Language of document : ECLI:EU:T:2015:449

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

2 luglio 2015 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario denominativo ALEX – Marchi nazionali denominativi e figurativo ALEX – Impedimento relativo alla registrazione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 – Ricevibilità del ricorso dinanzi alla commissione di ricorso – Obbligo di motivazione – Articolo 75 del regolamento n. 207/2009 – Assenza di somiglianza tra i prodotti e servizi contraddistinti dai marchi in conflitto – Assenza di rischio di confusione»

Nella causa T‑657/13,

BH Stores BV, con sede in Curaçao (Territorio autonomo dei Paesi Bassi), rappresentata da T. Dolde, avvocato, e M. Hawkins, solicitor,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Alex Toys LLC, con sede in Wilmington, Delaware (Stati Uniti), rappresentata da G. Macías Bonilla, P. López Ronda, G. Marín Raigal ed E. Armero, avvocati,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’UAMI del 16 settembre 2013 (procedimento R 1950/2012‑2), relativa a un procedimento di opposizione tra la BH Stores BV e l’Alex Toys LLC,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata),

composto da M. Jaeger, presidente, M. van der Woude (relatore), M. Kancheva, C. Wetter e I. Ulloa Rubio, giudici,

cancelliere: J. Plingers, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 dicembre 2013,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 aprile 2014,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 marzo 2014,

visto il rinvio della presente causa dinanzi alla Settima Sezione ampliata del Tribunale,

visti l’impedimento a svolgere le proprie funzioni di uno dei membri della Sezione e la decisione del presidente del Tribunale di designare se stesso, a norma dell’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, al fine di integrare la Sezione,

in seguito all’udienza del 10 marzo 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Il 27 dicembre 2007, la Panline U.S.A. Inc. (alla quale è subentrata l’interveniente, Alex Toys LLC, in seguito alla cessione della domanda di marchio comunitario, in data 21 maggio 2013) ha presentato una domanda di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il marchio denominativo ALEX.

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 16, 20 e 28 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 16: «Timbri di gomma e tamponi per sigilli; astucci di stampini; righelli; biglietti d’auguri contenenti immagini tridimensionali che si aprono; pennarelli con punta di feltro; set per la pittura per bambini contenenti pitture da applicare con le dita, pitture per manifesti, acquarelli, pennelli per la pittura, coppette per la pittura e grembiuli per bambini; cancellini per lavagne; gesso; pastelli cera e in plastica; colle per cartoleria o uso domestico; forbici per bambini; matite di colore; carta per origami; blocchi da disegno; libri da colorare e da ritagliare; album da colorare; libri-gioco per bambini»;

–        classe 20: «Mobili per bambini»;

–        classe 28: «Kit per lavori artistici e manuali per bambini per realizzare articoli di gioielleria, cordoncini, perline, biglietti, diorami di giungla, portachiavi a catenella, accessori per indumenti, origami e kirigami, adesivi, articoli per lavori artistici che brillano, articoli per lavori artistici da fare con la sabbia, sculture di animali, modelli, collage, pozioni, fragranze per uso personale, gel da bagno, diari personali e libri-ricordo di vacanze, album per fotografie, modelli su seta, accessori di moda (compresi cordoncini, perline dell’amore e perline luccicanti); kit per lavori artistici e manuali per bambini da utilizzare per dipingere, disegnare, stencil, colorare, lavorare l’argilla, realizzare dinosauri e disegnare e imparare alfabeto e numeri (mediante l’utilizzo di schede didattiche, numeri e lettere in plastica magnetiche); kit per lavori di hobbistica con la carta; kit per feste in maschera; kit per realizzare orologi e cinturini di orologi; grembiuli per bambini venduti come parte di kit per lavori artistici e manuali; giocattoli per il bagno per bambini; giocattoli [di attività per l’educazione e lo sviluppo dei] bambini».

4        La domanda di marchio comunitario è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 21/2008, del 26 maggio 2008.

5        Il 26 agosto 2008, l’Arcandor Akt (alla quale è subentrata la ricorrente, BH Stores BV, a seguito di un successivo trasferimento) ha proposto opposizione, ai sensi dell’articolo 42 del regolamento n. 40/94 come modificato (divenuto articolo 41 del regolamento n. 207/2009), avverso la registrazione del marchio richiesto per i prodotti indicati supra al punto 3.

6        L’opposizione si fondava sui seguenti marchi anteriori:

–        il marchio denominativo tedesco ALEX, depositato il 2 settembre 1982, registrato il 3 giugno 1983, rinnovato il 3 settembre 2002 e il 1° ottobre 2012, con il numero 1049274, che contrassegna gli «articoli sportivi» compresi nella classe 28;

–        il marchio denominativo tedesco ALEX, depositato il 5 luglio 1990, registrato il 15 gennaio 1992 e rinnovato il 1° agosto 2010, con il numero DD 648968, che contrassegna la «biancheria per il bagno, come gli asciugamani per le mani, [gli] asciugamani da bagno, [i] guanti per la toilette e [gli] asciugamani per ospiti» compresi nella classe 24 nonché gli «articoli sportivi» compresi nella classe 28;

–        il marchio figurativo tedesco, depositato il 4 maggio 1999, registrato il 2 agosto 1999 e rinnovato il 1° giugno 2009, con il numero 39925705, che contrassegna le «biciclette» comprese nella classe 12, le «borse, [gli] zaini, [i] sacchi da viaggio e [le] valigie» compresi nella classe 18 nonché gli «articoli sportivi» compresi nella classe 28, riprodotto di seguito:

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7        I motivi dedotti a sostegno dell’opposizione erano quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009] e all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009).

8        Il 7 giugno 2011, la ricorrente ha depositato la prova dell’uso dei propri marchi anteriori.

9        Il 16 maggio 2012, l’interveniente ha ridotto la lista dei prodotti compresi nella classe 28 precisando, alla fine dell’elencazione, quanto segue:

–        classe 28: «(...) giocattoli per il bagno per bambini; giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini; nessuno dei prodotti summenzionati include gli articoli sportivi».

10      Il 3 ottobre 2012, la divisione di opposizione ha respinto integralmente l’opposizione.

11      Il 22 ottobre 2012, la ricorrente ha proposto un ricorso avverso la decisione della divisione di opposizione, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009.

12      Con decisione del 16 settembre 2013 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda commissione di ricorso dell’UAMI ha confermato la decisione della divisione di opposizione. La commissione di ricorso ha dichiarato di limitare il proprio esame al motivo di opposizione basato sull’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, poiché la ricorrente non aveva riproposto argomentazioni fondate sull’articolo 8, paragrafo 5, dello stesso regolamento. Essa ha altresì dichiarato che la ricorrente non contestava che i marchi anteriori fossero stati utilizzati unicamente per «articoli sportivi» e che l’opposizione fosse limitata ai «giocattoli per il bagno per bambini» e ai «giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini», compresi nella classe 28. La commissione di ricorso ha ritenuto che il pubblico di riferimento fosse composto da membri del grande pubblico in Germania. Essa ha affermato che non era oggetto di contestazione che, per quanto riguardava i marchi denominativi anteriori, i marchi in conflitto erano identici e che, per quanto riguardava il marchio figurativo anteriore, i marchi in conflitto erano simili. La commissione di ricorso, riferendosi alla sentenza del 4 giugno 2013, i‑content/UAMI – Decathlon (BETWIN) [T‑514/11, Racc. (Per estratto), EU:T:2013:291, punti da 34 a 39], ha ritenuto che gli «articoli sportivi», da un lato, e i «giocattoli per il bagno per bambini [nonché i] giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini», dall’altro, fossero prodotti differenti e che, pertanto, non potesse sussistere alcun rischio di confusione, poiché non era soddisfatto un requisito indispensabile ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, ossia l’identità o la somiglianza dei prodotti.

 Conclusioni delle parti

13      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese, comprese quelle sostenute nell’ambito del procedimento dinanzi alla divisione di opposizione e dinanzi alla seconda commissione di ricorso dell’UAMI.

14      L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere integralmente il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese sostenute dall’UAMI e dall’interveniente, comprese quelle sostenute dall’interveniente nell’ambito dei procedimenti di opposizione e di ricorso dinanzi all’UAMI.

15      Nel corso dell’udienza, a seguito di un quesito posto dal Tribunale, l’interveniente ha dichiarato di chiedere al Tribunale, in via principale, di annullare la decisione impugnata nella parte in cui è dichiarato ricevibile il ricorso della ricorrente dinanzi alla commissione di ricorso e, in subordine, qualora il Tribunale confermi la ricevibilità del ricorso dinanzi alla commissione di ricorso, di respingere quest’ultimo e di confermare la decisione impugnata.

 In diritto

 Sulla ricevibilità del ricorso dinanzi alla commissione di ricorso

16      L’interveniente sostiene che il ricorso presentato dinanzi alla commissione di ricorso era irricevibile a causa della violazione del termine di quattro mesi, a decorrere dalla data di notifica della decisione per il deposito della memoria con i motivi del ricorso, previsto dall’articolo 60 del regolamento n. 207/2009. Essa fa osservare che la decisione della divisione di opposizione è stata notificata alla ricorrente il 3 ottobre 2012 e che quest’ultima ha depositato i motivi del proprio ricorso il 7 febbraio 2013, ossia oltre il termine impartito, il quale, secondo l’interveniente, sarebbe scaduto il 4 febbraio 2013 (dato che il 3 febbraio 2013 era una domenica). L’interveniente afferma, inoltre, che nella decisione impugnata tale irregolarità è stata ignorata.

17      In primo luogo, occorre rilevare che la questione della ricevibilità del ricorso non è stata tralasciata dalla commissione di ricorso, atteso che, al punto 17 della decisione impugnata, quest’ultima ha dichiarato che il ricorso era conforme alle disposizioni degli articoli 58, 59 e 60 del regolamento n. 207/2009 e alla regola 48, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU L 303, pag. 1), e, per questo, ricevibile.

18      In secondo luogo, riguardo alla questione se la memoria con i motivi datata 7 febbraio 2013 sia stata depositata entro il termine previsto dall’articolo 60 del regolamento n. 207/2009, occorre fare riferimento nel caso di specie all’articolo 7, paragrafo 4, della decisione EX‑11‑3 del presidente dell’UAMI, del 18 aprile 2011, relativa alle comunicazioni tramite mezzi elettronici tra l’[UAMI] e i suoi clienti, che era applicabile alla data in cui è stata emessa la decisione della divisione di opposizione. Tale disposizione è così formulata:

«Fatto salvo il preciso accertamento della data di notifica, la notifica si considera effettuata il quinto giorno successivo alla data di creazione del documento da parte dei sistemi dell’[UAMI]. La data di creazione del documento è indicata nel documento stesso. Quest’ultimo è depositato nella MAILBOX quanto prima possibile, entro il termine di detto periodo di cinque giorni».

19      La ricorrente e l’UAMI sostengono che, nel caso di specie, la data in cui la decisione della divisione di opposizione è stata creata dai sistemi dell’UAMI è quella del 3 ottobre 2012 e che, pertanto, la notifica della decisione della divisione di opposizione dev’essere considerata effettuata cinque giorni dopo, ossia l’8 ottobre 2012.

20      Orbene, occorre rilevare che la decisione della divisione di opposizione è datata 3 ottobre 2012, cosicché la creazione del documento da parte dei sistemi dell’UAMI ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, della decisione EX‑11‑3 non può essere avvenuta precedentemente.

21      Ai sensi della regola 70, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 2868/95, in combinato disposto con l’articolo 60, ultima frase, del regolamento n. 207/2009, nel caso di specie il termine per depositare una memoria con i motivi del ricorso non è, di conseguenza, scaduto prima dell’8 febbraio 2013.

22      Pertanto, la memoria con i motivi datata 7 febbraio 2013 è stata depositata entro il termine richiesto e la commissione di ricorso ha correttamente dichiarato il ricorso della ricorrente ricevibile.

23      Dalle suesposte considerazioni si evince che il motivo dell’interveniente relativo all’irricevibilità del ricorso dinanzi alla commissione di ricorso dev’essere respinto.

 Sulla ricevibilità dei documenti presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale

24      L’interveniente ritiene che il Tribunale non debba tener conto dei nuovi elementi di prova della ricorrente, atteso che essi sono prodotti per la prima volta nell’ambito del presente procedimento e che il loro contenuto non è tale da modificare il ragionamento e le conclusioni esposti nella decisione impugnata.

25      Gli allegati da 14 a 18 dell’atto introduttivo, estratti di siti Internet, prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale e riportati per stralcio nel testo dell’atto introduttivo, non possono essere presi in considerazione. Infatti, il ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il controllo di legittimità delle decisioni adottate dalle commissioni di ricorso dell’UAMI ai sensi dell’articolo 65 del regolamento n. 207/2009, ragion per cui la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati al suo cospetto per la prima volta. Detti documenti devono essere quindi respinti, senza che sia necessario esaminare il loro valore probatorio [v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR E FELICIE), T‑346/04, Racc., EU:T:2005:420, punto 19 e giurisprudenza ivi citata]. Lo stesso vale per quanto riguarda l’allegato 9 della memoria di intervento.

26      Gli allegati 13 e 19 dell’atto introduttivo, indubbiamente prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale, non costituiscono prove propriamente dette, ma riguardano la prassi decisionale dell’UAMI e la giurisprudenza del giudice dell’Unione europea, a cui una parte ha diritto di fare riferimento anche qualora essa sia successiva al procedimento dinanzi all’UAMI [v., in tal senso, sentenze ARTHUR E FELICIE, punto 25 supra, EU:T:2005:420, punto 20, nonché dell’8 dicembre 2005, Castellblanch/UAMI – Champagne Roederer (CRISTAL CASTELLBLANCH), T‑29/04, Racc., EU:T:2005:438, punto 16]. Infatti, né alle parti né allo stesso Tribunale si può impedire di ispirarsi, nell’interpretazione del diritto dell’Unione, ad elementi derivati dalla giurisprudenza del giudice dell’Unione, nazionale o internazionale. Una siffatta possibilità di riferirsi a pronunce del giudice dell’Unione, nazionali o internazionali non è stata presa in considerazione dalla giurisprudenza secondo la quale il ricorso di cui il Tribunale viene investito mira al controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso alla luce degli elementi presentati dalle parti dinanzi ad esse; si tratta, infatti, non di contestare alla commissione di ricorso di non aver tenuto conto degli elementi di fatto contenuti in una sentenza del giudice dell’Unione o in una sentenza nazionale o internazionale precisa, bensì di richiamare sentenze a sostegno di un motivo vertente sulla violazione da parte della commissione di ricorso di una disposizione del regolamento n. 207/2009 [v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2006, Vitakraft‑Werke Wührmann/UAMI – Johnson’s Veterinary Products (VITACOAT), T‑277/04, Racc., EU:T:2006:202, punti 70 e 71].

 Nel merito

27      A sostegno del proprio ricorso la ricorrente deduce due motivi vertenti, il primo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione previsto all’articolo 75 del regolamento n. 207/2009 e, il secondo, sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), dello stesso regolamento.

 Sul motivo vertente sulla violazione dell’articolo 75 del regolamento n. 207/2009

28      Con il primo motivo, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha violato il proprio obbligo di motivazione in quanto, anziché esaminare i fatti e gli argomenti presentati dalle parti nei procedimenti di opposizione e di ricorso ed esporre i fatti decisivi e le considerazioni giuridiche che hanno condotto alla decisione impugnata, si è limitata a rinviare alla sentenza BETWIN, punto 12 supra (EU:T:2013:291), ricopiandone parzialmente i punti da 36 a 38, per concludere che i prodotti in questione erano differenti, senza valutare se i fatti e l’iter logico alla base di detta sentenza fossero applicabili anche alla presente fattispecie.

29      A norma dell’articolo 75, prima frase, del regolamento n. 207/2009, le decisioni dell’UAMI devono essere motivate. Secondo una costante giurisprudenza, tale obbligo ha la stessa portata di quello sancito dall’articolo 296, secondo comma, TFUE e la motivazione prescritta da detto articolo deve fare apparire in forma chiara e non equivocabile l’iter logico seguito dall’autore dell’atto. Infatti, l’obbligo di motivazione delle decisioni dell’UAMI persegue il duplice obiettivo di consentire, da un lato, agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato al fine di tutelare i propri diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo sulla legittimità della decisione [sentenze del 21 ottobre 2004, KWS Saat/UAMI, C‑447/02 P, Racc., EU:C:2004:649, punti 64 e 65, e del 28 novembre 2013, Herbacin cosmetic/UAMI – Laboratoire Garnier (HERBA SHINE), T‑34/12, EU:T:2013:618, punto 42].

30      Dalla giurisprudenza risulta che la questione se la motivazione di una decisione soddisfi tali requisiti dev’essere valutata alla luce non soltanto della formulazione della stessa, ma altresì del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi [v. sentenza del 26 ottobre 2011, Bayerische Asphaltmischwerke/UAMI – Koninklijke BAM Groep (bam), T‑426/09, EU:T:2011:633, punto 74 e giurisprudenza ivi citata].

31      Da una giurisprudenza costante risulta che non si può pretendere che le commissioni di ricorso forniscano una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti al loro cospetto dalle parti. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali la decisione della commissione di ricorso è stata adottata e al giudice competente di disporre degli elementi necessari per esercitare il proprio controllo [v. sentenza del 9 luglio 2008, Reber/UAMI – Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (Mozart), T‑304/06, Racc., EU:T:2008:268, punto 55 e giurisprudenza ivi citata]. È sufficiente che le commissioni di ricorso espongano i fatti e le considerazioni giuridiche che rivestono un’importanza essenziale nell’economia della decisione [v. sentenza del 30 giugno 2010, Matratzen Concord/UAMI – Barranco Schnitzler (MATRATZEN CONCORD), T‑351/08, EU:T:2010:263, punto 18 e giurisprudenza ivi citata].

32      Nel caso di specie, dal punto 25 della decisione impugnata risulta chiaramente che, in primo luogo, la commissione di ricorso ha ritenuto che la conclusione della sentenza BETWIN, punto 12 supra (EU:T:2013:291), secondo la quale non sussiste alcuna somiglianza tra gli «articoli sportivi» e i «giocattoli, i giochi e gli articoli per il gioco» fosse applicabile, «estensivamente», ai prodotti in conflitto nella fattispecie, ossia agli «articoli sportivi», ai «giocattoli per il bagno per bambini» e ai «giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini».

33      In secondo luogo, la commissione di ricorso ha ripreso la motivazione della sentenza BETWIN, punto 12 supra (EU:T:2013:291), precisando, al punto 25 della decisione impugnata, che la considerava pertinente per confutare in via definitiva l’argomentazione svolta dall’opponente nel caso di specie.

34      Al punto 26 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ricordato che, sebbene sia possibile fare un accostamento tra gli «articoli sportivi», da un lato, e taluni giocattoli (per esempio, i «giocattoli per il bagno per bambini» e i «giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini»), dall’altro, nei limiti in cui taluni «articoli sportivi» possono essere utilizzati come giocattoli e taluni giocattoli possono parimenti costituire «articoli sportivi», nondimeno le due categorie di prodotti in parola hanno una destinazione sostanzialmente differente, ossia allenare il corpo mediante l’esercizio fisico per quanto concerne gli «articoli sportivi», divertire i bambini piccoli per quanto concerne i «giocattoli per il bagno» nonché divertire ed educare i bambini per quanto concerne i «giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini».

35      Inoltre, al punto 27 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha dichiarato che, sebbene sia possibile che gli «articoli sportivi» siano destinati ai bambini sotto forma di giocattoli o che siano realizzati allo scopo di prodotti complementari per i giochi, di modo che essi possono essere fabbricati dalle stesse imprese e proposti mediante gli stessi canali di distribuzione, si tratta di categorie di prodotti che, in generale, sono fabbricati da imprese specializzate e si vendono in negozi specializzati oppure che, nel caso degli ipermercati, sono venduti in reparti specializzati i quali, pur potendo essere vicini, sono nondimeno distinti.

36      Dalle precedenti considerazioni si evince che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, i fatti decisivi e le considerazioni giuridiche che rivestono un’importanza essenziale nell’economia della decisione impugnata sono ivi esposti con chiarezza e consentono, da un lato, alla ricorrente di conoscere le ragioni della decisione impugnata al fine di tutelare i propri diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo di legittimità.

37      Del resto, nulla osta, in linea di principio, a che la commissione di ricorso faccia propria la motivazione di una sentenza del giudice dell’Unione qualora la ritenga applicabile al caso di cui è investita. In tal senso la commissione di ricorso, se è vero che ha ripreso in via estensiva i punti da 36 a 38 della sentenza BETWIN, punto 12 supra (EU:T:2013:291), ha tuttavia indicato con chiarezza i fatti e l’iter logico alla base di detta sentenza che, a suo avviso, erano applicabili alla presente fattispecie.

38      In terzo luogo, neppure gli altri argomenti della ricorrente consentono di concludere che la decisione impugnata viola l’articolo 75, prima frase, del regolamento n. 207/2009.

39      Innanzitutto la ricorrente sostiene che, nella sentenza BETWIN, punto 12 supra (EU:T:2013:291), il Tribunale aveva censurato l’assenza di prove a sostegno del ragionamento svolto nella decisione impugnata, circostanza che non ricorrerebbe nel caso di specie.

40      Tuttavia, occorre rilevare che la questione se la sentenza BETWIN, punto 12 supra (EU:T:2013:291), sia applicabile al caso di specie rientra nell’ambito dell’esame del secondo motivo, ossia nell’ambito dell’esame nel merito della legittimità della decisione impugnata, e non in quello dell’esame della motivazione della decisione impugnata.

41      Dopodiché la ricorrente afferma, in sostanza, che la commissione di ricorso ha violato il proprio obbligo di prendere in considerazione gli argomenti delle parti che facevano riferimento alle precedenti decisioni dell’UAMI e di motivare la propria decisione rispetto a tale prassi decisionale. La ricorrente critica, altresì, la mancata considerazione della sentenza del 16 settembre 2013, Knut IP Management/UAMI – Zoologischer Garten Berlin (KNUT – DER EISBÄR) (T‑250/10; in prosieguo: la «sentenza KNUT», EU:T:2013:448).

42      Ebbene, da una giurisprudenza costante risulta che le decisioni che le commissioni di ricorso dell’UAMI sono chiamate ad adottare, in forza del regolamento n. 207/2009, relativamente alla registrazione di un segno come marchio comunitario, rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non di un potere discrezionale. Pertanto, la loro legittimità dev’essere valutata in base unicamente a detto regolamento, come interpretato dal giudice dell’Unione, e non alla prassi decisionale che le precede (sentenze del 26 aprile 2007, Alcon/UAMI, C‑412/05 P, Racc., EU:C:2007:252, punti 64 e 65, nonché ARTHUR E FELICIE, punto 25 supra, EU:T:2005:438, punto 71).

43      Nel caso di specie, alla luce della giurisprudenza considerata ai precedenti punti 31 e 42, la commissione di ricorso, avendo esposto in modo sufficiente i fatti e le considerazioni giuridiche che rivestono un’importanza essenziale nell’economia della decisione impugnata, non era tenuta ad adottare una motivazione specifica al fine di giustificare la propria decisione rispetto alle precedenti decisioni dell’UAMI citate negli atti delle parti o rispetto alla giurisprudenza dell’Unione.

44      Inoltre, per quanto attiene più specificamente all’argomento relativo alla sentenza KNUT, punto 41 supra (EU:T:2013:448), va rilevato che non si può pretendere che la commissione di ricorso, ammesso che abbia potuto prendere conoscenza di tale sentenza in tempo utile, commenti ogni sentenza del giudice dell’Unione, tanto più che si è chiaramente espressa a favore della sentenza BETWIN, punto 12 supra (EU:T:2013:291), la quale riguarda lo stesso argomento di cui al caso di specie.

45      Pertanto, il primo motivo della ricorrente dev’essere respinto.

 Sul motivo vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009

46      Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso ha concluso erroneamente nel senso dell’assenza di somiglianza tra i prodotti di cui trattasi nonché dell’assenza di un rischio di confusione.

47      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con un marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. Inoltre, a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 207/2009, si intendono per marchi anteriori i marchi, registrati in uno Stato membro, la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

48      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione il rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate. Secondo la stessa giurisprudenza, il rischio di confusione dev’essere valutato globalmente, in base alla percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti nel caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e la somiglianza dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, Racc., EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza ivi citata].

49      Qualora la protezione del marchio anteriore si estenda a tutta l’Unione, occorre prendere in considerazione la percezione dei marchi in conflitto da parte del consumatore dei prodotti di cui trattasi in tale territorio. Va tuttavia ricordato che, per denegare la registrazione di un marchio comunitario, è sufficiente che sussista un impedimento relativo alla registrazione, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in una parte qualsiasi dell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2006, Mast‑Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, Racc., EU:T:2006:397, punto 76 e giurisprudenza ivi citata].

50      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha ritenuto che il pubblico di riferimento comprendesse i membri del grande pubblico in Germania, Stato membro nel quale i marchi anteriori sono tutelati, e le parti non lo hanno contestato.

51      Allo stesso modo, non è stato oggetto di contestazione che, per quanto riguarda i marchi denominativi anteriori, i marchi in conflitto sono identici e, per quanto riguarda il marchio figurativo anteriore, i marchi in conflitto sono simili.

52      Tali valutazioni della commissione di ricorso devono essere condivise.

–       Sul confronto tra i prodotti

53      Secondo una giurisprudenza costante, per valutare la somiglianza tra i prodotti o tra i servizi in questione, si deve tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra loro. Tali fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità (sentenza del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, Racc., EU:C:1998:442, punto 23). Si può tenere conto anche di altri fattori, quali i canali di distribuzione dei prodotti in esame [v. sentenza dell’11 luglio 2007, El Corte Inglés/UAMI – Bolaños Sabri (PiraÑAM diseño original Juan Bolaños), T‑443/05, Racc., EU:T:2007:219, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].

54      Nel caso di specie, occorre confrontare «i giocattoli per il bagno per bambini» e i «giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini», contrassegnati dal marchio richiesto, con gli «articoli sportivi» contrassegnati dai marchi anteriori.

55      Prima di esaminare gli argomenti di cui al procedimento principale, si deve rilevare che, in generale, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di non aver identificato i prodotti rientranti nella categoria dei «giocattoli per il bagno per bambini» e dei «giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini». A tal proposito sarà sufficiente ricordare che dalla giurisprudenza risulta che, siccome le peculiari modalità di commercializzazione dei prodotti contraddistinti dai marchi possono variare nel tempo e secondo la volontà dei titolari dei marchi stessi, l’analisi prospettica del rischio di confusione tra due marchi non può dipendere dalle intenzioni commerciali, realizzate o meno, e per natura soggettive, dei titolari dei marchi [sentenze del 15 marzo 2007, T.I.M.E. ART/UAMI, C‑171/06 P, EU:C:2007:171, punto 59, e del 9 settembre 2008, Honda Motor Europe/UAMI – Seat (MAGIC SEAT), T‑363/06, Racc., EU:T:2008:319, punto 63]. La commissione di ricorso, dunque, non era tenuta a identificare gli specifici prodotti designati dal marchio richiesto, atteso che essi potevano variare.

56      In via principale, la ricorrente deduce quattro ordini di argomenti volti a dimostrare che i prodotti in questione sono simili: la loro natura, la loro destinazione, i loro canali di distribuzione e di fabbricazione, nonché la prassi decisionale dell’UAMI.

57      In primo luogo, riguardo alla natura dei prodotti, la ricorrente sostiene che gli «articoli sportivi» designati dai marchi anteriori e i «giocattoli per il bagno per bambini» nonché i «giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini», designati dal marchio richiesto, sono della stessa natura, poiché spesso hanno la stessa composizione (cuoio, plastica, legno o metallo), il loro utilizzo è il medesimo, in quanto richiede forza fisica, e hanno uno stesso stato fisico solido. Basandosi sulla sentenza KNUT, punto 41 supra (EU:T:2013:448), la ricorrente afferma inoltre che un numero significativo di «articoli sportivi» è proposto in forma semplificata e in formato ridotto come giocattoli di attività per bambini, cosicché spesso è difficile distinguere gli «articoli sportivi» dai giocattoli di attività (v., in tal senso, sentenza KNUT, punto 41 supra, EU:T:2013:448, punto 47).

58      Per prima cosa, per quanto attiene all’argomento della ricorrente relativo alla composizione dei prodotti in esame nonché alle prove da essa presentate in proposito dinanzi all’UAMI, occorre rilevare che il fatto che gli «articoli sportivi» contrassegnati dai marchi anteriori e i giocattoli contrassegnati dal marchio richiesto possano essere composti dagli stessi materiali – del resto estremamente vari – non basta, di per sé, a dimostrare una somiglianza tra i prodotti, data la grande varietà di prodotti che possono essere fabbricati in cuoio, plastica, legno o metallo. Infatti, una stessa materia o uno stesso materiale possono essere utilizzati per fabbricare un’ampia gamma di prodotti completamente differenti.

59      Per seconda cosa, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, l’esistenza di una forma semplificata e di un formato ridotto per i «giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini» consente piuttosto di distinguerli dagli «articoli sportivi» e non di confonderli con questi ultimi. Nel caso di specie, i «giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini», come indica la stessa denominazione, sono destinati a bambini relativamente piccoli e si distinguono dagli «articoli sportivi» (anche se li imitano) per una minore tecnicità, un aspetto differente (formato ridotto, peso modesto), una sicurezza adeguata ai bambini conformemente alla direttiva 2009/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sulla sicurezza dei giocattoli (GU L 170, pag. 1), nonché per il prezzo generalmente inferiore. Un set da minigolf, per riprendere un esempio dei prodotti contrassegnati dal marchio richiesto addotto dalla ricorrente, sarà adeguato alla statura dei bambini, le mazze non avranno la precisione delle vere mazze da golf e saranno in plastica leggera. Tale ragionamento si applica a fortiori ai «giocattoli per il bagno per bambini», i quali non hanno equivalenti «sportivi».

60      Per terza cosa, per quanto attiene agli argomenti secondo i quali i prodotti di cui trattasi sono utilizzati nello stesso modo, mediante ricorso alla forza fisica, e condividono lo stesso stato fisico, simili circostanze non rilevano nel caso di specie, atteso che valgono per numerosi prodotti aventi una finalità primaria del tutto distinta da uno sport (attrezzi manuali, strumenti per la pulizia, strumenti per l’edilizia, etc.).

61      Alla luce delle precedenti considerazioni, si deve constatare che i giocattoli designati dal marchio richiesto hanno una natura differente da quella degli «articoli sportivi» designati dai marchi anteriori.

62      In secondo luogo, riguardo alla destinazione dei prodotti contrassegnati dai marchi in conflitto, la ricorrente sostiene che essa è identica, atteso che sono tutti creati in vista di un’attività fisica e di uno svago. La ricorrente afferma in particolare che, come indica la sentenza KNUT, punto 41 supra (EU:T:2013:448), sussiste una certa «contiguità» tra gli «articoli sportivi», da un lato, e i giochi, dall’altro, nei limiti in cui, segnatamente, è noto che «articoli sportivi» sono utilizzati per giochi e che taluni giochi possono essere parimenti assimilati ad «articoli sportivi» (sentenza KNUT, punto 41 supra, EU:T:2013:448, punto 47).

63      Per prima cosa, come si evince dalla stessa sentenza KNUT, punto 41 supra (EU:T:2013:448), in linea di principio non sussiste un rapporto di intercambiabilità e di complementarità tra, da un lato, i prodotti «articoli per la ginnastica e lo sport non compresi in altre classi» della classe 28 e, dall’altro, «bambole (giocattoli), giochi; giocattoli; animali di peluche» della stessa classe, trattandosi di prodotti con una destinazione differente. Infatti, mentre gli articoli per la ginnastica e lo sport sono destinati innanzitutto al conseguimento della forma fisica, i giochi così come i giocattoli hanno, in linea di principio, la funzione di svagare (sentenza KNUT, punto 41 supra, EU:T:2013:448, punti 44 e 45).

64      La circostanza che una destinazione (per esempio l’attività fisica) non ne escluda un’altra (per esempio il tempo libero) e che in uno stesso prodotto possano «intrecciarsi» due destinazioni, come evidenzia la ricorrente, non osta all’identificazione di una finalità dominante o, altrimenti detto, «primaria» in un prodotto. L’interveniente evidenzia correttamente che, per «utilizzo», occorre intendere l’utilizzo generalmente previsto per un prodotto e non un utilizzo distorto od occasionale.

65      Ne deriva che la sussistenza di una certa «contiguità» o di un’area di sovrapposizione tra due categorie di prodotti aventi destinazioni sostanzialmente differenti non significa che l’insieme dei prodotti oggetto di tali categorie sia necessariamente simile.

66      Non solo: dalla giurisprudenza emerge che il fatto che due prodotti siano, in certa misura, idonei a soddisfare la medesima esigenza non impedisce che il consumatore di riferimento possa percepirli come prodotti diversi [v., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2008, Coca‑Cola/UAMI – San Polo (MEZZOPANE), T‑175/06, Racc., EU:T:2008:212, punto 66].

67      Nel caso di specie, nella decisione impugnata la commissione di ricorso, facendo riferimento ai punti 35 e 36 della sentenza BETWIN, punto 12 supra (EU:T:2013:291), ha ritenuto correttamente che i prodotti in conflitto avessero in sostanza una destinazione differente.

68      Dalla sentenza BETWIN, punto 12 supra (EU:T:2013:291), risulta infatti che, sebbene non sia esclusa la possibilità di fare un accostamento fra taluni «articoli per lo sport e la ginnastica», da un lato, e taluni «giocattoli, giochi e articoli per il gioco», dall’altro, in quanto taluni «articoli sportivi» possono essere utilizzati per i «giochi» e taluni «giochi» possono costituire parimenti «articoli sportivi», in assenza di precise indicazioni da parte degli organi dell’UAMI riguardo agli specifici prodotti di cui trattasi e al modo in cui siano destinati, una simile ipotesi non rimette in discussione il dato che le due categorie di prodotti in parola hanno, in sostanza, una destinazione differente. Infatti, anche se, per loro natura, sono destinate a svagare il pubblico, tali due categorie di prodotti soddisfano anche altri scopi. Gli «articoli per lo sport e la ginnastica» sono diretti ad allenare il corpo mediante l’esercizio fisico, mentre i «giocattoli, [i] giochi e [gli] articoli per il gioco» sono volti innanzitutto a divertire i loro utilizzatori (sentenza BETWIN, punto 12 supra, EU:T:2013:291, punti 35 e 36).

69      In modo ancora più evidente che i «giocattoli, [i] giochi e [gli] articoli per il gioco» di cui trattasi nella sentenza BETWIN, punto 12 supra (EU:T:2013:291), i «giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini» mirano innanzitutto a divertire i loro utilizzatori, in una prospettiva educativa (apporto di conoscenze di base relative a parole, lettere, numeri, etc.) e di sviluppo generale che, se può certamente includere lo sviluppo fisico, non ha il conseguimento della forma fisica come destinazione primaria. A tal proposito la ricorrente afferma che l’espressione «giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini» implica principalmente un’attività fisica. Orbene, non solo il termine «attività» può indicare anche un’attività intellettuale, ma l’aggiunta delle parole «per l’educazione e lo sviluppo dei bambini» accentua l’idea che l’attività presa in considerazione abbia una finalità primaria non meramente fisica, bensì innanzitutto pedagogica.

70      Pertanto la commissione di ricorso ha ritenuto correttamente, al punto 26 della decisione impugnata, che gli «articoli sportivi» siano destinati ad allenare il corpo mediante l’esercizio fisico, mentre i giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini mirano contemporaneamente a divertire e a educare i bambini.

71      In modo altrettanto corretto, sempre al punto 26 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che i «giocattoli per il bagno» siano «chiaramente» volti «unicamente a divertire i bambini piccoli». Infatti, la finalità di mero divertimento dei «giocattoli per il bagno per bambini» è ancora più evidente rispetto ai «giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini».

72      Per seconda cosa, i prodotti designati dai marchi in conflitto non si fanno concorrenza, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente.

73      Quest’ultima argomenta, in particolare, che i consumatori possono facilmente permutare tale tipologia di prodotti (la ricorrente fornisce l’esempio di palloni o di kit da beach volley).

74      Orbene, dai precedenti punti 61, 70 e 71 si evince che i prodotti designati dai marchi in conflitto, in quanto la loro natura e la loro destinazione sono differenti, non sono intercambiabili e, dunque, non sono in concorrenza. In ogni caso, se è vero che talvolta, all’occorrenza, può riscontrarsi una certa interscambiabilità tra i prodotti in esame, essa sussisterebbe unicamente in una direzione, vale a dire nel senso che soltanto i consumatori di taluni giocattoli contrassegnati dal marchio richiesto potrebbero volgersi verso i corrispondenti «articoli sportivi», contrassegnati dai marchi anteriori, in caso di aumento del prezzo di tali giocattoli. È evidente che, anche se il prezzo degli «articoli sportivi» aumentasse, i consumatori di questi ultimi non ripiegherebbero per ciò solo sui predetti giocattoli al fine di sostituire veri «articoli sportivi».

75      Per terza cosa, la ricorrente afferma a torto che, nella sentenza BETWIN, punto 12 supra (EU:T:2013:291), il Tribunale non ha escluso categoricamente che i prodotti di cui è causa abbiano una destinazione simile, ma si è limitato a dichiarare che una siffatta somiglianza non poteva essere presunta «in assenza di precise indicazioni (...) riguardo agli specifici prodotti di cui trattasi e al modo in cui siano destinati». In proposito, va rilevato che tale precisazione, al punto 36 della sentenza BETWIN, punto 12 supra (EU:T:2013:291), non influisce sulla portata dell’affermazione, contenuta all’interno dello stesso punto, secondo la quale gli «articoli sportivi» e i «giochi, [i] giocattoli e [gli] articoli per il gioco» hanno, sostanzialmente, una destinazione differente. Il Tribunale ha soltanto ricordato, in tal modo, che l’UAMI non aveva fornito la prova contraria. Inoltre, dal precedente punto 55 si evince che l’analisi prospettica del rischio di confusione tra due marchi dev’essere effettuata alla luce della descrizione dei prodotti risultante dalle domande di registrazione dei marchi.

76      Orbene, nel caso di specie, la ricorrente ha prodotto dinanzi all’UAMI prove relative agli specifici prodotti contrassegnati dal marchio richiesto (set da minigolf, «racchette wow», «jungle croquet», trampolini, frisbee, etc.). Queste, tuttavia, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, non lasciano concludere nel senso che i prodotti contrassegnati dai marchi in conflitto condividono la stessa destinazione o sono intercambiabili, atteso che ne risulta che i giocattoli dell’interveniente di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini sono rivolti anche a bambini piccoli, il che accentua la loro finalità pedagogica e ricreativa.

77      Per quarta cosa, per quanto concerne l’argomento della ricorrente secondo cui taluni «articoli sportivi» (quali le mazze da golf, il bowling, il biliardo, le freccette, il frisbee) hanno come destinazione primaria e principale lo «svago» anziché l’«allenamento del corpo mediante l’esercizio fisico», occorre rilevare che, in ogni caso, dai precedenti punti da 57 a 61 si evince che la natura di tali articoli è differente da quella dei prodotti del marchio richiesto. Inoltre, l’UAMI non è tenuto a pronunciarsi sull’intera categoria generale degli «articoli sportivi» in relazione a suoi singoli prodotti (v. punti 64 e 65 supra).

78      Per quinta cosa, la ricorrente afferma altresì che i prodotti per cui è causa hanno una clientela manifestamente comune, ossia i bambini, e che, anche quando sono gli adulti ad acquistarli per i figli, i consumatori nella cui mente è determinata una confusione sono identici.

79      Occorre osservare che tale argomento dev’essere respinto in quanto insufficiente, di per se stesso, a dimostrare una somiglianza tra i prodotti, atteso che non tutti i prodotti che si rivolgono agli stessi consumatori sono necessariamente identici o simili.

80      In terzo luogo, riguardo ai canali di distribuzione e di fabbricazione dei prodotti contrassegnati dai marchi in conflitto, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, essi sono differenti.

81      La commissione di ricorso ha correttamente rilevato che, nel caso di specie, si tratta di categorie di prodotti i quali, in generale, sono fabbricati da imprese specializzate e sono venduti in negozi specializzati.

82      Per prima cosa, va rilevato, come nella sentenza BETWIN, punto 12 supra (EU:T:2013:291), che, sebbene sia possibile che gli «articoli sportivi», da un lato, e i «giocattoli per il bagno per bambini» nonché i «giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini», dall’altro, siano fabbricati dalle stesse imprese e proposti mediante gli stessi canali di distribuzione, simili fenomeni sono marginali e, in assenza di altre prove a sostegno, non possono indurre il Tribunale a ritenere che tali due categorie di prodotti condividano gli stessi canali di distribuzione (v., in tal senso, sentenza BETWIN, punto 12 supra, EU:T:2013:291, punto 38).

83      Per seconda cosa, si deve rilevare che il fatto che i prodotti per cui è causa possano essere venduti negli stessi stabilimenti commerciali, quali grandi magazzini o supermercati, non è particolarmente significativo, poiché in tali punti vendita è possibile trovare prodotti di natura assai differente, senza che i consumatori attribuiscano loro automaticamente una stessa origine [v. sentenza del 24 marzo 2010, 2nine/UAMI – Pacific Sunwear of California (nollie), T‑364/08, EU:T:2010:115, punto 40 e giurisprudenza ivi citata].

84      Per terza cosa, gli elementi di prova forniti dalla ricorrente non sono tali da confutare la conclusione della decisione impugnata. La ricorrente insiste sulle prove che ha presentato nell’allegato 4 della sua memoria con i motivi del ricorso del 7 febbraio 2013 dinanzi alla commissione di ricorso, volte a dimostrare che grandi magazzini del Regno Unito e spagnoli vendono articoli sportivi accanto a giocattoli di attività.

85      Innanzitutto, riguardo ai siti dei grandi magazzini generali come «Jarrold» o «El Corte Inglés», dalle predette prove emerge che gli articoli sportivi sono venduti nella categoria «fitness», mentre i giocattoli per esterni sono venduti nella categoria «giocattoli» o «giocattoli per esterni»; tali categorie possono essere vicine, ma corrispondono nondimeno a due reparti distinti, come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 27 della decisione impugnata.

86      Va poi ricordato che, in ogni caso, il pubblico di riferimento è costituito da membri del grande pubblico in Germania e che, di conseguenza, prove relative ai distributori ubicati in altri Stati hanno soltanto un valore assai limitato, se non nullo, nell’ambito della valutazione della somiglianza tra i prodotti.

87      Infine, riguardo alle prove prodotte dalla ricorrente dinanzi all’UAMI e volte a dimostrare che produttori di articoli sportivi, quali «Nike» o «Adidas», fabbricano anche giocattoli di attività, va rilevato che detti giocattoli non sono affini ai giocattoli di attività per l’educazione e lo sviluppo dei bambini, bensì ad articoli promozionali, e che, in ogni caso, simili ipotesi sono marginali, poiché riguardano soltanto marchi sportivi assai rinomati e non valgono a inficiare la conclusione secondo cui, in generale, i prodotti dei marchi in conflitto sono fabbricati da imprese distinte e specializzate.

88      In quarto luogo, la ricorrente afferma che la commissione di ricorso non ha tenuto conto della prassi costante dell’UAMI, che confermerebbe la sussistenza perlomeno di una tenue somiglianza tra gli «articoli sportivi» e i «giocattoli, [i] giochi e [gli] articoli per il gioco», né di una decisione della Corte federale tedesca citata nella sentenza KNUT, punto 41 supra (EU:T:2013:448), o, ancora, della stessa sentenza KNUT nonché delle successive decisioni dell’UAMI.

89      Per quanto riguarda l’argomento relativo alla prassi decisionale dell’UAMI e alla giurisprudenza dell’Unione, dalla giurisprudenza citata al precedente punto 42 si evince che la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dev’essere valutata in base unicamente al regolamento n. 207/2009 e non a una prassi decisionale loro anteriore.

90      Ciò osservato, si deve ricordare che l’UAMI è tenuto a esercitare le proprie competenze in conformità ai principi generali del diritto dell’Unione, quali il principio della parità di trattamento e il principio di buona amministrazione. Alla luce di questi ultimi due principi, l’UAMI, nell’ambito dell’istruzione di una domanda di registrazione di un marchio comunitario, deve prendere in considerazione le decisioni già adottate per domande simili e chiedersi con particolare attenzione se occorra o meno decidere nello stesso senso. I principi della parità di trattamento e di buona amministrazione devono tuttavia conciliarsi con il rispetto della legittimità. Conseguentemente, nessuna parte in un procedimento dinanzi all’UAMI può invocare a proprio vantaggio un’eventuale illegittimità commessa in favore di altri al fine di ottenere una decisione identica. Del resto, per motivi di certezza del diritto e di buona amministrazione, l’esame di ogni domanda di registrazione dev’essere rigoroso e completo e avvenire in ogni caso concreto [v. sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, Racc., EU:C:2011:139, punti da 73 a 77 e giurisprudenza ivi citata].

91      Nel caso di specie, per le ragioni precedentemente illustrate, la commissione di ricorso non ha commesso errori di valutazione nel ritenere che i prodotti di cui trattasi fossero differenti. È giocoforza rilevare che le decisioni richiamate dalla ricorrente e quelle richiamate dall’interveniente rivelano, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, soltanto l’esistenza di una prassi decisionale non del tutto coerente all’interno dell’UAMI.

92      Inoltre, riguardo all’argomento della ricorrente secondo il quale gli uffici nazionali dei marchi all’interno dell’Unione e, più specificamente, la Corte federale tedesca dei brevetti nella «causa 32 W (pat) 6/01», evocata nella sentenza KNUT, punto 41 supra (EU:T:2013:448), ritengono che tali prodotti siano simili, occorre ricordare che il regime comunitario dei marchi rappresenta un sistema autonomo, costituito da un complesso di norme che persegue obiettivi suoi propri e la cui applicazione resta indipendente da ogni sistema nazionale [sentenza del 5 dicembre 2000, Messe München/UAMI (electronica), T‑32/00, Racc., EU:T:2000:283, punto 47]. Da una giurisprudenza costante risulta che le registrazioni effettuate finora negli Stati membri rappresentano meri elementi che, senza essere determinanti, possono semplicemente essere presi in considerazione ai fini della registrazione di un marchio comunitario [sentenze del 16 febbraio 2000, Procter & Gamble/UAMI (Forma di un sapone), T‑122/99, Racc., EU:T:2000:39, punto 61, e del 19 settembre 2001, Henkel/UAMI (Pasticca rotonda rossa e bianca), T‑337/99, Racc., EU:T:2001:221, punto 58].

93      Per di più, riguardo al ragionamento basato sulla sentenza KNUT, punto 41 supra (EU:T:2013:448), dai precedenti punti 59 e 65 si evince che esso non può essere trasposto al caso di specie.

94      Inoltre, gli argomenti della ricorrente relativi alla limitazione della domanda di registrazione (v. precedente punto 9) devono essere respinti, atteso che, alla luce della precedente analisi, non è più necessario che il Tribunale si pronunci sull’incidenza di tale limitazione sulla somiglianza tra i prodotti.

–       Sul rischio di confusione

95      Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, un rischio di confusione presuppone sia un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto sia un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano. Si tratta di requisiti cumulativi [v. sentenza del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, Racc., EU:T:2009:14, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

96      La ricorrente sostiene che soltanto qualora i prodotti siano manifestamente e indubbiamente privi di somiglianza uno dei requisiti essenziali di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 non è soddisfatto e l’opposizione è respinta senza una valutazione della somiglianza tra i segni e del rischio di confusione. Orbene, tale ipotesi non ricorrerebbe nel caso di specie.

97      Occorre rilevare che la decisione impugnata ha dichiarato correttamente che i prodotti in conflitto erano differenti, indicando chiaramente che non sussisteva somiglianza tra loro. Pertanto, essa ha ritenuto correttamente che non potesse sussistere alcun rischio di confusione, indipendentemente dall’identità dei segni, poiché non era soddisfatto un requisito indispensabile ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, ossia l’identità o la somiglianza dei prodotti.

98      Tutto ciò considerato, il secondo motivo dedotto dalla ricorrente dev’essere respinto in quanto infondato.

99      Poiché nessuno dei motivi dedotti dalla ricorrente a sostegno delle proprie conclusioni è fondato, il ricorso dev’essere respinto in toto.

 Sulle spese

100    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alla domanda dell’UAMI e dell’interveniente.

101    L’interveniente ha inoltre chiesto la condanna della ricorrente alle spese da essa sostenute nel corso del procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI. Si deve ricordare in proposito che, ai sensi dell’articolo 190, paragrafo 2, del regolamento di procedura, le spese indispensabili sostenute dalle parti ai fini del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono considerate spese ripetibili. Ciò non vale, tuttavia, per le spese sostenute nel procedimento dinanzi alla divisione di opposizione, sicché la domanda dell’interveniente di condannare la ricorrente, rimasta soccombente, alle spese del procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI può essere accolta solo limitatamente alle spese indispensabili sostenute dall’interveniente per il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso [v., in tal senso, sentenza del 12 gennaio 2006, Devinlec/UAMI – TIME ART (QUANTUM), T‑147/03, Racc., EU:T:2006:10, punto 115].

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La BH Stores BV è condannata alle spese, comprese le spese indispensabili sostenute dall’Alex Toys LLC ai fini del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI).

Jaeger

Van der Woude

Kancheva

Wetter

 

Ulloa Rubio

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 2 luglio 2015.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.