Language of document : ECLI:EU:T:2019:893

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

19 dicembre 2019 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Domanda di marchio dell’Unione europea denominativo BIANCOFINO – Impedimento alla registrazione assoluto – Assenza di carattere distintivo – Articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001 – Obbligo di motivazione – Articolo 94 del regolamento 2017/1001»

Nella causa T‑54/19,

Nosio SpA, con sede a Mezzocorona (Italia), rappresentata da J. Graffer e A. Ottolini, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,

convenuto,

avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 22 novembre 2018 (procedimento R 2434/2017-1), concernente la domanda di registrazione del segno denominativo BIANCOFINO quale marchio dell’Unione europea,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto, al momento della deliberazione, da S. Papasavvas, facente funzione di presidente, D. Spielmann (relatore) e O. Spineanu-Matei, giudici,

cancelliere: E. Coulon

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 gennaio 2019,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 maggio 2019,

vista la designazione di un nuovo giudice per integrare la sezione in seguito all’impedimento di uno dei suoi membri,

visto che le parti non hanno presentato domanda di fissazione dell’udienza nel termine di tre settimane decorrenti dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento e avendo deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 16 febbraio 2017 la Nosio SpA, ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il segno denominativo BIANCOFINO.

3        I servizi per i quali è stata chiesta la registrazione appartengono, in particolare, alla classe 33 ai sensi dell’accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, in particolare, alla seguente descrizione: «vini; vini spumanti».

4        Con lettera del 29 marzo 2017, l’esaminatrice ha sollevato obiezioni alla registrazione del marchio richiesto, fondate su impedimenti alla registrazione assoluti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b), c) e k), del regolamento 207/2009 [attualmente articolo 7, paragrafo 1, lettere b), c) e k), del regolamento 2017/1001].

5        Il 29 maggio 2017, la ricorrente ha risposto a tali obiezioni, in sostanza, in primo luogo, sostenendo che il consumatore avrebbe inteso il marchio richiesto come un termine di fantasia e, in secondo luogo, contestando il carattere descrittivo di tale marchio.

6        Con decisione del 27 ottobre 2017, l’esaminatore ha respinto la domanda di registrazione del marchio richiesto per i prodotti e i servizi indicati al precedente punto 3, sul fondamento dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b), c), e k), del regolamento 2017/1001.

7        Il 15 novembre 2017 la ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001, avverso la decisione dell’esaminatore.

8        Con decisione del 22 novembre 2018 (in prosieguo: «la decisione impugnata»), la prima Commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso e confermato il rifiuto di registrazione del marchio richiesto, fondandosi esclusivamente sull’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, in quanto il segno richiesto era privo di carattere distintivo.

9        In primo luogo, la commissione di ricorso ha ritenuto che il pubblico di riferimento fosse composto da consumatori di vino italofoni ragionevolmente attenti e informati.  In secondo luogo, nel valutare il carattere distintivo del marchio richiesto, la commissione di ricorso ha osservato che nel marchio potevano essere facilmente individuati i termini italiani «bianco» e «fino». Per tale ragione, la commissione di ricorso ha, anzitutto, esaminato questi due termini considerati separatamente. A suo parere, il termine «bianco» in enologia designa un vino di colore paglierino ottenuto mediante fermentazione di uve chiare e il termine «fino», quanto ad esso, ha il significato di «raffinato, puro». La commissione di ricorso ha precisato, inoltre, che l’improprietà di linguaggio, risultante dal fatto che il termine italiano adatto a designare un vino raffinato o fine sia «fine» e non «fino», che poteva essere facilmente compreso in senso elogiativo, non era sufficiente a conferire a quest’ultimo termine un carattere distintivo. La commissione di ricorso ha poi precisato che i due termini in questione permanevano privi di carattere distintivo anche se abbinati, poiché il segno BIANCOFINO, nel suo complesso, in quanto composto da due termini privi di carattere distintivo, sarebbe stato inteso dal pubblico di riferimento come indicazione di un vino «bianco e fino», ed era pertanto inidoneo ad adempiere alla funzione essenziale di indicazione dell’origine commerciale dei prodotti di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, necessaria per la registrazione di un marchio dell’Unione europea. Infine, la commissione di ricorso ha dichiarato che la precedente decisione dell’EUIPO invocata dalla ricorrente non poteva rimettere in discussione dette conclusioni.

 Conclusioni delle parti

10      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

11      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

12      A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente deduce, in sostanza, due motivi, vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 e, il secondo, su un vizio di motivazione della decisione impugnata.

13      Il Tribunale ritiene opportuno esaminare anzitutto il secondo motivo.

 Sul secondo motivo, vertente su un difetto di motivazione della decisione impugnata

14      Nell’ambito del suo secondo motivo, la ricorrente sostiene che la conclusione della commissione di ricorso esposta al punto 27 della decisione impugnata, secondo la quale l’espressione «vino fino» sarà intesa dal pubblico di riferimento come sinonimo di «vino raffinato», non è debitamente motivata, in quanto priva di riscontro probatorio. La ricorrente deduce inoltre la contraddittorietà della decisione impugnata in quanto la commissione di ricorso, da un lato, nel medesimo punto della decisione impugnata, considera che sia improprio l’uso del termine «fino» in relazione al vino, e, dall’altro, al punto 29 della decisione impugnata, che il segno BIANCOFINO sia formato da due termini privi di carattere distintivo.

15      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

16      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 94, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001, le decisioni dell’EUIPO devono essere motivate. Secondo costante giurisprudenza, tale obbligo ha la stessa portata di quello sancito dall’articolo 296, secondo comma, TFUE e la motivazione prescritta da detto articolo deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’autore dell’atto. L’obbligo di motivazione delle decisioni dell’EUIPO persegue, infatti, il duplice obiettivo di consentire, da un lato, agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato al fine di tutelare i loro diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione europea di esercitare il proprio controllo sulla legittimità della decisione [sentenze del 21 ottobre 2004, KWS Saat/UAMI, C‑447/02 P, Racc., EU:C:2004:649, punti 64 e 65, e del 23 settembre 2015, Mechadyne International/UAMI (FlexValve), T‑588/14, non pubblicata, EU:T:2015:676, punto 57]. Tuttavia, le commissioni di ricorso non sono obbligate, nella motivazione delle decisioni che esse sono chiamate ad adottare, a prendere posizione su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere dinanzi ad esse. È sufficiente che esse espongano i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell’economia della decisione. [v. sentenza del 30 aprile 2014, Beyond Retro/UAMI – S&K Garments (BEYOND VINTAGE), T‑170/12, non pubblicata, EU:T:2014:238, punto 88 e giurisprudenza ivi citata].

17      In particolare, l’EUIPO, quando nega la registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea, deve, per motivare la sua decisione, indicare l’impedimento, assoluto o relativo, che osta a tale registrazione, nonché la disposizione da cui tale impedimento deriva ed esporre le circostanze di fatto che ha ammesso come provate e che, a suo parere, giustificano l’applicazione della disposizione fatta valere. Una motivazione di tal genere è, in linea di principio, sufficiente per soddisfare i requisiti menzionati al precedente punto 16 [v. sentenze del 26 marzo 2015, Royal County of Berkshire Polo Club/UAMI – Lifestyle Equities (Royal County of Berkshire POLO CLUB), T‑581/13, non pubblicata, EU:T:2015:192, punto 20 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 20 marzo 2019, Grammer/EUIPO, (Rappresentazione di una forma), T‑762/17, non pubblicata, EU:T:2019:171, punto 24 e giurisprudenza ivi citata].

18      Nella fattispecie, dai paragrafi da 19 a 29 della decisione impugnata risulta che la commissione di ricorso ha esaminato se, come argomentato dalla ricorrente, l’esaminatore fosse incorso in un errore di valutazione nel ritenere che il marchio richiesto fosse del tutto privo di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001.

19      A tal fine, la commissione di ricorso ha precisato che l’espressione «vino fino» sarebbe compresa dal pubblico di riferimento come sinonimo di «vino raffinato», vale a dire come indicazione elogiativa. Inoltre, da un lato, essa ha indicato il significato nella fattispecie dei termini «bianco» e «fino» e, dall’altro, ha constatato che, alla luce di tali significati e dei prodotti interessati, il pubblico di riferimento avrebbe percepito il marchio richiesto come un’indicazione elogiativa dei prodotti in questione, il che costituisce una spiegazione sufficientemente chiara del suo ragionamento, anche se tale motivazione non è suffragata da altri elementi di prova, come sostenuto dalla ricorrente.

20      La commissione di ricorso ha aggiunto, inoltre, che, anche se il termine appropriato in italiano per descrivere un vino fine o raffinato era «fine» e non «fino», tale improprietà di linguaggio non aveva conseguenze quanto alla determinazione del carattere distintivo del marchio richiesto. A tale riguardo, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la decisione impugnata non è contraddittoria. La commissione di ricorso ha preso, infatti, in considerazione tale improprietà di linguaggio, spiegando nel contempo le ragioni per le quali quest’ultima non aveva incidenza sul fatto che il termine «fino» è privo di carattere distintivo riguardo ai prodotti di cui trattasi.

21      Peraltro, dagli argomenti addotti dalla ricorrente nell’ambito del presente motivo, ma anche nel ricorso nel suo complesso, emerge che essa è stata in grado di comprendere le ragioni per le quali la commissione di ricorso ha ritenuto che il marchio richiesto fosse privo di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001.

22      Da tutto quel che precede consegue che la commissione di ricorso, conformemente all’articolo 94, paragrafo 1, prima frase, del regolamento 2017/1001, ha esposto in modo chiaro e inequivocabile i motivi essenziali per cui ha ritenuto che il marchio richiesto fosse privo di carattere distintivo.

23      Il presente motivo deve essere pertanto respinto.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dellarticolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001

24      Nell’ambito di tale motivo, la ricorrente sostiene, in sostanza, che, contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione di ricorso, il marchio oggetto della domanda possiede il carattere distintivo richiesto per la sua registrazione. La ricorrente fa, inoltre, osservare che, sebbene la commissione di ricorso, nella decisione impugnata, abbia respinto la sua domanda di registrazione sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, essa ha tuttavia seguito un ragionamento rientrante esclusivamente nell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del detto regolamento.

25      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

26      Si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, sono esclusi dalla registrazione i marchi privi di carattere distintivo.

27      Da una giurisprudenza costante risulta che il carattere distintivo di un marchio, ai sensi della suddetta disposizione, significa che tale marchio consente di identificare i prodotti e i servizi, per i quali si chiede la registrazione, come provenienti da una determinata impresa e quindi di distinguere tali prodotti e servizi da quelli di altre imprese [v. sentenza del 24 febbraio 2016, Coca-Cola/UAMI (Forma di una bottiglia contour senza scanalature), T‑411/14, EU:T:2016:94, punto 34 e giurisprudenza citata].

28      Di conseguenza, i segni privi di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 sono considerati inidonei a svolgere la funzione essenziale del marchio, ossia quella di identificare l’origine del prodotto o del servizio recante il marchio, al fine di consentire al consumatore che acquista tale prodotto o servizio di fare, al momento di un successivo acquisto, la stessa scelta qualora l’esperienza si riveli positiva o di fare un’altra scelta, qualora essa risulti negativa [v. sentenza del 28 giugno 2017, Colgate-Palmolive/EUIPO (AROMASENSATIONS), T‑479/16, non pubblicata, EU:T:2017:441, punto 16 e giurisprudenza citata].

29      Il carattere distintivo deve essere valutato, da un lato, con riferimento ai prodotti o ai servizi per cui è chiesta la registrazione e, dall’altro, con riferimento alla percezione che ne ha il pubblico di riferimento che è costituito dal consumatore di tali prodotti o servizi (v. sentenza del 24 febbraio 2016, Forma di una bottiglia contour senza scanalature, T‑411/14, EU:T:2016:94, punto 35 e giurisprudenza citata).

30      Un segno è inidoneo a svolgere la funzione essenziale del marchio, ed è pertanto privo di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, quando il nesso stabilito tra il suo contenuto semantico e i prodotti e i servizi di cui trattasi è sufficientemente concreto e diretto che tale segno consente, nella mente del pubblico di riferimento, un’identificazione immediata di tali prodotti e servizi [v., in tal senso, sentenze del 16 maggio 2013, Restoin/UAMI (EQUIPMENT), T‑356/11, non pubblicata, EU:T:2013:253, punto 42, e del 27 giugno 2013, International Engine Intellectual Property Company/UAMI (PURE POWER), T‑248/11, non pubblicata, EU:T:2013:333, punto 20 e giurisprudenza citata].

31      Peraltro, un minimo di carattere distintivo è sufficiente ad impedire l’applicazione dell’impedimento alla registrazione assoluto di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 [v. sentenza del 4 luglio 2018, Deluxe Entertainment Services Group/EUIPO (deluxe), T‑222/14 RENV, non pubblicata, EU:T:2018:402, punto 56 e giurisprudenza ivi citata].

32      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare se, come sostiene la ricorrente, la commissione di ricorso abbia violato l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 nel pervenire alla conclusione che il marchio richiesto è privo di carattere distintivo.

33      In primo luogo, occorre confermare le valutazioni della commissione di ricorso che compaiono ai punti da 22 a 24 della decisione impugnata, per di più non contestate dalla ricorrente, secondo le quali il pubblico di riferimento include, nella fattispecie, i consumatori di vini, vale a dire prodotti destinati ad una cerchia molto ampia di consumatori. Poiché il marchio richiesto è composto da termini provenienti dalla lingua italiana, il consumatore da prendere in considerazione è il consumatore di vini italofono, ragionevolmente attento e informato.

34      A tale riguardo, la commissione di ricorso ha correttamente ricordato che, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, il paragrafo 1 dello stesso articolo è applicabile anche se i motivi di rifiuto esistono solo per una parte dell’Unione.

35      In secondo luogo, per quanto riguarda il significato del marchio richiesto, la ricorrente, da un lato, ritiene che la commissione di ricorso sia incorsa in un errore di valutazione nel considerare che il segno denominativo BIANCOFINO costituisse una mera indicazione descrittiva dei prodotti in questione. Dall’altro lato, essa contesta alla commissione di ricorso di non aver esaminato il segno richiesto nel suo complesso e di essersi limitata ad affermare che esso era composto da due termini privi di carattere distintivo, mentre, a suo avviso, l’unione di tali termini costituisce un’espressione di fantasia. In particolare, la ricorrente non contesta il significato del termine «bianco» preso in considerazione dalla commissione di ricorso, ma si concentra sul significato del termine «fino».

36      È pertanto necessario esaminare se, attraverso il marchio BIANCOFINO, l’origine dei prodotti che esso designa sia identificata dal consumatore, permettendogli di distinguere, senza possibilità di confusione, tra detti prodotti e quelli aventi altra origine. Infatti, allorché, nel settore interessato dal marchio, il pubblico di riferimento percepisce un segno nel senso che fornisce informazioni sulla natura dei prodotti o dei servizi da esso designati e non nel senso che indica l’origine dei prodotti o dei servizi in questione, il marchio non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 [v., in tal senso, sentenza del 29 aprile 2010, Kerma/UAMI (BIOPIETRA), T‑586/08, non pubblicata, EU:T:2010:171, punto 22 e giurisprudenza ivi citata].

37      A tal riguardo, secondo una giurisprudenza costante, per valutare se un marchio sia o meno privo di carattere distintivo, occorre prendere in considerazione l’impressione complessiva che esso suscita. Ciò non può tuttavia implicare che non si debba procedere, in un primo momento, ad un esame in successione dei vari elementi di presentazione utilizzati per tale marchio. Infatti, nel corso della valutazione complessiva, può essere utile esaminare ciascuno degli elementi costitutivi del marchio considerato (v. sentenza del 4 ottobre 2007, Henkel/UAMI, C‑144/06 P, EU:C:2007:577, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

38      Nella fattispecie, è pacifico che il segno BIANCOFINO si scompone facilmente e risulta dalla giustapposizione di due termini comuni in lingua italiana, «bianco» e «fino».

39      Come osserva la commissione di ricorso al punto 25 della decisione impugnata, senza che la ricorrente lo contesti, il termine «bianco» è un aggettivo che, in enologia, si riferisce ad un vino di colore paglierino ottenuto dalla fermentazione di uve chiare. Ne consegue che, per quanto riguarda i prodotti di cui trattasi, il termine «bianco» fornisce indicazioni relative alla natura stessa dei prodotti e deve essere considerato privo di carattere distintivo.

40      Per quanto riguarda il termine «fino», la ricorrente non contesta il significato che la commissione di ricorso mutua dal vocabolario italiano Treccani, ossia «raffinato, puro», ma precisa che si tratta di uno dei molteplici significati di tale termine, che non viene utilizzato in enologia. La ricorrente aggiunge che il termine «fino» non compare nel glossario del vino italiano o nella legislazione italiana sul vino, e che il termine esatto per definire un vino elegante nei profumi e armonico nel gusto è «fine».

41      Va osservato che il fatto che il marchio richiesto o le parole che lo compongono possano avere altri significati non osta all’applicazione dell’impedimento alla registrazione assoluto di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001. Secondo una giurisprudenza costante, infatti, un segno denominativo deve essere escluso dalla registrazione, in applicazione della suddetta disposizione, qualora designi, in almeno uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o servizi interessati [v. sentenza del 23 gennaio 2014, Novartis/UAMI (CARE TO CARE), T‑68/13, non pubblicata, EU:T:2014:29, punto 41 e giurisprudenza ivi citata].

42      Nel caso di specie, il termine «fino» è definito, nella versione online del vocabolario Treccani, come variante del termine «fine» ed ha un’ampia gamma di significati, tra cui quello che, come giustamente precisato dalla commissione di ricorso, copre l’indicazione di «raffinato». Di conseguenza, il segno richiesto, per la presenza del termine «fino», sarà percepito dal pubblico di riferimento, in almeno uno dei suoi potenziali significati, come un riferimento alla qualità superiore o alla natura di alta gamma dei prodotti in questione e, di conseguenza, come indicazione della qualità di tali prodotti.

43      Occorre nondimeno esaminare se, oltre a detta percezione di un’indicazione di qualità, il segno richiesto possa comunque essere percepito come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti in questione, in particolare perché non si riduce a siffatta indicazione di qualità, ma possiede una certa originalità o ricchezza di significato, rende necessario un minimo di sforzo interpretativo o innesca un processo cognitivo presso il pubblico di riferimento [v., in tal senso, sentenza del 30 aprile 2015, Steinbeck/UAMI – Alfred Sternjakob (BE HAPPY), T‑707/13 e T‑709/13, non pubblicata, EU:T:2015:252, punto 24 e giurisprudenza ivi citata].

44      In proposito, è importante rilevare che il termine «fino» non contiene alcuna caratteristica intrinseca che permetta di considerare che esso, al di là della sua percezione come indicazione di qualità da parte del pubblico di riferimento, possa anche essere percepito da tale pubblico come un’indicazione dell’origine commerciale. Come sottolinea giustamente l’EUIPO, il solo fatto che nel settore enologico il termine «fine» sia più comune del termine «fino» non è sufficiente a far sì che il pubblico di riferimento non attribuisca a quest’ultimo nessun significato all’interno del segno BIANCOFINO.

45      Per quanto riguarda l’impressione generale del segno BIANCOFINO, la ricorrente sostiene che esso costituisce un abbinamento inusuale e di fantasia dotato di carattere distintivo, giacché il termine «fino» non viene utilizzato dal pubblico di riferimento per descrivere una caratteristica del vino.

46      A tale riguardo, va osservato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la combinazione «biancofino» non è insolita nella sua struttura, in quanto non si discosta dal linguaggio usuale. In effetti, come indicato ai punti 24 e 29 della decisione impugnata, il marchio richiesto rappresenta la semplice giustapposizione di due termini facilmente comprensibili, la quale non suscita un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta da ciascuno di detti termini e che vada quindi oltre la somma questi ultimi [v., in tal senso, sentenze del 12 giugno 2007, MacLean-Fogg/UAMI (LOKTHREAD), T‑339/05, non pubblicata, EU:T:2007:172, punto 52, e del 7 luglio 2011, Cree/UAMI (TRUEWHITE), T‑208/10, non pubblicata, EU:T:2011:340, punto 22].

47      Pertanto, come sottolinea la commissione di ricorso al punto 29 della decisione impugnata, il segno denominativo BIANCOFINO, nel suo complesso, sarà percepito dal pubblico di riferimento come un «vino bianco e fino» e quindi come inidoneo a soddisfare il requisito d’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti, di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001. Esiste, in effetti un nesso sufficientemente diretto e concreto, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 30, tra il contenuto semantico del marchio richiesto e i prodotti in questione. A tale riguardo, occorre rilevare che, poiché la decisione impugnata si fonda, a giusto titolo, sull’esistenza di un nesso siffatto ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, occorre respingere altresì l’affermazione della ricorrente, menzionata al precedente punto 24, secondo cui la decisione impugnata si fonda unicamente su un ragionamento concernente il carattere descrittivo del marchio richiesto ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), di tale regolamento.

48      Tali conclusioni non sono rimesse in discussione dall’argomento della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso non ha tenuto conto delle precedenti decisioni dell’EUIPO, nelle quali non è stato rilevato alcun impedimento alla registrazione assoluto per i marchi NERO FINO, NEROFINO e GRIGIOFINO.

49      A tale riguardo, si deve rammentare che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’EUIPO è tenuto ad esercitare le sue competenze conformemente ai principi generali del diritto dell’Unione. Pur se, alla luce dei principi della parità di trattamento e di buona amministrazione, l’EUIPO deve prendere in considerazione le decisioni già adottate in merito a domande simili e chiedersi con particolare attenzione se occorra o meno decidere nello stesso senso, l’applicazione di tali principi deve tuttavia conciliarsi con il rispetto del principio di legalità. Inoltre, per ragioni di certezza del diritto e, segnatamente, di buona amministrazione, l’esame di ogni domanda di registrazione deve essere rigoroso e completo al fine di evitare che marchi siano registrati o annullati indebitamente. Pertanto siffatto esame deve essere eseguito in ogni caso concreto. Infatti, la registrazione come marchio di un segno dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso di specie, destinati a verificare se il segno di cui trattasi rientri in un impedimento alla registrazione (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punti da 73 a 77, e ordinanza del 26 maggio 2016, Hewlett Packard Development Company/EUIPO, C‑77/16 P, non pubblicata, EU:C:2016:373, punto 6).

50      Da un lato, spetta alle commissioni di ricorso, quando decidono di adottare una valutazione diversa da quella adottata in decisioni anteriori relative a domande simili dedotte dinanzi ad esse, motivare esplicitamente tale divergenza rispetto alle suddette decisioni [v. sentenza del 14 febbraio 2019, Bayer Intellectual Property/EUIPO (Rappresentazione di un cuore), T‑123/18, EU:T:2019:95, punto 35 e giurisprudenza ivi citata].

51      Dall’altro lato, dalla giurisprudenza citata al precedente punto 49 risulta che le decisioni relative alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea, che sono adottate dalle commissioni di ricorso in forza del regolamento 2017/1001, rientrano in una competenza vincolata e non in un potere discrezionale, cosicché la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso stesse deve essere valutata unicamente alla luce di detto regolamento, come interpretato dal giudice dell’Unione. Di conseguenza, le commissioni di ricorso non possono essere vincolate da decisioni anteriori dell’EUIPO (v. sentenza del 14 febbraio 2019, Rappresentazione di un cuore, T‑123/18, EU:T:2019:95, punto 36 e giurisprudenza ivi citata). Ciò è tanto più vero quando, come nel caso di specie, la ricorrente, tanto dinanzi alla commissione di ricorso quanto dinanzi al Tribunale, ha invocato solo decisioni con le quali gli esaminatori dell’EUIPO, e non le commissioni di ricorso, non hanno sollevato un impedimento alla registrazione assoluto relativamente a segni asseritamente simili al marchio richiesto. Secondo una giurisprudenza costante, infatti, le commissioni di ricorso non possono essere vincolate dalle decisioni di organi di grado inferiore dell’EUIPO [sentenze del 22 maggio 2014, NIIT Insurance Technologies/UAMI (EXACT), T‑228/13, non pubblicata, EU:T:2014:272, punto 48, e del 26 novembre 2015, Nürburgring/UAMI – Biedermann (Nordschleife), T‑181/14, non pubblicata, EU:T:2015:889, punto 44].

52      In ogni caso, nella presente fattispecie, la motivazione fornita dalla commissione di ricorso rende esplicite le ragioni per le quali non poteva essere adottata una soluzione analoga a quella adottata per il marchio NERO FINO. Nel pronunciarsi esplicitamente su tale marchio, la commissione di ricorso si è del pari pronunciata implicitamente sul marchio NEROFINO, che la ricorrente aveva invocato dinanzi ad essa, al pari del marchio NERO FINO. Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo al marchio GRIGIOFINO, esso deve essere respinto in quanto inconferente, giacché la decisione dell’esaminatore relativa a tale marchio non è stata invocata dinanzi alla commissione di ricorso e non è menzionata nella decisione impugnata.

53      Si deve pertanto respingere il presente motivo.

54      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve constatare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, da un lato, la decisione impugnata rispetta l’obbligo di motivazione e, dall’altro, la commissione di ricorso ha ritenuto a buon diritto che il marchio richiesto incorresse nell’impedimento alla registrazione vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, e, di conseguenza, si deve respingere il ricorso nella sua integralità.

 Sulle spese

55      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese del procedimento dinanzi al Tribunale, conformemente alla domanda dell’EUIPO.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Nosio SpA è condannata alle spese.

Papasavvas

Spielmann

Spineanu-Matei

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 dicembre 2019.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

      R. da Silva Passos


*      Lingua processuale: l’italiano.