Language of document : ECLI:EU:T:1999:257

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

14 ottobre 1999 (1)

«Trasparenza — Accesso all'informazione — Decisione 94/90/CECA, CE, Euratom della Commissione relativa all'accesso del pubblico ai documenti della Commissione — Ambito di applicazione della deroga relativa alla protezione dell'interesse pubblico — Progetto di parere motivato nell'ambito dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE)»

Nella causa T-309/97,

The Bavarian Lager Company Ltd, società di diritto inglese, con sede in Lancashire (Regno Unito), rappresentata dal signor Stephen Hornsby, solicitor, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. André Marc, 36-58, rue Charles Martel,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla signora Carmel O'Reilly e dal signor Ulrich Wölker nonché, nella fase orale, dal signor Xavier Lewis, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

sostenuta da

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord , rappresentato dal signor John Collins e, nella fase orale, dalla signora Jessica Simor, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'ambasciata del Regno Unito, 14, boulevard Roosevelt,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda di annullamento di una decisione della Commissione 18 settembre 1997 che nega alla ricorrente l'accesso ad un progetto di parere motivato elaborato dalla Commissione nell'ambito dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dai signori R.M. Moura Ramos, presidente, dalla signora V. Tiili e dal signor P. Mengozzi, giudici,

cancelliere: signora B. Pastor, amministratore principale,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 25 febbraio 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Contesto giuridico

1.
    Nell'atto finale del Trattato sull'Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, gli Stati membri hanno inserito una dichiarazione (n. 17) sul diritto di accesso alle informazioni, avente il seguente tenore:

«La Conferenza ritiene che la trasparenza del processo decisionale rafforzi il carattere democratico delle istituzioni nonché la fiducia del pubblico nei confronti dell'amministrazione. La Conferenza raccomanda pertanto che la Commissione presenti al Consiglio, entro il 1993, una relazione su misure intese ad accrescere l'accesso del pubblico alle informazioni di cui dispongono le istituzioni».

2.
    Il 2 giugno 1993 la Commissione ha presentato la comunicazione 93/C 166/04 sulla trasparenza nella Comunità (GU C 166, pag. 4), nella quale sono esposti i principi che disciplinano l'accesso ai documenti.

3.
    Il 6 dicembre 1993 la Commissione e il Consiglio hanno approvato un codice comune di condotta relativo all'accesso del pubblico ai documenti della Commissione e del Consiglio (GU L 340, pag. 41; in prosieguo: il «codice di condotta») e si sono entrambi impegnati ad adottare le misure necessarie per l'attuazione dei principi enunciati dal codice di condotta entro il 1° gennaio 1994.

4.
    Per garantire il rispetto di questo impegno, l'8 febbraio 1994 la Commissione, sul fondamento dell'art. 162 del Trattato CE (divenuto art. 218 CE), ha adottato la decisione 94/90/CECA, CE, Euratom relativa all'accesso del pubblico ai documenti della Commissione (GU L 46, pag. 58; in prosieguo: la «decisione 94/90»). L'art. 1 di tale decisione prevede che il codice di condotta, il cui testo è allegato alla decisione stessa, è approvato.

5.
    Il codice di condotta enuncia il seguente principio generale:

«Il pubblico avrà il più ampio accesso possibile ai documenti di cui dispongono la Commissione e il Consiglio. Con ”documento” si intende ogni scritto, indipendentemente dal suo supporto, contenente dati esistenti, in possesso della Commissione o del Consiglio».

6.
    Dopo aver esposto brevemente i principi che disciplinano la presentazione e il disbrigo di richieste di accesso a documenti, il codice di condotta descrive nel modo seguente la procedura da osservare qualora si pensi di respingere richieste del genere:

«Qualora i servizi competenti dell'istituzione in questione intendano proporre di respingere la richiesta, essi lo comunicano senza indugio all'interessato, informandolo che egli dispone di un mese per presentare una richiesta di conferma all'istituzione volta a riesaminare la sua posizione. In mancanza di tale domanda, si considera che l'interessato ha rinunciato alla sua richiesta iniziale.

Qualora sia presentata una siffatta richiesta di conferma e l'istituzione interessata decida di negare la trasmissione del documento, tale decisione, che deve essere adottata un mese dopo la presentazione della richiesta di conferma, viene tempestivamente trasmessa per iscritto al richiedente; essa deve essere debitamente motivata ed indicare i mezzi di impugnazione possibili, ossia il ricorso giurisdizionale e l'intervento del mediatore, alle condizioni previste rispettivamente agli artt. [173 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE) e 138 E del Trattato CE (divenuto art. 195 CE)] che istituisce la Comunità europea».

7.
    Il codice elenca nei seguenti termini le circostanze che possono essere fatte valere da un'istituzione per giustificare il rigetto di una richiesta di accesso a documenti:

«Le istituzioni negano l'accesso a qualsiasi documento la cui divulgazione possa pregiudicare:

—    la protezione dell'interesse pubblico (sicurezza pubblica, relazioni internazionali, stabilità monetaria, procedimenti giudiziari, controlli e indagini);

—    la protezione dei singoli e della vita privata;

—    la protezione del segreto commerciale e industriale;

—    la protezione degli interessi finanziari della Comunità;

—    la protezione della riservatezza chiesta dalla persona fisica o giuridica che ha fornito l'informazione o richiesta dalla legislazione dello Stato membro che ha fornito l'informazione.

Le istituzioni possono inoltre negare l'accesso per assicurare la tutela dell'interesse dell'istituzione relativo alla segretezza delle sue deliberazioni».

8.
    Il 4 marzo 1994 è stata pubblicata la comunicazione della Commissione 94/C 67/03 sul miglioramento dell'accesso ai documenti (GU C 67, pag. 5) che precisa le condizioni di applicazione della decisione 94/90. Da questa comunicazione risulta che «chiunque [...] può chiedere l'accesso a qualsiasi documento della Commissione non pubblicato, compresi i documenti introduttivi ed altro materiale esplicativo». Per quanto riguarda le deroghe previste dal codice di condotta, nella comunicazione si fa presente che «[l]a Commissione può rifiutare l'accesso a un documento qualora ritenga che la sua divulgazione possa pregiudicare interessi pubblici o privati, o il buon funzionamento dell'istituzione [...]». A questo riguardo si precisa inoltre che «l'applicazione delle deroghe non è automatica, e per ogni richiesta d'accesso a un documento verranno valutati i pro e i contro».

Fatti all'origine della controversia

9.
    La società ricorrente è stata creata il 28 maggio 1992 con lo scopo di importare birra tedesca destinata agli spacci di bevande del Regno Unito situati principalmente nel Nord dell'Inghilterra.

10.
    Tuttavia, la ricorrente non ha potuto vendere il suo prodotto in quanto nel Regno Unito un gran numero di esercenti di spacci di bevande sono vincolati da contratti di acquisto esclusivo che li obbligano a rifornirsi di birra presso determinate fabbriche.

11.
    Ai sensi del regolamento britannico relativo alla fornitura di birra [Supply of Beer (Tied Estates) Order 1989 SI 1989/2390], le fabbriche di birra britanniche che hanno diritti di fornitura in oltre 2 000 locali pubblici sono però tenute a concedere ai gestori di tali esercizi la possibilità di acquistare birra di un altro fabbricante purché, come stabilito dall'art. 7, n. 2, lett. a), di detto regolamento, la birra sia confezionata in barile e abbia una gradazione alcolica superiore all'1,2% in volume. Tale disposizione è comunemente chiamata «Guest Beer Provision» (in prosieguo: la «GBP»).

12.
    Ai sensi dell'art. 7, n. 3, dello stesso regolamento, si considera «confezionata in barile» la birra «che continua a fermentare nel recipiente da cui viene prelevata per essere consumata». Ora, la maggior parte delle birre prodotte al di fuori del Regno Unito viene filtrata prima della fine della miscelazione del malto e pertanto, una volta confezionata in barile, non continua a fermentare. Ne consegue che non può essere considerata «birra confezionata in barile», ai sensi della GBP, e non rientra quindi nel campo d'applicazione della stessa.

13.
    Ritenendo che la GBP costituisce una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa alle importazioni, come tale incompatibile con l'art. 30 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 28 CE), la ricorrente ha presentato una denuncia alla Commissione con lettera 3 aprile 1993.

14.
    Dopo aver svolto indagini, il 12 aprile 1995 la Commissione ha deciso di avviare un procedimento contro il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord a norma dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE). Il 28 settembre 1995 essa ha informato la ricorrente dell'esistenza di tale inchiesta e dell'invio al Regno Unito, il 15 settembre 1995, di una lettera di diffida. Il 26 giugno 1996 la Commissione ha deciso di indirizzare al Regno Unito un parere motivato e il 5 agosto 1996 ha pubblicato un comunicato stampa in cui annunciava tale decisione.

15.
    Il 15 marzo 1997 il ministero del Commercio e dell'Industria del Regno Unito ha annunciato un progetto di modifica della GBP secondo il quale una birra confezionata in bottiglia potrebbe essere rivenduta come birra di diversa provenienza allo stesso modo di una birra confezionata in barile. Dopo che la Commissione aveva sospeso due volte, il 19 marzo 1997 e il 26 giugno 1997, la sua decisione di indirizzare un parere motivato al Regno Unito, il capo dell'unità 2 «applicazione degli artt. 30-36 del Trattato CE (notifica, denunce, infrazioni, ecc.) ed eliminazione delle restrizioni agli scambi» della direzione B «libera circolazione delle merci e appalti pubblici» della direzione generale Mercato interno e servizi finanziari (DG XV) ha informato la ricorrente con lettera 21 aprile 1997 che, tenuto conto del progetto di revisione della GBP, il procedimento ex art. 169 del Trattato era stato sospeso e che il parere motivato non era stato notificato al governo de] Regno Unito. Egli ha precisato che tale procedimento sarebbe stato concluso non appena la GBP modificata fosse entrata in vigore. La nuova versione della GBP è divenuta applicabile il 22 agosto 1997. Conseguentemente, il parere

motivato non è mai stato inviato al Regno Unito e il 10 dicembre 1997 la Commissione ha infine deciso di archiviare il procedimento di infrazione.

16.
    Con fax 21 marzo 1997 l'avvocato della ricorrente ha chiesto al direttore generale della DG XV una copia del «parere motivato», conformemente al codice di condotta. Con lettera 16 maggio 1997 il signor Mogg, direttore generale della DG XV, ha respinto tale domanda perché «esiste una regola interna secondo cui un parere motivato della Commissione è confidenziale a meno che la Commissione non decida in via eccezionale di pubblicarlo».

17.
    Con lettera 27 maggio 1997 l'avvocato della ricorrente ha reiterato la sua domanda invocando la sentenza del Tribunale 19 ottobre 1995, causa T-194/94, Carvel e Guardian Newspapers/Consiglio (Racc. pag. II- 2765), e il principio di buona amministrazione. Con lettera 9 luglio 1997 il signor Mogg ha nuovamente rigettato la richiesta richiamandosi, questa volta, al codice di condotta e alla deroga relativa alla protezione dell'interesse pubblico. In particolare, ha sostenuto che la trasmissione del documento in questione poteva:

—    nuocere alla buona amministrazione della giustizia, segnatamente all'attuazione del diritto comunitario;

—    compromettere l'accertamento e l'eliminazione delle violazioni di tale diritto;

—    pregiudicare il clima di reciproca fiducia necessario per una discussione approfondita e franca tra la Commissione e uno Stato membro al fine di assicurare il rispetto da parte di tale Stato degli obblighi che gli incombono ai sensi del Trattato.

18.
    La ricorrente, che non condivide le suesposte posizioni della Commissione, secondo quanto risulta da una lettera 7 agosto 1997 ha presentato tramite il suo avvocato una richiesta di conferma al segretario generale della Commissione, conformemente alla procedura prevista dal codice di condotta.

19.
    Con lettera 18 settembre 1997 (in prosieguo: la «decisione impugnata») il segretario generale della Commissione ha confermato il rigetto della domanda rivolta alla DG XV e la relativa motivazione nei termini seguenti:

«Dopo aver esaminato la vostra richiesta, mi trovo in dovere di confermare il rifiuto del signor Mogg di darvi accesso al documento di cui si tratta, ladivulgazione del quale potrebbe pregiudicare la protezione dell'interesse pubblico, specie delle missioni d'ispezione e d'inchiesta della Commissione. Tale deroga è espressamente prevista nel codice di condotta riguardante l'accesso del pubblico ai documenti del Consiglio e della Commissione, adottato dalla Commissione l'8 febbraio 1994.

Come il signor Mogg vi ha già spiegato nella sua lettera 9 luglio 1997, è infatti essenziale che la Commissione in quanto custode dei Trattati possa condurre indagini nei settori di sua competenza, rispettando nel contempo la riservatezza di tali procedimenti. In materia di procedimento per inadempimento, una cooperazione sincera e un clima di fiducia reciproca tra la Commissione e lo Stato membro interessato sono indispensabili affinché le due parti possano intraprendere negoziati volti a raggiungere un compromesso che consenta una composizione rapida della controversia.

Lo stesso Tribunale di primo grado, nella causa T-105/95, WWF/Commissione, ha affermato che ”la riservatezza che gli Stati membri hanno diritto di attendersi dalla Commissione in tali circostanze giustifica, a motivo della protezione dell'interesse pubblico, il diniego di accesso ai documenti relativi alle indagini che potrebbero eventualmente sfociare in una procedura per inadempimento, persino qualora sia trascorso un certo lasso di tempo dopo la chiusura di tali indagini” (punto 63 della sentenza).

Insisto inoltre sul fatto che l'indagine relativa ad un eventuale inadempimento è sempre in corso, in quanto la Commissione ha deciso di differire l'invio di un parere motivato alle autorità britanniche.

Vi ricordo che, a differenza di quanto accade per la deroga facoltativa attinente alla protezione dell'interesse della Commissione al segreto delle sue delibere, questa deroga obbligatoria relativa alla protezione dell'interesse pubblico non richiede un raffronto fra gli interessi in gioco. Come dichiarato dal Tribunale al punto 58 della citata sentenza, ”la Commissione è obbligata a negare l'accesso ai documenti rientranti in una delle eccezioni richiamate in questa prima categoria, qualora si adduca la prova dell'esistenza di quest'ultima circostanza”».

Procedimento e conclusioni delle parti

20.
    E' in tali circostanze che, con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 9 dicembre 1997, la ricorrente ha proposto il ricorso in esame.

21.
    Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 25 maggio 1998, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha chiesto di poter intervenire nella causa a sostegno delle conclusioni della convenuta. Con ordinanza 7 luglio 1998 il presidente della Terza Sezione del Tribunale ha accolto tale istanza di intervento.

22.
    Poiché la ricorrente non ha depositato una comparsa di replica e l'interveniente ha rinunziato a presentare una comparsa di intervento, la fase scritta del procedimento si è conclusa il 9 settembre 1998.

23.
    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

—    annullare la decisione della Commissione contenuta nelle lettere 16 maggio, 9 luglio e 18 settembre 1997 in quanto rifiuta l'accesso al «parere motivato» da essa elaborato in seguito a una indagine sull'applicazione del disposto dell'art. 7, n. 3, del Supply of Beer (Tied Estates) Order 1989 SI 1989/2390;

—    condannare la Commissione alle spese.

24.
    La convenuta chiede che il Tribunale voglia:

—    dichiarare irricevibile il ricorso nella parte in cui si riferisce a una decisione 16 maggio e 9 luglio 1997;

—    rigettare il ricorso;

—    condannare la ricorrente alle spese.

25.
    Il governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, interveniente, chiede che il Tribunale voglia accogliere le domande della Commissione.

26.
    All'udienza, la ricorrente ha rinunciato alla domanda di annullamento di una decisione della Commissione contenuta in lettere datate 16 maggio e 9 luglio 1997.

Nel merito

Sul motivo unico, relativo ad una violazione della decisione 94/90

Argomenti delle parti

27.
    La ricorrente fonda le sue domande su una sentenza 5 marzo 1997, causa T-105/95, WWF UK/Commissione (Racc. pag. II-313; in prosieguo: la «sentenza WWF»), nella quale il Tribunale avrebbe dichiarato che la decisione 94/90 costituirebbe la risposta della Commissione alle richieste del Consiglio europeo di far eco a livello comunitario al diritto dei cittadini, riconosciuto dalla maggior parte delle legislazioni degli Stati membri, di accedere ai documenti in possesso delle pubbliche autorità. Essa fa inoltre riferimento ai punti 34-37 della sentenza della Corte 30 aprile 1996, causa C-58/94, Paesi Bassi/Consiglio (Racc. pag. I-2169), e alle conclusioni dell'avvocato generale Tesauro in tale causa (paragrafi 14-16). Secondo la ricorrente, il codice di condotta e la sentenza WWF, correttamente interpretati, vanno intesi nel modo seguente:

—    l'accesso ai documenti è un diritto; il richiedente non è tenuto a far valere un interesse legittimo a sostegno della sua domanda;

—    l'obiettivo della trasparenza è un fine di per sé; la Commissione può rifiutare l'accesso a un documento invocando la deroga obbligatoria relativa

alla protezione dell'interesse pubblico soltanto se prova che l'accesso in questione può realmente «pregiudicare» l'interesse pubblico;

—    vi è «pregiudizio» dell'interesse pubblico solo se è dimostrato che la divulgazione del documento richiesto comporta il rischio di un danno rilevante a un terzo o al pubblico in generale, non essendo la deroga relativa alla protezione dell'interesse pubblico intesa a tutelare gli interessi della Commissione;

—    il codice di condotta non autorizza la Commissione a negare la divulgazione di categorie intere di documenti o a creare regole interne in forza delle quali talune classi di documenti sono di per sé riservate. Ciascuna richiesta deve essere esaminata alla luce delle disposizioni applicabili di detto codice.

28.
    La ricorrente sottolinea che l'interpretazione del concetto di interesse pubblico adottata dalla Commissione nella lettera 9 luglio 1997 è errata sotto due profili. In primo luogo, la ricorrente ritiene che l'interesse pubblico più importante è quello relativo alla buona amministrazione. La Commissione, in quanto custode del Trattato, sarebbe tenuta a esercitare i suoi poteri in maniera efficiente e nell'interesse della Comunità, permettendo ai popoli d'Europa di essere informati sulla sua azione. Nel caso della GBP, sarebbe legittima, quantomeno, l'impressione che la Commissione abbia omesso di controllare che il Regno Unito si conformasse agli obblighi che gli incombono a norma del Trattato CE. L'interesse pubblico richiederebbe che il parere motivato, che rispecchia il punto di vista ufficiale della Commissione quanto alla conformità al diritto comunitario della versione originaria della GBP, venisse divulgato, il che assicurerebbe la completa trasparenza del processo decisionale e genererebbe fiducia nell'azione dell'istituzione.

29.
    In secondo luogo, il richiamo della Commissione alla riservatezza di cui dovrebbe godere il Regno Unito in quanto Stato membro contro il quale potrebbe essere promosso un procedimento per inadempimento non sarebbe pertinente. A tale riguardo, la ricorrente sottolinea che nella lettera 16 maggio 1997 la Commissione ha specificato che il procedimento per inadempimento sarebbe stato archiviato non appena il progetto di modifica della GBP fosse entrato in vigore, il che è accaduto il 22 agosto 1997. Ora, al punto 63 della sentenza WWF, il Tribunale avrebbe affermato che gli Stati membri sottoposti a indagini che possono sfociare in un procedimento per inadempimento avrebbero il diritto di attendersi che la Commissione rispetti la riservatezza. Pertanto, l'argomento basato sulla riservatezza potrebbe venire invocato solo in situazioni nelle quali il procedimento per inadempimento fosse ancora soltanto progettato, e non qualora esso sia già stato concluso.

30.
    La Commissione contesta l'affermazione della ricorrente secondo cui la deroga relativa alla protezione dell'interesse pubblico non è giustificata nella specie. Richiamandosi alla giurisprudenza comunitaria e più in particolare alla sentenza

WWF, la Commissione riconosce che, per poter negare l'accesso a documenti invocando la citata deroga, è tenuta a fornire la prova, da un canto, della circostanza che giustifica detta deroga (sentenze Carvel e Guardian Newspapers/Consiglio, citata, punto 64, e WWF, punto 58) e, dall'altro, del nesso tra i documenti di cui si tratta e la detta circostanza (sentenza WWF, punto 64). A questo riguardo, sottolinea che il codice di condotta elenca diversi aspetti dell'interesse pubblico, vale a dire la sicurezza pubblica, le relazioni internazionali, la stabilità monetaria, i procedimenti giudiziari nonché i controlli e le indagini. Si presumerebbe che la trasmissione di documenti che hanno un rapporto con tali aspetti pregiudichi l'interesse pubblico. Nella sentenza WWF il Tribunale avrebbe peraltro esplicitamente affermato che i documenti relativi alle indagini che possono sfociare in un procedimento per inadempimento rientrano nella sfera della protezione dell'interesse pubblico e, più in particolare, dei concetti di controlli e indagini (punto 63).

31.
    Quanto al documento in questione nella specie, la Commissione fa valere che una indagine su una eventuale violazione del diritto comunitario era in corso allorché la ricorrente ha chiesto una copia del parere motivato, il quale è, per definizione, un documento «connesso» al procedimento per inadempimento e che, pertanto, ricade nella sfera della deroga relativa alla protezione dell'interesse pubblico. Pertanto, essa non avrebbe rifiutato la trasmissione di categorie intere di documenti, bensì avrebbe negato, a motivo della sua natura, l'accesso al documento di cui si tratta.

32.
    Quest'ultima deroga sarebbe applicabile a motivo della riservatezza che gli Stati membri avrebbero il diritto di aspettarsi dalla Commissione quando questa indaga su un'eventuale violazione del diritto comunitario, dato che la riservatezza in parola rientra, secondo la sentenza WWF, nell'affidamento legittimo. La Commissione ritiene che il procedimento di cui all'art. 169 del Trattato è volto ad assicurare che gli Stati membri rispettino il diritto comunitario, in un primo momento attraverso un processo negoziale imperniato su un dialogo sincero con lo Stato interessato. L'interesse tanto degli Stati membri quanto delle stesse indagini richiederebbe che tale dialogo abbia luogo in assenza di qualunque pubblicità, con la garanzia per detti Stati che si possano raggiungere compromessi in modo riservato.

33.
    Peraltro, la Commissione contesta l'interpretazione che la ricorrente dà della sentenza WWF e del codice di condotta. Essa sostiene che nulla nella motivazione di tale sentenza permette di concludere che la riservatezza potrebbe venire invocata solo ove il procedimento per inadempimento fosse soltanto progettato. Quanto al codice di condotta, esso prevederebbe due categorie di deroghe al principio generale dell'accesso dei cittadini ai documenti della Commissione. La Commissione sarebbe tenuta a negare l'accesso ai documenti rientranti in una delle deroghe obbligatorie, di cui farebbe parte la deroga relativa alla protezione dell'interesse pubblico, mentre godrebbe di un potere discrezionale nel caso delle deroghe facoltative. Nell'esercizio di tale potere occorrerebbe contemperare l'interesse del cittadino a ottenere accesso ai documenti con l'eventuale interesse

della Commissione a mantenere il segreto sulle sue deliberazioni. Conseguentemente, la Commissione, pur riconoscendo che la ricorrente non deve dimostrare un interesse ad ottenere i documenti richiesti, sostiene che questa sbaglia quando afferma che l'«interesse pubblico più importante è quello relativo alla buona amministrazione» o quando invoca il suo specifico interesse commerciale, perché nella specie non si richiede un bilanciamento d'interessi. Essa ritiene che la buona amministrazione è garantita dalla stessa applicazione della deroga relativa alla protezione dell'interesse pubblico, quando siano provate le circostanze che la giustificano.

34.
    All'udienza la Commissione ha precisato la sua posizione spiegando che l'interesse pubblico da tutelare nella specie è il buon funzionamento della Comunità. L'obiettivo del procedimento di cui all'art. 169 del Trattato può essere conseguito solo se tutti gli Stati membri sono sicuri che la lettera di diffida e il parere motivato vengano trasmessi solamente alla Corte. L'assenza di riservatezza restringerebbe le possibilità di una discussione costruttiva e di una risoluzione amichevole delle controversie, il che comporterebbe un aumento del numero dei procedimenti contenziosi. A tal riguardo, la Commissione sottolinea che meno del 10% dei casi in cui essa avvia un procedimento ex art. 169 del Trattato sfocia in una causa innanzi alla Corte. Infine, essa afferma che l'interesse di tutti i cittadini comunitari, che consiste nel buon funzionamento delle istituzioni comunitarie e nell'esistenza d'un sistema giuridico coerente in tutta l'Unione, non sarebbe garantito se si rendesse pubblico un parere motivato, e ciò anche nel caso di un procedimento per inadempimento già archiviato.

35.
    Il governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha dichiarato di condividere la posizione della Commissione.

Giudizio del Tribunale

36.
    Occorre ricordare che la decisione 94/90 è un atto inteso a conferire ai cittadini un diritto di accesso ai documenti in possesso della Commissione (sentenza WWF, punto 55; sentenze del Tribunale 19 marzo 1998, causa T-83/96, van der Wal/Commissione, Racc. pag. II-545, punto 41, e 6 febbraio 1998, causa T-124/96, Interporc/Commissione, Racc. pag. II-231, punto 46). Essa ha lo scopo di attuare il principio del più ampio accesso possibile dei cittadini all'informazione, al fine di rafforzare il carattere democratico delle istituzioni nonché la fiducia del pubbliconell'amministrazione [v., per le corrispondenti disposizioni della decisione del Consiglio 20 dicembre 1993, 93/731/CE, relativa all'accesso del pubblico ai documenti del Consiglio (GU L 340, pag. 43), la sentenza del Tribunale 17 giugno 1998, causa T-174/95, Svenska Journalistförbundet/Consiglio, Racc. pag. 11-2289, punto 66].

37.
    Peraltro, il Tribunale ha già statuito che dalla struttura della decisione 94/90 discende che essa si applica in modo generale alle richieste di accesso ai documenti

e che qualsiasi persona può domandare l'accesso a qualsiasi documento non pubblicato della Commissione, senza che sia necessario motivare l'istanza (sentenza Interporc/Commissione, citata, punto 48; v., per le corrispondenti disposizioni della precitata decisione 20 dicembre 1993, 93/731, la sentenza Svenska Journalistförbundet/Consiglio, già citata, punto 109).

38.
    Tuttavia, nel codice di condotta adottato dalla Commissione nella decisione 94/90 figurano due categorie di deroghe al principio generale dell'accesso dei cittadini ai documenti della Commissione. La prima categoria, nella quale rientra la deroga invocata nella specie dalla Commissione, è formulata nei termini imperativi seguenti: «Le istituzioni negano l'accesso a qualsiasi documento la cui divulgazione possa pregiudicare [tra l'altro] la protezione dell'interesse pubblico (sicurezza pubblica, relazioni internazionali, stabilità monetaria, procedimenti giudiziari, controlli e indagini)».

39.
    Si deve ricordare che le deroghe all'accesso ai documenti devono essere interpretate ed applicate restrittivamente, in modo da non vanificare l'applicazione del principio generale consistente nel fornire al pubblico «il più ampio accesso possibile ai documenti di cui dispone la Commissione» (sentenze WWF, punto 56, van der Wal, punto 41, e Interporc/Commissione, punto 49).

40.
    Nella decisione impugnata la Commissione afferma che la divulgazione del parere motivato «potrebbe pregiudicare la protezione dell'interesse pubblico, specie delle missioni d'ispezione e d'inchiesta della Commissione». A tal proposito, essa cita esplicitamente il fatto che «[i]n materia di procedimento per inadempimento, una cooperazione sincera e un clima di fiducia reciproca tra la Commissione e Io Stato membro interessato sono indispensabili affinché le due parti possano intraprendere negoziati volti a raggiungere un compromesso che consenta una composizione rapida della controversia». In tal modo, la Commissione si riferisce principalmente alla sentenza WWF.

41.
    Tuttavia, contrariamente a ciò che afferma la Commissione, non risulta dalla giurisprudenza, e segnatamente dalla sentenza WWF, che tutti i documenti connessi ai procedimenti per inadempimento siano compresi nella deroga relativa alla protezione dell'interesse pubblico. Secondo tale sentenza, la riservatezza che gli Stati membri hanno diritto di attendersi dalla Commissione giustifica, a motivo della protezione dell'interesse pubblico, il diniego di accesso ai documenti relativi alle indagini che potrebbero eventualmente sfociare in una procedura per inadempimento, persino qualora sia trascorso un certo lasso di tempo dopo la chiusura ditali indagini (sentenza WWF, punto 63).

42.
    A tal riguardo, va constatato che la classificazione come «parere motivato» del documento al quale la ricorrente desidera avere accesso è errata in fatto e in diritto. Infatti, in risposta a un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha precisato che i membri della Commissione non disponevano del progetto di parere motivato quando il 26 giugno 1996 hanno adottato la decisione di emettere il

parere motivato. Tale progetto è stato in realtà elaborato dall'amministrazione, sotto la responsabilità del membro della Commissione incaricato del settore interessato, dopo l'adozione da parte del collegio della decisione di emettere detto atto. Così, il documento di cui trattasi è stato proprio redatto dai servizi della Commissione allo scopo di essere comunicato al Regno Unito come parere motivato. Successivamente, il 19 marzo 1997 la Commissione ha sospeso la sua decisione di indirizzare un parere motivato al Regno Unito, sicché in definitiva tale documento non è mai stato firmato dal Commissario competente in materia, né è stato notificato a tale Stato membro. Pertanto, il procedimento avviato ai sensi dell'art. 169 del Trattato non è giunto alla fase in cui la Commissione «emette un parere motivato», il quale è rimasto allo stadio di documento meramente preparatorio.

43.
    Benché la convenuta non abbia contestato la classificazione come «parere motivato» del documento di cui è causa, sembra necessario correggere tale erronea qualificazione. Infatti, non si può ammettere che la valutazione del ricorso poggi su uno snaturamento del documento impugnato. Siffatto snaturamento equivarrebbe a un errore di diritto e, conseguentemente, inficerebbe la legalità della sentenza del Tribunale (v. sentenze della Corte 2 marzo 1994, causa C-53/92 P, Hilti/Commissione, Racc. pag. I-667, punto 42, e 16 settembre 1997, causa C-362/95 P, Blackspur DIY e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-4775, punto 29, nonché le ordinanze della Corte 6 ottobre 1997, causa C-55/97 P, AIUFFASS e AKT/Commissione, Racc. pag. I-5383, punto 25, e 16 ottobre 1997, causa C-140/96 P, Dimitriadis/Corte dei conti, Racc. pag. I-5635, punto 35).

44.
    Ne consegue che la questione dell'accesso al documento di cui si tratta deve essere esaminata tenendo conto della natura preparatoria di esso, ricordando che, a tenore della comunicazione 4 marzo 1994 94/C 67/03, citata, «chiunque [...] può chiedere l'accesso a qualsiasi documento della Commissione non pubblicato, compresi i documenti introduttivi ed altro materiale esplicativo».

45.
    Tenuto conto di tali elementi, occorre pertanto accertare se, ed eventualmente in quale misura, la Commissione abbia il diritto di avvalersi della deroga relativa alla protezione dell'interesse pubblico per negare l'accesso al documento richiesto dalla ricorrente.

46.
    Nel presente caso, vista la natura preparatoria del documento in questione e dato che, all'epoca della richiesta di accesso al medesimo, la Commissione aveva sospeso la sua decisione di emettere il parere motivato, si deve constatare che il procedimento ex art. 169 del Trattato si trovava ancora in una fase di controllo e di indagine. Come nella sentenza WWF ha dichiarato questo Tribunale, gli Stati membri hanno diritto di attendersi che la Commissione conduca in modo riservato le indagini che potrebbero eventualmente sfociare in una procedura per inadempimento (punto 63). Infatti, il divulgare documenti relativi alla fase delle indagini, nel corso dei negoziati tra la Commissione e lo Stato membro interessato,

potrebbe pregiudicare il corretto svolgersi del procedimento per inadempimento in quanto potrebbe essere messo a repentaglio lo scopo di quest'ultimo, che è quello di consentire allo Stato membro di conformarsi volontariamente alle prescrizioni del Trattato o, se del caso, di offrirgli la possibilità di giustificare la sua posizione (v. sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C-191/95, Commissione/Germania, Racc. pag. I-5449, punto 44). La tutela di quest'obiettivo giustifica, a motivo della protezione dell'interesse pubblico, il rifiuto di accesso a un documento preparatorio relativo alla fase delle indagini del procedimento ex art. 169 del Trattato.

47.
    Da quanto sopra discende che il motivo unico non può essere accolto e che pertanto il ricorso deve essere respinto.

Sulle spese

48.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, che è risultata soccombente, sarà condannata alle spese sostenute dalla convenuta, come questa ha chiesto.

49.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 4, del regolamento di procedura, l'interveniente sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle della convenuta.

3)    Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporterà le proprie spese.

Moura Ramos
Tiili
Mengozzi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 ottobre 1999.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

R.M. Moura Ramos


1: Lingua processuale: l'inglese.