CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
YVES BOT
presentate il 31 gennaio 2012 (1)
Causa C‑130/10
Parlamento europeo
contro
Consiglio dell’Unione europea
«Politica estera e di sicurezza comune – Regolamento (CE) n. 881/2002 – Regolamento (UE) n. 1286/2009 – Misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al‑Qaeda e ai Talibani – Congelamento dei fondi e delle risorse economiche – Scelta del fondamento giuridico – Articoli 75 TFUE e 215 TFUE – Entrata in vigore del Trattato di Lisbona – Disposizioni transitorie – Posizioni comuni e decisioni PESC – Proposta congiunta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione»
I – Introduzione
1. Con il suo ricorso, il Parlamento europeo chiede alla Corte di annullare il regolamento (UE) n. 1286/2009 del Consiglio, del 22 dicembre 2009, recante modifica del regolamento (CE) n. 881/2002 che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al‑Qaeda e ai Talibani (2), per il motivo principale che non è stato adottato sulla base di un fondamento giuridico corretto.
2. Il regolamento controverso è stato adottato a norma dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE. Il Parlamento ritiene che avrebbe dovuto essere basato sull’articolo 75 TFUE.
3. L’articolo 215 TFUE figura nel titolo IV («Misure restrittive») della parte quinta del Trattato FUE, relativa all’azione esterna dell’Unione.
4. Tale articolo così dispone:
«1. Quando una decisione adottata conformemente al capo 2 del titolo V del Trattato sull’Unione europea prevede l’interruzione o la riduzione, totale o parziale, delle relazioni economiche e finanziarie con uno o più paesi terzi, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta congiunta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza [(3)] e della Commissione, adotta le misure necessarie. Esso ne informa il Parlamento europeo.
2. Quando una decisione adottata conformemente al capo 2 del titolo V del Trattato sull’Unione europea lo prevede, il Consiglio può adottare, secondo la procedura di cui al paragrafo 1, misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali.
3. Gli atti di cui al presente articolo contengono le necessarie disposizioni sulle garanzie giuridiche».
5. Il capo 2 del titolo V del Trattato UE cui fa riferimento l’articolo 215 TFUE contiene le «Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune».
6. L’articolo 75 TFUE fa parte invece del capo 1 («Disposizioni generali») del titolo V («Spazio di libertà, sicurezza e giustizia») della parte terza («Politiche e azioni interne dell’Unione») del Trattato FUE. Ai sensi di tale articolo:
«Qualora sia necessario per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 67, per quanto riguarda la prevenzione e la lotta contro il terrorismo e le attività connesse, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, definiscono un insieme di misure amministrative concernenti i movimenti di capitali e i pagamenti, quali il congelamento dei capitali, dei beni finanziari o dei proventi economici appartenenti, posseduti o detenuti da persone fisiche o giuridiche, da gruppi o da entità non statali.
Il Consiglio, su proposta della Commissione, adotta misure per attuare l’insieme di misure di cui al primo comma.
Gli atti di cui al presente articolo contengono le necessarie disposizioni sulle garanzie giuridiche».
7. Nell’ipotesi in cui la Corte confermasse che l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE costituisce il fondamento giuridico corretto del regolamento controverso, il Parlamento sostiene, in subordine, che le condizioni per ricorrere a detta disposizione non siano state rispettate.
8. Il motivo sollevato in via principale dal Parlamento offre alla Corte l’opportunità di precisare il metodo e i criteri che consentono di distinguere, in materia di misure restrittive, quelle che rientrano nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (4) da quelle che devono essere adottate nel quadro della politica estera e di sicurezza comune (PESC).
9. Occorre precisare che, sebbene il Trattato di Lisbona abbia eliminato la struttura in pilastri esistente in precedenza, l’esercizio di delimitazione fra le politiche dell’Unione non risulta meno necessario. Lo dimostra l’articolo 40 TUE, che così recita:
«L’attuazione della [PESC] lascia impregiudicata l’applicazione delle procedure e la rispettiva portata delle attribuzioni delle istituzioni previste dai Trattati per l’esercizio delle competenze dell’Unione di cui agli articoli da 3 a 6 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
L’attuazione delle politiche previste in tali articoli lascia parimenti impregiudicata l’applicazione delle procedure e la rispettiva portata delle attribuzioni delle istituzioni previste dai Trattati per l’esercizio delle competenze dell’Unione a titolo del presente capo [relativo alle disposizioni specifiche sulla PESC]» (5).
10. Prima di passare alla disamina del presente ricorso, illustrerò brevemente gli eventi che hanno preceduto l’adozione del regolamento controverso.
11. Il 16 gennaio 2002 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (6) ha adottato la risoluzione 1390 (2002), che stabilisce le misure da applicare contro Osama bin Laden, i membri dell’organizzazione Al‑Qaeda e i Talibani ed altri individui, gruppi, imprese ed entità ad essi associati. Tale risoluzione prevede, in sostanza, segnatamente ai suoi paragrafi 1 e 2, il mantenimento delle misure di congelamento dei capitali, imposte ai sensi del paragrafo 4, lettera b), della risoluzione 1267 (1999) e del paragrafo 8, lettera c), della risoluzione 1333 (2000). A norma del paragrafo 3 della risoluzione 1390 (2002), queste misure avrebbero dovuto essere riesaminate dal Consiglio di sicurezza dodici mesi dopo la loro adozione, periodo al termine del quale esso avrebbe deciso se mantenerle o perfezionarle.
12. Ritenendo necessaria un’azione della Comunità europea al fine di attuare quest’ultima risoluzione, il 27 maggio 2002, sulla base dell’articolo 15 UE, il Consiglio ha adottato la posizione comune 2002/402/PESC, concernente misure restrittive nei confronti di Osama bin Laden, dei membri dell’organizzazione Al‑Qaida e dei Taliban e di altri individui, gruppi, imprese ed entità ad essi associati e che abroga le posizioni comuni 96/746/PESC, 1999/727/PESC, 2001/154/PESC e 2001/771/PESC (7). L’articolo 3 della posizione comune 2002/402 prescrive, fra l’altro, la prosecuzione del congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche degli individui, gruppi, imprese o entità che figurano nell’elenco predisposto in conformità delle risoluzioni 1267 (1999) e 1333 (2000).
13. Lo stesso giorno, sulla base degli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE, è stato adottato il regolamento (CE) n. 881/2002 del Consiglio, che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al‑Qaeda e ai Talibani e abroga il regolamento (CE) n. 467/2001 del Consiglio che vieta l’esportazione di talune merci e servizi in Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli e estende il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei Talibani dell’Afghanistan (8). L’allegato I del regolamento n. 881/2002 contiene l’elenco delle persone, delle entità e degli organismi interessati dal congelamento dei capitali imposto dall’articolo 2 di questo stesso regolamento (in prosieguo: l’«elenco»).
14. Il regolamento controverso è stato adottato dal Consiglio il 22 dicembre 2009. Esso trae spunto dall’articolo 215, paragrafo 2, TFUE e fa riferimento a una proposta congiunta dell’Alto rappresentante e della Commissione. Modifica il regolamento n. 881/2002 a seguito della sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (9), istituendo una procedura di inserimento nell’elenco che garantisce il rispetto dei diritti fondamentali della difesa e, in particolare, il diritto al contraddittorio. La procedura riveduta prevede che la persona, l’entità, l’organismo o il gruppo che figurano nell’elenco siano informati dei motivi del loro inserimento nell’elenco, conformemente alle istruzioni del comitato del Consiglio di sicurezza istituito dalla risoluzione 1267 (1999) del Consiglio di sicurezza concernente Al‑Qaeda e i Talibani (10), per dare loro la possibilità di formulare le rispettive osservazioni in merito.
II – Conclusioni delle parti
15. Il Parlamento chiede che la Corte voglia:
– annullare il regolamento controverso,
– ordinare il mantenimento degli effetti del regolamento controverso fino a quando non sia sostituito, e
– condannare il Consiglio alle spese.
16. Il Consiglio conclude che la Corte voglia:
– respingere il ricorso in quanto infondato, e
– condannare il Parlamento alle spese.
17. Con ordinanza del presidente della Corte del 10 agosto 2010, la Commissione, la Repubblica ceca, il Regno di Svezia, la Repubblica francese e il Regno di Danimarca sono stati ammessi a intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.
18. Con ordinanza del presidente della Corte del 2 dicembre 2010, il Regno di Danimarca è stato cancellato dal ruolo come parte interveniente avendo rinunciato alla propria istanza di intervento.
19. Nel corso dell’udienza del 7 dicembre 2011 sono state sentite le difese orali svolte dalle parti.
20. Esaminerò, in primo luogo, il motivo dedotto dal Parlamento in via principale, concernente la scelta asseritamente errata del fondamento giuridico del regolamento controverso e, in secondo luogo, se del caso, il motivo dedotto in subordine, concernente il mancato rispetto delle condizioni relative al ricorso all’articolo 215 TFUE.
III – Sul motivo principale, concernente la scelta asseritamente errata del fondamento giuridico
A – Gli argomenti delle parti
21. Con il suo primo motivo, il Parlamento chiede alla Corte di constatare che il regolamento controverso non avrebbe potuto essere legittimamente fondato sull’articolo 215 TFUE. Il motivo si articola in due parti: la prima riguarda lo scopo e il contenuto del regolamento e la seconda la ratio generale dei Trattati.
1. Sullo scopo e sul contenuto del regolamento controverso
22. Il Parlamento sostiene che, secondo una giurisprudenza costante, la scelta del fondamento giuridico di un atto dell’Unione debba basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto. Il fondamento giuridico del regolamento controverso, alla luce del suo contenuto e del suo oggetto, dovrebbe essere lo stesso del regolamento n. 881/2002, adottato sulla base degli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE. Poiché nel frattempo, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1° dicembre 2009, detti articoli erano stati abrogati o erano divenuti inapplicabili, il fondamento giuridico corretto sarebbe stato l’articolo 75 TFUE, relativo alla prevenzione del terrorismo e delle attività connesse.
23. Per quanto riguarda il suo contenuto, il regolamento controverso si limiterebbe, in larga misura, a riformulare o a chiarire alcune disposizioni del regolamento n. 881/2002 o a facilitarne l’applicazione, senza modificare in alcun modo la natura del contenuto di quest’ultimo. Le sole disposizioni di merito realmente nuove sarebbero quelle concernenti la procedura di inserimento nell’elenco. Il regolamento controverso rivestirebbe il carattere di «insieme di misure amministrative» ai sensi dell’articolo 75 TFUE in quanto modificherebbe o completerebbe il quadro legislativo per l’adozione e l’applicazione di misure amministrative finalizzate al congelamento dei capitali delle parti interessate.
24. Quanto allo scopo del regolamento controverso, quest’ultimo mirerebbe, al pari del regolamento n. 881/2002, a combattere il terrorismo e a privarlo dei finanziamenti, il che corrisponderebbe agli obiettivi dell’articolo 75 TFUE. Siffatta constatazione sarebbe avvalorata dal punto 169 della citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, secondo cui lo scopo essenziale e il contenuto di quest’ultimo regolamento è quello di combattere il terrorismo internazionale, in particolare di privarlo delle sue risorse finanziarie congelando i capitali e le risorse economiche delle persone o entità che si sospetta siano implicate in attività a questo connesse. Inoltre, al punto 199 della medesima sentenza, la Corte avrebbe constatato che la posizione del Tribunale di primo grado delle Comunità europee, secondo cui il regolamento n. 881/2002 riguardava uno degli obiettivi propri del Trattato UE in materia di relazioni esterne, tra i quali figura la PESC, contrasta con il tenore letterale stesso dell’articolo 308 CE.
25. Poiché detto regolamento non mirerebbe a realizzare gli obiettivi della PESC, sarebbe difficile comprendere come potrebbe farlo, invece, il regolamento controverso, adottato per assicurarne l’applicazione. Il Parlamento sottolinea che il Consiglio può ricorrere all’articolo 215 TFUE solo per l’adozione di misure che realizzano gli obiettivi della PESC e, più precisamente, quando lo prevede una decisione intesa al conseguimento degli obiettivi di tale politica.
26. Secondo il Parlamento, la posizione del Consiglio non corrisponde alla realtà dei fatti perché poggia su una distinzione fra il terrorismo internazionale o «esterno» da un lato e il terrorismo «interno» dall’altro. Per essere efficace, la lotta contro il terrorismo dovrebbe rivestire un carattere internazionale. La sola distinzione possibile in questo contesto sarebbe quella fra le misure nazionali contro il terrorismo, da un lato, e quelle internazionali con lo stesso fine, dall’altro. Non sarebbe sempre possibile stabilire con certezza se atti terroristici o connessi al terrorismo compiuti in seno all’Unione creeranno una minaccia alle sue frontiere o all’esterno.
27. Il Consiglio sostiene che il regolamento controverso, tenuto conto dei suoi obiettivi e del suo contenuto, rientra nel campo d’applicazione delle disposizioni dei Trattati relative all’azione esterna dell’Unione e, più in particolare, nel settore della PESC. L’articolo 215 TFUE costituirebbe il fondamento giuridico corretto per questa misura.
28. Il regolamento controverso, al pari del regolamento n. 881/2002, mirerebbe alla lotta contro il terrorismo internazionale e il suo finanziamento per salvaguardare la pace e la sicurezza a livello internazionale. Il Consiglio rammenta, a tal proposito, i testi della risoluzione 1390 (2002) del Consiglio di sicurezza e del regolamento n. 881/2002 che la attua, nonché la citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione.
29. Il contenuto del regolamento controverso corrisponderebbe a quest’obiettivo. Gli articoli 7 bis e 7 quater che esso inserisce nel regolamento n. 881/2002 confermerebbero che i due regolamenti attuano direttamente le decisioni relative all’inserimento nell’elenco adottate dal comitato per le sanzioni e creano un sistema di interazione fra tale comitato, l’Unione e le persone ed entità inserite in tale elenco.
30. Il regolamento n. 881/2002 e il regolamento controverso non rientrerebbero in alcun modo nelle disposizioni relative alla creazione di uno SLSG in seno all’Unione. Non disciplinerebbero le questioni inerenti ai controlli alle frontiere, alla sicurezza interna o al riconoscimento delle decisioni giudiziarie o extragiudiziarie.
31. Il Consiglio e la Repubblica francese fanno valere che i Trattati, nella loro versione precedente l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, non prevedevano alcun fondamento giuridico specifico che consentisse l’adozione di misure di congelamento dei capitali di terroristi che costituiscono una minaccia per la sicurezza pubblica negli Stati membri, vale a dire i terroristi «interni». I soli fondamenti normativi per l’adozione di tali misure restrittive sarebbero stati gli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE che si applicano solo ai terroristi «esterni» nell’ambito dell’azione esterna dell’Unione.
32. Dalla struttura e dalla formulazione dei Trattati, così come modificati dal Trattato di Lisbona, risulterebbe chiaramente che, ai fini della scelta del fondamento giuridico di una misura restrittiva, occorre tenere conto dell’ubicazione di una minaccia presunta nonché degli obiettivi politici di una persona o di un gruppo che figurano nell’elenco. L’articolo 75 TFUE costituirebbe già un fondamento giuridico per l’adozione di misure di congelamento dei capitali di terroristi «interni», quali le persone e i gruppi il cui nome, contrassegnato da un asterisco, è inserito nell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (11). Invece, qualora la minaccia riguardi principalmente uno o più paesi terzi o la comunità internazionale in generale, il fondamento giuridico corretto sarebbe l’articolo 215 TFUE. Sarebbe illegittimo da parte dell’Unione adottare, sulla base delle disposizioni del titolo V della parte terza del Trattato FUE, che disciplina lo SLSG, una misura di congelamento delle risorse che contribuisce alla sicurezza di un paese terzo e che non mira a garantire la sicurezza interna.
33. Inoltre, secondo il Consiglio, sostenuto nel merito dal Regno di Svezia, la tesi del Parlamento ignora il caso in cui l’Unione volesse adottare o imporre, nell’ambito della lotta contro il terrorismo, misure restrittive diverse dal congelamento dei capitali, ad esempio un divieto di viaggiare, nei confronti di persone o di entità associate al terrorismo «esterno».
34. Il Regno di Svezia precisa che dalla posizione del Parlamento risulterebbe che l’attuazione delle sanzioni adottate nel quadro delle Nazioni Unite nei confronti di terroristi si baserebbe su diversi fondamenti giuridici concernenti diverse misure di sanzione in seno ad un unico regime sanzionatorio. Non sarebbe stata questa l’intenzione del legislatore dell’Unione, in particolare a motivo del fatto che un tale regime implicherebbe l’applicazione di diverse procedure decisionali nell’ambito, rispettivamente, della PESC e della politica interna dell’Unione.
35. La Commissione spiega che, in sede di proposta di un atto modificativo, si basa sulla disposizione o sulle disposizioni che sono servite da fondamento all’adozione dell’atto iniziale. Così, la proposta di regolamento del Consiglio, presentata dalla Commissione il 22 aprile 2009 (12), avrebbe indicato quali fondamenti giuridici gli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE. Poiché detta proposta era in discussione al Consiglio il 1° dicembre 2009, la Commissione precisa di aver dovuto esaminare le conseguenze puramente giuridiche e tecniche dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona in merito a quest’atto. Sarebbe giunta alla conclusione, avallata dall’Alto rappresentante, che l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE riguarda tutti gli aspetti coperti dagli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE. Quest’approccio sarebbe conforme alle constatazioni formulate dalla Corte nella citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione.
36. Quanto all’incidenza di tale sentenza sulla questione del fondamento giuridico, la Commissione contesta l’argomento del Parlamento secondo cui, alla luce di detta sentenza, un atto fondato sull’articolo 308 CE non potrebbe perseguire un obiettivo della PESC. Secondo la Commissione, la Corte non avrebbe contestato che gli articoli 60 CE e 301 CE costituirebbero i fondamenti giuridici che consentono di adottare misure comunitarie che perseguono un obiettivo della PESC. Per quanto riguarda il regolamento n. 881/2002, avrebbe individuato un secondo obiettivo comunitario soggiacente, legato al funzionamento del mercato comune, per giustificare l’inclusione dell’articolo 308 CE come terzo fondamento giuridico. Inoltre, avrebbe confermato che il Trattato CE richiedeva il ricorso a questa disposizione per imporre misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche non aventi un legame con la classe dirigente di un paese terzo.
37. La Commissione ritiene che gli articoli 215 TFUE e 75 TFUE non avrebbero potuto costituire, insieme, i fondamenti giuridici del regolamento controverso. Sarebbe impossibile fondare un atto contemporaneamente su entrambi tali articoli dato che prevedono condizioni diverse in materia procedurale e decisionale, compresa l’applicazione del protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda in merito allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al Trattato UE e al Trattato FUE nonché del protocollo (n. 22) sulla posizione della Danimarca, allegato agli stessi Trattati. Essa sottolinea che una delle differenze cruciali fra gli articoli 215 TFUE e 75 TFUE consiste nella necessità di un collegamento con decisioni adottate in conformità del capo 2 del titolo V del Trattato UE (13), adottate nell’interesse della pace e della sicurezza a livello internazionale, indipendentemente dal luogo geografico preciso e dalla portata della minaccia terroristica di cui trattasi. Quando occorre adottare misure restrittive antiterrorismo ai sensi del Trattato FUE nell’ambito di una decisione PESC che attua una risoluzione del Consiglio di sicurezza, l’articolo 215 TFUE sarebbe l’unico fondamento giuridico possibile.
2. Sul contesto generale dei Trattati
38. Secondo il Parlamento, ai fini dell’interpretazione delle disposizioni dei Trattati si può tenere conto del contesto generale e della ratio di questi ultimi. Nella fattispecie, questi giustificherebbero la scelta dell’articolo 75 TFUE quale fondamento giuridico del regolamento controverso.
39. In primo luogo, il regolamento controverso si ricollegherebbe alla protezione delle persone e dei gruppi. Orbene, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’Unione potrebbe adottare misure concernenti i diritti fondamentali solo nell’ambito della procedura legislativa ordinaria o con l’approvazione del Parlamento. L’articolo 215, paragrafo 2, TFUE sarebbe applicabile solo per misure che non sollevano, con la stessa intensità, questioni inerenti ai diritti fondamentali.
40. In secondo luogo, l’articolo 75 TFUE autorizzerebbe l’Unione ad adottare misure concernenti i movimenti di capitali e i pagamenti, riconoscendo così che esse possono avere un’incidenza sul buon funzionamento del mercato interno dei capitali e sulla prestazione dei servizi finanziari. La Corte avrebbe riconosciuto, al punto 229 della citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, che «[le misure restrittive di natura economica], per loro natura, presentano (…) un legame con il funzionamento del mercato comune». Inoltre, lo stesso regolamento n. 881/2002 farebbe riferimento, al quarto considerando, alla necessità di evitare, in particolare, distorsioni della concorrenza.
41. In terzo luogo, il regolamento controverso si ricollegherebbe alla creazione di uno SLSG. Esso contribuirebbe alla lotta contro la criminalità, in particolare il terrorismo e il suo finanziamento, il che rappresenterebbe uno degli obiettivi di tale spazio, come risultano in particolare dall’articolo 3, paragrafo 2, TUE.
42. Infine, il Parlamento invoca l’assenza di relazione fra il regolamento controverso e la PESC. Ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, TUE, la PESC sarebbe soggetta a norme e a procedure specifiche. Il fatto di applicare dette norme e procedure al di fuori del loro campo d’applicazione contrasterebbe con gli obiettivi enunciati all’articolo 1, secondo comma, TUE e finirebbe col privare i parlamenti nazionali della possibilità di applicare i protocolli sul loro ruolo e sull’attuazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità nonché col negare al Parlamento il ricorso alla procedura legislativa ordinaria.
43. A sostegno della sua posizione, il Parlamento rinvia anche al punto 235 della citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, in cui la Corte avrebbe constatato che l’inclusione dell’articolo 308 CE come fondamento giuridico del regolamento n. 881/2002 era giustificata perché «ha consentito al Parlamento (…) di partecipare al processo decisionale relativo alle misure in parola, che riguardano specificamente individui, mentre nell’ambito degli articoli 60 CE e 301 CE non è previsto alcun ruolo per la suddetta istituzione».
44. Il Parlamento conclude che contrasterebbe con il diritto dell’Unione la possibilità di adottare misure che abbiano un’incidenza diretta sui diritti fondamentali delle persone e dei gruppi, sul mercato interno e sulla lotta alla criminalità, attraverso una procedura che esclude la partecipazione del Parlamento, mentre per l’adozione di misure in questi settori dovrebbe trovare applicazione la procedura legislativa ordinaria. Il Trattato di Lisbona rifletterebbe la volontà degli Stati membri di rafforzare il carattere democratico dell’Unione. Costituirebbe una risposta al bisogno urgente di prevedere un controllo parlamentare sulle pratiche di inserimento nell’elenco. Il riconoscimento dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE quale corretto fondamento giuridico per l’adozione di misure come il regolamento controverso equivarrebbe, nella pratica, a privare l’articolo 75 TFUE di gran parte del suo effetto utile. Il Parlamento osserva, altresì, che quest’ultimo articolo costituisce un fondamento giuridico più specifico dell’articolo 215 TFUE.
45. Il Consiglio sostiene che gli argomenti presentati dal Parlamento sulla ratio generale dei Trattati non costituiscono criteri pertinenti per determinare il corretto fondamento giuridico del regolamento controverso.
46. Le competenze delle istituzioni sarebbero stabilite dai Trattati e varierebbero a seconda dei diversi settori d’azione dell’Unione. Secondo la tesi sostenuta dal Parlamento, sarebbero le procedure a determinare la scelta del fondamento giuridico e non il contrario. L’elemento variabile legato al ruolo svolto dal Parlamento nella procedura sarebbe rilevante solo in via eccezionale. Sarebbe così ove si trattasse di una misura che persegue contemporaneamente più scopi o che ha più componenti tra loro indissociabili, senza che l’uno sia accessorio all’altro. In tali circostanze, la misura potrebbe essere basata sui diversi fondamenti giuridici corrispondenti, purché non siano incompatibili. Per determinare la loro compatibilità, occorrerebbe valutare se la combinazione dei diversi fondamenti giuridici fosse tale da mettere a repentaglio i diritti del Parlamento. A tal proposito, il Consiglio si riferisce, in particolare, alla sentenza 6 novembre 2008, Parlamento/Consiglio (14).
47. Il Consiglio sottolinea che la scelta del fondamento giuridico deve basarsi su elementi oggettivi, in particolare lo scopo e il contenuto dell’atto. Detto principio sarebbe stato confermato dalla citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione. Pur avendo la Corte stabilito, al punto 235 della sentenza, che il ricorso all’articolo 308 CE consentiva al Parlamento di partecipare al processo decisionale, nondimeno tale osservazione era stata formulata solo per completare gli argomenti principali della Corte, basati sugli obiettivi del Trattato CE.
48. Inoltre, l’argomento del Parlamento secondo cui l’Unione potrebbe adottare misure relative al rispetto dei diritti dell’uomo solo associandolo sarebbe contraddetto dall’articolo 215, paragrafo 3, TFUE, che dispone che «[g]li atti di cui al presente articolo contengono le necessarie disposizioni sulle garanzie giuridiche». Questa disposizione farebbe chiaramente risultare che un atto adottato in conformità di detto articolo è suscettibile di incidere sui diritti fondamentali.
49. Il Consiglio sottolinea, altresì, che l’articolo 215 TFUE mira a consentire al Consiglio l’adozione di misure direttamente applicabili agli operatori economici. Questa disposizione contribuirebbe a garantire il buon funzionamento del mercato comune.
50. Quanto alla relazione fra il regolamento controverso e la PESC, il Consiglio invoca la particolare minaccia rappresentata da Al‑Qaeda. Tale regolamento costituirebbe il quadro nel quale l’Unione attua gli obblighi che le incombono ai sensi della Carta delle Nazioni Unite. Non sarebbe irragionevole tenere conto dell’obiettivo delle risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza per stabilire il fondamento giuridico appropriato.
51. Infine, il Consiglio sottolinea che il Trattato di Lisbona non ha pregiudicato la delimitazione fra la PESC e lo SLSG. Al contrario, l’importanza di una chiara demarcazione fra i due settori sarebbe stata sottolineata dall’articolo 40, secondo comma, TUE. Di conseguenza, se la Corte dovesse considerare che il regolamento controverso riguarda un obiettivo della PESC, l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE costituirebbe l’unico fondamento giuridico possibile per la sua adozione.
B – La mia analisi
52. Uno dei contributi del Trattato di Lisbona è stato il completamento del corpus normativo che consente all’Unione di adottare misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o entità non statali. L’articolo 75, primo comma, TFUE e l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE riguardano espressamente questi destinatari, motivo per cui il ricorso a quello che costituisce l’equivalente dell’articolo 308 CE, vale a dire l’articolo 352 TFUE, diventa inutile (15).
53. Nella presente causa il dibattito verte sui rispettivi campi d’applicazione degli articoli 75 TFUE e 215 TFUE. I punti di vista espressi, da un lato, dal Parlamento e, dall’altro, dalle altre parti sono al riguardo radicalmente opposti.
54. La tesi principale del Parlamento, riassunta in una frase, consiste nel ritenere che solo l’articolo 75 TFUE possa essere utilizzato come fondamento per l’adozione di misure restrittive finalizzate alla lotta contro il terrorismo.
55. Premetto subito che questa tesi non mi convince.
56. Va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, la scelta del fondamento giuridico di un atto dell’Unione deve basarsi su elementi oggettivi suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto (16).
57. L’esame dello scopo perseguito dal regolamento controverso non può essere effettuato isolatamente, ma deve tenere conto degli atti ai quali quest’ultimo si riferisce e con i quali crea un legame (17), vale a dire, in ordine cronologico, la risoluzione 1390 (2002) del Consiglio di sicurezza, la posizione comune 2002/402 e il regolamento n. 881/2002 che il regolamento controverso modifica in più punti.
58. Tutti i suddetti atti giuridici si prefiggono, in realtà, un unico scopo, ossia la lotta contro il terrorismo internazionale. Uno dei mezzi fondamentali per raggiungere questo scopo è privare le organizzazioni terroristiche delle loro risorse finanziarie, congelando i capitali e le risorse economiche delle persone o delle entità sospettate di essere implicate in attività connesse al terrorismo.
59. Come ha rilevato la Corte nella citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, lo scopo essenziale e l’oggetto del regolamento n. 881/2002 sono la lotta contro il terrorismo internazionale (18). Nell’undicesimo considerando, il regolamento controverso precisa che «[l]o scopo del regolamento (…) n. 881/2002 è prevenire i crimini terroristici, compreso il finanziamento del terrorismo, per salvaguardare la pace e la sicurezza a livello internazionale». Si tratta, a mio avviso, del fine ultimo perseguito sia dalla normativa internazionale sia dalla normativa dell’Unione summenzionate.
60. Per quanto riguarda più specificamente il regolamento controverso, ritengo che si inserisca a pieno titolo, in considerazione del suo obiettivo e del suo contenuto, in quest’azione e che la completi, alla luce in particolare degli insegnamenti che si possono trarre dalla citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, conciliando la lotta contro il terrorismo internazionale con il rispetto dei diritti fondamentali. Il regolamento controverso crea così, in esecuzione di tale sentenza, una procedura di inserimento nell’elenco finalizzata a garantire il rispetto dei diritti fondamentali della difesa, in particolare quello al contraddittorio.
61. Occorre, adesso, individuare a quale politica dell’Unione possa essere ricollegato, dopo il Trattato di Lisbona, l’obiettivo della lotta contro il terrorismo internazionale al fine di salvaguardare la pace e la sicurezza a livello internazionale.
62. A mio avviso, un siffatto obiettivo corrisponde alle finalità dell’azione esterna dell’Unione, così come descritte più in particolare nell’articolo 21, paragrafo 2, lettere a)‑c), TUE. Tale disposizione stabilisce che:
«L’Unione definisce e attua politiche comuni e azioni e opera per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di:
a) salvaguardare i suoi valori, i suoi interessi fondamentali, la sua sicurezza, la sua indipendenza e la sua integrità;
b) consolidare e sostenere la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti dell’uomo e i principi del diritto internazionale;
c) preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite, nonché ai principi dell’Atto finale di Helsinki e agli obiettivi della Carta di Parigi, compresi quelli relativi alle frontiere esterne».
63. Sebbene gli obiettivi elencati all’articolo 21, paragrafo 2, TUE siano comuni all’azione esterna dell’Unione, senza che alcuni siano riservati espressamente alla PESC, ritengo che gli obiettivi che figurano alle lettere a)‑c) facciano parte di quelli tradizionalmente assegnati a tale politica. Al riguardo, va osservato che gli obiettivi che figurano all’articolo 21, paragrafo 2, lettere a)‑c), TUE corrispondono, in sostanza, a quelli che erano stati assegnati alla PESC in virtù dell’articolo 11, paragrafo 1, UE (19). Inoltre, detti obiettivi coincidono con le previsioni dell’articolo 24, paragrafo 1, primo comma, TUE, ai sensi del quale «[l]a competenza dell’Unione in materia di [PESC] riguarda tutti i settori della politica estera e tutte le questioni relative alla sicurezza dell’Unione, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune che può condurre a una difesa comune».
64. Alla luce di questi elementi, ritengo che un’azione dell’Unione in ambito internazionale che persegua uno o più obiettivi menzionati nell’articolo 21, paragrafo 2, lettere a)‑c), TUE, e in particolare quello inteso a preservare la pace e a consolidare la sicurezza internazionale, debba essere considerata come rientrante nella PESC e, come tale, dovrebbe essere condotta in conformità delle norme e procedure specifiche di cui al capo 2 del titolo V del Trattato UE.
65. Aggiungo che, contrariamente a quello che alcuni argomenti avanzati dal Parlamento lasciano pensare, la lotta contro il terrorismo può perfettamente essere condotta dall’Unione nel quadro delle azioni in materia di PESC. Se il ruolo della PESC era già stato affermato in diversi documenti politici adottati a livello dell’Unione (20), esso è ormai consacrato in seno ai Trattati. Oltre all’articolo 215 TFUE che, a mio avviso, dimostra l’affermazione del ruolo della PESC nel settore della lotta contro il terrorismo internazionale, citerò l’articolo 43, paragrafo 1, TUE dal quale discende che tutte le missioni rientranti nella politica di sicurezza e di difesa comune (21) «possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, anche tramite il sostegno a paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio». Inoltre, dalla formulazione della clausola di solidarietà che figura all’articolo 222 TFUE, la quale può essere attivata, in particolare, se uno Stato membro è oggetto di un attacco terroristico, discende che essa è legata alla PESC, in particolare nella sua dimensione relativa alla PSDC.
66. Nella fattispecie, la circostanza che il regolamento controverso rappresenti uno degli strumenti con cui l’Unione ha attuato un’azione di portata internazionale decisa in seno al Consiglio di sicurezza e finalizzata incontestabilmente a salvaguardare la pace e la sicurezza internazionali (22) costituisce un elemento importante per constatare che tale regolamento può essere collegato al settore della PESC. È proprio nel quadro di questa politica che viene attuato il sistema che consente un’interazione fra le decisioni prese a livello delle Nazioni Unite e quelle prese a livello dell’Unione per privare di risorse le persone e le entità associate a movimenti terroristici. In questo contesto, occorre tenere conto, ai fini del presente ricorso, della circostanza che le persone e le entità oggetto delle misure di congelamento dei capitali e delle risorse economiche sono designate dal comitato per le sanzioni e che l’Unione si limita a riprendere l’elenco deciso in seno a tale comitato.
67. Alla luce di questa constatazione è chiaro, a mio avviso, che l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE è la sola disposizione che autorizzi l’Unione ad adottare misure restrittive come quelle cui si ricollega il regolamento controverso. Infatti, a differenza dell’articolo 75 TFUE, l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE può essere utilizzato solo qualora una decisione concernente la PESC preveda un’azione di questo tipo. Quando l’Unione decide di condurre un’azione a livello internazionale, come quella in oggetto, nell’ambito della PESC, si deve utilizzare, ovviamente, il fondamento giuridico che crea un collegamento con detta politica. La scelta di un fondamento giuridico diverso contrasterebbe con l’articolo 40, secondo comma, TUE che, lo ricordiamo, enuncia il principio secondo cui l’attuazione delle politiche previste agli articoli 3‑6 TFUE non deve pregiudicare l’applicazione delle procedure e la rispettiva portata delle attribuzioni delle istituzioni previste dai Trattati per l’esercizio delle competenze dell’Unione a titolo della PESC.
68. Va rilevato altresì che, a differenza dell’articolo 75 TFUE, l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE prevede l’applicazione di «misure restrittive» in generale, senza limitarle alle sole misure concernenti i movimenti di capitali e i pagamenti. L’articolo 215, paragrafo 2, TFUE costituisce, quindi, il fondamento giuridico che consente all’Unione di adottare misure come quelle che limitano la circolazione delle persone indicate o che vietano la vendita di armi alle stesse (23). Detta disposizione appare, quindi, più adatta alla gamma di azioni che l’Unione può realizzare nell’ambito della PESC per lottare contro il terrorismo internazionale.
69. Inoltre, poiché gli articoli 75 TFUE e 215 TFUE riguardano politiche dell’Unione diverse che perseguono obiettivi certamente complementari, ma che non hanno necessariamente la stessa dimensione, e che obbediscono a norme e a procedure divergenti (24), non mi sembra opportuno esaminare le relazioni fra questi due fondamenti giuridici attribuendo all’uno la funzione di lex generalis e all’altro quella di lex specialis. Il rapporto fra gli articoli 75 TFUE e 215 TFUE deve piuttosto essere valutato in termini di complementarietà. Inoltre, le differenze procedurali di attuazione degli articoli 75 TFUE e 215 TFUE, che illustrano la diversa natura delle politiche cui si riferiscono, impediscono, a mio avviso, il cumulo di questi due fondamenti giuridici.
70. È vero che, nell’ambito dell’articolo 215 TFUE, il Parlamento non dispone di poteri così ampi come nel quadro dell’articolo 75 TFUE, che prevede il ricorso alla procedura legislativa ordinaria. Questa circostanza non potrebbe tuttavia essere determinante in merito alla scelta del fondamento giuridico del regolamento controverso. Come rileva a giusto titolo il Consiglio, non sono le procedure a definire il fondamento giuridico, bensì il contrario. Inoltre, la dimensione «PESC» che caratterizza l’articolo 215 TFUE spiega certamente la scelta operata dagli autori del Trattato FUE sulla posizione del Parlamento.
71. Stando così le cose, la posizione che occupa il Parlamento nel settore della PESC è lungi dall’essere trascurabile. In particolare, gli obblighi che incombono in questo contesto all’Alto rappresentante in termini di rapporti con il Parlamento consentono, in certa misura, di compensare l’assenza di procedura legislativa ordinaria. Così, l’articolo 36, primo comma, TUE prevede che l’Alto rappresentante «consulta regolarmente il Parlamento (…) sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della [PESC] e della [PSDC] e lo informa dell’evoluzione di tali politiche. Egli provvede affinché le opinioni del Parlamento (…) siano debitamente prese in considerazione. I rappresentanti speciali possono essere associati all’informazione del Parlamento (…)». L’Alto rappresentante deve quindi associare il più strettamente possibile il Parlamento alle decisioni prese in materia di PESC, nella misura in cui lo consentano le esigenze di riservatezza e di celerità che caratterizzano questa politica dell’Unione. L’articolo 36, secondo comma, TUE prosegue precisando che il Parlamento «può rivolgere interrogazioni o formulare raccomandazioni al Consiglio e all’Alto rappresentante. Esso procede due volte all’anno ad un dibattito sui progressi compiuti nell’attuazione della [PESC], compresa la [PSDC]».
72. In base alle considerazioni che precedono, posso riassumere come segue la mia analisi. Ritengo che il regolamento controverso sia stato adottato, a giusto titolo, sulla base dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE a motivo della sua dimensione «PESC». Questa dimensione risiede, da un lato, nel fatto che, completando il dispositivo che disciplina le misure restrittive adottate nei confronti di persone e di entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al‑Qaeda e ai Talibani, detto regolamento persegue l’obiettivo principale di lottare contro il terrorismo internazionale al fine di preservare la pace e la sicurezza a livello internazionale. Dall’altro lato, il regolamento controverso fa parte del sistema messo in atto dall’Unione per dare seguito ad un’azione di portata internazionale decisa in seno al Consiglio di sicurezza e, più precisamente, per attuare misure di congelamento dei capitali e delle risorse economiche nei confronti di persone e di entità designate dal comitato per le sanzioni.
73. L’analisi che mi porta ad avallare la scelta effettuata dal legislatore dell’Unione quando ha utilizzato l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE come fondamento giuridico del regolamento controverso richiede alcune osservazioni supplementari.
74. Desidero sottolineare, innanzitutto, che la fattispecie sottoposta alla Corte nell’ambito del presente procedimento non è la sola in cui l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE possa costituire un fondamento giuridico appropriato. Questa disposizione potrebbe, infatti, consentire all’Unione di adottare misure restrittive nei confronti di persone e di entità associate a organizzazioni terroristiche a integrazione di un’azione decisa dall’Unione nel quadro della PESC rivolta a paesi terzi, per aiutare questi ultimi a combattere il terrorismo. Nello spirito di quanto è previsto all’articolo 43, paragrafo 1, TUE, siffatte misure restrittive consentirebbero, a completamento delle varie missioni di natura civile e militare che possono essere condotte dall’Unione nell’ambito della PSDC, di sostenere l’azione di paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio. Poiché tali misure farebbero parte di un’azione dell’Unione nel quadro della PESC, dovrebbero essere basate sull’articolo 215, paragrafo 2, TFUE.
75. Inoltre, rifiuto di accettare l’argomento del Consiglio secondo cui la delimitazione fra i campi d’applicazione rispettivi dell’articolo 75 TFUE e dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE dovrebbe poggiare su una distinzione fra i terroristi cosiddetti «interni», i terroristi cosiddetti «esterni» e i terroristi cosiddetti «internazionali». Infatti, una siffatta categorizzazione è contraria alla natura precipua del terrorismo che, attaccando i valori comuni e i fondamenti stessi dello Stato di diritto, colpisce l’intera comunità internazionale, indipendentemente dalla portata geografica della minaccia. Inoltre, poiché genera incertezza del diritto, la distinzione perorata dal Consiglio contrasta con la necessità di una lotta efficace contro il terrorismo.
76. Il terrorismo ignora le frontiere. Anche se, a prima vista, l’obiettivo di un’organizzazione terroristica può sembrare limitato a una determinata zona geografica, quest’organizzazione avrà spesso ramificazioni internazionali, in particolare per finanziare le proprie azioni. Inoltre, se un gruppo terroristico che agisce abitualmente in seno all’Unione decide, in un dato momento, di collaborare con altri gruppi terroristici che perseguono obiettivi simili e sono situati al di fuori dell’Unione, le persone e le entità associate al primo gruppo perdono allora il loro status di terroristi «interni» per diventare terroristi «esterni» o ancora terroristi «internazionali»? A mio avviso questi soli elementi sarebbero sufficienti a dimostrare l’impossibilità pratica di effettuare una siffatta distinzione.
77. L’importanza della lotta contro il terrorismo impone, inoltre, l’impiego di tutti gli strumenti giuridici che i Trattati mettono a disposizione dell’Unione. In questa prospettiva, insisto sul fatto che dall’analisi che mi ha portato, nella presente causa, a correlare il regolamento controverso al settore della PESC non discende in alcun modo che ogni azione esterna dell’Unione che ha per obiettivo la lotta contro il terrorismo debba essere condotta sistematicamente nel quadro della PESC.
78. In particolare, non si deve ignorare la dimensione esterna che l’azione dell’Unione può rivestire nel quadro della sua politica tesa alla costituzione di uno SLSG. A titolo illustrativo, sottolineo che la proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell’accordo fra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e sul trasferimento del codice di prenotazione (Passenger Name Record – PNR) al Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti, presentata dalla Commissione il 23 novembre 2011 (25), si basa sull’articolo 82, paragrafo 1, lettera d), TFUE e sull’articolo 87, paragrafo 2, lettera a), TFUE, che riguardano rispettivamente la cooperazione giuridica in materia penale e la cooperazione di polizia, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 6, lettera a), TFUE, che riguarda la conclusione di accordi internazionali da parte dell’Unione.
79. Infine, rammento che, a mio avviso, l’articolo 75 TFUE e l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE devono essere analizzati non come se fossero opposti l’uno all’altro, bensì complementari. In quest’ottica, ritengo che il fatto di considerare che il regolamento controverso avrebbe dovuto essere fondato sull’articolo 215, paragrafo 2, TFUE non svuoti l’articolo 75 TFUE di ogni contenuto. Infatti, a mio avviso, quest’ultimo articolo costituisce il fondamento giuridico appropriato affinché l’Unione adotti, in modo autonomo e indipendentemente da ogni azione rientrante nel settore della PESC, misure di congelamento dei capitali e delle risorse economiche nei confronti di persone ed entità non statali che svolgono attività di terrorismo o connesse, senza che si cerchi di qualificare i destinatari di tali misure come terroristi «interni», «esterni» o «internazionali».
80. La complementarità fra l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 75 TFUE deve consentire di rispondere all’obiettivo, fondamentale in materia di lotta contro il terrorismo, secondo cui il sistema non deve comportare alcuna falla tale da compromettere lo scopo perseguito, che è proteggere le democrazie da azioni che mirano, in realtà, a sopprimerne l’esistenza.
81. In quest’ottica, l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE dovrebbe costituire il fondamento giuridico appropriato per l’adozione, nei confronti di persone e di entità non statali, delle misure restrittive seguenti:
– misure tese a sostenere l’azione di paesi terzi nella lotta contro il terrorismo sul loro territorio (26) o, più in generale, a porre fine alle violazioni dei diritti dell’uomo in questi paesi; siffatte misure, come quelle previste all’articolo 215, paragrafo 1, TFUE, rientrano per loro natura nella PESC,
– misure adottate nei confronti di persone e di entità espressamente designate dal Consiglio di sicurezza o da un comitato per le sanzioni istituito dal Consiglio, che corrispondono a quelle oggetto della presente causa,
– l’esecuzione, da parte dell’Unione, delle misure decise dal Consiglio di sicurezza e per le quali la designazione delle persone e delle entità interessate è lasciata alla valutazione degli Stati membri. In siffatta ipotesi, la scelta dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE dovrebbe, a mio avviso, prevalere in quanto è richiesta un’azione dell’Unione in applicazione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza, il che contribuisce a far rientrare quest’azione nel settore della PESC.
82. Per contro, nei settori estranei alla PESC in cui l’Unione gode di piena libertà, che si tratti di costruire lo SLSG, di sviluppare la cooperazione di polizia o giudiziaria con i paesi terzi o di completare di propria iniziativa gli elenchi elaborati dal comitato per le sanzioni che riterrebbe incompleti, l’Unione dovrebbe quindi agire sulla base dell’articolo 75 TFUE.
83. Alla luce di questi sviluppi, propongo alla Corte di constatare che il primo motivo sollevato dal Parlamento dev’essere respinto in quanto infondato.
IV – Sul motivo in subordine, relativo al mancato rispetto delle condizioni concernenti il ricorso all’articolo 215 TFUE
A – Gli argomenti delle parti
84. Il motivo dedotto dal Parlamento in subordine, per l’ipotesi in cui la Corte dovesse considerare, come le propongo, che l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE costituisce il fondamento giuridico appropriato per il regolamento controverso, è articolato in due parti. La prima riguarda il presunto mancato rispetto della condizione relativa all’esistenza di una proposta congiunta dell’Alto rappresentante e della Commissione e la seconda concerne la presunta assenza di una decisione PESC adottata prima del regolamento controverso.
1. Sulla presunta assenza di proposta conforme ai Trattati
85. Secondo il Parlamento, al momento dell’adozione del regolamento controverso, il 22 dicembre 2009, non esisteva una Commissione che potesse legittimamente presentare una proposta congiunta con l’Alto rappresentante, dato che il mandato della Commissione nominata il 22 novembre 2004 era scaduto il 31 ottobre 2009 e la nuova Commissione si è insediata solo il 10 febbraio 2010. Anche se, nell’interesse della continuità del lavoro di tale istituzione, era stato considerato accettabile che la Commissione nominata nel mese di novembre 2004 seguitasse ad assolvere alcuni compiti, la sua autorità si sarebbe limitata alla gestione degli affari ordinari, vale a dire alle decisioni di routine. Essa non sarebbe stata autorizzata a prendere un’iniziativa politica importante di modifica del fondamento giuridico di un atto che comportasse la perdita del carattere legislativo di quest’ultimo e di qualsiasi influenza del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali.
86. Secondo il Parlamento, non si potrebbe sostenere che la proposta presentata dalla Commissione e dall’Alto rappresentante costituisca una semplice continuazione della proposta presentata dalla sola Commissione il 22 aprile 2009. Inoltre, la modalità di presentazione della proposta non sarebbe stata conforme con il ruolo e le responsabilità dell’Alto rappresentante, così come previsti dal Trattato di Lisbona. Non sarebbe concepibile che una proposta congiunta richiesta ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE possa essere sostituita dalla semplice approvazione da parte dell’Alto rappresentante di una proposta della Commissione già esistente, adottata da quest’ultima prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Inoltre, l’Alto rappresentante, in quanto responsabile della PESC, sarebbe tenuto a motivare adeguatamente la proposta congiunta presentata.
87. Il Consiglio sostiene che, quando il mandato della Commissione designata nel mese di novembre 2004 è scaduto, il 31 ottobre 2009, quest’ultima era rimasta in carica in attesa della nomina di una nuova Commissione, al fine di assicurare la necessaria continuità dei lavori dell’istituzione, così come previsto dal primo considerando della decisione 2010/80/UE del Consiglio europeo, del 9 febbraio 2010, recante nomina della Commissione europea (27). Nel periodo intermedio che va dal 1° novembre 2009 al 10 febbraio 2010, il Parlamento avrebbe continuato ad interagire con la Commissione come se fosse ancora validamente in carica.
88. Il Consiglio sottolinea che il regolamento controverso è stato adottato sulla base della proposta di regolamento del 22 aprile 2009, approvata dall’Alto rappresentante il 14 dicembre 2009. Tale proposta sarebbe rimasta valida dopo la scadenza del mandato della Commissione il 31 ottobre 2009. L’entrata in vigore del Trattato di Lisbona avrebbe avuto come solo effetto quello di modificare la procedura che disciplina l’adozione del regolamento controverso.
89. Il Consiglio ricorda che la Commissione ha presentato al Parlamento e al Consiglio, il 2 dicembre 2009, una comunicazione sulle ripercussioni dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona sulle procedure decisionali interistituzionali in corso (28), contenente un elenco indicativo delle proposte pendenti che aveva presentato prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona recante, per ognuna di esse, le ripercussioni legate all’entrata in vigore. La proposta di regolamento del 22 aprile 2009 sarebbe stata inserita in questo elenco, corredata da una menzione secondo cui il relativo fondamento giuridico sarebbe cambiato, passando dagli ex articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE all’articolo 215 TFUE.
90. Anche ammettendo che la situazione in cui si trovava la Commissione fosse analoga a quella prevista dall’articolo 246, ultimo comma, TFUE (dimissioni volontarie di tutti i membri della Commissione), la giurisprudenza non consentirebbe di concludere che la Commissione avrebbe superato i limiti della gestione degli affari ordinari. Al punto 96 della sentenza del 6 marzo 2003, Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein‑Westfalen/Commissione (29), il Tribunale avrebbe giudicato che una decisione relativa ad aiuti di Stato adottata dalla Commissione dopo le dimissioni collettive dei suoi membri «non costituiva un’iniziativa politica nuova che oltrepassava così i poteri di una Commissione limitata alla gestione degli affari di ordinaria amministrazione». Se detta conclusione valeva per una nuova decisione adottata dalla Commissione nel periodo considerato, essa dovrebbe applicarsi, a fortiori, nelle circostanze in cui è rimasta pendente una proposta già esistente. Inoltre, si porrebbe la questione dell’applicabilità della limitazione alla gestione degli affari ordinari prevista dall’articolo 201, secondo comma, CE dato che il Parlamento non aveva adottato alcuna mozione di censura sulla gestione della Commissione.
91. Secondo il Consiglio, la proposta congiunta dell’Alto rappresentante e della Commissione è stata debitamente presentata. L’Alto rappresentante avrebbe approvato, il 14 dicembre 2009, la proposta di regolamento del 22 aprile 2009. Non sarebbe stato necessario né possibile presentare una motivazione separata. Né sarebbe stato possibile l’inserimento unilaterale di aggiunte alla motivazione che figurava nei considerando di tale proposta.
92. Gli argomenti sollevati dalla Commissione corrispondono globalmente a quelli del Consiglio. Essa precisa che la sua comunicazione del 2 dicembre 2009 sopra menzionata faceva parte di un’azione puramente giuridica e tecnica senza l’esercizio di un qualsivoglia potere discrezionale di natura politica. Inoltre, quest’azione era indispensabile per consentire al legislatore dell’Unione di proseguire le procedure legislative pendenti dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. La Commissione sottolinea che non era stata apportata alcuna modifica al testo della proposta di regolamento del 22 aprile 2009 e che l’Alto rappresentante l’aveva avallata il 14 dicembre 2009, come previsto dall’articolo 215 TFUE.
2. Sulla presunta assenza di decisione PESC
93. Secondo il Parlamento, il regolamento controverso non contiene alcun riferimento ad una decisione PESC, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 215 TFUE. Il preambolo di tale regolamento farebbe riferimento alla posizione comune 2002/402, ma questa non costituirebbe una decisione ai sensi di detta disposizione. Una posizione comune adottata prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona non potrebbe essere assimilata a una siffatta decisione.
94. Gli argomenti del Consiglio concernenti il mantenimento degli effetti giuridici di detta posizione comune, conformemente al protocollo (n. 36) sulle disposizioni transitorie, allegato al Trattato UE e al Trattato FUE (30), e a quello che l’istituzione definisce il «principio di continuità degli atti» non sarebbero rilevanti. Non esisterebbe alcun elemento in tale protocollo, né alcun principio di diritto dell’Unione che prevedano che una posizione comune potrebbe sostituire una decisione PESC. Il Consiglio ignorerebbe anche il fatto che una siffatta decisione è essa stessa suscettibile di sindacato giurisdizionale su iniziativa di una parte che abbia la capacità di agire in giudizio e che la Corte potrebbe persino vietare al Consiglio di adottare misure ai sensi dell’articolo 215 TFUE.
95. In ogni caso, il regolamento controverso sarebbe viziato da irregolarità in quanto non sarebbe motivato conformemente all’articolo 296, secondo comma, TFUE.
96. Il Consiglio sottolinea che il regolamento n. 881/2002, preceduto dall’adozione della posizione comune 2002/402, definisce le disposizioni e le procedure specifiche richieste per assicurare l’attuazione del congelamento dei capitali. Anche se era stato deciso di modificare detto regolamento a seguito della citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, aggiungendovi disposizioni relative alle garanzie procedurali, non sarebbe stato necessario modificare la posizione comune 2002/402 né adottare una nuova decisione PESC a tal proposito. Infatti, quando un atto rientrante nella PESC che esige l’adozione di misure restrittive già esiste (quest’atto non era stato abrogato né annullato né modificato), non si potrebbe imporre l’adozione di una nuova decisione PESC ai sensi del capo 2 del titolo V del Trattato UE. Un siffatto approccio negherebbe il principio di continuità degli atti di cui all’articolo 9 del protocollo (n. 36).
97. Inoltre, secondo il Consiglio, il fatto che le persone e le entità inserite nell’elenco possano, attualmente, proporre un ricorso di annullamento contro le decisioni PESC che prevedano misure restrittive nei loro confronti non significa che ogni modifica apportata a un regolamento esistente debba essere necessariamente preceduta dall’adozione di una nuova decisione PESC.
B – La mia valutazione
98. Ritengo che le condizioni in cui il regolamento controverso è stato adottato non siano contrarie alla procedura prevista dall’articolo 215, paragrafo 2, TFUE. I diversi elementi che il Parlamento sottopone per contestare la legittimità di tale regolamento non mi sembrano sufficienti, rispetto al contesto specifico rappresentato dall’entrata in vigore di un nuovo Trattato, per constatare una violazione dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE.
99. In primo luogo, per quanto riguarda la presunta assenza di proposta conforme ai Trattati, ritengo che, pur potendosi ritenere che i compiti della Commissione, dopo la fine del mandato di quest’ultima il 31 ottobre 2009, rientrassero nella gestione degli affari ordinari, ciò non avrebbe impedito in alcun modo alla Commissione, da un lato, di mantenere la sua proposta di regolamento del 22 aprile 2009 e, dall’altro, di procedere alla modifica formale di quest’ultima, sostituendo la menzione del vecchio fondamento giuridico con quella nuova. A tal proposito va osservato che le proposte per le quali non era possibile sostituire semplicemente il vecchio fondamento giuridico con uno nuovo, tenuto conto della natura e della portata di questi atti, sono state oggetto di revoca (31).
100. Per quanto riguarda la necessità di una proposta congiunta dell’Alto rappresentante e della Commissione, è giocoforza constatare che l’Alto rappresentante si è associato ufficialmente, il 14 dicembre 2009, alla proposta di regolamento del 22 aprile 2009. L’articolo 215 TFUE non richiede che l’Alto rappresentante, che, ricordo, fa parte del collegio della Commissione in veste di vicepresidente e membro responsabile delle relazioni esterne (32), presenti una motivazione separata o completi quella della proposta della Commissione.
101. In secondo luogo, per quanto riguarda la presunta mancanza di decisione PESC, è importante sottolineare che, conformemente all’articolo 9 del protocollo (n. 36), gli effetti giuridici degli atti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione adottati in base al Trattato UE prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona sono mantenuti finché tali atti non saranno abrogati, annullati o modificati in applicazione dei Trattati.
102. La circostanza che il Trattato UE non preveda più posizioni comuni, ma decisioni in materia di PESC, non ha per effetto di rendere inesistenti le posizioni comuni adottate sotto la vigenza del Trattato UE, nella versione precedente il Trattato di Lisbona, a meno di non privare l’articolo 9 del protocollo (n. 36) di gran parte del suo effetto utile. Per lo stesso motivo, il fatto che il contesto giuridico in cui si inseriscono ormai le decisioni PESC non sia esattamente lo stesso di quello che disciplinava prima le posizioni comuni non osta a che queste due categorie di atti giuridici possano essere assimilate ai fini dell’attuazione dell’articolo 215 TFUE. Quindi, il rinvio che quest’articolo fa a una decisione adottata conformemente al capo 2 del titolo V del Trattato UE, letto in combinato disposto con l’articolo 9 del protocollo (n. 36), deve necessariamente essere esteso alle posizioni comuni adottate prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
103. Ne consegue che anche il secondo motivo dedotto dal Parlamento dev’essere respinto in quanto infondato.
V – Conclusione
104. Alla luce di tutto quanto precede, propongo alla Corte di:
– respingere il ricorso,
– condannare il Parlamento europeo alle spese.