Language of document : ECLI:EU:C:2017:580

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 20 luglio 2017 (1)

Causa C256/16

Deichmann SE

contro

Hauptzollamt Duisburg

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Düsseldorf (Tribunale tributario di Düsseldorf, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Dumping – Domanda di rimborso di dazi all’importazione pagati in base a un regolamento dichiarato invalido – Regolamento di esecuzione (UE) 2016/223 – Regolamento emanato in esecuzione di una sentenza della Corte – Validità»






1.        La controversia all’origine del presente rinvio pregiudiziale verte sulle conseguenze derivanti dall’annullamento di un regolamento con cui erano stati istituiti dazi antidumping. Rispondendo alle questioni sollevate dal giudice nazionale, la Corte coglie l’opportunità di definire i contorni della sua giurisprudenza in ordine alla portata delle sentenze che annullano gli atti delle istituzioni dell’Unione.

2.        Nel presente caso, i dubbi sorgono nell’ambito di una questione pregiudiziale riguardante la validità del regolamento di esecuzione (UE) 2016/223 (2), con il quale la Commissione ha iniziato la procedura richiesta per porre rimedio alle illegittimità riscontrate dalla Corte con sentenza anteriore (3), che ha dichiarato l’invalidità di determinati regolamenti antidumping.

3.        Tali regolamenti, successivamente annullati, hanno costituito la base per avvisi di accertamento di dazi antidumping rivolti alla Deichmann SE (4), società che importa calzature provenienti dalla Cina e dal Vietnam nell’Unione europea e che, in seguito all’annullamento degli stessi, ha chiesto il rimborso degli importi versati.

4.        Il giudice a quo chiede alla Corte se il regolamento di esecuzione 2016/223 sia valido, poiché, qualora non lo fosse, la Deichmann dovrebbe ottenere il rimborso degli importi pagati a tale titolo.

5.        Nel dibattito sono messi a confronto, da un lato, il potere delle istituzioni dell’Unione di riaprire un procedimento in esito al quale potrà esigersi il pagamento di dazi antidumping, in sostituzione di quelli annullati, e, dall’altro, il diritto degli amministrati alla stabilità delle situazioni consolidate e alla tutela effettiva della loro posizione giuridica.

 I.      Contesto normativo

 A.      Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea

6.        Ai sensi dell’articolo 263 TFUE:

«(…)

Qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre‚ alle condizioni previste al primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione.

(…)

I ricorsi previsti dal presente articolo devono essere proposti nel termine di due mesi a decorrere, secondo i casi, dalla pubblicazione dell’atto, dalla sua notificazione al ricorrente ovvero, in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza».

7.        A termini dell’articolo 266 TFUE:

«L’istituzione, l’organo o l’organismo da cui emana l’atto annullato o la cui astensione sia stata dichiarata contraria ai trattati sono tenuti a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea comporta.

(…)».

 B.      Regolamento (CEE) n. 2913/92 (5)

8.        L’articolo 221 così dispone:

«(…)

3.      La comunicazione al debitore non può più essere effettuata tre anni dopo la data in cui è sorta l’obbligazione doganale. Detto termine è sospeso a partire dal momento in cui è presentato un ricorso a norma dell’articolo 243 e per la durata del relativo procedimento [(6)].

(…)».

9.        L’articolo 236 prevede quanto segue:

«1.      Si procede al rimborso dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione quando si constati che al momento del pagamento il loro importo non era legalmente dovuto o che l’importo è stato contabilizzato contrariamente all’articolo 220, paragrafo 2.

(…)

2.      Il rimborso o lo sgravio dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione viene concesso, su richiesta presentata all’ufficio doganale interessato, entro tre anni dalla data della notifica al debitore dei dazi stessi.

(…)».

 C.      Regolamento (CE) n. 1225/2009 (7)

10.      L’articolo 10 («Retroattività»), così dispone:

«1.      Le misure provvisorie e i dazi antidumping definitivi sono applicati unicamente ai prodotti immessi in libera pratica dopo l’entrata in vigore delle decisioni adottate a norma dell’articolo 7, paragrafo 1 e dell’articolo 9, paragrafo 4, a seconda del caso, fatte salve le eccezioni di cui al presente regolamento.

(…)».

11.      A termini dell’articolo 14 («Disposizioni generali»):

«1.      I dazi antidumping provvisori o definitivi sono imposti con regolamento e sono riscossi dagli Stati membri secondo la forma, l’aliquota e gli altri elementi fissati nel regolamento istitutivo. Tali dazi sono inoltre riscossi indipendentemente dai dazi doganali, dalle tasse e dagli altri oneri normalmente imposti sulle importazioni. Nessun prodotto può essere soggetto nel contempo a dazi antidumping e a dazi compensativi nell’intento di porre rimedio ad una medesima situazione risultante da pratiche di dumping oppure dalla concessione di sovvenzioni all’esportazione.

(…)».

12.      L’articolo 23 («Abrogazione»), prevede quanto segue:

«Il regolamento (CE) n. 384/96 è abrogato.

L’abrogazione del regolamento (CE) n. 384/96 lascia impregiudicata la validità dei procedimenti in base ad esso avviati.

I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II».

 II.      Fatti

13.      In applicazione del regolamento (CE) n. 1472/2006 (8) e del regolamento di esecuzione (UE) n. 1294/2009 (9), il 10 maggio 2010 l’Hauptzollamt Duisborg (Ufficio doganale principale di Duisburgo, Germania) emetteva un avviso di accertamento di dazi antidumping nei confronti della Deichmann per un importo pari a EUR 11 181,92.

14.      Tale accertamento si riferiva a sei importazioni di scarpe provenienti dalla Repubblica popolare cinese e dal Vietnam, che la Deichmann aveva dichiarato nell’aprile 2010 per l’immissione in libera pratica.

15.      Il fornitore e produttore delle calzature provenienti dalla Cina era l’impresa Chengdu Sunshine Shoes Co. Ltd., e di quelle provenienti dal Vietnam, la Tripos Enterprises Inc. Entrambe le imprese avevano chiesto il trattamento riservato alle società operanti in economia di mercato («TEM») nel luglio 2005, presentando la documentazione pertinente, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento (CE) n. 384/96 (10).

16.      Con le sentenze Zhejiang Aokang Shoes Co. Ltd e Brosmann Footwear (11), la Corte ha annullato il regolamento n. 1472/2006.

17.      Richiamando, in particolare, la sentenza Brosmann (12), il 12 giugno 2012 la Deichmann ha chiesto all’Ufficio doganale principale di Duisburg il rimborso del dazio antidumping che le era stato liquidato, domanda che è stata respinta il 15 novembre 2013.

18.      Successivamente, la Corte ha pronunciato la sentenza C & J Clark International e Puma (13), in cui ha dichiarato invalidi il regolamento n. 1472/2006 e il regolamento di esecuzione n. 1294/2009 (14).

19.      In attuazione di tale sentenza, la Commissione ha approvato il regolamento di esecuzione 2016/223, con cui ha avviato la procedura di valutazione individuale delle domande di TEM e TI che erano state depositate. In tal modo essa intendeva sostituire i regolamenti annullati con atti nuovi privi dei vizi di legittimità constatati dalla Corte, riprendendo il procedimento dal momento esatto in cui l’illegittimità si era verificata.

20.      Nel contempo, la Commissione ha ritenuto opportuno ordinare alle autorità doganali nazionali di non rimborsare i dazi fino a quando essa non avesse portato a termine il procedimento.

21.      La Commissione ha inoltre deciso che, ai fini di un utilizzo efficiente delle risorse, non avrebbe esaminato tutte le domande di TEM e di TI, ma soltanto quelle relative agli esportatori che avevano fornito calzature a un importatore, nel caso in cui quest’ultimo avesse chiesto il rimborso degli importi indebitamente percepiti in seguito all’annullamento dei regolamenti istitutivi di dazi antidumping. A tal fine, per identificare detti casi, essa ha ordinato alle autorità doganali nazionali di trasmetterle tali richieste e gli eventuali documenti giustificativi.

22.      La Deichmann ha sostenuto dinanzi al giudice del rinvio che il regolamento di esecuzione 2016/223 era invalido, in quanto l’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento antidumping di base del 1996 non autorizzava la Commissione a imporre obblighi a posteriori alle autorità doganali nazionali né agli importatori richiedenti il rimborso.

23.      La ricorrente ha inoltre dedotto che la presa in considerazione dei soli produttori esportatori che avessero richiesto un TIM o un TI configurava una violazione dell’articolo 266 TFUE, e che la decisione non era stata adottata entro il termine previsto dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento antidumping di base del 1996. Costituiva altresì una violazione dell’articolo 266 TFUE l’avvio di un’autonoma procedura di riesame quando la misura antidumping era già scaduta.

24.      Il Tribunale tributario di Düsseldorf nutre dubbi in merito alla validità del regolamento di esecuzione 2016/223. Un primo ordine di motivi si riferisce formalmente alla base giuridica scelta dalla Commissione per l’adozione del regolamento:

–        il giudice a quo sostiene che, in forza dell’articolo 23, secondo comma, del regolamento antidumping di base del 2009, sarebbe applicabile il regolamento di base antidumping 1996 e non il primo, e quindi la competenza ad adottare il regolamento di esecuzione 2016/223 spetterebbe al Consiglio e non alla Commissione;

–        dall’articolo 14 del regolamento antidumping di base del 1996 non si può desumere alcuna autorizzazione all’elaborazione di un regolamento preparatorio alla reintroduzione di un dazio antidumping.

25.      Un secondo ordine di motivi si connette all’idoneità del regolamento di esecuzione 2016/223 quale mezzo per imporre alle autorità doganali nazionali di rinviare la propria decisione sulle richieste di rimborso di dazi antidumping fino a che la Commissione si sarà pronunciata sulle domande di TEM e di TI. Ai sensi dell’articolo 236, paragrafo 1, del codice doganale comune, l’unica questione rilevante, sulla quale devono pronunciarsi le autorità doganali, è se, nel momento in cui sono stati pagati i dazi all’importazione in parola, l’importo fosse effettivamente dovuto. Interferendo in tale processo decisionale, la Commissione violerebbe l’articolo 5 TUE.

26.      In terzo luogo, il giudice del rinvio espone una serie di argomenti che riguardano l’articolo 266 TFUE e i poteri della Commissione per sostituire gli atti annullati con altri atti nuovi in cui non sia presente l’illegittimità rilevata dalla Corte. Tale organo contesta la volontà di conferire al dazio antidumping effetto retroattivo a partire dall’adozione dei regolamenti annullati, malgrado la misura antidumping fosse scaduta il 31 marzo 2011.

27.      La reintroduzione del dazio antidumping non sarebbe consentita ai sensi dell’articolo 10 del regolamento antidumping di base del 1996. Inoltre, ai fini della certezza del diritto, non si potrebbe procedere ad un recupero a posteriori, che è escluso dall’articolo 221, paragrafo 3, prima frase, del codice doganale.

28.      Da ultimo, il giudice a quo espone ragioni pratiche derivanti dal decorso del tempo (che osterebbero all’istituzione di nuovi dazi antidumping) e dalle difficoltà cui dovrebbe far fronte l’esportatore per produrre, dopo che sia trascorso tale lasso di tempo, documenti e informazioni, con il rischio di pregiudicare il diritto della difesa. Tale organo dubita che la procedura concepita dalla Commissione non costituisca un abuso di potere e indica soluzioni alternative che, a suo giudizio, sarebbero state più adeguate.

29.      Sulla scorta di tali argomenti, il Finanzgericht Düsseldorf (Tribunale tributario di Düsseldorf) sottopone alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia valido il regolamento di esecuzione (UE) 2016/223 della Commissione, del 17 febbraio 2016, che stabilisce una procedura di valutazione di determinate domande di trattamento riservato alle società operanti in condizioni di economia di mercato e di trattamento individuale presentate dai produttori esportatori dalla Cina e dal Vietnam ed esegue la sentenza della Corte di giustizia nelle cause riunite C‑659/13 e C‑34/14».

 III.      Procedimento dinanzi alla Corte

30.      L’ordinanza di rinvio è pervenuta alla cancelleria della Corte il 9 maggio 2016.

31.      Hanno presentato osservazioni scritte la Deichmann e la Commissione europea, entrambe presenti all’udienza tenutasi l’11 maggio 2017.

 IV.      Sintesi delle osservazioni delle parti

 A.      Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

32.      La Commissione sostiene che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata irricevibile, alla luce della giurisprudenza della Corte secondo cui una persona che avrebbe chiaramente potuto presentare un ricorso diretto contro un atto dell’Unione e ha lasciato scadere il termine perentorio stabilito dall’articolo 263 TFUE, non può contestare la validità di tale atto dinanzi ai giudici nazionali.

33.      Nel caso in esame, la Commissione asserisce che la Deichmann aveva il diritto di chiedere l’annullamento del regolamento controverso dinanzi al Tribunale, in quanto tale atto la riguardava direttamente e non comportava misure di esecuzione ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Poiché si è astenuta dal proporre ricorso entro il termine all’uopo previsto, tale società non potrebbe chiedere l’annullamento del regolamento in questione dinanzi al giudice nazionale. La circostanza che detto regolamento sia stato approvato dopo che la Deichmann aveva adito il giudice nazionale sarebbe irrilevante.

34.      All’udienza, la Deichmann ha respinto tali eccezioni in quanto, a suo avviso, non sarebbe stata legittimata a impugnare direttamente il regolamento, giacché quest’ultimo non la riguardava in modo diretto. Inoltre, tale atto comportava misure di esecuzione, a livello nazionale e dell’Unione.

 B.      Nel merito

35.      La Deichmann, che invoca l’articolo 5 TUE, deduce una violazione del sistema di ripartizione delle competenze previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. A suo giudizio, poiché gli atti dichiarati invalidi dalla Corte sono stati approvati durante la vigenza del regolamento antidumping di base del 1996, quest’ultimo costituirebbe lo strumento applicabile. Di fatto, l’articolo 23 del regolamento antidumping di base del 2009 stabilisce un regime transitorio che punta in tale direzione. Secondo la società ricorrente, da ciò deriverebbe che, conformemente all’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento antidumping di base del 1996, la competenza spetterebbe al Consiglio e non alla Commissione.

36.      La Deichmann pone l’accento sull’articolo 14 del regolamento antidumping di base del 2009, espressamente menzionato nel regolamento di esecuzione 2016/223, per escludere che tale articolo autorizzi ad emanare un regolamento in esecuzione di una sentenza.

37.      Ove applicabile, l’articolo 14, paragrafo 1, del citato regolamento, permette alle istituzioni dell’Unione unicamente di istituire dazi antidumping provvisori o definitivi, che gli Stati membri devono riscuotere nel rispetto delle condizioni stabilite dal regolamento antidumping di base del 2009. Il regolamento controverso non impone un dazio antidumping né fissa i criteri per la sua riscossione, ma si limita a modulare il rimborso dei dazi antidumping già liquidati (previsto dall’articolo 236 del codice doganale), che è di competenza degli Stati membri.

38.      La Deichmann ritiene inoltre che l’articolo 266 TFUE non possa costituire il fondamento del regolamento controverso. Rinviando agli argomenti esposti nell’ordinanza di rinvio, tale società rileva che l’atto di esecuzione non può incorrere negli stessi vizi di legittimità dell’atto annullato. Nel caso presente, il regolamento di esecuzione 2016/223 si limiterebbe, in contrasto con la sentenza C & J Clark International e Puma (15) a prevedere la verifica di un numero ridotto di TEM e di TI, e perciò incorrerebbe nella stessa illegittimità accertata nell’ambito di tale sentenza.

39.      La ricorrente sostiene che la possibilità di riaprire un procedimento antidumping è limitata alle ipotesi in cui il procedimento non si sia ancora concluso, ossia, qualora i suoi termini non siano ancora scaduti. Poiché nel caso in esame detti termini sono scaduti il 31 marzo 2011, il procedimento non poteva essere riaperto senza comportare una violazione dei principi di irretroattività e di certezza del diritto (articolo 10 dei regolamenti antidumping di base del 1996 e del 2009), nonché della regola della prescrizione di cui all’articolo 221, paragrafo 3, del codice doganale.

40.      La Deichmann si fonda sull’articolo 236 del codice doganale per affermare che le domande di ripetizione dell’indebito devono essere esaminate nel più breve termine possibile. Al contrario, tale articolo non contiene alcuna autorizzazione che consenta alla Commissione di stabilire un termine sospensivo di tale restituzione.

41.      La Commissione avrebbe agito in contrasto con il principio di proporzionalità non avendo rispettato i limiti stabiliti dalla sentenza C & J Clark International e Puma (16) al momento di sospendere l’applicazione dell’articolo 236 del codice doganale, ritardando in tal modo la restituzione dei dazi antidumping. Inoltre, la misura adottata non sarebbe la meno restrittiva tra le misure possibili, poiché subordina il rimborso degli importatori europei all’esame delle domande di TEM e di TI depositate dagli esportatori cinesi. Questi ultimi, tuttavia, non sarebbero in grado di cooperare in maniera adeguata, giacché hanno presentato tali domande più di dieci anni fa e attualmente non sono interessati all’esito di queste ultime, poiché non incidono sui loro diritti.

42.      Infine, la Deichmann invoca l’applicazione analogica dell’articolo 54 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e afferma che la Commissione ha agito con sviamento di potere.

43.      Secondo la Commissione, sarebbe applicabile il regolamento antidumping di base del 2009 e non quello del 1996. Tale istituzione ammette l’esistenza di divergenze linguistiche tra le varie versioni; tuttavia, a suo avviso, tali divergenze dovrebbero essere risolte a favore della vigenza del regolamento antidumping di base del 2009, data la sua finalità codificatrice.

44.      La Commissione giustifica la scelta dell’articolo 14 del regolamento antidumping di base del 2009 come base giuridica del regolamento controverso nel procedimento in esame, sostenendo che i dazi antidumping non costituiscono diritti all’importazione che danno origine a un’obbligazione doganale. Si tratterebbe di misure peculiari rispetto alle quali la legislazione dell’Unione non sarebbe applicata automaticamente, ma solo nella misura in cui il Consiglio e la Commissione lo decidano, caso per caso, al momento dell’adozione di un regolamento che istituisce dazi antidumping.

45.      In questo caso, il Consiglio avrebbe optato per l’applicazione del codice doganale alla riscossione dei dazi antidumping istituiti dal regolamento definitivo e da quello di esecuzione. Tuttavia, nulla avrebbe impedito di utilizzare l’articolo 14 in senso contrario, se del caso, escludendo l’applicazione del codice doganale e quindi la competenza delle autorità nazionali ivi prevista.

46.      Per quanto riguarda gli obblighi impartiti alle autorità nazionali (affinché sospendano la procedura di restituzione e trasmettano determinate informazioni), la Commissione ritiene che gli stessi siano validi. Sebbene tali obblighi privino di effetto il disposto dell’articolo 236 del codice doganale, essi troverebbero fondamento nel potere della Commissione, attribuitole dall’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento antidumping di base del 2009, di determinare non solo la forma e l’aliquota dei dazi in questione, ma anche «gli altri elementi» che gli Stati membri devono utilizzare per riscuoterli.

47.      La Commissione ritiene che tali obblighi siano adeguati, giacché la sentenza C & J Clark Internacional e Puma (17) non avrebbe inciso sull’esistenza del debito di per sé ma solamente sull’aliquota applicabile per la sua liquidazione. In tale quadro, un eventuale rimborso non riguarderebbe la totalità del debito già soddisfatto, ma soltanto il debito risultante dall’applicazione delle aliquote, in seguito all’esame di ciascuna domanda per l’ottenimento del TEM o del TI. È logico pensare che tale esame venga realizzato dalla Commissione prima che le autorità nazionali procedano al rimborso.

48.      La Commissione sostiene che l’articolo 266 TFUE non osta alla riapertura del procedimento. La giurisprudenza della Corte la ammette in seguito all’annullamento o alla dichiarazione di invalidità di un atto dell’Unione, anche in mancanza di un fondamento normativo specifico (18). Inoltre, il termine di prescrizione (tre anni) previsto dall’articolo 221, paragrafo 3, del codice doganale non sarebbe stato violato in quanto era sospeso e, in ogni caso, poteva essere eluso attraverso l’applicazione dell’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento antidumping di base del 2009.

49.      La riapertura in questione non avrebbe avuto effetto retroattivo poiché, in mancanza di un esame delle domande di TEM e TI, il debito degli importatori come la Deichmann doveva considerarsi non accertato in modo definitivo. Pur ammettendo tale effetto retroattivo, la riapertura del procedimento sarebbe permessa purché sia rispettato il legittimo affidamento delle persone interessate (19). Un importatore come la Deichmann non può avvalersi della tutela del legittimo affidamento nel caso in cui la Commissione non abbia chiuso il procedimento con un atto definitivo.

 V.      Valutazione

 A.      Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

50.      La giurisprudenza della Corte (20) subordina l’irricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale, nelle circostanze invocate dalla Commissione, a due condizioni: i) che si tratti di una persona, fisica o giuridica, che avrebbe potuto indiscutibilmente presentare un ricorso diretto e abbia lasciato scadere il termine perentorio impartito dall’articolo 263 TFUE; e ii) che la disposizione di cui viene contestata la legittimità non comporti alcuna misura di esecuzione, ai sensi del quarto comma del medesimo articolo.

51.      Si potrebbe discutere, su un piano dialettico, se il regolamento di esecuzione 2016/223, considerato il tenore del suo articolo 1, paragrafo 1, interessasse direttamente la Deichmann. Sebbene destinatarie del regolamento fossero le autorità doganali nazionali, tale regolamento poteva incidere direttamente sulla situazione giuridica dei soggetti che, come la Deichmann, avevano chiesto il rimborso di dazi antidumping sulla base dell’articolo 236 del codice doganale. Il regolamento di esecuzione 2016/223 impediva direttamente a tali soggetti di ottenere il rimborso dei dazi riscossi (articolo 1, paragrafi 2 e 3).

52.      Tuttavia, non ritengo che occorra pronunciarsi sulla legittimazione attiva della Deichmann, in quanto una semplice lettura dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2016/223 rivela che quest’ultimo comportava misure di esecuzione. La reistituzione del dazio adeguato avrà luogo soltanto dopo la verifica e la valutazione delle domande di TEM e di TI dei produttori esportatori, con l’emanazione di un (nuovo) regolamento.

53.      In altri termini, il regolamento di esecuzione 2016/223 è, in realtà, un antecedente dei regolamenti successivi nei quali dovranno valutarsi le diverse domande di TEM e di TI presentate dai produttori esportatori (21). Pertanto, essendo richiesta l’adozione di misure di esecuzione ai sensi dell’articolo 263 TFUE, quarto comma, non sussistono i presupposti per considerare irricevibile la questione pregiudiziale.

54.      Si deve aggiungere che il regolamento di esecuzione 2016/223 è stato adottato in un momento successivo alla presentazione del ricorso da parte della Deichmann (22). Precisamente nell’ambito del procedimento relativo al diritto al rimborso di quest’ultima sono sorti i dubbi dell’organo giurisdizionale che hanno determinato il presente rinvio pregiudiziale. La Deichmann poteva quindi ragionevolmente supporre che non occorresse impugnare tale regolamento dinanzi al Tribunale, considerata la fase in cui si trovava la sua controversia nel momento in cui lo stesso è stato pubblicato.

55.      Di conseguenza, l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione deve essere respinta.

 B.      Nel merito

56.      Per garantire un’adeguata comprensione dei problemi di cui si discute, rammenterò brevemente il contesto giuridico in cui si inserisce la richiesta di rimborso dei dazi antidumping presentata dalla Deichmann.

57.      In una serie di sentenze (23), la Corte ha dichiarato nulli il regolamento n. 1472/2006 e il regolamento di esecuzione n. 1294/2009, perché la Commissione non aveva proceduto ad esaminare individualmente tutte le domande di TEM e di TI presentate dagli esportatori. Al posto di tale esame individuale, la Commissione aveva realizzato un campione, applicato a tutti i casi e, su tale base, aveva fissato il dazio antidumping da pagare.

58.      Per quanto riguarda, in particolare, il caso in esame, la Commissione, in seguito alla pronuncia della sentenza C & J Clark International e Puma (24), ha istituito una procedura per la verifica della presentazione delle domande di TEM e di TI da parte dei produttori esportatori non inclusi nel campione e, qualora le avessero presentate, per valutarle, in un regolamento di esecuzione in cui, eventualmente, sarebbe stato reistituito il dazio adeguato.

59.      Il regolamento di esecuzione 2016/223, sulla cui validità verte la questione sottoposta dal giudice a quo, costituisce il primo passo di tale processo. Si tratta di un atto normativo caratterizzato da brevità e composto da due articoli (il secondo si limita a indicare la data della sua entrata in vigore).

60.      L’articolo 1 si rivolge alle autorità doganali nazionali che abbiano ricevuto una domanda di rimborso ‑ qualora il produttore esportatore non incluso nel campione abbia chiesto il TEM o il TI – e ordina a tali autorità di trasmettere la domanda in questione alla Commissione (25). Le autorità doganali nazionali non possono decidere in merito alla suddetta domanda (dovendo pertanto sospendere la procedura di rimborso) in attesa che la Commissione pubblichi un regolamento di esecuzione con cui reistituisca i dazi antidumping.

61.      Poiché l’esame della validità di un atto dell’Unione, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, deve essere circoscritto ai motivi contemplati dal giudice del rinvio, non potendo essere esteso ad altri motivi (26), di seguito analizzerò i dubbi del giudice a quo riflessi nell’ordinanza di rinvio e concernenti: i) la base giuridica utilizzata dalla Commissione per adottare il regolamento di esecuzione 2016/223 (27);ii) la competenza della Commissione a riaprire il procedimento antidumping (28); iii) la possibilità di annullare l’efficacia immediata dell’articolo 236 del codice doganale (29); iv) la portata della riapertura del procedimento e l’efficacia temporale del nuovo regolamento (30), e v) le peculiarità del procedimento riaperto e l’accertamento dei fatti determinanti ai fini della soluzione del medesimo (31).

 1.      Sulla base giuridica

62.      Ai sensi dell’articolo 236 del codice doganale, dopo che sia stato annullato un regolamento che istituisce un dazio antidumping, si procede, in linea di principio, al rimborso degli importi versati in forza del regolamento annullato. Una volta eliminata la base giuridica per la loro esazione, i detti importi risultano indebiti, a decorrere dal momento in cui sono stati versati.

63.      La controversia deriva dal fatto che la Commissione, con il regolamento di esecuzione 2016/223, ha imposto alcune condizioni all’applicazione dell’articolo 236 del codice doganale.

64.      Il caso di cui trattasi presenta alcuni punti in comune con quello esaminato nella sentenza del 18 gennaio 2017, Wortmann (32). In tale causa la polemica era incentrata sull’applicazione dell’articolo 241 del codice doganale, che limita il pagamento degli interessi in caso di rimborso dei dazi antidumping indebitamente percepiti. Ora il problema verte sulla possibilità che la Commissione fissi un termine sospensivo, durante il quale le autorità nazionali non possono applicare l’articolo 236 del codice medesimo, in attesa che la Commissione decida in merito alle domande di TEM e di TI che sono state presentate. In entrambi i casi preesistono sentenze della Corte dichiarative dell’invalidità di un regolamento con il quale sono stati istituiti dazi antidumping.

65.      Nelle conclusioni relative alla causa Wortmann (33) mi sono riferito al meccanismo di liquidazione dei dazi antidumping, che si fonda, sostanzialmente, sulla struttura della liquidazione dei dazi doganali (34) Le disposizioni del codice doganale che contemplano il rimborso dei dazi pagati indebitamente si collegano a quelle che in tale occasione ho denominato situazioni «ordinarie», intendendo con ciò i casi in cui la liquidazione del debito risulta viziata a causa dell’errata determinazione dei singoli elementi del debito doganale. Diverse sono le ipotesi in cui il rimborso degli importi pagati indebitamente dagli importatori consegue all’annullamento del regolamento istitutivo del dazio antidumping.

66.      Quando si trovano di fronte a una dichiarazione giudiziaria di invalidità dei loro atti, le istituzioni dell’Unione hanno a disposizione varie opzioni, in funzione del contenuto della sentenza e della portata delle loro prerogative.

67.      Anzitutto esse devono verificare se la sentenza dichiari una nullità insanabile dell’atto o se, invece, l’azione o l’omissione dell’istituzione interessata possa essere corretta. In quest’ultima ipotesi, tra le competenze delle istituzioni è compresa, normalmente, quella di conformare il suo comportamento alla legalità, come stabilito nel contenuto della sentenza. Ai sensi di quest’ultima, l’istituzione interessata potrà quindi riaprire il procedimento, o dal principio o dal momento in cui si è verificata l’illegittimità dichiarata.

68.      La Corte ha esaminato tali problematiche, relativamente ai dazi antidumping, nella sentenza del 28 gennaio 2016, CM Eurologistik e GLS, la cui rilevanza per la presente causa mi sembra indiscutibile (35).. In particolare, si trattava di stabilire se, nonostante la mancanza di norme al riguardo in un regolamento antidumping di base, fosse possibile riaprire il procedimento una volta constatata l’invalidità dell’atto controverso a seguito di un rinvio pregiudiziale.

69.      La Corte ha dichiarato che in tali casi è applicabile per analogia l’obbligo previsto dall’articolo 266 TFUE in caso di sentenze di annullamento: «(…) la sua decisione produce la conseguenza giuridica di imporre alle istituzioni interessate l’obbligo di adottare i provvedimenti necessari per porre rimedio all’illegittimità accertata». E, in particolare, al fine di «conformarsi a tale obbligo, le istituzioni interessate sono tenute a rispettare non solo il dispositivo della sentenza di annullamento o d’invalidità, ma anche la motivazione da cui quest’ultima discende e che ne costituisce il sostegno necessario» (36).

70.      In tale causa, la Corte ha inoltre verificato (analogamente a quanto accaduto nelle sentenze dichiarative di invalidità all’origine del presente procedimento) un’irregolarità che non determinava la nullità dell’intero procedimento. Essa ha aggiunto che le istituzioni possono «al fine di adottare un atto volto a sostituire un precedente atto annullato o dichiarato invalido, riaprire il procedimento alla fase in cui tale illegittimità si è verificata» (37). Essa ha affermato, sulla stessa linea, che «l’annullamento di un atto dell’Unione non incide necessariamente sugli atti preparatori di quest’ultimo» (38).

71.      La sentenza CM Eurologistik e GLS ha sottolineato che «non è necessario che la facoltà di riaprire il procedimento sia esplicitamente prevista dalla normativa applicabile affinché le istituzioni autrici di un atto annullato o dichiarato invalido possano farvi ricorso. La Corte ha peraltro già potuto dichiarare, senza riferirsi a una specifica base giuridica, che esse potevano ricorrere a siffatta facoltà in seguito a una sentenza di annullamento di un regolamento istitutivo di dazi antidumping (v., in tal senso, sentenza Industrie des poudres sphériques/Consiglio, C‑458/98 P, EU:C:2000:531, punti 82 e 94)» (39).

72.      Pertanto, il fatto che il regolamento di base non contenga l’autorizzazione a riaprire il procedimento dopo la dichiarazione di invalidità di un regolamento antidumping non comporta l’invalidità dell’atto che venga emanato in esecuzione di una sentenza (40).

73.      Alla luce di tali precisazioni, la Commissione, da un lato, è legittimata ad agire in modo tale da ristabilire la legalità, conformemente alla sentenza dichiarativa di invalidità e, dall’altro, a tenore dell’articolo 266 TFUE, è obbligata a conformare la propria azione al contenuto della sentenza medesima.

74.      In concreto, non sarebbe indispensabile neppure invocare l’articolo 14 del regolamento antidumping di base del 2009, allorché il vero fondamento giuridico per la riapertura del procedimento risiede nel potere-dovere della Commissione che, lo ripeto, è tenuta a ristabilire la legalità conformemente al dispositivo e alla motivazione della sentenza pregiudiziale che ha dichiarato l’invalidità dei regolamenti antidumping.

75.      Non mi pare che tale linea giurisprudenziale debba considerarsi contraddetta dalla sentenza del 14 giugno 2016, Commissione/McBride e a. (41), pronunciata in un contesto in cui il regolamento che aveva costituito la base dell’atto annullato era stato abrogato, senza che uno nuovo lo avesse sostituito.

76.      È pur vero che, in tale sentenza, la Corte ha dichiarato che «l’obbligo di agire risultante dall’articolo 266 TFUE non costituisce una fonte di competenza per la Commissione e non le permette neanche di fondarsi su una base giuridica che nel frattempo è stata abrogata» (42). Tuttavia, tale causa differiva dalla presente in quanto le norme attributive della competenza ad emanare un atto (in sostituzione di quello annullato) non facevano più parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, e l’istituzione interessata non poteva fondare la sua competenza ad agire esclusivamente sull’articolo 266 TFUE. Per contro, nel caso presente il substrato giuridico non è scomparso, e si è solamente prodotto un cambiamento nell’attribuzione di competenza alla Commissione, come espongo di seguito.

77.      Ritengo comunque che la citazione dell’articolo 14 del regolamento antidumping di base del 2009 non sia fuori luogo. Il paragrafo 1 di tale articolo prevede che i dazi antidumping siano imposti con regolamento e siano riscossi dagli Stati membri secondo la forma, l’aliquota e gli altri elementi fissati nel regolamento istitutivo.

78.      La peculiarità del caso presente consiste nel fatto che la Commissione ha agito in due tempi. In un primo momento ha adottato il regolamento di esecuzione 2016/223, con cui richiede alle autorità doganali le informazioni relative alle domande di rimborso presentate e ordina alle stesse di sospendere temporalmente l’applicazione dell’articolo 236 del codice doganale. In seguito, detta istituzione ha emanato i regolamenti di esecuzione, in cui valuta le domande di TEM e di TI dei produttori esportatori che non erano stati inclusi nel campione iniziale.

79.      Si potrebbe discutere se la menzione degli «altri elementi» cui allude l’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento antidumping di base del 2009 consenta alla Commissione di adottare tutte le misure disposte nel regolamento di esecuzione 2016/223. Tuttavia, anche nel caso in cui una misura non risultasse idonea o proporzionata, non per questo la Commissione sarebbe incorsa in un vizio di validità (per mancanza di base giuridica) adottando tale regolamento di esecuzione.

80.      Dobbiamo nuovamente risalire al difetto che ha determinato la nullità del regolamento n. 1472/2006, con cui erano stati istituiti dazi antidumping definitivi sulle importazioni di calzature in una percentuale compresa tra il 9,7% e il 16,5%. La Corte non ha dichiarato che tali dazi erano invalidi, ma che la Commissione avrebbe dovuto esaminare le corrispondenti richieste per verificare che le condizioni di un’economia di mercato prevalessero anche per le ricorrenti. Solo in seguito a siffatto esame e a tale verifica si sarebbe potuto stabilire se l’aliquota applicabile a ciascun richiedente fosse l’una (il 16,5%) o l’altra (il 9,7%).

81.      Così, la riapertura del procedimento, conseguente alle sentenze di annullamento, era tanto coerente quanto obbligatoria, poiché doveva fornire una risposta alle domande depositate, stabilendo se alcune di esse meritassero un’aliquota più bassa (9,7%), rispetto all’aliquota generale che era stata loro applicata (16,5%). La base giuridica per adottare tale decisione finale era, in realtà, la stessa che a suo tempo (nel 2006) aveva legittimato l’istituzione di dazi antidumping definitivi.

82.      Il regolamento di esecuzione 2016/223 non è altro che uno strumento funzionale all’obiettivo di liquidare, una volta per tutte, i dazi antidumping corrispondenti. Ispirato a criteri di efficacia, tale regolamento ha inteso evitare valutazioni non necessarie di domande di TEM e di TI, disponendo nel contempo una sospensione temporanea dei rimborsi di alcuni importi la cui conformità al diritto dipenderà dalla realizzazione di tali valutazioni.

 2.      Sulla competenza della Commissione

83.      L’ordinanza di rinvio mette in dubbio la competenza della Commissione ad adottare il regolamento di esecuzione 2016/223 per il motivo che, nel momento in cui sono stati emanati i regolamenti antidumping dichiarati invalidi dalla Corte, tale competenza spettava al Consiglio (43).

84.      Nello stesso ambito dei dazi antidumping, la Corte si è riferita all’azione delle istituzioni esercitata nei limiti della loro competenza in occasione della sentenza Commissione/McBride e a. (44), all’interno della quale si rinvengono le seguenti affermazioni:

–        «(…) se il rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo nonché i dettami dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento impongono l’applicazione delle norme sostanziali in vigore all’epoca dei fatti di cui trattasi, nonostante tali norme non siano più in vigore al momento dell’adozione di un atto da parte dell’istituzione dell’Unione, la disposizione che costituisce, invece, la base giuridica di un atto e che legittima l’istituzione dell’Unione ad adottare l’atto in questione deve essere in vigore al momento di tale adozione. Allo stesso modo, la procedura di adozione di tale atto deve essere eseguita nel rispetto delle norme in vigore al momento di quest’adozione» (45).

–        «[D]etta giurisprudenza [(46)] consente l’applicazione di norme sostanziali in vigore al momento dei fatti del caso di specie seguendo norme procedurali vigenti al momento dell’adozione dell’atto in questione, purché la base giuridica che legittima l’istituzione ad agire sia in vigore al momento dell’adozione dell’atto stesso» (47).

85.      Il regolamento antidumping di base del 1996 attribuiva al Consiglio la competenza ad adottare il regolamento che avrebbe istituito un diritto antidumping definitivo (articolo 9, paragrafo 4), alla stregua del regolamento antidumping di base del 2009 (articolo 9, paragrafo 4).

86.      Tuttavia, tale attribuzione di competenza è stata modificata dal regolamento (UE) n. 37/2014 (48), affinché, tra le altre misure, la competenza fosse trasferita alla Commissione. Sebbene l’articolo 3 del regolamento succitato preveda una serie di casi in cui la sua applicazione è esclusa (49), nessuno di essi si verifica nella presente causa, giacché il procedimento di riapertura è stato avviato dopo la sua entrata in vigore. Pertanto, alla data in cui è stato discusso e approvato il regolamento di esecuzione 2016/223, la Commissione era, conformemente alla giurisprudenza riportata nel precedente paragrafo, l’istituzione competente a emanare l’atto con il quale si sanava l’illegittimità verificatasi.

87.      Come ho già indicato, nella presente causa non si osserva la circostanza constatata nella sentenza Commissione/Mc Bride (50) ma, al contrario, un cambiamento nell’attribuzione della competenza alla Commissione, alla quale spetta applicare le pertinenti disposizioni sostanziali e procedurali vigenti, rispettivamente, nel momento in cui si producono i fatti e viene emanato l’atto (51).

 3.      La sospensione dell’efficacia dell’articolo 236 del codice doganale

88.      L’articolo 236 del codice doganale non prevede la sospensione dei procedimenti di rimborso dei prelievi doganali considerati indebiti. Credo tuttavia che l’interpretazione letterale di tale disposizione possa modularsi quando si tratta di rimborsi sui quali si sia (previamente) pronunciata la Corte.

89.      Gli effetti pratici del regolamento di esecuzione 2016/223 si ripercuotono, da un lato, sulle autorità doganali nazionali e, dall’altro, sugli importatori che desiderano ottenere la restituzione dei dazi antidumping pagati.

90.      Con riferimento alle autorità doganali degli Stati membri (nessuno dei quali risulta aver impugnato il regolamento di esecuzione 2016/223 per il motivo che pregiudicava le sue competenze), non si può ignorare il fatto che i dazi antidumping fanno parte delle risorse proprie dell’Unione (52). Come ho segnalato nelle conclusioni relative alla causa Wortmann (53) «[l]e risorse proprie (…) sono gestite secondo uno schema in cui le Amministrazioni degli Stati membri provvedono alla liquidazione e alla riscossione e procedono alla ripartizione degli introiti con l’Unione. Lo Stato agisce quindi come strumento delle istituzioni dell’Unione europea. Tale circostanza implica un collegamento particolare tra le autorità nazionali e la sentenza di annullamento di un regolamento antidumping e rafforza l’esigenza che il giudice tenga conto della giurisprudenza della Corte in tale materia, nonché dei criteri di esecuzione derivanti dall’articolo 266 TFUE».

91.      In tale contesto, in cui si intrecciano gli ambiti di competenza delle amministrazioni pubbliche che intervengono nel processo di definizione, gestione, e riscossione dei dazi antidumping, mi sembra difficile escludere che le azioni della Commissione, conseguenti a una sentenza di annullamento (ovvero a una sentenza pregiudiziale di invalidità) di un regolamento antidumping non possano incidere sul comportamento delle autorità doganali nazionali.

92.      Tanto la richiesta di rimborso dei dazi antidumping indebitamente prelevati quanto la previa liquidazione dei dazi stessi hanno origine nella determinazione degli stessi effettuata a suo tempo dalla Commissione. La loro qualificazione come indebiti sarà indissociabilmente legata all’assenza di copertura giuridica, ossia, all’invalidità del singolo atto che li ha liquidati o dell’atto in forza del quale sono stati istituiti. La seconda ipotesi è quella che interessa nella specie.

93.      È certamente vero che la giurisprudenza della Corte (54) ha stabilito inequivocabilmente il principio secondo cui un contribuente che abbia indebitamente versato importi riscossi in violazione del diritto dell’Unione ha diritto alla restituzione degli stessi.

94.      Nella causa in esame, l’applicazione della nozione di «indebiti» deve porsi in relazione con il dispositivo e con la motivazione della sentenza che ha dichiarato l’invalidità del regolamento n. 1472/2006 e del regolamento di esecuzione n. 1294/2009. Se, come già esposto supra, tale annullamento deriva dal fatto che la Commissione ha fissato il dazio antidumping senza effettuare un esame individuale delle domande di TEM e di TI presentate dai produttori esportatori (ma ha esaminato solo un campione), la violazione così commessa ha avuto luogo in un momento specifico del procedimento ed era sanabile ai sensi della giurisprudenza summenzionata.

95.      È legittimo dunque, in via di principio, riaprire il procedimento nel momento in cui si è verificata l’illegittimità, come ha fatto la Commissione. Occorre ora stabilire se tale istituzione abbia violato l’articolo 236 del codice doganale imponendo alle autorità nazionali un periodo di attesa affinché potesse verificare se doveva restituire gli importi che erano stati indebitamente versati.

96.      Ritengo di no. Dati i termini della sentenza dichiarativa di invalidità dei regolamenti in questione, non si sapeva, in realtà, se gli importi versati fossero «indebiti» o meno. La Corte si è pronunciata sull’iter che ha preceduto la decisione, ma non sul contenuto di quest’ultima (vale a dire, sugli importi dei dazi antidumping liquidabili).

97.      Allo scopo di chiarire il dubbio di merito, ancora insoluto, la Commissione deve riaprire il procedimento dal momento in cui si è verificata l’illegittimità ed esaminare le domande di TEM e di TI presentate da ciascun esportatore. Inoltre trovo logico che, nel corso di tale procedimento, le autorità nazionali sospendano la loro decisione in attesa di conoscere quella della Commissione. Fino ad allora, dette autorità non potranno sapere con certezza se e in che misura il dazio antidumping che è stato pagato fosse indebito (55).

98.      Dal punto di vista degli importatori che chiedono il rimborso, è vero che essi continueranno ad essere privati della disponibilità delle somme di denaro reclamate fino a quando la Commissione non avrà completato il procedimento. Tuttavia, come ha dichiarato la Corte (56), «[q]ualora siano rimborsati dazi all’importazione, inclusi i dazi antidumping, in ragione del fatto che sono stati percepiti in violazione del diritto dell’Unione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, sussiste un obbligo per gli Stati membri, derivante dal diritto dell’Unione, di pagare ai soggetti che hanno diritto al rimborso gli interessi ad esso relativi, che decorrono dalla data del versamento, da parte di tali soggetti, dei dazi rimborsati».

99.      Di conseguenza, nessun danno effettivo può derivare per l’importatore dalla sospensione, poiché qualora venga dichiarato, a posteriori, che i dazi all’importazione erano stati «percepiti in violazione del diritto dell’Unione», la restituzione di tali dazi dovrà essere accompagnata dal pagamento degli interessi dalla data del versamento a quella del rimborso, il che compensa qualsiasi ritardo.

100. Infine, ritengo che, vista nell’ottica del principio di proporzionalità, la decisione di sospendere il procedimento di rimborso non violi tale principio. L’alternativa sarebbe stata quella di rimborsare gli importi richiesti per poi, eventualmente, chiederne di nuovo il pagamento, in seguito alla valutazione delle domande di TEM e di TI. Insisto che mi sembra più adeguato mantenere lo status quo, in quanto l’(eventuale) pieno risarcimento della perdita di disponibilità del denaro, in attesa che la Commissione adotti una decisione, è garantito dal godimento degli interessi.

 4.      Sulla portata della valutazione delle domande di TEM e di TI e sull’efficacia temporale del regolamento di esecuzione 2016/223

101. Alla Commissione si rimprovera il fatto che, nel regolamento di esecuzione 2016/223, avrebbe previsto la valutazione delle domande di TEM e di TI solo per alcuni produttori esportatori e non per tutti, il che potrebbe comportare la non conformità con la sentenza già divenuta esecutiva.

102. Non condivido tale argomento. La Commissione tiene conto di ragionevoli considerazioni di ordine pratico quando avvia la propria verifica unicamente in relazione alle domande il cui contenuto potrebbe determinare un impatto sugli importatori che abbiano chiesto il rimborso dei dazi antidumping. Nel caso specifico cui si riferisce la questione pregiudiziale, tale obiezione potrebbe essere rilevante se il regolamento di esecuzione 2016/223 impedisse che le domande di TEM e di TI presentate dagli esportatori di calzature acquistate dalla Deichmann fossero incluse nella valutazione, ipotesi che non ricorre.

103. Si tratta ora di verificare se il regolamento di esecuzione 2016/223 violi i principi di certezza del diritto e di irretroattività (sottesi all’articolo 10 del regolamento antidumping di base del 1996 e del regolamento del 2009) o la regola della prescrizione di cui all’articolo 221, paragrafo 3, del codice doganale (57).

104. Ritengo di no. Come ho già indicato, la giurisprudenza della Corte consente alle istituzioni di riaprire un procedimento inficiato da una dichiarazione di nullità, a condizione che si applichi la normativa vigente al momento in cui si verificano i fatti, si rispetti la procedura di elaborazione vigente al momento di emanare il nuovo atto che in tale preciso momento l’istituzione sia dotata di competenza.

105. La retroattività implicherebbe l’applicazione ad una situazione giuridica già consolidata di una norma adottata successivamente. Ciò non accade nel caso di specie, precisamente perché le norme applicabili sono quelle vigenti al momento in cui si sono verificati i fatti, e le aliquote dei dazi antidumping liquidabili non variano. L’unica questione che rimane da risolvere è se, conformemente a tali norme, alle liquidazioni pertinenti debba essere applicata l’una o l’altra aliquota (generale o ridotta), in funzione della qualità dell’esportatore che ha richiesto lo status TEM o TI. Il risultato finale sarà espresso in un saldo che, qualora sia favorevole all’importatore, conferirà a quest’ultimo il diritto di ottenere il rimborso senza perdite di valore, essendo maggiorato degli interessi dovuti dalla data del versamento indebito.

106. In ordine alla prescrizione, la situazione è analoga a quella considerata nell’ambito dell’esame dell’applicabilità dell’articolo 236 del codice doganale, con riferimento all’esecuzione di una sentenza. Fin dal momento in cui si è aperta la discussione sulla validità dei regolamenti che fornivano la base per la determinazione del dazio antidumping si è prodotta una situazione di pendenza. Le liquidazioni praticate dipendevano dall’esito della sentenza. Una volta emanata quest’ultima, il suo contenuto si proietta su tutte le dette situazioni, fino a quel momento provvisorie, che devono essere riviste per uniformarsi ad essa.

107. Tale carattere provvisorio influisce in ugual misura in entrambe le direzioni. Gli importatori tentano di avvalersi dell’articolo 221, paragrafo 3, del codice doganale per limitare l’esercizio dei poteri della Commissione e delle autorità nazionali al periodo di tre anni ivi indicato. Tuttavia, se venisse accolta la loro tesi, come sostiene la Deichmann, si potrebbe anche obiettare che il decorso del tempo avrebbe fatto decadere il loro diritto alla ripetizione dell’indebito, essendo scaduto il termine di tre anni previsto dall’articolo 236, paragrafo 2, dello stesso codice. L’applicazione automatica dei termini, senza tenere conto dell’effetto interruttivo esercitato su di essi dalle azioni giudiziarie e quelle amministrative derivanti da queste ultime, vanificherebbe l’efficacia delle sentenze, poiché il decorso del tempo le renderebbe ineseguibili in tutti i casi in cui la decisione passasse in giudicato dopo che sia trascorso tale lasso di tempo.

108. È vero che, come si indica nell’ordinanza di rinvio, il Consiglio, con decisione di esecuzione del 18 marzo 2014 (58), ha respinto la proposta di regolamento di esecuzione presentata dalla Commissione in esecuzione della sentenza Brosmann (59). Tale decisione si è fondata sull’articolo 221, paragrafo 3, del codice doganale, e sul rigetto di un’asserita imposizione retroattiva.

109. Tuttavia, non ritengo che la detta decisione del Consiglio vincoli la Commissione una volta che quest’ultima abbia acquisito competenza decisionale, poiché i presupposti di allora sono diversi da quelli di oggi. Come si deduce dal decimo considerando del regolamento di esecuzione 2016/223, all’epoca è stata determinante la circostanza che le autorità doganali competenti avessero rimborsato i dazi doganali sulla base dell’articolo 236 del codice doganale, mentre adesso tale rimborso non ha avuto luogo.

110. La pendenza dei procedimenti giurisdizionali relativi alla validità dei regolamenti antidumping ci impedisce di parlare di attentato alla certezza del diritto. Il dissenso era pubblico e implicava che le liquidazioni dipendessero dall’esito che avrebbero avuto i corrispondenti procedimenti (60).

 5.      Sulla procedura e i mezzi di prova per decidere in merito alle domande di TEM e di TI

111. Nell’ordinanza di rinvio si pongono in questione determinati aspetti riguardanti la procedura di valutazione e la prova delle domande di TEM e di TI.

112. Ritengo tuttavia che si tratti di problemi prematuri. Il regolamento di esecuzione 2016/223, come ho già rilevato, è volto a preparare (61) il procedimento di esame delle domande di TEM e di TI che non sono state inizialmente valutate. La discussione relativa alle modalità di svolgimento di tale procedimento e alle maggiori o minori difficoltà probatorie che quest’ultimo può comportare, dato il tempo trascorso dalla presentazione di tali domande, sarà oggetto dell’eventuale impugnazione dei regolamenti di esecuzione successivi (62).

113. In questi ultimi regolamenti, che sono già stati pubblicati (63), la Commissione ha «reistituito» i dazi antidumping definitivi, dopo aver esaminato le domande di ciascun produttore-esportatore, gli argomenti delle imprese interessate e le prove contenute nel fascicolo. Se, per raggiungere tale risultato finale, la Commissione abbia agito conformemente al diritto, è una questione che potrà essere chiarita solamente analizzando le corrispondenti procedure conclusesi con l’approvazione di tali nuovi regolamenti di esecuzione.

 VI.      Conclusione

114. Alla luce di quanto precede, propongo di rispondere al Finanzgericht Düsseldorf (Tribunale tributario di Düsseldorf, Germania), nei seguenti termini:

«L’esame della questione pregiudiziale non ha posto in rilievo alcun aspetto che possa inficiare la validità del regolamento di esecuzione (UE) 2016/223 della Commissione, del 17 febbraio 2016, che stabilisce una procedura di valutazione di determinate domande di trattamento riservato alle società operanti in condizioni di economia di mercato e di trattamento individuale presentate da produttori esportatori della Cina e del Vietnam ed esegue la sentenza della Corte nelle cause riunite C‑659/13 e C‑34/14».


1      Lingua originale: lo spagnolo.


2      Regolamento di esecuzione della Commissione, del 17 febbraio 2016, che stabilisce una procedura di valutazione di determinate richieste di trattamento riservato alle società operanti in condizioni di economia di mercato e di trattamento individuale presentate da produttori esportatori della Cina e del Vietnam ed esegue la sentenza della Corte nelle cause riunite C‑659/13 e C‑34/14 (GU 2016, L 41, pag. 3).


3      Con la sentenza del 4 febbraio 2016, C & J Clark International e Puma (C‑659/13 e C‑34/14, EU:C:2016:74), la Corte ha dichiarato invalidi il regolamento (CE) n. 1472/2006 e il regolamento di esecuzione (UE) n. 1294/2009.


4      In prosieguo: la «Deichmann».


5      Regolamento del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1992, L 302, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale»).


6      Versione risultante dal regolamento (CE) n.o2700/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2000 (GU 2000, L 311, pag. 17).


7      Regolamento del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 2009, L 343, pag. 51; in prosieguo: il «regolamento antidumping di base del 2009»).


8      Regolamento del Consiglio, del 5 ottobre 2006, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva dei dazi provvisori istituiti sulle importazioni di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio originarie della Repubblica popolare cinese e del Vietnam (GU 2006, L 275, pag. 1).


9      Regolamento di esecuzione del Consiglio, del 22 dicembre 2009, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio originarie del Vietnam e della Repubblica popolare cinese esteso alle importazioni di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio spedite dalla RAS di Macao, a prescindere che siano dichiarate o no originarie della RAS di Macao, in seguito ad un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio (GU 2009, L 352, pag. 1).


10      Regolamento del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1), modificato dai regolamenti (CE) del Consiglio n. 905/98, del 27 aprile 1998 (GU 1998, L 128, pag. 18), e n. 2238/2000, del 9 ottobre 2000 (GU 2000, L 257, pag. 2) (in prosieguo: il «regolamento antidumping di base del 1996»).


11      Sentenze del 2 febbraio 2012, Brosmann Footwear (HK) e a./Consiglio (C‑249/10 P, EU:C:2012:53); e del 15 novembre 2012, Zhejiang Aokang Shoes/Consiglio (C‑247/10 P, non pubblicata, EU:C:2012:710). In appresso, mi riferirò collettivamente a tali sentenze soltanto come alla sentenza Brosmann.


12      Ibidem.


13      Sentenza del 4 febbraio 2016, C‑659/13 e C‑34/14, EU:C:2016:74.


14      L’annullamento è stato dovuto al fatto che la Commissione europea non aveva esaminato le domande per ottenere il trattamento riservato alle società operanti in un’economia di mercato o il trattamento individuale («TI») presentate dai produttori esportatori dalla Cina e dal Vietnam non inclusi nel campione, in contrasto con le prescrizioni degli articoli 2, paragrafo 7, lettera b), e 9, paragrafo 5, del regolamento n. 384/96.


15      Sentenza del 4 febbraio 2016, C‑659/13 e C‑34/14, EU:C:2016:74.


16      Ibidem.


17      Sentenza del 4 febbraio 2016, C‑659/13 e C‑34/14, EU:C:2016:74.


18      Sentenze del 3 ottobre 2000, Industrie des poudres sphériques/Consiglio (C‑458/98 P, EU:C:2000:531), punti 82 e 94; e del 28 gennaio 2016, CM Eurologistik e GLS (C‑283/14 e C‑284/14, EU:C:2016:57), punto 52.


19      Sentenza del 9 gennaio 1990, SAFA (C‑337/88, EU:C:1990:1), punto 13.


20      V., per tutte, sentenze del 14 marzo 2017, A e a. (C‑158/14, EU:C:2017:202), punti da 67 a 70, e del 5 marzo 2015, Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português (C‑667/13, EU:C:2015:151), punti da 28 a 30.


21      Di fatto, sono pendenti dinanzi alla Corte due cause aventi ad oggetto domande di pronuncia pregiudiziale riguardanti i regolamenti di esecuzione che concludono il detto procedimento [regolamenti di esecuzione (UE) 2016/1395 e 2016/2257)]. Si tratta delle cause C‑612/16, C & J Clark International, e C‑631/16, X BV/Inspecteur van de Belastingdienst/Douane kantoor Rotterdam Rijnmond. Entrambi i procedimenti sono stati sospesi in attesa che sia pronunciata una sentenza nel presente procedimento. Oltre ai suddetti regolamenti, sono stati emanati i regolamenti di esecuzione (UE) 2016/1647 e 2016/1731.


22      La domanda di rimborso è stata depositata il 12 giugno 2012 e il regolamento di esecuzione (UE) 2016/223 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 18 febbraio 2016.


23      Sentenze del 15 novembre 2012, Zhejiang Aokang Shoes/Consiglio (C‑247/10 P, non pubblicata, EU:C:2012:710); del 2 febbraio 2012, Brosmann Footwear (HK) e a. /Consiglio (C‑249/10 P, EU:C:2012:53), e del 4 febbraio 2016, C & J Clark International e Puma (C‑659/13 e C‑34/14, EU:C:2016:74).


24      Sentenza del 4 febbraio 2016, C‑659/13 e C‑34/14, EU:C:2016:74.


25      Tale rinvio mira a identificare i produttori esportatori le cui domande di TEM e di TI devono essere valutate, in quanto connesse a richieste di rimborso presentate dagli importatori.


26      Sentenza del 28 gennaio 2016, CM Eurologistik e GLS (C‑283/14 e C‑284/14, EU:C:2016:57), punto 46.


27      Ordinanza di rinvio, punti da 13 a 24.


28      Ibidem, punti 19 e 32.


29      Ibidem, punti da 25 a30.


30      Ibidem, punti da 31 a 37.


31      Ibidem, punti da 38 a 42.


32      Causa C‑365/15, EU:C:2017:19.


33      Conclusioni nella causa Wortmann (C‑365/15, EU:C:2016:663), paragrafo 43.


34      Nel caso specifico del regolamento n. 1472/2006, i dazi sono stati fissati in percentuale sulla tariffa. La fase precedente alla loro liquidazione era quindi l’applicazione al valore in dogana dell’aliquota corrispondente per determinare l’importo. Successivamente si applicava a tale importo tariffario la quota corrispondente al dazio antidumping (articolo 1, paragrafo 3, del regolamento n. 1472/2006).


35      Cause C‑283/14 e C‑284/14, EU:C:2016:57.


36      Ibidem, punti 48 e 49, in cui si cita la sentenza del 22 dicembre 2008, Régie Networks (C‑333/07, EU:C:2008:764), punto 124 e giurisprudenza ivi citata. Senza corsivo nell’originale.


37      Ibidem, punto 51.


38      Ibidem, punto 50.


39      Ibidem, punto 52.


40      Ibidem, punto 55.


41      Causa C‑361/14 P, EU:C:2016:434.


42      Ibidem, punto 38.


43      L’ordinanza di rinvio cita l’articolo 23 del regolamento antidumping di base del 2009 per giustificare l’applicazione del regolamento antidumping di base del 1996. Tuttavia il trasferimento della competenza è avvenuto con una modifica successiva, il che rende irrilevante il riferimento a tale articolo.


44      Sentenza del 14 giugno 2016, C‑361/14 P, EU:C:2016:434.


45      Ibidem, punto 40.


46      Allude alle sentenze del Tribunale del 25 ottobre 2007, SP e a./Commissione (T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03, EU:T:2007:317), e del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a. (C‑201/09 P e C‑216/09 P, EU:C:2011:190).


47      Sentenza del 14 giugno 2016, Commissione/McBride e a. (C‑361/14 P, EU:C:2016:434), punto 45.


48      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2014, che modifica alcuni regolamenti in materia di politica commerciale comune per quanto riguarda le procedure di adozione di determinate misure (GU 2014, L 18, pag. 1), entrato in vigore il trentesimo giorno successivo alla sua pubblicazione, il 21 gennaio 2014.


49      Sono «le procedure in itinere relative all’adozione di misure previste dai regolamenti elencati nell’allegato del presente regolamento [tra le quali figura il regolamento n. 1225/09] qualora alla data di entrata in vigore del presente regolamento (…) a) la Commissione abbia adottato un atto, b) sia prescritta la consultazione a norma dei regolamenti elencati nell’allegato e tale consultazione sia stata avviata, oppure c) sia prescritta una proposta a norma di uno dei regolamenti elencati nell’allegato e la Commissione abbia adottato tale proposta».


50      Sentenza del 14 giugno 2016, C‑361/14 P, EU:C:2016:434.


51      Merita essere ricordata anche la sentenza del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a. (C‑201/09 P e C‑216/09 P, EU:C:2011:190), punto 63, secondo il cui tenore «conformemente ad un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le cui origini risalgono al diritto romano, qualora venga mutata la legge ed il legislatore non esprima una volontà contraria, è opportuno assicurare la continuità degli istituti giuridici».


52      Il bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio 2016 (GU 2016, L 48, pag. 1) contiene, sotto il titolo «Risorse proprie» (pag. 36), il capitolo 12 concernente i «Dazi doganali e altri diritti previsti dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2007/436/CE, Euratom», che, oltre ai dazi della tariffa doganale comune, comprende «altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell’Unione europea sugli scambi con paesi terzi».


53      Causa C‑365/15, EU:C:2016:663, paragrafo 65.


54      Sentenze dell’8 marzo 2001, Metallgesellschaft e a. (C‑397/98 e C‑410/98, EU:C:2001:134); del 12 dicembre 2006, Test Claimant in the FII Group Litigation (C‑446/04, EU:C:2006:774); del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail e a. (C‑591/10, EU:C:2012:478); del 27 settembre 2012, Zuckerfabrik Jülich e a. (C‑113/10, C‑147/10 e C‑234/10, EU:C:2012:591), e del 18 aprile 2013, Irimie (C‑565/11, EU:C:2013:250).


55      Lo stesso giudice a quo, al punto 40 dell’ordinanza di rinvio, sembra intuire una siffatta soluzione, quando osserva che, ai fini della reintroduzione di un dazio antidumping, basterebbe valutare le domande di TEM e di TI ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento n. 384/96 senza che, in linea di principio, occorra un nuovo regolamento, in quanto si dovrebbero evadere esclusivamente i fascicoli corrispondenti alle domande che si trovano presso la Commissione.


56      Sentenza del 18 gennaio 2017, Wortmann (C‑365/15, EU:C:2017:19), dispositivo.


57      All’udienza, la Deichmann ha ripetuto che la possibilità di imporre dazi antidumping era scaduta il 31 marzo 2011. Occorre tuttavia tenere presente che le liquidazioni riviste corrispondono a importazioni anteriori a tale data. Non sono stati aperti nuovi procedimenti per la fissazione di dazi antidumping, ma piuttosto è accaduto che, essendo state impugnate e annullate le basi di calcolo delle liquidazioni precedenti (il regolamento n.o1472/2006 e il regolamento di esecuzione n. 1294/2009), la revisione viene effettuata all’unico scopo di porre rimedio alle illegittimità dichiarate con sentenza.


58      Decisione di esecuzione 2014/149/UE del Consiglio, del 18 marzo 2014, che respinge la proposta di regolamento di esecuzione che reistituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio originarie della Repubblica popolare cinese e fabbricate da Brosmann Footwear (HK) Ltd, Seasonable Footwear (Zhongshan) Ltd, Lung Pao Footwear (Guangzhou) Ltd, Risen Footwear (HK) Co Ltd e Zhejiang Aokang Shoes Co. Ltd (GU 2014, L 82, pag. 27).


59      Sentenza del 2 febbraio 2012, Brosmann Footwear (HK) e a. /Consiglio, C‑249/10 P, EU:C:2012:53.


60      Mediante avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2013, C 295, pag. 6), la Commissione ha annunciato che aveva deciso di riprendere il procedimento antidumping dal punto preciso in cui l’illegittimità si era verificata e di valutare la prevalenza delle condizioni di economia di mercato per i richiedenti nel periodo compreso tra il 1o aprile 2004 e il 31 marzo 2005, invitando le parti interessate a manifestarsi e farsi conoscere.


61      All’udienza, la Commissione ha asserito che la richiesta di informazioni indirizzata alle autorità doganali aveva l’unico scopo di identificare i produttori-esportatori che fossero interessati. In tal modo sarebbe stato possibile esaminare la documentazione presentata da ciascun richiedente nella domanda originale di TEM e di TI, evitando il ritardo che avrebbe comportato l’esame di casi non collegati a domande di rimborso.


62      È attualmente pendente dinanzi al Tribunale il ricorso T‑154/17 presentato dalla Deichmann contro il regolamento di esecuzione (UE) 2016/2257 della Commissione, del 14 dicembre 2016, che reistituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di determinati tipi di calzature con tomaie di cuoio originarie della Repubblica popolare cinese e prodotte da Chengdu Sunshine Shoes Co. Ltd., Foshan Nanhai Shyang Yuu Footwear Ltd. e Fujian Sunshine Footwear Co. Ltd., in esecuzione della sentenza della Corte nelle cause riunite C‑659/13 e C‑34/14.


63      V. supra nota 21.