Language of document : ECLI:EU:T:2019:140

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

7 marzo 2019 (*)

«Funzione pubblica – Assistente parlamentare accreditato – Risoluzione del contratto – Cessazione del rapporto di fiducia – Attività esterne – Errore manifesto di valutazione – Domanda di risarcimento»

Nella causa T‑59/17,

L, rappresentato da I. Coutant Peyre, avvocato,

ricorrente,

contro

Parlamento europeo, rappresentato da Í. Ní Riagáin Düro e M. Windisch, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto, da un lato, una domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e diretta all’annullamento della decisione del Parlamento del 24 giugno 2016 recante risoluzione del contratto di assistente parlamentare accreditato del ricorrente e, dall’altro, una domanda di risarcimento del danno morale da esso asseritamente subito,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da S. Gervasoni, presidente, L. Madise (relatore) e R. da Silva Passos, giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 22 maggio 2014 il sig. L., ricorrente, è stato assunto dal Parlamento europeo su richiesta di un deputato al Parlamento (in prosieguo: il «deputato europeo»). Lo stesso era impiegato in qualità di assistente parlamentare accreditato (in prosieguo: l’«APA») di tale deputato, in forza di un contratto per gli anni dal 2014 al 2019.

2        Il 25 febbraio 2016 il deputato europeo ha indirizzato all’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione del Parlamento (in prosieguo l’«AACC»), una richiesta scritta di risoluzione del contratto di APA del ricorrente.

3        Il 21 aprile 2016, su invito dell’AACC, il ricorrente ha partecipato a una riunione durante la quale l’AACC l’ha informato del motivo dedotto dal deputato europeo nella domanda di risoluzione del suo contratto di APA.

4        Il 9 maggio 2016 il ricorrente ha inviato una nota all’AACC (in prosieguo: la «nota del 9 maggio 2016»), per far valere le proprie osservazioni sulla richiesta di risoluzione del suo contratto di APA.

5        Il 25 maggio 2016, secondo il ricorso, o il 26 maggio 2016 stando al controricorso, il ricorrente è stato convocato ad un secondo colloquio con l’AACC in merito alla nota del 9 maggio 2016.

6        Il 31 maggio 2016 ha avuto luogo la procedura di conciliazione prevista all’articolo 139, paragrafo 3 bis, del regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea (in prosieguo: il «RAA»).

7        Con lettera del 15 giugno 2016, il conciliatore del Parlamento ha constatato l’impossibilità per le parti di continuare la loro collaborazione e ha posto fine alla procedura di conciliazione.

8        Il 24 giugno 2016 il Parlamento ha notificato al ricorrente la decisione di risoluzione del suo contratto di APA (in prosieguo: la «decisione di risoluzione»). In tale decisione, l’AACC ha indicato che «[p]oiché la fiducia [era] la base del rapporto tra il [deputato europeo] e il [suo] [APA], [essa aveva] deciso di risolvere il [suo] contratto conformemente all’articolo 139, paragrafo 1 d), del [RAA] per il motivo che tale fiducia [era] venuta meno in ragione del [suo] mancato rispetto delle norme che disciplinano le attività esterne».

9        Il 19 settembre 2016, il ricorrente ha presentato un reclamo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), applicabile agli altri agenti ai sensi del rinvio al titolo VII dello Statuto di cui all’articolo 117 del RAA al fine di contestare la decisione di risoluzione.

10      Con lettera del 24 gennaio 2017, il segretario generale del Parlamento ha respinto il reclamo. Esso ha rilevato che dal fascicolo del ricorrente risultava che, durante il suo contratto di APA, quest’ultimo aveva svolto un’attività esterna consistente nell’esercizio di una professione legale senza introdurre una richiesta preliminare di autorizzazione, in violazione dell’articolo 12 ter dello Statuto, secondo il quale «(…) il funzionario che intenda esercitare un’attività esterna anche a titolo gratuito, ovvero assolvere un mandato all’esterno dell’Unione, ne chiede preliminarmente l’autorizzazione all’autorità che ha il potere di nomina (…)». Esso ha ricordato, a tale proposito, che detto obbligo era senza dubbio noto al ricorrente, tanto alla luce della sua formazione giuridica, quanto in considerazione del suo precedente impiego presso il Parlamento tra il 2005 e il 2007, durante il quale egli si era trovato ad affrontare lo stesso problema. Esso ha altresì rilevato che, nella corrispondenza con i servizi del Parlamento, il ricorrente aveva ripetutamente riconosciuto che, in vigenza di tale contratto, egli era in realtà impegnato in altre attività, non correlate alle sue obbligazioni contrattuali.

 Procedimento e conclusioni delle parti

11      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 24 gennaio 2017, il ricorrente ha richiesto di poter beneficiare del gratuito patrocinio. Tale domanda è stata registrata con il numero T‑59/17 AJ.

12      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 aprile 2017, il ricorrente ha proposto il ricorso di cui trattasi.

13      Con ordinanza del presidente del Tribunale del 5 settembre 2017, la domanda di gratuito patrocinio è stata respinta.

14      A seguito di una domanda presentata dal ricorrente in forza dell’articolo 66 del suo regolamento di procedura, il Tribunale ha omesso il nome di tale parte nella versione pubblica della presente sentenza.

15      Dal momento che le parti non hanno chiesto lo svolgimento di un’udienza di discussione, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Tribunale (Nona Sezione), ritenendosi sufficientemente edotto alla luce degli atti del fascicolo di causa, ha deciso, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura, di statuire senza fase orale del procedimento.

16      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione di risoluzione;

–        condannare il Parlamento al risarcimento del danno «morale» per un importo pari a EUR 100 000;

–        condannare il Parlamento alle spese.

17      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto in parte irricevibile e, in ogni caso, in quanto infondato;

–        condannare il ricorrente alla totalità delle spese.

 In diritto

 Sulle conclusioni di annullamento

18      Nel ricorso, il ricorrente deduce otto motivi, vertenti, in primo luogo, sulla violazione dell’articolo 22 ter, paragrafo 1, dello Statuto, sulla protezione degli informatori, in secondo luogo, su un difetto di motivazione, in terzo luogo, su un errore manifesto di valutazione, in quarto luogo, sulla violazione del principio di proporzionalità, in quinto luogo, sulla violazione del dovere di sollecitudine, in sesto luogo, sulla mancata risposta alla domanda di assistenza del ricorrente e sulla violazione dei diritti della difesa e del «diritto di ricorrere alla conciliazione», in settimo luogo, sulla mancanza di accesso ai documenti e, in ottavo luogo, su uno sviamento di potere.

19      In fase di replica, il ricorrente deduce un nono motivo vertente su un licenziamento abusivo.

20      Occorre esaminare, anzitutto, il terzo motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione.

 Sul terzo motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione

21      Il ricorrente fa valere, in sostanza, che il Parlamento è incorso in un errore manifesto di valutazione avendo ritenuto che il rapporto di fiducia potesse essere venuto meno in ragione della mancata dichiarazione ai sensi dell’articolo 12 ter, paragrafo 1, dello Statuto, delle asserite «attività esterne» dallo stesso esercitate.

22      Il ricorrente sottolinea, a tale riguardo, che il deputato europeo era a conoscenza delle attività in questione, le quali erano esercitate dietro sue istruzioni, per suo conto ed avevano un carattere fraudolento. Pertanto, a suo avviso, è chiaramente a torto che il Parlamento ha considerato che l’esercizio di tali attività era tale da portare a una perdita di fiducia nei suoi confronti da parte del suddetto deputato.

23      Il ricorrente aggiunge che il Parlamento effettua una lettura parziale della nota del 9 maggio 2016. A suo avviso, il Parlamento ritiene che il medesimo abbia «riconosciuto» l’esistenza di attività esterne occultando il contesto di tali «attività», vale a dire il fatto che dette attività erano oggetto di una denuncia alla procura [riservato (1)] e all’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che fossero state intraprese per ordine del deputato europeo, il quale ne era, quindi, a conoscenza. Esso sostiene che tali attività, tenuto conto del contesto nel quale sono state poste in essere, non sono idonee a qualificare la cessazione della fiducia citata da detto deputato nella decisione di risoluzione. Pertanto, avendo accolto l’esercizio di dette attività come motivo per la cessazione della fiducia, il Parlamento avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione.

24      Il Parlamento replica che un APA ha l’obbligo statutario di seguire una determinata procedura amministrativa, ossia di ottenere l’autorizzazione dell’AACC al fine di esercitare un’attività esterna. Orbene, nel caso di specie, la decisione di risoluzione sarebbe motivata dalla cessazione irreparabile del rapporto di fiducia tra il ricorrente e il deputato europeo per il mancato rispetto da parte del ricorrente dell’obbligo di dichiarazione delle attività esterne ad esso spettante ai sensi dell’articolo 12 ter dello Statuto.

25      Il Parlamento sottolinea, a tale riguardo, che, nella sentenza dell’11 settembre 2013, L/Parlamento, T‑317/10 P, EU:T:2013:413, punti da 68 a 70), la Corte ha dichiarato che l’esistenza di un rapporto di fiducia non si fonda su elementi obiettivi e sfugge per natura al controllo giurisdizionale, poiché il Tribunale non poteva sostituire la propria valutazione a quella dell’AACC, «ma si limita[va] a controllare se i fatti all’origine della decisione illustrati dall’istituzione [fossero] materialmente esatti». Così sarebbe nel caso di specie. Il rapporto di fiducia tra il deputato europeo e il ricorrente è venuto meno in ragione del fatto che il ricorrente avrebbe svolto attività esterne in violazione dell’articolo 12 ter, paragrafo 1, dello Statuto. Il Parlamento sottolinea, innanzitutto, che è pacifico che il ricorrente non abbia né chiesto né ottenuto alcuna autorizzazione per esercitare un’attività esterna, conformemente a tale disposizione. Inoltre, in occasione della sua riunione con l’AACC e il conciliatore, il ricorrente ha ammesso di avere esercitato tali attività in diverse occasioni. Infine, il ricorrente avrebbe espressamente confermato l’esistenza di attività esterne nella nota del 9 maggio 2016.

26      Il Parlamento osserva, al riguardo, che, conformemente alla giurisprudenza, al fine di dimostrare che l’amministrazione ha commesso un errore manifesto nella valutazione dei fatti tale da giustificare l’annullamento della decisione adottata sulla base di detta valutazione, gli elementi di prova che la parte ricorrente è tenuta a fornire devono essere sufficienti a privare di plausibilità la valutazione dell’amministrazione. In altri termini, il motivo vertente sull’errore manifesto di valutazione deve essere respinto qualora, nonostante gli elementi addotti dal ricorrente, la valutazione contestata possa sempre essere ammessa in quanto giustificata e coerente (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2012, Mocová/Commissione, F‑41/11, EU:F:2012:82, punto 44 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, il ricorrente non ha fornito alcun elemento di prova tale da privare di plausibilità le conclusioni del Parlamento.

27      A norma dell’articolo 139, paragrafo 1, lettera d), del RAA, «[i]l contratto dell’assistente parlamentare accreditato si risolve, oltre che per decesso (…) tenuto conto del fatto che la fiducia costituisce la base del rapporto professionale tra il deputato e il suo assistente parlamentare accreditato, alla scadenza del termine di preavviso fissato nel contratto (…)».

28      Nel caso di specie, l’AACC ha indicato, nella decisione di risoluzione, che la risoluzione del contratto di APA del ricorrente era motivata dalla cessazione del rapporto di fiducia tra il ricorrente e il deputato europeo, in ragione del mancato rispetto delle norme che disciplinano l’esercizio di attività esterne.

29      A tale proposito, se è vero che non spetta all’AACC sostituire la propria valutazione a quella del parlamentare interessato per quanto riguarda l’effettività della cessazione del rapporto di fiducia, essa deve, tuttavia, assicurarsi che il motivo invocato si basi su fatti idonei a giustificarlo in modo plausibile (v., in tal senso, sentenza del 10 gennaio 2019, RY/Commissione, T‑160/17, EU:T:2019:1, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

30      D’altro canto, se un’istituzione che decide nel senso della risoluzione di un contratto di APA si riferisce, in particolare, al venir meno della fiducia all’origine della decisione di risoluzione, il giudice è tenuto a verificare se tale motivo sia plausibile. Così facendo, il giudice non sostituisce la sua valutazione a quella dell’autorità competente, secondo la quale è dimostrato il venir meno della fiducia, ma si limita a verificare se il motivo alla base della decisione illustrato dall’istituzione non è viziato da errore manifesto di valutazione (v., in tal senso e per analogia, sentenza dell’11 settembre 2013, L/Parlamento, T‑317/10 P, EU:T:2013:413, punto 70).

31      Per quanto riguarda, nella fattispecie, il motivo vertente sul venir meno della fiducia che è all’origine della decisione di risoluzione, il Parlamento si fonda su fatti che consistono nell’esercizio di attività esterne non dichiarate. Pertanto, è necessario verificare se il Parlamento abbia commesso un errore manifesto di valutazione nel ritenere che tali fatti fossero in grado di provocare la perdita di fiducia sostenuta dal deputato europeo (v., in tal senso e per analogia, sentenza dell’11 settembre 2013, L/Parlamento, T‑317/10 P, EU:T:2013:413, punto 76).

32      A tale riguardo, si deve rilevare, in limine, che il Parlamento non contesta, in quanto tale, l’esercizio delle attività descritte dal ricorrente nella nota del 9 maggio 2016, consistente nell’esercizio di una professione legale in parallelo alla sua qualità di APA, vale a dire:

–        in primo luogo, presentare domande di asilo politico presso autorità russe, francesi, svizzere e di Andorra, per consentire al deputato europeo di sottrarsi a una pena di quattro anni di reclusione inflitta a [riservato], incluso un appello contro una decisione di diniego di asilo a quest’ultimo per il quale il ricorrente afferma, in particolare, di essere stato incaricato da detto deputato;

–        in secondo luogo, contattare e rappresentare in qualità di avvocato cittadini [riservato] in pensione o che ricevono il salario minimo, nell’ambito di controversie promosse dinanzi ai seguenti organi giurisdizionali [riservato], al fine di presentare tale deputato come un «difensore dei diritti umani», rendendo in tal modo più difficile la sua detenzione;

–        in terzo luogo, rappresentare il deputato medesimo dinanzi al Mediatore europeo, al Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani e alla Corte europea dei diritti dell’uomo, in cause che lo riguardano, relative, la prima, in particolare, alla contestazione della richiesta di revoca dell’immunità parlamentare presentata dalle autorità [riservato], in seguito alla pena detentiva inflitta al deputato interessato in [riservato] e, la seconda, alla contestazione degli arresti domiciliari disposti dalle autorità giudiziarie [riservato] in seguito a un procedimento penale per corruzione avviato nei confronti del deputato di cui trattasi.

33      Al contrario, nell’ambito della sua risposta al motivo vertente sulla carenza di motivazione, il Parlamento si basa sulla nota del 9 maggio 2016 per affermare che il ricorrente era a conoscenza della natura delle attività esterne all’origine della cessazione del rapporto di fiducia. A tale proposito, dal fascicolo non emerge che la cessazione di tale rapporto di cui alla decisione di risoluzione possa essere stata provocata da attività diverse da quelle dedotte dal Parlamento per giustificare il carattere sufficiente della motivazione.

34      In tale contesto, occorre determinare se, conformemente alla giurisprudenza, (v. punti da 29 a 31 supra), l’esercizio da parte del ricorrente delle attività esterne in questione poteva generare il venir meno del rapporto di fiducia dedotto dal deputato europeo e contemplato dall’AACC nella decisione di risoluzione.

35      A tale proposito, innanzitutto, dal fascicolo emerge non soltanto che il deputato europeo era a conoscenza delle attività esterne di cui trattasi, ma che, inoltre, ne era il diretto promotore.

36      Per quanto riguarda, in primo luogo, le controversie promosse dinanzi ai seguenti organi giurisdizionali [riservato], risulta dai messaggi di posta elettronica citati nella nota del 9 maggio 2016 e prodotti dal ricorrente (allegati A.3.3 e A.3.4 alla nota suddetta), che il deputato europeo controllava personalmente l’organizzazione dell’approccio e della rappresentanza dei cittadini [riservato] coinvolti nell’ambito di tali controversie e, pertanto, ne era necessariamente «informato».

37      Tale valutazione è confermata dalla dichiarazione sull’onore di una persona avvicinata nel contesto delle controversie di cui trattasi (allegato A.3.5 alla nota del 9 magio 2016), secondo la quale «[il deputato europeo] [spiegava] al di là di ogni dubbio che il contenzioso sarebbe stato gratuito e che l’[APA] sarebbe pagato per tale missione mediante la [sua] dotazione parlamentare (…)» e secondo la quale, ai sensi dell’accordo «orale» concluso con detto deputato «invece di pagare per il contenzioso proposto da [tale deputato] [la persona avvicinata] [doveva] pubblicamente sostenere il partito (…) durante le elezioni legislative, partecipare a programmi televisivi, e ad altre attività di comunicazione».

38      Per quanto attiene, poi, alla rappresentanza del deputato europeo dinanzi a giudici o organismi europei o internazionali, il ricorrente produce procure che egli presenta come sottoscritte a mano da detto deputato (allegati A.3.6 e A.3.7 alla nota del 9 maggio 2016), circostanza che il Parlamento non contesta.

39      Per quanto concerne, infine, la presentazione di domande di asilo in nome del deputato europeo, il ricorrente afferma che, il 24 febbraio 2013, detto deputato ha reso una dichiarazione pubblica alla televisione [riservato] indicando che, se il giudice di appello avesse confermato la pena detentiva che gli era stata inflitta, egli avrebbe richiesto l’asilo politico negli Stati membri dell’Unione europea. Lo stesso allega, a tale proposito, un articolo di stampa che corrobora detta dichiarazione (allegato A.3.19 della nota del 9 maggio 2016). Descrive, inoltre, le misure intraprese per ottenere asilo politico per tale deputato, in Andorra, in Svizzera, in Russia, e in Francia e allega biglietti aerei corrispondenti a tali destinazioni (allegati A.3.15 e A.3.17 a detta nota). Nessuno di tali documenti e dichiarazioni è contestato dal Parlamento.

40      Risulta da quanto precede che il deputato europeo non poteva ignorare che il ricorrente esercitava una professione legale in parallelo alle sue funzioni di APA, poiché, come emerge dagli elementi del fascicolo, l’esercizio di una siffatta funzione avveniva a seguito a istruzioni da parte sua.

41      In secondo luogo, l’articolo 6, paragrafo 2, delle misure di attuazione del titolo VII del RAA, adottate con decisione dell’Ufficio di Presidenza del Parlamento, del 9 marzo 2009, e modificate, da ultimo, con decisione dell’Ufficio di Presidenza del Parlamento del 14 aprile 2014, prevede che il deputato di riferimento è «sentito», in caso di dichiarazione di un’attività esterna. Orbene, nulla indica che il deputato europeo sia stato sentito dall’AACC in merito alle «attività esterne» in questione. In tali circostanze, si deve ritenere che il medesimo deputato non potesse verosimilmente ignorare che tali attività, consistenti nell’esercizio di una professione legale nell’ambito della difesa dei suoi interessi, non erano state dichiarate dal ricorrente all’AACC, conformemente all’articolo 12 ter, paragrafo 1, dello Statuto.

42      Pertanto, è evidente che il Parlamento ha ritenuto erroneamente che l’assenza di dichiarazione da parte del ricorrente delle attività esterne in questione potesse generare il venir meno della fiducia del deputato ai sensi dell’articolo 139, paragrafo 1, lettera d), del RAA, quando invece detto deputato non poteva pretendere di ignorare che tali attività non erano oggetto di alcuna richiesta di autorizzazione al Parlamento, a norma dell’articolo 12 ter, paragrafo 1, dello Statuto.

43      Inoltre, risulta dalla nota del 9 maggio 2016 e dalla dichiarazione citata al punto 37 supra che il deputato non poteva ragionevolmente aspettarsi che le attività esterne in questione, data la loro natura, fossero portate all’attenzione del Parlamento, attraverso una domanda formale di autorizzazione per le attività esterne ai sensi dell’articolo 12 ter, paragrafo 1, dello Statuto.

44      In conclusione, contrariamente a quanto afferma il Parlamento (v. punto 26 supra), dal fascicolo emerge che il motivo fornito dal deputato europeo per giustificare la decisione di risoluzione, vale a dire il venir meno della fiducia, non appare plausibile. Di conseguenza, accogliendo la domanda di risoluzione del contratto di APA del ricorrente, formulata da detto deputato per tale ragione, l’AACC ha commesso un errore manifesto di valutazione.

45      Occorre pertanto dichiarare il terzo motivo infondato e accogliere le conclusioni dirette all’annullamento della decisione di risoluzione, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi, incluso il nono motivo la cui ricevibilità è contestata.

 Sulla richiesta di risarcimento

46      Nel ricorso il ricorrente chiede la condanna del Parlamento a versargli la somma di EUR 100 000 a titolo di risarcimento del danno morale che egli afferma di avere subìto.

47      Nel controricorso, il Parlamento ha fatto valere l’irricevibilità della domanda di risarcimento in quanto essa non rispetterebbe i requisiti di cui all’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura. A suo avviso, mentre il ricorso contiene una richiesta di risarcimento danni, non sarebbe stato presentato alcun argomento a sostegno di tale domanda.

48      Nella replica il ricorrente sottolinea, in particolare, di essere stato vittima di molestie da parte del deputato europeo. Egli allega, a tale proposito, il verbale della sua audizione dinanzi alla polizia belga che descrive il sequestro, nei locali del Parlamento (allegato A.3.14 alla nota del 9 maggio 2016), del quale dichiara di essere stato oggetto.

49      Il Parlamento ribadisce, nella controreplica, che, conformemente alla giurisprudenza, un ricorso di risarcimento del danno causato da un’istituzione dell’Unione deve contenere gli elementi che consentano di identificare il comportamento che il ricorrente addebita all’istituzione, le ragioni per le quali egli ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento e il danno che asserisce di aver subito, nonché la natura e l’entità di tale danno. Orbene, nel ricorso, il ricorrente non ha indicato le ragioni per le quali egli ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento e il danno che asserisce di aver subito. Il ricorso tacerebbe riguardo alla natura e all’entità di tale danno.

 Sulla ricevibilità della domanda di risarcimento del danno morale

50      Si deve osservare, da un lato, che dal ricorso emerge con sufficiente chiarezza che, secondo il ricorrente, la decisione di risoluzione gli ha arrecato un danno morale e, d’altro lato, che la domanda di risarcimento di tale danno è stata quantificata.

51      In tali circostanze, il Parlamento non può eccepire l’irricevibilità della domanda di risarcimento danni per il motivo che il ricorrente non avrebbe specificamente individuato la natura e l’entità del danno che asserisce di aver subìto, nonché le ragioni per le quali egli ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento del Parlamento e tale danno.

52      Per contro, occorre rilevare che i fatti di molestie menzionati nella replica, asseritamente imputabili al deputato europeo, sono separabili dal comportamento illegittimo contestato al Parlamento nella domanda di annullamento.

53      Orbene, mentre una domanda per risarcimento danni è ricevibile anche in assenza di previa richiesta rivolta in tal senso all’amministrazione qualora esista un collegamento diretto tra tale domanda e il ricorso di annullamento, lo stesso non vale quando il danno lamentato risulti da atti illeciti o omissioni dell’amministrazione separabili dal comportamento oggetto del ricorso di annullamento. In quest’ultimo caso, qualora il danno lamentato non derivi dall’atto di cui si chiede l’annullamento, ma da altri atti illeciti e omissioni asseritamente commessi, il procedimento precontenzioso deve necessariamente avere inizio con un’intimazione a risarcire il danno rivolta all’amministrazione (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2015, Gloria/Commissione, F‑82/14, EU:F:2015:108, punto 74 e giurisprudenza ivi citata).

54      Nel caso di specie, si deve constatare che non è stata presentata alcuna domanda di risarcimento per fatti di molestie menzionati dal ricorrente, nel corso del procedimento precontenzioso, di modo che, anche supponendo che il ricorrente chieda altresì il risarcimento per detti fatti di molestie, tale domanda deve essere respinta in quanto irricevibile a causa del mancato rispetto delle norme che disciplinano la fase precontenziosa.

55      Risulta da quanto precede che la domanda di risarcimento danni è ricevibile solo nei limiti in cui riguardano il danno connesso alla decisione di risoluzione.

 Sulla fondatezza della domanda di risarcimento del danno morale connesso alla decisione di cessazione

56      Secondo una costante giurisprudenza, la responsabilità dell’amministrazione presuppone il sussistere di un complesso di condizioni per quanto riguarda l’illegittimità del comportamento ascritto alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso causale fra il comportamento e il pregiudizio asserito (v. sentenza del 1o giugno 1994, Commissione/Brazzelli Lualdi e a., C‑136/92 P, EU:C:1994:211, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

57      Nel caso di specie, innanzitutto, l’illegittimità del comportamento del Parlamento è stata accertata. Inoltre, il motivo dedotto riguardo alla decisione di risoluzione poggia su un fondamento artificiale che ha potuto provocare nel ricorrente un sentimento di ingiustizia e, quindi, un danno morale. Infine, esiste un nesso tra il comportamento del Parlamento e il danno asserito, che è il risultato di tale decisione.

58      Tuttavia, per quanto riguarda il danno morale, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza ben consolidata della Corte e del Tribunale, l’annullamento di un atto dell’amministrazione impugnato da un funzionario costituisce di per sé il risarcimento adeguato e, in linea di principio, sufficiente di qualunque danno morale che esso può aver subito, e che la domanda di risarcimento è priva di oggetto (v., in tal senso, sentenze del 7 febbraio 1990, Culin/Commissione, C‑343/87, EU:C:1990:49, punto 26, e del 21 gennaio 2004, Robinson/Parlamento, T‑328/01, EU:T:2004:13, punto 79).

59      Vero è che il giudice dell’Unione ha ammesso alcune eccezioni a tale norma e, in particolare, le seguenti eccezioni. In primo luogo, l’annullamento dell’atto illegittimo adottato dall’amministrazione non può costituire un integrale risarcimento del danno morale se tale atto comporta un giudizio in merito alle capacità o al comportamento che può risultare offensivo per l’interessato. In secondo luogo, l’annullamento dell’atto impugnato non può costituire un pieno risarcimento del danno morale subito quando l’illegittimità commessa sia di particolare gravità. In terzo luogo, è stato dichiarato che l’annullamento di un atto viziato da illegittimità, se è privo di qualsiasi effetto utile, non può costituire di per sé un risarcimento adeguato e sufficiente di qualsiasi danno morale derivante dall’atto annullato (v. sentenze del 9 marzo 2010, N/Parlamento, F‑26/09, EU:F:2010:17, punti 103, 105 e 107 e giurisprudenza ivi citata, e del 5 luglio 2011, V/Parlamento, F‑46/09, EU:F:2011:101, punti 169, 171 e 173, e la giurisprudenza ivi citata).

60      Tuttavia, nel caso di specie, non risulta che il ricorrente si trovi in una delle situazioni di cui al paragrafo 59. Infatti, in primo luogo, la decisione di risoluzione fondata sulla mancata dichiarazione di attività esterne non contiene alcuna valutazione delle capacità o del comportamento del ricorrente che possa risultare offensiva per l’interessato, in secondo luogo, l’illegittimità commessa dal Parlamento non è di particolare gravità ai sensi della giurisprudenza e, in terzo luogo, l’annullamento di tale decisione non è assolutamente privo di ogni effetto utile.

61      Risulta da tutto quanto precede che nel caso di specie la domanda di risarcimento deve essere respinta.

 Sulle spese

62      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

63      Poiché il Parlamento è rimasto sostanzialmente soccombente, deve essere condannato alle spese, conformemente alla domanda del ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione del Parlamento del 24 giugno 2016, recante risoluzione del contratto di assistente parlamentare accreditato di L., è annullata.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      Il Parlamento europeo è condannato alle spese.

Gervasoni

Madise

da Silva Passos

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 marzo 2019.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.


1 Dati riservati omessi.