CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
POIARES MADURO
presentate il 18 gennaio 2006 1(1)
Causa C-459/03
Commissione delle Comunità europee
contro
Repubblica d’Irlanda
(Controversia tra la Repubblica d’Irlanda e il Regno Unito – Tribunale arbitrale costituito conformemente all’Allegato VII della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 – Giurisdizione della Corte di giustizia – Articolo 292 CE – Articolo 193 Euratom – Dovere di cooperazione – Articolo 10 CE – Articolo 192 Euratom)
1. Con il presente procedimento per infrazione viene chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi per la prima volta sulla presunta violazione degli artt. 292 CE e 193 Euratom da parte di uno Stato membro. La Commissione ritiene che la Repubblica d’Irlanda, sottoponendo la controversia esistente con un altro Stato membro (il Regno Unito) ad un tribunale arbitrale costituito ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (in prosieguo: la «UNCLOS»), sia venuta meno alle predette disposizioni, nonché agli artt. 10 CE e 192 Euratom.
2. A termini dell’art. 292 CE, ricalcato con identico tenore letterale dall’art. 193 Euratom, «Gli Stati membri si impegnano a non sottoporre una controversia relativa all’interpretazione o all’applicazione del presente trattato a un modo di composizione diverso da quelli previsti dal trattato stesso». Al fine di accertare se tali disposizioni siano state, o meno, violate, la Corte dovrà stabilire se le questioni sottoposte al Tribunale arbitrale dalla Repubblica d’Irlanda ricadano nella sfera di applicazione del diritto comunitario.
I – I fatti e la fase precontenziosa del procedimento
3. Il procedimento de quo è scaturito da una controversia sorta tra la Repubblica d’Irlanda e il Regno Unito relativamente alla messa in funzione di uno stabilimento MOX ubicato a Sellafield, nel nord-est dell’Inghilterra, sulla costa del Mare d’Irlanda. Lo stabilimento è stato concepito per riciclare il plutonio contenuto nel carburante nucleare combusto, tramite miscelazione del biossido di plutonio con biossido di uranio impoverito e riconversione in MOX (mixed oxide fuel, plutonio combustibile riutilizzabile), utilizzabile come fonte energetica in centrali nucleari.
4. Il Regno Unito rilasciava alla British Nuclear Fuel plc (in prosieguo: la «BNFL») l’autorizzazione alla realizzazione dello stabilimento MOX in seguito ad uno studio di valutazione sull’impatto ambientale pubblicato dalla BNFL nel 1993. Lo stabilimento veniva ultimato nel 1996. Il 3 ottobre 2001, dopo aver condotto cinque indagini pubbliche sulle giustificazioni economiche del medesimo, il Regno Unito rilasciava a BNFL l’autorizzazione alla messa in funzione dello stabilimento, nonché alla produzione di MOX.
5. Il 25 ottobre 2001, la Repubblica d’Irlanda, eccependo varie violazioni delle disposizioni UNCLOS da parte del Regno Unito, avviava nei confronti del medesimo un procedimento di risoluzione delle controversie, relativamente allo stabilimento MOX, dinanzi al tribunale arbitrale costituito conformemente all’Allegato VII UNCLOS (2).
6. Il 20 giugno 2002 si teneva un incontro tra la Repubblica d’Irlanda e i servizi della Commissione relativamente alla controversia insorta in merito allo stabilimento MOX (3). Il 15 maggio 2003, la Commissione inviava una lettera di diffida alla Repubblica d’Irlanda, a termini della quale l’Irlanda, avendo promosso nei confronti del Regno Unito un’azione ai sensi della UNCLOS, sarebbe venuta meno ai propri obblighi ai sensi degli artt. 10 CE e 292 CE, nonché ai sensi degli artt. 192 e 193 Euratom.
7. Con lettera del 15 luglio 2003, la Repubblica d’Irlanda esprimeva il proprio dissenso dal parere espresso dalla Commissione. Il 19 agosto seguente, la Commissione notificava alla Repubblica d’Irlanda un parere motivato in ordine all’azione promossa contro il Regno Unito dinanzi al detto tribunale arbitrale, relativamente allo stabilimento MOX. Il 16 settembre 2003 l’Irlanda replicava, affermando di non ritenere persuasivi gli argomenti dedotti dalla Commissione. La Commissione adiva la Corte il 15 ottobre seguente.
II – Sul merito
8. La Corte è stata raramente chiamata a pronunciarsi su di una controversia tra due Stati membri (4). Purtuttavia, in virtù del combinato disposto degli artt. 220 e 227 CE e degli artt. 136 e 142 Euratom, la Corte ha competenza giurisdizionale a conoscere delle controversie tra Stati membri relativamente all’applicazione o all’interpretazione del Trattato CE o del Trattato Euratom (5).
9. A termini degli artt. 292 CE e 193 Euratom, tale giurisdizione è esclusiva. Il combinato disposto dei suddetti articoli costituisce il fondamento del cosiddetto «monopolio giurisdizionale» della Corte di giustizia in materia di controversie tra Stati membri concernenti l’applicazione e l’interpretazione del diritto comunitario (6).
10. La competenza giurisdizionale esclusiva della Corte a conoscere delle controversie tra Stati membri concernenti il diritto comunitario rappresenta un mezzo per garantire l’autonomia dell’ordinamento giuridico comunitario (7), facendo sí che in capo agli Stati membri non sorgano obblighi di diritto internazionale privato che possano porsi in conflitto con i rispettivi obblighi di diritto comunitario. Gli artt. 292 EC e 193 Euratom costituiscono essenzialmente espressione del dovere di lealtà nei confronti del sistema giurisdizionale istituito dai trattati comunitari. Gli Stati membri si sono impegnati a comporre le controversie secondo le modalità previste dai Trattati, astenendosi dall’applicare modalità di composizione diverse alle controversie relative ai trattati stessi (8).
11. La Commissione contesta alla Repubblica d’Irlanda una violazione di tale principio per aver sottoposto la controversia con il Regno Unito relativamente allo stabilimento MOX all’arbitrato del tribunale istituito in base alla UNCLOS. La questione essenziale sulla quale questa Corte è chiamata a pronunciarsi è se la detta controversia riguardi il diritto comunitario. La Corte è tenuta ad esaminare e porre a raffronto, da un lato, la portata della propria competenza giurisdizionale e, dall’altro, il merito della controversia sottoposta al tribunale arbitrale.
12. Dinanzi al tribunale arbitrale la Repubblica d’Irlanda contesta al Regno Unito la violazione di un triplice ordine di obblighi. In primo luogo, l’obbligo di procedere ad un corretto accertamento dei potenziali effetti sull’ambiente marino del Mare dell’Irlanda conseguenti all’autorizzazione di uno stabilimento MOX, richiamandosi, a tal riguardo, all’art. 206 UNCLOS. In secondo luogo, l’obbligo di cooperazione con la Repubblica d’Irlanda, stato costiero del mare semichiuso d’Irlanda, al fine di varare i necessari provvedimenti volti a salvaguardare il relativo ambiente marino. L’Irlanda invoca in merito gli artt. 123 e 197 UNCLOS. In terzo luogo, l’obbligo di prendere tutte le misure del caso per proteggere e salvaguardare l’ambiente marino del Mare d’Irlanda. A tale riguardo l’Irlanda si richiama agli artt. 192, 193, 194, 207, 211, 213 e 217 UNCLOS.
13. La Repubblica d’Irlanda e la Commissione si schierano su posizioni diametralmente opposte in merito alla portata della competenza giurisdizionale della Corte in ordine controversia relativa allo stabilimento MOX. Secondo la Repubblica d’Irlanda, nessuna delle questioni controverse rientrerebbe nella giurisdizione della Corte. A parere della Commissione, invece, la Corte sarebbe competente a conoscere dalla controversia in toto. Ai fini del presente procedimento non è, tuttavia, necessario stabilire se la controversia relativa allo stabilimento MOX ricada interamente nella competenza giurisdizionale della Corte. È sufficiente accertare se, quanto meno, parte del merito della controversia sia disciplinata dal diritto comunitario, nel quale caso risulterebbe acclarata la violazione dell’art. 292 CE ovvero dell’art. 193 Euratom.
14. Con ciò non si intende affermare che la giurisdizione della Corte abbracci l’intera controversia semplicemente perché parte di essa è disciplinata dal diritto comunitario. È possibile che una controversia ricada in gran parte o prevalentemente al di fuori della competenza giurisdizionale della Corte e che solamente una o alcune delle questioni controverse rientrino nella sua giurisdizione. In tale ipotesi, l’art. 292 CE – ovvero l’art. 193 Euratom – preclude, tuttavia, che l’intera controversia, inclusi gli elementi che rientrano nell’ambito del diritto comunitario, venga assoggettata a modalità di composizione diverse da quelle previste dai trattati comunitari. In definitiva, le norme che stabiliscono il monopolio giurisdizionale della Corte non prevedono soglie minime. Gli Stati membri sono tenuti a comporre le rispettive controversie nell’ambito della Comunità (9).
15. La Commissione articola il proprio ricorso su un triplice ordine di motivi. In primo luogo, sostiene che le disposizioni UNCLOS invocate dalla Repubblica d’Irlanda dinanzi al Tribunale arbitrale costituiscano parte integrante del diritto comunitario e ricadano, pertanto, nella giurisdizione esclusiva della Corte a conoscere delle controversie tra Stati membri. Di conseguenza, il fatto di avviare nei confronti di altro Stato membro la procedura d’arbitrato ai sensi delle menzionate disposizioni dell’UNCLOS costituirebbe violazione dell’art. 292 CE. In secondo luogo, la Commissione ritiene che la Repubblica d’Irlanda, avendo chiesto al tribunale arbitrale di applicare le disposizioni di talune direttive comunitarie, abbia violato gli artt. 292 CE e 193 Euratom. In terzo luogo, sostiene che, l’Irlanda avviando tale procedura, sia venuta meno all’obbligo di leale cooperazione risultante dagli artt. 10 CE e 192 Euratom.
16. Valuterò in successione i tre suddetti motivi.
III – La competenza giurisdizionale della Corte in merito alle disposizioni UNCLOS
17. La UNCLOS rappresenta un accordo misto. All’epoca in cui la Repubblica d’Irlanda si rivolse al tribunale arbitrale, relativamente alla lite insorta con il Regno Unito, aderivano alla UNCLOS, oltre alla Comunità europea, anche 14 degli allora Stati membri (10). Alla Comunità e agli Stati membri contraenti della UNCLOS incombevano, all’epoca di cui è causa, gli obblighi assunti in forza della UNCLOS nelle rispettive sfere di competenza (11). Alla Comunità incombevano, ad esempio, gli obblighi in materia di conservazione e gestione delle risorse alieutiche, mentre agli Stati membri incombono gli obblighi in materia di delimitazione dei confini marittimi (12).
18. A parere della Commissione, le disposizioni UNCLOS invocate dalla Repubblica d’Irlanda contro il Regno Unito ricadrebbero nella giurisdizione della Corte, rientrando nella competenza della Comunità ed essendo state emanate dalla medesima. La Commissione sottolinea, al riguardo, che la tutela dell’ambiente rappresenta un preciso obiettivo della Comunità, per il quale la Comunità stessa dispone di competenza esterna. La Commissione rileva, inoltre, che la decisione del Consiglio del 23 marzo 1998, 98/392/CE, concernente la conclusione da parte della Comunità europea della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, si fonda anch’essa sull’art. 130, lett. s), del Trattato CE (ora art. 175 CE).
19. Per contro, la Repubblica d’Irlanda ritiene che non ci sia stato alcun trasferimento di competenze dagli Stati membri alla Comunità relativamente alle materie per cui l’Irlanda chiama in causa il Regno Unito. L’Irlanda deduce, al riguardo, che la Comunità sarebbe parte contraente alla UNCLOS solo per quanto riguarda i settori ricompresi nella sua competenza esterna esclusiva. Laddove esistano strumenti comunitari per le questioni oggetto della controversia relativa allo stabilimento MOX, tali strumenti fisserebbero prescrizioni minime e non sarebbero interessate dalle disposizioni UNCLOS. La Repubblica d’Irlanda sostiene, pertanto, che le disposizioni UNCLOS non siano state incorporate nel diritto comunitario e che la Corte non sia pertanto competente a pronunciarsi sul ricorso proposto dalla Repubblica d’Irlanda nei confronti del Regno Unito in base alla UNCLOS.
20. Prima di procedere all’esame di tali argomenti, ritengo opportuno richiamare brevemente la giurisprudenza attinente alla portata della competenza giurisdizionale della Corte in tema di accordi misti.
21. La Corte ha ripetutamente affermato che la propria giurisdizione abbraccia le disposizioni degli accordi misti (13). In particolare, nella sentenza Haegeman la Corte ha dichiarato che le disposizioni ivi in questione costituivano parte integrante dell’ordinamento comunitario (14). La Corte è pertanto competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla interpretazione di tali disposizioni, nonché a dichiarare l’eventuale inadempimento di uno Stato membro agli obblighi ad esso incombenti in virtù delle disposizioni medesime (15). Dall’esame della giurisprudenza non è tuttavia possibile trarre la conclusione che la Corte sia automaticamente competente a pronunciarsi su tutte le disposizioni degli accordi misti. L’impostazione seguita della Corte è più complessa. Essa ha affermato che «gli accordi misti conclusi dalla Comunità, dai suoi Stati membri e da paesi terzi hanno nell’ordinamento comunitario la stessa disciplina giuridica degli accordi puramente comunitari, trattandosi di disposizioni che rientrano nella competenza della Comunità» (16).
22. Laddove la Comunità abbia assunto obblighi in virtù di un accordo misto, le norme che vincolano la Comunità divengono parte del diritto comunitario (17). In tale guisa, esse diventano vincolanti per la Comunità e per i rispettivi Stati membri (18), e rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte (19). È indubbio che la Comunità abbia assunto obblighi in forza di una disposizione di un accordo misto, laddove tale disposizione riguardi fattispecie di competenza esclusiva della Comunità – come nel caso delle disposizioni sul commercio oggetto della sentenza Haegeman. Per contro, laddove la disposizione riguardi unicamente settori di competenza esclusiva degli Stati membri, gli obblighi assunti in virtù di siffatta disposizione incombono agli Stati membri e non alla Comunità (20).
23. La questione si complica nei casi in cui la disposizione di un accordo misto disciplini settori di competenza concorrente tra Comunità e gli Stati membri. Va ricordato che in materia di politica ambientale, area per la quale il Trattato prevede una competenza concorrente (21) sia la Comunità che gli Stati membri hanno facoltà di contrarre individualmente obblighi con stati terzi. Tuttavia, laddove la Comunità abbia assunto obblighi di tal genere o adottato provvedimenti interni, agli Stati membri è precluso contrarre obblighi che possano incidere sulle norme comuni così sancite (22).
24. Sia la Repubblica d’Irlanda sia il governo svedese deducono al riguardo che con la conclusione della UNCLOS la Comunità europea avrebbe esercitato la propria competenza esterna esclusiva solo nell’area della tutela dell’ambiente marino. La Repubblica d’Irlanda sostiene, inoltre, le disposizioni pertinenti nella controversia relativa allo stabilimento MOX non rientrerebbero nella sfera di competenza esclusiva della Comunità, in quanto stabilirebbero mere prescrizioni minime che, in quanto tali, non inciderebbero sulle norme comuni comunitarie (23). A sostegno di tale tesi, la Repubblica d’Irlanda rimanda alla Dichiarazione sulla competenza, resa dalla Comunità all’atto della ratifica della UNCLOS (24).
25. Qualora la tesi della Repubblica d’Irlanda, secondo cui la Comunità avrebbe meramente esercitato la sua competenza esterna esclusiva, risultasse corretta, la Corte dovrebbe invero procedere ad un attento esame della portata di siffatta competenza – analogamente a quanto operato nella sentenza Open Skies (25) – al fine di accertare se le disposizioni UNCLOS de quibus soggiacciano alla competenza giurisdizionale della Corte in quanto parte integrante dell’ordinamento comunitario.
26. Ritengo tuttavia errata la premessa secondo cui, all’atto della conclusione della UNCLOS, la Comunità avrebbe agito meramente nell’ambito della propria competenza esclusiva.
27. La UNCLOS è stata conclusa per conto della Comunità europea per mezzo della decisione del Consiglio 98/392 (26). Come giustamente rilevato dalla Commissione, il fondamento normativo di tale decisione è costituito, inter alia, dall’art. 130, lett. s), del Trattato. Conseguentemente, per quanto attiene alle disposizioni UNCLOS attinenti alla tutela dell’ambiente marino, all’atto dell’adesione all’UNCLOS la Comunità sembrerebbe aver esercitato nel settore della tutela ambientale sia la propria competenza esterna esclusiva, sia la propria competenza esterna non esclusiva.
28. Ciò trova ulteriore conferma nel fatto che, all’atto della conclusione della UNCLOS, esisteva già una larga gamma di provvedimenti comunitari in materia.
29. La Commissione ritiene al riguardo possibile tracciare un’analogia con due precedenti procedimenti per inadempimento concernenti accordi misti: la sentenza Commissione contro Irlanda (27), causa C-13/00, e la sentenza Commissione contro Repubblica francese, causa C-239/03 (28). In entrambe le cause, la Corte ha affermato la propria giurisdizione, rilevando che, nella specie, gli accordi disciplinavano «un settore ampiamente rientrante nella competenza comunitaria» (29).Orbene, l’analogia formulata dalla Commissione non appare del tutto convincente. A mio avviso, un parallelo può essere operato con la sentenza Commissione/Repubblica francese, ma non con la sentenza Commissione/Irlanda.
30. Nella menzionata sentenza Commissione contro Irlanda, causa C-13/00, la Corte ha affrontato la questione della sussistenza della sua giurisdizione in un procedimento per inadempimento afferente la mancata adesione dell’Irlanda, nel termine prescritto, alla Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (Atto di Parigi). La Corte ha affermato la propria giurisdizione sulla base del rilievo che la convenzione di Berna disciplina una materia che «rientra ampiamente nella competenza comunitaria» (30). Tale affermazione deve essere tuttavia considerata a fronte della particolare circostanza che la causa concerneva il mancato adempimento dell’obbligo di aderire alla convenzione di Berna (31). Come osservato dall’Avvocato generale Mischo, ancorché la convenzione di Berna non ricada in toto nella competenza comunitaria, gli obblighi sanciti dalla medesima sono indivisibili, ragion per cui uno Stato non può aderirvi solo in parte. Allo stesso modo, è pertanto indivisibile l’obbligo previsto dalla normativa comunitaria di aderire alla convenzione di Berna (32).
31. La causa Commissione contro Repubblica francese, d’altra parte, non verteva sull’obbligo di aderire ad un accordo internazionale. Essa riguardava un ricorso per inadempimento proposto nei confronti della Francia per aver mancato di adempiere agli obblighi ad essa incombenti in virtù di talune disposizioni della convenzione per la protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento, nonché di un protocollo della convenzione medesima. La Corte ha ivi affermato che «poiché il ricorso per inadempimento può avere ad oggetto solamente l’inosservanza di obblighi derivanti dal diritto comunitario, prima di pronunciarsi sull’esistenza materiale dell’inadempimento è necessario verificare se gli obblighi gravanti sulla Francia, che sono oggetto del ricorso, facciano parte del diritto comunitario» (33). La Corte, osservando che Convenzione e protocollo coincidevano, nel merito, «ampiamente» con diversi atti legislativi promulgati dalla Comunità, ha concluso affermando la sussistenza di «un interesse comunitario a che la Comunità e i suoi Stati membri rispettino gli impegni assunti in forza [della convenzione e del protocollo]» (34). La Corte ha quindi affermato la propria giurisdizione, ancorché il ricorso per inadempimento nella specie concernesse lo scarico di acqua dolce e sedimenti in ambiente marino e, pertanto, una materia non ancora oggetto di una disciplina comunitaria interna (35).
32. La causa Commissione contro Repubblica francese, analogamente a quella ora in esame, riguardava un accordo internazionale stipulato congiuntamente dalla Comunità e dai rispettivi Stati membri. Inoltre, nella causa Commissione contro Repubblica francese gli Stati membri convenuti avevano eccepito il difetto di giurisdizione della Corte, atteso che gli obblighi de quibus non ricadevano nella competenza esterna della Comunità. La Corte ha respinto tale eccezione, interpretando la portata della propria competenza alla luce dell’interesse di proteggere l’integrità dell’ordinamento comunitario esistente.
33. Il rilievo formulato dalla Corte al punto 27 della sentenza, secondo cui le disposizioni ivi in questione ricadevano in «un settore ampiamente rientrante nella competenza comunitaria» (36), può essere facilmente frainteso nel senso che la Corte si sia pronunciata su un ricorso per inadempimento vertente su obblighi sorti al di fuori della sfera di applicazione del diritto comunitario. Certamente ciò non può essere avvenuto (37). Interpreto la sentenza nel senso che la Corte abbia ritenuto che, nel settore dello scarico di acque dolci e sedimenti in ambiente marino, la Comunità abbia esercitato, con la conclusione dell’accordo, la propria competenza non esclusiva. In altre parole, la conclusione di un accordo internazionale può costituire di per sé una forma di esercizio di una competenza non esclusiva della Comunità, indipendentemente dalla previa adozione di normative comunitarie interne. Come nella causa ora in esame, ciò significa che, con la conclusione dell’accordo, la Comunità ha esercitato tale competenza, nella misura in cui sussistesse un fondamento normativo che ne fondasse la competenza esterna, in settori tanto di competenza esclusiva quanto di competenza non esclusiva (38). La Comunità ha pertanto assunto obblighi internazionali nei detti settori, obblighi che, di conseguenza, ricadono nella competenza giurisdizionale della Corte, quali obblighi fondati sul diritto comunitario (39).
34. Contrariamente a quanto affermato dalla Repubblica d’Irlanda, la dichiarazione «sulle competenze della Comunità europea per quanto riguarda le materie che rientrano nella convenzione» non consente di giungere conclusioni differenti.
35. Nella sezione intitolata «Settori di competenza congiunta della Comunità e degli Stati membri» la dichiarazione così recita:
«Per quanto riguarda le disposizioni relative al trasporto marittimo, alla sicurezza del traffico marittimo e alla prevenzione dell’inquinamento marino (...), la Comunità dispone di una competenza esclusiva soltanto nella misura in cui le disposizioni della convenzione o gli strumenti giuridici adottati per applicarla concernono norme comunitarie esistenti. Nel caso in cui esistano norme comunitarie, ma queste non siano interessate in maniera diretta, segnatamente nel caso di norme comunitarie minime, la competenza è condivisa tra la Comunità e gli Stati membri. Negli altri casi, la competenza appartiene a questi ultimi.
L’appendice riporta un elenco degli atti comunitari pertinenti. L’entità delle competenze comunitarie derivante dai testi citati deve essere valutata rispetto alle disposizioni precise del contenuto e, in particolare, alla misura in cui queste disposizioni stabiliscono norme comuni».
36. A mio parere, tale formulazione cerca di rispecchiare la giurisprudenza della Corte di giustizia, in particolare quella contenuta nella sentenza Commissione/Consiglio (ERTA) nonché nel parere della Corte 19 marzo 1993, n. 2/91. Il testo può essere forse considerato poco elegante e poco chiaro, ma non consente di avvalorare l’interpretazione secondo cui, nel settore della tutela dell’ambiente marino, la Comunità avrebbe esercitato unicamente la propria competenza esterna esclusiva.
37. La Commissione afferma pertanto correttamente che la Repubblica d’Irlanda ha invocato delle disposizioni UNCLOS divenute parte integrante del diritto comunitario e, conseguentemente, ricomprese nella competenza giurisdizionale della Corte.
38. La Repubblica d’Irlanda sostiene che, ove risultasse confermata l’esclusività della competenza giurisdizionale della Corte per le materie disciplinate dalla UNCLOS, la Repubblica d’Irlanda verrebbe privata di un adeguato rimedio giurisdizionale ai sensi della detta convenzione.
39. Non concordo con tale affermazione. Occorre fare nuovamente riferimento alla procedura prevista all’art. 227 CE ed alla possibilità di disporre provvedimenti provvisori ex art. 243 CE. Appare utile rilevare, inoltre, che l’art. 282 UNCLOS autorizza espressamente il ricorso ad altre forme di composizione oltre a quelle previste dalla stessa UNCLOS (40). Inoltre, gli Stati membri, anche a fronte di reali difficoltà, non sono autorizzati ad agire fuori dal contesto comunitario semplicemente in virtù del fatto che tale corso d’azione sembri essere loro più adeguato (41).
40. In subordine, la Repubblica d’Irlanda rileva che, laddove le disposizioni UNCLOS fossero state incorporate nel diritto comunitario, lo sarebbero anche le disposizioni UNCLOS attinenti alla composizione delle controversie. Le modalità di composizione previste dall’UNCLOS costituirebbero pertanto modalità di composizione previste nel «presente trattato», nel senso di cui all’art. 292 CE.
41. Non condivido la tesi secondo cui il regime di composizione delle controversie UNCLOS sarebbe stato incorporato nell’ordinamento giuridico comunitario, modificandolo di conseguenza. L’art. 292 CE esclude l’attribuzione della giurisdizione esclusiva della Corte ad un altro giudice per effetto di un accordo internazionale (42). Non è pertanto possibile che la conclusione dell’UNCLOS abbia implicato il trasferimento della competenza giurisdizionale della Corte in ordine alla composizione delle controversie sorte tra gli Stati membri della Comunità e concernenti l’interpretazione o l’applicazione del diritto comunitario ad un giudice costituito ai sensi dell’UNCLOS.
42. Per tali motivi suggerisco alla Corte di dichiarare che, avendo avviato un procedimento di risoluzione delle controversie contro il Regno Unito, relativamente allo stabilimento MOX, dinanzi al tribunale arbitrale di cui all’Allegato VII della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, la Repubblica d’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 292 CE.
43. Non essendo l’Euratom parte contraente alla UNCLOS, il predetto ragionamento non può condurre alle medesime conclusioni con riguardo all’art. 193 Euratom. Allo scopo di valutare la censura secondo cui l’Irlanda avrebbe mancato di osservare gli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 193 Euratom, occorre esaminare il secondo motivo dedotto dalla Commissione.
IV – Il riferimento dell’Irlanda al diritto comunitario dinanzi al tribunale arbitrale
44. A parere della Commissione, la Repubblica d’Irlanda, demandando ad un giudice non comunitario l’interpretazione e l’applicazione di strumenti di diritto comunitario sarebbe venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù degli artt. 292 CE e 193 Euratom. Il Regno Unito concorda con tale tesi. La Commissione e il Regno Unito osservano che, negli argomenti dedotti dinanzi al tribunale arbitrale, la Repubblica d’Irlanda si richiama alle direttive 85/337/EEC (43), 90/313/EEC (44), 80/836/Euratom (45), 92/3/Euratom (46) e 96/29/Euratom (47), nonché a disposizioni della convenzione OSPAR (48).
45. La Repubblica d’Irlanda sostiene di non aver chiesto al detto tribunale di applicare la normativa comunitaria, bensì di aver fatto riferimento alle direttive come mero ausilio interpretativo degli obblighi UNCLOS. Il detto Stato membro rileva, peraltro, di essersi solennemente impegnato, nella lettera 16 settembre 2003 indirizzata alla Commissione, a continuare a fare riferimento agli strumenti normativi comunitari al solo scopo di agevolare l’interpretazione della UNCLOS, astenendosi dal chiedere al tribunale medesimo di verificare l’eventuale inadempimento da parte del Regno Unito di qualsivoglia norma o strumento di diritto comunitario. La Repubblica d’Irlanda sostiene di non aver agito in violazione degli obblighi ad essa incombenti in virtù degli artt. 292 CE o 193 Euratom, in quanto non contesta al Regno Unito alcun inadempimento degli obblighi ad esso incombenti in forza della normativa comunitaria.
46. Non ritengo possibile condividere tale argomento.
47. Dalle osservazioni dedotte dalla Repubblica d’Irlanda dinanzi al tribunale arbitrale si evince che i riferimenti agli strumenti di diritto comunitario sono stati fatti alla luce dell’art. 293, par. 1, UNCLOS. Ai sensi di tale disposizione, il tribunale arbitrale «applica le disposizioni della presente convenzione e le altre norme del diritto internazionale non incompatibili con la presente convenzione».
48. Al paragrafo 3 della propria dichiarazione di ricorso del 25 ottobre 2001, la Repubblica d’Irlanda indica che «chiederà altresì al tribunale arbitrale di tenere in debito conto le disposizioni di altri strumenti di diritto internazionale, incluse le convenzioni internazionali e le normative della Comunità europea». Al successivo paragrafo 34, la Repubblica d’Irlanda si richiama all’art. 293, par. 1, UNCLOS, deducendo al riguardo che «le disposizioni UNCLOS devono essere interpretate alla luce di altre norme internazionali vincolanti per il Regno Unito, inclusa la convenzione OSPAR del 1992 per la protezione dell’ambiente marino dell’Atlantico nordorientale, la direttiva 85/337/CEE e le direttive e 96/239/Euratom».
49. Per di più, nella memoria presentata al tribunale UNCLOS, la Repubblica d’Irlanda afferma che «le norme di diritto internazionale che il tribunale istituito in forza dell’allegato VII è chiamato ad applicare (...) sono contenute sia nelle pertinenti disposizioni UNCLOS, sia nelle «altre norme di diritto internazionale che non sono incompatibili» con la convenzione» (49). La Repubblica d’Irlanda sostiene peraltro che «in tal modo – vale a dire interpretando le disposizioni generali UNCLOS alla luce del più ampio corpus del diritto internazionale, e dando applicazione ad altre norme, prescrizioni e prassi internazionali – l’UNCLOS assume una funzione coesiva, capace di coniugare norme convenzionali e consuetudinarie, regionali e globali» (50).
50. Al paragrafo 6.19 della propria memoria, la Repubblica d’Irlanda osserva che il riferimento alle pertinenti disposizioni di diritto comunitario non viene operato per chiedere al tribunale di darvi applicazione in quanto tali, ma «in quanto mostrano come interpretare ed applicare gli obblighi generali previsti dalla UNCLOS». Tuttavia, in tutti i successivi argomenti dedotti dinanzi al tribunale arbitrale, la Repubblica d’Irlanda opera numerosi riferimenti alle norme comunitarie sulla scorta dell’art. 293, par. 1, UNCLOS. Ad esempio, nella sezione della memoria dell’Irlanda concernente l’obbligo di effettuare un congruo studio di valutazione sull’impatto ambientale, sotto l’intestazione «Fondamento dell’obbligazione», la Repubblica d’Irlanda fa riferimento, oltre che ad altri strumenti, alla direttiva 85/337, affermando che «tali strumenti hanno rilevanza in quanto possono fungere da guida all’interpretazione degli obblighi previsti dall’art. 206 UNCLOS, nonché da esempi di [altre norme di diritto internazionale] cui il presente tribunale è tenuto a dare applicazione nella controversia che è chiamato a comporre ai sensi dell’art. 293, par. 1 UNCLOS» (51). Nella propria comparsa di risposta, la Repubblica d’Irlanda sostiene che, «in merito a controversie sull’ambiente marino concernenti l’inadempimento di certe norme e prescrizioni internazionali promulgate da organizzazioni internazionali o conferenze diplomatiche competenti», il tribunale arbitrale «è tenuto a considerare, nonché applicare, siffatte norme e prescrizioni internazionali» (52).
51. Alla luce di tali argomenti, mi è difficile ammettere che l’Irlanda non lamenti l’inosservanza degli obblighi incombenti al Regno Unito in virtù del diritto comunitario (53). Resta fermo che l’Irlanda chiede al tribunale di dichiarare il mancato adempimento da parte del Regno Unito agli obblighi ad esso incombenti ai sensi della UNCLOS, obblighi che, nella stessa interpretazione dell’UNCLOS sostenuta dall’Irlanda, coincidono con quelli previsti dalla normativa comunitaria. In tal senso, l’Irlanda chiede al tribunale arbitrale di procedere ad un’interpretazione degli obblighi incombenti al Regno Unito alla luce della normativa CE e Euratom (54).
52. Alla luce delle suesposte considerazioni non resta che constatare che la Repubblica d’Irlanda, avendo avviato un procedimento di risoluzione delle controversie concernente l’interpretazione e l’applicazione del Trattato CE e Euratom dinanzi al tribunale arbitrale previsto dall’Allegato VII della Convenzione delle Nazioni Unite, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 292 CE e 193 Euratom.
V – Il dovere di leale cooperazione
53. La Commissione sostiene che, oltre ad essere venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù degli artt. 292 CE e 193 Euratom, la Repubblica d’Irlanda avrebbe violato gli artt. 10, n. 2, CE e 192, n. 2, Euratom. Entrambi gli articoli dispongono che gli Stati membri «si astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del presente trattato». La Commissione adduce due argomenti.
54. In primo luogo, la Commissione sostiene che, in materia di accordi misti, gli Stati membri soggiacciono ad un dovere di cooperazione in virtù dell’art. 10, n. 2, CE. La Commissione ritiene che la Repubblica d’Irlanda non avrebbe adempiuto a tale dovere, avendo avviato un procedimento di risoluzione delle controversie relativamente a disposizioni ricomprese nella giurisdizione della Comunità; un siffatto modus operanti rischierebbe di ingenerare confusione negli Stati terzi in ordine alla rappresentanza esterna e alla coesione interna della Comunità quale parte contraente, con conseguenze nefaste per l’efficienza e la coerenza dell’azione comunitaria esterna.
55. Non ritengo necessario che la Corte proceda all’esame di tale questione. L’oggetto della censura della Commissione coincide sostanzialmente con quello della censura fondata sull’art. 292 CE. Ritengo che l’art. 292 CE costituisca specifica espressione del principio generale di lealtà sancito dall’art. 10, n. 2, CE (55). L’analisi condotta alla luce dell’art. 292 CE è pertanto sufficiente.
56. La Commissione deduce anche un secondo argomento a sostegno della pretesa violazione dell’obbligo di leale cooperazione da parte dell’Irlanda. Essa sostiene che, in virtù degli artt. 10 CE e 192 Euratom, l’Irlanda avrebbe dovuto informare e consultarsi con le istituzioni comunitarie preposte prima di avviare un procedimento di composizione delle controversie ai sensi dell’UNCLOS.
57. Concordo al riguardo con la Commissione. Gli artt. 10 CE e 192 Euratom impongono un reciproco obbligo di leale collaborazione tra le istituzioni della Comunità e i rispettivi Stati membri (56). Tale obbligo è di particolare importanza per quanto attiene alle relazioni esterne (57), e tanto più in circostanze in cui Comunità e Stati membri abbiano assunto congiuntamente degli obblighi nei confronti di stati terzi (58).
58. Il dovere di leale cooperazione può, in talune circostanze, importare per gli Stati membri un obbligo di consultazione con la Commissione, al fine di evitare un rischio di infrazione delle norme comunitarie o un ostacolo per le politiche comunitarie (59). A mio avviso, nelle circostanze del caso in esame, sussiste in capo alla Repubblica d’Irlanda un siffatto obbligo. L’Irlanda ha deciso di ricorrere avverso un altro Stato membro ai sensi di un accordo internazionale al quale ha aderito anche la Comunità europea e in merito ad una materia che, possibilmente, è di competenza esclusiva della Corte. Come fa giustamente rilevare la Commissione, il ricorso a consultazioni avrebbe potuto contribuire a chiarire in quale misura la controversia riguardasse il diritto europeo ed avrebbe peraltro dato la possibilità di esaminare se sarebbe stato possibile avviare un procedimento di inadempimento contro la presunta inadempienza di un accordo internazionale da parte di uno Stato membro. La Repubblica d’Irlanda ha, invero, chiesto il parere della Commissione solo dopo aver avviato il procedimento di composizione della controversia.
59. Per tutti i suesposti motivi ritengo che la Repubblica d’Irlanda sia venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù degli artt. 10 CE e 192 Euratom.
VI – Sulle spese
60. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della parte soccombente alle spese ed essendo la Repubblica d’Irlanda la parte soccombente nella causa a quo, suggerisco di condannare la Repubblica d’Irlanda alle spese conformemente a quanto disposto all’art. 69, n. 2 del regolamento di procedura.
VII – Conclusione
61. Suggerisco pertanto alla Corte di:
– dichiarare che la Repubblica d’Irlanda, avendo avviato un procedimento di risoluzione delle controversie contro il Regno Unito relativamente allo stabilimento MOX ubicato a Sellafield, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 292 CE e 193 Euratom;
– dichiarare che la Repubblica d’Irlanda, avendo avviato il predetto procedimento senza previa consultazione della Commissione, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 10 CE e 192 Euratom;
– condannare la Repubblica d’Irlanda alle spese.