Language of document : ECLI:EU:T:2010:267

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

1° luglio 2010 (*)

«Aiuti di Stato – Indennizzo per un esproprio a fini di pubblica utilità – Proroga di una tariffa agevolata per la fornitura di elettricità – Decisione che dichiara l’aiuto incompatibile con il mercato comune – Nozione di agevolazione – Principio del contraddittorio»

Nella causa T‑53/08,

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. S. Fiorentino, avvocato dello Stato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata dai sigg. C. Giolito e G. Conte, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 20 novembre 2007, 2008/408/CE, relativa all’aiuto di Stato C 36/A/06 (ex NN 38/06) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di ThyssenKrupp, Cementir e Nuova Terni Industrie [Chimiche] (GU 2008, L 144, pag. 37),

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto dai sigg. M. Vilaras (relatore), presidente, M. Prek e V.M. Ciucă, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 luglio 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La Repubblica italiana ha nazionalizzato il settore elettrico con legge 6 dicembre 1962, n. 1643, che ha istituito l’Ente Nazionale per l’energia elettrica (ENEL), trasferendo a quest’ultimo alcune imprese dell’industria elettrica (GURI n. 316 del 12 dicembre 1962, pag. 5007; in prosieguo: la «legge n. 1643/62»). Con questa legge, essa ha attribuito all’ENEL il monopolio, nel territorio nazionale, della produzione, importazione, esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione e fornitura di energia elettrica, a prescindere dalla fonte di produzione, prevedendo tuttavia alcune eccezioni.

2        Difatti, l’art. 4, comma 6, della legge n. 1643/62 ha escluso dal processo di nazionalizzazione del settore elettrico le imprese che producevano energia elettrica essenzialmente per l’autoconsumo (in prosieguo: gli «autoproduttori»).

3        All’epoca la società Terni, della quale lo Stato era azionista di maggioranza, operava nel campo della siderurgia, dei prodotti chimici e del cemento. Inoltre, essa possedeva e gestiva impianti idroelettrici la cui produzione era utilizzata essenzialmente per alimentare i processi produttivi della società.

4        Il ramo d’azienda idroelettrico della Terni era stato nazionalizzato nonostante la società fosse autoproduttrice, in ragione del suo carattere strategico per l’approvvigionamento energetico del paese.

5        Con decreto del Presidente della Repubblica 21 agosto 1963, n. 1165, recante trasferimento all’ENEL dei complessi di beni organizzati destinati alle attività di cui al primo comma dell’art. 1 della legge n. 1643/62, esercitate dalla «Terni: Società per l’Industria e l’Elettricità» SpA (Supplemento ordinario alla GURI n. 230 del 31 agosto 1963, pag. 58; in prosieguo: il «decreto n. 1165/63»), la Repubblica italiana ha concesso alla Terni un indennizzo per il trasferimento dei suoi beni sotto forma di tariffa agevolata per l’energia elettrica per il periodo 1963‑1992 (in prosieguo: la «tariffa Terni»).

6        Nel 1964 la Terni è stata suddivisa in tre società: la Terni Acciai Speciali, che produce acciaio, la Nuova Terni Industrie Chimiche, che opera nel settore chimico, e la Cementir, che produce cemento (in prosieguo: le «società ex‑Terni»). Queste imprese sono state successivamente privatizzate e rilevate, rispettivamente, dalle società ThyssenKrupp, Norsk Hydro e Caltagirone, operazioni che hanno avuto come risultato la creazione, rispettivamente, delle società ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni SpA, Nuova Terni Industrie Chimiche SpA e Cementir SpA, che hanno continuato a beneficiare della tariffa Terni.

7        Con legge 9 gennaio 1991, n. 9, recante norme per l’attuazione del nuovo Piano energetico nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali (Supplemento ordinario alla GURI n. 13 del 16 gennaio 1991, pag. 3; in prosieguo: la «legge n. 9/91»), la Repubblica italiana ha prorogato fino al 31 dicembre 2001 le concessioni idroelettriche esistenti, in forza delle quali operano le società che utilizzano le risorse idriche pubbliche per produrre energia elettrica.

8        Con l’art. 20, comma 4, di detta legge, la Repubblica italiana ha anche prorogato fino al 31 dicembre 2001 la tariffa Terni. È stato inoltre previsto che, nell’arco dei successivi sei anni (2002‑2007), il quantitativo di energia elettrica sovvenzionata fornito alle società ex‑Terni dovesse progressivamente diminuire in modo che l’agevolazione tariffaria si esaurisse entro la fine del 2007.

9        La legge n. 9/91 è stata notificata dalle autorità italiane alla Commissione che, il 6 agosto 1991, ha adottato la decisione di non sollevare obiezioni (decisione avente ad oggetto l’aiuto di Stato NN 52/91).

10      Con decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, di attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (GURI n. 75 del 31 marzo 1999, pag. 8; in prosieguo: il «decreto n. 79/99»), la Repubblica italiana ha prorogato le concessioni idroelettriche esistenti. L’art. 12, commi 7 e 8, di detto decreto stabilisce quanto segue:

«7. Le concessioni scadute o in scadenza entro il 31 dicembre 2010 sono prorogate a quest’ultima data e i titolari di concessione interessati, senza necessità di alcun atto amministrativo, proseguono l’attività dandone comunicazione all’amministrazione concedente entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (...).

8. Per le concessioni la cui scadenza sia fissata a dopo il 31 dicembre 2010 si applicano i termini di scadenza stabiliti nell’atto di concessione».

11      Ai sensi dell’art. 11, comma 11, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (GURI n. 62 del 16 marzo 2005, pag. 4), convertito in legge 14 maggio 2005, n. 80 (in prosieguo: la «legge n. 80/05»), la Repubblica italiana ha disposto una nuova proroga della tariffa Terni fino al 2010; tale misura era applicabile a partire dal 1º gennaio 2005 (in prosieguo: la «misura controversa»). La legge n. 80/05 precisa che, fino al 2010, le società ex-Terni continueranno a beneficiare del trattamento di cui fruivano al 31 dicembre 2004 in termini di quantitativi forniti (complessivamente, GWh 926 per le tre società) e di prezzi (1,32 cent/kWh). Poco tempo dopo, le concessioni idroelettriche sono state generalmente rinnovate fino al 2020, con legge 23 dicembre 2005, n. 266.

12      La Commissione, essendo venuta a conoscenza di tale misura di proroga nell’ambito dell’istruzione di un altro caso, con lettera del 23 dicembre 2005 ha chiesto informazioni alle autorità italiane, che hanno risposto con lettera del 24 febbraio 2006, seguita da altre due comunicazioni, rispettivamente del 2 marzo e del 27 aprile 2006.

13      Con lettera del 19 luglio 2006 la Commissione ha informato la Repubblica italiana che aveva deciso di avviare il procedimento ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE. Tale decisione è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU C 214, pag. 5) e la Commissione ha invitato gli interessati a presentare osservazioni in merito alle misure controverse.

14      La Repubblica italiana ha presentato osservazioni con lettera del 25 ottobre 2006 e ha fornito informazioni complementari con lettere del 9 novembre e del 7 dicembre 2006.

15      La Commissione ha ricevuto commenti da terzi interessati, che ha trasmesso alle autorità italiane fornendo alle stesse la possibilità di replicare. Le osservazioni della Repubblica italiana le sono pervenute con lettera del 22 dicembre 2006.

16      Con lettera del 20 febbraio 2007, la Commissione ha chiesto informazioni complementari che le sono state fornite dalle autorità italiane con lettere del 16 aprile, 10 e 14 maggio 2007.

17      Il 20 novembre 2007, la Commissione ha adottato la decisione relativa all’aiuto di Stato C 36/A/06 (ex NN 38/06), cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di ThyssenKrupp, Cementir e Nuova Terni Industrie [Chimiche] (GU 2008, L 144, pag. 37; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

18      Il punto 163 della decisione impugnata è così formulato:

«La Commissione constata che [la Repubblica italiana] ha dato illegalmente esecuzione, in violazione dell’articolo 88, paragrafo 3, [CE], al disposto dell’articolo 11, paragrafo 11, [del decreto] legge n. [35]/2005, convertito nella legge [n.] 80/05, prevedendo la modifica e la proroga nel tempo fino al 2010 della tariffa agevolata per l’elettricità applicabile alle tre società ex-Terni. La Commissione ritiene che siffatta misura, che costituisce un mero aiuto al funzionamento, non possa beneficiare di alcuna deroga prevista dal trattato CE e che sia quindi incompatibile con il mercato comune. Pertanto, non può essere data esecuzione alle parti della succitata misura che non sono ancora state concesse o versate. L’aiuto già erogato deve essere recuperato. Gli importi cui i beneficiari avrebbero avuto diritto nel 2005, 2006 e 2007 in base alla legge [n. 9/91] possono essere dedotti dall’importo totale da recuperare».

19      Il dispositivo della decisione impugnata comprende le seguenti disposizioni:

«Articolo 1

1. L’aiuto di Stato cui [la Repubblica italiana] ha dato esecuzione a favore di ThyssenKrupp, Cementir e Nuova Terni Industrie Chimiche è incompatibile con il mercato comune.

2. L’aiuto di Stato concesso e non ancora corrisposto dalla [Repubblica italiana] a ThyssenKrupp, Cementir e Nuova Terni Industrie Chimiche è parimenti incompatibile con il mercato comune e non può esservi data esecuzione.

Articolo 2

1. [La Repubblica italiana] recupera presso i beneficiari l’aiuto di cui all’articolo 1, punto 1.

(…)».

 Procedimento e conclusioni delle parti

20      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 31 gennaio 2008, la Repubblica italiana ha introdotto il presente ricorso.

21      Essa chiede che il Tribunale voglia annullare la decisione impugnata.

22      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

 In diritto

23      La Repubblica italiana deduce tre motivi relativi, il primo, alla violazione dell’art. 87, n. 1, CE, e dell’art. 88, n. 3, CE, in quanto la misura controversa avrebbe natura compensativa, il secondo, alla violazione delle medesime disposizioni, in quanto la misura controversa non comporterebbe un trasferimento di risorse pubbliche, e, per quanto concerne il terzo, della violazione di forme sostanziali nonché dei principi del contraddittorio e della tutela del legittimo affidamento.

24      Tuttavia, in udienza la Repubblica italiana ha rinunciato espressamente al suo secondo motivo; il Tribunale ha preso atto di ciò nel verbale d’udienza. Di conseguenza, il Tribunale esaminerà unicamente i motivi primo e terzo.

 Sul motivo relativo al presunto carattere compensativo della misura controversa

 Argomenti delle parti

25      La Repubblica italiana sostiene che la Commissione avrebbe qualificato a torto come aiuto di Stato la misura controversa e, di conseguenza, giudicato che detta misura dovesse esserle notificata.

26      Essa sostiene che un conferimento di risorse, il quale rappresenti un compenso per un sacrificio patrimoniale sofferto nell’interesse generale, purché non ecceda in modo ingiustificato la remunerazione che l’interessato avrebbe ottenuto in contropartita – per il medesimo sacrificio patrimoniale – da un investitore privato operante in un’economia di mercato, non costituirebbe un vantaggio economico.

27      La conclusione della Commissione, secondo cui la misura controversa avrebbe attribuito un vantaggio alle società ex-Terni, si baserebbe su un’interpretazione inesatta dell’oggetto dell’espropriazione subita dalla Terni nel 1962. Questa espropriazione non avrebbe avuto ad oggetto esclusivamente beni materiali, ma avrebbe colpito parimenti il diritto di produrre energia elettrica, che costituiva il contenuto delle concessioni idroelettriche esistenti al momento dell’entrata in vigore della legge n. 1643/62.

28      In tali circostanze, secondo la Repubblica italiana sarebbe stato essenziale tener conto del valore della concessione, considerata autonomamente come un bene immateriale compreso nel patrimonio dell’impresa, valore che sarebbe dipeso dalla durata della concessione. Di conseguenza sarebbe scorretto affermare, come farebbe la Commissione, che il problema sollevato dalla presente causa sarebbe quello dell’indennizzo della Terni per il «valore di mercato dei beni espropriati», conformemente al principio in base al quale l’indennizzo per l’espropriazione di un bene dovrebbe essere determinato tenendo conto del valore di detto bene al momento dell’espropriazione.

29      Pertanto, l’oggetto dell’espropriazione subita dalla Terni, così descritto, avrebbe indotto le autorità italiane a concepire un sistema di compensazione in base al quale il valore dell’indennizzo sarebbe stato in rapporto diretto con la durata della concessione. Di conseguenza, la durata del regime tariffario sarebbe stata allineata a quella residua della concessione, ossia sino al 31 dicembre 1992.

30      La Repubblica italiana sostiene che questo rapporto diretto tra la durata della tariffa Terni, che avrebbe avuto lo scopo di far sì che la Terni sopportasse, per l’energia, costi analoghi a quelli che avrebbe affrontato se avesse potuto mantenere il diritto di produrre energia, e la durata delle concessioni avrebbe garantito le due parti coinvolte dal rischio di compensazioni in eccesso o in difetto. Questo rapporto diretto avrebbe costituito un elemento fondamentale dell’accordo di indennizzo raggiunto tra le parti, quale è ricordato dalla Commissione nella decisione impugnata, garantendone l’equilibrio economico.

31      La stessa Commissione avrebbe giudicato accettabile, nella decisione impugnata, questo sistema di indennizzo, pur sollevando la questione, effettivamente essenziale, volta a chiarire se le proroghe del regime tariffario speciale potessero essere ritenute parte integrante dell’indennizzo.

32      La Repubblica italiana sostiene, a questo proposito, che l’integrazione dell’indennizzo non sarebbe basata sulle condizioni che si sarebbero realizzate sul mercato dell’energia elettrica, i cui mutamenti rientrerebbero nel rischio normale dell’accordo di indennizzo. Le due proroghe, decise nel 1991 e nel 2005, sarebbero giustificate in realtà dal fatto che disposizioni legislative successive, che non sarebbero state prevedibili all’epoca dell’accordo di indennizzo, avevano prorogato la durata delle concessioni degli autoproduttori.

33      La natura assolutamente eccezionale dell’espropriazione subita dalla Terni avrebbe imposto di ricostruire nei suoi confronti una condizione quanto più vicina possibile a quella che si sarebbe verificata se essa non avesse sofferto una siffatta espropriazione, circostanza che spiegherebbe il fatto che la Terni sia stata trattata come un «autoproduttore virtuale» all’interno del sistema di compensazione elaborato dalle autorità italiane. La Repubblica italiana sostiene che, in un simile contesto, il punto cruciale non sarebbe verificare se esistesse una relazione tra il sistema di compensazione previsto per la Terni e le concessioni degli altri autoproduttori, bensì piuttosto esaminare se le leggi di proroga si sarebbero applicate alla Terni se quest’ultima non fosse stata oggetto di espropriazione.

34      Orbene, è assolutamente certo che le disposizioni legislative che hanno prorogato la durata delle concessioni avrebbero disciplinato anche quelle di cui la Terni era titolare se questa società ne avesse mantenuto la disponibilità. Impedire alle società ex-Terni di godere di queste proroghe, sotto forma di prolungamento della tariffa Terni, avrebbe rimesso in discussione la loro posizione di «autoproduttori virtuali», che sarebbe ragionevole mantenere relativamente a queste società, come riterrebbe persino la Commissione.

35      Di conseguenza, le due proroghe del 1991 e del 2005, lungi dal costituire una revisione della ratio delle misure originarie, costituirebbero proprio, secondo la Repubblica italiana, un’applicazione di questa ratio nonché del principio comune alle normative degli Stati membri in materia contrattuale secondo il quale, nei rapporti giuridici di durata, occorre prendere in considerazione l’alterazione dell’equilibrio contrattuale che non sia determinata dal verificarsi del rischio normale che le parti hanno assunto al momento della conclusione, ma che sia effetto di un evento sopravvenuto successivamente e che non fosse né previsto né prevedibile al momento della conclusione dell’accordo.

36      La Repubblica italiana fa riferimento al principio di equità e buona fede e aggiunge che il principio menzionato nel precedente punto 35 è stato codificato nella clausola detta di «hardship» [clausola di salvaguardia], prevista dai principi relativi ai contratti nell’ambito del commercio internazionale nonché al diritto europeo dei contratti. I presupposti di applicazione di questi principi sarebbero soddisfatti nel caso di specie.

37      La Repubblica italiana giudica irrilevante l’argomento della Commissione, secondo il quale la Terni avrebbe potuto criticare il sistema di indennizzo se l’avesse ritenuto inadeguato. Infatti, al momento dell’adozione del decreto n. 1165/63, la Terni avrebbe potuto lamentarsi solo se la durata della tariffa Terni fosse stata fissata in misura inferiore alla durata delle concessioni che, all’epoca, erano destinate a scadere il 31 dicembre 1992, data stabilita per la cessazione di validità della tariffa Terni. La Repubblica italiana aggiunge che, una volta ammesso che la data di scadenza della tariffa Terni non è stata stabilita in base a un calcolo dei benefici globali che la Terni avrebbe ottenuto sino a tale data, ma unicamente al fine di allineare la durata della tariffa Terni a quella delle concessioni, la Terni non avrebbe avuto motivo di lamentarsi del sistema, dato che l’applicazione di quest’ultimo avrebbe dovuto implicare la proroga automatica di detta tariffa parallelamente alla proroga delle concessioni.

38      Per quanto riguarda il dubbio formulato dalla Commissione sull’effettiva finalità delle disposizioni di proroga della tariffa Terni, che sarebbe stata di completare l’indennizzo iniziale in considerazione della proroga della durata, anche solo virtuale, della concessione espropriata, la Repubblica italiana asserisce che, per qualificare una misura come aiuto di Stato, occorrerebbe prenderne in considerazione solo gli effetti, reali o potenziali, e che, se è pacifico che le società ex-Terni avevano diritto a una proroga della tariffa Terni diretta ad integrare debitamente l’indennizzo iniziale, la misura che ha l’effetto di concedere detta proroga non potrebbe essere considerato aiuto di Stato, indipendentemente dalle finalità perseguite dal legislatore nazionale con la sua adozione.

39      La Repubblica italiana conclude affermando che la misura controversa avrebbe avuto lo scopo di preservare la validità economica di un sistema destinato necessariamente a durare nel tempo e che, impedendo un’alterazione dei termini fondamentali del contratto, essa non avrebbe attribuito nessun vantaggio indebito alle società ex-Terni bensì, proprio al contrario, avrebbe evitato che queste ultime sopportassero un danno ingiusto.

40      La Commissione replica sostenendo che il motivo della Repubblica italiana dovrebbe essere respinto, in quanto basato su una premessa errata.

41      Secondo la Commissione, parrebbe che la Repubblica italiana ignori il fatto che l’art. 6 del decreto n. 1165/63 avesse previsto, a titolo di indennizzo per il trasferimento all’ENEL degli impianti della Terni, la fornitura di energia elettrica a una tariffa ridotta fino al 31 dicembre 1992. Dal testo di tale disposizione risulterebbe chiaramente che la tariffa Terni sarebbe stata accordata, a titolo di indennizzo, per un periodo stabilito una volta per tutte al momento dell’esproprio e che tale termine sarebbe stato presumibilmente stabilito prendendo in considerazione la durata residua della concessione idroelettrica della Terni, essendo questo un elemento fondamentale per identificare il valore della concessione espropriata.

42      La Commissione sostiene che né il decreto n. 1165/63, né la legge n. 9/91, avrebbero collegato, in un modo qualsiasi, la proroga della tariffa Terni a quella delle concessioni idroelettriche di altri autoproduttori non espropriati. Non ci sarebbe ragione, in particolare, di ritenere sussistente una correlazione tra la proroga di detta tariffa, concessa nel 2005 mediante la misura controversa, e la proroga delle concessioni accordate, sei anni prima, dal decreto n. 79/99. Al contrario, dal testo della legge n. 80/05 risulterebbe chiaramente che la proroga delle tariffe favorevoli, tra cui la tariffa Terni, sarebbe stata accordata genericamente al fine di «consentire lo sviluppo e la ristrutturazione produttiva delle imprese interessate».

43      Essa sostiene che, se il decreto n. 1165/63 avesse previsto un’automatica estensione della tariffa Terni in caso di proroga delle concessioni di altri autoproduttori, esso avrebbe contraddetto il principio secondo cui l’indennizzo per l’esproprio di un bene (ivi compreso un bene immateriale quale la concessione) dev’essere determinato tenendo presente il valore di tale bene al momento dell’esproprio.

44      Inoltre, sarebbe errato asserire, come farebbe la Repubblica italiana, che «le società ex-Terni ave[vano] diritto ad una proroga tariffaria Terni, a titolo di dovuta integrazione dell’originario indennizzo». La Commissione rileva che parrebbe in tal modo che le autorità italiane asseriscano che le società ex-Terni godessero di un «diritto» alla proroga della tariffa Terni per il semplice fatto che, se non fossero state espropriate, esse avrebbero goduto della proroga delle concessioni idroelettriche.

45      Ebbene, secondo la Commissione le società ex-Terni non avrebbero potuto reclamare nessun «diritto» a una proroga in base al decreto n. 1165/63, che avrebbe previsto la fornitura di energia elettrica a tariffa ridotta sino al 31 dicembre 1992, senza possibilità di un rinvio di tale scadenza. La mancanza di un «diritto» alla proroga della tariffa Terni si ricaverebbe parimenti dal fatto che le proroghe previste dalla legge n. 9/91 e dalla misura controversa sarebbero state concesse unilateralmente dalle autorità italiane nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale che contraddistinguerebbe l’attività legislativa.

46      Sarebbero parimenti infondati gli argomenti secondo cui la modifica della durata della tariffa Terni sarebbe basata sulle norme di diritto privato relative all’eccessiva onerosità sopravvenuta, poiché dette norme non sembrano applicabili all’espropriazione per pubblica utilità. La Commissione rileva parimenti che, anche a voler assimilare l’espropriazione a un mero fatto contrattuale, occorrerebbe qualificare l’obbligo della Terni di trasferire la concessione idroelettrica con gli impianti corrispondenti come «ad esecuzione immediata» e non continuata, tale da poter divenire eccessivamente onerosa dopo un certo lasso di tempo. Per di più, la proroga delle concessioni idroelettriche non potrebbe essere qualificata come evento «straordinario e imprevedibile».

 Giudizio del Tribunale

47      Secondo una costante giurisprudenza, la qualificazione di «aiuto», ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, richiede che sussistano tutti i presupposti previsti da tale disposizione (sentenze della Corte 21 marzo 1990, causa C‑142/87, Belgio/Commissione, detta «Tubemeuse», Racc. pag. I‑959, punto 25, e 1° luglio 2008, cause riunite C‑341/06 P e C‑342/06 P, Chronopost e La Poste/Ufex e a., Racc. pag. I‑4777, punto 121).

48      Innanzi tutto, deve trattarsi di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve poter incidere sugli scambi tra Stati membri. In terzo luogo, esso deve concedere un vantaggio al suo beneficiario. In quarto luogo, esso deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (sentenze della Corte 30 marzo 2006, causa C‑451/03, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti, Racc. pag. I‑2941, punto 56, e Chronopost e La Poste/Ufex e a., citata nel precedente punto 47, punto 122).

49      Occorre ricordare che costituiscono agevolazioni ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE interventi che, sotto varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che, con ciò, si possono paragonare a sovvenzioni (sentenze della Corte 29 giugno 1999, causa C‑256/97, DM Transport, Racc. pag. I‑3913, punto 19, e 14 settembre 2004, causa C‑276/02, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑8091, punto 24), quali, in particolare, la fornitura di beni o servizi a condizioni di favore (v. sentenza del Tribunale 16 settembre 2004, causa T‑274/01, Valmont/Commissione, Racc. pag. II‑3145, punto 44, e giurisprudenza ivi citata).

50      La Repubblica italiana sostiene che la misura controversa non potrebbe essere qualificata aiuto di Stato, in quanto non sarebbe soddisfatta la condizione per la concessione di un’agevolazione ai beneficiari, dato che detta misura presenterebbe carattere meramente compensativo.

51      È pacifico che determinate forme di indennizzo concesse alle imprese non costituiscono aiuto.

52      Ad esempio, in una sentenza 27 settembre 1988, cause riunite 106/87‑120/87, Asteris e a. (Racc. pag. 5515, punti 23 e 24), la Corte ha precisato che gli aiuti pubblici, che costituiscono misure della pubblica autorità a favore di determinate imprese o di determinati prodotti, rivestono una natura giuridica fondamentalmente diversa dal risarcimento danni che le autorità nazionali potrebbero essere eventualmente condannate a versare a privati in risarcimento di un danno da esse provocato loro, e che detto risarcimento non costituisce pertanto aiuto ai sensi degli artt. 87 CE e 88 CE.

53      La Corte ha parimenti dichiarato che sovvenzioni pubbliche concesse a determinate imprese, cui siano stati esplicitamente attribuiti obblighi di servizio pubblico, al fine di compensare i costi originati dall’adempimento di tali obblighi, e che rispondano a determinate condizioni, non ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE (sentenza della Corte 24 luglio 2003, causa C‑280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, Racc. pag. I‑7747, punto 94).

54      La Commissione rileva che un indennizzo concesso dallo Stato a fronte dell’espropriazione di beni non costituisce generalmente un aiuto di Stato (punto 70 della decisione impugnata).

55      La misura controversa è costituita dalla proroga di una prima misura, che concedeva alla Terni una tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica, e ciò a titolo di un indennizzo conseguente alla nazionalizzazione del suo ramo idroelettrico nel 1962.

56      L’art. 6 del decreto n. 1165/63, che stabilisce questo indennizzo, è così formulato: 

«L’ENEL è tenuto a fornire alla [Terni] kWh 1 025 000 000 (unmiliardoventicinquemilioni) annui con una potenza di kW 170 000 (centosettantamila), quantità di energia elettrica utilizzata al 1961 dalla [Terni] per le attività non comprese tra quelle previste dall’art. 1 della legge [n. 1643/62], e kWh 595 000 000 (cinquecentonovantacinquemilioni) all’anno, con una ulteriore potenza di kW 100 000 (centomila) per le attività in corso di realizzazione alla data di entrata in vigore della legge [n. 1643/62].

Le dette forniture dovranno aver luogo fino al 31 dicembre millenovecentonovantadue in punti di consegna situati presso gli stabilimenti Terni determinati dall’accordo tra le parti».

57      Questo quantitativo fisso di energia elettrica doveva essere fornito a una tariffa agevolata, definita dall’art. 7 del decreto n. 1165/63 nel modo seguente:

«Per la fornitura di kWh 1 025 000 000 (…) annui, il prezzo della fornitura per kWh sarà determinato in base ai prezzi di addebito praticati mediamente nel triennio 1959‑61 dal settore elettrico della [Terni] agli stabilimenti della stessa società per attività non elettriche.

Per i quantitativi di energia che saranno consumati dalla [Terni] in eccedenza ai predetti kWh 1 025 000 000 (…) annui fino a kWh 595 000 000 (…) annui, il prezzo di cui al capoverso precedente sarà aumentato di [ITL] 0,45 (…) a kWh».

58      La misura di cui la Terni è stata destinataria appare pertanto come il risultato di tre fattori: il quantitativo di energia elettrica, il suo prezzo e la durata del regime agevolato.

59      La Commissione ritiene che il provvedimento iniziale costituisse un indennizzo, che fosse adeguato e che la tariffa Terni non abbia attribuito nessun vantaggio ai beneficiari per tutta la durata prevista da detta misura, ossia sino al 1992. Facendo riferimento a una semplice lettura letterale dell’art. 6 del decreto n. 1165/63 e alla chiara determinazione di una durata di trent’anni per l’applicazione di detta tariffa, la Commissione sostiene che la proroga di quest’ultima non possa essere considerata parte integrante dell’indennizzo e conclude che la tariffa accordata alle società ex-Terni a partire dal 1° gennaio 2005, conformemente alle disposizioni di cui all’art. 11, comma 11, della legge n. 80/05, costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE (punti 78, 79, 94 e 117 della decisione impugnata).

60      La Repubblica italiana asserisce che la decisione impugnata sarebbe basata su una valutazione errata da parte della Commissione della natura e dell’effettiva funzione del provvedimento di indennizzo previsto dalla normativa relativa alla nazionalizzazione della Terni. Lo scopo di questa normativa sarebbe stato di indennizzare la Terni per l’espropriazione subita nel 1962, che avrebbe rappresentato un’eccezione nel contesto del regime generale degli autoproduttori e avrebbe riguardato non solo diversi impianti ma anche il diritto, derivante da una concessione idroelettrica, di produrre energia.

61      Secondo la Repubblica italiana, questa situazione spiegherebbe l’adozione da parte del legislatore nazionale di un sistema specifico di indennizzo, che permettesse alla Terni di rifornirsi di energia a condizioni economiche analoghe a quelle di cui avrebbe goduto se non ci fosse stata la nazionalizzazione, per un periodo stabilito tenendo conto della durata della concessione.

62      In primo luogo, essa sostiene che, fissando la data del 31 dicembre 1992 per la scadenza della tariffa Terni, il legislatore nazionale avrebbe deciso di allineare la durata di detta tariffa a quella delle concessioni idroelettriche degli autoproduttori non espropriati, stabilendo così un rapporto diretto tra questi due elementi. Essa sostiene che le due proroghe della tariffa Terni sarebbero giustificate dalla circostanza che disposizioni normative, certamente imprevedibili quando è stato fissato l’indennizzo iniziale, hanno prorogato la durata delle concessioni degli autoproduttori, durata che costituirebbe il parametro dell’indennizzo spettante alla Terni. Queste due misure di proroga, lungi dal significare una revisione della ratio del sistema di indennizzo originario, costituirebbero proprio l’applicazione di detta ratio.

63      Tuttavia, è importante sottolineare che la presente controversia si inserisce nel quadro della nazionalizzazione del settore dell’energia elettrica in Italia, basato sull’art. 43 della Costituzione italiana, il cui strumento giuridico di esecuzione è costituito dalla legge n. 1643/62, integrata dal decreto n. 1165/63.

64      Pertanto, è a questi ultimi testi che occorre fare riferimento per comprendere la nazionalizzazione in questione in tutti i suoi aspetti, ivi compreso l’indennizzo giuridico richiesto in questa fattispecie di trasferimento di proprietà decisa unilateralmente da uno Stato.

65      Orbene, dal disposto dell’art. 6 del decreto n. 1165/63, privo di qualsiasi ambiguità, si ricava che la tariffa Terni è stata concessa a titolo di indennizzo per un periodo ben determinato, senza possibilità di proroga. Infatti, detto articolo dispone che le forniture di energia elettrica alla Terni «dovranno aver luogo fino al 31 dicembre millenovecentonovantadue»; l’indicazione di una data precisa esclude a priori qualsiasi difficoltà di interpretazione riguardo alla portata temporale della disposizione.

66      Inoltre, la Repubblica italiana non menziona nessuna disposizione della legge n. 1643/62 o del decreto n. 1165/63 che preveda una revisione della durata d’applicazione della tariffa Terni, con una possibile estensione di questa durata dopo la data di scadenza prevista. Occorre osservare, viceversa, che la possibilità di rivedere il prezzo della fornitura di energia elettrica alla Terni è stata espressamente prevista dal legislatore nazionale nell’art. 8 del decreto n. 1165/63.

67      Nel sottolineare che la data di scadenza delle concessioni idroelettriche degli autoproduttori era stata presa in considerazione dal legislatore nazionale all’epoca della nazionalizzazione per fissare la data del 31 dicembre 1992 nel decreto n. 1165/63, la Repubblica italiana sostiene che la mancanza di una disposizione esplicita in merito alla possibilità di rivedere la durata d’applicazione della tariffa Terni in funzione di quella delle concessioni si spiegherebbe col fatto che il rinnovo di queste ultime costituiva, per questo stesso legislatore e a quella stessa epoca, un evento «certamente imprevedibile».

68      Occorre rilevare che la determinazione iniziale di una durata di validità per le concessioni comportava già, di per se stessa, la questione relativa al futuro di queste concessioni alla loro scadenza e il mantenimento delle medesime, in seguito ad una proroga legislativa od una procedura di gara d’appalto, costituiva un’ipotesi concepibile e non «certamente imprevedibile». Pertanto, risulta dagli atti che la mancanza di una disposizione esplicita nella legislazione nazionale, che prevedesse la possibilità di revisione della durata d’applicazione della tariffa Terni, appare come il semplice frutto della scelta del legislatore di indennizzare la Terni mediante il godimento di una tariffa di favore per la fornitura di energia elettrica durante un periodo ben determinato, stabilito in modo definitivo all’epoca della nazionalizzazione.

69      È importante aggiungere che la normativa riguardante le proroghe delle concessioni idroelettriche successiva alla legge n. 1643/62 e al decreto n. 1165/63 contrasta con la lettura di questi testi difesa dalla Repubblica italiana, secondo la quale questi ultimi collegherebbero la durata della tariffa Terni, mediante una specie di rinvio dinamico e implicito, a quella delle concessioni idroelettriche degli autoproduttori, di modo che la proroga di queste ultime avrebbe implicato automaticamente la proroga di detta tariffa.

70      Questa interpretazione si scontra già con la circostanza che le proroghe della tariffa Terni, lungi dall’essere automatiche, hanno richiesto interventi legislativi per modificare l’indennizzo inizialmente stabilito con il decreto n. 1165/63.

71      La prima proroga della tariffa Terni risulta dall’art. 20, comma 4, della legge n. 9/91, la quale ha parimenti prorogato le concessioni idroelettriche allora esistenti sino al 2001. Questa legge non può essere circoscritta, come fa la ricorrente, alla mera proroga concomitante della durata della tariffa Terni e di quella delle concessioni idroelettriche degli autoproduttori sino al 2001, in quanto essa aveva un duplice oggetto, ossia la proroga della tariffa Terni ma anche la sua abolizione alla scadenza del 2007 (v. punto 19 della decisione impugnata), data successiva e pertanto indipendente da quella di scadenza delle concessioni idroelettriche allora esistenti. Questi due elementi sono inscindibili e dimostrano in realtà l’autonomia della questione relativa alla durata di detta tariffa rispetto alla posizione degli autoproduttori.

72      La dissociazione della sorte delle società ex-Terni da quella degli autoproduttori è confermata dalla circostanza che le autorità italiane sono intervenute, nel 1999, unicamente per rinnovare, sino al 2010, le concessioni idroelettriche allora esistenti.

73      La seconda proroga della tariffa Terni risulta dall’art. 11, comma 11, della legge n. 80/05, il quale così dispone:

«Al fine di consentire lo sviluppo e la ristrutturazione produttiva delle imprese interessate, l’applicazione di condizioni tariffarie favorevoli per le forniture di energia elettrica di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 83, viene prorogata a tutto l’anno 2010 alle condizioni tariffarie di cui al 31 dicembre 2004».

74      Detta disposizione non fa nemmeno riferimento alle concessioni idroelettriche e non contiene nessuna indicazione che consenta di pensare che la volontà del legislatore fosse di allineare la durata della tariffa Terni a quella di dette concessioni.

75      Al contrario, dalla medesima disposizione si evince che la tariffa Terni è solo una delle condizioni tariffarie di favore la cui proroga ha lo scopo di «consentire lo sviluppo e la ristrutturazione produttiva delle imprese interessate». Nel punto 67 della decisione impugnata, situato nell’ambito della sintesi delle osservazioni delle autorità italiane formulate durante il procedimento di indagine formale, si precisa che dette autorità insistono sulla seguente circostanza: «La contestata proroga della tariffa disposta dall’articolo 11, [comma] 11, della legge n. 80/2005 è connessa a un ampio programma di investimenti che ThyssenKrupp sta realizzando nella zona industriale Terni-Narni. In base a tale piano di azione, nella zona verrà sviluppata nuova capacità di generazione elettrica. La tariffa[, si osserva,] è quindi destinata a essere una soluzione temporanea, fintantoché non sarà installata detta capacità di generazione, e la sua abolizione comprometterebbe gli investimenti attualmente in corso».

76      Come riportato nel punto 61 della decisione impugnata, riguardante «le ragioni politiche della seconda proroga», le autorità italiane si sono espresse nel seguente modo:

«[La Repubblica italiana] sostiene che la tariffa è necessaria per stabilire parità di trattamento tra queste società a elevato consumo energetico attive in Italia e i loro concorrenti nell’[Unione europea], i quali beneficiano del pari di prezzi ridotti per l’energia (tariffe o su base contrattuale), in attesa che siano completati i progetti infrastrutturali in corso sulla produzione e il trasporto di elettricità. Se la tariffa fosse abolita, le società in questione sposterebbero le loro operazioni al di fuori dell’[Unione]. Inevitabilmente ciò provocherebbe una crisi industriale e causerebbe gravi perdite di posti di lavoro nelle regioni interessate. Pertanto, secondo [la Repubblica italiana], la proroga della tariffa va vista come una soluzione transitoria».

77      Dunque, non si parla proprio di un provvedimento che costituirebbe la proroga legale dell’indennizzo di cui la Terni ha goduto in seguito alla nazionalizzazione del suo ramo idroelettrico nel 1962.

78      In secondo luogo, la Repubblica italiana, dopo aver precisato, in sede di replica, che la durata del regime tariffario era stata allineata a quella «residua» della concessione della Terni, ha dichiarato che «il punto cruciale non [era] tanto quello di verificare se vi fosse un nesso tra il meccanismo risarcitorio previsto per Terni e le concessioni degli altri autoproduttori, quanto piuttosto di esaminare se le leggi di proroga si sarebbero applicate a Terni nel caso in cui questa, secondo la regola generale, non si fosse vista espropriare degli impianti e della concessione».

79      A suo parere, è indubbio che le norme di proroga (ossia l’art. 24 della legge n. 9/91 e l’art. 12, comma 7, del decreto n. 79/99) avrebbero avuto ad oggetto parimenti le concessioni di cui la Terni sarebbe stata titolare «se la società ne avesse conservato la disponibilità» e sarebbe evidente che impedire alle società ex-Terni di godere di queste proroghe avrebbe fatto venir meno la posizione di autoproduttori virtuali, che sarebbe stato ragionevole conservare relativamente a dette società, a parere della stessa Commissione.

80      Tuttavia, occorre constatare che il ragionamento così illustrato dalla Repubblica italiana tende a dare un’interpretazione del sistema di indennizzo istituito con l’art. 6 del decreto n. 1165/63 il quale poggia su un postulato, che prescinde dalle circostanze dell’espropriazione all’origine della controversia e dal dibattito sulla portata di detto sistema.

81      È possibile che, se il ramo idroelettrico della Terni non fosse stato nazionalizzato, la concessione di questa società sarebbe stata rinnovata come quella degli altri autoproduttori. È pure possibile che, in ipotesi del genere, la questione dell’indennizzo della Terni mediante approntamento di una tariffa di favore per l’energia elettrica non si sarebbe posta.

82      Ciò nondimeno, si tratta di ragionamenti meramente ipotetici, che mirano ad aggirare l’ostacolo del limite cronologico, stabilito in modo assai chiaro dall’art. 6 del decreto n. 1165/63 per l’applicazione della tariffa Terni, e che devono essere respinti.

83      La Repubblica italiana sottolinea anche che la Commissione dubita del fatto che la finalità delle disposizioni di proroga della tariffa Terni sia stata quella di integrare l’indennizzo iniziale previsto dall’art. 6 del decreto n. 1165/63 mentre invece, secondo la giurisprudenza, la qualificazione di una misura come aiuto di Stato implicherebbe di prendere in considerazione solo gli aspetti reali o potenziali.

84      Tuttavia, occorre rilevare che la Commissione ha chiaramente affermato, nel punto 99 della decisione impugnata, che indubbiamente la fornitura di energia elettrica a prezzi inferiori a quelli della tariffa normale applicata costituiva un chiaro vantaggio economico per i beneficiari, che vedevano ridotti i loro costi di produzione e rafforzata la propria posizione concorrenziale.

85      Il richiamo alla finalità effettiva della misura controversa si inquadra nella discussione sulla portata esatta del sistema di indennizzo previsto dall’art. 6 del decreto n. 1165/63: la Repubblica italiana sostiene che questa misura costituirebbe la continuazione a norma di legge dell’indennizzo di cui ha goduto la Terni in seguito alla nazionalizzazione del suo ramo idroelettrico nel 1962.

86      Quest’affermazione è contraddetta sia dal dettato dell’art. 11, comma 11, della legge n. 80/05, che ha prorogato la tariffa Terni sino al 2010, sia dalle dichiarazioni delle autorità italiane in sede di procedimento amministrativo, sintetizzare nei punti 61 e 67 della decisione impugnata, da cui si ricava che la proroga controversa della tariffa Terni costituisce, in realtà, la contropartita per un vasto programma di investimenti avviato dalla ThyssenKrupp nella zona industriale di Terni-Narni.

87      In terzo luogo, la Repubblica italiana afferma che le due proroghe del 1991 e del 2005 costituirebbero parimenti applicazione di un principio comune al diritto degli Stati membri in materia contrattuale, secondo cui, nei rapporti giuridici di durata, occorrerebbe prendere in considerazione l’alterazione dell’equilibrio contrattuale causato non dalla realizzazione del normale rischio che le parti assumono al momento della conclusione del contratto, bensì da un avvenimento sopravvenuto successivamente e che non era né previsto né prevedibile nel momento in cui l’accordo è stato concluso, ossia l’adozione di disposizioni legislative che hanno prorogato la durata delle concessioni idroelettriche degli autoproduttori.

88      Oltre ad un riferimento al principio di buona fede e di equità, la Repubblica italiana aggiunge che il principio richiamato nel precedente punto 87 sarebbe stato codificato nella clausola detta di «hardship», prevista dai principi relativi ai contratti del commercio internazionale nonché al diritto comunitario in materia contrattuale, elaborati dalla commissione sul diritto europeo dei contratti.

89      Quest’argomento dev’essere respinto in quanto fondato su una premessa errata, ossia sull’assimilazione di una fattispecie di nazionalizzazione di beni patrimoniali diversi, comportante un necessario indennizzo, a un semplice evento contrattuale.

90      È importante ricordare, infatti, che la presente controversia si iscrive nel contesto della nazionalizzazione del settore dell’energia elettrica in Italia, basata sull’art. 43 della Costituzione italiana, il quale dispone che «a fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale».

91      Lo strumento giuridico per l’attuazione della nazionalizzazione è costituito unicamente dalla legge n. 1643/62, integrata dal decreto n. 1165/63.

92      Risulta così evidente che il trasferimento di proprietà è deciso unilateralmente dallo Stato, per fini di pubblico interesse, e che occorre far riferimento alle disposizioni di detta legge e di detto decreto per comprendere la nazionalizzazione di cui trattasi in tutte le sue dimensioni, ivi compreso il risarcimento giuridico richiesto in questa situazione.

93      L’applicabilità a una situazione del genere di norme o principi disciplinanti i rapporti contrattuali non è assolutamente dimostrata dalla Repubblica italiana. La circostanza che il decreto n. 1165/63 abbia previsto un sistema di indennizzo specifico sotto forma di fornitura di energia elettrica a tariffa agevolata per trent’anni non può giustificare l’assimilazione compiuta dalla Repubblica italiana tra la presente fattispecie e un rapporto contrattuale ad esecuzione continuata.

94      In ogni caso, anche ammettendo che una siffatta assimilazione possa essere accolta, l’argomento che giustifica la misura controversa con l’esistenza di principi che consentirebbero di restaurare l’equilibrio in un rapporto contrattuale ad esecuzione continuata, asseritamente turbato dagli effetti di un evento che non era né previsto né prevedibile nel momento in cui l’accordo è stato concluso, non può risultare convincente.

95      A parte il fatto che il trasferimento all’ENEL del patrimonio della Terni è stato eseguito integralmente poco dopo l’adozione del decreto n. 1165/63 e pertanto dovrebbe essere qualificato come prestazione a carattere «immediato» e non «continuato», la proroga delle concessioni idroelettriche degli autoproduttori non può essere qualificata come evento «imprevedibile».

96      Va ricordato che la fissazione iniziale di un termine per la validità delle concessioni recava già, in se stessa, la questione del futuro di queste concessioni alla loro scadenza e il mantenimento delle medesime, in seguito ad una proroga legislativa od una procedura di gara d’appalto, costituiva pertanto un evento largamente ipotizzabile e non imprevedibile. L’adozione di disposizioni recanti proroga delle concessioni idroelettriche degli autoproduttori nel 1991, 1999 e 2005 lo conferma a posteriori.

97      Dai ragionamenti sin qui esposti discende che il motivo che nega la qualifica della misura controversa come aiuto di Stato, ricavato dal carattere compensativo di detta misura, dev’essere respinto.

 Sul motivo relativo alla violazione di forme sostanziali nonché dei principi del contraddittorio e della tutela del legittimo affidamento

 Argomenti delle parti

98      La Repubblica italiana asserisce che, su domanda espressa della Commissione, essa le avrebbe fornito uno studio che paragona il valore contabile dei beni espropriati a quello dei benefici concessi, durante gli anni, mediante la tariffa Terni, studio che avrebbe rivelato la mancanza di compensazioni eccessive.

99      Orbene, nella decisione impugnata la Commissione avrebbe giudicato questo studio ininfluente, in quanto l’adeguatezza del sistema di indennizzo sarebbe stata valutabile solo ex ante, ossia al momento dell’esproprio. La Commissione avrebbe esaminato pertanto il contenuto dello studio solo in via subordinata, giudicandone alla fine errate le conclusioni.

100    La Repubblica italiana sostiene che questo mutamento di posizione della Commissione in merito all’utilità di un giudizio ex post sull’adeguatezza del sistema di indennizzo avrebbe dovuto indurre quest’istituzione a riaprire la fase contraddittoria, suggerendo una diversa prospettiva d’analisi o persino accogliendo proposte alternative da parte della Repubblica italiana, ciò che essa non ha fatto. Se si fosse proceduto in tal modo, la Repubblica italiana avrebbe certamente potuto illustrare gli argomenti formulati nell’ambito del primo motivo.

101    Essa aggiunge che avrebbe potuto richiamare, qualora la Commissione avesse manifestato, anteriormente all’adozione della decisione impugnata, il suo mutamento di opinione o la sua perplessità in merito al metodo di valutazione proposto dallo studio in questione, la circostanza che, sottovalutando forse l’agevolazione tariffaria della Terni, detta istituzione avrebbe sottovalutato anche il sacrificio economico di questa società, limitandolo al valore degli impianti, senza considerare come oggetto di valutazione autonoma il diritto espropriato, ossia la concessione per la produzione.

102    Questo vizio di procedura inficerebbe persino la valutazione sul merito dello studio in questione, condotta dalla Commissione.

103    Dopo aver ribadito il carattere quantomeno contraddittorio del comportamento della Commissione, in sede di replica la Repubblica italiana ha sostenuto che, con la richiesta dello studio in questione a fini di valutazione dell’esistenza eventuale di un compenso eccessivo, la Commissione avrebbe fatto sorgere in capo alle autorità italiane un legittimo affidamento sul fatto che i risultati di questo studio sarebbero stati tenuti in una certa considerazione ai fini della decisione impugnata. Dichiarando comunque irrilevante lo studio in questione, ed esprimendo per di più questa valutazione solo nella decisione impugnata e valutando il contenuto di detto studio solo in via subordinata, la Commissione avrebbe violato un siffatto legittimo affidamento ingenerato dalla richiesta di informazioni formulata con la lettera del 20 febbraio 2007.

104    La Commissione afferma di non aver mai dichiarato, durante il procedimento, alla Repubblica italiana che essa avrebbe valutato la congruità ex post della tariffa Terni senza considerare se la proroga di tale tariffa prevista dalla misura controversa potesse essere giustificata a titolo di indennizzo per l’espropriazione subita dalla Terni nel 1962. Ciò del resto sarebbe dimostrato dal fatto che le autorità italiane e le società ex-Terni, nel corso del procedimento, avrebbero effettivamente dedotto argomenti volti a dimostrare che detta proroga dovesse essere considerata parte integrante del criterio previsto ex ante dal decreto n. 1165/63 per indennizzare la Terni.

105    Essa afferma che, posto che le autorità italiane hanno effettivamente illustrato gli argomenti in questione durante il procedimento amministrativo e che questi argomenti sono comunque infondati, come dimostra l’analisi del primo motivo, la presunta violazione dei diritti della difesa lamentata dalla Repubblica italiana non potrebbe avere nessuna incidenza sulla validità della decisione impugnata.

106    Questa conclusione non potrebbe essere rimessa in discussione dall’affermazione della Repubblica italiana secondo la quale, se essa avesse avuto notizia delle obiezioni della Commissione nei confronti dello studio in questione, «essa avrebbe potuto far valere, a propria volta, le proprie perplessità». Secondo la Commissione è infatti evidente che, poiché lo studio è stato esaminato unicamente in via subordinata, gli eventuali dubbi della Repubblica italiana in merito alla sua credibilità non avrebbero potuto avere comunque la benché minima influenza sulla valutazione principale su cui è basata la decisione impugnata. Per di più, le autorità italiane non avrebbero assolutamente dimostrato che la valutazione formulata nel merito dalla Commissione relativamente allo studio in questione sia viziata da un qualsivoglia errore di fatto o di diritto.

107    La Commissione sostiene infine che le censure relative al suo comportamento asseritamente contraddittorio e alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento dovrebbero essere dichiarate irricevibili, in quanto comparirebbero per la prima volta in sede di replica, in violazione dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale. Ad ogni modo, non si potrebbe desumere nessuna contraddizione o nessuna violazione del citato principio dalla circostanza che la Commissione abbia esaminato, solo in via subordinata, lo studio delle autorità italiane. Infine, la Commissione ricorda che da una giurisprudenza consolidata si evince che sussiste violazione del principio della tutela del legittimo affidamento solo se l’amministrazione abbia fornito «precise garanzie» agli interessati, circostanza manifestamente insussistente nel caso di specie.

 Giudizio del Tribunale

108    Occorre ricordare che, con lettera datata 19 luglio 2006, la Commissione ha informato la Repubblica italiana della sua decisione di avviare il procedimento di cui all’art. 88, n. 2, CE e che, con la pubblicazione di detta decisione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, essa ha invitato i terzi interessati a presentare le loro osservazioni sulla misura controversa.

109    Con lettera datata 20 febbraio 2007, dopo aver constatato che altre informazioni erano «necessarie per poter giungere ad una conclusione», la Commissione ha chiesto alla Repubblica italiana di fornirle, in particolare, alcune notizie che consentissero di comparare oggettivamente il valore dei beni espropriati con quello del vantaggio procurato dalla tariffa Terni dall’inizio di questo regime sino al 2010, procedendo ad un’attualizzazione dei valori in questione.

110    In risposta a questa domanda, la Repubblica italiana ha comunicato alla Commissione, nell’aprile 2007, uno studio realizzato, su richiesta delle società ex-Terni, da un consulente indipendente, che riporta che il valore totale del beneficio procurato dalla tariffa Terni è inferiore a quello contabile (attualizzato al 2006) dei beni espropriati in seguito alla nazionalizzazione e, pertanto, conclude nel senso di una mancanza di indennizzi eccessivi.

111    Dai punti 82 e 83 della decisione impugnata si evince che la Commissione ha ritenuto, in via principale, che questo studio fosse irrilevante, poiché tutta l’analisi dell’adeguatezza del meccanismo di indennizzo doveva necessariamente essere sviluppata ex ante, ossia al momento dell’espropriazione. Conformemente a questa posizione, la Commissione ha concluso che, sino alla scadenza dell’iniziale misura tariffaria compensativa, e unicamente sino a tale data, i beneficiari non avevano goduto di nessun vantaggio; questa conclusione non poteva essere rimessa in questione con calcoli di profitti e perdite, soprattutto realizzati a posteriori.

112    La Commissione, in subordine, ha esaminato nel merito lo studio prodotto dalle autorità italiane, concludendo che il metodo sul quale esso si basava fosse impreciso e scorretto, in quanto esso sottostimava sistematicamente il beneficio attribuito alle società ex-Terni e sopravvalutava verosimilmente il valore dei beni espropriati (punti 87‑90 della decisione impugnata).

113    In primo luogo, non può essere accolta la censura della Repubblica italiana, ricordata nei precedenti punti 101‑103, riguardante l’inosservanza, da parte della Commissione, del principio del contraddittorio, che avrebbe asseritamente viziato la valutazione effettuata da quest’ultima dello studio prodotto dalle autorità italiane riguardo al valore dei beni espropriati.

114    A questo proposito, il principio del contraddittorio, che costituisce un principio fondamentale dell’ordinamento dell’Unione, rientra, in particolare, fra i diritti della difesa (v., per analogia, sentenza della Corte 10 luglio 2008, causa C‑413/06 P, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, Racc. pag. I‑4951, punto 61). Il rispetto di questi ultimi in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale di diritto e dev’essere garantito anche in mancanza di una normativa specifica (sentenze della Corte 10 luglio 1986, causa 234/84, Belgio/Commissione, Racc. pag. 2263, punto 27, e 11 novembre 1987, causa 259/85, Francia/Commissione, Racc. pag. 4393, punto 12).

115    In materia di controllo degli aiuti pubblici, il principio del rispetto dei diritti della difesa esige che lo Stato membro in causa sia posto in grado di far conoscere proficuamente il suo punto di vista sulle osservazioni presentate da terzi interessati, in conformità all’art. 88, n. 2, CE, e sulle quali la Commissione intenda fondare la propria decisione, e che, nel caso in cui lo Stato membro non sia stato posto in condizioni di commentare tali osservazioni, la Commissione non possa tenerne conto nella sua decisione contro tale Stato. Ciononostante, perché una siffatta violazione dei diritti della difesa comporti un annullamento, occorre che, in mancanza di tale irregolarità, il procedimento potesse condurre ad un risultato differente (sentenze della Corte Francia/Commissione, citata nel precedente punto 114, punti 12 e 13, e 14 febbraio 1990, causa C‑301/87, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑307, punti 30 e 31).

116    Nel caso di specie, basti constatare che la Commissione non è assolutamente accusata di aver basato la decisione impugnata sulle osservazioni di terzi interessati in merito alle quali la Repubblica italiana non abbia potuto esporre la propria posizione. In conformità alle prescrizioni di cui all’art. 88, n. 2, CE ed all’art. 6, n. 2, del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88 CE] (GU L 83, pag. 1), la Repubblica italiana è stata posta in grado di presentare le sue osservazioni sulla decisione di apertura del procedimento e le osservazioni formulate in tale contesto dagli interessati le sono state comunicate provocando, da parte sua, la reazione formulata con la lettera del 22 dicembre 2006 (punto 6 della decisione impugnata).

117    È importante sottolineare che, nelle sue osservazioni depositate presso la Commissione nel corso del procedimento di indagine formale, la Repubblica italiana ha dichiarato che né l’accordo tariffario originario – legittimo indennizzo della Terni a fronte dell’espropriazione dei suoi beni – né le sue ulteriori proroghe avrebbero costituito aiuti di Stato. A sostegno di tale tesi, essa cita una serie di sentenze della Corte ai sensi delle quali alcune forme di indennizzo concesse ad imprese non avrebbero natura di aiuto, in particolare in caso di danni e di servizi di interesse economico generale (punto 58 della decisione impugnata).

118    Il punto 59 della decisione impugnata precisa parimenti quanto segue:

«Per quanto riguarda l’autorizzazione a titolo di aiuto di Stato della tariffa Terni, [la Repubblica italiana] sottolinea che la legge 9/1991, che dispone la prima proroga della tariffa, era stata debitamente notificata alla Commissione e da essa approvata. Le successive proroghe della tariffa, che sono concomitanti con le proroghe delle concessioni idroelettriche a favore di produttori idroelettrici, seguono la stessa logica, che non è mai stata contestata dalla Commissione. Pertanto, secondo [la Repubblica italiana], la tariffa Terni dovrebbe essere considerata come una misura esistente non avente natura di aiuto».

119    La Repubblica italiana, pertanto, ha chiaramente illustrato, durante il procedimento di indagine formale, la sua posizione in merito al carattere indennitario della misura controversa; ciò corrisponde al tenore del primo motivo di annullamento invocato in sede di ricorso. Ebbene, è proprio su questo punto che la Commissione si è pronunciata in via principale per concludere che la misura controversa costituiva un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

120    Poiché la Commissione ha giustamente ritenuto che la proroga della tariffa di favore concessa nel 2005 mediante la misura controversa non facesse parte integrante dell’indennizzo dovuto alla Terni per l’espropriazione da essa subita nel 1962, e ha concluso che la tariffa agevolata concessa alle società ex-Terni a partire dal 1° gennaio 2005 costituiva un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE (v. il precedente punto 97), la presunta violazione dei diritti della difesa non può avere comunque nessuna incidenza sulla validità della decisione impugnata.

121    Inoltre, la censura della Repubblica italiana travisa lo scopo del procedimento di indagine formale e discende da una lettura distorta della lettera della Commissione datata 20 febbraio 2007, contenente la richiesta di informazioni.

122    La Commissione ha ritenuto effettivamente necessario raccogliere informazioni riguardanti il valore contabile dei beni ceduti allo Stato al momento della nazionalizzazione. Tuttavia, non si trattava dell’unico oggetto della domanda di informazioni contenuta nella lettera del 20 febbraio 2007, che dev’essere collocata nel contesto del procedimento di indagine formale e dei suoi obiettivi, consistenti nel consentire agli interessati di esporre le proprie ragioni e alla Commissione di essere completamente illuminata sul complesso dei dati del problema prima di adottare la propria decisione (v., in tal senso, sentenza della Corte 20 marzo 1984, causa 84/82, Germania/Commissione, Racc. pag. 1451, punto 13).

123    Il procedimento di indagine formale non può avere una portata diversa da quella ora descritta, e segnatamente non quella di decidere irrevocabilmente, ancor prima dell’adozione della decisione definitiva, su determinati elementi del caso. Occorre ricordare, al riguardo, che non risulta da nessuna disposizione relativa agli aiuti di Stato né dalla giurisprudenza che la Commissione sia obbligata a sentire il beneficiario di risorse statali in merito alla valutazione in diritto che essa fa della misura controversa o che sia tenuta ad informare lo Stato membro interessato – e, a fortiori, il beneficiario dell’aiuto – della propria posizione prima di adottare la propria decisione, una volta che gli interessati e lo Stato membro sono stati posti in grado di presentare le loro osservazioni (sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑198/01, Technische Glaswerke Ilmenau/Commissione, Racc. pag. II‑2717, punto 198).

124    L’asserzione della Repubblica italiana relativa a un «ripensamento» della Commissione deriva da una lettura errata del contenuto della lettera del 20 febbraio 2007, da cui non risulta che l’istituzione abbia giudicato decisiva, al fine di risolvere il problema della qualificazione della proroga della tariffa Terni come aiuto di Stato, la dimostrazione del fatto che il valore (attualizzato) di tale compensazione fosse pari o inferiore al valore dei beni espropriati.

125    Ad ogni modo, la Commissione non ha mai dichiarato alla Repubblica italiana, né alle società ex-Terni, che essa avrebbe valutato il carattere adeguato ex post della tariffa Terni senza esaminare se la proroga di detta tariffa, prevista dalla misura controversa, potesse essere giustificata a titolo dell’indennizzo per l’esproprio subito dalla Terni nel 1962.

126    In secondo luogo, dopo aver sottolineato il carattere asseritamente contraddittorio del comportamento della Commissione, la Repubblica italiana ha sostenuto che, richiedendo lo studio in questione al fine di valutare l’eventuale esistenza di una compensazione eccessiva, la Commissione avrebbe fatto sorgere un legittimo affidamento in capo alle autorità italiane in merito al fatto che «le risultanze del lavoro sarebbero state in qualche [modo] valutate ai fini del decidere». Dichiarando comunque irrilevante lo studio, esprimendo per di più tale valutazione solo nella decisione impugnata e valutando il contenuto di detto studio solo ad abundantiam, la Commissione avrebbe violato il legittimo affidamento sorto in base alla richiesta di informazioni formulata nella lettera del 20 febbraio 2007.

127    Per quanto concerne la denuncia del carattere contraddittorio del comportamento della Commissione, essa rientra nell’argomento relativo alla censura riguardante una violazione del principio del contraddittorio e dei diritti della difesa della Repubblica italiana, che dev’essere respinto.

128    Per quanto riguarda l’affermazione di una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, la Commissione chiede che questa censura venga dichiarata irricevibile, lamentando una violazione dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura, il quale prevede che è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi non si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

129    È pacifico che la Repubblica italiana ha lamentato, per la prima volta in sede di replica, una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento basandosi sul contenuto della lettera del 20 febbraio 2007 contenente una richiesta di informazioni, elemento in effetti già invocato e discusso dalle parti in sede di ricorso e di controricorso.

130    Ne consegue che il motivo in questione dev’essere dichiarato irricevibile.

131    In ogni caso, sarebbe stato necessario giudicare detto motivo infondato. Da un lato, la lettera del 20 febbraio 2007 non contiene nessuna garanzia precisa da parte dell’amministrazione, presupposto richiesto per poter invocare validamente una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento (v., in tal senso, sentenza della Corte 22 giugno 2006, cause riunite C‑182/03 e C‑217/03, Belgio e Forum 187/Commissione, Racc. pag. I‑5479, punto 147, e sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, cause riunite da T‑346/99 a T‑348/99, Diputación Foral de Álava e a./Commissione, Racc. pag. II‑4259, punto 93) in merito alla circostanza che i risultati dei lavori richiesti in questa lettera sarebbero stati «in qualche [modo] valutati ai fini del decidere». Dall’altro, dette risultanze sono state effettivamente prese in considerazione ed esaminate dalla Commissione nella decisione impugnata, malgrado l’analisi sia stata svolta soltanto in via subordinata.

132    Alla luce di ciò, il motivo relativo alla violazione di forme sostanziali a causa di un’istruttoria insufficiente ed alla violazione del principio del contraddittorio dev’essere respinto, sottolineando che la denuncia di un’istruttoria insufficiente non costituisce una censura autonoma bensì rientra, in realtà, nell’argomento relativo alla violazione del menzionato principio.

133    Da tutte le considerazioni che precedono discende che il ricorso dev’essere integralmente respinto.

 Sulle spese

134    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Repubblica italiana è condannata alle spese.

Vilaras

Prek

Ciucă

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 1° luglio 2010.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.