Language of document : ECLI:EU:T:2019:618

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

19 settembre 2019 (*)

«Prodotti fitosanitari – Sostanza attiva diflubenzurone – Riesame dell’approvazione – Articolo 21 del regolamento (CE) n. 1107/2009 – Diritti della difesa – Eccesso di potere – Errore manifesto di valutazione – Procedura di rinnovo dell’approvazione – Articolo 14 del regolamento n. 1107/2009 – Imposizione, nell’ambito della procedura di riesame, di ulteriori restrizioni che limitano l’uso della sostanza attiva in questione senza attendere l’esito della procedura di rinnovo – Proporzionalità»

Nella causa T‑476/17,

Arysta LifeScience Netherlands BV, con sede in Amsterdam (Paesi Bassi), rappresentata da C. Mereu e M. Grunchard, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da A. Lewis, I. Naglis e G. Koleva, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) 2017/855 della Commissione, del 18 maggio 2017, che modifica il regolamento di esecuzione (UE) n. 540/2011 per quanto riguarda le condizioni di approvazione della sostanza attiva diflubenzurone (GU 2017, L 128, pag. 10),

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, L. Calvo-Sotelo Ibáñez-Martín e I. Reine (relatore), giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 febbraio 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Direttiva 91/414/CEE

1        La direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (GU 1991, L 230, pag. 1), stabilisce il regime dell’Unione europea applicabile all’autorizzazione all’immissione in commercio di tali prodotti. Essa contiene disposizioni applicabili ai prodotti fitosanitari e alle sostanze attive in essi contenute.

2        Ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 91/414, che disciplina la concessione, la revisione e il ritiro di autorizzazione di prodotti fitosanitari, un prodotto fitosanitario, per poter essere autorizzato, deve soddisfare talune condizioni. In particolare, un siffatto prodotto è autorizzato se le sue sostanze attive figurano nell’allegato I di tale direttiva e sono soddisfatte le condizioni stabilite nel suddetto allegato. Gli articoli 5 e 6 della direttiva 91/414 stabiliscono le modalità d’iscrizione di una sostanza attiva nell’allegato I.

3        La direttiva 91/414 è stata abrogata dal regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive 79/117/CEE e 91/414/CEE (GU 2009, L 309, pag. 1), con effetto dal 14 giugno 2011.

4        Ai sensi delle misure transitorie previste dall’articolo 80, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1107/2009, la direttiva 91/414 continuava ad applicarsi, per quanto riguarda la procedura e le condizioni di approvazione, alle sostanze attive per le quali era stata adottata una decisione conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, della summenzionata direttiva prima del 14 giugno 2011.

 Regolamento (CE) n. 1490/2002

5        Il regolamento (CE) n. 1490/2002 della Commissione, del 14 agosto 2002, che stabilisce le modalità attuative della terza fase del programma di lavoro di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414 e che modifica il regolamento (CE) n. 451/2000 (GU 2002, L 224, pag. 23), riguarda la valutazione continua delle sostanze attive.

6        Gli articoli da 10 a 13 del regolamento n. 1490/2002 stabiliscono la procedura per la valutazione delle sostanze attive. A tale riguardo, lo Stato membro relatore designato per ciascuna sostanza effettua una valutazione e presenta una relazione in cui raccomanda alla Commissione europea di iscrivere la sostanza attiva nell’allegato I della direttiva 91/414 o di non iscriverla. Detto Stato membro invia un progetto di relazione di valutazione all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Dopo aver ricevuto il progetto di relazione di valutazione presentato dallo Stato membro relatore, l’EFSA lo trasmette agli Stati membri. L’EFSA valuta tale progetto e comunica alla Commissione un parere circa la possibile conformità della sostanza attiva ai requisiti di sicurezza della direttiva 91/414. Dopo aver ricevuto tale parere, la Commissione sottopone un progetto di rapporto di riesame al comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito ai sensi dell’articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’EFSA e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU 2002, L 31, pag. 1).

7        L’articolo 11 ter del regolamento n. 1490/2002 stabilisce la procedura di valutazione per le sostanze attive manifestamente prive di effetti nocivi.

 Regolamento n. 1107/2009

8        Conformemente al suo considerando 3, il regolamento n. 1107/2009 ha abrogato e sostituito la direttiva 91/414, con effetto a decorrere dal 14 giugno 2011, alla luce dell’esperienza acquisita nell’ambito dell’applicazione di tale direttiva e visti i recenti sviluppi scientifici e tecnici.

9        Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 3, il regolamento n. 1107/2009 intende assicurare un elevato livello di protezione della salute umana, della salute animale e dell’ambiente e migliorare il funzionamento del mercato interno attraverso l’armonizzazione delle norme relative all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, stimolando nel contempo la produzione agricola.

10      L’articolo 4 di tale regolamento prevede criteri di approvazione delle sostanze attive dei prodotti fitosanitari.

11      Conformemente all’articolo 5 del regolamento n. 1107/2009, la prima approvazione è concessa per un periodo non superiore a dieci anni.

12      Gli articoli da 7 a 13 del regolamento n. 1107/2009 stabiliscono la procedura di approvazione delle sostanze attive. Innanzitutto, la domanda di approvazione di una sostanza attiva o di modifica delle condizioni di approvazione di una sostanza attiva è presentata dal fabbricante della sostanza attiva ad uno Stato membro, denominato «Stato membro relatore». Occorre dimostrare che la sostanza attiva soddisfi i criteri di approvazione previsti dall’articolo 4 (articolo 7). Successivamente, lo Stato membro relatore prepara e presenta alla Commissione, con copia all’EFSA, un rapporto, denominato «progetto di rapporto di valutazione», in cui si valuta se sia prevedibile che la sostanza attiva rispetti i criteri di approvazione previsti all’articolo 4 (articolo 11). Dopo aver ricevuto il progetto di rapporto di valutazione presentato dallo Stato membro relatore, l’EFSA lo trasmette al richiedente e agli altri Stati membri. A decorrere dalla scadenza del termine per la presentazione di osservazioni scritte, l’EFSA, alla luce delle conoscenze scientifiche e tecniche attuali e utilizzando i documenti d’orientamento disponibili al momento della domanda, adotta conclusioni in cui precisa se sia prevedibile che la sostanza attiva soddisfi i criteri di approvazione previsti all’articolo 4. Essa comunica le proprie conclusioni al richiedente, agli Stati membri e alla Commissione e le mette a disposizione del pubblico (articolo 12). Infine, a seguito del ricevimento delle conclusioni dell’EFSA, la Commissione presenta una relazione, denominata «relazione di esame», e un progetto di regolamento al comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, prendendo in considerazione il progetto di rapporto di valutazione dello Stato membro relatore e le conclusioni dell’EFSA. Il richiedente ha facoltà di presentare osservazioni sulla relazione di esame (articolo 13).

13      Gli articoli da 14 a 20 del regolamento n. 1107/2009 vertono sul rinnovo dell’approvazione delle sostanze attive. L’approvazione di una sostanza attiva è rinnovata su domanda presentata dal fabbricante della stessa ad uno Stato membro non più tardi di tre anni prima della scadenza dell’approvazione, qualora sia accertato che i criteri di approvazione previsti all’articolo 4 dello stesso regolamento (articolo 14, paragrafo 1, e articolo 15, paragrafo 1) sono soddisfatti. Nella domanda di rinnovo, il richiedente indica i nuovi dati che intende presentare e dimostra che sono necessari perché al momento dell’ultima approvazione della sostanza attiva sono stati introdotti nuovi criteri o requisiti relativi ai dati oppure perché la sua domanda è volta ad ottenere un’approvazione modificata (articolo 15, paragrafo 2). Nello stesso tempo il richiedente presenta un calendario degli eventuali nuovi studi e di quelli già in corso (articolo 15, paragrafo 2). Un regolamento, adottato secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 79, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009, dispone che l’approvazione di una sostanza attiva è rinnovata, eventualmente a determinate condizioni e con certe restrizioni, oppure l’approvazione di una sostanza attiva non è rinnovata (articolo 20, paragrafo 1).

14      L’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009 riguarda il riesame dell’approvazione di una sostanza attiva. Ai sensi di tale articolo, la Commissione può riesaminare l’approvazione di una sostanza attiva in qualunque momento. Essa tiene conto della richiesta di uno Stato membro di riesaminare, alla luce delle nuove conoscenze scientifiche e tecniche e dei dati di monitoraggio, l’approvazione di una sostanza attiva. Se la Commissione ha motivo di ritenere, alla luce di nuove conoscenze scientifiche e tecniche, che la sostanza non soddisfi più i criteri di approvazione previsti all’articolo 4 o che non siano state fornite le ulteriori informazioni richieste, essa ne informa gli Stati membri, l’EFSA e il fabbricante della sostanza attiva e fissa a quest’ultimo un termine per la presentazione di osservazioni. Nell’ambito di tale procedura di riesame, la Commissione può chiedere agli Stati membri e all’EFSA di emettere un parere e l’EFSA ha l’obbligo di fornire il suo parere o i risultati del suo lavoro. Se la Commissione conclude che una sostanza attiva non soddisfa più i criteri di approvazione previsti dall’articolo 4, è adottato un regolamento per revocare o modificare l’approvazione, secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 79, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009.

 Fatti

15      La ricorrente, Arysta LifeScience Netherlands BV, è una società che sviluppa, produce e vende prodotti chimici nel settore agrochimico e dei prodotti della chimica fine. Essa ha notificato, in vigenza della direttiva 91/414, la sostanza attiva diflubenzurone, un insetticida utilizzato per il trattamento delle colture di pomacee, di agrumi, di cotone, di funghi e di piante ornamentali, nonché nella silvicoltura e nei programmi di lotta contro le larve di zanzara e le popolazioni di bombice dispari.

 Procedura di approvazione del diflubenzurone

16      Mediante la direttiva 2008/69/CE, del 1o luglio 2008, che modifica la direttiva 91/414 con l’iscrizione delle sostanze attive clofentezina, dicamba, difenoconazolo, diflubenzurone, imazaquin, lenacil, ossadiazone, picloram e piriprossifen (GU 2008, L 172, pag. 9), la Commissione ha iscritto la sostanza attiva diflubenzurone nell’allegato I della direttiva 91/414, in conformità alla procedura di valutazione prevista dall’articolo 11 ter del regolamento n. 1490/2002. Ai sensi dell’allegato della direttiva 2008/69, l’approvazione del diflubenzurone era valida fino al 31 dicembre 2018.

17      Il considerando 5 della direttiva 2008/69 così recita:

«Dai vari esami effettuati è emerso che i prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive di cui all’allegato della presente direttiva soddisfano, in genere, i requisiti di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva [91/414], in particolare riguardo agli usi descritti e analizzati nella relazione di riesame della Commissione. È dunque opportuno includere nell’allegato I di tale direttiva le sostanze attive di cui all’allegato della presente direttiva, per garantire che tutti gli Stati membri autorizzino secondo le norme di tale direttiva i prodotti fitosanitari contenenti queste sostanze attive».

18      Il 22 giugno 2010, la Commissione ha adottato la direttiva 2010/39/UE, che modifica l’allegato I della direttiva 91/414 per quanto riguarda le disposizioni specifiche relative alle sostanze attive clofentezina, diflubenzurone, lenacil, ossadiazone, picloram e piriprossifen (GU 2010, L 156, pag. 7). Da tale direttiva emerge che, il 16 luglio 2009, l’EFSA ha presentato alla Commissione le conclusioni sulla revisione inter pares per il diflubenzurone, conformemente all’articolo 12 bis del regolamento n. 1490/2002. Dette conclusioni sono state riesaminate dagli Stati membri e dalla Commissione nell’ambito del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali e adottate l’11 maggio 2010 come relazioni di esame della Commissione, segnatamente, sul diflubenzurone. In base a tali conclusioni, i prodotti contenenti diflubenzurone possono considerarsi rispondenti, in linea generale, alle prescrizioni di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 91/414.

19      Tuttavia, secondo il considerando 5 della direttiva 2010/39, era opportuno ottenere informazioni supplementari su taluni punti specifici riguardanti in particolare il diflubenzurone. Secondo il considerando 6 di tale direttiva, era opportuno richiedere al notificante, ossia la ricorrente, di presentare alcuni dati, definiti «di conferma», relativi al potenziale di rilevanza tossicologica delle impurità e del metabolita 4‑cloroanilina (in prosieguo: il «PCA»).

20      La ricorrente ha presentato tali dati nel giugno 2011. Detti dati sono stati valutati dallo Stato membro relatore, nella specie il Regno di Svezia, sotto forma di un progetto di rapporto di valutazione. Il 20 dicembre 2011, lo Stato membro relatore ha trasmesso tale progetto alla ricorrente, agli altri Stati membri e all’EFSA per osservazioni.

21      Dopo aver esaminato le osservazioni ricevute, la Commissione ha consultato l’EFSA, richiedendole di fornire le sue conclusioni sul rischio che comportava per i consumatori, i residenti o gli astanti e i lavoratori l’esposizione al metabolita in caso di ingestione di diflubenzurone o di esposizione a quest’ultimo. Date le proprietà genotossiche del PCA, individuate sulla base delle informazioni di conferma, considerate le sue proprietà cancerogene e vista l’assenza di una soglia di esposizione accettabile, l’EFSA ha individuato, per la prima volta, un motivo di preoccupazione relativo alla potenziale esposizione al PCA quale residuo. Tali conclusioni sono state pubblicate nell’EFSA Journal [(2012); 10 (9): 2870] il 7 settembre 2012.

22      Il 16 luglio 2013, il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali ha presentato una relazione di esame riveduta sul diflubenzurone.

 Procedura di riesame del diflubenzurone

23      Il 18 luglio 2013, la Commissione ha informato formalmente la ricorrente del fatto che l’approvazione del diflubenzurone era oggetto di un riesame ai sensi dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009. La Commissione ha ritenuto che, alla luce delle nuove conoscenze scientifiche e tecniche, vi fossero indicazioni del fatto che l’approvazione della sostanza attiva diflubenzurone non soddisfacesse più i criteri di approvazione previsti all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009 riguardo al suo potenziale effetto nocivo sulla salute umana attraverso la potenziale esposizione al PCA quale residuo. Essa ha invitato la ricorrente a presentare informazioni per quanto riguarda la potenziale esposizione al PCA quale residuo e, qualora tale esposizione fosse confermata, l’esame del potenziale di rilevanza tossicologica.

24      Il 14 gennaio 2014, la ricorrente ha fornito tali informazioni allo Stato membro relatore per il diflubenzurone, ossia il Regno di Svezia. Il 23 luglio 2014, lo Stato membro relatore ha presentato un progetto di rapporto che valutava i dati aggiornati, in cui ha concluso che la potenziale esposizione al PCA dei consumatori, dei lavoratori e degli astanti o dei residenti, nel contesto dell’uso rappresentativo del diflubenzurone nelle pomacee non presentava rischi (in prosieguo: il «progetto di rapporto del luglio 2014»). Tuttavia, lo Stato membro relatore ha ritenuto auspicabile migliorare la sensibilità dei metodi analitici nei prodotti di origine animale, più in particolare nel latte e nei prodotti derivati da bovini, al fine di analizzare i residui del PCA a bassa concentrazione. Il 23 luglio 2014, lo Stato membro relatore ha presentato agli altri Stati membri, alla Commissione e all’EFSA la propria valutazione sotto forma di addendum al progetto di rapporto di valutazione. Anche la ricorrente ha avuto modo di presentare osservazioni sul progetto di rapporto del luglio 2014.

25      Dopo il periodo concesso per presentare osservazioni, lo Stato membro relatore ha integrato il progetto di rapporto del luglio 2014 con due addenda. Nel primo addendum, emanato nel novembre 2014 (in prosieguo: l’«addendum del novembre 2014») lo Stato membro relatore ha ritenuto, in sostanza, che la potenziale esposizione dei lavoratori e degli astanti o dei residenti al PCA nel contesto dell’uso rappresentativo del diflubenzurone nelle pomacee non comportasse alcun rischio. Per contro, per quanto riguarda i consumatori, lo Stato membro relatore ha concluso di «non essere in grado di valutare con sufficiente precisione il rischio», segnatamente poiché non esistevano metodi validi per misurare i residui di PCA nei ruminanti, in particolare nelle capre.

26      Dopo aver esaminato le osservazioni ricevute nel corso del periodo concesso per presentare osservazioni, la Commissione ha consultato l’EFSA sui dati forniti dalla ricorrente nonché sulla valutazione di tali dati da parte dello Stato membro relatore, avente ad oggetto la potenziale esposizione al PCA (4‑cloroanilina, impurità e metabolita del diflubenzurone) quale residuo e l’esame del potenziale di rilevanza tossicologica. La Commissione ha chiesto all’EFSA di presentare le sue conclusioni entro una data limite fissata al 28 agosto 2015.

27      Nel secondo addendum, emanato nel luglio 2015, in seguito a due riunioni di maggio e di giugno 2015 (in prosieguo: l’«addendum del luglio 2015»), lo Stato membro relatore ha rilevato che «non [era] possibile concludere che l’esposizione stimata al PCA non [sollevasse] preoccupazioni relativamente ai consumatori». Tale Stato membro ha ritenuto che, prima di trarre conclusioni sulla sicurezza dei consumatori, fosse necessario esaminare i residui del PCA nei ruminanti mediante un modello di studio adeguato, conformemente alle linee guida vigenti. Secondo la conclusione finale dello Stato membro relatore, «l’esposizione al PCA dovrebbe essere considerata potenzialmente pericolosa, data l’impossibilità di definire una soglia di sostanza cancerogena genotossica».

28      Il 19 agosto 2015, la ricorrente ha presentato una documentazione scientifica all’EFSA. Con lettera del 24 agosto 2015, l’EFSA ha informato la ricorrente che non era previsto che il notificante, vale a dire, nel caso di specie, la ricorrente, fornisse ulteriori osservazioni nel corso della procedura di cui trattasi nei suoi confronti. Inoltre, l’EFSA, nella stessa lettera, ha portato all’attenzione della ricorrente il fatto che la Commissione l’avrebbe invitata a presentare osservazioni sul parere dell’EFSA in una fase successiva della procedura.

29      Nelle sue conclusioni del 27 agosto 2015, rese pubbliche l’11 dicembre 2015, l’EFSA ha ritenuto che «la potenziale esposizione al PCA come residuo (vale a dire o per i consumatori, o per i lavoratori e gli astanti o i residenti) [doveva] essere considerata potenzialmente pericolosa, data l’impossibilità di definire una soglia ipotetica di sostanza cancerogena genotossica» (in prosieguo: le «conclusioni dell’EFSA del 2015»). Nello stesso documento si è affermato, inoltre, quanto segue:

«[U]na questione è considerata come un settore critico anche qualora la valutazione a un livello più elevato non abbia potuto essere conclusa a causa della mancanza di informazioni e qualora la valutazione effettuata al livello più basso non consenta di concludere che, per almeno uno degli impieghi rappresentativi, si può prevedere che il prodotto fitosanitario contenente la sostanza attiva non abbia alcun effetto nocivo sulla salute umana o degli animali o sulle acque sotterranee né alcun impatto inaccettabile sull’ambiente».

30      Il 9 settembre 2015, la Commissione ha invitato la ricorrente a presentare le sue osservazioni in merito alle conclusioni dell’EFSA del 2015 entro il 7 ottobre 2015. La ricorrente ha risposto entro tale termine.

31      Il 9 ottobre 2015, la ricorrente ha chiesto alla Commissione di invitare l’EFSA a esaminare le sue osservazioni e i dati presentati il 20 agosto e il 7 ottobre 2015 e a confermarle che la conclusione dell’EFSA non sarebbe diventata definitiva finché non fossero state esaminate le suddette osservazioni. La Commissione ha respinto tale richiesta il 21 ottobre 2015, affermando che la ricorrente aveva avuto la facoltà di presentare osservazioni in modo sufficiente e che queste ultime erano state prese in considerazione nell’ambito dell’esame effettuato dall’EFSA, nonché dalla Commissione e dagli Stati membri. La Commissione ha altresì precisato che, secondo la procedura ordinaria relativa alla presentazione delle osservazioni nell’ambito della procedura di riesame dell’approvazione di una sostanza attiva, la ricorrente poteva presentare osservazioni solo sulla valutazione effettuata dallo Stato membro relatore.

32      Il 20 settembre 2016, la Commissione ha trasmesso il progetto di relazione di riesame alla ricorrente e l’ha invitata a presentare le sue osservazioni; quest’ultima ha proceduto in tal senso con il suo messaggio di posta elettronica del 29 settembre 2016. Nel suo progetto di relazione di riesame, la Commissione ha proposto di mantenere l’approvazione del diflubenzurone, ma di limitarne l’uso alle sole colture non commestibili (in prosieguo: il «progetto di relazione di riesame»). La ricorrente ha espresso il proprio disaccordo con tale limitazione e ha raccomandato di attendere o di mantenere l’approvazione in corso fino al completamento del riesame completo del diflubenzurone nell’ambito della procedura di rinnovo, che essa ha avviato in una data non precisata prima del dicembre 2015. Essa ha altresì informato la Commissione del fatto che un nuovo studio che precisasse la genotossicità del PCA sarebbe stato presto disponibile e trasmesso allo Stato membro relatore della procedura di rinnovo del diflubenzurone.

33      L’11 novembre 2016, la ricorrente ha inviato un messaggio di posta elettronica alla Commissione criticando il suo approccio di valutazione della genotossicità e della cancerogenicità adottata dall’EFSA. La ricorrente ha evidenziato i problemi individuati dall’European Crop Protection Association (ECPA) in merito a tale valutazione e ha fatto riferimento all’intenzione della Commissione di dare un nuovo mandato all’EFSA per riesaminare il suo approccio di valutazione della genotossicità e della cancerogenicità delle sostanze attive, delle impurità e dei metaboliti.

34      L’8 dicembre 2016, la Commissione ha risposto ai messaggi di posta elettronica della ricorrente del 29 settembre e dell’11 novembre 2016. In particolare, essa ha informato la ricorrente del fatto che le sue osservazioni sul progetto di relazione di riesame erano state comunicate a tutti gli Stati membri e che i suoi servizi avevano analizzato tali osservazioni in dettaglio. La Commissione ha poi risposto alle principali questioni sollevate dalla ricorrente.

35      L’8 marzo 2017, la ricorrente ha inviato un messaggio di posta elettronica alla Commissione per informarla del completamento dello studio di tossicità del PCA su roditori transgenici, denominato «Test di mutazione in vivo al locus cII su ratti transgenici F344 Big Blue® e analisi micronucleica del sangue periferico», datato 28 febbraio 2017 (in prosieguo: lo «studio RTG»), e della sua trasmissione allo Stato membro relatore nell’ambito della procedura di rinnovo del diflubenzurone, includendo in allegato a tale messaggio una sintesi di tale studio. La ricorrente ha in particolare affermato che i risultati dello studio RTG avevano confermato che il PCA non agiva con la modalità di azione genotossica, il che avrebbe avuto come conseguenza che la conclusione dell’EFSA nell’ambito della procedura di riesame non sarebbe stata giustificata scientificamente. Nello stesso messaggio di posta elettronica, rendendosi conto del fatto che non era possibile esaminare lo studio RTG nell’ambito della procedura di riesame a causa della sua fase avanzata, la ricorrente ha chiesto alla Commissione di attendere il risultato dell’esame dell’insieme dei dati realizzato dallo Stato membro relatore nell’ambito della procedura di rinnovo prima di prendere una decisione sul diflubenzurone.

36      La Commissione ha risposto con messaggio di posta elettronica del 10 marzo 2017, facendo presente alla ricorrente che il riassunto dello studio RTG sarebbe stato comunicato a tutti gli Stati membri. Essa ha ritenuto, in particolare, che la trasmissione dei dati forniti dalla ricorrente nella procedura di rinnovo non dovesse ritardare il processo decisionale nell’ambito del riesame ai sensi dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009.

37      Il 20 marzo 2017, la ricorrente ha reiterato la propria richiesta di posticipare la discussione sul diflubenzurone fino al completamento dell’esame nell’ambito della procedura di rinnovo. La Commissione ha respinto tale richiesta il 3 maggio 2017. Più nello specifico, la Commissione ha precisato che era nell’interesse della sicurezza dei consumatori che essa aveva quindi deciso di agire e di non attendere una decisione sull’esame dello studio RTG nell’ambito della procedura di rinnovo.

38      Il 23 marzo 2017, il comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi ha fornito un parere favorevole sul progetto di relazione di riesame per il diflubenzurone.

39      Il 18 maggio 2017, la Commissione ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) 2017/855, del 18 maggio 2017, che modifica il regolamento di esecuzione (UE) n. 540/2011 per quanto riguarda le condizioni di approvazione della sostanza attiva diflubenzurone (GU 2017, L 128, pag. 10; in prosieguo: «il regolamento impugnato»). In tale regolamento, essa ha concluso che l’esposizione dei consumatori al PCA non può essere esclusa se non attraverso l’introduzione di ulteriori restrizioni e che l’allegato al regolamento di esecuzione (UE) n. 540/2011 della Commissione, del 25 maggio 2011, recante disposizioni di attuazione del regolamento n. 1107/2009, per quanto riguarda l’elenco delle sostanze attive approvate (GU 2011, L 153, pag. 1), doveva essere modificato di conseguenza per limitare l’uso del diflubenzurone alle colture non commestibili.

 Procedura di rinnovo del diflubenzurone

40      La ricorrente ha depositato, in una data non precisata antecedente al dicembre 2015, una domanda di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone prima della scadenza del dicembre 2015, ai sensi dell’articolo 15 del regolamento n. 1107/2009.

41      Lo Stato membro relatore designato per l’esame del rinnovo del diflubenzurone era la Grecia.

42      Il 29 luglio 2016, la Grecia ha dichiarato ricevibile il fascicolo del diflubenzurone, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione (UE) n. 844/2012 della Commissione, del 18 settembre 2012, che stabilisce le norme necessarie per l’attuazione della procedura di rinnovo dell’approvazione delle sostanze attive a norma del regolamento n. 1107/2009 (GU 2012, L 252, pag. 26). Tale fascicolo include lo studio RTG. La conclusione di tale studio è la seguente:

«I risultati dello studio [RTG] esaminati nel presente documento forniscono la prova affidabile e solida che il PCA non è una sostanza cancerogena genotossica e che la tumorigenicità risulta da una ematotossicità cronica con una CSENO [concentrazione senza effetto nocivo osservato] chiara (0,5 mg/kg di di peso corporeo/giorno). I dati relativi alla frequenza dei mutanti per quanto riguarda i Big Blue® forniti nella presente relazione dissipano anche eventuali preoccupazioni circa i risultati positivi precedentemente segnalati nei test di mutazione di cellule di salmonella e di mammiferi e dimostrano che le mutazioni sequenziali non svolgono alcun ruolo nella cancerogenicità del PCA o dell’anilina».

43      Dal verbale della riunione del 19 gennaio 2017 tra la ricorrente e le autorità greche emerge che queste ultime hanno confermato che il completamento del rapporto di valutazione del rinnovo era previsto per ottobre 2017. Successivamente, in una data non precisata, le autorità greche hanno comunicato alla Commissione che detto rapporto sarebbe stato disponibile nel gennaio 2018. Nella fase della redazione del controricorso, la Commissione ha ritenuto che il periodo di approvazione del diflubenzurone nell’ambito della procedura di rinnovo avrebbe dovuto essere prorogato di almeno sei mesi, vale a dire fino al 30 giugno 2019. Tuttavia, nella sua risposta ad un quesito posto dal Tribunale nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, la Commissione ha indicato che il suddetto progetto di rapporto era stato presentato dalla Grecia solo il 20 marzo 2018, cosicché l’approvazione della sostanza attiva diflubenzurone è stata prorogata fino al 31 dicembre 2019 per ragioni indipendenti dalla volontà della ricorrente, in conformità al regolamento di esecuzione (UE) 2018/1796 della Commissione, del 20 novembre 2018, che modifica il regolamento di esecuzione n. 540/2011 per quanto riguarda la proroga dei periodi di approvazione delle sostanze attive amidosulfuron, bifenox, clorpirifos, clorpirifos metile, clofentezina, dicamba, difenoconazolo, diflubenzurone, diflufenican, dimossistrobina, fenoxaprop-p, fenpropidin, lenacil, mancozeb, mecoprop-p, metiram, nicosulfuron, oxamil, picloram, pyraclostrobin, piriprossifen e tritosulfuron (GU 2018, L 294, pag. 15).

 Procedimento e conclusioni delle parti

44      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 luglio 2017, la ricorrente ha introdotto il presente ricorso.

45      Con separata istanza, depositata presso la cancelleria del Tribunale il 4 settembre 2017, la ricorrente ha presentato una domanda di provvedimenti provvisori diretta alla sospensione dell’esecuzione del regolamento impugnato.

46      Con ordinanza del 22 giugno 2018, Arysta LifeScience Netherlands/Commissione (T‑476/17 R, EU:T:2018:407), il presidente del Tribunale ha respinto la domanda di provvedimenti provvisori e ha riservato la decisione sulle spese.

47      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del suo regolamento di procedura, di porre quesiti alle parti. Le parti hanno risposto nel termine impartito.

48      Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle risposte ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 12 febbraio 2019.

49      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato;

–        condannare la Commissione alle spese.

50      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

51      A sostegno del suo ricorso la ricorrente deduce, in sostanza, quattro motivi, vertenti, il primo, su un errore manifesto di valutazione, il secondo, su un eccesso di potere, il terzo, su una violazione dei diritti della difesa e del principio di buona amministrazione e, il quarto, su una violazione del principio di proporzionalità.

 Sugli asseriti motivi nuovi

52      In udienza, la Commissione ha affermato che risultava che la ricorrente avesse dedotto in udienza due motivi nuovi, il primo vertente sul carattere insufficiente della base scientifica per poter avviare la procedura di riesame del diflubenzurone ai sensi dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009 e, il secondo, attinente alla violazione del principio di precauzione. Secondo la Commissione, tali motivi dovrebbero essere dichiarati irricevibili.

53      Invitata a rispondere a tali affermazioni della Commissione, da un lato, la ricorrente ha sostenuto di non aver contestato le ragioni che hanno indotto la Commissione ad avviare la procedura di riesame di cui trattasi, ma il modo in cui tale procedura era stata condotta. Dall’altro lato, per quanto riguarda il principio di precauzione, essa l’avrebbe invocato in risposta alla difesa della Commissione, senza sollevare un motivo distinto sulla violazione di tale principio.

54      Occorre parimenti constatare, come dimostra la presentazione orale del rappresentante della ricorrente in udienza, che le osservazioni della ricorrente sulla base scientifica per poter avviare la procedura di riesame del diflubenzurone conformemente all’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009 sono state fornite in risposta all’invito del Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, ad esprimersi, in udienza, sulla pertinenza, nel caso di specie, del ragionamento di cui ai punti da 88 a 90 della sentenza del 17 maggio 2018, BASF Agro e a./Commissione (T‑584/13, EU:T:2018:279).

55      Per quanto riguarda le osservazioni della ricorrente sul principio di precauzione, è giocoforza constatare che il rappresentante della ricorrente le ha formulate in udienza in risposta a due quesiti del Tribunale.

56      Risulta da quanto precede che gli argomenti sollevati dalla ricorrente in udienza sono argomenti a sostegno dei motivi preesistenti e sono quindi ricevibili.

57      Occorre esaminare innanzitutto il terzo motivo.

 Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e del principio di buona amministrazione

58      La ricorrente fa valere di non essere stata in grado di presentare utilmente ed efficacemente il suo punto di vista nel corso di tutta la procedura di riesame. A tal riguardo, la ricorrente afferma di aver avuto occasione di presentare osservazioni sul progetto di rapporto di valutazione del luglio 2014, nel quale lo Stato membro relatore per quanto riguarda il riesame del diflubenzurone (Svezia) aveva concluso che il PCA non presentava alcun rischio. Per contro, essa non avrebbe avuto occasione di presentare osservazioni dopo che tale Stato membro aveva modificato le sue conclusioni tratte negli addenda del novembre 2014 e del luglio 2015, considerando che non era possibile valutare sufficientemente il rischio per i consumatori (addendum del novembre 2014) e quindi concludere che l’esposizione stimata al PCA non sollevasse preoccupazioni per i consumatori (addendum del luglio 2015). Secondo la ricorrente, le conclusioni tratte negli addenda del novembre 2014 e del luglio 2015 riguardavano il periodo decisionale cruciale della procedura di riesame del diflubenzurone e sarebbe stato più difficile far modificare queste ultime in una procedura successiva.

59      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

60      Occorre ricordare che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e idoneo a sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione che dev’essere garantito anche in assenza di una normativa specifica riguardante il procedimento. Tale principio impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far conoscere utilmente il proprio punto di vista (v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2006, Dokter e a., C‑28/05, EU:C:2006:408, punto 74 e la giurisprudenza ivi citata).

61      Conformemente all’articolo 21, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 1107/2009, la Commissione deve, nel corso del riesame dell’approvazione di una sostanza attiva, accordare al fabbricante della sostanza un termine per presentare le sue osservazioni.

62      Nel caso di specie, nella procedura di riesame del diflubenzurone, la ricorrente ha potuto presentare le sue osservazioni quattro volte: in primo luogo, sulla lettera della Commissione del 18 luglio 2013, che la informava del riesame dell’approvazione del diflubenzurone in virtù dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009 (v. punti 23 e 24 supra), in secondo luogo, sul progetto di rapporto del luglio 2014 dello Stato membro relatore (v. punto 24 supra), in terzo luogo, sulle conclusioni dell’EFSA del 2015 (v. punto 30 supra) e, in quarto luogo, sul progetto di relazione di riesame (v. punto 32 supra).

63      In tali circostanze, nel valutare la procedura di riesame del diflubenzurone nella sua globalità, non si può contestare alla Commissione di non aver posto la ricorrente in grado di presentare utilmente il suo punto di vista nel corso di tale procedura.

64      Tuttavia, la ricorrente contesta alla Commissione di non averla invitata a presentare le sue osservazioni sugli addenda del novembre 2014 e del luglio 2015, che erano sostanzialmente diversi rispetto al progetto di rapporto del luglio 2014 dello Stato membro relatore. Infatti, nel progetto di rapporto del luglio 2014, lo Stato membro relatore aveva concluso che la potenziale esposizione al PCA dei consumatori, dei lavoratori e degli astanti o dei residenti, nel contesto dell’uso rappresentativo del diflubenzurone nelle pomacee non presentava rischi (v. punto 24 supra). Per contro, negli addenda del novembre 2014 e del luglio 2015, lo Stato membro relatore ha ritenuto che non fosse possibile valutare sufficientemente il rischio per i consumatori (v. punto 25 supra) e quindi concludere che tale esposizione non sollevasse preoccupazioni per questi ultimi, data l’impossibilità di definire una soglia di sostanza cancerogena genotossica (v. punto 27 supra).

65      In primo luogo, occorre constatare che le conclusioni tratte sia nel progetto di rapporto del luglio 2014 che negli addenda del novembre 2014 e del luglio 2015 facevano parte soltanto di una fase della procedura di riesame del diflubenzurone, ossia la valutazione, da parte dello Stato membro relatore, delle informazioni fornite dalla ricorrente in merito alla potenziale esposizione dei consumatori al PCA quale residuo (v. punti 24, 25 e 27 supra). Nel caso di specie, come indicato al precedente punto 62, la ricorrente è stata sentita sia prima che dopo tale fase.

66      Tuttavia, la ricorrente ritiene che la presentazione delle sue osservazioni in una fase successiva della procedura, vale a dire dopo la valutazione da parte dello Stato membro relatore, sia intervenuta troppo tardi per poter eventualmente respingere le preoccupazioni sollevate nei detti documenti.

67      A tal riguardo, occorre rilevare che la ricorrente non presenta alcun elemento tangibile a sostegno della sua affermazione in base alla quale non sarebbe possibile far modificare le conclusioni tratte nell’addendum del luglio 2015 in una fase successiva della procedura.

68      In secondo luogo, è opportuno osservare che, nonostante il loro carattere sostanzialmente diverso rispetto al progetto di rapporto del luglio 2014 sulla questione della potenziale esposizione dei consumatori al PCA, non si può ritenere che le conclusioni tratte dallo Stato membro relatore negli addenda del novembre 2014 e del luglio 2015 (v. punti 25 e 27 supra) sollevino una nuova preoccupazione di cui la ricorrente non fosse precedentemente a conoscenza e sulla quale essa dovesse dunque essere sentita ancora una volta dopo l’adozione di tali addenda.

69      Infatti, secondo gli addenda del novembre 2014 e del luglio 2015, l’esistenza delle preoccupazioni sull’esposizione dei consumatori al PCA si è basata sulla genotossicità del PCA e sull’impossibilità di valutare sufficientemente il rischio per i consumatori di un’esposizione alla suddetta sostanza. Orbene, dal fascicolo emerge che le preoccupazioni relative alle proprietà genotossiche del PCA erano ben note alla ricorrente da diversi anni. Ad esempio, dopo che l’EFSA aveva manifestato preoccupazioni circa la potenziale esposizione al PCA come residuo nel 2012 (v. punto 21 supra), nel 2013 la ricorrente è stata invitata, conformemente all’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009, a fornire informazioni pertinenti entro gennaio 2014 (v. punto 23 supra).

70      A tal riguardo, la ricorrente opera una distinzione tra, da un lato, l’individuazione di una «preoccupazione» nel 2012 (v. punto 21 supra) e, dall’altro, la constatazione di un «rischio» nel 2014 (v. punto 25 supra). Invitata a precisare tale argomento durante l’udienza, la ricorrente ha confermato che esisteva una «preoccupazione» nel momento in cui la Commissione aveva avviato la procedura di riesame dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009, ossia nel 2013 (v. punto 23 supra). Secondo la ricorrente, tale preoccupazione non sarebbe stata tuttavia sufficiente, nel 2015, per continuare e concludere tale procedura. Pertanto, nel caso di specie, tale preoccupazione sarebbe divenuta un «rischio» in seguito all’adozione da parte dello Stato membro relatore dell’addendum del novembre 2014 (v. punto 25 supra), di modo che, in quel momento, la ricorrente avrebbe dovuto poter esercitare i propri diritti della difesa.

71      Da un lato, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente vertente sulla differenza nella fattispecie tra due preoccupazioni, la prima, individuata nel 2012 dall’EFSA (v. punto 21 supra) e, la seconda, accertata nel 2014 con l’adozione dell’addendum del novembre 2014 (v. punto 25 supra), è giocoforza osservare che la fonte delle due preoccupazioni è la stessa. Infatti, dall’addendum del novembre 2014 emerge che la preoccupazione riguardava sempre la potenziale esposizione al PCA quale residuo (v. punto 25 supra), preoccupazione già individuata nel 2012 dall’EFSA (v. punto 21 supra).

72      Dall’altro lato, per quanto riguarda la denominazione formale come «preoccupazione» o «rischio» nei documenti pertinenti, va osservato che ciò che rileva per l’approvazione di una sostanza attiva, come affermato, in sostanza, dalla Commissione in udienza, è stabilire «se, alla luce delle conoscenze scientifiche e tecniche attuali, si può prevedere» che i prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva soddisfino o meno le condizioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009.

73      La ricorrente non ha fornito spiegazioni più dettagliate che permettano di capire precisamente sotto quale profilo le due preoccupazioni, la prima, individuata nel 2012 dall’EFSA e, la seconda, accertata nel 2014 con l’adozione dell’addendum del novembre 2014, sarebbero diverse e la ragione per cui dovrebbero essere denominate in modo diverso. I suoi argomenti relativi all’esistenza di una distinzione tra tali preoccupazioni e alla denominazione formale contenuta nei documenti pertinenti non possono pertanto essere accolti.

74      Infine, in terzo luogo, come rilevato dalla Commissione, per giustificare il suo diritto di essere sentita specificamente sulle conclusioni tratte dagli addenda del novembre 2014 e del luglio 2015, la ricorrente non fa valere alcuna nuova informazione scientifica pertinente che sia tale da inficiare tali conclusioni.

75      Detta constatazione non può essere rimessa in discussione dal riferimento della ricorrente, da un lato, alle sue osservazioni del 19 agosto 2015 sull’addendum del luglio 2015 e, dall’altro, allo studio RTG. Come sottolineato dalla ricorrente in udienza, le sue osservazioni del 19 agosto 2015 non vertevano sulla questione della genotossicità del PCA, mentre secondo la conclusione contenuta nell’addendum del luglio 2015 «l’esposizione al PCA dovrebbe essere considerata come motivo di preoccupazione, vista l’impossibilità di definire una soglia di sostanza cancerogena genotossica». Per quanto riguarda lo studio RTG, esso non è rilevante al fine di dimostrare la necessità di sentire la ricorrente dopo l’adozione dell’addendum del luglio 2015, in quanto le prime informazioni sull’esistenza di un siffatto studio sono state fornite dalla ricorrente solo nel settembre 2016 e la sintesi dello stesso è stata presentata dalla ricorrente solo l’8 marzo 2017.

76      Occorre pertanto respingere il terzo motivo ed esaminare gli altri motivi di ricorso. A tal riguardo, il Tribunale analizzerà anzitutto il secondo motivo, relativo a un eccesso di potere.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente su un eccesso di potere

77      La ricorrente fa valere che la Commissione ha adottato il regolamento impugnato a seguito di un eccesso di potere, proponendo di classificare il PCA come agente genotossico in vivo durante la procedura di riesame. A tal riguardo, la ricorrente precisa che è l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) l’autorità giuridicamente responsabile della classificazione o della riclassificazione delle sostanze, ai sensi del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006 (GU 2008, L 353, pag. 1).

78      La ricorrente ricorda che, ai sensi del regolamento n. 1272/2008, la procedura di classificazione deve essere avviata con una proposta di un’autorità competente di uno Stato membro dell’ECHA e che tale procedura prevede la partecipazione attiva della parte in questione, conferendo ulteriori garanzie procedurali, quali il diritto di essere consultata e di avere l’opportunità di presentare le proprie osservazioni al comitato di valutazione dei rischi dell’ECHA.

79      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente. Essa sostiene che tale motivo è inconferente e che, in ogni caso, l’adozione del regolamento impugnato non costituisce un eccesso di potere.

80      Occorre rilevare che dal regolamento impugnato non risulta che la Commissione o l’EFSA abbiano formalmente «classificato» il metabolita PCA come agente genotossico o che abbiano formalmente proposto di «classificarlo» come tale nell’ambito della procedura di riesame della sostanza attiva diflubenzurone ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009.

81      La Commissione afferma che la genotossicità non costituisce una classe di pericolo distinta e che informazioni sul potenziale genotossico di una sostanza rappresentano uno dei fattori che contribuiscono alla possibile classificazione della detta sostanza nelle classi di pericolo «mutagenicità sulle cellule germinali» o «cancerogenicità». La Commissione fa valere che il PCA è già classificato come sostanza cancerogena di categoria 1B e che quest’ultimo punto non è contestato dalla ricorrente.

82      A tal riguardo, si deve osservare che tanto le conclusioni dell’EFSA del 2015 quanto il regolamento impugnato indicano semplicemente che il PCA possiede proprietà genotossiche.

83      Alla luce di quanto precede, occorre respingere il secondo motivo di ricorso, relativo ad un eccesso di potere, per il motivo che esso è carente in fatto.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente su un errore manifesto di valutazione, e sul quarto motivo di ricorso, relativo a una violazione del principio di proporzionalità

84      Il primo motivo di ricorso, vertente su un errore manifesto di valutazione, è esaminato congiuntamente al quarto, relativo a una violazione del principio di proporzionalità. Infatti, il motivo basato sulla violazione del principio di proporzionalità e quello vertente su un errore manifesto di valutazione si sovrappongono, in quanto la ricorrente fa segnatamente valere, nell’ambito di quest’ultimo motivo, l’esistenza di un errore relativo al carattere irragionevole e sproporzionato dell’adozione del regolamento impugnato senza attendere l’esito della procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone.

–       Osservazioni preliminari sulla portata del sindacato giurisdizionale

85      Secondo la giurisprudenza, al fine di poter perseguire efficacemente gli obiettivi ad essa assegnati dal regolamento n. 1107/2009 e in considerazione delle valutazioni tecniche complesse che essa deve operare, alla Commissione deve essere attribuito un ampio potere discrezionale (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2007, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, C‑326/05 P, EU:C:2007:443, punti 74 e 75, e del 6 settembre 2013, Sepro Europe/Commissione, T‑483/11, non pubblicata, EU:T:2013:407, punto 38). Ciò vale, in particolare, per le decisioni in materia di gestione del rischio che essa deve adottare in applicazione di detto regolamento.

86      L’esercizio di tale potere non è tuttavia sottratto al sindacato giurisdizionale. A tale riguardo, risulta da costante giurisprudenza che, nell’ambito di tale sindacato, il giudice dell’Unione deve verificare l’osservanza delle norme di procedura, l’esattezza materiale dei fatti considerati dalla Commissione, l’insussistenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o l’insussistenza di sviamento di potere (sentenze del 25 gennaio 1979, Racke, 98/78, EU:C:1979:14, punto 5; del 22 ottobre 1991, Nölle, C‑16/90, EU:C:1991:402, punto 12, e del 9 settembre 2008, Bayer CropScience e a./Commissione, T‑75/06, EU:T:2008:317, punto 83).

87      Per quanto riguarda la valutazione da parte del giudice dell’Unione dell’esistenza di un errore manifesto di valutazione, occorre precisare che, al fine di stabilire che la Commissione è incorsa in un manifesto errore nella valutazione di fatti complessi tale da giustificare l’annullamento della decisione impugnata, gli elementi di prova addotti dal ricorrente devono essere sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati nella decisione di cui si tratta (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 1996, AIUFFASS e AKT/Commissione, T‑380/94, EU:T:1996:195, punto 59). Fatto salvo tale esame di plausibilità, non spetta al Tribunale sostituire la sua valutazione di fatti complessi a quella dell’autore dell’atto [sentenza del 9 settembre 2011, Dow AgroSciences e a./Commissione, T‑475/07, EU:T:2011:445, punto 152; v. anche, in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2009, Enviro Tech (Europe), C‑425/08, EU:C:2009:635, punto 47].

88      Inoltre, si deve ricordare che, quando un’istituzione dispone di un ampio potere discrezionale, è di fondamentale importanza la verifica del rispetto delle garanzie conferite dall’ordinamento giuridico dell’Unione nelle procedure amministrative. La Corte ha avuto modo di precisare che, tra tali garanzie, rientrano in particolare l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e quello di motivare la sua decisione in modo sufficiente (sentenze del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, EU:C:1991:438, punto 14; del 7 maggio 1992, Pesquerias De Bermeo e Naviera Laida/Commissione, C‑258/90 e C‑259/90, EU:C:1992:199, punto 26, e del 6 novembre 2008, Paesi Bassi/Commissione, C‑405/07 P, EU:C:2008:613, punto 56).

89      Così, è già stato statuito che lo svolgimento di una valutazione scientifica dei rischi il più esaustiva possibile, sulla base di pareri scientifici fondati sui principi dell’eccellenza, della trasparenza e dell’indipendenza, costituisce una garanzia procedurale rilevante al fine di assicurare l’oggettività scientifica delle misure e di evitare l’adozione di misure arbitrarie (sentenza dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punto 172).

 Sugli errori manifesti di valutazione

90      La ricorrente contesta alla Commissione di essere incorsa in due errori principali, da un lato, nell’adottare il regolamento impugnato senza attendere l’esito della procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone e, dall’altro, nell’omettere di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie.

–       Sull’errore relativo al carattere irragionevole e sproporzionato dell’adozione del regolamento impugnato senza attendere l’esito della procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone

91      La ricorrente sostiene che la Commissione ha adottato il regolamento impugnato in modo irragionevole e sproporzionato in quanto ha chiuso la procedura di riesame del diflubenzurone senza attendere l’esito della procedura di rinnovo dell’autorizzazione di tale sostanza, prevista all’articolo 14 del regolamento n. 1107/2009.

92      In tale contesto, come affermato dalla stessa ricorrente, essa non critica il fatto che la Commissione abbia condotto due procedure parallele che valutano ciascuna il potenziale genotossico del PCA quale residuo. Ciò che essa contesta, in sostanza, alla Commissione, è la mancata presa in considerazione, nell’ambito della procedura di riesame, dei dati disponibili e nuovi e, più nello specifico, dello studio RTG che confermerebbe l’assenza di potenziale genotossico, la quale avrebbe dovuto indurre la Commissione a sospendere la procedura di riesame del diflubenzurone fino all’esito della procedura di rinnovo.

93      A tal riguardo, innanzitutto, occorre constatare che il regolamento n. 1107/2009 non prevede alcun coordinamento tra le procedure di riesame e di rinnovo, disciplinate rispettivamente dai suoi articoli 21 e da 14 a 20.

94      Inoltre, occorre osservare, senza che ciò sia contraddetto dalla ricorrente, che l’8 marzo 2017, nell’ambito della procedura di riesame, essa ha fornito alla Commissione una «sintesi dei dati» dello studio RTG, e non lo studio stesso. Nelle sue risposte alle misure di organizzazione del procedimento, la Commissione ha indicato che, poiché aveva ricevuto soltanto una sintesi dello studio RTG, essa non aveva avuto modo di esaminare quest’ultima prima della chiusura della procedura di riesame. Risulta dal fascicolo che il suddetto studio in quanto tale è stato presentato nel contesto della procedura in corso in vista di un eventuale rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone (v. punto 42 supra).

95      Tuttavia, la Commissione ha ritenuto che, in ogni caso, attendere l’esito della procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone sarebbe stato sproporzionato e non conforme alle disposizioni del regolamento n. 1107/2009 e al suo scopo, consistente nel garantire un elevato livello di protezione della salute umana.

96      Infatti, dalla lettera della Commissione del 3 maggio 2017, inviata alla ricorrente in risposta alla sua lettera del 20 marzo 2017, risulta che era «nell’interesse della sicurezza dei consumatori» che essa ha deciso di non attendere l’esito della procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone. Nella stessa lettera, la Commissione ha altresì precisato che le preoccupazioni riguardanti il PCA risalivano al 2009, quando l’EFSA aveva constatato i dati mancanti a tal riguardo, e che la ricorrente aveva avuto l’occasione di presentare i dati rilevanti, da un lato, nell’ambito della valutazione dei dati cosiddetti «di conferma» relativi al potenziale di rilevanza tossicologica delle impurità e del PCA quale residuo dell’uso del diflubenzurone (conclusioni dell’EFSA del 2012) e, dall’altro, in occasione del riesame dell’approvazione del diflubenzurone (conclusioni dell’EFSA del 2015).

97      Si deve osservare che gli argomenti dedotti dalla ricorrente non consentono né di rimettere in discussione la scelta della Commissione di far prevalere l’interesse della sicurezza dei consumatori e di non attendere l’esito della procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone, né di dimostrare il carattere irragionevole e sproporzionato di una tale scelta.

98      In primo luogo, la ricorrente fa valere che la scelta della Commissione di non attendere l’esito della procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone fa correre il rischio effettivo di imporre ad essa, nonché alle imprese a valle e ai consumatori, un onere sproporzionato. Secondo la ricorrente, se la procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone fa emergere che lo studio RTG conferma l’assenza di potenziale genotossico del PCA, il regolamento impugnato dovrebbe essere modificato per neutralizzare le sue conseguenze giuridiche. Ciò implicherebbe, da un lato, che le imprese a valle, i consumatori ed essa stessa dovrebbero revocare le misure adottate per conformarsi al regolamento impugnato divenuto obsoleto e, dall’altro, che le autorità interessate dedicherebbero tempo e sforzi al fine di rettificare la situazione.

99      A tal proposito, si deve ricordare che l’articolo 168, paragrafo 1, TFUE dispone che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche e attività dell’Unione deve essere garantito un livello elevato di protezione della salute umana. Tale protezione della salute è preponderante rispetto alle considerazioni economiche, di modo che è tale da giustificare conseguenze economiche negative, anche notevoli, per taluni operatori (v., in tal senso, ordinanza del 12 luglio 1996, Regno Unito/Commissione, C‑180/96 R, EU:C:1996:308, punto 93, e sentenza dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punti 456 e 457).

100    Orbene, dal regolamento impugnato emerge che, secondo la Commissione, le informazioni fornite nel corso della procedura di riesame non hanno permesso di dimostrare che i rischi della potenziale esposizione dei consumatori al PCA quale residuo fossero accettabili. In particolare, essa ha rilevato che la presenza del PCA nella via metabolica era stata dimostrata in alcune piante e in alcuni animali d’allevamento e non poteva essere esclusa in altre piante o in altri animali. Inoltre, secondo la Commissione, gli studi effettuati evidenziavano una trasformazione significativa dei residui di diflubenzurone in PCA in condizioni simili o uguali a quelle dei processi di sterilizzazione degli alimenti e tale trasformazione non poteva essere esclusa per le pratiche di trattamento domestiche. La Commissione conclude che l’esposizione dei consumatori al PCA non può essere esclusa, che l’uso del diflubenzurone dovrebbe essere strettamente limitato alle colture non commestibili, e che le colture trattate con diflubenzurone non dovrebbero entrare nella catena alimentare umana e animale.

101    Date tali circostanze, non si può addebitare alla Commissione di aver fatto prevalere l’interesse della sicurezza dei consumatori sugli eventuali interessi economici o organizzativi della ricorrente, delle imprese a valle, dei consumatori o delle autorità competenti.

102    In secondo luogo, la ricorrente afferma che il rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone era soggetto a termini rigorosi, di modo che l’esito di tale procedura doveva essere conosciuto nell’ottobre 2017, ossia circa cinque mesi dopo l’adozione del regolamento impugnato, e che non vi era dunque alcuna ragione di accelerare la conclusione del riesame previsto all’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009. Inoltre, in risposta alle previsioni della Commissione riguardanti la data di chiusura della procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone, fornite nel corso del presente procedimento dinanzi al Tribunale, ossia il 30 giugno 2019, la ricorrente ricorda che l’articolo 3 del regolamento impugnato prevede che ogni «periodo di tolleranza» concesso dagli Stati membri conformemente all’articolo 46 del regolamento n. 1107/2009 scade al più tardi l’8 settembre 2018. La ricorrente è del parere che l’esistenza di un siffatto periodo transitorio concesso agli Stati membri, in particolare quando revocano o modificano l’autorizzazione di una sostanza attiva, sta a significare che l’adozione di qualsiasi misura potrebbe rivelarsi inutile solo nove mesi dopo la scadenza di tale termine.

103    A tal riguardo, nonostante il fatto che, come precisato dalla Commissione, la procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone debba rispettare un calendario preciso, dovendo concludersi al più tardi il 31 dicembre 2018, data di scadenza dell’approvazione iniziale del diflubenzurone, è giocoforza constatare che, conformemente all’articolo 17 del regolamento n. 1107/2009, qualora, per motivi che sfuggono al controllo del richiedente, sembri probabile che l’approvazione scada prima che venga presa una decisione in merito al rinnovo, la Commissione adotta una decisione di proroga del periodo di approvazione fino al termine della procedura di rinnovo.

104    Una disposizione del genere ha l’effetto di consentire la proroga della procedura di rinnovo dell’approvazione della sostanza attiva a causa di circostanze intervenute nel corso della procedura stessa e ignote in precedenza. Così, prima dell’adozione del regolamento impugnato, non poteva essere certo che la procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone si sarebbe conclusa prima del 31 dicembre 2018 oppure prima del 30 giugno 2019.

105    Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui, nell’ottobre 2017, sarebbe stato previsto di completare la procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone, occorre constatare che dal fascicolo risulta che, per tale data, ci si poteva attendere solo il risultato della valutazione di tale sostanza da parte dello Stato membro relatore, vale a dire la Grecia, e non il risultato finale della procedura di rinnovo.

106    Pertanto, nel contesto del calendario incerto dello svolgimento della procedura di rinnovo del diflubenzurone, descritto al precedente punto 43, non si può addebitare alla Commissione di aver fatto prevalere l’interesse della sicurezza dei consumatori.

107    In terzo luogo, la ricorrente nutre dubbi circa l’esistenza delle effettive preoccupazioni da parte della Commissione in merito ai rischi di esposizione dei consumatori al PCA. A tal riguardo, la ricorrente afferma che nessuna misura è stata adottata durante i due anni e mezzo che precedono l’adozione del regolamento impugnato, mentre il medesimo rischio asserito era stato individuato nel novembre 2014.

108    In proposito, è giocoforza anzitutto constatare che dal fascicolo emerge che, nel novembre 2014, lo Stato membro relatore nell’ambito del riesame del diflubenzurone, vale a dire la Svezia, ha emesso solo il primo addendum, che aveva integrato il progetto di rapporto del luglio 2014 (v. punti 24 e 25 supra). Solo nel luglio 2015 tale Stato membro ha adottato il rapporto di valutazione finale che, circa un mese dopo, è stato convalidato dalle conclusioni dell’EFSA (v. punti 27 e 29 supra). Quanto a queste ultime, dal regolamento impugnato emerge che l’EFSA ha presentato le proprie conclusioni alla Commissione solo l’11 dicembre 2015. Di conseguenza, giustamente la Commissione ha precisato che tra il momento in cui sono stati individuati i rischi di esposizione dei consumatori al PCA quale residuo e quello dell’adozione del regolamento impugnato è intercorso solo un periodo di circa un anno e mezzo e non di due anni e mezzo.

109    Occorre poi esaminare se tale periodo di un anno e mezzo sia idoneo a rimettere in discussione l’esistenza delle preoccupazioni effettive connesse alla sicurezza dei consumatori, invocate dalla Commissione come ragione per la quale essa non ha atteso l’esito della procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone.

110    Nel caso di specie, si deve constatare che la Commissione indica diverse ragioni per le quali il riesame del diflubenzurone ha richiesto circa un anno e mezzo. Infatti, anzitutto, essa invoca diverse riunioni del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, ossia quattro riunioni nel 2015, dieci riunioni nel 2016 e quattro riunioni nel 2017, che sarebbero state organizzate per trovare le soluzioni che raccogliessero il più ampio sostegno in seno al comitato. Essa richiama, poi, gli obblighi internazionali che le impongono, in particolare, di trasmettere un progetto all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), di accordare un termine di 60 giorni per formulare osservazioni e poi di rispondere alle stesse. La Commissione, infine, rileva giustamente che le azioni della ricorrente hanno anch’esse contribuito alla durata del riesame del diflubenzurone dopo le conclusioni dell’EFSA del 2015, più nello specifico, la sua contestazione della decisione dell’EFSA di pubblicare tali conclusioni.

111    Occorre altresì sottolineare la complessità delle questioni esaminate dalla Commissione nell’ambito della procedura di riesame dell’approvazione del diflubenzurone. Lo testimoniano in particolare il carattere scientifico di tali questioni nonché varie riunioni organizzate dalla Commissione prima dell’adozione del regolamento impugnato.

112    Alla luce di quanto precede e poiché la ricorrente non presenta alcun elemento specifico che rimetta in discussione, da un lato, le ragioni invocate dalla Commissione e rammentate al precedente punto 110 e, dall’altro, la complessità delle questioni esaminate dalla Commissione, il periodo di un anno e mezzo intercorso tra l’adozione del regolamento impugnato e l’individuazione, da parte dello Stato membro relatore e dell’EFSA, dei rischi connessi all’esposizione dei consumatori al PCA non può essere considerato irragionevole. Di conseguenza, la ricorrente non dimostra l’assenza di preoccupazioni effettive connesse alla sicurezza dei consumatori, cosicché non si può addebitare alla Commissione di non aver atteso l’esito della procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone.

113    In quarto luogo, la ricorrente invoca il caso di un’altra sostanza attiva, ossia il clorpirifos, in cui la Commissione avrebbe deciso di chiudere la procedura di riesame ai sensi dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009 per il motivo che la sostanza era oggetto di un riesame integrale in vista di un possibile rinnovo.

114    Si deve constatare, come osserva la Commissione, che le circostanze che accompagnano le procedure relative al clorpirifos e al diflubenzurone non sono le stesse. Infatti, anzitutto, dal regolamento (UE) 2016/60 della Commissione, del 19 gennaio 2016, che modifica gli allegati II e III del regolamento (CE) n. 396/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i livelli massimi di residui di clorpirifos in o su determinati prodotti (GU 2016, L 14, pag. 1), emerge che tali livelli massimi di residui (LMR) di clorpirifos sono stati fissati, mentre, per quanto riguarda il diflubenzurone, come risulta dal considerando 14 del regolamento impugnato, la Commissione ha rilevato che non era possibile fissare valori tossicologici di riferimento per il PCA né, pertanto, determinare livelli di residui sicuri.

115    Inoltre, dal regolamento 2016/60 emerge che gli LMR di clorpirifos sono stati modificati in seguito al ricevimento delle nuove informazioni verificate. Si trattava in particolare, da un lato, della raccomandazione dell’EFSA di ridurre tali livelli per taluni prodotti e, dall’altro, della conclusione dei laboratori di riferimento dell’Unione secondo la quale per alcuni prodotti gli sviluppi della tecnica richiedevano la fissazione di specifici limiti di determinazione. Per contro, nella fattispecie, lo studio RTG, invocato dalla ricorrente al fine di chiedere la sospensione della procedura di riesame del diflubenzurone fino alla valutazione di tale studio nell’ambito della procedura di rinnovo, conteneva nuovi dati scientifici che non erano stati in alcun modo valutati, né durante la procedura di riesame, né nell’ambito della procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone, prima dell’adozione del regolamento impugnato.

116    In quinto luogo, in risposta all’argomento della Commissione secondo cui uno studio, quale lo studio RTG, sarebbe stato richiesto nel 2009 e avrebbe dovuto essere presentato nel 2011, la ricorrente afferma, da un lato, che lo studio RTG non è stato specificamente richiesto dalle autorità competenti nel 2009 e, dall’altro, che essa non avrebbe potuto, in ogni caso, richiedere tale studio nel 2009 alla luce della data in cui sono state adottate le linee guida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) n. 488 riguardanti i saggi di mutagenesi di cellule somatiche e germinali di roditori transgenici, ossia il 28 luglio 2011.

117    A tal riguardo, occorre osservare che, nel 2009, nell’ambito dell’approvazione iniziale del diflubenzurone, la Commissione ha chiesto alla ricorrente di presentare i dati «di conferma» relativi al potenziale di rilevanza tossicologica delle impurità e del PCA quale residuo dell’uso del diflubenzurone. Orbene, si deve rammentare che dalla formulazione e dalla sistematica delle disposizioni rilevanti del regolamento n. 1107/2009 risulta che in linea di principio spetta all’autore della domanda di approvazione l’onere di provare che sono soddisfatte le condizioni di approvazione previste all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009. Pertanto, è il richiedente a dover dimostrare che le condizioni per l’approvazione sono rispettate, al fine di ottenere l’approvazione, e non la Commissione a dover dimostrare che esse non sono soddisfatte per poter rifiutare l’approvazione (sentenza del 17 maggio 2018, BASF Agro e a./Commissione, T‑584/13, EU:T:2018:279, punti 86 e 88). A tal proposito, emerge più specificamente dal considerando 10 del regolamento n. 1107/2009 che le sostanze dovrebbero essere incluse nei prodotti fitosanitari soltanto «ove sia stato dimostrato», in particolare, che esse non dovrebbero avere alcun effetto nocivo sulla salute umana (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2018, BASF Agro e a./Commissione, T‑584/13, EU:T:2018:279, punto 87). Inoltre, vale il principio secondo cui è la parte che si avvale di una disposizione di legge che deve provare che le condizioni di applicazione della stessa sono soddisfatte (sentenza del 17 maggio 2018, BASF Agro e a./Commissione, T‑584/13, EU:T:2018:279, punto 88).

118    Anche se, come sostiene la ricorrente, l’adozione delle linee guida dell’OCSE n. 488 sui saggi di mutagenesi di cellule somatiche e germinali di roditori transgenici, adottate il 28 luglio 2011, fosse stata necessaria per realizzare e presentare lo studio RTG, è sufficiente constatare che la ricorrente non menziona alcuna circostanza che le abbia impedito di presentare i risultati di studi per i test di prodotti chimici a partire dal 28 luglio 2011.

119    Inoltre, dal regolamento n. 1107/2009 non risulta che le autorità competenti, coinvolte nell’ambito della procedura di approvazione di una sostanza attiva, abbiano l’obbligo di individuare le informazioni rilevanti che devono essere fornite dall’interessato. Un siffatto obbligo non è neppure previsto nell’ambito della procedura di riesame ai sensi dell’articolo 21 di tale regolamento, cosicché è irrilevante l’argomento della ricorrente, dedotto in udienza, secondo cui la necessità dello studio RTG sarebbe stata riconosciuta per la prima volta solo nelle conclusioni dell’EFSA del 2015, adottate nell’ambito della procedura di riesame del diflubenzurone.

120    Pertanto, non si può contestare alla Commissione di non aver richiesto la presentazione di uno studio specifico, come lo studio RTG, nel 2009, nell’ambito dell’approvazione del diflubenzurone.

121    In assenza di altri argomenti che rimettano in discussione la scelta della Commissione di far prevalere l’interesse della sicurezza dei consumatori e di proseguire la procedura di riesame senza attendere l’esito della procedura di rinnovo dell’approvazione del diflubenzurone, è giocoforza constatare che la Commissione non è incorsa in alcun errore manifesto di valutazione nel ritenere, da un lato, che tale interesse giustificasse una siffatta decisione e, dall’altro, che questa fosse proporzionata.

–       Sull’errore relativo all’assenza di un esame effettuato in modo accurato e imparziale di tutti gli elementi rilevanti della fattispecie

122    La ricorrente sostiene che l’esame della Commissione non è stato effettuato in modo accurato e imparziale rispetto a tutti gli elementi rilevanti del caso di specie. In tale contesto, essa invoca diversi argomenti.

123    In primo luogo, la ricorrente asserisce che le è ingiustamente contestato il fatto di non aver fornito sufficienti informazioni nel suo fascicolo completo. In tale contesto, la ricorrente ritiene che essa non fosse tenuta a rispondere ad una preoccupazione che non era stata individuata e non richiedeva alcuna informazione. A suo avviso, il motivo di preoccupazione connesso a residui del PCA è stato espresso per la prima volta quale rischio nell’addendum del luglio 2015. A tale riguardo, essa opera una distinzione tra l’individuazione di una «preoccupazione» nel 2012 e la constatazione di un «rischio» nel 2014.

124    Occorre rilevare che, come stabilito ai precedenti punti 68 e 71, non si deve ritenere che le conclusioni tratte dallo Stato membro relatore negli addenda del novembre 2014 e del luglio 2015 (v. punti 25 e 27 supra) sollevassero una nuova preoccupazione di cui la ricorrente non fosse a conoscenza da diversi anni, e ciò indipendentemente dalla sua denominazione formale nei documenti pertinenti come «preoccupazione» o «rischio». Infatti, dal fascicolo emerge che l’EFSA aveva espresso preoccupazioni riguardo alla potenziale esposizione al PCA quale residuo già nel 2012. Di conseguenza, già nel 2012 la ricorrente non poteva ignorare le preoccupazioni sorte in merito all’esposizione al PCA quale residuo, e già nel 2012 era tenuta a fornire informazioni sufficienti in proposito.

125    In ogni caso, come già rilevato al precedente punto 62, la ricorrente ha potuto nuovamente presentare i suoi argomenti successivamente all’adozione dell’addendum del luglio 2015 per due volte, ossia, da un lato, il 7 ottobre 2015, in merito alle conclusioni dell’EFSA del 2015 (v. punto 30 supra) e, dall’altro, il 29 settembre 2016, in merito al progetto di relazione di riesame (v. punto 32 supra).

126    Peraltro, risulta che, per la prima volta nel presente procedimento, in udienza la ricorrente ha contestato alla Commissione di non aver preso in considerazione le sue osservazioni presentate all’EFSA il 20 agosto 2015 per il motivo che essa aveva avuto la facoltà di formulare osservazioni sufficienti nel corso della procedura precedente (v. punto 31 supra) e che essa poteva presentare solo una volta osservazioni sulla valutazione effettuata dallo Stato membro relatore (v. punto 31 supra). A tal riguardo, la ricorrente afferma che tali osservazioni non potevano essere formulate prima del luglio 2015 in quanto solo nel luglio 2015 la questione dei residui sarebbe stata considerata come problematica dallo Stato membro relatore (v. punto 27 supra). Senza che sia necessario pronunciarsi sulla sua ricevibilità, tale argomento della ricorrente deve essere respinto in quanto infondato, alla luce delle conclusioni tratte nei precedenti punti 74, 75, 124 e 125.

127    In secondo luogo, la ricorrente ritiene che la Commissione stessa non sapesse come valutare la genotossicità e che non esista alcun consenso tra l’EFSA e l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) sulle proprietà genotossiche e cancerogene del PCA.

128    Da un lato, per quanto riguarda la valutazione della genotossicità da parte della Commissione, la ricorrente fa riferimento a una richiesta di chiarimenti e di presa in considerazione di diversi aspetti connessi alla valutazione della genotossicità, inviata dalla Commissione all’EFSA, che dimostrerebbe l’esistenza di forti divergenze di opinione tra taluni Stati membri, l’EFSA e i richiedenti su tale problematica.

129    In proposito, la Commissione sostiene, senza essere contraddetta dalla ricorrente, che la richiesta rivolta all’EFSA, menzionata al precedente punto 128, riguarda un aspetto molto limitato ed estremamente tecnico delle modalità di monitoraggio delle diverse valutazioni della genotossicità, ossia il problema di sapere come integrare al meglio i test in vitro con test in vivo in modo coerente e maggiormente standardizzato.

130    Dall’altro lato, per quanto riguarda l’opinione dell’EFSA e dell’EMA sulle proprietà genotossiche e cancerogene del PCA, la ricorrente invoca la relazione dell’EMA, datata 23 luglio 2015, da cui risulterebbe che una soglia dell’esposizione al PCA può essere fissata e che pertanto può essere effettuata una valutazione.

131    Orbene, è giocoforza constatare che dal documento «Comments on the rationale for a non‑divergent position between EFSA conclusions on 4‑chloroaniline (PCA) and EMÀs CHMP/ICH conclusions» [Osservazioni a sostegno della posizione non divergente tra le conclusioni dell’EFSA sul 4‑cloroanilina (PCA) e quelle del CHMP/ICH dell’EMA], allegato al fascicolo, risulta che le due agenzie hanno confermato, da una parte, che sostanzialmente tra loro non vi era alcun parere scientificamente divergente, ritenendo entrambe che il PCA dovesse essere considerato genotossico e carcinogeno sulla base dei dati attualmente disponibili e, dall’altra, che i diversi approcci adottati dalle due agenzie erano dovuti ai differenti contesti nei quali doveva essere esaminato il PCA.

132    La relazione dell’EMA, invocata dalla ricorrente per dimostrare che la posizione dell’EMA sull’esposizione al PCA sarebbe diversa da quella dell’EFSA, non può rimettere in discussione le posizioni dell’EFSA e dell’EMA presentate nel documento menzionato al precedente punto 131. A tal riguardo, è sufficiente constatare che detto documento è successivo alla relazione dell’EMA in questione che, a sua volta, è datata 23 luglio 2015. Infatti, secondo le precisazioni fornite dalla Commissione nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, precisazioni non contestate dalla ricorrente, il 10 dicembre 2015, l’EFSA e l’EMA si erano accordate sulla versione finale del documento menzionato al precedente punto 131.

133    In tali circostanze, non si può contestare alla Commissione di non aver preso in considerazione l’eventuale mancanza di consenso tra l’EFSA e l’EMA sulle proprietà genotossiche e cancerogene del PCA.

134    In terzo luogo, la ricorrente afferma che, diversamente dalla valutazione del diflubenzurone come prodotto fitosanitario, l’esame di tale sostanza attiva quale biocida non avrebbe fatto emergere alcun motivo di preoccupazione quanto al livello dei metaboliti per i lavoratori, per i residenti e per gli astanti.

135    Come indicato dalla Commissione nelle sue risposte alle questioni poste nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, dalla direttiva 2013/6/UE della Commissione, del 20 febbraio 2013, recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere il diflubenzuron come principio attivo nell’allegato I della direttiva (GU 2013, L 48, pag. 10), direttiva che stabilisce le condizioni per l’approvazione del diflubenzurone come biocida, emerge che nell’ambito della valutazione del rischio a livello dell’Unione non sono stati considerati tutti i possibili utilizzi e gli scenari di esposizione, quali l’uso all’aria aperta, l’uso da parte di non professionisti e l’esposizione del bestiame. Ne consegue che, contrariamente alla valutazione del diflubenzurone come prodotto fitosanitario, l’esame del diflubenzurone come biocida non riguardava gli usi che danno luogo all’esposizione dei consumatori attraverso alimenti o mangimi.

136    In tali circostanze, non può essere addebitato alla Commissione di non aver tenuto conto in modo accurato e imparziale della valutazione del diflubenzurone come biocida nell’ambito del suo esame del diflubenzurone come prodotto fitosanitario nel corso della procedura di riesame.

137    Di conseguenza, è necessario respingere il primo e il quarto motivo di ricorso.

138    Dall’insieme delle considerazioni esposte risulta che il ricorso deve essere interamente respinto.

 Sulle spese

139    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nel caso di specie, poiché la ricorrente è rimasta soccombente, deve essere condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione nell’ambito del presente ricorso e del procedimento sommario, conformemente alle conclusioni di quest’ultima.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      L’Arysta LifeScience Netherlands BV sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea nell’ambito del presente ricorso e del procedimento sommario.

Kanninen

Calvo-Sotelo Ibáñez-Martín

Reine

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 settembre 2019.

Firme


Indice




*      Lingua processuale: l’inglese