Language of document : ECLI:EU:C:1999:347

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

1° luglio 1999 (1)

«Marchio — Esaurimento del diritto del titolare di un marchio — Consenso del titolare»

Nel procedimento C-173/98,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE (ex art. 177), dalla Cour d'Appel di Bruxelles (Belgio), nella causa dinanzi ad essa pendente tra

Sebago Inc.,

Ancienne Maison Dubois et Fils SA

e

G-B Unic SA

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 7, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d'impresa (GU 1989, L 40, pag. 1)

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dai signori J.-P. Puissochet, presidente di sezione, P. Jann, J. C. Moitinho de Almeida, C. Gulmann (relatore) e D.A.O. Edward, giudici,

avvocato generale: F.G. Jacobs


cancelliere: H. von Holstein, cancelliere aggiunto

viste le osservazioni scritte presentate:

—    per la G-B Unic SA, dall'avv. Richard Byl, del foro di Bruxelles;

—    per il governo francese, dalle signore Kareen Rispal-Bellanger, vicedirettore per il diritto internazionale dell'economia e per il diritto comunitario presso la direzione affari giuridici del ministero degli Affari esteri, e Anne de Bourgoing, chargé de mission presso la stessa direzione, in qualità di agenti;

—    per la Commissione delle Comunità europee, dalla signora Karen Banks, membro del servizio giuridico, in qualità di agente,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Sebago Inc. e della Ancienne Maison Dubois et Fils SA, rappresentate dall'avv. Benoît Strowel, del foro di Bruxelles, della G-B Unic SA, rappresentata dall'avv. Richard Byl, e della Commissione, rappresentata dalla signora Karen Banks, all'udienza del 28 gennaio 1999,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 25 marzo 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.
    Con sentenza 30 aprile 1998, pervenuta in cancelleria l'11 maggio seguente, la Cour d'Appel di Bruxelles ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 234 CE (ex art. 177), cinque questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione dell'art. 7 della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (GU 1989, L 40, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»), come modificata dall'Accordo sullo Spazio economico europeo 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l'«accordo SEE»).

2.
    Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una causa promossa dalle società Sebago Inc. (in prosieguo: la «Sebago») e Ancienne Maison Dubois et Fils SA (in

prosieguo: la «Maison Dubois») contro la società G-B Unic SA (in prosieguo: la «G-B Unic») in merito alla vendita effettuata da quest'ultima di merci recanti un marchio di cui è titolare la Sebago, senza il consenso della stessa.

3.
    L'art. 7 della direttiva, rubricato «Esaurimento dei diritti conferiti dal marchio», recita:

«1.    Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare l'uso del marchio di impresa per prodotti immessi in commercio nella Comunità con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.

2.    Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga all'ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio».

4.
    In conformità dell'art. 65, n. 2, in combinato disposto con l'allegato XVII, punto 4, dell'accordo SEE, l'art. 7, n. 1, della direttiva è stato modificato ai fini di detto accordo, cosicché l'espressione «nella Comunità» è stata sostituita dai termini «sul territorio di una parte contraente».

5.
    La Sebago è una società di diritto statunitense che è titolare di due marchi Benelux con la denominazione «Docksides» e di tre marchi Benelux con la denominazione «Sebago». Tali marchi sono registrati in particolare per calzature. La Maison Dubois è la distributrice esclusiva per il Benelux delle scarpe recanti i marchi della Sebago.

6.
    Nel decimo numero dell'anno 1996 del suo opuscolo intitolato «La quinzaine Maxi-GB», la G-B Unic ha pubblicizzato la vendita di scarpe Docksides Sebago nei suoi ipermercati Maxi-GB, indicando i prezzi validi dal 29 maggio fino all'11 giugno 1996. Si trattava di 2.561 paia di scarpe fabbricate nel Salvador ed acquistate presso una società di diritto belga specializzata nelle importazioni parallele. L'intera partita è stata venduta nel corso dell'estate 1996.

7.
    La Sebago e la Maison Dubois non contestano che le scarpe vendute dalla G-B Unic fossero prodotti autentici. Esse sostengono tuttavia che la G-B Unic non aveva il diritto di procedere alla vendita di tali scarpe nella Comunità, poiché esse non ne avevano autorizzato la vendita sul territorio della stessa.

8.
    In tali circostanze, la Sebago e la Maison Dubois hanno rilevato dinanzi al giudice belga che la G-B Unic, avendo posto in commercio tali prodotti nella Comunità senza il loro consenso, aveva leso il diritto di marchio della Sebago. Esse hanno invocato l'art. 13, A, n. 8, della legge uniforme del Benelux sui marchi d'impresa, come modificata dal Protocollo Benelux 2 dicembre 1992 (in prosieguo: la «legge uniforme»), i cui termini sono analoghi a quelli dell'art. 7, n. 1, della direttiva.

9.
    Nella sentenza di rinvio, la Cour d'Appel di Bruxelles rileva che l'interpretazione data dalle parti in causa all'art. 13, A, n. 8, della legge uniforme differisce in due punti essenziali: il primo punto riguarda la questione se tale disposizione consacri il principio dell'esaurimento internazionale (tesi della G-B Unic) o solamente quello dell'esaurimento comunitario ( tesi della Sebago), e il secondo è incentrato sul problema di determinare in quali condizioni sia possibile presumere acquisito il consenso del titolare del marchio.

10.
    Per quanto riguarda il secondo punto, la G-B Unic sostiene che, per soddisfare la condizione del consenso prevista dall'art. 13, A, n. 8, della legge uniforme, è sufficiente che prodotti simili recanti lo stesso marchio siano già stati legittimamente commercializzati nella Comunità con il consenso del titolare del marchio. Per contro, la Sebago afferma che il suo consenso deve essere ottenuto per ogni specifica partita di merci, vale a dire per ogni partita importata in un dato momento da un particolare importatore. Essa considera dunque che il suo consenso potrebbe essere presunto solamente se la G-B Unic fosse in grado di dimostrare di aver acquistato le scarpe in questione da un venditore facente parte della rete di distribuzione creata dalla Sebago nella Comunità, o da un rivenditore che, pur non appartenendo a tale rete, abbia acquisito legittimamente tali scarpe nella Comunità.

11.
    La G-B Unic ha ugualmente sostenuto, dinanzi al giudice a quo, che fosse già stabilito che la Sebago, non avendo proibito al concessionario della licenza del Salvador di esportare i suoi prodotti nella Comunità, aveva implicitamente dato il proprio consenso alla commercializzazione nella Comunità delle scarpe oggetto della controversia. Tuttavia, la Cour d'Appel di Bruxelles ha espressamente accertato che non era stata provata la concessione di una licenza, la cui esistenza era stata contestata dalla Sebago, e che, in tali condizioni, il semplice fatto che il fabbricante salvadoregno avesse esportato i prodotti oggetto della lite verso la Comunità non consentiva di dare per scontato il consenso della Sebago alla loro commercializzazione nella stessa.

12.
    In tali circostanze, la Cour d'Appel di Bruxelles ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«Se si debba interpretare l'art. 7, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, nel senso che il diritto conferito dal marchio consente al suo titolare di opporsi all'uso del suo marchio per prodotti autentici che non sono stati immessi in commercio nell'ambito della Comunità economica europea (ampliata alla Norvegia, all'Islanda e al Liechtenstein, in forza dell'accordo 2 maggio 1992 che istituisce lo Spazio economico europeo), dal titolare o con il suo consenso:

—    quando i prodotti contrassegnati dal marchio provengono direttamente da un paese esterno alla Comunità europea o allo Spazio economico europeo;

—    quando i prodotti contrassegnati dal marchio provengono da un paese della Comunità europea o dello Spazio economico europeo dove essi si trovano in transito senza il consenso del titolare del marchio o del suo rappresentante;

—    se i prodotti sono stati acquistati in un paese della Comunità europea o dello Spazio economico europeo dove sono stati posti in vendita per la prima volta senza il consenso del titolare del marchio o del suo rappresentante;

    oppure

—    qualora prodotti contrassegnati dal marchio, identici ai prodotti autentici contrassegnati dallo stesso marchio, ma importati parallelamente direttamente o indirettamente da paesi esterni alla Comunità europea o allo Spazio economico europeo, siano o siano già stati messi in commercio all'interno della Comunità o dello Spazio economico europeo, dal titolare del marchio o con il suo consenso;

    oppure

—    qualora prodotti contrassegnati dal marchio, simili ai prodotti autentici contrassegnati dallo stesso marchio, ma importati parallelamente direttamente o indirettamente da paesi esterni alla Comunità europea o allo Spazio economico europeo, siano o siano già stati messi in commercio nell'ambito della Comunità o dello Spazio economico europeo, dal titolare del marchio o con il suo consenso».

13.
    Preliminarmente occorre rilevare che, nella sentenza 16 luglio 1998, causa C-355/96, Silhouette International Schmied (Racc. pag. I-4799), resa dopo la pronuncia della sentenza di rinvio della presente causa, la Corte ha dichiarato che l'art. 7, n. 1, della direttiva, come modificata dall'accordo SEE, osta a norme nazionali che prevedano l'esaurimento del diritto conferito da un marchio d'impresa per prodotti messi in commercio al di fuori del SEE con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.

14.
    Le parti in causa, al pari del governo francese e della Commissione, ritengono che la Corte abbia già risolto, nella sentenza Silhouette International Schmied, citata, le prime tre questioni, di modo che sarebbe necessario risolvere soltanto le ultime due.

15.
    Per quanto attiene a tali ultime questioni, la Sebago e la Maison Dubois, al pari del governo francese e della Commissione, sostengono che il consenso del titolare del marchio d'impresa alla commercializzazione all'interno dello Spazio economico europeo (in prosieguo: il «SEE») di una partita di merci non esaurisca i diritti

conferiti dal marchio d'impresa per la commercializzazione di altre partite dei suoi prodotti, anche se identici.

16.
    La G-B Unic ritiene, invece, che l'art. 7 della direttiva non richiede che il consenso sia prestato per le merci che sono concretamente oggetto delle importazioni parallele. In particolare, essa fonda la propria argomentazione sulla nozione di funzione essenziale del marchio d'impresa che, secondo la giurisprudenza della Corte, consiste nel garantire ai consumatori l'identità di origine del prodotto, al fine di permettere loro di distinguere senza possibilità di confusione tale prodotto da quelli che hanno una provenienza diversa. Ora, essa sostiene che tale funzione non implica che il titolare possa avere il diritto di proibire l'importazione di prodotti autentici. Sarebbe pertanto erroneo sostenere che l'art. 7 della direttiva preveda il consenso del titolare unicamente per la commercializzazione di esemplari importati di prodotti originali. La G-B Unic ritiene dunque che vi sia consenso ai sensi dell'art. 7 della direttiva, quando il consenso riguarda la specie dei prodotti oggetto della controversia.

17.
    Innanzi tutto occorre constatare che le parti intervenute nella presente causa hanno osservato, a giusto titolo, che le prime tre questioni pregiudiziali erano già state risolte dalla Corte nella sentenza Silhouette International Schmied, citata. In effetti, la Corte ha stabilito, ai punti 18 e 26 di quest'ultima sentenza, che, secondo il testo stesso dell'art. 7 della direttiva, l'esaurimento dei diritti conferiti dal marchio d'impresa ha luogo solo nel caso in cui i prodotti siano stati messi in commercio nella Comunità (nel SEE dopo l'entrata in vigore dell'accordo SEE) e che la direttiva non lascia agli Stati membri la possibilità di stabilire nel loro diritto nazionale l'esaurimento dei diritti conferiti dal marchio per prodotti posti in commercio in paesi terzi.

18.
    Occorre poi rilevare che, nelle due ultime questioni, il giudice a quo chiede in sostanza se sussista il consenso ai sensi dell'art. 7 della direttiva quando il titolare del marchio ha dato il proprio consenso alla commercializzazione nel SEE di prodotti identici o simili a quelli per i quali viene invocato l'esaurimento, o se, alcontrario, il consenso debba riguardare ogni esemplare del prodotto per il quale viene invocato l'esaurimento.

19.
    A tale proposito occorre constatare che, sebbene il testo dell'art. 7, n. 1, della direttiva non dia una risposta diretta a tale questione, dallo stesso deriva tuttavia che i diritti conferiti dal marchio si esauriscono solamente per gli esemplari del prodotto che sono stati posti in commercio sul territorio definito da tale disposizione con il consenso del titolare. Per gli esemplari di tale prodotto che non sono stati posti in commercio in tale territorio con il suo consenso, il titolare può sempre vietare l'uso del marchio in conformità al diritto conferitogli dalla direttiva.

20.
    Tale interpretazione dell'art. 7, n. 1, della direttiva è già stata affermata dalla Corte. In effetti, essa ha già constatato che tal disposizione mira a rendere possibile la commercializzazione ulteriore di un esemplare di un prodotto contrassegnato da

un marchio posto in commercio con il consenso del titolare senza che questo possa opporvisi (v. sentenza 4 novembre 1997, causa C-337/95, Parfums Christian Dior, Racc. pag. I-6013, punti 37 e 38, e sentenza 2 febbraio 1999, causa C-63/97, BMW, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 57). Tale interpretazione è del resto confermata dall'art. 7, n. 2, della direttiva, che, facendo riferimento alla «commercializzazione ulteriore» dei prodotti, indica che il principio di esaurimento riguarda unicamente prodotti determinati che hanno fatto oggetto di una prima immissione sul mercato con il consenso del titolare del marchio.

21.
    Occorre inoltre ricordare che, adottando l'art. 7 della direttiva, che limita l'esaurimento del diritto conferito dal marchio al caso in cui i prodotti contrassegnati dallo stesso siano stati posti in commercio nella Comunità (nel SEE, dopo l'entrata in vigore dell'accordo SEE), il legislatore comunitario ha precisato che l'immissione sul mercato al di fuori di tale territorio non esaurisce il diritto del titolare di impedire l'importazione di tali prodotti effettuata senza il suo consenso, e di controllare così la prima immissione sul mercato nella Comunità (nel SEE, dopo l'entrata in vigore dell'accordo SEE), dei prodotti contrassegnati dal marchio. Ora, tale protezione risulterebbe svuotata del proprio contenuto se, affinché si verifichi l'esaurimento ai sensi dell'art. 7, fosse sufficiente che il titolare del diritto di marchio avesse dato il proprio consenso all'immissione sul mercato in tale territorio di prodotti identici o simili a quelli per i quali l'esaurimento è invocato.

22.
    In considerazione di quanto precede, le questioni pregiudiziali devono essere risolte dichiarando che l'art. 7, n. 1, della direttiva deve essere interpretato nel senso che:

—    l'esaurimento dei diritti conferiti dal marchio ha luogo solamente se i prodotti sono stati messi in commercio nella Comunità (nel SEE, dopo l'entrata in vigore dell'accordo SEE); tale disposizione non attribuisce agli Stati membri la possibilità di stabilire nel proprio ordinamento nazionale l'esaurimento dei diritti conferiti dal marchio per prodotti messi in commercio in paesi terzi;

—    per aversi consenso ai sensi dell'art. 7, n. 1, di tale direttiva, lo stesso deve essere dato per ogni esemplare del prodotto per il quale l'esaurimento è invocato.

Sulle spese

23.
    Le spese sostenute dal governo francese e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione)

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla Cour d'Appel di Bruxelles, con sentenza 30 aprile 1998, dichiara:

L'art. 7, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, come modificata dall'Accordo sullo Spazio economico europeo 2 maggio 1992, deve essere interpretata nel senso che:

—    l'esaurimento dei diritti conferiti dal marchio ha luogo solamente se i prodotti sono stati messi in commercio nella Comunità (nel SEE, dopo l'entrata in vigore dell'accordo SEE); tale disposizione non attribuisce agli Stati membri la possibilità di stabilire nel proprio ordinamento nazionale l'esaurimento dei diritti conferiti dal marchio per prodotti messi in commercio in paesi terzi;

—    per aversi consenso ai sensi dell'art. 7, n. 1, di tale direttiva, lo stesso deve essere dato per ogni esemplare del prodotto per il quale l'esaurimento è invocato.

Puissochet
Jann
Moitinho de Almeida

Gulmann

Edward

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 1° luglio 1999.

Il cancelliere

Il presidente della Quinta Sezione

R. Grass

J.-P. Puissochet


1: Lingua processuale: il francese.