Language of document : ECLI:EU:C:2017:1009

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

20 dicembre 2017 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità diretta – Libertà di stabilimento – Direttiva 90/435/CEE – Articolo 1, paragrafo 2 – Articolo 5 – Società controllante (cd. “società madre”) – Holding – Ritenuta alla fonte su utili distribuiti a una società madre holding non residente – Esenzione – Frode, evasione e abusi in materia tributaria – Presunzione»

Nelle cause riunite C‑504/16 e C‑613/16,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Finanzgericht Köln (tribunale tributario di Colonia, Germania), con decisioni dell’8 luglio e del 31 agosto 2016, pervenute in cancelleria rispettivamente il 23 settembre e il 28 novembre 2016, nei procedimenti

Deister Holding AG, già Traxx Investments NV (C‑504/16),

Juhler Holding A/S (C‑613/16)

contro

Bundeszentralamt für Steuern,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da C.G. Fernlund (relatore), presidente di sezione, J.‑C. Bonichot e E. Regan, giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Deister Holding AG, da J. Schönfeld e C. Süß, Rechtsanwälte;

–        per la Juhler Holding A/S, da A. Stange, Rechtsanwalt;

–        per il governo tedesco, da T. Henze e R. Kanitz, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, da D. Colas, E. de Moustier e S. Ghiandoni, in qualità di agenti;

–        per il governo svedese, da A. Falk, C. Meyer-Seitz, H. Shev, F. Bergius e L. Swedenborg, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da W. Roels e M. Wasmeier, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 49 TFUE nonché dell’articolo 1, paragrafo 2, e dell’articolo 5 della direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU 1990, L 225, pag. 6), come modificata dalla direttiva 2006/98/CE del Consiglio, del 20 novembre 2006 (GU 2006, L 363, pag. 129) (in prosieguo: la «direttiva sulle società madri e figlie»).

2        Tali domande sono state proposte nell’ambito di controversie che oppongono, rispettivamente, la Deister Holding AG, già Traxx Investments NV (in prosieguo: la «Traxx»), e la Juhler Holding A/S al Bundeszentralamt für Steuern (Ufficio tributario federale centrale, Germania), relative al diniego di quest’ultimo di esentare dalla ritenuta alla fonte dividendi percepiti dalle loro società figlie tedesche.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        Il terzo e il quinto considerando della direttiva sulle società madri e figlie così recitano:

«considerando che le attuali disposizioni fiscali che disciplinano le relazioni tra società madri e società figlie di Stati membri diversi variano sensibilmente da uno Stato membro all’altro e sono, in generale, meno favorevoli di quelle applicabili alle relazioni tra società madri e società figlie di uno stesso Stato membro; che la cooperazione tra società di Stati membri diversi viene perciò penalizzata rispetto alla cooperazione tra società di uno stesso Stato membro; che occorre eliminare questa penalizzazione instaurando un regime comune e facilitare in tal modo il raggruppamento di società a livello comunitario;

(…)

considerando che, per garantire la neutralità fiscale, è inoltre opportuno esentare da ritenuta alla fonte, salvo in taluni casi particolari, gli utili conferiti da una società figlia alla propria società madre (…)».

4        L’articolo 1 di tale direttiva prevede:

«1.      Ogni Stato membro applica la presente direttiva:

–        alla distribuzione degli utili percepita da società di questo Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri;

–        alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali.

(…)

2.      La presente direttiva non pregiudica l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali necessarie per evitare le frodi e gli abusi».

5        Il successivo articolo 2 così dispone:

«Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, il termine “società di uno Stato membro” designa qualsiasi società:

a)      che abbia una delle forme enumerate nell’allegato;

b)      che, secondo la legislazione fiscale di uno Stato membro, sia considerata come avente il domicilio fiscale in tale Stato e, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo, non sia considerata come avente tale domicilio fuori della Comunità;

c)      che, inoltre, sia assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle seguenti imposte:

(…)

–        selskabsskat in Danimarca,

–        Körperschaftsteuer in Germania,

(…)

–        vennootschapsbelasting nei Paesi Bassi,

(…)».

6        A termini del successivo articolo 3:

«Ai fini dell’applicazione della presente direttiva:

a)      la qualità di società madre è riconosciuta almeno ad ogni società di uno Stato membro che soddisfi le condizioni di cui all’articolo 2 e che detenga una partecipazione minima del 20% nel capitale di una società di un altro Stato membro che soddisfi le medesime condizioni.

Siffatta qualità è anche riconosciuta, alle stesse condizioni, ad una società di uno Stato membro che detenga nel capitale di una società dello stesso Stato membro una partecipazione minima del 20%, parzialmente o totalmente attraverso una stabile organizzazione della prima società situata in un altro Stato membro.

A decorrere dal 1o gennaio 2007 la percentuale di partecipazione minima è del 15%.

A decorrere dal 1o gennaio 2009 la percentuale di partecipazione minima è del 10%.

b)      si intende per “società figlia” la società nel cui capitale è detenuta la partecipazione indicata alla lettera a).

2.      In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri hanno la facoltà:

–        di sostituire, mediante accordo bilaterale, il criterio di partecipazione al capitale con quello dei diritti di voto;

–        di non applicare la presente direttiva a quelle società di questo Stato membro che non conservano, per un periodo ininterrotto di almeno due anni, una partecipazione che dia diritto alla qualità di società madre o alle società nelle quali una società di un altro Stato membro non conservi, per un periodo ininterrotto di almeno due anni, siffatta partecipazione».

7        Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva medesima:

«Gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti dalla ritenuta alla fonte».

8        L’allegato di tale direttiva, intitolato «Elenco delle società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera A)», prevede:

«a)      le società registrate a norma del regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, relativo allo statuto della Società europea (SE) [(GU 2001, L 294, pag. 1)], e della direttiva 2001/86/CE del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, che completa lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori [(GU 2001, L 294, pag. 22)] e le società cooperative registrate a norma del regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativo allo statuto della Società cooperativa europea (SCE) [(GU 2003, L 207, pag. 1)] e della direttiva 2003/72/CE del Consiglio, del 22 luglio 2003, che completa lo statuto della società cooperativa europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori [(GU 2003, L 207, pag. 25)];

(…)

e)      le società di diritto danese denominate «“aktieselskab”» e “anpartsselskab”. Altre società soggette ad imposizione ai sensi della legge sull’imposizione delle società, nella misura in cui il loro reddito imponibile è calcolato e tassato conformemente alle disposizioni fiscali generali applicabili alle “aktieselskaber”;

f)      le società di diritto tedesco denominate “Aktiengesellschaft”, “Kommanditgesellschaft auf Aktien”, “Gesellschaft mit beschränkter Haftung”, “Versicherungsverein auf Gegenseitigkeit”, “Erwerbs- und Wirtschaftsgenossenschaft”, “Betriebe gewerblicher Art von juristischen Personen des öffentlichen Rechts”, e altre società costituite in conformità della legislazione tedesca e soggette all’imposta tedesca sulle società;

(…)

s)      le società di diritto olandese denominate “naamloze vennnootschap”, “besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid”, “Open commanditaire vennootschap”, “Coöperatie”, “onderlinge waarborgmaatschappij”, “Fonds voor gemene rekening”, “vereniging op coöperatieve grondslag”, “vereniging welke op onderlinge grondslag als verzekeraar of kredietinstelling optreedt”, e altre società costituite in conformità della legislazione olandese e soggette all’imposta olandese sulle società;

(…)».

 Diritto tedesco

9        L’Einkommensteuergesetz (legge sulle imposte sui redditi), nel testo applicabile alla data dei fatti di cui ai procedimenti principali (in prosieguo,: l’«EStG»), prevede, all’articolo 36, quanto segue:

«(1)      Salvo disposizioni contrarie della presente legge, l’imposta sui redditi è dovuta alla conclusione del periodo di imposta.

(2)      Sono imputati all’imposta sui redditi:

1.      gli acconti versati a titolo di imposta sui redditi per il periodo di imposta (articolo 37);

2.      l’imposta sui redditi percepita in forma di ritenuta fiscale, nei limiti in cui colpisce i redditi rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta o i redditi che, conformemente all’articolo 3, punto 40, della presente legge, o all’articolo 8b, paragrafi 1 e 6, secondo comma, del Körperschaftssteuergesetz [legge sull’imposta sulle società], non sono considerati ai fini della determinazione del reddito e nei limiti in cui non sia stato chiesto o effettuato il rimborso. L’imposta sul reddito percepita in forma di ritenuta fiscale non è imputata se non è stato prodotto il certificato di cui all’articolo 45a, paragrafi 2 o 3. Nei casi previsti all’articolo 8b, paragrafo 6, secondo comma, della legge sull’imposta sulle società, è sufficiente, ai fini dell’imputazione, produrre il certificato di cui all’articolo 45a, paragrafi 2 o 3, consegnato al creditore di redditi da capitale.

(3)      Gli importi dell’imposta di cui al paragrafo 2, punto 2, sono arrotondati all’unità di euro. Nel caso di imposte ritenute alla fonte, viene arrotondato il totale degli importi di una singola ritenuta.

(4)      Qualora risulti un’eccedenza contabile a debito del contribuente, quest’ultimo (il soggetto passivo) deve provvedere al suo immediato versamento, se l’eccedenza corrisponde all’acconto dell’imposta sui redditi già esigibile, ma non ancora assolta; negli altri casi deve provvedere al suo versamento entro il mese successivo alla ricezione dell’avviso di liquidazione (versamento finale). In caso di eccedenza contabile a credito del contribuente, questa viene corrisposta al contribuente previa notifica di avviso di liquidazione (…)».

10      L’articolo 43, paragrafo 1, primo comma, punto 1, dell’EStG prevede quanto segue:

«Sulle seguenti categorie di redditi da capitale di fonte domestica e, nei casi di cui al punto 6, al punto 7, lettera a) e ai punti da 8 a 12, nonché al secondo periodo, di fonte estera, l’imposta è riscossa mediante ritenuta fiscale:

1.      redditi da capitale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, punti 1 e 2. Tale punto si applica mutatis mutandis ai redditi da capitale, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, primo periodo, punto 2, lettera a), e punto 2, secondo periodo;

(…)».

11      A norma dell’articolo 43b, paragrafo 1, dell’EStG, su istanza del contribuente, l’imposta sui redditi da capitale non è riscossa per i redditi da capitale, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, punto 1, dell’EStG, percepiti da una società madre non avente né la propria sede né la propria direzione sul territorio nazionale e derivanti dalla distribuzione di dividendi effettuata da una società controllata.

12      A termini dell’articolo 43b, paragrafo 2, primo comma, dell’EStG, per «società madre», ai sensi del paragrafo 1 di tale articolo 43b, s’intende una società rispondente ai requisiti di cui all’allegato 2 della presente legge e che, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva [90/435], modificata dalla direttiva [2006/98], al momento in cui l’imposta sui redditi da capitale diviene esigibile a norma dell’articolo 44, paragrafo 1, secondo comma, dell’EStG risulti comprovatamente titolare di una partecipazione diretta nel capitale della società figlia pari almeno al 15%.

13      L’articolo 43b, paragrafo 2, quarto comma, dell’EStG prevede che occorre inoltre dimostrare che la partecipazione sussiste ininterrottamente da dodici mesi.

14      L’articolo 50d, paragrafo 3, dell’EStG dispone quanto segue:

«Una società straniera non ha diritto alla detrazione completa o parziale ai sensi dei paragrafi 1 o 2 se vi partecipano persone, cui il rimborso o l’esenzione non spetterebbero nel caso in cui maturassero i redditi direttamente, e

1)      l’intervento della società madre non residente non risulti giustificato da motivi economici o da altri motivi rilevanti, oppure

2)      nell’esercizio di riferimento, la società non residente non consegua più del 10% dei propri ricavi lordi complessivi dalla propria attività commerciale, oppure

(3)      la società non residente non partecipi all’attività economica generale attraverso un’impresa strutturata in maniera adeguata al proprio oggetto sociale.

Rilevano a tal fine esclusivamente i rapporti della società straniera; non rilevano le caratteristiche organizzative, economiche o altrimenti rilevanti delle imprese vicine alla società straniera [articolo 1, paragrafo 2, dell’Außensteuergesetz (legge relativa ai rapporti fiscali con l’estero)]. È esclusa la sussistenza di un’attività economica propria nel caso in cui la società straniera consegua i propri ricavi lordi dall’amministrazione di beni economici o trasferisca le proprie attività commerciali essenziali a terzi (…)».

15      L’articolo 42 dell’Abgabenordnung (codice tributario) così dispone:

«(1)      La normativa fiscale non può essere elusa mediante un ricorso abusivo alle costruzioni ammesse dalla legge. Qualora ricorrano i requisiti fissati da una disposizione tributaria volta alla repressione dell’elusione fiscale, le relative conseguenze giuridiche sono determinate da tale disposizione. Negli altri casi in cui sia accertato un abuso, ai sensi del paragrafo 2, l’imposta è esigibile secondo le medesime modalità previste dal regime normativo della costruzione giuridica adeguata alle operazioni economiche.

(2)      Sussiste un abuso nel caso in cui sia stato optato per una costruzione giuridica non adeguata, che conferisca al contribuente o a un terzo un vantaggio fiscale non previsto dalla legge rispetto agli effetti scaturenti da una costruzione giuridica adeguata. Tale norma non trova applicazione qualora il contribuente dimostri la sussistenza di ragioni di carattere non fiscale che giustifichino la scelta della costruzione, di cui deve essere tenuto conto alla luce della sua situazione complessiva».

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

16      Dalla decisione di rinvio relativa alla causa C‑504/16 risulta che la Diester Holding è il successore a titolo universale della Traxx, la quale aveva la sede nei Paesi Bassi. L’attività di tale ultima società consisteva principalmente nella detenzione di partecipazioni in più società stabilite in diversi Stati e nell’assicurare il loro finanziamento tramite, tra l’altro, l’erogazione di prestiti alle società del gruppo interessato.

17      Dal 2005, la Traxx deteneva una quota di partecipazione pari almeno al 26,5% nella Deister electronik GmbH, società di diritto tedesco. A decorrere dal mese di marzo 2007, la Traxx utilizzava un ufficio in locazione nei Paesi Bassi impiegandovi due collaboratori nel 2007 e nel 2008. Il sig. Stobbe, socio unico della Traxx, era domiciliato in Germania.

18      Il 19 novembre 2007, la Deister electronik distribuiva dividendi alla Traxx, sui quali la prima di tali società prelevava l’imposta sui redditi da capitale e il contributo di solidarietà versandone l’importo all’amministrazione finanziaria. Il 16 maggio 2008, la Traxx chiedeva che tale distribuzione di dividendi fosse esentata dall’imposta e dal contributo de quo.

19      Poiché l’amministrazione respingeva la domanda nonché il successivo reclamo presentato contro la decisione di rigetto, la Deister Holding, quale successore giuridico della Traxx, proponeva ricorso avverso tali decisioni dinanzi al Finanzgericht Köln (tribunale tributario di Colonia, Germania), invocando l’incompatibilità della normativa di cui al procedimento principale con la libertà di stabilimento e la direttiva sulle società madri e figlie.

20      Emerge dalla decisione di rinvio relativa alla causa C‑613/16 che la Juhler Holding è una holding con sede in Danimarca. Il suo capitale è detenuto al 100% dalla Juhler Services Limited, società di diritto cipriota. Il socio unico di quest’ultima è una persona fisica residente a Singapore.

21      La Juhler Holding detiene partecipazioni in oltre 25 società figlie, delle quali talune hanno parimenti la loro sede in Danimarca, Stato membro in cui essa è stabilita. Il gruppo interessato fornisce prestazioni di servizi di messa a disposizione di personale, rese per un terzo del loro volume in tale Stato membro. Dal 2003, la Juhler Holding detiene il 100% del capitale della temp-team Personal GmbH, società stabilita in Germania.

22      Da tale decisione di rinvio risulta inoltre che la Juhler Holding è parimenti titolare di un patrimonio immobiliare, che tale società esercita il controllo finanziario del gruppo, al fine di ottimizzare gli interessi passivi di quest’ultimo, che essa sorveglia e verifica i risultati delle proprie varie società figlie e che dispone di un recapito telefonico e di un indirizzo elettronico. Sul sito Internet di tale gruppo, la stessa è indicata tra i contatti. Al contrario, tale società non ha uffici propri. In caso di necessità, essa si avvale di locali, di attrezzature e del personale di altre società di detto gruppo. Infine, l’amministratore della Juhler Holding è anche membro del consiglio di amministrazione di varie società del medesimo gruppo.

23      Nel corso del 2011, la Juhler Holding percepiva dividendi dalla temp-team Personal. Dato che tali dividendi venivano assoggettati alla ritenuta alla fonte e al contributo di solidarietà, la prima di dette società ne chiedeva il rimborso. Dal momento che l’amministrazione finanziaria respingeva la domanda nonché il successivo reclamo presentato contro la decisione di rigetto, la Juhler Holding proponeva ricorso avverso tali decisioni dinanzi al Finanzgericht Köln (tribunale tributario di Colonia), invocando l’incompatibilità della normativa di cui al procedimento principale con la libertà di stabilimento e la direttiva sulle società madri e figlie.

24      Per quanto riguarda la normativa applicabile nelle due cause principali, il giudice del rinvio precisa, in primo luogo, che contrariamente a quanto ritenuto dall’amministrazione finanziaria, deve applicarsi l’articolo 50d, paragrafo 3, dell’EStG nel testo risultante dalla Jahressteuergesetz 2007 (legge tributaria annuale del 2007), del 13 dicembre 2006 (BGBl 2006 I, pag. 2878). Inoltre, in caso di incompatibilità di tale articolo con il diritto dell’Unione, occorrerebbe effettuare il rimborso della ritenuta alla fonte di cui trattasi nei procedimenti principali, in deroga all’articolo 42 del codice tributario relativo alla repressione degli abusi in situazioni interne.

25      Il giudice medesimo precisa, in secondo luogo, che, ai sensi del diritto nazionale, i dividendi distribuiti da una società figlia tedesca alla propria società madre non residente o sono esentati, su istanza del contribuente, dall’imposta sui redditi, oppure sono assoggettati a ritenuta alla fonte, che, a richiesta del contribuente, può essere rimborsata.

26      Tuttavia, in forza dell’articolo 50d, paragrafo 3, dell’EStG, il diritto all’esenzione o al rimborso è escluso, da un lato, nel caso in cui i soci della società madre non residente non avrebbero diritto all’esenzione o al rimborso se percepissero tali dividendi direttamente, e, dall’altro, qualora ricorra una delle seguenti condizioni, ossia, se l’intervento della società madre non residente non risulti giustificato da motivi economici o da altri motivi rilevanti, se la società madre non residente non consegua più del 10% dei propri ricavi lordi complessivi dell’esercizio di riferimento dalla propria attività commerciale (condizione questa non sussistente, in particolare, laddove tale società tragga i propri ricavi lordi dall’amministrazione di beni economici) o se la società madre non residente non partecipi all’attività economica generale attraverso un’impresa strutturata in maniera adeguata al suo oggetto sociale.

27      Il medesimo giudice precisa che, per valutare se la società madre non residente eserciti una propria attività commerciale, tale normativa prende esclusivamente in considerazione i rapporti della società madre non residente. Non si tiene conto delle caratteristiche organizzative, economiche o altrimenti rilevanti delle imprese vicine a tale società. Non sono dunque considerate la struttura e la strategia del gruppo cui la società stessa appartiene. Conseguentemente, rientrerebbero nell’ambito di applicazione dell’articolo 50d, paragrafo 3, dell’EStG, fattispecie in cui, all’interno di tale gruppo, le partecipazioni sono state trasferite in maniera duratura in una società madre holding non residente e in cui ciò corrisponde a un’effettiva strategia del gruppo interessato.

28      Per contro, nel caso di una società madre holding residente con attività ridotta, l’esistenza di un intervento duraturo sarebbe sufficiente affinché una società di tal genere si veda accordata l’imputazione o il rimborso dell’imposta.

29      Poi, oltre alla gestione meramente passiva di beni economici, neppure la gestione attiva di una società di leasing, di locazione, di investimento e di finanziamento o di una società holding verrebbe poi considerata, nel caso di una società madre non residente, come propria attività commerciale, ai sensi dell’articolo 50d, paragrafo 3, dell’EStG.

30      Inoltre, perché l’esenzione o il rimborso dell’imposta siano negati, è sufficiente, secondo il giudice del rinvio, che la società madre non residente soddisfi una delle condizioni di cui all’articolo 50d, paragrafo 3, dell’EStG. In tal caso, il legislatore tedesco presumerebbe, senza possibilità di prova contraria, la sussistenza di una costruzione abusiva.

31      Il giudice a quo chiede chiarimenti in merito alla compatibilità della legislazione nazionale con le libertà di circolazione e con la direttiva sulle società madri e figlie. In tale contesto, ritiene che i due procedimenti principali vertano sulla libertà di stabilimento, poiché le società madri in questione detengono una partecipazione che assicura loro una sicura influenza sulle decisioni della loro società figlia tedesca.

32      A parere del giudice medesimo, l’articolo 50d, paragrafo 3, dell’EStG rappresenta un ostacolo alla libertà di stabilimento e appare dubbio che il motivo di interesse generale connesso alla repressione dell’elusione fiscale possa giustificare tale ostacolo, poiché, da un lato, una società non residente che non risulti da una costruzione puramente artificiosa, priva di qualsiasi effettività economica, ricade nel campo di applicazione di tale articolo e, dall’altro, detto articolo contiene una presunzione assoluta di abuso o di frode.

33      Quanto alla direttiva sulle società madri e figlie, il giudice del rinvio sottolinea che esiste una differenza tra le diverse versioni linguistiche dell’articolo 1, paragrafo 2, della stessa, in quanto la formulazione di tale articolo nella sua versione in lingua tedesca – al contrario di quella di altre versioni linguistiche dello stesso, ad esempio le versioni in spagnolo, inglese, francese o italiano – non contiene il termine «necessarie». Tale giudice ritiene che, malgrado detta divergenza, la nozione di abuso, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulle società madri e figlie, debba, in ogni caso, essere interpretato alla luce del diritto primario dell’Unione.

34      Ciò premesso, il Finanzgericht Köln (tribunale tributario di Colonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, sostanzialmente identiche nelle due cause:

«1)      Se l’articolo 49, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE osti a una disposizione tributaria nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che neghi a una società madre non residente, il cui unico azionista risieda sul territorio nazionale [causa C‑504/16] (a una società madre non residente, scorporata a lungo termine come società di partecipazione all’interno di un gruppo avente sede e operante attivamente nel suo Stato di stabilimento [causa C‑613/16]), l’esenzione dall’imposta sui redditi da capitale rispetto alle distribuzioni di dividendi, qualora sia riconducibile a persone cui il rimborso o l’esenzione non spetterebbero se avessero maturato i redditi direttamente, e

–        l’intervento della società madre non residente non risulti giustificato da motivi economici o da altri motivi rilevanti, oppure

–        nell’esercizio di riferimento, la società madre non residente non consegua più del 10% dei propri ricavi lordi complessivi dalla propria attività commerciale (condizione questa non ricorrente, in particolare, laddove la società non residente tragga i propri ricavi lordi dall’amministrazione di beni economici), oppure

–        la società madre non residente non partecipi all’attività economica generale attraverso un’impresa strutturata in maniera adeguata al proprio oggetto sociale,

laddove detti presupposti non rilevano ai fini del riconoscimento dell’esenzione dall’imposta sui redditi da capitale alle società madri residenti.

2)      Se l’articolo 5, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CEE, osti a una disposizione nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che neghi a una società madre non residente, il cui unico azionista risieda sul territorio nazionale [causa C‑504/16] (a una società madre non residente scorporata a lungo termine come società di partecipazione all’interno di un gruppo avente sede e operante attivamente nel suo Stato di stabilimento [causa C‑613/13]), l’esenzione dall’imposta sui redditi da capitale sulle distribuzioni di dividendi qualora sia riconducibile a persone cui il rimborso o l’esenzione non spetterebbero se avessero maturato i redditi direttamente e

–        l’intervento della società madre non residente non risulti giustificato da motivi economici o da altri motivi rilevanti, oppure

–        nell’esercizio di riferimento, la società madre non residente non consegua più del 10% dei propri ricavi lordi complessivi dalla propria attività commerciale (condizione questa non ricorrente, in particolare, laddove la società non residente tragga i propri ricavi lordi dall’amministrazione di beni economici), oppure

–        la società madre non residente non partecipi all’attività economica generale attraverso un’impresa strutturata in maniera adeguata al proprio oggetto sociale,

laddove detti presupposti non rilevano ai fini del riconoscimento dell’esenzione dall’imposta sui redditi da capitale alle società madri residenti».

35      Con decisione del presidente della Corte del 6 aprile 2017, le cause C‑504/16 e C‑613/16 sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità

36      Il governo tedesco afferma che le questioni formulate nelle due cause, vertendo sull’intero articolo 50d, paragrafo 3, dell’EStG, eccedono i limiti di quanto necessario ai fini della risoluzione delle controversie pendenti dinanzi al giudice del rinvio.

37      Per quanto riguarda la causa C‑504/16, il governo medesimo ritiene che occorra rispondere unicamente alla questione se la libertà di stabilimento e l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulle società madri e figlie, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva, ostino «a una disposizione tributaria nazionale che nega a una società madre non residente, il cui unico azionista risieda sul territorio nazionale, e non alle società madri residenti, l’esenzione dall’imposta sui redditi da capitale sulle distribuzioni di dividendi, in ragione del fatto che la società madre straniera non esercita una propria attività commerciale che va oltre la mera detenzione di partecipazioni e che, inoltre, non sussistono motivi economici o altri motivi rilevanti che giustificano il suo intervento tra il socio nazionale e la società figlia nazionale».

38      Per quanto riguarda la causa C‑613/16, occorre rispondere, ad avviso del governo tedesco, soltanto alla questione se la libertà di stabilimento e l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulle società madri e figlie, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva, ostino «a una disposizione tributaria nazionale che nega l’esenzione dall’imposta sui redditi da capitale per le distribuzioni di dividendi a una società madre non residente, scorporata a lungo termine come società holding operante all’interno di un gruppo che esercita un’attività nello Stato in cui essa ha sede, al contrario di quanto avviene per società controllanti residenti, in ragione del fatto che tale società madre non residente non esercita una propria attività commerciale che va oltre la mera detenzione di partecipazioni e che, inoltre, non ha né uffici né personale propri».

39      Si deve rammentare che, secondo costante giurisprudenza, il procedimento di cui all’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione necessari per risolvere le controversie che essi sono chiamati a dirimere (sentenza dell’8 dicembre 2016, Eurosaneamientos e a., C‑532/15 e C‑538/15, EU:C:2016:932, punto 26 e giurisprudenza citata).

40      Nell’ambito di tale cooperazione, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire (sentenza dell’8 dicembre 2016, Eurosaneamientos e a., C‑532/15 e C‑538/15, EU:C:2016:932, punto 27 e giurisprudenza citata).

41      Ne consegue che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nell’ambito del contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto da parte della Corte di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario chiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza dell’8 dicembre 2016, Eurosaneamientos e a., C‑532/15 e C‑538/15, EU:C:2016:932, punto 28 e giurisprudenza citata).

42      Orbene, si deve osservare, a tal riguardo, che nei due procedimenti principali, il giudice del rinvio ha dettagliatamente indicato le ragioni per cui ha ritenuto necessario risolvere la questione della compatibilità di tutte le disposizioni dell’articolo 50d, paragrafo 3, dell’EStG per poter statuire nelle controversie sottoposte al suo esame. Pertanto, non risulta che le questioni sollevate siano prive d’interesse per la soluzione di tali controversie.

43      Ciò premesso, può quindi procedersi alla soluzione delle questioni sollevate dal Finanzgericht Köln (tribunale tributario di Colonia).

 Sul merito

44      Con le questioni pregiudiziali, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulle società madri e figlie, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva, da un lato, e l’articolo 49, TFUE, dall’altro, debbano essere interpretati nel senso che ostino alla normativa tributaria di uno Stato membro, come quella oggetto dei procedimenti principali, che, nel caso in cui ricorra una delle condizioni previste da tale normativa nazionale, neghi a una società madre non residente l’esenzione dall’imposta sui redditi da capitale sulle distribuzioni di dividendi, qualora partecipazioni della stessa siano detenute da persone a cui non spetterebbero il rimborso o l’esenzione dalla ritenuta alla fonte se avessero percepito direttamente i dividendi provenienti da una società figlia residente.

 Sull’applicabilità delle disposizioni del Trattato FUE

45      Poiché le questioni sollevate si riferiscono tanto alle disposizioni della direttiva sulle società madri e figlie, quanto a quelle del Trattato FUE e, conformemente a una giurisprudenza costante, qualsiasi misura nazionale in un ambito che ha costituito oggetto di un’armonizzazione esauriente a livello dell’Unione europea dev’essere valutata alla luce delle disposizioni di tale misura di armonizzazione, e non di quelle del diritto primario, si deve precisare che la Corte ha dichiarato che l’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva non opera siffatta armonizzazione (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punti da 15 a 17).

46      Ne consegue che una normativa come quella oggetto dei procedimenti principali può essere valutata non solo con riferimento alle disposizioni di detta direttiva, ma anche rispetto alle disposizioni pertinenti del diritto primario.

 Sull’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulle società madri e figlie, in combinato disposto con l’articolo 5 di tale direttiva

47      In limine, occorre precisare che, nel caso di specie, non è stato contestato, da un lato, che le società di cui ai due procedimenti principali ricadano nell’ambito di applicazione della direttiva sulle società madri e figlie e, dall’altro, che ai dividendi distribuiti dalla Deister electronik alla Traxx nonché a quelli distribuiti dalla temp-team Personal alla Juhler Holding sia applicabile l’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva.

48      La direttiva sulle società madri e figlie, come risulta dal suo terzo considerando, mira a eliminare, mediante l’istituzione di un regime fiscale comune, qualsiasi penalizzazione della cooperazione tra società di Stati membri diversi rispetto alla cooperazione tra società di uno stesso Stato membro e a facilitare in tal modo il raggruppamento di società a livello dell’Unione. Tale direttiva tende così ad assicurare, sotto il profilo fiscale, la neutralità della distribuzione di utili da parte di una società con sede in uno Stato membro alla sua società madre stabilita in un altro Stato membro (sentenza dell’8 marzo 2017, Wereldhave Belgium e a., C‑448/15, EU:C:2017:180, punto 25 e giurisprudenza citata).

49      A tale fine, il quinto considerando di detta direttiva afferma che, per garantire la neutralità fiscale, è opportuno esentare dalla ritenuta alla fonte gli utili distribuiti da una società figlia alla propria società madre.

50      Su tale fondamento, al fine di evitare la doppia imposizione, l’articolo 5, paragrafo 1, della stessa direttiva sancisce il principio del divieto di ritenuta alle fonte sugli utili distribuiti da una società figlia con sede in uno Stato membro alla propria società madre con sede in un altro Stato membro (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 22 e giurisprudenza citata).

51      Nel vietare agli Stati membri di operare una ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti da una società figlia residente alla sua società madre non residente, tale articolo della direttiva sulle società madri e figlie limita la competenza degli Stati membri quanto all’imposizione degli utili distribuiti dalle società stabilite nel loro territorio alle società stabilite in un altro Stato membro (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 23 e giurisprudenza citata).

52      Pertanto, dato che la direttiva sulle società madri e figlie mira a sgravare il regime fiscale delle cooperazioni transfrontaliere, gli Stati membri non possono istituire unilateralmente provvedimenti restrittivi e subordinare a varie condizioni il diritto di beneficiare dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte prevista da detto articolo 5, paragrafo 1 (v., in tal senso, sentenze del 17 ottobre 1996, Denkavit e a., C‑283/94, C‑291/94 e C‑292/94, EU:C:1996:387, punto 26, e del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 24 e giurisprudenza citata).

53      Tuttavia, l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulle società madri e figlie, nel consentire agli Stati membri di applicare disposizioni nazionali o convenzionali per evitare le frodi e gli abusi, istituisce una deroga alle disposizioni fiscali previste da tale direttiva.

54      Per quanto riguarda tale articolo 1, paragrafo 2, occorre rilevare che il giudice del rinvio ha richiamato l’esistenza di una divergenza tra le sue diverse versioni linguistiche, in quanto la versione in lingua tedesca di detto articolo 1, paragrafo 2, a differenza, tra l’altro, delle versioni in spagnolo, inglese, francese e italiano, non utilizza il termine «necessarie».

55      A tal riguardo, si deve osservare che, per l’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulle società madri e figlie, è irrilevante che il termine «necessario» non figuri espressamente nella sua versione in lingua tedesca. Infatti, gli Stati membri possono, in ogni caso, esercitare la facoltà loro conferita da tale articolo solo nel rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione e, più in particolare, del principio di proporzionalità (v. per analogia, sentenza del 17 luglio 1997, Leur-Bloem, C‑28/95, EU:C:1997:369, punti 38 e 43).

56      Orbene, l’osservanza di tale principio esige che i provvedimenti adottati dagli Stati membri, diretti a evitare le frodi e gli abusi, siano idonei a realizzare tale scopo e non vadano oltre quanto necessario per raggiungerlo (v., in tal senso, sentenze del 18 novembre 1987, Maizena e a., 137/85, EU:C:1987:493, punto 15, nonché del 30 giugno 2011, Meilicke e a., C‑262/09, EU:C:2011:438, punto 42 e giurisprudenza citata).

57      Ne discende che, nonostante l’esistenza della divergenza linguistica richiamata, la facoltà accordata agli Stati membri, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulle società madri e figlie, può riguardare soltanto disposizioni nazionali o convenzionali necessarie a tale scopo.

58      Tale interpretazione è anche confermata dall’obiettivo di tale direttiva che, come emerge dai punti 48 e 52 della presente sentenza, è volto, sgravando il regime fiscale delle cooperazioni transfrontaliere all’interno dell’Unione, a facilitare il raggruppamento di società a livello dell’Unione.

59      Quanto ai provvedimenti finalizzati a evitare le frodi e gli abusi, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulle società madri e figlie, si deve rilevare che, poiché tale disposizione prevede una deroga alla regola generale stabilita da tale direttiva, ossia il beneficio del regime fiscale comune applicabile alle società madri e alle società figlie rientranti nell’ambito di applicazione di detta direttiva, l’articolo in parola va interpretato restrittivamente (v., in tal senso, sentenze del 24 giugno 2010, P. Ferrero e C. e General Beverage Europe, C‑338/08 e C‑339/08, EU:C:2010:364, punto 45, e dell’8 marzo 2017, Euro Park Service, C‑14/16, EU:C:2017:177, punto 49 e giurisprudenza citata).

60      La Corte ha precisato che, affinché una normativa nazionale possa essere considerata come diretta a evitare le frodi e gli abusi, il suo scopo specifico dev’essere quello di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate a fruire indebitamente di un’agevolazione fiscale (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 30 e giurisprudenza citata).

61      Pertanto, una presunzione generale di frode e di abuso non può giustificare né un provvedimento fiscale che pregiudichi gli obiettivi di una direttiva, né un provvedimento fiscale che pregiudichi l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 31 e giurisprudenza citata).

62      Per verificare se un’operazione persegua un obiettivo di frode e di abuso, le autorità nazionali competenti non possono limitarsi ad applicare criteri generali predeterminati, ma devono procedere, caso per caso, a un esame complessivo dell’operazione interessata. L’istituzione di un provvedimento fiscale di portata generale che escluda automaticamente talune categorie di contribuenti dall’agevolazione fiscale, senza che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a fornire il benché minimo principio di prova o di indizio di frode e abuso, eccederebbe quanto necessario per evitare le frodi e gli abusi (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 32 e giurisprudenza citata).

63      Per quanto riguarda la normativa oggetto dei procedimenti principali, risulta dagli atti a disposizione della Corte che, qualora persone, cui non spetterebbero il rimborso o l’esenzione se percepissero direttamente i dividendi provenienti da una società figlia stabilita in Germania, siano titolari di partecipazioni in una società madre non residente, tale normativa subordina la concessione del beneficio dell’agevolazione fiscale consistente nell’esenzione dalla ritenuta alla fonte di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva sulle società madri e figlie, al requisito che non ricorra alcuna delle tre condizioni previste da tale stessa normativa, vale a dire che l’intervento della società madre non residente non risulti giustificato da motivi economici o da altri motivi rilevanti, che la società madre non residente non consegua più del 10% dei propri ricavi lordi complessivi dell’esercizio di riferimento dalla propria attività commerciale, o che la società madre non residente non partecipi all’attività economica generale tramite un’impresa strutturata in maniera adeguata al suo oggetto sociale, senza tener conto delle caratteristiche organizzative, economiche o comunque rilevanti delle imprese vicine alla società madre non residente. Inoltre, non si considera che una società madre non residente eserciti una propria attività commerciale laddove la stessa consegua i suoi ricavi lordi dall’amministrazione di beni economici o trasferisca le sue attività commerciali essenziali a terzi.

64      A tal riguardo, si deve rilevare, anzitutto, che la normativa di cui ai procedimenti principali non ha lo scopo specifico di escludere da un’agevolazione fiscale le costruzioni puramente artificiose finalizzate a fruire indebitamente di tale agevolazione, ma riguarda, in via generale, qualsiasi situazione in cui le partecipazioni in una società madre non residente siano detenute da persone cui una tale esenzione non spetterebbe se percepissero i dividendi direttamente.

65      Orbene, la sola circostanza che partecipazioni di tal genere siano detenute da tali persone non comporta, di per sé, la sussistenza di una costruzione puramente artificiosa, priva di effettività economica, creata unicamente allo scopo di fruire indebitamente di un’agevolazione fiscale.

66      In tale contesto, va precisato che non risulta da alcuna disposizione della direttiva sulle società madri e figlie che il trattamento fiscale riservato alle persone titolari di partecipazioni in società madri residenti nell’Unione o che l’origine di tali persone incidano in qualche modo sul diritto di tali società di avvalersi delle agevolazioni fiscali previste da detta direttiva.

67      Si deve peraltro rilevare che la società madre non residente è, ad ogni modo, soggetta alla normativa tributaria dello Stato membro sul cui territorio essa è stabilita (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 35 e giurisprudenza citata).

68      In secondo luogo, la normativa oggetto dei procedimenti principali subordina la concessione del beneficio dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva sulle società madri e figlie, al requisito che non ricorra nessuna delle tre condizioni previste da tale normativa, menzionate supra al punto 63.

69      A tal riguardo, si deve rilevare, in primo luogo, che, nel subordinare la concessione del beneficio di tale esenzione a un requisito di tal genere, senza che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a fornire un principio di prova dell’insussistenza di motivi economici o indizi di frode o di abuso, detta normativa istituisce, come emerge dal punto 62 supra, una presunzione generale di frode o di abuso e pregiudica, quindi, l’obiettivo perseguito dalla direttiva sulle società madri e figlie, in particolare all’articolo 5, paragrafo 1, vale a dire evitare la doppia imposizione dei dividendi distribuiti da una società figlia residente alla sua società madre non residente da parte dello Stato membro in cui ha sede tale società figlia, al fine di agevolare cooperazioni e raggruppamenti di società a livello dell’Unione.

70      In secondo luogo, tale normativa introduce altresì una presunzione assoluta di frode o di abuso poiché la stessa, laddove ricorra una delle tre condizioni ivi previste, non consente alla società madre non residente di fornire elementi di prova che dimostrino l’esistenza di motivi economici.

71      In terzo luogo, tali condizioni, considerate tanto singolarmente che nel loro complesso, non possono, di per sé, comportare l’esistenza di una frode o di un abuso.

72      Infatti, a tal riguardo, si deve osservare che la direttiva sulle società madri e figlie non detta alcun requisito quanto alla natura dell’attività economica delle società ricomprese nel suo ambito di applicazione o l’importo dei ricavi derivanti dalla loro propria attività commerciale.

73      Orbene, la circostanza che l’attività economica della società madre non residente consista nell’amministrazione di beni economici delle sue società figlie o che i redditi di tale società madre derivino esclusivamente da tale amministrazione non può, di per sé, determinare l’esistenza di una costruzione puramente artificiosa, priva di qualsiasi effettività economica. In tale contesto, il fatto che l’amministrazione di beni economici non sia considerata quale attività commerciale nell’ambito dell’imposta sul valore aggiunto è irrilevante, poiché l’imposta oggetto dei procedimenti principali e l’imposta de qua afferiscono ad ambiti giuridici distinti, che perseguono ognuno obiettivi diversi.

74      Inoltre, al contrario di quanto previsto dalla normativa di cui ai procedimenti principali, l’accertamento di una costruzione di tal genere implica l’effettuazione, caso per caso, di una valutazione complessiva della relativa fattispecie, vertente su elementi quali le caratteristiche organizzative, economiche o altrimenti rilevanti del gruppo di società a cui appartiene la società madre interessata nonché le strutture e le strategie di tale gruppo.

75      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre dichiarare che l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulle società madri e figlie, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva, dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto dei procedimenti principali.

 Sulla libertà applicabile

76      Dalla giurisprudenza della Corte emerge che la questione del trattamento fiscale di dividendi può ricadere tanto nella libertà di stabilimento quanto nella libera circolazione dei capitali (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 39 e giurisprudenza citata).

77      Quanto alla questione se una normativa nazionale ricada nell’una o nell’altra delle libertà di circolazione, occorre far riferimento all’oggetto della normativa in questione (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 40 e giurisprudenza citata).

78      A tal riguardo, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che una normativa nazionale destinata ad applicarsi esclusivamente alle partecipazioni che consentono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di una società e di determinarne le attività rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato in materia di libertà di stabilimento. Per contro, disposizioni nazionali relative a partecipazioni poste in essere al solo scopo dell’investimento finanziario, senza che debba essere esercitata un’influenza sulla gestione e sul controllo dell’impresa, vanno esaminate esclusivamente alla luce della libera circolazione dei capitali (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 41 e giurisprudenza citata).

79      Nella specie, dalla decisione di rinvio emerge che la normativa tributaria di cui trattasi nei procedimenti principali era applicabile alle società che detenevano almeno il 15% del capitale delle loro società figlie. Per contro, tale decisione non contiene informazioni inerenti all’oggetto di tale normativa.

80      Tale partecipazione non implica necessariamente che la società che ne è detentrice eserciti una sicura influenza sulle decisioni della società distributrice dei dividendi (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

81      Ciò premesso, occorre tenere conto degli elementi di fatto del caso di specie, al fine di determinare se la situazione oggetto del procedimento principale ricada nell’una o nell’altra di tali libertà di circolazione (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 44 e giurisprudenza citata).

82      In primo luogo, per quanto riguarda la causa C‑504/16, emerge dagli atti a disposizione della Corte che, alla data dei fatti di cui al procedimento principale, la Traxx era titolare di una partecipazione pari almeno al 26,5% nella Deister electronik. Nel caso di specie, è pacifico che tale partecipazione conferisse alla prima di tali società una sicura influenza sulle decisioni della seconda, consentendole di determinarne le attività. Pertanto, la normativa nazionale oggetto dei procedimenti principali dev’essere esaminata alla luce della libertà di stabilimento.

83      Quanto, in secondo luogo, alla causa C‑613/16, risulta dagli atti a disposizione della Corte che, alla data dei fatti di cui al procedimento principale, la Juhler Holding deteneva l’intero capitale della temp-team Personal. Si deve, dunque, rilevare che detta partecipazione attribuiva alla prima di tali società una sicura influenza sulle decisioni della seconda, consentendole di determinarne le attività. Di conseguenza, la normativa nazionale applicabile a tali partecipazioni dev’essere esaminata, anche in tale causa, alla luce della libertà di stabilimento.

84      In tale contesto, va precisato che l’origine degli azionisti delle società di cui al procedimento principale non incide sul diritto di tali società di avvalersi della libertà di stabilimento. A tal riguardo, emerge dalla giurisprudenza della Corte che non risulta da alcuna disposizione del diritto dell’Unione che l’origine degli azionisti, persone fisiche o giuridiche, delle società residenti nell’Unione incida sul diritto di tali società di avvalersi di detta libertà (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 48 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, nei procedimenti principali, è pacifico che le società madri interessate sono società stabilite nell’Unione. Pertanto, tali società possono avvalersi della libertà in esame.

85      Alla luce dei suesposti rilievi, occorre rispondere alle questioni proposte alla luce della libertà di stabilimento.

 Sulla libertà di stabilimento

86      La libertà di stabilimento, che l’articolo 49 TFUE attribuisce ai cittadini dell’Unione, implica per essi l’accesso alle attività non subordinate ed il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, alle stesse condizioni previste dalle leggi dello Stato membro di stabilimento per i propri cittadini. Essa comprende, conformemente all’articolo 54 TFUE, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale all’interno dell’Unione, il diritto di svolgere le loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 52 e giurisprudenza citata).

87      Quanto al trattamento nello Stato membro ospitante, dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’articolo 49, primo comma, secondo periodo, TFUE consente espressamente agli operatori economici la possibilità di scegliere liberamente la forma giuridica appropriata per l’esercizio delle loro attività in un altro Stato membro e tale libera scelta non dev’essere limitata da disposizioni tributarie discriminatorie (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 53 e giurisprudenza citata).

88      Inoltre, devono essere considerate restrizioni a tale libertà di stabilimento tutte le misure che vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio di tale libertà (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 54 e giurisprudenza citata).

89      Nel caso di specie, emerge dagli atti a disposizione della Corte che la concessione del beneficio dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva sulle società madri e figlie è subordinata al requisito previsto dalla normativa oggetto dei procedimenti principali esclusivamente nel caso in cui una società figlia residente distribuisca utili ad una società madre non residente.

90      Tale disparità di trattamento, come rilevato dal giudice del rinvio, può dissuadere una società madre non residente dall’esercitare, in Germania, un’attività commerciale tramite una società figlia stabilita in tale Stato membro e costituisce, di conseguenza, un ostacolo alla libertà di stabilimento.

91      Tale ostacolo è ammissibile solo nel caso in cui riguardi fattispecie che non siano oggettivamente comparabili o risulti giustificata da motivi imperativi di interesse generale riconosciuti dal diritto dell’Unione. Occorre, anche in tale ipotesi, che l’ostacolo sia idoneo a garantire il conseguimento dell’obiettivo da essa perseguito e non ecceda quanto è necessario per raggiungerlo (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 57 e giurisprudenza citata).

92      Per quanto riguarda la comparabilità della situazione di una società residente e di quella di una società non residente che percepiscano dividendi da una società figlia residente, va precisato che l’esenzione dalla ritenuta alla fonte degli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre, come menzionato supra al punto 50, è volta a evitare una doppia imposizione di tali utili.

93      La Corte, sebbene abbia affermato, in riferimento alle misure previste da uno Stato membro al fine di prevenire o attenuare l’imposizione a catena o la doppia imposizione di utili distribuiti da una società residente, che gli azionisti beneficiari residenti non si trovano necessariamente in una situazione comparabile a quella degli azionisti beneficiari residenti in un altro Stato membro, ha parimenti precisato che, laddove uno Stato membro eserciti la propria potestà tributaria non soltanto sul reddito degli azionisti residenti ma anche su quello degli azionisti non residenti, per i dividendi da essi percepiti da una società residente, la situazione di detti azionisti non residenti si avvicina a quella degli azionisti residenti (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 59 e giurisprudenza citata).

94      Nei procedimenti principali, atteso che la Repubblica federale di Germania ha scelto di esercitare la propria potestà tributaria sugli utili distribuiti dalla società figlia residente alla società madre non residente, si deve ritenere che tale società madre non residente si trovi, per quanto riguarda tali dividendi, in una situazione comparabile a quella di una società madre residente.

95      Per quanto attiene alla giustificazione e alla proporzionalità dell’ostacolo, la Repubblica federale di Germania fa valere che quest’ultimo è giustificato tanto dall’obiettivo volto alla repressione della frode e dell’evasione fiscali quanto da quello volto a salvaguardare una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri.

96      A tal riguardo, va rilevato, da un lato, che l’obiettivo della repressione della frode e dell’evasione fiscali e quello della salvaguardia di una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri sono collegati e, dall’altro, atteso che costituiscono motivi imperativi di interesse generale, possono giustificare un ostacolo all’esercizio delle libertà di circolazione garantite dal Trattato (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 63 e giurisprudenza citata).

97      Tuttavia, si deve rilevare che l’obiettivo della repressione della frode e dell’evasione fiscali ha la stessa portata sia quando viene invocato in applicazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulla società madri e figlie o come giustificazione di un ostacolo al diritto primario (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 64 e giurisprudenza citata). Di conseguenza, le considerazioni di cui ai punti da 60 a 74 della presente sentenza si applicano anche per quanto riguarda tale libertà.

98      Inoltre, quanto alla ripartizione equilibrata del potere impositivo fra gli Stati membri, va precisato che, nel vietare agli Stati membri di operare una ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti da una società figlia residente alla sua società madre non residente, la direttiva sulle società madri e figlie disciplina la questione di tale ripartizione.

99      Pertanto, l’obiettivo della repressione della frode e dell’evasione fiscali e quello della salvaguardia di una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri non possono, nel caso di specie, giustificare un ostacolo alla libertà di stabilimento.

100    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alle questioni proposte dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulle società madri e figlie, in combinato disposto con il successivo articolo 5, paragrafo 1, da un lato, e l’articolo 49, TFUE, dall’altro, devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa tributaria di uno Stato membro, come quella oggetto dei procedimenti principali, che, nel caso in cui ricorra una delle condizioni ivi previste, neghi ad una società madre non residente l’esenzione delle distribuzioni di dividendi dall’imposta sui redditi da capitale, qualora partecipazioni della stessa siano detenute da persone alle quali non spetterebbero il rimborso o l’esenzione dalla ritenuta alla fonte se avessero percepito direttamente i dividendi provenienti da una società figlia residente.

 Sulle spese

101    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, come modificata dalla direttiva 2006/98/CE del Consiglio, del 20 novembre 2006, in combinato disposto con il successivo articolo 5, paragrafo 1, da un lato, e l’articolo 49 TFUE, dall’altro, devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa tributaria di uno Stato membro, come quella oggetto dei procedimenti principali, che, nel caso in cui ricorra una delle condizioni ivi previste, neghi ad una società madre non residente l’esenzione delle distribuzioni di dividendi dall’imposta sui redditi da capitale, qualora partecipazioni della stessa siano detenute da persone alle quali non spetterebbero il rimborso o l’esenzione dalla ritenuta alla fonte se avessero percepito direttamente i dividendi provenienti da una società figlia residente.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.