneficino di una riduzione dell’ammenda» (punto 570);

–        tale riduzione è accordata «al fine di mitigare le conseguenze negative per le suddette parti che potrebbero essere state causate dalla lunga durata del procedimento che si è resa necessaria per ovviare a taluni vizi procedurali intervenuti nel corso dello stesso e che non sono attribuibili alle parti destinatarie della presente decisione» (punto 570);

–        «la concessione spontanea da parte della Commissione di una riduzione dell’importo dell’ammenda (...) [deve] considerarsi sufficiente (...) a mitigare le possibili conseguenze negative subite dalle parti destinatarie a causa della lunga durata del procedimento» (punto 572);

–        «[l]e parti destinatarie potranno (...) beneficiare di una riduzione adeguata delle ammende (...) al fine di mitigare le possibili conseguenze causate dagli errori procedurali commessi dalla Commissione» (punto 573);

–        «(...) la Commissione ritiene (...) che gli errori procedurali commessi dalla stessa nell’ambito della transizione tra il trattato CECA e il trattato CE e la durata più lunga che può essere scaturita da questi errori può giustificare un appropriato ristoro per i destinatari della presente decisione» (punto 991);

–        «alla luce della discrezionalità di cui la Commissione dispone in materia di fissazione delle ammende, si può (...) [concedere] ai destinatari della presente decisione una riduzione dell’ammenda che dovrebbe essere commisurata in modo tale da non penalizzare le imprese destinatarie per errori procedurali non commessi da loro ma, al contempo, non di una dimensione tale da intaccare il principio che i cartelli sono violazioni molto gravi al diritto della concorrenza» (punto 992);

–        «[a]l fine di prendere nella dovuta considerazione questi fattori, la Commissione conclude che una riduzione dell’ammenda del 50% a titolo di circostanza attenuante straordinaria deve essere riconosciuta a tutti i destinatari della presente decisione» (punto 994).

289    Ne deriva che, per concedere la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, la Commissione si è basata, in sostanza, sui seguenti elementi:

–        il caso è stato trattato nel periodo della scadenza del trattato CECA;

–        detta situazione ha comportato difficoltà nell’identificare le norme applicabili;

–        tali difficoltà hanno portato all’annullamento delle decisioni del 2002 e del 2009 da parte degli organi giurisdizionali dell’Unione;

–        gli annullamenti in parola hanno comportato un prolungamento del procedimento, in una misura che ha potuto incidere negativamente sulla situazione delle imprese interessate;

–        siffatte circostanze potevano essere prese in considerazione per determinare l’importo dell’ammenda.

290    A tal riguardo, occorre rilevare che la Commissione indica più volte, nei punti della decisione impugnata citati al punto 288 supra, che, accordando la riduzione dell’importo dell’ammenda in questione, essa intendeva «mitigare» o «riparare» le «conseguenze negative», vale a dire un danno che potesse essere stato causato da «errori» ad essa imputabili.

291    Sebbene termini siffatti siano generalmente associati a procedimenti di natura risarcitoria, dalla decisione impugnata non risulta che l’intenzione della Commissione nel concedere la riduzione dell’importo dell’ammenda in questione fosse quella di accordare un risarcimento per un danno causato da un comportamento illegittimo. In nessuna parte di tale decisione la Commissione ammette di aver tenuto un comportamento illegittimo, ad esempio oltrepassando la durata ragionevole del procedimento oppure violando i diritti della difesa della ricorrente. Al contrario, in diversi passaggi di suddetta decisione, essa rinvia alla giurisprudenza secondo la quale il rimedio, in caso di censura relativa alla durata del procedimento, deve essere trovato nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni (punti 568 e 578).

292    Si deve pertanto considerare, alla luce di tali diversi elementi, che la riduzione dell’importo dell’ammenda in questione concessa dalla Commissione non era diretta, nell’ottica di quest’ultima, a porre rimedio a un comportamento illegittimo, bensì semplicemente a tener conto delle circostanze del caso di specie nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale riconosciutole per l’imposizione delle sanzioni, fra l’altro, dalla sentenza del 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione (C‑510/06 P, EU:C:2009:166, punto 82) (v. punto 288 supra).

293    Nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, il Tribunale ritiene che, nel caso di specie, l’ammenda non possa essere annullata, a causa, segnatamente, della necessità di garantire la piena applicazione del diritto della concorrenza all’infrazione particolarmente grave e di durata significativamente lunga addebitata alla ricorrente, non essendo state validamente contestate la motivazione e la prova di tale infrazione nonché la partecipazione della ricorrente a quest’ultima (v. supra, motivi settimo e ottavo).

294    Ciò premesso, si deve tener conto del fatto che l’ammenda non è stata inflitta alla ricorrente entro i pochi anni successivi all’esecuzione degli ultimi comportamenti anticoncorrenziali accertati dalla Commissione, bensì quasi 20 anni dopo.

295    A tal riguardo, nel caso di specie occorre prendere in considerazione, nella determinazione dell’importo dell’ammenda, tra tutte le circostanze pertinenti, il suo carattere deterrente.

296    Infatti, la considerazione del carattere dissuasivo mira a garantire che l’importo dell’ammenda inciterà, in modo sufficiente, l’impresa interessata e, in modo generale, tutti gli operatori economici, a rispettare le regole di concorrenza dell’Unione (v. sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 102).

297    Nel caso di specie, l’obiettivo di dissuasione è già stato attuato nei confronti della ricorrente, quantomeno in parte, da un lato, con la sanzione inflittale nella decisione del 2002, poi in quella del 2009, nonché, dall’altro, con la prospettiva che la sanzione di cui trattasi possa essere mantenuta al termine del procedimento, qualora i ricorsi giurisdizionali proposti dalla ricorrente avverso tali decisioni fossero respinti oppure se, in caso di annullamento di dette decisioni, venisse adottata una nuova decisione che pronunciasse nuovamente una sanzione (v. punto 257 supra).

298    Ciò posto, occorre dichiarare, nell’ambito dell’esercizio della competenza estesa al merito, che, tenuto conto del lasso di tempo trascorso tra gli ultimi comportamenti anticoncorrenziali e l’adozione della decisione impugnata, la fissazione dell’importo dell’ammenda a un livello inferiore all’importo di base di EUR 10,25 milioni determinato dalla Commissione, nella suddetta decisione, in applicazione dei propri orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3), i quali possono guidare gli organi giurisdizionali dell’Unione quando esercitano la suddetta competenza (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 80), si rivela sufficiente, nel caso di specie, per produrre l’effetto deterrente perseguito.

299    Alla luce di quanto precede, una riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda stante il tempo trascorso fra gli ultimi comportamenti anticoncorrenziali e l’adozione della decisione impugnata è appropriata.

300    In conclusione, si deve:

–        respingere la censura e, con essa, il quarto motivo, nella parte in cui sono diretti a ottenere un annullamento totale o parziale della decisione impugnata;

–        respingere la censura e, con essa, il quarto motivo, nella parte in cui sono diretti a ottenere l’annullamento oppure la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, considerando che la riduzione dell’importo dell’ammenda del 50% accordata dalla Commissione nella decisione impugnata era appropriata alla luce dell’attenuazione del necessario effetto deterrente della sanzione a causa del tempo trascorso tra la fine dell’infrazione e l’irrogazione dell’ammenda.

E.      Sul quinto motivo, vertente sulla violazione del principio del ne bis in idem e del principio della certezza del diritto

301    La ricorrente ritiene che il principio del ne bis in idem e il principio della certezza del diritto ad esso sotteso ostassero all’adozione della decisione impugnata.

302    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

303    A tal riguardo, occorre sottolineare che il principio del ne bis in idem è espresso:

–        da un lato, all’articolo 50 della Carta, ai sensi del quale «[n]essuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge»;

–        dall’altro, all’articolo 4, paragrafo 1, del Protocollo n. 7 della CEDU.

304    Quale corollario del principio dell’autorità di cosa giudicata, il principio del ne bis in idem ha lo scopo di garantire la certezza del diritto e l’equità assicurando che, allorché è stata perseguita e, se del caso, condannata, la persona interessata abbia la certezza che non sarà nuovamente perseguita per la medesima infrazione (sentenza del 3 aprile 2019, Powszechny Zakład Ubezpieczeń na Życie, C‑617/17, EU:C:2019:283, punto 33).

305    In materia di concorrenza, in particolare, il principio del ne bis in idem vieta, in linea di principio, che un’impresa venga condannata o perseguita un’altra volta per un comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione non impugnabile (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 59, e del 1° luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione, T‑24/07, EU:T:2009:236, punto 178).

306    L’applicazione del principio del ne bis in idem presuppone, segnatamente, che vi sia stata una pronuncia sui fatti materiali costituenti l’infrazione o che la legittimità del giudizio formulato intorno a quest’ultima sia stata verificata (sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 60).

307    Se tale requisito è soddisfatto, il principio del ne bis in idem vieta una nuova valutazione nel merito dei fatti materiali costituenti l’infrazione qualora siffatta nuova valutazione abbia come conseguenza:

–        o l’irrogazione di una seconda sanzione, che si cumulerebbe con la prima, nel caso in cui venisse nuovamente ritenuta sussistere una responsabilità;

–        o l’irrogazione di una prima sanzione, nell’ipotesi in cui la responsabilità, esclusa dalla prima pronuncia, sia reputata sussistere dalla seconda (sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 61).

308    Per contro, il principio del ne bis in idem non osta ad una riattivazione delle procedure sanzionatorie aventi ad oggetto lo stesso comportamento anticoncorrenziale nel caso in cui una prima decisione sia stata annullata per motivi di forma senza che sia intervenuta una pronuncia sul merito dei fatti contestati, poiché in tal caso la decisione di annullamento non ha valore di «assoluzione» nel senso attribuito a detto termine nelle materie riguardanti la repressione degli illeciti (sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 62, e del 1° luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione, T‑24/07, EU:T:2009:236, punto 190).

309    In un’ipotesi siffatta, le sanzioni irrogate dalla nuova decisione non si cumulano, infatti, con quelle inflitte dalla decisione annullata, bensì vi si sostituiscono (sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 62 e del 1º luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione, T‑24/07, EU:T:2009:236, punto 190).

310    Nel caso di specie, si deve constatare che, ad oggi, nessuna decisione ha statuito in via definitiva sul merito della causa per quanto riguarda la partecipazione della ricorrente alle infrazioni che le sono addebitate. La decisione del 2002 è stata annullata dal Tribunale a causa della base giuridica utilizzata dalla Commissione e la decisione del 2009 è stata annullata per violazione di forme sostanziali, senza che, in nessuno di questi due casi, sia stata adottata una posizione definitiva sui motivi di merito dedotti dalla ricorrente, relativi alla sua partecipazione ai fatti che le sono contestati. La sentenza del 9 dicembre 2014, Feralpi/Commissione (T‑70/10, non pubblicata EU:T:2014:1031) è l’unica sentenza che si è pronunciata su tali motivi, ma è stata integralmente annullata dalla Corte. Pertanto, non si può affermare che, adottando la decisione impugnata, la Commissione abbia sanzionato o perseguito due volte la ricorrente per i medesimi fatti (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, da C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 63).

311    Quanto alla sanzione inflitta alla ricorrente nella decisione impugnata, essa si sostituisce a quella irrogata nella decisione del 2009, la quale, a sua volta, aveva sostituito la sanzione inflitta nella decisione del 2002. Le somme versate dalla ricorrente a titolo dell’ammenda inflitta nella decisione del 2002, e successivamente in quella del 2009, le sono state rimborsate a seguito degli annullamenti delle due decisioni suddette.

312    Ciò posto, non si può considerare che è stato violato il principio del ne bis in idem.

313    Occorre quindi escludere del pari la violazione del principio della certezza del diritto che risulterebbe da una violazione del principio del ne bis in idem e, per l’effetto, respingere il quinto motivo.

F.      Sul sesto motivo, vertente sull’illegittimità del regime di prescrizione previsto dall’articolo 25, paragrafi da 3 a 6, del regolamento n. 1/2003

314    La ricorrente solleva un’eccezione di illegittimità avverso il regime di interruzione e di sospensione della prescrizione previsto all’articolo 25, paragrafi da 3 a 6, del regolamento n. 1/2003. A suo avviso, tale regime dovrebbe essere dichiarato inapplicabile al presente procedimento. Infatti, esso condurrebbe a situazioni in cui, come nel caso di specie, la Commissione potrebbe adottare nuove decisioni a seguito di annullamento, senza che sia imposto un limite temporale a siffatta possibilità. Un simile risultato si porrebbe in contrasto, da un lato, con gli articoli 41 e 47 della Carta e, dall’altro, con l’articolo 6 della CEDU, i quali, tutti, sanciscono l’obbligo di rispettare un termine ragionevole nei procedimenti.

315    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

316    A tal riguardo, si deve ricordare che, in materia di concorrenza, il termine di prescrizione è disciplinato dall’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 nel modo seguente:

–        detto termine ha una durata di cinque anni [paragrafo 1, lettera b), letto in combinato disposto con l’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), di tale regolamento];

–        esso può essere interrotto da qualsiasi atto della Commissione destinato all’accertamento o alla repressione dell’infrazione (paragrafo 3); in tal caso, l’interruzione azzera retroattivamente il termine che ha già cominciato a decorrere e segna il dies a quo di un nuovo termine; in caso di interruzione, la prescrizione opera, al più tardi, allo spirare di un termine di dieci anni, se la Commissione non ha irrogato un’ammenda o una penalità di mora entro tale termine. (paragrafo 5);

–        il termine rimane sospeso durante i procedimenti di ricorso promossi dinanzi alla Corte contro la decisione della Commissione, e in tal caso esso è prorogato del periodo durante il quale si è verificata la sospensione (paragrafo 6).

317    Per quanto riguarda il principio del termine ragionevole, quest’ultimo non viene fissato o determinato in anticipo in modo astratto per tutte le procedure potenzialmente interessate, bensì deve essere valutato alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie, in particolare, la rilevanza della controversia, la complessità del caso in esame, il comportamento della ricorrente e quello delle autorità competenti (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti 187 e 188).

318    La ricorrente lamenta che il legislatore dell’Unione non ha previsto, nell’articolo 25 del regolamento n. 1/2003, un termine massimo al di là del quale sia escluso ogni intervento della Commissione anche qualora il termine di prescrizione sia stato oggetto di sospensioni.

319    A tal riguardo, occorre rilevare che, nella sua formulazione, l’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 risulta da un contemperamento operato dal legislatore dell’Unione, nell’esercizio delle competenze ad esso conferite, tra due obiettivi che possono richiedere misure che vanno in senso contrario, vale a dire, da un lato, la necessità di garantire la certezza del diritto evitando che possano essere indefinitamente messe in discussione situazioni consolidate con il decorso del tempo, nonché, dall’altro, l’esigenza di garantire il rispetto del diritto, definendo e sanzionando le infrazioni al diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2005, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, T‑22/02 e T‑23/02, EU:T:2005:349, punto 82).

320    Orbene, la ricorrente non ha dimostrato, nel caso di specie, che il legislatore dell’Unione, nel contemperamento da esso effettuato tra tali obiettivi distinti, abbia oltrepassato il margine che deve essergli riconosciuto in detto ambito. Infatti, il potere di procedere a verifiche e di infliggere sanzioni è circoscritto da limiti rigorosi. È ben vero che il termine di prescrizione è sospeso in caso di ricorso proposto dinanzi al giudice dell’Unione. Tuttavia, siffatta possibilità richiede, ai fini della sua attuazione, un atto cui incombe alle imprese stesse procedere. Al legislatore dell’Unione non può essere addebitata la circostanza che, in seguito alla proposizione di diversi ricorsi, ciascuno dei quali presentati dalle imprese interessate, la decisione che interviene al termine della procedura sia adottata dopo un certo termine.

321    Il contemperamento così realizzato dal legislatore dell’Unione appare a maggior ragione adeguato, posto che i singoli i quali si lamentano di un procedimento irragionevolmente lungo possono contestare tale durata perseguendo l’annullamento della decisione adottata in esito a tale procedimento, essendo un simile annullamento riservato alle situazioni in cui il superamento del termine ragionevole abbia ostacolato l’esercizio dei diritti della difesa, oppure, qualora il superamento del termine ragionevole non dia luogo a una violazione dei diritti della difesa, proponendo un ricorso per risarcimento danni dinanzi al giudice dell’Unione (v. punto 172 supra).

322    Pertanto, il sesto motivo deve essere respinto.

G.      Sul settimo motivo, vertente su un’assenza di prova della partecipazione della ricorrente all’intesa tra il 1989 e il 1995

323    La ricorrente ritiene che la Commissione non abbia dimostrato in modo giuridicamente sufficiente la sua partecipazione all’intesa tra il 1989 e il 1995. Essa deduce, al riguardo, una violazione dell’articolo 65 CA e del principio della presunzione d’innocenza, un’erronea valutazione dei fatti e degli elementi probatori nonché una violazione dell’obbligo di motivazione.

324    La ricorrente ritiene che tale insufficienza di prova della sua partecipazione all’intesa tra il 1989 e il 1995 riguardi ciascuna delle quattro componenti di detta intesa, ossia i supplementi di prezzo legati al diametro del tondo per cemento armato (in prosieguo: gli «extra di dimensione») tra il 1989 e il 1995 (prima parte), il prezzo base del tondo per cemento armato (in prosieguo: il «prezzo base») tra il 1992 e il 1995 (seconda parte), i termini di pagamento tra il 1992 e il 1995 (terza parte) e la limitazione della produzione tra giugno e ottobre 1995 (quarta parte).

325    La ricorrente chiede inoltre al Tribunale di ridurre conseguentemente l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta.

326    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

1.      Sul contenuto delle disposizioni di cui si contesta la violazione alla ricorrente

327    Occorre ricordare che, quando era in vigore, l’articolo 65, paragrafo 1, CA vietava, segnatamente, gli accordi tra imprese e le pratiche concordate che tendevano, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o falsare il gioco normale della concorrenza e, in particolare, a fissare o determinare i prezzi, a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, oppure a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti di approvvigionamento.

328    L’articolo 65, paragrafo 1, CA si collocava nell’ambito dell’obiettivo enunciato all’articolo 5, secondo comma, terzo trattino, CA, diretto a garantire l’istituzione, il mantenimento e il rispetto di condizioni normali di concorrenza. Esso attuava altresì il divieto di pratiche restrittive dirette alla ripartizione o allo sfruttamento dei mercati di cui all’articolo 4, lettera d), CA, perseguendo la finalità di salvaguardare il requisito dell’autonomia delle imprese sul mercato allo scopo di far rispettare tale divieto [parere 1/61 (Modifica articolo 65 CECA), del 13 dicembre 1961, EU:C:1961:27, pag. 504; sentenze del 13 aprile 1994, Banks, C‑128/92, EU:C:1994:130, punto 12, e dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punti 300 e 303].

2.      Sullonere della prova e sullintensità del controllo giurisdizionale

329    I principi che disciplinano l’onere della prova e l’intensità del controllo giurisdizionale, che sono stati definiti nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, devono essere trasposti all’applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, per analogia con la trasposizione effettuata in relazione alle nozioni di accordo e di pratica concordata in suddette due disposizioni (v., in tal senso, sentenze del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, EU:C:2011:190, punti 60 e 63, e del 29 marzo 2011, ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C‑352/09 P, EU:C:2011:191, punti 71 e 73).

330    Innanzitutto, incombeva alla Commissione l’onere di provare l’esistenza di un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA e di fornire gli elementi di prova idonei a dimostrare, in modo giuridicamente sufficiente, l’esistenza dei fatti costituenti una tale infrazione (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, EU:C:1998:608, punto 58).

331    La Commissione beneficiava, sotto tale profilo, dell’applicazione del principio della libertà di forma dei mezzi probatori (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2004, Dalmine/Commissione, T‑50/00, EU:T:2004:220, punto 72), purché raccogliesse elementi di prova sufficientemente precisi e concordanti per dimostrare che l’infrazione fosse stata commessa (v., in tal senso, sentenze del 28 marzo 1984, Compagnie royale asturienne des mines e Rheinzink/Commissione, 29/83 e 30/83, EU:C:1984:130, punto 20, e del 12 dicembre 2018, Servier e a./Commissione, T‑691/14, con impugnazione pendente, EU:T:2018:922, punto 793 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, non occorre che ogni singola prova dedotta debba necessariamente rispondere a tali criteri con riguardo a ogni singolo elemento dell’infrazione. È sufficiente che l’insieme di indizi addotto dalla Commissione, complessivamente valutato, risponda a tale requisito (v. sentenza del 1° luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, EU:C:2010:389, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

332    In secondo luogo, spetta al Tribunale esercitare, sulla base degli elementi forniti dalla ricorrente a sostegno dei motivi dedotti, un controllo completo sulla questione di stabilire se le condizioni di applicazione del divieto delle intese anticoncorrenziali siano soddisfatte o meno. Esso deve altresì verificare d’ufficio se la Commissione abbia motivato la sua decisione. In occasione di tale controllo, il Tribunale non può basarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione, in materia di politica della concorrenza, per rinunciare ad esercitare un controllo approfondito tanto in fatto quanto in diritto (v., in tal senso e per analogia, sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punti 155 e 156 e giurisprudenza ivi citata).

333    A tal proposito, l’esistenza di un dubbio nella mente del giudice deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione che constata l’infrazione. Il giudice pertanto non può concludere che la Commissione ha dimostrato in modo giuridicamente sufficiente l’esistenza dell’infrazione di cui è causa se nutre ancora dubbi al riguardo (sentenza del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, EU:T:2005:367, punto 215).

3.      Sulla prima parte, vertente su unassenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dellintesa relativa agli extra di dimensione tra il 1989 e il 1995

334    La ricorrente ritiene che la Commissione non abbia dimostrato in modo giuridicamente sufficiente la sua partecipazione alla componente dell’intesa sugli extra di dimensione tra il 1989 e il 1995. A tal riguardo, essa solleva due censure.

a)      Sulla prima censura, vertente su unassenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dellintesa relativa agli extra di dimensione tra il 1989 e il 1992

335    La ricorrente fa valere un’assenza di prova della sua partecipazione alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione a partire dal 6 dicembre 1989, data che indica il momento di partenza dell’intesa, e durante i tre anni successivi, fra il 1990 e il 1992.

1)      Sulla prova della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione a partire dal 6 dicembre 1989

336    La ricorrente ritiene che la sua partecipazione alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione non sia stata dimostrata a partire dal 6 dicembre 1989, data della prima riunione della suddetta intesa di cui la Commissione era a conoscenza, in quanto non vi sarebbero prove né della sua partecipazione né del suo invito a tale riunione. Essa fa valere che la conoscenza degli extra di dimensione fissati in occasione di detta riunione e l’allineamento successivo dei suoi extra di dimensione a questi ultimi non costituiscono la prova di una concertazione sui prezzi.

337    A tal proposito, secondo la giurisprudenza, l’articolo 65, paragrafo 1, CA vietava, segnatamente, gli accordi e le pratiche concordate aventi per oggetto di limitare la concorrenza sui prezzi, senza che fosse necessario dimostrare l’esistenza di effetti anticoncorrenziali (v., in tal senso, sentenze del 2 ottobre 2003, Ensidesa/Commissione, C‑198/99 P, EU:C:2003:530, punti 59 e 60, e dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punti 272, 277 e 635).

338    Inoltre, le nozioni di accordo e di pratica concertata ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA sono definite allo stesso modo delle medesime nozioni di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, EU:C:2011:190, punti 60 e 63, e del 29 marzo 2011, ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C‑352/09 P, EU:C:2011:191, punti 71 e 73). Esse ricomprendono forme di collusione che condividono la stessa natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme con cui si manifestano (sentenza dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 131).

339    Un accordo risulta dall’espressione, da parte delle imprese partecipanti, della volontà comune di comportarsi sul mercato in un determinato modo, in particolare in materia di prezzi, e di fare in modo che i prezzi concordati durante le riunioni in questione siano raggiunti o, eventualmente, mantenuti (sentenze dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 130, e dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 262).

340    Una pratica concordata costituisce, dal canto suo, una forma di coordinamento fra imprese che non è giunta fino alla conclusione di un siffatto accordo, ma che sostituisce consapevolmente una collaborazione pratica fra le stesse a detrimento della concorrenza (v., in tal senso, sentenze del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 26 e giurisprudenza ivi citata; del 16 febbraio 2017, Hansen & Rosenthal e H&R Wax Company Vertrieb/Commissione, C‑90/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:123, punto 38, e dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 266 e giurisprudenza ivi citata). Essa presuppone che siano soddisfatte tre condizioni: una concertazione tra diverse imprese, un comportamento di queste ultime sul mercato che dia seguito a tale concertazione e un nesso causale tra detti due elementi (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 51).

341    I criteri del coordinamento e della collaborazione devono essere intesi alla luce della concezione intrinseca alle norme del trattato in materia di concorrenza, secondo la quale ogni operatore economico deve determinare autonomamente la politica che intende seguire sul mercato comune e le condizioni che intende riservare alla propria clientela (sentenza del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione, C‑194/99 P, EU:C:2003:527, punto 82).

342    Se è vero che siffatta esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei loro concorrenti, nondimeno essa vieta rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti, diretti o indiretti, in grado di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, oppure di rivelare a tale concorrente il comportamento che si intende tenere, o che si prevede di tenere, sul mercato, qualora tali contatti abbiano lo scopo, o producano l’effetto, di realizzare condizioni di concorrenza diverse da quelle normali nel mercato in questione, tenuto conto della natura dei prodotti o delle prestazioni fornite, dell’importanza e del numero delle imprese e del volume di detto mercato (v., in tal senso, sentenze del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione, C‑194/99 P, EU:C:2003:527, punto 83, e del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

343    Si deve inoltre presumere, fatta salva la prova contraria il cui onere incombe agli operatori interessati, che le imprese partecipanti alla concertazione e che restano attive sul mercato tengano conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti per determinare il proprio comportamento sul mercato stesso. Tale presunzione vale, a maggior ragione, quando la concertazione abbia luogo su base regolare nel corso di un lungo periodo (v., in tal senso, sentenze dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 121, e del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punti 51 e 53 e giurisprudenza ivi citata).

344    Per rovesciare tale presunzione, le imprese interessate devono dimostrare che la concertazione non ha influenzato in nessun modo il loro comportamento sul mercato (v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2013, Solvay Solexis/Commissione, C‑449/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:802, punto 38 e giurisprudenza ivi citata), in particolare dimostrando di essersi pubblicamente dissociate dall’intesa (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2015, Total Marketing Services/Commissione, C‑634/13 P, EU:C:2015:614, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

345    Infine, un’impresa può avere partecipato direttamente solo ad alcuni dei comportamenti anticoncorrenziali che costituiscono un’infrazione unica e continuata all’articolo 65, paragrafo 1, CA, ma essere stata al corrente di tutti gli altri comportamenti illeciti previsti o attuati dagli altri partecipanti all’intesa nel perseguire i medesimi obiettivi, o aver potuto ragionevolmente prevederli ed essere stata pronta ad accettarne il rischio. In siffatto caso, la Commissione può imputare all’impresa in parola la responsabilità di tutti i comportamenti anticoncorrenziali che compongono tale infrazione e, di conseguenza, dell’infrazione nel suo insieme (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 43).

346    Quindi, il fatto che un’impresa non abbia preso parte a tutti gli elementi costitutivi dell’intesa, e in particolare che non abbia assistito alle riunioni anticoncorrenziali o che non abbia avuto conoscenza di tutti i contatti anticoncorrenziali tra i concorrenti, non è sufficiente a dimostrare che essa non possedeva il grado di conoscenza richiesto al fine di accertare la sua partecipazione a tale infrazione (v., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 328 e giurisprudenza ivi citata; del 28 novembre 2019, ABB/Commissione, C‑593/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1027, punto 52, e del 15 dicembre 2016, Infineon Technologies/Commissione, T‑758/14, non pubblicata, EU:T:2016:737, punto 252).

347    Nel caso di specie, la Commissione ha constatato, nella decisione impugnata, che l’intesa aveva riguardato la fissazione dei prezzi degli extra di dimensione tra il 6 dicembre 1989 e il 1º giugno 2000 (punti 575, da 621 a 638, 676 e 677) e ha addebitato alla ricorrente la partecipazione a tale componente dell’intesa per tutto questo periodo (punti da 866 a 869, 873, 876, 878, 879, 882 e 884).

348    Al fine di dimostrare la partecipazione della ricorrente a partire dal 6 dicembre 1989, data che segna al contempo l’inizio dell’intesa quanto quello della componente della stessa relativa agli extra di dimensione, la Commissione si è basata su tre elementi:

–        in primo luogo, nel corso di una riunione dell’Associazione degli Industriali di Brescia tenutasi in tale data, i partecipanti hanno deciso all’unanimità di aumentare, a partire dall’11 dicembre 1989, gli extra di dimensione (punti 173, 178, 621 e 625 della decisione impugnata);

–        in secondo luogo, il 6 dicembre 1989 la Federacciai ha inviato a tutte le imprese produttrici di tondo per cemento armato, inclusa la ricorrente, un telefax in cui ha comunicato loro gli aumenti degli extra di dimensione e la data della loro entrata in vigore, quali erano stati decisi in occasione di tale riunione (punti 178, 621 e 623 della decisione impugnata);

–        in terzo luogo, il 7 dicembre 1989, la ricorrente ha inviato ai suoi rappresentanti e ai suoi clienti una circolare che riportava quanto concordato nella riunione del giorno precedente (punti 178 e 624 della decisione impugnata).

349    Dal telefax di Federacciai del 6 dicembre 1989, indirizzato «ai produttori di tondo c.a. [per cemento armato]», si evince che la riunione di cui sopra, svoltasi in tale data, aveva lo scopo di far sì che le imprese del settore aumentassero in modo coordinato quattordici extra di dimensione elencati nel telefax stesso a partire dall’11 dicembre 1989. Detto telefax precisa, altresì, che la decisione di aumentare tali extra di dimensione è stata adottata all’unanimità dei partecipanti a tale riunione, senza tuttavia indicare il nome di questi ultimi (punti 422 e 423 della decisione impugnata).

350    Alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti 337 e 339 supra, il telefax della Federacciai del 6 dicembre 1989 costituisce la prova che un accordo avente un oggetto anticoncorrenziale, vertente sulla fissazione da parte dei concorrenti di una componente del prezzo del tondo per cemento armato, è stato concluso durante la riunione del 6 dicembre 1989, come giustamente rilevato dalla Commissione al punto 691 della decisione impugnata.

351    La ricorrente non nega di aver ricevuto il telefax della Federacciai del 6 dicembre 1989 (v. punti 686 e 690 della decisione impugnata). Dal canto suo, la Federacciai ha confermato alla Commissione, il 19 settembre 2001, che i termini «aziende produttrici di tondo per cemento armato», che figuravano nelle comunicazioni da essa inviate a queste ultime relativamente all’intesa e che la Commissione aveva sequestrato durante l’indagine, riguardavano «tutte le aziende italiane produttrici di tondo per cemento armato», a prescindere dal fatto che esse fossero associate o meno alla Federacciai; siffatta circostanza permette di affermare che la ricorrente faceva effettivamente parte dei destinatari del telefax del 6 dicembre 1989 e che, a partire da tale data, essa era a conoscenza dell’oggetto anticoncorrenziale della riunione che aveva avuto luogo in detto giorno.

352    Quanto alla circolare della ricorrente del 7 dicembre 1989, in essa si fa espressamente riferimento alla riunione dei produttori di tondo per cemento armato tenutasi il giorno precedente e la ricorrente comunica ai suoi rappresentanti e clienti i nuovi extra di dimensione fissati nel corso di tale riunione e il fatto che intende applicarli loro secondo il calendario concordato durante la medesima riunione (v. punti 178, 624 e 866 della decisione impugnata).

353    In un siffatto contesto, la Commissione ha giustamente concluso che il telefax della Federacciai del 6 dicembre 1989 e la circolare della ricorrente del 7 dicembre 1989 dimostravano che la ricorrente aveva piena conoscenza, sin dal 6 dicembre 1989, dell’accordo anticoncorrenziale concluso in suddetta data e che essa aveva immediatamente attuato tale accordo (punti 624 e 690 della decisione impugnata).

354    Alla luce della giurisprudenza ricordata ai precedenti punti da 340 a 343, il comportamento della ricorrente non può essere valutato come un allineamento unilaterale e non coordinato dei suoi prezzi con quelli dei suoi concorrenti, bensì costituisce una pratica concordata vietata dall’articolo 65, paragrafo 1, CA.Sulla scorta della giurisprudenza citata ai punti 345 e 346 supra, è irrilevante a tal riguardo il fatto che non sia stata fornita la prova della sua partecipazione alla riunione del 6 dicembre 1989.

355    Suddetta conclusione è contestata dalla ricorrente.

356    In primo luogo, la ricorrente ritiene che il fatto di essere stata informata dei risultati della riunione del 6 dicembre 1989 e di aver allineato i suoi extra di dimensione a quelli concordati durante tale riunione fosse conforme al regime di trasparenza dei prezzi risultante dagli articoli 46 e 60 CA.

357    A tal riguardo, si deve ricordare che, in forza dell’articolo 46 CA, la Commissione era incaricata di sorvegliare in modo permanente l’evoluzione dei mercati e dei prezzi. L’articolo 60, paragrafo 2, lettera a), CA istituiva, dal canto suo, una trasparenza dei prezzi, imponendo alle imprese di informare la Commissione, nonché tutte le imprese del settore, dei propri prezzi e condizioni di vendita, in modo da consentire ai concorrenti di allineare i loro prezzi e di evitare una discriminazione tra i clienti (v., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 308 e giurisprudenza ivi citata).

358    Secondo la giurisprudenza, nessuna di tali disposizioni legittimava tuttavia le imprese a violare l’articolo 65, paragrafo 1, CA concludendo accordi o attuando pratiche concordate di fissazione dei prezzi (v., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punti 310, da 312 a 315 e 318).

359    In particolare, sebbene il regime di trasparenza dei prezzi derivante dall’articolo 60, paragrafo 2, lettera a), CA limitasse in una certa misura la concorrenza in materia di prezzi, esso non consentiva un coordinamento dei prezzi prima della loro pubblicazione, vietato dall’articolo 65, paragrafo 1, CA (sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punti 264, da 307 a 316 e 318). L’obiettivo della libera concorrenza presentava, nell’ambito del Trattato CECA, un carattere autonomo e aveva quindi lo stesso carattere imperativo degli altri obiettivi del Trattato previsti dagli articoli da 2 a 4 CA (v. sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 303 e giurisprudenza ivi citata).

360    Inoltre, l’attuazione dell’articolo 60 CA rientrava nella responsabilità della Commissione e non poteva essere sostituita da un coordinamento privato tra imprese in materia di prezzi. Accordi tra produttori non potevano, pertanto, essere equiparati al sistema dell’articolo 60 CA, quanto meno per il fatto che essi non consentivano agli acquirenti di tenersi esattamente informati dei prezzi né di partecipare alla vigilanza sulle discriminazioni (v., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punti 315 e 316).

361    Nel caso di specie, la Commissione ha dimostrato in modo giuridicamente sufficiente che l’applicazione da parte della ricorrente degli extra di dimensione indicati nella sua circolare del 7 dicembre 1989 costituiva non già un allineamento unilaterale e non coordinato dei suoi prezzi a quelli dei suoi concorrenti, bensì una partecipazione ad una pratica concordata vietata dall’articolo 65, paragrafo 1, CA basata su un coordinamento degli extra di dimensione fra concorrenti (punto 708 della decisione impugnata; v. altresì punto 354 supra).

362    Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti da 358 a 360 supra, il comportamento della ricorrente non può essere giustificato dalle regole sulla trasparenza del mercato derivanti dal trattato CECA, poiché i prezzi figuranti nei listini pubblicati in applicazione dell’articolo 60 CA dovevano essere fissati da ciascuna impresa in modo indipendente, senza accordo, nemmeno tacito, tra di esse, ciò che non avveniva nel caso degli extra di dimensione applicati dalla ricorrente ai sensi della sua circolare del 7 dicembre 1989.

363    In secondo luogo, la ricorrente considera che, se gli elementi addotti a suo carico fossero sufficienti per dimostrare la sua partecipazione a una concertazione vietata dall’articolo 65, paragrafo 1, CA, la Commissione avrebbe dovuto formulare lo stesso addebito nei confronti di tutte le imprese ancora attive nel 2000 che, come essa, avevano con tutta probabilità ricevuto il telefax della Federacciai del 6 dicembre 1989 e avevano proceduto ad un allineamento dei loro extra di dimensione.

364    A detto proposito, secondo la giurisprudenza, la Commissione dispone di un potere discrezionale per quanto riguarda la portata delle procedure da essa espletate e non è dunque obbligata a constatare e a sanzionare ogni comportamento anticoncorrenziale. Pertanto, i giudici dell’Unione non possono dichiarare che la Commissione, alla luce delle prove a sua disposizione, avrebbe dovuto accertare l’esistenza di un’infrazione nei confronti di una determinata impresa (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, InnoLux/Commissione, T‑91/11, EU:T:2014:92, punto 137 e giurisprudenza ivi citata).

365    In ogni caso, dalla decisione impugnata risulta che la situazione della ricorrente non è la stessa delle imprese non destinatarie di tale decisione. Infatti, l’infrazione è stata debitamente accertata nei confronti della ricorrente, mentre la Commissione ha ritenuto di non essere in grado di farlo nei confronti di tali imprese (punto 812) e la situazione di queste ultime non è stata sottoposta al Tribunale. Inoltre, l’eventuale analogia della situazione della ricorrente con quella delle imprese in parola non consente di escludere la responsabilità della ricorrente, se questa è stata regolarmente accertata (v., in tal senso, sentenza del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, C‑89/85, C‑104/85, C‑114/85, C‑116/85, C‑117/85 e da C‑125/85 a C‑129/85, EU:C:1993:120, punto 146).

366    Da quanto precede risulta che l’argomentazione vertente sull’assenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione a partire dal 6 dicembre 1989 deve essere respinta.

2)      Sulla prova della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione tra il 1990 e il 1992

367    La ricorrente sostiene che la Commissione non ha dimostrato la sua partecipazione a un’intesa anticoncorrenziale di fissazione degli extra di dimensione nei tre anni successivi al momento di partenza dell’intesa, ossia tra il 1990 e il 1992. Essa fa valere, in primo luogo, che l’esistenza di riunioni anticoncorrenziali o di altre forme di previe concertazioni sugli extra di dimensione non è stata dimostrata durante tale periodo. In secondo luogo, gli allineamenti degli extra di dimensione tra il marzo 1990 e il novembre 1992 sarebbero stati distinti ed indipendenti l’uno dall’altro e conformi al regime del Trattato CECA. In terzo luogo, il telefax della Federacciai del 6 dicembre 1989, la circolare della ricorrente del giorno successivo e gli allineamenti degli extra di dimensione tra il gennaio 1993 e il luglio 1995 sarebbero stati privi di valore probatorio, poiché non riguardavano il periodo compreso tra il 1990 e il 1992. Pertanto, anche a voler ritenere provata l’intesa del 6 dicembre 1989, essa costituirebbe un’infrazione isolata, interrotta tra il 1990 e il 1992, e prescritta.

368    A tal riguardo, occorre ricordare che la Commissione deve dimostrare l’esistenza e la durata dell’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA da essa constatata, nonché la partecipazione delle imprese interessate a tale infrazione e la durata di detta partecipazione (v., in tal senso, sentenze del 12 luglio 2018, Sumitomo Electric Industries e J-Power Systems/Commissione, T‑450/14, non pubblicata, EU:T:2018:455, punto 52, e del 24 settembre 2019, HSBC Holdings e a./Commissione, T‑105/17, con impugnazione pendente, EU:T:2019:675, punto 258 e giurisprudenza ivi citata).

369    L’esistenza e la durata di un comportamento anticoncorrenziale devono, nella maggior parte dei casi, essere inferite da un certo numero di coincidenze e di indizi, i quali, considerati nel loro insieme, possono costituire, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole di concorrenza (v. sentenza del 16 febbraio 2017, Hansen & Rosenthal et H&R Wax Company Vertrieb/Commissione, C‑90/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:123, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

370    Un parallelismo di comportamenti può essere considerato come la prova di una concertazione soltanto qualora la concertazione ne costituisca l’unica spiegazione plausibile (sentenza del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, C‑89/85, C‑104/85, C‑114/85, C‑116/85, C‑117/85 e da C‑125/85 a C‑129/85, EU:C:1993:120, punto 71).

371    Nel caso in cui la Commissione accerti un’infrazione alle regole di concorrenza basandosi sull’ipotesi che i fatti accertati non possano essere spiegati se non in relazione all’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale, il giudice dell’Unione dovrà annullare la decisione in questione laddove le imprese interessate adducano un’argomentazione che ponga in una luce diversa i fatti accertati dalla Commissione e che consenta quindi di sostituire una spiegazione plausibile dei fatti diversa da quella assunta dalla Commissione per concludere nel senso dell’esistenza di una simile infrazione. Infatti, in un’ipotesi del genere, non può ritenersi che la Commissione abbia apportato la prova dell’esistenza di un’infrazione al diritto della concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2020, Lietuvos geležinkeliai/Commissione, T‑814/17, con impugnazione pendente, EU:T:2020:545, punto 296 e giurisprudenza ivi citata).

372    Inoltre, in mancanza di elementi di prova idonei a dimostrare direttamente la durata di un’infrazione, la Commissione deve far valere, quantomeno, elementi probatori relativi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente presumere che detta infrazione sia durata ininterrottamente per un certo periodo tra due date precise (v. sentenze del 12 luglio 2018, Sumitomo Electric Industries e J-Power Systems/Commissione, T‑450/14, non pubblicata, EU:T:2018:455, punto 52 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 settembre 2019, HSBC Holdings e a./Commissione, T‑105/17, con impugnazione pendente, EU:T:2019:675, punto 258 e giurisprudenza ivi citata).

373    Nell’ambito di un’infrazione estesa su più anni, il fatto che le manifestazioni dell’intesa avvengano in periodi differenti, eventualmente separati da intervalli di tempo più o meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza di tale intesa qualora le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una sola finalità e si inscrivano nel contesto di un’infrazione a carattere unico e continuato (v. sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 53 e giurisprudenza ivi citata). Allo stesso modo, la circostanza che non sia stata fornita la prova diretta della partecipazione di un’impresa alla menzionata infrazione durante un periodo di tempo determinato non impedisce che detta partecipazione sia constatata con riferimento a siffatto periodo, purché una simile constatazione si fondi su indizi obiettivi e concordanti (v., in tal senso, sentenze del 17 settembre 2015, Total Marketing Services/Commissione, C‑634/13 P, EU:C:2015:614, punti 27 e 42 e giurisprudenza ivi citata, e del 16 febbraio 2017, Hansen & Rosenthal e H&R Wax Company Vertrieb/Commissione, C‑90/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:123, punto 41).

374    Nel caso di specie, al fine di dimostrare la continuazione della componente di accordo relativa agli extra di dimensione tra il 1990 e il 1992 e la partecipazione della ricorrente a detta componente durante tale periodo, nella decisione impugnata la Commissione si è fondata su un insieme di indizi costituito da sei episodi di allineamenti coordinati degli extra di dimensione, che hanno avuto luogo rispettivamente tra il 21 marzo e il 2 aprile 1990, tra il 1° e il 20 agosto 1990, tra il 17 gennaio e il 1° febbraio 1991 e tra il 1° giugno e il 28 agosto 1991 (punto 180), poi fra il 15 ottobre e il 1° novembre 1992 e, infine, tra il 17 e il 23 novembre 1992 (punti 185, 186, 625 e 628).

375    La Commissione ha accertato che la ricorrente aveva partecipato ad almeno tre di questi allineamenti, rispettivamente, il 28 marzo 1990 (punto 180, nota a piè di pagina 116, della decisione impugnata), nel gennaio 1991 (punto 180, nota 118, e punto 867 della decisione impugnata) e nel novembre 1992 (punti 185, 625 e 867 della decisione impugnata). A tal riguardo, essa ha rilevato che cinque concorrenti della ricorrente avevano allineato i loro extra di dimensione in modo quasi identico nei primi due periodi, ossia tra il 21 marzo e il 2 aprile 1990, poi tra il 17 gennaio e il 1º febbraio 1991 (punto 180 della decisione impugnata), e che sei di essi avevano fatto altrettanto tra il 17 e il 23 novembre 1992 (punti 185 e 186 della decisione impugnata).

376    Anzitutto, si deve osservare che l’allineamento del 28 marzo 1990 è intervenuto a distanza di soli due o tre mesi dopo gli allineamenti concordati che hanno avuto luogo, a seguito dell’accordo anticoncorrenziale sugli extra di dimensione concluso il 6 dicembre 1989, nel dicembre 1989 per la ricorrente e cinque dei suoi concorrenti (punti 178 e 179 della decisione impugnata; v. punto 352 supra) e nel gennaio 1990 per un altro concorrente della ricorrente (punto 179 della decisione impugnata).

377    Inoltre, l’allineamento del novembre 1992 si è svolto solo due mesi prima di un’altra serie di contatti anticoncorrenziali sugli extra di dimensione, a partire dal gennaio 1993, la quale ha nuovamente dato luogo ad allineamenti di tali extra di dimensione a cui la ricorrente ha anch’essa partecipato (punti 188 e 189 della decisione impugnata). Peraltro, sette mesi prima dell’allineamento del novembre 1992, ossia nel aprile 1992, la ricorrente aveva partecipato all’estensione dell’intesa al prezzo base e ai termini di pagamento (punti da 181 a 183 e 187 della decisione impugnata), allo scopo di aumentare i prezzi del tondo per cemento armato (punti 619, 620, 716 e 726 della decisione impugnata), obiettivo, questo, che era anche quello perseguito dal coordinamento sugli extra di dimensione (punto 726 della decisione impugnata).

378    Infine, dalla dichiarazione della Riva risulta che le riunioni dell’intesa erano continuate tra il 1989 e il 1992 e che, in generale, la ricorrente aveva partecipato a tali riunioni (punto 175 della decisione impugnata).

379    Conformemente alla giurisprudenza ricordata ai punti 369, 370 e 373 supra, gli elementi sin qui esposti consentono di dimostrare la plausibilità della prosecuzione senza soluzione di continuità dell’intesa relativa agli extra di dimensione tra il 1990 e il 1992 e della partecipazione della ricorrente a tale parte dell’intesa durante detto periodo.

380    Siffatta conclusione è contestata dalla ricorrente.

381    In primo luogo, la ricorrente deduce che gli allineamenti degli extra di dimensione dal 1990 al 1992 si spiegavano con il regime del Trattato CECA che organizzava la trasparenza del mercato.

382    Tale argomento non è corroborato da alcun elemento che consenta di dimostrare che esso costituisca una spiegazione alternativa plausibile all’intesa, conformemente a quanto richiede la giurisprudenza richiamata al punto 371 supra affinché la ricorrente possa sottrarsi a qualsiasi responsabilità riguardo all’infrazione accertata nei suoi confronti.

383    In ogni caso, alla luce della giurisprudenza citata ai punti da 358 a 360 supra, tale argomento è infondato, poiché è dimostrato che gli allineamenti degli extra di dimensione constatati tra il gennaio 1990 e il novembre 1992, ai quali la ricorrente ha parzialmente partecipato, rientravano non già in un comportamento autonomo sul mercato, bensì in una concertazione tra concorrenti vietata dall’articolo 65, paragrafo 1, CA.

384    In secondo luogo, la ricorrente deduce una violazione dei principi di ripartizione dell’onere della prova, della presunzione d’innocenza e dell’in dubio pro reo, in quanto la Commissione avrebbe preteso che essa apportasse la prova che la concertazione preliminare non aveva avuto luogo e che non vi aveva partecipato.

385    A tal riguardo, incombeva alla ricorrente l’onere di rovesciare la presunzione caratteristica della pratica concordata, ricordata al punto 343 supra, secondo cui gli allineamenti di prezzo ai quali essa aveva preso parte nel marzo 1990, nel gennaio 1991 e nel novembre 1992 erano stati determinati dai suoi contatti preliminari con i suoi concorrenti sugli extra di dimensione, ed in particolare da quelli che avevano avuto luogo nel dicembre 1989, che segnava il momento di partenza della sua partecipazione all’intesa. Conformemente alla giurisprudenza ricordata ai punti 344 e 371 supra, la ricorrente doveva, a tal fine, provare che la concertazione non aveva influenzato in alcun modo il suo comportamento sul mercato, dimostrando l’esistenza di circostanze che ponessero sotto una luce diversa i fatti accertati dalla Commissione e che consentissero di dare una diversa spiegazione dei fatti rispetto a quella accolta da quest’ultima per concludere nel senso dell’esistenza di un’infrazione alle regole di concorrenza.

386    Orbene, lungi dal fornire una spiegazione plausibile alternativa alla sua partecipazione ad un allineamento concertato degli extra di dimensione nel marzo 1990, nel gennaio 1991 e nel novembre 1992, in grado di rovesciare la presunzione caratteristica della pratica concordata, la ricorrente non ha negato di aver partecipato ai suddetti tre allineamenti ad essa addebitati e ha riconosciuto di essersi all’epoca consapevolmente allineata ai prezzi dei suoi concorrenti, asserendo, a torto, che essi fossero giustificati dal regime di trasparenza del trattato CECA.

387    In terzo luogo, la ricorrente si duole del fatto che la Commissione abbia fatto valere, nella propria difesa, il fatto che argomenti analoghi a tale censura siano stati respinti con la sentenza del 9 dicembre 2014, Feralpi/Commissione (T‑70/10, non pubblicata, EU:T:2014:1031, punti da 240 a 247), annullata dalla Corte, il che potrebbe condizionare il Tribunale e privarla del suo diritto a un equo processo.

388    A questo proposito, secondo la giurisprudenza, l’autorità di cosa giudicata riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto che sono stati effettivamente o necessariamente decisi dalla pronuncia giudiziale di cui trattasi (v. sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

389    Nella fattispecie, occorre rilevare che la decisione impugnata non si basa in alcun punto sulla sentenza del 9 dicembre 2014, Feralpi/Commissione (T‑70/10, non pubblicata, EU:T:2014:1031), al fine di fondare la prova dell’intesa e della partecipazione della ricorrente a quest’ultima, poiché detta sentenza è stata invocata dalla Commissione solo nel suo controricorso.

390    Inoltre, gli elementi di fatto e di diritto relativi alla partecipazione della ricorrente all’intesa sui quali il Tribunale si è pronunciato nella sentenza del 9 dicembre 2014, Feralpi/Commissione (T‑70/10, non pubblicata, EU:T:2014: 1031), e che sono stati contestati dalla ricorrente nell’ambito della sua impugnazione di tale sentenza, non sono stati esaminati dalla Corte nella sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709), la quale, pertanto, non si è pronunciata sui medesimi (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti da 45 a 47).

391    La posizione adottata dal Tribunale nella sentenza del 9 dicembre 2014, Feralpi/Commissione (T‑70/10, non pubblicata, EU:T:2014:1031) non è dunque munita di alcuna autorità di cosa giudicata. Nella sua controreplica la Commissione ha del resto constatato, giustamente, che detta sentenza, che è stata annullata, non aveva più alcun effetto nell’ordinamento giuridico dell’Unione.

392    Da quanto precede deriva che l’argomentazione vertente sull’assenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione tra il 1990 e il 1992 dev’essere respinta e, con essa, la prima censura nella sua interezza.

b)      Sulla seconda censura, vertente su unassenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dellintesa relativa agli extra di dimensione tra il 1993 e il 1995

393    La ricorrente sostiene che la sua partecipazione alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione non è stata dimostrata per il periodo compreso tra gli anni 1993 e 1995. In primo luogo, essa nega il valore probatorio, da un lato, di sei telefax della Federacciai che menzionano talune riunioni sugli aumenti degli extra di dimensione trasmessi il 25 gennaio 1993, il 1° aprile 1993, il 7 febbraio 1994, il 30 agosto 1994, il 13 settembre 1994 e il 22 febbraio 1995 e, dall’altro, del telefax inviato dalla Federacciai alla Leali il 19 luglio 1995. In secondo luogo, essa ritiene che non sia stata apportata la prova della sua partecipazione a tali riunioni.

394    A detto proposito, al fine di accertare la continuità della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione tra il 1993 e il 1995, la Commissione si è basata su un insieme di indizi comprendente:

–        da un lato, sette telefax della Federacciai che menzionano talune riunioni e decisioni sugli aumenti degli extra di dimensione del 25 gennaio 1993, del 1° aprile 1993, del 7 febbraio 1994, del 30 agosto 1994, del 13 settembre 1994, del 22 febbraio 1995 e del luglio 1995 (v. punti 188, 190, 192, 194, 196, 204, 217 e 219 della decisione impugnata);

–        dall’altro, il fatto che la ricorrente avesse allineato i suoi extra di dimensione a seguito di detti telefax, ad eccezione di quelli dell’agosto e del settembre 1994 (v. punti da 189 a 193, 205, 218, 625, 868, 869 e 873 della decisione impugnata).

395    Tale insieme di indizi dimostra che, durante i tre anni in questione, la ricorrente è stata informata, in sette occasioni, delle decisioni concertate relative agli extra di dimensione e che le ha attuate in cinque occasioni.

396    La ricorrente ammette, del resto, di essere stata a conoscenza, attraverso i telefax della Federacciai, delle riunioni di concertazione sugli extra di dimensione durante tale periodo e dei loro risultati.

397    Alla luce della giurisprudenza ricordata ai punti da 340 a 345 supra, tale circostanza, unitamente agli allineamenti di prezzo effettuati dalla ricorrente, consente di dimostrare in modo giuridicamente sufficiente la sua partecipazione ad una pratica concordata.

398    In particolare, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti 345 e 346 supra, l’assenza di prova della partecipazione della ricorrente alle riunioni dell’intesa tra il 1993 e il 1995 non consente di escludere la sua responsabilità a titolo dell’infrazione durante tale periodo.

399    La ricorrente nega, tuttavia, di aver ricevuto dalla Federacciai i telefax relativi alle riunioni del 7 febbraio, del 30 agosto e del 13 settembre 1994.

400    A tal riguardo, in primo luogo, si deve osservare che i suddetti tre telefax erano indirizzati «alle aziende produttrici di tondo per cemento armato» e che, secondo le spiegazioni fornite da Federacciai nel corso dell’indagine, questa locuzione indicava tutte le aziende produttrici del settore, ivi inclusa la ricorrente (v. punto 351 supra).

401    In secondo luogo, il telefax della Federacciai del 7 febbraio 1994 rende conto di una riunione, svoltasi in tale data, di uno degli organi della Federacciai, il Consiglio Direttivo dell’Associazione Prodotti Lunghi, nel corso della quale sono stati fissati i nuovi extra di dimensione da applicare a partire dal 14 febbraio 1994 (v. punti 192 e 625 della decisione impugnata). Orbene, uno dei membri di suddetta associazione era un dirigente della ricorrente (v. punti 148 e 192, nota a piè di pagina 150, della decisione impugnata). Pertanto, è poco plausibile che la ricorrente non abbia quantomeno ricevuto il telefax in parola, tanto più che essa ha allineato i suoi extra di dimensione immediatamente dopo l’invio di tale documento, esattamente alla data concordata nel corso della riunione (v. punti 193 e 625 della decisione impugnata), circostanza da essa non contestata.

402    In terzo luogo, i telefax della Federacciai del 30 agosto e del 13 settembre 1994 affermano che in queste due date si sono svolte alcune riunioni e che ivi è stato deciso di applicare un aumento immediato degli extra di dimensione (v. punti 195 e 196 della decisione impugnata).

403    La decisione impugnata non menziona la ricorrente tra le imprese che hanno applicato l’aumento deciso il 30 agosto 1994 (v. punti 195 e 625 della decisione impugnata) e non specifica se l’aumento deciso il 13 settembre 1994 sia stato applicato, da quali imprese e a partire da quale data.

404    Tale circostanza non è tuttavia sufficiente per escludere la responsabilità della ricorrente a titolo dell’infrazione tra il 1993 e il 1995. In particolare, il coinvolgimento diretto di quest’ultima in detta componente dell’intesa era stato accertato riguardo ad alcuni mesi prima, nel febbraio del 1994 (v. punti 394, 400 e 401 supra), e ad alcuni mesi dopo, nel febbraio e nel luglio 2005 (punti 204, 205, 218, 219 e 625 della decisione impugnata; v. anche punto 394 supra). Inoltre, nel novembre e nel dicembre 1994 la ricorrente, come molte altre imprese, aveva fornito alla Federacciai i dati relativi alla sua produzione e alle sue vendite di tondo per cemento armato (v. punti 198 e 202 della decisione impugnata), il che era stato utile per un’efficace gestione dell’intesa (punto 868 della decisione impugnata), il cui obiettivo era quello dell’aumento dei prezzi del tondo per cemento armato (punti 682, 717, 726 e 778 della decisione impugnata).

405    Gli elementi ripresi ai punti da 400 a 404 supra consentono di dimostrare la continuità della partecipazione della ricorrente all’intesa lungo tutto il 1994.

406    In quarto luogo, il telefax inviato dalla Federacciai alla Leali il 19 luglio 1995 dà atto della soddisfazione della Federacciai riguardo l’evoluzione e l’applicazione degli extra di dimensione, così attestando che l’intesa era effettivamente attuata in tale periodo (punto 219 della decisione impugnata). In effetti, la Commissione rileva che, tra il 18 e il 25 luglio 1995, diverse imprese, tra cui la ricorrente, continuavano ad allineare i loro extra di dimensione (punto 218 della decisione impugnata), e ciò non è contestato dalla ricorrente.

407    Alla luce di quanto precede, l’insieme di indizi apportati dalla Commissione consente di dimostrare in modo giuridicamente sufficiente la continuità della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione tra il 1993 e il 1995.

408    Siffatta conclusione è contestata dalla ricorrente.

409    In primo luogo, la ricorrente contesta alla Commissione di esigere che essa fornisca la prova di una dissociazione pubblica, il che sarebbe contrario ai principi dell’onere della prova.

410    A detto riguardo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, il fatto di approvare tacitamente un’iniziativa illecita, senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto o denunciarla alle autorità amministrative, ha l’effetto di incoraggiare la continuazione dell’infrazione e ne pregiudica la scoperta. Tale complicità rappresenta una modalità passiva di partecipazione all’infrazione, idonea a far sorgere la responsabilità dell’impresa di cui trattasi (v. sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 73 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, la circostanza che un’impresa non dia alcun seguito ai risultati di una riunione avente un oggetto anticoncorrenziale non è atta a escludere la responsabilità della medesima per la sua partecipazione a un’intesa, a meno che essa non abbia preso pubblicamente le distanze dal suo contenuto (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione, C‑609/13 P, EU:C:2017:46, punto 136 e giurisprudenza ivi citata).

411    Nel caso di specie, la ricorrente non solo non si è mai pubblicamente dissociata dall’intesa, ma ha continuato regolarmente ad allineare i suoi extra di dimensione a quelli risultanti dalla concertazione tra il 1993 e il 1995 e non ha fornito alcun elemento idoneo a dimostrare il carattere autonomo di tale comportamento.

412    In secondo luogo, la ricorrente fa valere che la semplice conoscenza delle riunioni alle quali i telefax della Federacciai di cui al punto 394 supra fanno riferimento e dei loro risultati nonché la comunicazione al mercato dei nuovi prezzi erano conformi al regime del Trattato CECA.

413    Conformemente alla giurisprudenza ricordata ai precedenti punti da 358 a 360, e per ragioni identiche a quelle esposte ai precedenti punti 381 e 383, il regime del Trattato CECA sulla trasparenza del mercato non consente di escludere la responsabilità della ricorrente a titolo dell’infrazione tra il 1993 e il 1995, poiché i comportamenti ad essa addebitati relativamente agli extra di dimensione durante tale periodo derivano da una concertazione preliminare vietata.

414    In considerazione di quanto precede, la seconda censura dev’essere respinta.

415    Pertanto, la prima parte del settimo motivo dev’essere respinta nella sua interezza.

4.      Sulla seconda parte, vertente su unassenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dellintesa relativa al prezzo di base tra il 13 aprile 1992 e il 29 agosto 1995

416    La ricorrente ritiene che la Commissione non abbia dimostrato la sua partecipazione alla componente dell’intesa relativa al prezzo base tra il 1992 e il 1995. A tal riguardo, essa deduce due censure.

a)      Sulla prima censura, relativa alla mancanza di valore probatorio dellaccordo dal 13 aprile al 30 luglio 1992

417    La ricorrente ritiene che la Commissione non abbia dimostrato il carattere anticoncorrenziale dell’accordo dal 13 aprile 1992 al 30 luglio 1992 (in prosieguo: l’«accordo del 1992»), che segna il momento di partenza della componente dell’intesa relativa al prezzo base, e neppure la sua partecipazione a tale accordo. A suo avviso:

–        da un lato, l’accordo del 1992 costituisce un progetto non firmato, non finalizzato e non attuato, così come il protocollo di adesione a tale accordo (in prosieguo: il «protocollo di adesione») concluso da altre otto imprese, e i prezzi praticati dai produttori di tondo per cemento armato erano numerosi, il che sarebbe incompatibile con l’esistenza di un accordo collusivo;

–        dall’altro, non è stato provato che essa fosse a conoscenza dell’iniziativa sul prezzo base riflessa in detto accordo e essa ha praticato prezzi base inferiori a quelli ivi indicati e secondo tempistiche differenti.

418    A tal riguardo, per stabilire se un accordo rientri nel divieto enunciato all’articolo 65, paragrafo 1, CA, si deve guardare al tenore delle sue disposizioni e agli scopi oggettivi che esso persegue (v., in tal senso, sentenza del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, C‑209/07, EU:C:2008:643, punto 21). Per contro, il modo in cui si manifesta la comune volontà delle imprese partecipanti all’accordo non è di per sé determinante (sentenza del 13 luglio 2006, Commissione/Volkswagen, C‑74/04 P, EU:C:2006:460, punto 37).

419    Nel caso di specie, la Commissione ha dichiarato, nella decisione impugnata, che il cartello si era esteso alla fissazione del prezzo base tra il 15 aprile 1992 e il 4 luglio 2000 (punti 575, da 594 a 614, 676 e 677) e ha constatato che la ricorrente aveva partecipato a tale componente dell’intesa dal 15 aprile 1992 al 27 giugno 2000 (punti da 867 a 869, 871, 875, 876, da 878 a 880 e 884).

420    La Commissione ha fissato il momento di partenza della partecipazione della ricorrente alla parte dell’intesa sul prezzo base al 15 aprile 1992. Essa si è basata, al riguardo, sul fatto che l’accordo del 1992 era entrato in vigore tra il 13 aprile 1992 e il 31 maggio 1992 e che era applicabile fino al 30 luglio 1992 e rinnovabile trimestralmente dalle parti (punti 181, 182, 695, 698, 699, 741 e 867 della decisione impugnata).

421    Dall’accordo del 1992 risulta che «[è] oggetto dell’accordo in una prima fase individuata per un trimestre la disciplina del prezzo di vendita del tondo [per cemento armato] sia in barre che in rotoli per il mercato italiano» (punto 424 della decisione impugnata). Detto accordo precisava poi i tre importi del prezzo base che dovevano essere applicati in successione nel trimestre summenzionato e indicava che tutte le parti si impegnavano a rispettare tali prezzi. Esso aggiungeva che «entra[va] in vigore il 13 [aprile] 1992 e dura[va] fino al 30 [luglio] 1992» e che «pot[eva] essere rinnovato per espressa volontà degli aderenti per un altro trimestre e così via». L’accordo stabiliva inoltre che, in caso di infrazione al prezzo indicato, era applicabile una penale e che, a garanzia dell’osservanza dell’accordo stesso e a copertura delle eventuali penalità, ciascuna impresa partecipante si impegnava a costituire una garanzia finanziaria. Compariva poi l’elenco delle 19 imprese, fra cui la ricorrente, che erano soggette all’obbligo in parola.

422    I termini dell’accordo del 1992 illustrano quindi l’incontro delle volontà delle 19 imprese interessate, tra cui la ricorrente, relativamente ad un oggetto esplicitamente anticoncorrenziale sulla fissazione in comune del prezzo base a partire da metà aprile 1992.

423    La ricorrente afferma, del resto, nella replica che l’intenzione delle parti dell’accordo del 1992 era quella di aderire all’intero accordo.

424    Pertanto, la ricorrente non può validamente sostenere che non era a conoscenza dell’iniziativa sul prezzo base riflessa nell’accordo del 1992, tanto più che, al momento della conclusione di tale accordo, essa partecipava da oltre due anni, unitamente ai suoi concorrenti, alla concertazione sull’altra componente del prezzo dei tondi per cemento armato, vale a dire gli extra di dimensione (v. punti da 347 a 366 supra e da 374 a 386 supra), con lo stesso obiettivo di aumentare in modo uniforme i prezzi del tondo per cemento armato (punti 620, 631, 632, 639, 640 e 726 della decisione impugnata).

425    Inoltre, alla luce della giurisprudenza ricordata ai punti da 337 a 339 e 418 supra, poiché l’accordo del 1992 ha un oggetto anticoncorrenziale, è irrilevante che, asseritamente, esso non sia stato concluso e non sia entrato in vigore, ma che sia rimasto allo stadio di progetto, o che la ricorrente non l’abbia applicato. Il carattere esplicitamente anticoncorrenziale dell’oggetto di tale accordo, sul quale la ricorrente e 18 dei suoi concorrenti si erano accordati, è sufficiente per ricadere nel divieto previsto all’articolo 65, paragrafo 1, CA.

426    In ogni caso, contrariamente a quanto asserisce la ricorrente, l’accordo del 1992 stabiliva espressamente che esso era entrato in vigore il 13 aprile 1992 e che si sarebbe applicato almeno fino al 30 luglio 1992 (v. punto 421 supra).

427    Il protocollo di adesione, concluso da altre otto imprese non menzionate nell’accordo del 1992, lo conferma. Esso stabiliva che le otto imprese di cui trattasi intendevano aderire, a far data dal 1º giugno 1992, a tale accordo «in essere» (punti 182, 613, 698 e 699 della decisione impugnata). L’adesione riguardava, in particolare, il prezzo base deciso per il mese di giugno 1992 e le variazioni che sarebbero state decise successivamente dai produttori aderenti. Siffatti elementi avvalorano la tesi che l’accordo del 1992 fosse effettivamente in vigore al 31 maggio 1992, ossia la data precedente quella a partire dalla quale le suddette otto imprese intendevano aderirvi (punti 613, 698 e 699 della decisione impugnata).

428    La Commissione rileva inoltre, senza che ciò sia contestato dalla ricorrente, che i prezzi di base concordati nell’accordo del 1992 sono stati applicati da diverse imprese a partire dal 16 aprile 1992 (v. punti 183 e 594 della decisione impugnata), che tale accordo è rimasto in vigore per tutto il mese di maggio 1992, con la variazione prevista del prezzo base, e almeno fino al giugno 1992, con l’aumento supplementare concordato per quel mese, e che l’eventuale assenza di una proroga formale di tale accordo oltre il giugno 1992 non ha impedito la prosecuzione della consultazione sulla fissazione del prezzo base fino al 4 luglio 2000 (v. punti 594, 595 e 613 della decisione impugnata).

429    Alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti da 337 a 339, 345, 346 e 418 supra, la Commissione era legittimata ad imputare alla ricorrente la responsabilità del carattere anticoncorrenziale dell’accordo del 1992 e dei comportamenti anticoncorrenziali relativi a tale accordo commessi da altre imprese, essendo dimostrato che la ricorrente aveva aderito all’oggetto anticoncorrenziale di detto accordo, pur se non è dimostrato che essa l’avesse personalmente attuato.

430    La ricorrente deduce tre altri argomenti diretti a rimettere in discussione il carattere anticoncorrenziale dell’accordo del 1992 e la sua responsabilità al riguardo.

431    In primo luogo, la ricorrente ritiene che qualificare l’accordo del 1992 e il protocollo di adesione come anticoncorrenziali si ponga in contraddizione con il fatto di aver escluso tale qualificazione per un documento simile intitolato «Accordo di riduzione della produzione».

432    Al riguardo, dal punto 184 della decisione impugnata risulta che, in una data compresa tra il 13 aprile 1992 e fine giugno/inizio luglio 1992, alcune imprese intendevano integrare l’accordo sui prezzi, derivante dall’accordo del 1992, con un accordo di riduzione della produzione che prevedeva, da un lato, una fermata degli impianti di tre settimane nel luglio e agosto 1992 e di una settimana al mese dal settembre 1992 al febbraio 1993 e, dall’altro, una verifica delle quantità prodotte.

433    La Commissione fa valere a giusto titolo che l’accordo di riduzione della produzione non diminuisce il valore probatorio dell’accordo del 1992, ma avrebbe potuto costituire, eventualmente, una prova supplementare dell’infrazione che avrebbe potuto sfruttare. Infatti, l’accordo di riduzione della produzione mirava a rafforzare la portata e l’intensità della concertazione delle imprese interessate, poiché prevedeva di aggiungere alla loro cooperazione sui prezzi una riduzione concertata della produzione tra il luglio 1992 e il febbraio 1993 ed un controllo della sua attuazione.

434    In secondo luogo, la ricorrente fa valere che l’accordo del 1992 non era segreto e che si ispirava al regime di prezzi minimi della Comunità economica del carbone e dell’acciaio (CECA) in vigore negli anni ’70, come previsto dalla decisione n. 962/77/CECA della Commissione, del 4 maggio 1977, che fissa prezzi minimi per alcune barre per cemento armato (GU 1977, L 114, pag. 1).

435    A tal proposito, il contesto normativo vigente all’epoca dei fatti non autorizzava affatto la ricorrente a partecipare ad accordi anticoncorrenziali, sostituendosi così alle autorità competenti, che sole hanno tale potere (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 1997, Ferriere Nord/Commissione, C‑219/95 P, EU:C:1997:375, punto 25) (v. punti da 358 a 360, 362, 383 e 413 supra).

436    Quanto alla decisione n. 962/77, cui la ricorrente fa riferimento, essa è stata abrogata il 31 dicembre 1977 (v. articolo 7 di tale decisione), vale a dire quasi quindici anni prima della conclusione dell’accordo del 1992.

437    In ogni caso, l’accordo del 1992 era ben diverso dal regime di prezzi minimi delle barre per cemento armato previsto dalla decisione n. 962/77, giacché l’attuazione di tale regime, così come l’attuazione del regime istituito dall’articolo 60 CA, rientrava nella responsabilità della Commissione e non poteva essere sostituita da un coordinamento privato tra le imprese in materia di prezzi (v., in tal senso, relativamente all’articolo 60 CA, sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 315). Infatti, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione n. 962/77, spettava alla Commissione fissare i prezzi minimi delle barre per cemento armato. Gli accordi tra produttori non possono essere equiparati al sistema dell’articolo 60 CA, quanto meno per il fatto che essi non consentono agli acquirenti di tenersi esattamente informati sui prezzi né di partecipare alla vigilanza sulle discriminazioni (sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 316). Orbene, nel caso di specie, le imprese interessate hanno nascosto alla Commissione l’esistenza e il tenore dell’accordo del 1992 (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione, C‑194/99 P, EU:C:2003:527, punto 103, e dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punti da 524 a 556).

438    In terzo luogo, la ricorrente ritiene che la Commissione abbia ribaltato l’onere della prova e abbia violato i principi della presunzione di innocenza e dell’in dubio pro reo, esigendo che essa fornisse la prova della sua dissociazione pubblica dall’accordo e affermando che il mancato allineamento dei suoi listini prezzi non costituisse una siffatta dissociazione.

439    A tal riguardo, poiché la Commissione aveva debitamente dimostrato che la ricorrente aveva aderito all’oggetto anticoncorrenziale dell’accordo del 1992 (v. punti da 421 a 423 supra), il fatto di non averlo applicato non può essere assimilato a una dissociazione pubblica, ma può, al contrario, costituire un modo di trarre vantaggio dall’intesa (v., in tal senso, sentenze dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione, C‑389/10 P, EU:C:2011:816, punto 94, e del 15 giugno 2005, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, non pubblicata, EU:T:2005:220, punto 74).

440    I partecipanti a un’intesa, infatti, rimangono concorrenti e ognuno di essi può essere tentato, in ogni momento, di approfittare della disciplina degli altri in materia di prezzi fissati in base ad un cartello per abbassare i propri prezzi onde aumentare la sua propria di mercato, pur mantenendo un livello generale di prezzi relativamente elevato. In ogni caso, il fatto che una delle parti dell’intesa non abbia interamente applicato i prezzi concordati non implica che, così facendo, essa abbia applicato prezzi che avrebbe potuto fatturare in assenza dell’intesa (v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2005, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, non pubblicata, EU:T:2005:220, punto 75).

441    Pertanto, anche se non è dimostrato che la ricorrente ha applicato il prezzo base concordato nell’ambito dell’intesa, essa ha potuto, grazie all’intesa, applicare un prezzo base inferiore a quello coordinato, ma meno basso di quello che avrebbe applicato se non fosse stata a conoscenza di tale prezzo coordinato.

442    La Commissione sottolinea inoltre, a giusto titolo, che è contraddittorio, da parte della ricorrente, invocare la legittimità dell’accordo del 1992 alla luce del regime del Trattato CECA e far valere la circostanza di non averlo rispettato e di averne preso le distanze.

443    In considerazione di quanto precede, la prima censura dev’essere respinta.

b)      Sulla seconda censura, vertente su unassenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dellintesa relativa al prezzo base tra il 25 gennaio 1993 e il 29 agosto 1995

444    La ricorrente nega che la componente dell’intesa sul prezzo base sia proseguita oltre il 30 luglio 1992 e di aver partecipato a tale componente fra il 25 gennaio 1993 e il 29 agosto 1995. A suo avviso:

–        da un lato, l’accordo del 1992 non è stato prorogato dopo il 30 luglio 1992 e la decisione impugnata non contiene alcuna censura riguardo al prezzo base tra tale data e il 25 gennaio 1993;

–        dall’altro, la sua partecipazione a contatti diretti a fissare il prezzo base non è stata dimostrata e, pertanto, la ricezione delle comunicazioni della Federacciai riguardanti tale argomento è privo di valore probatorio e giustificato dal regime del Trattato CECA; inoltre, la fissazione del suo prezzo base al di sotto del prezzo base fissato in modo concertato costituisce un rovesciamento della presunzione di causalità tra la concertazione e il comportamento sul mercato che caratterizza una pratica concordata o, quantomeno, la prova di una dissociazione pubblica dall’intesa.

445    Pertanto, l’intesa relativa al prezzo base sarebbe stata interrotta, quantomeno, dal 25 gennaio 1993 al 29 agosto 1995, cosicché l’infrazione commessa nel 1992 sarebbe prescritta.

446    A tal riguardo, occorre esaminare, innanzitutto, gli elementi considerati dalla Commissione per dimostrare la prosecuzione della componente dell’intesa relativa al prezzo base tra il 1993 e il 1995 (v. punti da 447 a 454 supra) e, in secondo luogo, gli elementi considerati da quest’ultima per provare la partecipazione della ricorrente a detta componente dell’intesa durante il periodo in parola (v. punti da 455 a 468 supra).

447    In primo luogo, la Commissione ha rilevato che l’intesa sul prezzo base era proseguita dopo il 30 luglio 1992, ed in particolare tra il 1993 e il 1995 (punti da 188 a 190, 192, 194, 196, 197, 199, 204, 208, 211, 212, da 215 a 217, 219, 223, 228, 229, 236, da 596 a 602 e 868 della decisione impugnata). Essa si è basata principalmente sulle circostanze che, durante il periodo di cui trattasi, i produttori di tondo per cemento armato si erano riuniti più volte per decidere in merito all’evoluzione del prezzo base, che, a seguito di suddette riunioni, la Federacciai aveva inviato alle imprese alcune comunicazioni che riprendevano il contenuto di tali decisioni e le invitavano ad applicarle e che, a più riprese, le imprese avevano allineato il loro prezzo base in seguito all’invio di tali comunicazioni.

448    Così, riguardo all’anno 1993, la Commissione ha constatato lo svolgimento di due riunioni, una il 25 gennaio 1993, in cui era stato rilevato che il prezzo base partenza Brescia è di 280 lire italiane (ITL)/kg, e l’altra il 1° aprile 1993, in cui il prezzo era stato abbassato a 270 ITL/kg. Dal fascicolo risulta che tali riunioni erano state seguite dall’invio di una corrispondente comunicazione della Federacciai alle imprese, poi dall’allineamento del prezzo base di alcune imprese a quello che era stato concordato durante tali riunioni (punti da 188 a 190, 596, 597 e 868 della decisione impugnata). La Commissione ha altresì rilevato che la riunione del 1º aprile 1993 era stata seguita da una riunione di «verifica» il 20 aprile 1993 (punto 597 della decisione impugnata).

449    Riguardo all’anno 1994, la Commissione ha constatato che tra i produttori di tondo per cemento armato avevano avuto luogo cinque riunioni, rispettivamente, il 7 febbraio 1994, durante la quale il prezzo base partenza Brescia era stato aumentato fino a 290 ITL/kg (punti 192 e 598 della decisione impugnata), il 30 agosto 1994, durante la quale detto prezzo era stato aumentato, con effetto immediato, a un importo di 300 ITL/kg (punti 194, 598 e 599 della decisione impugnata), il 13 settembre 1994, nel corso del quale i partecipanti avevano confermato il prezzo summenzionato (punti 196, 598 e 599 della decisione impugnata), il 25 novembre 1994, nel corso della quale era stato deciso che il medesimo prezzo di 300 ITL/kg doveva essere applicato a partire dal 28 novembre 1994 (punti 197, 598 e 599 della decisione impugnata), e il 1° dicembre 1994, durante la quale il prezzo base partenza Brescia era stato aumentato a 320 ITL/kg con effetto immediato (punti 199, 598 e 599 della decisione impugnata).

450    Dal fascicolo risulta che queste cinque riunioni erano state tutte immediatamente seguite dall’invio di una comunicazione della Federacciai alle imprese per informarle delle decisioni prese (punti 192, 194, 196, 197, 199, 598 e 599 della decisione impugnata).

451    La decisione impugnata rileva inoltre l’applicazione, da parte di talune imprese, a partire dal 7 dicembre 1994, del prezzo base che era stato fissato durante la riunione del 1º dicembre 1994 (punti 200, 598 e 599 della decisione impugnata).

452    Riguardo all’anno 1995, la Commissione si è basata sui seguenti elementi per concludere che la concertazione sul prezzo base continuava in tale periodo, vale a dire, da un lato, lo svolgimento di tre riunioni anticoncorrenziali il 13 giugno, il 4 luglio e il 29 agosto 1995 e le comunicazioni relative alle summenzionate riunioni inviate da Federacciai alle imprese e, dall’altro, sei comunicazioni, del 22 febbraio, del 5, 19, 27 e 31 luglio e di inizio di ottobre 1995, le quali confermavano il livello del prezzo base, senza fare riferimento a precedenti riunioni:

–        la comunicazione della Federacciai inviata il 22 febbraio 1995 ha informato le imprese destinatarie del fatto che il prezzo base partenza Brescia di 360 ITL/kg era stato «riconfermato», il che presupponeva che tale prezzo fosse stato fissato in precedenza (punti 204, 600 e 601);

–        durante la riunione del 13 giugno 1995 (punti 208 e 600), la conferma di un prezzo base di riferimento a 290 ITL/kg e dell’importo deli ribassi era stata approvata all’unanimità (punti 601 e 747); la comunicazione della Federacciai alla Leali del 15 giugno 1995 faceva riferimento alle conclusioni di tale riunione e indicava che l’obiettivo proposto non era stato ancora raggiunto e che si raccomandava quindi di insistere con vigore presso la clientela per poterlo raggiungere (punti 211, 600 e 601); le note interne della Federacciai del 19 giugno 1995 e del 27 giugno 1995 confermavano la decisione sul prezzo base adottata durante la riunione del 13 giugno 1995 e, per la prima di suddette note, l’applicazione parziale di tale decisione (punti 212, 215, 600 e 601);

–        durante la riunione del 4 luglio 1995, seguita da una comunicazione della Federacciai inviata lo stesso giorno alle imprese, era stato deciso di confermare l’indicazione di prezzo precedente, di 300 ITL/kg partenza Brescia, che doveva quindi essere stata stabilita dopo il 19 giugno 1995, che detto prezzo era applicabile agli ordini in corso che dovevano essere consegnati entro il 31 luglio 1995 e che tutti dovevano impegnarsi ad operare in vista di tale obiettivo; era stato inoltre deciso che il prezzo base applicabile per il periodo successivo sarebbe stato fissato nel corso di una riunione successiva (punti 216, 600 e 601);

–        la comunicazione della Federacciai del 5 luglio 1995 alle imprese includeva un calendario di riunioni indicante che le nuove politiche di prezzo valide a partire dall’agosto 1995 sarebbero state discusse in occasione della riunione del 18 luglio 1995 (punti 217, 600 e 601);

–        nella sua comunicazione alla Leali del 19 luglio 1995, vale a dire il giorno successivo a quello della riunione sui prezzi prevista nella comunicazione del 5 luglio 1995 di cui al precedente trattino, la Federacciai affermava di avere «notizie abbastanza buone sull’avanzamento del prezzo e sull’applicazione dell’extra [vale a dire sugli extra di dimensione] e (...) quindi che con qualche cautela le politiche possono essere tranquillamente accettate anche per agosto [1995] e anche poi successivamente»; tale comunicazione confermava quindi che il calendario delle discussioni sui prezzi menzionato nella comunicazione del 5 luglio 1995 doveva essere stato sostanzialmente rispettato e che tali discussioni dovevano aver avuto buon esito (punti 219, 600 e 601);

–        il 27 luglio 1995, l’IRO ha inviato alla Federacciai la circolare che aveva comunicato ai suoi rappresentanti e che li informava dell’applicazione immediata del prezzo base minimo di 320 ITL/kg (punti 225 e 600);

–        la comunicazione del 31 luglio 1995, che la Federacciai intendeva inviare alle imprese, indicava che ricorrevano le condizioni per applicare pienamente il prezzo minimo di 320 ITL/Kg base partenza Brescia per le consegne dell’agosto 1995 (punti 228 e 600);

–        alla riunione del 29 agosto 1995, il prezzo base era stato fissato tra 320 ITL/kg e 330 ITL/kg partenza Brescia; tale riunione era stata seguita da una comunicazione indirizzata lo stesso giorno dalla Federacciai alle imprese per informarle di detta decisione (punti 229, 230, da 600 a 602);

–        la nota manoscritta della Federacciai di inizio ottobre 1995 sottolineava che il prezzo base applicato sul mercato era in diminuzione, collocandosi intorno a 260 e 270 ITL/kg nella zona Brescia e al di sotto di 250 ITL/kg al di fuori di tale zona, e confermava che il comportamento usuale durante le riunioni era quello di dare un riferimento preciso per il prezzo base (punti 236, 600 e 602).

453    La Commissione ha inoltre sottolineato, giustamente, che le comunicazioni della Federacciai del 4 e del 5 luglio e del 29 agosto 1995 summenzionate contenevano l’indicazione di distruggere i documenti in parola dopo averne preso conoscenza (punti 216, 217, 229, 601 e 602 della decisione impugnata), circostanza che conferma come le imprese del settore fossero pienamente consapevoli del carattere anticoncorrenziale di siffatti scambi e dei rischi connessi. Tale elemento scredita anche la tesi della conformità di detti scambi con le regole di trasparenza del Trattato CECA dedotta dalla ricorrente (v. punto 444, secondo trattino, supra).

454    Da quanto precede risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, gli elementi sui quali la Commissione si è basata permettono di dimostrare in modo giuridicamente sufficiente che il prezzo base aveva continuato ad essere fissato in modo concertato dopo il 30 luglio 1992, in particolare tra gennaio 1993 e agosto 1995, e che l’intesa non era quindi stata interrotta in tale periodo.

455    In secondo luogo, per quanto riguarda la prova della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa al prezzo base tra il 25 gennaio 1993 e il 29 agosto 1995, la Commissione ha constatato che la ricorrente aveva continuato a ricevere le summenzionate comunicazioni della Federacciai concernenti le riunioni su tale aspetto durante detto periodo (punti 868, 869 e 871 della decisione impugnata; v. altresì punti da 447 a 450, 452 e 453 supra), circostanza che la ricorrente non contesta.

456    La Commissione ha rilevato al riguardo che tutti i produttori di tondo per cemento armato erano invitati alle riunioni organizzate dalla Federacciai sui prezzi e che tutti ricevevano dalla Federacciai i resoconti di tali riunioni (punto 686 della decisione impugnata).

457    In particolare, occorre sottolineare che la riunione del 7 febbraio 1994 sul prezzo base (v. punto 449 supra) si era tenuta nell’ambito del Consiglio Direttivo dell’Associazione Prodotti Lunghi della Federacciai, di cui faceva parte un rappresentante della ricorrente (punto 192, nota a piè di pagina 150, della decisione impugnata; v. anche punto 401 supra). Pertanto, anche se la comunicazione della Federacciai del 7 febbraio 1994 riguardante tale riunione non riportava i nomi delle imprese destinatarie, è verosimile che la ricorrente fosse stata quantomeno informata dell’esistenza della riunione in parola e delle decisioni prese in quella sede.

458    Conformemente alla giurisprudenza ricordata ai precedenti punti da 340 a 342, le summenzionate comunicazioni relative alle decisioni concordate sul prezzo base che sono state adottate tra il 1993 e il 1995 costituiscono contatti anticoncorrenziali che avevano per oggetto di diffondere presso tutti i produttori di tondo per cemento armato, ivi inclusa la ricorrente, il comportamento che tutti o parte di detti produttori intendevano adottare in materia di prezzi. Alla luce della giurisprudenza citata al punto 343 supra, si presume che la ricorrente, informata di tali decisioni concordate, ne abbia tenuto conto per definire il proprio comportamento sul mercato (punti 613, in fine, e 869 della decisione impugnata).

459    In assenza di una dissociazione pubblica della ricorrente dall’intesa (si veda in proposito la giurisprudenza citata ai punti 344 e 410 supra), tali elementi consentono di dimostrare la continuità della sua partecipazione all’infrazione durante il periodo di cui trattasi.

460    Su tale punto, occorre ricordare che la comprensione delle intenzioni dell’impresa interessata ricavata dagli altri partecipanti all’intesa è determinante al fine di valutare se quest’ultima abbia inteso dissociarsi dall’accordo illecito, ed incombe quindi alla stessa fornire indizi atti a dimostrare che i partecipanti all’intesa consideravano che essa avesse posto termine alla propria partecipazione (v., in tal senso, sentenze del 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑510/06 P, EU:C:2009:166, punto 120, e del 12 luglio 2018, Brugg Kabel e Kabelwerke Brugg/Commissione, T‑441/14, EU:T:2018:453, punto 210).

461    La ricorrente non ha fornito alcun elemento atto a dimostrare che essa si fosse pubblicamente dissociata dall’intesa o che il suo comportamento fosse stato inteso come tale dai suoi concorrenti.

462    In siffatte circostanze, è irrilevante che la Commissione non abbia dimostrato la partecipazione della ricorrente alle riunioni di concertazione sul prezzo base tra il 1993 e il 1995 precedenti alle comunicazioni della Federacciai o che la ricorrente non abbia applicato il prezzo base concordato durante tali riunioni.

463    Al riguardo, la Commissione sostiene giustamente che il fatto di aver applicato un prezzo base inferiore al prezzo concordato non può rovesciare la presunzione di causalità caratteristica dell’esistenza di una pratica concordata, ricordata al precedente punto 343. Infatti, come rilevato al punto 714 della decisione impugnata, alla luce della giurisprudenza citata ai precedenti punti 439 e 440, la ricorrente ha potuto sfruttare l’intesa a proprio vantaggio. Infatti, quest’ultima ha potuto applicare un prezzo base inferiore al prezzo concordato, ma meno basso di quello che avrebbe applicato se non fosse stata a conoscenza di tale prezzo concordato (v. punto 441 supra).

464    In ogni caso, la Commissione constata che la ricorrente ha attuato almeno parzialmente i prezzi concordati, poiché ha allineato i suoi extra di dimensione a quelli derivanti dall’intesa, il che ha condizionato il prezzo finale del suo prodotto. Di conseguenza, il fatto che la ricorrente abbia seguito le indicazioni relative agli extra di dimensione e non quelle riguardanti il prezzo base non ha potuto trasmettere ai suoi concorrenti l’idea che essa volesse dissociarsi da tale componente dell’intesa.

465    Si deve inoltre sottolineare che la Corte ha dichiarato che, in presenza di un’intesa durata più di dieci anni, la Commissione era legittimata a dichiarare la responsabilità di un’impresa per tutto questo periodo, anche se non esistevano prove della sua partecipazione attiva all’intesa riguardo a un periodo di due anni, quando, da un lato, l’impresa non aveva dimostrato di essersi pubblicamente dissociata dal contenuto dell’intesa nel corso di tale periodo, in particolare informando per iscritto i suoi concorrenti della sua volontà di non parteciparvi più, e, dall’altro, sussistevano numerose prove della sua partecipazione attiva all’intesa successivamente a tale periodo (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 75).

466    Nel caso di specie, la Commissione ha constatato che la ricorrente aveva partecipato senza soluzione di continuità all’intesa per più di dieci anni, anche se dalla decisione impugnata risulta che la sua partecipazione alla componente relativa al prezzo base è stata meno attiva tra il gennaio 1993 e l’agosto 1995. Inoltre, essa ha concluso nel senso della prosecuzione della partecipazione della ricorrente all’intesa, anche sul prezzo base, nei cinque anni successivi, tra il 1996 e il 2000, periodo nel corso del quale è stato constatato che essa aveva partecipato alle riunioni e continuato a ricevere le comunicazioni della Federacciai su tale aspetto (punti da 603 a 611, 613, 875, 876, 878, 879 e 884 della decisione impugnata). Orbene, la ricorrente non nega di aver partecipato all’intesa durante detti ultimi cinque anni.

467    Infine, il contesto di fatto della presente causa dimostra come la sentenza del 21 gennaio 2016, Eturas e a. (C‑74/14, EU:C:2016:42), invocata dalla ricorrente, non sia applicabile al caso di specie. Detta sentenza pregiudiziale riguarda una pratica concordata vertente su di un solo elemento del prezzo, nella fattispecie il tetto massimo di uno sconto sul prezzo di viaggi on-line, per un breve periodo di sette mesi (sentenza del 21 gennaio 2016, Eturas e a., C‑74/14, EU:C:2016:42, punto 13). In circostanze siffatte, la Corte ha giudicato che la presunzione di causalità caratteristica della pratica concordata poteva essere rovesciata mediante la dimostrazione di un’applicazione sistematica di uno sconto eccedente il tetto massimo convenuto (sentenza del 21 gennaio 2016, Eturas e a., C‑74/14, EU:C:2016:42, punti da 8 a 13, 49 e 50).

468    Contrariamente alla causa che ha dato luogo alla sentenza del 21 gennaio 2016, Eturas e a. (C‑74/14, EU:C:2016:42), nel caso di specie l’intesa sul tondo per cemento armato ha costituito un’infrazione complessa e continuata che si è estesa su un periodo di oltre dieci anni e ha assunto la forma di accordi e pratiche concordate che hanno riguardato diverse componenti del prezzo, ma anche le condizioni di pagamento e i volumi di produzione e di vendita, e tutte queste pratiche erano collegate dall’obiettivo comune di aumentare i prezzi dei prodotti interessati (punti 619, 620, 631, 640, 643, 646, 651, 653, 657, 659, 661, 662, 665, 667, 670, 672, 674, 682, 716, 717, 726 e 778 della decisione impugnata). L’intreccio di siffatte diverse pratiche nel corso di dieci anni spiega che il semplice fatto che un elemento dell’intesa, vertente sul prezzo base, non sia stato applicato rigorosamente dalla ricorrente per un periodo di un anno e mezzo, tra il gennaio 1993 e l’agosto 1995, non consente di rovesciare la presunzione di causalità sopra menzionata e, quindi, di constatare l’interruzione della partecipazione della ricorrente all’infrazione durante tale periodo (v., riguardo alla componente dell’intesa relativa al prezzo base, i punti da 455 a 463 supra e, riguardo alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione, i punti da 394 a 413 e 464 supra).

469    Pertanto, l’argomento secondo cui la componente dell’intesa relativa al prezzo base sarebbe stata interrotta dal 25 gennaio 1993 al 29 agosto 1995 e che ne deriverebbe una prescrizione dell’infrazione per il periodo precedente deve essere respinto.

470    In considerazione di quanto precede, la seconda censura dev’essere respinta. Pertanto, la seconda parte dev’essere respinta nella sua interezza.

5.      Sulla terza parte, vertente su unassenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dellintesa relativa ai termini di pagamento tra il 1992 e il 1995

471    La ricorrente nega di aver partecipato alla componente dell’intesa relativa ai termini di pagamento, sostenendo che l’accordo del 1992 e le comunicazioni della Federacciai fatte valere nei suoi confronti siano privi di valore probatorio.

472    A tal riguardo, la Commissione ha constatato che, tra il 15 aprile 1992 e il 30 settembre 1995, l’intesa era stata ampliata ai termini di pagamento (punti da 615 a 620, 676 e 677 della decisione impugnata).

473    La Commissione si è basata sui seguenti elementi:

–        l’accordo del 1992, di cui la ricorrente era parte (v. punti da 421 a 423 e 867 supra), stabiliva, a partire dal 13 aprile 1992, la regola del pagamento entro un termine massimo di «90 giorni fine mese», salvo alcune eccezioni (punti 181 e 615); l’inosservanza dell’accordo in parola sul punto summenzionato comportava talune penali applicabili a partire dal 1° giugno 1992 e detto accordo giustificava tali penali con il fatto che il pagamento costituiva una componente del prezzo;

–        La comunicazione della Federacciai del 25 gennaio 1993 faceva riferimento alla riunione in pari data, durante la quale era stato deciso di ridurre il periodo di pagamento a 60 giorni fine mese a partire dal 26 gennaio 1993 (punti 188, 616 e 868);

–        la comunicazione della Federacciai ricevuta dalle imprese il 5 dicembre 1994 faceva riferimento alla decisione, adottata durante la riunione del 1º dicembre 1994, di fissare il termine di pagamento a 60/90 giorni fine mese a partire dal 1º gennaio 1995 e a 60 giorni fine mese a partire dal 1º marzo 1995 (punti 199, 617 e 868);

–        la comunicazione della Federacciai del 5 luglio 1995 prevedeva una discussione sui termini di pagamento in una riunione fissata per il 18 luglio 1995; tale documento indicava che doveva essere distrutto dopo la presa visione (punti 217, 618 e 871);

–        la comunicazione della Federacciai del 21 luglio 1995 inviata a 34 produttori di tondo per cemento armato (punto 222) includeva una dichiarazione da firmare contenente l’impegno ad applicare, a partire dal 1º settembre 1995, termini di pagamento a 60/90 giorni (punti 221, 618, 766 e 871), indicava che tale impegno sottoscritto doveva essere inviato d’urgenza alla Leali e che esso mirava a confermare la volontà di ridurre i termini di pagamento e di applicare i nuovi termini concordati, sottolineava altresì la necessità di un consenso generale forte per l’operatività di tali termini di pagamento a partire dal 1º settembre 1995 e affermava che essa doveva essere distrutta dopo che ne fosse stata presa visione (punto 222);

–        la comunicazione della Federacciai del 29 agosto 1995 faceva riferimento alla riunione in pari data, nel corso della quale era stata confermata all’unanimità l’applicazione di termini di pagamento a 60/90 giorni a partire dal 1º settembre 1995 (punti 229, 618 e 871), e indicava inoltre che doveva essere distrutta dopo il ricevimento (punto 230).

474    La Commissione ha del pari considerato che la decisione del 29 agosto 1995 aveva costituito l’ultima fissazione concordata dei termini di pagamento e che, all’inizio del ottobre 1995, la Federacciai aveva constatato che la clientela dei produttori di tondo per cemento armato rimetteva in discussione questi ultimi (punto 618 in fine della decisione impugnata).

475    In primo luogo, dagli elementi sopra esposti risulta che l’intesa è stata ampliata ai termini di pagamento a partire dalla metà di aprile 1992, grazie all’accordo del 1992 concluso in tale periodo (punti 181 e 182 della decisione impugnata), e che suddetto accordo ha espressamente un oggetto anticoncorrenziale che contribuiva alla fissazione concertata dei prezzi del tondo per cemento armato.

476    A seguito delle decisioni adottate al riguardo tra il 25 gennaio 1993 e il 29 agosto 1995, quali riportate nelle cinque comunicazioni della Federacciai di cui al punto 473 supra, l’accordo anticoncorrenziale sui termini di pagamento è poi proseguito fino alla fine del mese di settembre 1995 (punti 188, 199, 217, 221, 222, 229, 230, 575, da 614 a 618, 676, 677 e 766 della decisione impugnata).

477    In secondo luogo, risulta altresì da quanto precede che la ricorrente fa parte delle imprese che hanno concluso l’accordo del 1992 (punti 181 e 867 della decisione impugnata; v. anche punti da 421 a 427 e 429 supra) e che essa è stata tenuta al corrente delle decisioni successive sulla concertazione riguardanti i termini di pagamento che sono state adottate fino al 29 agosto 1995 (punti 188, 199, 217, 221, 222, 229, 230, 868 e 871 della decisione impugnata).

478    Va inoltre sottolineato che la comunicazione della Federacciai del 25 gennaio 1993 menzionava non soltanto la decisione sui termini di pagamento presa nella riunione tenutasi in pari data (v. punto 473, secondo trattino, supra), ma anche quella relativa all’aumento degli extra di dimensione adottata nel corso della medesima riunione (punto 188 della decisione impugnata) e che la ricorrente ha attuato (punto 189 della decisione impugnata; v. altresì punto 394 supra). Tale attuazione conferma il fatto che la ricorrente sia stata informata della comunicazione del 25 gennaio 1993 e, pertanto, dei termini di pagamento concordati.

479    Lo stesso dicasi per i termini di pagamento fissati nella riunione del 1° dicembre 1994 (v. punto 473, terzo trattino, supra). Infatti, tali termini di pagamento sono stati riportati nella comunicazione della Federacciai del 5 dicembre 1994 (punto 199 della decisione impugnata). Orbene, nel documento in parola si chiedeva alle imprese anche di comunicare i rispettivi volumi di produzione per i mesi da settembre a novembre 1994, cosa che la ricorrente ha fatto (v. punto 202 della decisione impugnata; v. anche punto 404 supra).

480    Alla luce degli elementi che precedono, la Commissione ha giustamente constatato la partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa ai termini di pagamento tra la metà di aprile 1992 e il 30 settembre 1995.

481    Siffatta conclusione è contestata dalla ricorrente.

482    In primo luogo, sebbene la ricorrente non neghi, nell’atto di ricorso, di aver ricevuto le cinque comunicazioni citate al precedente punto 473, essa afferma, nella replica, che non esiste alcuna prova che essa abbia ricevuto le comunicazioni della Federacciai del 5 luglio 1995 e del 29 agosto 1995.

483    A tal riguardo, occorre anzitutto sottolineare che la ricorrente non nega di aver ricevuto le altre tre comunicazioni della Federacciai sui termini di pagamento del 25 gennaio 1993, del 5 dicembre 1994 e del 21 luglio 1995.

484    Per quanto riguarda la comunicazione della Federacciai del 5 luglio 1995, in cui si indicava che era prevista una discussione sui termini di pagamento nel corso di una riunione fissata per il 18 luglio 1995, essa menzionava altresì che doveva essere distrutta dopo la presa visione, il che può spiegare come non sia stato possibile rinvenire alcuna prova materiale della ricezione di tale comunicazione da parte della ricorrente.

485    Quanto alla comunicazione della Federacciai del 29 agosto 1995, essa è direttamente collegata a quella del 21 luglio 1995, che la ricorrente non nega di aver ricevuto. Infatti, tale comunicazione del 21 luglio 1995 chiedeva ai produttori di tondo per cemento armato di impegnarsi ad applicare termini di pagamento a 60/90 giorni a partire dal 1º settembre 1995. La comunicazione del 29 agosto 1995 si riferisce al suddetto impegno, giacché afferma che, nella riunione tenutasi alla data menzionata, era stato confermato all’unanimità di applicare siffatti termini di pagamento a 60/90 giorni a partire dal 1° settembre 1995, ossia quelli già concordati il 21 luglio 1995.

486    Infine, dai documenti agli atti di causa risulta che, durante l’estate del 1995 e nei mesi successivi, la ricorrente aveva continuato a comunicare in maniera molto regolare con la Federacciai sulle altre componenti dell’intesa. Infatti:

–        alla comunicazione inviata dalla Federacciai alla Leali il 24 luglio 1995 era allegata la dichiarazione di impegno di cui al punto 485 supra, relativa ai termini di pagamento di due imprese (l’Alfa Acciai SRL e l’Artfer SRL) nonché da un documento promanante dalla ricorrente in cui quest’ultima comunicava il suo programma di fermate della produzione estiva (v. punti 223 e 618 nonché nota a piè di pagina 245 della decisione impugnata);

–        la comunicazione della Federacciai del 26 luglio 1995 indirizzata alla Leali relativa ai termini di pagamento (v. punti 226 e 618 nonché nota a piè di pagina 251 della decisione impugnata) faceva riferimento anche al programma di fermate della produzione della ricorrente;

–        la comunicazione della Federacciai del 1° settembre 1995 trasmetteva alla Leali i dati individuali relativi alla produzione provenienti, in particolare, dalla ricorrente (v. punto 231 e nota a piè di pagina 256 della decisione impugnata);

–        la ricorrente ha risposto ai telefax della Federacciai dell’11 settembre, del 25 settembre e del 5 ottobre 1995 che avevano chiesto alle imprese di trasmettere i loro dati relativi agli ordini registrati, rispettivamente, tra il 28 agosto e il 9 settembre 1995 (v. punti 233 e 234 della decisione impugnata), tra l’11 e il 22 settembre 1995 (v. punto 235 della decisione impugnata) e tra il 25 settembre e il 6 ottobre 1995 (v. punti 236 e 237 della decisione impugnata);

–        la ricorrente fa parte delle imprese che hanno ricevuto la comunicazione della Federacciai del 20 ottobre 1995 contenente i dati individuali relativi agli ordini forniti da ciascuna delle imprese (v. punto 238 della decisione impugnata);

–        la ricorrente è stata invitata dalla Leali, in data 28 dicembre 1995, a partecipare alla riunione di Brescia del 4 gennaio 1996 (v. punto 240 della decisione impugnata).

487    Alla luce di tali elementi, è plausibile che la ricorrente abbia continuato a ricevere, senza soluzione di continuità, le comunicazioni della Federacciai relative ai termini di pagamento nell’estate del 1995.

488    In ogni caso, vari documenti, tra cui la comunicazione della Federacciai del 29 agosto 1995, attestano che tutte le imprese del settore, inclusa la ricorrente, hanno partecipato all’accordo sui nuovi termini di pagamento concluso nell’estate del 1995. Infatti:

–        le comunicazioni della Federacciai, da un lato, alla Leali del 26 luglio 1995 e, dall’altro, ai produttori di tondo per cemento armato del 29 agosto 1995 sottolineano il carattere unanime dell’accordo sui termini di pagamento a 60/90 giorni fine mese (punti 226, 229, 230, 618 e 766 della decisione impugnata), il che significa che la ricorrente ne avrebbe approvato il risultato;

–        la comunicazione diffusa dalla Leali il 28 luglio 1995 indicava che tali termini di pagamento sarebbero stati applicati a partire dal 1º settembre 1995 «senza eccezione alcuna» (punti 227 e 618 della decisione impugnata);

–        il progetto di comunicazione del 31 luglio 1995 che la Federacciai intendeva inviare alle imprese affermava che sussistevano le condizioni per una rigorosa applicazione dei termini di pagamento a 60/90 giorni fine mese per le consegne del settembre 1995 (punti 228 e 618 della decisione impugnata).

489    In ogni caso, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 346 supra, anche supponendo che la ricorrente non fosse stata a conoscenza di tutti i contatti anticoncorrenziali sui termini di pagamento, siffatta circostanza non precluderebbe l’accertamento della sua partecipazione all’infrazione, tanto più che, durante il periodo dell’infrazione relativo alla componente dell’intesa su tali termini di pagamento, ulteriori indizi suffragano la prosecuzione della partecipazione della ricorrente all’intesa (v., per quanto riguarda la componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione, punti 375, da 377 a 386, da 394 a 413 e 464 supra, e, per quanto riguarda la componente dell’intesa relativa al prezzo base, punti da 421 a 442 e da 455 a 463 supra).

490    Il primo argomento della ricorrente deve pertanto essere respinto.

491    In secondo luogo, la ricorrente sostiene di non aver partecipato alle riunioni di coordinamento sui termini di pagamento, di non aver risposto alle comunicazioni della Federacciai al riguardo, il che dimostrerebbe la sua dissociazione da tale componente dell’intesa, e di non aver applicato i termini di pagamento concordati.

492    A tal proposito, gli elementi esposti ai punti da 472 a 480 e da 483 a 488 supra attestano che la ricorrente ha partecipato alla componente anticoncorrenziale dell’accordo del 1992 sui termini di pagamento e che essa è stata poi tenuta al corrente delle decisioni concordate al riguardo che si sono applicate sino alla fine del mese di settembre 1995.

493    Inoltre, il fatto che la ricorrente non abbia risposto alle comunicazioni della Federacciai che facevano riferimento alle decisioni concordate sui termini di pagamento non può dimostrare che essa si sia dissociata pubblicamente da tale componente dell’intesa. Le numerose comunicazioni della Federacciai che la ricorrente ha continuato a ricevere, segnatamente tra l’estate del 1995 e nei mesi successivi (v. punti 483, 486 e 488 supra), riguardanti in particolare le differenti componenti dell’intesa, e l’attuazione di un certo numero di tali decisioni da parte della ricorrente (v. in particolare punto 478 supra) costituiscono del resto altrettanti indizi del fatto che quest’ultima non se ne sia dissociata pubblicamente.

494    In siffatte circostanze, conformemente alla giurisprudenza richiamata ai punti 345 e 346 supra, il fatto che la Commissione non abbia fornito la prova della partecipazione della ricorrente alle riunioni di concertazione sui termini di pagamento o che la ricorrente non abbia risposto alle comunicazioni della Federacciai a tal riguardo non può essere sufficiente per escludere la responsabilità della ricorrente relativamente alla componente dell’intesa in parola.

495    È parimenti irrilevante che la ricorrente non abbia applicato i termini coordinati. Infatti, l’applicazione del divieto sancito dall’articolo 65, paragrafo 1, CA non esige che la concertazione sia stata attuata, né che essa produca effetti concreti (v., in tal senso, sentenze dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punti da 122 a 124; del 2 ottobre 2003, Ensidesa/Commissione, C‑198/99 P, EU:C:2003:530, punti 59 e 60, e dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punti da 269 a 271 e giurisprudenza ivi citata).

496    Anche questa seconda serie di argomenti dedotti dalla ricorrente deve pertanto essere respinta.

497    In terzo luogo, la ricorrente fa valere che i termini di pagamento concordati corrispondevano agli usi comuni del mercato e che erano stati ripresi dal regime sui termini di pagamento istituito dalla direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GU 2000, L 200, pag. 35), e dalla direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GU 2011, L 48, pag. 1).

498    A tal riguardo, la Commissione osserva, giustamente, che un accordo consistente nel mettere in atto comportamenti abituali può restringere la libertà delle parti di competere tra di loro adottando comportamenti diversi. Il fatto che i termini di pagamento fossero quelli abitualmente praticati sarebbe rilevante solo in mancanza di una previa concertazione (punto 706 della decisione impugnata). Orbene, la concertazione previa, riflessa nell’accordo dell’aprile 1992 e nelle successive comunicazioni della Federacciai, ha impedito alla ricorrente di decidere autonomamente in merito alla sua linea d’azione sul mercato a tal riguardo.

499    Neppure il terzo argomento dedotto dalla ricorrente le consente, quindi, di sottrarsi al divieto di cui all’articolo 65, paragrafo 1, CA e deve, anch’esso, essere respinto.

500    Da quanto precede deriva che la terza parte deve essere respinta nella sua interezza.

6.      Sulla quarta parte, vertente su unassenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dellintesa relativa alla limitazione della produzione nel 1995

501    La ricorrente contesta la sua partecipazione alla componente del cartello relativa alla limitazione della produzione tra il giugno e l’ottobre 1995, attuata mediante, da un lato, un’interruzione coordinata della produzione di tondo per cemento armato durante l’estate del 1995 e, dall’altro, uno scambio di informazioni riservate sugli ordini e sulle consegne tra il giugno e l’ottobre 1995. A tal riguardo, essa deduce due censure.

c)      Sulla prima censura, vertente su unassenza di prova della partecipazione della ricorrente allinterruzione coordinata della produzione del tondo per cemento armato durante lestate del 1995

502    La ricorrente ritiene che la Commissione non abbia dimostrato la sua partecipazione all’interruzione coordinata della produzione durante l’estate del 1995. Da un lato, essa sostiene che la sua partecipazione alla riunione del 13 giugno 1995 non è dimostrata e che essa non ha risposto al questionario inviato dalla Leali alle imprese produttrici il 22 giugno 1995, diretto a raccogliere le informazioni sui periodi di chiusura durante l’estate del 1995. Dall’altro, essa sostiene di non aver aderito alla concertazione, come dimostrerebbero diversi documenti attestanti che, nell’estate del 1995, essa ha effettuato fermate produttive diverse da quelle concordate, il che sarebbe stato percepito come una dissociazione pubblica.

503    A tal riguardo, dalla decisione impugnata risulta che, tra il 13 giugno 1995 e il 23 maggio 2000, l’intesa è stata ampliata alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite di tondo per cemento armato (punti da 641 a 674, 676 e 677). Tale componente dell’intesa aveva l’obiettivo di sostenere l’aumento del prezzo base concordato durante la riunione del 13 giugno 1995 e si basava in particolare sull’interruzione coordinata della produzione (punti 641, da 649 a 654, 658 e 670) e su uno scambio di informazioni confidenziali (punti 641, da 643 a 648, 651, da 654 a 656, da 659 a 663, 668, 672, 674 e 682).

504    La Commissione ha osservato che, nella riunione del 13 giugno 1995, le imprese interessate avevano deciso all’unanimità di interrompere la produzione per quattro settimane prima della fine del mese di agosto 1995 (punti 208, 641 e 767 della decisione impugnata).

505    La Commissione ha accertato la partecipazione della ricorrente alla fermata produttiva coordinata a partire dal 13 giugno 1995 (punto 870 della decisione impugnata), basandosi sui seguenti elementi:

–        il verbale manoscritto della Federacciai relativo alla riunione del 13 giugno 1995 riportava che un’interruzione della produzione del tondo per cemento armato di quattro settimane prima della fine dell’agosto 1995 era stata decisa all’unanimità (punto 208 della decisione impugnata);

–        il numero di telefax della Feralpi figurava in quinta posizione nel rapporto di trasmissione della comunicazione inviata dalla Leali ai produttori il 22 giugno 1995, il che dimostra che la ricorrente aveva ricevuto tale comunicazione; ebbene, quest’ultima faceva riferimento «ai colloqui ed alle dichiarazioni dei giorni scorsi riportanti le decisioni [per i destinatari] sulle fermate estive», menzionava la necessità di dar seguito a tali decisioni, ringraziava i suoi destinatari «per la disponibilità espressa ad aumentare il periodo di fermata inizialmente previsto» e chiedeva la conferma scritta da parte di ciascuno del suo calendario di fermate al fine di «rassicurare reciprocamente tutti gli attori» (punti 213, 432 e 649 della decisione impugnata);

–        il 21 luglio 1995, la ricorrente aveva trasmesso alla Federacciai il suo programma di fermate produttive previsto tra il 6 e il 28 agosto 1995, precisando «come già anticipato» (punti 223, 433, 649, 650 e 870 della decisione impugnata);

–        il 24 luglio 1995, la Federacciai aveva informato Leali che il programma della ricorrente non corrispondeva a quello che era stato concordato (v. punti 433, 650 e 870 della decisione impugnata).

506    Tali elementi confermano che la ricorrente non solo ha ricevuto la comunicazione relativa al programma di fermate produttive dell’estate del 1995 concordato tra i produttori di tondo per cemento armato, ma che essa ha partecipato direttamente a tale concertazione, stante il carattere unanime della decisione adottata al riguardo, e che essa l’ha, per di più, applicata almeno in parte (punti 208, 223, 432, 433, 649 e 650 della decisione impugnata).

507    In siffatto contesto, per poter affermare la responsabilità della ricorrente a titolo della quarta componente dell’intesa a partire dal 13 giugno 1995, non era necessario apportare la prova che la ricorrente aveva assistito alla riunione tenutasi in pari data.

508    Quanto al fatto che il programma di fermate produttive dell’estate del 1995 della ricorrente si discostasse parzialmente da quello che era stato previamente concordato dai produttori, lungi dal discolpare la ricorrente, mette al contrario in evidenza il fatto che quest’ultima ha applicato l’intesa, poiché ha effettivamente chiuso le sue unità di produzione per tre settimane, a partire dal 6 agosto 1995. Inoltre, essa ne aveva informato la Federacciai con diverse settimane di anticipo, così come la Leali, l’altro coordinatore dell’intesa, aveva chiesto a tutti i produttori.

509    Il fatto che la ricorrente non abbia rigorosamente seguito la decisione concordata, chiudendo solo per tre settimane le sue unità di produzione, invece delle quattro settimane concordate nell’ambito dell’intesa, non può, quindi, costituire una dissociazione pubblica dall’intesa. Al contrario, la ricorrente è stata chiaramente percepita dai suoi concorrenti come partecipante all’intesa (v. punto 505 supra), come confermato dalla comunicazione della Federacciai alla Leali del 24 luglio 1995. Tale circostanza è idonea a corroborare la sua partecipazione all’intesa e, alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 460 supra, osta al riconoscimento di una pubblica dissociazione dall’intesa da parte sua.

510    La differenza tra il programma della ricorrente e quello fissato in modo concertato mostra unicamente che la ricorrente aveva infine deciso di non applicare integralmente quanto da essa concordato con gli altri membri dell’intesa, il che, alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 439 supra, e come rilevato al punto 702 della decisione impugnata, può costituire un modo di utilizzare l’intesa a proprio vantaggio.

511    In considerazione di quanto precede, la prima censura dev’essere respinta.

d)      Sulla seconda censura, vertente su unassenza di prova della partecipazione della ricorrente allo scambio di informazioni sugli ordini e sulle consegne tra il giugno e lottobre del 1995

512    La ricorrente nega la sua partecipazione ad uno scambio di informazioni anticoncorrenziali sugli ordini e sulle consegne tra il giugno e l’ottobre 1995:

–        la sua partecipazione alle riunioni in questione non sarebbe stata accertata;

–        lo scambio di informazioni sarebbe stato privo di carattere anticoncorrenziale, tenuto conto, in primo luogo, delle informazioni di cui trattasi, raccolte unicamente a fini statistici, in secondo luogo, del regime di trasparenza previsto dal Trattato CECA, che obbligava le imprese del settore a comunicare alla Commissione taluni dati mensili relativi agli ordini, alle consegne e al livello di occupazione delle imprese, in terzo luogo, dell’assenza di valore aggiunto di tali informazioni per essa e per le altre imprese interessate e, in quarto luogo, della struttura non oligopolistica del mercato di cui trattasi;

–        non sarebbe neppure dimostrato che la Federacciai, che aveva raccolto tali dati, li abbia trasmessi alle imprese interessate, ed in particolare alla ricorrente.

513    A tal riguardo, secondo la giurisprudenza, uno scambio di informazioni tra concorrenti viola l’articolo 65, paragrafo 1, CA qualora riduca o annulli le incertezze in merito al comportamento che prevedono di adottare, il che incide sulla loro autonomia decisionale (v., in tal senso, sentenze del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione, C‑194/99 P, EU:C:2003:527, punti 81 e 89 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punti 35, 41 e 43).

514    Ciò avviene qualora lo scambio tra concorrenti verta su informazioni riservate sotto il profilo commerciale e qualora esso rappresenti il supporto di un altro meccanismo anticoncorrenziale (v., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione, C‑609/13 P, EU:C:2017:46, punto 134 e giurisprudenza ivi citata) o ne agevoli la perpetrazione (v., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 385).

515    In particolare, sono considerate sensibili sotto il profilo commerciale le informazioni relative alle vendite future ed alle capacità produttive correnti e future (v., in tal senso, sentenze del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punti da 157 a 159, e dell’8 luglio 2020, Infineon Technologies/Commissione, T‑758/14 RENV, non pubblicata, EU:T:2020:307, punto 96).

516    Lo stesso vale per le informazioni commerciali vertenti su un periodo trascorso ma recente, ove la loro divulgazione consenta ai destinatari di dedurne la posizione che occupavano sul mercato le imprese che le hanno comunicate (v., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punti da 394 a 397 e da 403 a 406).

517    Lo scambio di tali informazioni attraverso un’associazione di categoria può contribuire al funzionamento di un’intesa e, di conseguenza, può violare l’articolo 65, paragrafo 1, CA, dato che può influenzare il comportamento delle imprese in maniera rilevante, da un lato, per il fatto che ogni impresa sa di essere attentamente sorvegliata dai propri concorrenti, e, dall’altro, per il fatto che ciascuna impresa può, se necessario, reagire al comportamento di questi ultimi, in base a elementi notevolmente più recenti e più precisi di quelli disponibili con altri mezzi (v., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 403).

518    Infine, uno scambio di informazioni può essere anticoncorrenziale anche nel caso in cui il mercato in questione non sia un mercato oligopolistico fortemente concentrato, purché l’offerta su detto mercato non abbia un carattere frammentato (v., in tal senso, sentenza del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione, C‑194/99 P, EU:C:2003:527, punto 86).

519    Nel caso di specie, dalla decisione impugnata risulta che, durante la riunione del 13 giugno 1995, le imprese interessate hanno deciso di comunicarsi i loro dati relativi agli ordini registrati per i mesi di maggio e giugno 1995 (punti da 208 a 211 e 641 della decisione impugnata). In seguito, alla riunione del 29 agosto 1995, esse hanno deciso di comunicarsi i loro dati relativi alla produzione e all’esportazione previsti mensilmente fino al 31 dicembre 1995 nonché i loro dati sul livello delle giacenze al 31 agosto 1995 e sulle consegne per i mesi di luglio e agosto del 1995 (punti 229, 230, 644, 871 e 872 della decisione impugnata).

520    Alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti 515 e 516 supra, le informazioni che venivano scambiate erano sensibili sotto il profilo commerciale e molto recenti, giacché riguardavano le vendite e la produzione durante le settimane immediatamente precedenti e seguenti alle richieste di informazioni.

521    Conformemente alla giurisprudenza citata ai precedenti punti 513, 514 e 517, il fatto che i concorrenti si scambiassero informazioni siffatte era idoneo a ridurre sensibilmente il grado di incertezza sul funzionamento del mercato e ad influenzare il loro comportamento in modo rilevante, poiché tali informazioni potevano servire da riferimento alle loro decisioni future quanto alla pianificazione della loro produzione e delle loro vendite e, in ultimo, dei loro prezzi, laddove dette informazioni costituivano elementi nettamente più recenti e più precisi di quelli che sarebbero stati disponibili con altri mezzi.

522    La Commissione ha peraltro constatato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, lo scambio di informazioni confidenziali non era realizzato a fini statistici, ma serviva a controllare la produzione e le vendite al fine di sostenere i prezzi del tondo per cemento armato (punti 231, 232, 641, 643, 645 e 721 della decisione impugnata) e costituiva quindi uno strumento di controllo e di gestione dell’intesa. Infatti:

–        a seguito della riunione del 13 giugno 2015, quattordici imprese, tra cui la ricorrente, hanno trasmesso i loro dati relativi agli ordini e tali dati sono stati analizzati nel corso della riunione del 20 giugno 2015, così che le imprese ad essa partecipanti hanno avuto accesso alle informazioni dei loro concorrenti; detto accesso ha consentito alle imprese interessate di verificare come ciascuna avesse variato la propria acquisizione di ordini in relazione all’aumento del prezzo base concordato durante la riunione del 13 giugno 2015 (punto 641 della decisione impugnata);

–        la decisione adottata durante la riunione del 29 agosto 1995 è stata comunicata in tale data dalla Federacciai alle imprese e, il 1º settembre 1995, quest’ultima ha trasmesso alla Leali i dati individuali relativi ai primi sei mesi di produzione e di consegna di 23 imprese, tra cui quelli della ricorrente (punti 230, 231, 645 e 871 della decisione impugnata); la menzione «Da distruggere dopo ricevimento» che figurava nella comunicazione della Federacciai del 29 agosto 1995 (punto 602 della decisione impugnata) non lascia al riguardo alcun dubbio in merito al fatto che l’associazione in parola fosse pienamente consapevole del carattere anticoncorrenziale di ciò che essa chiedeva, così come la ricorrente quando ha risposto alla summenzionata richiesta;

–        l’11 settembre, il 25 settembre e il 5 ottobre 1995, la Federacciai ha chiesto alle imprese di trasmettere gli ordini settimanali da esse assunti tra l’ultima settimana di agosto e la prima settimana di ottobre 1995; la ricorrente fa parte delle imprese che hanno risposto a suddette tre richieste; il 20 ottobre 1995 la Federacciai ha trasmesso a ciascuna di esse i dati dei loro concorrenti (punti da 233 a 238, da 646 a 648, 871 e 872 della decisione impugnata).

523    Inoltre, il 1º e il 6 settembre 1995, la Federacciai ha indicato alla Leali che tali informazioni riservate mostravano un equilibrio tra produzione e consegne e che, di conseguenza, l’obiettivo convenuto di sostegno dei prezzi mediante un controllo delle quantità prodotte era stato raggiunto (punti 232, 645 e 646 della decisione impugnata).

524    Gli elementi indicati al punto 522 supra dimostrano che la ricorrente ha partecipato al summenzionato scambio di informazioni anticoncorrenziale, come risulta, segnatamente, dai punti 231, 234, 235, 237, 238, da 645 a 648, 721, 871 e 872 della decisione impugnata. È irrilevante, quindi, che la sua partecipazione alle riunioni del 13 giugno, del 20 giugno e del 29 agosto 1995 non sia stata accertata.

525    La struttura non oligopolistica del mercato interessato non rimette in discussione il carattere anticoncorrenziale dello scambio di informazioni, tanto più che non si trattava di una pratica anticoncorrenziale isolata, bensì di un meccanismo destinato a facilitare un progetto anticoncorrenziale più ampio diretto ad aumentare i prezzi.

526    In siffatto contesto, lo scambio di informazioni non poteva essere giustificato dalle norme del trattato CECA, giacché riguardava informazioni sensibili sotto il profilo commerciale e derivava da una concertazione preventiva vietata dall’articolo 65, paragrafo 1, CA. In particolare, la decisione n. 1566/86/CECA della Commissione, del 24 febbraio 1986, relativa alle statistiche del ferro e dell’acciaio (GU 1986, L 141, pag. 1), sulla quale si basa la ricorrente, è irrilevante, poiché è alla Federacciai, e non alla Commissione, che la ricorrente e i suoi concorrenti avevano trasmesso i propri dati sugli ordini e sulle consegne e, contrariamente all’obiettivo di tale decisione, gli obiettivi del loro scambio non erano di tipo statistico, bensì anticoncorrenziali.

527    In considerazione di quanto precede, la seconda censura dev’essere respinta.

528    Occorre quindi respingere la quarta parte e, di conseguenza, il settimo motivo nel suo complesso.

529    Di conseguenza, la domanda di annullamento o di riduzione dell’importo dell’ammenda, basata sull’asserita mancanza di prova della partecipazione della ricorrente all’intesa tra il 1989 e il 1995, deve essere respinta.

H.      Sull’ottavo motivo, vertente su un’insufficienza di motivazione della decisione impugnata relativamente all’accertamento di un’infrazione unica, complessa e continuata nei confronti della ricorrente per il periodo tra il 6 dicembre 1989 e il 27 giugno 2000 nonché su una mancanza di prova del carattere unico e continuato di tale infrazione

530    La ricorrente nega l’esistenza dell’infrazione unica, complessa e continuata che le viene addebitata e deduce al riguardo due censure. Da un lato, essa fa valere che la decisione impugnata non è sufficientemente motivata relativamente all’accertamento di un’infrazione unica, complessa e continuata che è durata per quanto la riguarda dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000 e, dall’altro, essa contesta il carattere unico e continuato di tale infrazione.

531    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

1.      Sulla prima censura, vertente su una violazione dellobbligo di motivazione per quanto riguarda la constatazione di uninfrazione unica, complessa e continuata nei confronti della ricorrente tra il 6 dicembre 1989 e il 27 giugno 2000

532    La ricorrente ritiene che la decisione impugnata non contenga motivazioni sufficienti per l’accertamento di un’infrazione unica, complessa e continuata che si è protratta, per quanto la riguarda, dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000. La Commissione non avrebbe dimostrato l’esistenza di un piano d’insieme caratterizzato dall’identità delle pratiche, dei prodotti interessati, delle imprese che le hanno poste in essere, e delle modalità di attuazione e delle persone che vi hanno partecipato.

533    A tal riguardo, secondo costante giurisprudenza la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui promana l’atto, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui al suddetto articolo occorre far riferimento non solo al suo tenore, ma anche al suo contesto e al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi. Pertanto, la Commissione non è tenuta a rispondere a ciascun argomento sollevato da una parte al fine di rispettare tale obbligo ed è sufficiente una risposta globale (v. sentenze del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punti 147 e 150; del 27 settembre 2012, Dura Vermeer Groep/Commissione, T‑351/06, non pubblicata, EU:T:2012:482, punto 54, e del 6 febbraio 2014, Elf Aquitaine/Commissione, T‑40/10, non pubblicata, EU:T:2014:61, punti 168 e 169).

534    Inoltre, secondo una costante giurisprudenza trasponibile all’articolo 65, paragrafo 1, CA, una violazione di tale disposizione può risultare da una serie di atti o di comportamenti aventi carattere unico e continuato (v., in tal senso, sentenze del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 41 e giurisprudenza ivi citata; dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 49 e giurisprudenza ivi citata; e del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch Austria/Commissione, C‑626/13 P, EU:C:2017:54, punto 60).

535    Al fine di poter addebitare a un’impresa la sua partecipazione a un’infrazione unica devono essere soddisfatte tre condizioni. In primo luogo, per constatare l’esistenza di una simile infrazione, la Commissione ha l’onere di dimostrare che i comportamenti in questione si inserivano in un piano d’insieme attuato dalle imprese interessate al fine di realizzare un obiettivo anticoncorrenziale unico. A tal riguardo, devono in particolare essere presi in considerazione, all’occorrenza, l’identità dei prodotti interessati, l’identità delle modalità di attuazione dell’intesa, l’identità delle persone fisiche coinvolte per conto delle imprese e l’identità dell’ambito di applicazione geografico delle pratiche di cui è causa (v., in tal senso, sentenze del 12 luglio 2018, Brugg Kabel e Kabelwerke Brugg/Commissione, T‑441/14, EU:T:2018:453, punti 124 e 125; del 12 dicembre 2018 Servier e a./Commissione, T‑691/14, con impugnazione pendente, EU:T:2018:922, punti 1295 e 1296, e del 7 novembre 2019, Campine e Campine Recycling/Commissione, T‑240/17, non pubblicata, EU:T:2019:778, punti 238 e da 242 a 244 e giurisprudenza ivi citata).

536    In secondo luogo, l’impresa di cui trattasi deve aver avuto la volontà di contribuire con il proprio comportamento al piano anticoncorrenziale (v., in tal senso, sentenza del 24 settembre 2020, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi/Commissione, C‑601/18 P, EU:C:2020:751, punto 130, e del 13 luglio 2018, Stührk Delikatessen Import/Commissione, T‑58/14, non pubblicata, EU:T:2018:474, punto 118 e giurisprudenza ivi citata).

537    In terzo luogo, l’impresa interessata deve essere stata a conoscenza, dimostrata o presunta, dei comportamenti illeciti degli altri partecipanti all’intesa (sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch Austria/Commissione, C‑626/13 P, EU:C:2017:54, punti 60 e 69; v., altresì, sentenze del 24 settembre 2020, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi/Commissione, C‑601/18 P, EU:C:2020:751, punto 130 e giurisprudenza ivi citata, e del 13 luglio 2018, Stührk Delikatessen Import/Commissione, T‑58/14, non pubblicata, EU:T:2018:474, punto 118 e giurisprudenza ivi citata).

538    Qualora suddette condizioni siano soddisfatte, l’impresa può essere ritenuta responsabile dei comportamenti ai quali essa ha direttamente preso parte, ma anche di quelli attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione, per tutto il periodo della sua partecipazione a tale infrazione (v., in tal senso, sentenze del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch Austria/Commissione, C‑626/13 P, EU:C:2017:54, punto 61, e del 28 novembre 2019, ABB/Commissione, C‑593/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1027, punto 48).

539    Nel caso di specie, la Commissione ha constatato l’esistenza di un’infrazione unica, complessa e continuata all’articolo 65, paragrafo 1, CA tra il 6 dicembre 1989 e il 4 luglio 2000 (punti 631, da 674 a 676, 679 e 682 della decisione impugnata) e ha addebitato alla ricorrente tale infrazione per il periodo tra il 6 dicembre 1989 e il 27 giugno 2000 (punti 865, 885 e articolo 1 della decisione impugnata).

540    In primo luogo, dalla decisione impugnata risulta che i comportamenti dei partecipanti all’intesa avevano tutti l’obiettivo di aumentare il prezzo del tondo per cemento armato (punti 620, 631, 640, 643, 646, 651, 653, 657, 659, 661, 662, 665, 667, da 670 a 672, 674, 682, 716, 717, 726 e 778) e che tale identità di obiettivo non è variata nel corso dei dieci anni dell’infrazione (punto 726).

541    In primo luogo, si trattava dell’obiettivo dei comportamenti relativi al prezzo base e agli extra di dimensione, vale a dire le due componenti del prezzo del tondo per cemento armato (punti 620, 631, 632, 639, 640 e 726 della decisione impugnata).

542    In secondo luogo, le pratiche relative ai termini di pagamento avevano lo stesso oggetto, poiché il fatto di rinunciare ad accordare termini di pagamento più lunghi di quelli dei concorrenti, uniformando in tal modo gli oneri finanziari che, a causa di detti termini, i clienti delle parti erano tenuti a sostenere, equivaleva a sopprimere o a ridurre possibili differenziazioni tra i prezzi dei concorrenti (punti 619, 620, 716 e 726 della decisione impugnata). Siffatte pratiche hanno rafforzato la solidità dell’intesa, e la decisione in parola faceva riferimento al carattere unanime di talune decisioni adottate a tal riguardo nonché alla volontà delle imprese di applicare i termini concordati senza eccezioni (punto 618 della decisione impugnata), eliminando anche questo fattore di concorrenza tra le imprese.

543    In terzo luogo, la parte dell’intesa relativa al controllo e alla limitazione della produzione e delle vendite mirava a combattere l’offerta eccedentaria, che esercitava una pressione al ribasso sui prezzi, al fine di sostenere parimenti l’aumento dei prezzi (punti 643, 653, 657, 659, 667, 670, 672, 674, 682, 721, 726 e 772 della decisione impugnata).

544    In particolare, la limitazione della produzione realizzata tra l’estate e l’autunno 1995 si è basata, da un lato, sulle chiusure concertate degli stabilimenti (punti 641, 649 e 650 della decisione impugnata; v. altresì punti da 503 a 505 supra) e, dall’altro, sullo scambio di informazioni relativo agli ordini e alle forniture, che ha permesso alle imprese coinvolte di acquisire una migliore conoscenza del mercato (punti 641, da 643 a 648 e 721 della decisione impugnata; v. altresì punti da 519 a 523 supra). A tal riguardo, la Commissione ha citato in particolare la nota interna della Federacciai del 19 giugno 1995, la quale sottolineava la necessità di «tenere il fronte compatto sulla fermata estiva di quattro settimane di laminatoi e di acciaierie a monte» al fine di «far risalire i prezzi» (punto 212 della decisione impugnata). Essa ha inoltre constatato, a proposito dell’interruzione coordinata della produzione nell’estate del 1995, un aumento del prezzo base tra la fine di luglio e la fine di agosto del 1995 (punto 767 in fine della decisione impugnata).

545    La Commissione si è basata altresì sull’accordo denominato «PREZZO-CONSEGNE» concluso il 17 novembre 1997, a proposito del quale la Leali osservava, in una comunicazione del 24 novembre 1997 indirizzata a sette imprese, tra cui la ricorrente, che «la caduta [dei prezzi base] si [era] arrestata grazie al contingentamento delle consegne che tutti stiamo rispettando» (punti 297 e 879 della decisione impugnata).

546    La decisione impugnata cita altresì una relazione interna dell’impresa Lucchini/Siderpotenza del novembre 1999, nella quale era scritto che «la fermata produttiva concordata tra i produttori non ha sortito l’effetto desiderato, ovvero un minimo incremento dei prezzi» (punti 381 e 883 della decisione impugnata).

547    In secondo luogo, dalla decisione impugnata emerge che gli stessi comportamenti collusivi, sotto forma alternativamente di accordi e di pratiche concordate, sono stati adottati per tutto il periodo dell’infrazione in relazione alle varie componenti dell’intesa (punto 727).

548    In generale, il coordinamento si stabiliva nell’ambito di una riunione multilaterale dei produttori di tondo per cemento armato, seguita da una comunicazione della Federacciai che ne comunicava i risultati alle imprese del settore e poi dall’attuazione del coordinamento ad opera di almeno una parte dei produttori. Il mercato era altresì monitorato, attraverso riunioni di verifica dei comportamenti concordati ed erano adottate nuove iniziative concertate quando le imprese lo hanno ritenuto necessario (punti da 594 a 672, 680, da 685 a 688, da 690 a 694, 707, 708, 712 e da 715 a 717 della decisione impugnata).

549    La Commissione ha altresì fornito la prova della conclusione di accordi anticoncorrenziali relativi a talune componenti dell’intesa (punti 693, 694, 697 e 727 della decisione impugnata), che si sono talvolta concretizzati per iscritto (punti 695, 698 e 699 della decisione impugnata).

550    La Commissione ha inoltre constatato che nessuna impresa coinvolta nell’intesa se ne era dissociata pubblicamente tra il 1989 e il 2000 (punti 701 e 729 della decisione impugnata).

551    In terzo luogo, dalla decisione impugnata risulta che i comportamenti anticoncorrenziali constatati tra il 6 dicembre 1989 e il 4 luglio 2000 hanno riguardato i medesimi prodotti, vale a dire il tondo per cemento armato nervato in barre o in rotoli (punti 76 e 95), e lo stesso mercato geografico, che copre il territorio della Repubblica italiana (punti 96 e 115), per tutto questo periodo.

552    In quarto luogo, dalla decisione impugnata risulta che i comportamenti anticoncorrenziali hanno coinvolto le medesime imprese nonché la Federacciai e le stesse persone fisiche che agivano per loro conto. In particolare, dall’esame del settimo motivo supra risulta che la Commissione ha dimostrato in modo giuridicamente sufficiente il coinvolgimento continuo della ricorrente in tutte le componenti dell’intesa tra il 6 dicembre 1989 e la fine del 1995. Inoltre, la ricorrente non nega il suo coinvolgimento nell’intesa tra il 1996 e il 27 giugno 2000.

553    Da quanto precede deriva che la Commissione ha motivato in modo giuridicamente sufficiente, da un lato, la conclusione della decisione impugnata secondo cui i comportamenti anticoncorrenziali constatati si collocavano all’interno di un medesimo piano d’insieme che caratterizzava l’esistenza di un’infrazione unica e continuata all’articolo 65, paragrafo 1, CA e, dall’altro, l’addebito della responsabilità di tale infrazione alla ricorrente tra il 6 dicembre 1989 e il 27 giugno 2000.

554    La prima censura deve dunque essere respinta.

2.      Sulla seconda censura, relativa al carattere unico e continuato dellinfrazione

555    La ricorrente nega il carattere unico e continuato dell’infrazione e deduce al riguardo tre argomenti.

556    In primo luogo, la ricorrente fa valere il carattere isolato dei contatti del 6 dicembre 1989 sugli extra di dimensione e dell’accordo del 1992 sul prezzo base. Questi ultimi non potrebbero essere collegati tra loro, in assenza di prove di altri contatti tra le parti dell’intesa nel periodo di tempo trascorso tra i summenzionati due episodi. Essi sarebbero inoltre troppo lontani nel tempo per essere collegati ai comportamenti posti in essere tra il 1993 e il 1995 oppure a quelli posti in essere tra il 1996 e il 2000.

557    A tal proposito, dalla decisione impugnata emerge che i comportamenti anticoncorrenziali relativi agli extra di dimensione sono iniziati il 6 dicembre 1989 e sono proseguiti ininterrottamente fino al 1° giugno 2000 (punti da 621 a 638, 676 e 677 della decisione impugnata; v. anche punti da 348 a 353, da 374 a 378, da 394 a 397 e da 400 a 407 supra riguardanti la continuità della componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione tra il 6 dicembre 1989 e il 1995) e che quelli relativi al prezzo base sono stati tenuti senza soluzione di continuità fra il 15 aprile 1992 e il 4 luglio 2000 (punti da 594 a 613, 676 e 677 della decisione impugnata; v. anche punti da 420 a 423, da 426 a 428 e da 447 a 453 supra riguardanti la continuità della componente dell’intesa relativa al prezzo base tra l’aprile del 1992 e il 1995).

558    In primo luogo, la Commissione ha constatato che i comportamenti anticoncorrenziali riguardanti gli extra di dimensione, che sono iniziati il 6 dicembre 1989 con la fissazione concertata di detti extra, sono proseguiti con l’attuazione di tali extra concordati da parte di un certo numero di produttori, fra cui la ricorrente, tra il 7 dicembre 1989 e il gennaio 1990 (punti 178, 179, 621, 624, 625 e 866 della decisione impugnata; v. anche punti 351, 352, 354 e 361 supra).

559    La Commissione ha altresì considerato che, nelle settimane successive, vale a dire a partire dal marzo 1990, le imprese in questione, tra cui la ricorrente, hanno proceduto a nuovi allineamenti coordinati dei loro extra di dimensione. Esse hanno reiterato tale comportamento nell’agosto 1990, nel gennaio-febbraio 1991 e tra il giugno e l’agosto 1991 (punti 180, da 625 a 628 e 630 della decisione impugnata; v. anche punti da 374 a 379 supra).

560    La Commissione ha in particolare constatato che la ricorrente aveva partecipato agli allineamenti del marzo 1990 e del gennaio-febbraio 1991 (punti 180, 625 e 867 della decisione impugnata; v. anche punto 375 supra).

561    Alcuni mesi più tardi, nell’aprile 1992, diverse fra le imprese in questione, tra cui la ricorrente, hanno deciso di estendere la loro cooperazione all’intero prezzo del tondo per cemento armato, fissando congiuntamente il prezzo base, ai sensi dell’accordo del 1992 (punti da 181 a 183, 594 e 867 della decisione impugnata; v. altresì punti da 374 a 379, 385 e 386 supra). Con tale accordo, la concertazione è stata estesa anche ai termini di pagamento, il che ha contribuito a diminuire la concorrenza delle imprese sui prezzi (v. punti 475, 489 e 542 supra).

562    Parallelamente, le imprese di cui trattasi hanno continuato il loro coordinamento degli extra di dimensione poiché, nell’ottobre e poi nel novembre 1992, ossia qualche mese dopo la conclusione dell’accordo del 1992, hanno nuovamente allineato i loro extra di dimensione (punti 185, 186, 625 e 630 della decisione impugnata), e la ricorrente ha quantomeno partecipato a quest’ultimo episodio di allineamento (punti 185, da 625 a 628 e 867 della decisione impugnata; v. anche punti da 374 a 379 supra).

563    Pertanto, la Commissione ha dimostrato, con le motivazioni esposte ai punti da 557 a 562 supra, le quali non sono state validamente rimesse in discussione dalla ricorrente, che la partecipazione della ricorrente alle due componenti dell’intesa sui prezzi era proseguita senza interruzioni tra il 6 dicembre 1989 e la conclusione dell’accordo del 1992 a metà aprile 1992, giacché, tra i due episodi in parola, essa aveva più volte allineato i suoi extra di dimensione in modo coordinato con i suoi concorrenti (v. punti 558 e 560 supra) e aveva continuato a farlo nei mesi successivi alla conclusione di tale accordo (v. punto 562 supra).

564    Ciò posto, lungi dal costituire episodi isolati e non collegati tra loro, i contatti anticoncorrenziali del 6 dicembre 1989 sugli extra di dimensione e l’accordo del 1992 sul prezzo base e i termini di pagamento sono, al contrario, comportamenti anticoncorrenziali complementari riguardanti le due principali componenti del prezzo del tondo per cemento armato e contribuiscono così ad aumentare tale prezzo, come giustamente indicato ai punti 639 e 640 della decisione impugnata. L’estensione dei comportamenti anticoncorrenziali al prezzo base e ai termini di pagamento nell’aprile 1992 ha quindi rafforzato l’efficacia dell’intesa.

565    In secondo luogo, nella decisione impugnata la Commissione ha giustamente rilevato che i comportamenti anticoncorrenziali erano proseguiti senza soluzione di continuità tra il 1993 e il 1995 sugli extra di dimensione (punti da 188 a 196, da 203 a 206, 218, 219, 239, 241, da 625 a 627 e da 629 a 632) e sul prezzo base (punti da 190 a 192, 194, 196, 197, 199, 200, 203, 204, 208, 212, 215, 216, 225, 228, 229, 236 e da 241 a 595), e ciò vale anche per la ricorrente (punti 868, 869, 871 e 873 della decisione impugnata; v. anche punti da 394 a 407 e da 455 a 468 supra).

566    Ciò posto, l’argomento della ricorrente secondo cui i contatti del 6 dicembre 1989 e l’accordo del 1992 costituirebbero episodi troppo lontani nel tempo per essere collegati alle condotte poste in essere tra il 1993 e il 1995 deve essere respinto.

567    In terzo luogo, nella decisione impugnata la Commissione ha considerato che i comportamenti anticoncorrenziali erano proseguiti senza soluzione di continuità tra il 1996 e il 1º giugno 2000 sugli extra di dimensione (punti 248, 251, 266, da 274 a 277, 279, 293, 294, 300, 372, 374, 403, 404, 406, 412, 413, da 625 a 627 e da 630 a 632), anche con riguardo alla ricorrente (punti 875, 876, 878, 879, 882 e 884), e tra il 1996 e il 4 luglio 2000, sul prezzo base (punti 245, 246, da 251 a 253, 256, 258, 261, 265, 266, 274, 279, da 290 a 292, 294, 295, 297, 300, 304, 306, 322, 330, 332, 337, 386, 387, da 389 a 392, da 394 a 400, 402, 405, 406, da 408 a 410, 412, 413, 416 e da 603 a 611), anche con riguardo alla ricorrente (punti 875, 876, 878, 879 e 884). Orbene, la ricorrente non produce alcun elemento diretto a contestare il valore probatorio degli elementi presi in considerazione a tal riguardo in detta decisione per il periodo di cui trattasi.

568    Ciò posto, l’argomento della ricorrente secondo cui i contatti del 6 dicembre 1989 e l’accordo del 1992 costituirebbero episodi troppo lontani nel tempo per essere collegati alle condotte poste in essere tra il 1996 e il 2000 deve essere respinto.

569    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che i comportamenti tenuti tra il 1989 e il 1995 non fanno parte dell’intesa attuata tra il 1996 e il giugno 2000, dato che, fra i due periodi in parola, l’organizzazione dell’intesa è cambiata. In primo luogo, i soggetti che hanno promosso l’intesa sarebbero diversi, trattandosi della Federacciai tra il 1989 e il 1995 e della Leali tra il 1996 e il 2000. In secondo luogo, le imprese coinvolte sarebbero diverse, poiché esse sarebbero state 49 nel 1989, 31 nel 1995 e soltanto 8 tra il 1996 e il 2000. In terzo luogo, le modalità di funzionamento dell’intesa sarebbero diverse, poiché non sarebbe esistito alcun «piano d’insieme» tra il 1989 e il 1995, mentre, a partire dal 1996, la concertazione sarebbe divenuta istituzionalizzata, mediante un sistema di riunioni da tenere ogni quindici giorni.

570    A tal riguardo, nella decisione impugnata la Commissione ha dichiarato che gli obiettivi e la natura dei comportamenti anticoncorrenziali constatati, da un lato, tra il 6 dicembre 1989 e il 1995 e, dall’altro, tra il 1996 e il 4 luglio 2000, erano rimasti gli stessi. Ad eccezione delle pratiche relative ai termini di pagamento, cessate il 30 settembre 1995 (v. punto 476 supra), quelle relative al prezzo base, agli extra di dimensione e al controllo della produzione e delle vendite sono proseguite dopo il gennaio 1996 [punti 595, da 603 a 611, 620 e da 676 a 678 (prezzo base), punti 625, 626, 630, 638, 676, 677 e 737 (extra di dimensione) e punti da 651 a 674, 676 e 677 (controllo della produzione e delle vendite)].

571    A titolo di esempio, l’ultimo indizio dell’intesa risalente al 1995 è un invito del 28 dicembre 1995 a una riunione prevista per il 4 gennaio 1996, che la Leali ha inviato alle imprese del settore, inclusa la ricorrente (punto 240 della decisione impugnata; v. anche punto 486 supra), il che dimostra la continuità del comportamento prima e dopo il 1995.

572    Inoltre, nel lasso di tempo fra i due periodi, le modalità dell’intesa sono rimaste le stesse, anche se le riunioni anticoncorrenziali si sono moltiplicate a partire dal gennaio 1996. La Commissione osserva, sotto tale profilo, che si sono tenute 13 riunioni nel 1996 (punti da 242 a 265, 274 e da 278 a 280 della decisione impugnata), 17 riunioni nel 1997 (punti 274, da 278 a 280, 281, 286, 288, 291, 293, 294, 297 e 302 della decisione impugnata), 11 riunioni nel 1998 (punti 302, 305, 308, 309, 314, 322, da 331 a 333 e 355 della decisione impugnata), 7 riunioni nel 1999 (punti 358 e 375 della decisione impugnata) e 39 riunioni tra il gennaio e 4 luglio 2000, di cui 25 espressamente elencate dalla Commissione (punti da 383 a 416 della decisione impugnata).

573    In particolare, se è vero che la Federacciai non appariva più, a partire dal 3 aprile 1996, come incaricata della funzione di coordinamento dell’intesa (punti 170, da 242 a 260, 265 e 731 della decisione impugnata), tale cambiamento non ha avuto alcun effetto sulle imprese coinvolte nell’intesa, né sulla natura dei loro comportamenti, né sull’oggetto e sulle modalità di funzionamento dell’intesa. Dalla suddetta decisione risulta altresì che, nell’esecuzione di siffatta funzione di coordinamento, a partire dal 3 aprile 1996, il sig. Pierluigi Leali non agiva più in qualità di rappresentante dell’impresa Leali, bensì in qualità di rappresentante della Federacciai, in qualità di presidente del Consiglio Direttivo dell’Associazione Acciaio e Prodotti Lunghi e Piani Comuni della Federacciai (punti 170, 259, 260, 265 e 731).

574    Quanto all’evoluzione del numero di produttori di tondo per cemento armato tra l’inizio e la fine dell’intesa, da un lato, la ricorrente afferma che i «produttori di tondo [per cemento armato]» ai quali erano inviate le comunicazioni della Federacciai tra il 1989 e il 1995 erano 49 nel 1989 e 31 nel 1995, cioè erano più numerosi delle 8 imprese destinatarie degli addebiti della Commissione. Dall’altro, essa indica che, nel periodo tra il 1996 e il 2000, la Commissione menziona solo 8 imprese partecipanti all’intesa.

575    A questo proposito, la ricorrente confonde attori del settore e parti del procedimento. La Commissione ha spiegato di aver imputato la responsabilità delle pratiche anticoncorrenziali di cui trattasi solo agli operatori nei confronti dei quali essa aveva potuto raccogliere le maggiori prove (punto 811 della decisione impugnata). Orbene, tali operatori erano gli stessi prima e dopo il 1995. Inoltre, la Commissione ha constatato, senza che ciò abbia potuto essere validamente rimesso in discussione, che, tra il 1989 e il 2000, nessuna impresa si era pubblicamente dissociata dall’intesa (punto 729 della decisione impugnata).

576    Da quanto precede deriva che l’argomento della ricorrente secondo cui i comportamenti adottati tra il 1989 e il 1995 non facevano parte dell’intesa attuata tra il 1996 e il giugno del 2000 deve essere respinto.

577    In terzo luogo, la ricorrente fa valere che i comportamenti anteriori al 1996 sono prescritti e che il Tribunale deve tenerne conto in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda a suo carico.

578    Per le ragioni esposte ai precedenti punti da 557 a 568 e da 570 a 574 supra, la prescrizione delle pratiche anteriori al 1996 deve essere negata.

579    Alla luce delle suesposte considerazioni, la seconda censura deve essere respinta.

580    L’ottavo motivo deve pertanto essere respinto.

581    In siffatte circostanze, l’ammenda non può essere ridotta, né a maggior ragione annullata, a titolo del presente motivo, come richiesto dalla ricorrente nel suo secondo capo di conclusioni.

582    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il primo capo delle conclusioni della ricorrente, volto all’annullamento, totale o parziale, della decisione impugnata, nonché il secondo capo delle conclusioni, relativo all’annullamento o alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale in tale decisione, devono essere respinti.

IV.    Sulle spese

583    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata a sopportare, oltre che le proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Feralpi Holding SpA è condannata alle spese.

Gervasoni

Madise

Nihoul

Frendo

 

Martín y Pérez de Nanclares

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 novembre 2022.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

M. van der Woude


Indice


I. Fatti

A. Prima decisione della Commissione (2002)

B. Seconda decisione della Commissione (2009)

C. Terza decisione della Commissione (2019)

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sul primo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e delle norme procedurali in occasione dell’audizione del 23 aprile 2018

1. Sull’audizione organizzata a seguito della riapertura del procedimento amministrativo

2. Sull’esecuzione delle sentenze di annullamento

3. Sulla prima censura, relativa all’imparzialità che si esige da parte del comitato consultivo

4. Sulla seconda censura, relativa all’assenza di soggetti importanti durante l’audizione del 23 aprile 2018

a) Sulla situazione delle imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti e della decisione impugnata

b) Sulla situazione dei terzi che dimostrino un interesse sufficiente

c) Sulla situazione degli altri terzi

5. Sulla terza censura, relativa all’impossibilità, per la Commissione, di porre rimedio al vizio procedurale censurato dalla Corte

6. Sulla domanda di annullamento o di riduzione dell’ammenda presentata dalla ricorrente durante l’udienza

B. Sul secondo motivo, vertente sul rifiuto illegittimo della Commissione di verificare, prima di adottare la decisione impugnata, la compatibilità di tale decisione con il principio del termine ragionevole del procedimento

1. Sulla prima censura, vertente su un errore di diritto

2. Sulla seconda censura, vertente su una violazione dell’obbligo di motivazione

C. Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del principio del termine ragionevole del procedimento

1. Sulla prima censura, relativa alla durata delle fasi amministrative

2. Sulla seconda censura, relativa alla durata delle fasi giurisdizionali

3. Sulla terza censura, relativa alla durata complessiva del procedimento

4. Sulla quarta censura, concernente l’effetto della durata del procedimento sui diritti della difesa

D. Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, su errori manifesti di valutazione e sulla violazione del principio di proporzionalità

1. Sulla prima censura, relativa all’erronea decisione della Commissione di adottare una nuova decisione irrogativa di un’ammenda

2. Sulla seconda censura, relativa ad un errore di valutazione in cui è incorsa la Commissione riguardo all’effetto deterrente che può essere prodotto da una decisione irrogativa di un’ammenda

3. Sulla terza censura, riguardante un errore in cui è incorsa la Commissione nella valutazione della possibilità, per taluni terzi, di proporre un’azione risarcitoria dinanzi ai giudici nazionali

4. Sulla quarta censura, relativa alla violazione del principio di proporzionalità

E. Sul quinto motivo, vertente sulla violazione del principio del ne bis in idem e del principio della certezza del diritto

F. Sul sesto motivo, vertente sull’illegittimità del regime di prescrizione previsto dall’articolo 25, paragrafi da 3 a 6, del regolamento n. 1/2003

G. Sul settimo motivo, vertente su un’assenza di prova della partecipazione della ricorrente all’intesa tra il 1989 e il 1995

1. Sul contenuto delle disposizioni di cui si contesta la violazione alla ricorrente

2. Sull’onere della prova e sull’intensità del controllo giurisdizionale

3. Sulla prima parte, vertente su un’assenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione tra il 1989 e il 1995

a) Sulla prima censura, vertente su un’assenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione tra il 1989 e il 1992

1) Sulla prova della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione a partire dal 6 dicembre 1989

2) Sulla prova della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione tra il 1990 e il 1992

b) Sulla seconda censura, vertente su un’assenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa agli extra di dimensione tra il 1993 e il 1995

4. Sulla seconda parte, vertente su un’assenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa al prezzo di base tra il 13 aprile 1992 e il 29 agosto 1995

a) Sulla prima censura, relativa alla mancanza di valore probatorio dell’accordo dal 13 aprile al 30 luglio 1992

b) Sulla seconda censura, vertente su un’assenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa al prezzo base tra il 25 gennaio 1993 e il 29 agosto 1995

5. Sulla terza parte, vertente su un’assenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa ai termini di pagamento tra il 1992 e il 1995

6. Sulla quarta parte, vertente su un’assenza di prova della partecipazione della ricorrente alla componente dell’intesa relativa alla limitazione della produzione nel 1995

c) Sulla prima censura, vertente su un’assenza di prova della partecipazione della ricorrente all’interruzione coordinata della produzione del tondo per cemento armato durante l’estate del 1995

d) Sulla seconda censura, vertente su un’assenza di prova della partecipazione della ricorrente allo scambio di informazioni sugli ordini e sulle consegne tra il giugno e l’ottobre del 1995

H. Sull’ottavo motivo, vertente su un’insufficienza di motivazione della decisione impugnata relativamente all’accertamento di un’infrazione unica, complessa e continuata nei confronti della ricorrente per il periodo tra il 6 dicembre 1989 e il 27 giugno 2000 nonché su una mancanza di prova del carattere unico e continuato di tale infrazione

1. Sulla prima censura, vertente su una violazione dell’obbligo di motivazione per quanto riguarda la constatazione di un’infrazione unica, complessa e continuata nei confronti della ricorrente tra il 6 dicembre 1989 e il 27 giugno 2000

2. Sulla seconda censura, relativa al carattere unico e continuato dell’infrazione

IV. Sulle spese


*      Lingua processuale: l’italiano.


1      La presente sentenza è oggetto di una pubblicazione per estratto.