Language of document : ECLI:EU:F:2010:140

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA

(Seconda Sezione)

28 ottobre 2010 (*)

«Funzione pubblica — Funzionari — Decisione di licenziamento — Dovere di sollecitudine — Insufficienza professionale — Motivi di ordine medico»

Nella causa F‑92/09,

avente ad oggetto il ricorso proposto ai sensi degli artt. 236 CE e 152 EA,

U, ex funzionario del Parlamento europeo, residente in Lussemburgo (Lussemburgo), rappresentato dagli avv.ti F. Moyse e A. Salerno,

ricorrente,

contro

Parlamento europeo, rappresentato dalle sig.re S. Seyr e K. Zejdová e dal sig. J.F. de Wachter, in qualità di agenti,

convenuto,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA

(Seconda Sezione),

composto dai sigg. H. Tagaras, presidente, S. Van Raepenbusch (relatore) e dalla sig.ra M.I. Rofes i Pujol, giudici,

cancelliere: sig. R. Schiano, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 luglio 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale in data 6 novembre 2009, la ricorrente chiede l’annullamento della decisione 6 luglio 2009, con cui il Parlamento europeo la licenziava con effetto a decorrere dal 1° settembre 2009 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), e il pagamento dell’importo di EUR 15 000, con tutte le riserve, a titolo di risarcimento del danno morale che essa afferma di avere subito.

 Contesto normativo

2        L’art. 9, n. 6, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto») dispone quanto segue:

«La commissione consultiva paritetica sull’insufficienza professionale è chiamata a formulare un parere ai fini dell’applicazione dell’articolo 51».

3        L’art. 24 dello Statuto così dispone:

«[L’Unione] assist[e] il funzionario, in particolare nei procedimenti a carico di autori di minacce, oltraggi, ingiurie, diffamazioni, attentati contro la persona o i beni di cui il funzionario o i suoi familiari siano oggetto, a motivo della sua qualità e delle sue funzioni.

Ess[a] risarcisc[e] solidalmente il funzionario dei danni subiti in conseguenza di tali fatti, sempreché egli, intenzionalmente o per negligenza grave, non li abbia causati e non abbia potuto ottenere il risarcimento dal responsabile».

4        L’art. 51 dello Statuto così dispone:

«1. Ciascuna istituzione definisce le procedure destinate ad individuare, gestire e risolvere i casi di insufficienza professionale in maniera preventiva ed appropriata. Una volta esaurite tali procedure, il funzionario che, sulla base di rapporti consecutivi di valutazione di cui all’articolo 43, dimostri insufficienza professionale nell’esercizio delle sue funzioni può essere licenziato, retrocesso di grado o inquadrato in un gruppo di funzioni inferiore, con mantenimento del grado o con un grado inferiore.

2. La proposta di licenziamento, retrocessione di grado o inquadramento in un gruppo di funzioni inferiore di un funzionario deve enunciare le ragioni che la motivano ed essere comunicata all’interessato. La proposta dell’autorità che ha il potere di nomina è trasmessa alla commissione consultiva paritetica di cui all’articolo 9, paragrafo 6.

3. Il funzionario ha diritto di ottenere la comunicazione integrale del suo fascicolo personale e di fare copia di tutti i documenti del procedimento. Per preparare la propria difesa, egli dispone di un termine di almeno quindici giorni a decorrere dalla data di ricevimento della proposta. Il funzionario può farsi assistere da una persona di sua scelta e può presentare osservazioni scritte. Egli può essere ascoltato dalla commissione consultiva paritetica e può inoltre citare testimoni.

4. Di fronte alla commissione consultiva paritetica, l’istituzione è rappresentata da un funzionario che ha ricevuto apposito mandato dall’autorità con potere di nomina e che dispone degli stessi diritti dell’interessato.

5. Sulla base della proposta di cui al paragrafo 2 e di eventuali dichiarazioni scritte e verbali dell’interessato e dei testimoni, la commissione consultiva paritetica formula a maggioranza un parere motivato, indicando la misura che considera adeguata alla luce dei fatti accertati su sua richiesta. Essa trasmette tale parere all’autorità che il potere di nomina e all’interessato entro un termine di due mesi a decorrere dal giorno in cui [le] è stata sottoposta la questione. Il presidente non prende parte alle decisioni della commissione consultiva paritetica, salvo quando si tratti di questioni procedurali o in caso di parità di voto.

L’autorità che ha il potere di nomina adotta la propria decisione entro un termine di due mesi a decorrere dal ricevimento del parere della commissione consultiva paritetica e dopo aver sentito l’interessato. Tale decisione deve essere motivata. Essa fissa la data alla quale prende effetto.

6. Il funzionario licenziato per insufficienza professionale ha diritto mensilmente a un’indennità di licenziamento pari allo stipendio base mensile di un funzionario di grado 1, primo scatto, durante il periodo definito al paragrafo 7. Nello stesso periodo ha inoltre diritto agli assegni familiari previsti all’articolo 67. L’assegno di famiglia è calcolato sulla base dello stipendio base mensile di un funzionario di grado 1 secondo quanto disposto all’articolo 1 dell’allegato VII.

Tale indennità non è versata qualora il funzionario si dimetta successivamente all’inizio del procedimento di cui ai paragrafi da 1 a 3 o abbia già diritto al pagamento immediato della pensione integrale. Qualora il funzionario abbia diritto a un’indennità di disoccupazione in forza di un regime nazionale, l’importo di tale indennità viene detratto dall’indennità di cui sopra.

7. Il periodo nel corso del quale sono effettuati i versamenti di cui al paragrafo 6 è calcolato come segue:

a)      tre mesi, quando l’interessato ha prestato meno di cinque anni di servizio alla data in cui viene presa la decisione di licenziamento,

b)      sei mesi, quando l’interessato ha prestato almeno cinque anni di servizio ma meno di dieci,

c)      nove mesi, quando l’interessato ha prestato almeno dieci anni di servizio ma meno di venti,

d)      dodici mesi, quando l’interessato ha prestato più di vent’anni di servizio.

8. Il funzionario retrocesso di grado o inquadrato in un gruppo di funzioni inferiore per insufficienza professionale, trascorso un termine di sei anni, può chiedere che ogni riferimento a tale misura venga cancellato dal suo fascicolo personale.

9. L’interessato ha diritto al rimborso delle spese ragionevoli sostenute nel corso del procedimento, segnatamente gli onorari dovuti a un difensore esterno all’istituzione, quando il procedimento di cui al presente articolo si conclude senza che venga adottata nei suoi confronti una decisione di licenziamento, di retrocessione o di inquadramento in un gruppo di funzioni inferiore».

5        L’art. 59 dello Statuto così dispone:

«1. Il funzionario che dimostri di non poter esercitare le proprie funzioni per motivi di malattia o di infortunio beneficia di diritto di un congedo di malattia.

(…)

4. L’autorità che ha il potere di nomina può sottoporre alla commissione d’invalidità il caso di un funzionario i cui congedi di malattia superino complessivamente dodici mesi in un periodo di tre anni.

5. Il funzionario può essere collocato d’ufficio in congedo, in seguito a visita del medico di fiducia dell’istituzione, qualora lo esiga il suo stato di salute ovvero in caso di malattia contagiosa insorta nella sua dimora.

(…)».

6        L’art. 1 della regolamentazione interna relativa alla procedura di miglioramento applicata nell’ambito dell’individuazione, della gestione e della soluzione dei casi potenziali di insufficienza professionale dei funzionari, adottata dall’Ufficio di presidenza del Parlamento in data 3 luglio 2006 (in prosieguo: la «regolamentazione interna»), così dispone:

«La procedura di trattamento dell’insufficienza professionale stabilita dalla presente regolamentazione interna in conformità dell’art. 51, n. 1, dello Statuto (in prosieguo: la “procedura di miglioramento”) mira a garantire che ogni caso sia trattato in maniera preventiva e sistematica per aiutare il funzionario interessato a recuperare il livello delle prestazioni richiesto per svolgere i compiti descritti nel rapporto informativo, conformemente alla scheda descrittiva del posto, ed evitare così che nei sui confronti siano adottate le misure previste all’art. 51 dello Statuto (licenziamento, retrocessione di grado o inquadramento in un gruppo di funzioni inferiore, con mantenimento del grado o con un grado inferiore)».

7        L’art. 3, n. 1, della regolamentazione interna prevede quanto segue:

«La procedura di miglioramento è applicata contestualmente alla procedura di valutazione indicata nelle disposizioni generali di esecuzione relative ai rapporti informativi (…) (in prosieguo: le “DGE RI”)».

8        L’art. 7 della regolamentazione interna è formulato come segue:

«1. Al rilevamento di segnali di insufficienza professionale, il primo valutatore convoca con avviso il funzionario, precisandogli l’oggetto del colloquio. Con detto avviso egli informa il funzionario dei suoi diritti di cui all’art. 14 della presente regolamentazione. Al termine del colloquio, il primo valutatore informa il valutatore finale con lettera debitamente motivata. Il funzionario riceve copia di tale lettera.

2. Il valutatore finale si rivolge, all’occorrenza, alla [d]irezione della [s]trategia delle risorse umane, [direzione generale (DG) “Personale”], affinché nomini un consulente. Il valutatore finale convoca al più presto il funzionario per un colloquio, al quale partecipano anche il primo valutatore e il consulente.

3. Durante il colloquio, il valutatore finale identifica i motivi delle inadeguatezze accertate, dispone, eventualmente, l’avvio della procedura di miglioramento e stabilisce un programma di sostegno per il funzionario (in prosieguo: “il piano di miglioramento”). Egli informa il funzionario di ciò che la procedura di miglioramento comporta.

(…)».

9        L’art. 8 della regolamentazione interna così prevede:

«1. Il valutatore finale si informa immediatamente presso il [s]ervizio medico qualora, durante il colloquio previsto all’art. 7 (…), egli deduca che i segnali rilevati nei confronti del funzionario sono imputabili a difficoltà di natura medica o nel caso in cui il funzionario dichiari difficoltà di questo tipo. In tale circostanza, l’eventuale decisione di avviare la procedura di miglioramento e la fissazione del piano di miglioramento vengono differite sino al ricevimento del responso del servizio medico.

2. Il [s]ervizio medico comunica per iscritto il proprio responso al valutatore finale, al funzionario interessato e al consulente nel rigoroso rispetto del segreto professionale e della riservatezza dei dati personali.

3. Qualora il [s]ervizio medico ritenga che la situazione del funzionario debba essere esaminata esclusivamente in applicazione delle disposizioni dello Statuto relative allo stato di salute dei funzionari, il valutatore finale non potrà avviare la procedura di miglioramento nei suoi confronti. Il funzionario, il primo valutatore e il consulente ne sono tenuti informati.

4. In caso contrario, il valutatore finale convoca nuovamente il funzionario, il primo valutatore e il consulente per avviare la procedura di miglioramento e fissare il piano di miglioramento.

5. Il [s]ervizio medico può intervenire, in seguito, in qualsiasi momento, comunicando per iscritto al valutatore finale e al funzionario la sua valutazione sullo stato di salute del funzionario, nonché le conclusioni che esso ne ha tratto. Il primo valutatore, il consulente e il funzionario interessato ne sono tenuti al corrente. Sulla base di tali conclusioni, il valutatore finale può, a seconda dei casi, decidere di avviare la procedura di miglioramento o di chiuderne una già avviata».

10      L’art. 12 della regolamentazione interna così dispone:

«1. Nel mese di luglio viene redatto il rapporto intermedio di cui all’art. 17, secondo comma, delle DGE RI in seguito al colloquio dei due valutatori con il funzionario in presenza del consulente. Tale rapporto intermedio è datato e firmato da entrambi i valutatori e dal funzionario che, all’occorrenza, può aggiungervi i propri commenti. Il consulente ne riceve copia.

2. Il valutatore finale procede alla chiusura della procedura di miglioramento qualora il rapporto intermedio stabilisca che non vi sono più manifestazioni d’insufficienza professionale che riguardano il funzionario e, in tal caso, viene meno l’applicazione dell’art. 13 (…). Diversamente, una volta acquisito il parere del consulente, il valutatore finale conferma la continuazione della procedura di miglioramento fino alla fine dell’anno di riferimento. In entrambi i casi il funzionario viene informato con nota scritta.

(…)».

 Fatti all’origine della controversia

11      La ricorrente veniva nominata funzionario in prova del Parlamento il 1° maggio 2005 in qualità di segretario di grado C*1 (divenuto AST 1) e il 31 gennaio 2006 veniva nominata in ruolo al termine del periodo di prova presso l’unità «Programmazione e gestione della domanda» della DG «Traduzione ed edizione».

12      Nel rapporto informativo per il 2005, il primo valutatore della ricorrente indicava che quest’ultima era un nuovo collega apprezzato. Nel medesimo rapporto essa veniva considerata un funzionario meritevole.

13      Il rapporto informativo della ricorrente per il 2006, anche se continuava a descrivere l’interessata come un funzionario meritevole, indicava, in particolare, che essa avrebbe dovuto migliorare le proprie capacità di comunicazione, che una mancanza di comunicazione era talvolta all’origine di problemi nei rapporti umani e che, «sebbene il suo rendimento [fosse] soddisfacente, [era] meno disposta a comunicare con i colleghi».

14      Con lettera del 10 luglio 2007 il capoufficio dell’unità «Programmazione e gestione della domanda» della DG «Traduzione ed edizione» (in prosieguo: il «capoufficio») invitava il direttore generale della detta DG (in prosieguo: il «direttore generale») a «valutare la possibilità di avviare una procedura di miglioramento» nei confronti della ricorrente. In tale lettera il capoufficio faceva menzione del colloquio che aveva avuto con quest’ultima il giorno 9 luglio 2007, in applicazione delle disposizioni dell’art. 7, n. 1, della regolamentazione interna.

15      In data 8 agosto 2007 il capoufficio inviava al direttore generale un’altra lettera con la quale denunciava, in particolare, un trattamento inadeguato, da parte della ricorrente, delle richieste di traduzione, nonché la sua incapacità di comunicare con i colleghi, le sue assenze ingiustificate e il suo comportamento ineducato e non professionale. In tale lettera egli indicava peraltro:

«[La ricorrente] è una persona che ha una formazione di livello universitario, che probabilmente si sente frustrata dal fatto di dover espletare funzioni di assistente. Ho la nettissima impressione che [la ricorrente] disprezzi il lavoro e lo ritenga inutile. Va altresì osservato che il suo rendimento e la sua condotta sono radicalmente mutati dopo la nomina in ruolo».

16      Ai sensi dell’art. 7, n. 2, della regolamentazione interna, la ricorrente partecipava a due colloqui nei giorni 17 e 20 settembre 2007. Il 24 settembre 2007, in esito a tali colloqui, veniva avviata una procedura di miglioramento unitamente a un piano di miglioramento da applicarsi fino al 31 dicembre 2007. Nell’ambito di tale procedura, il capoufficio svolgeva il ruolo di primo valutatore mentre il direttore generale quello di valutatore finale.

17      Dopo un nuovo colloquio con la ricorrente tenutosi il 3 dicembre 2007, con lettera del 10 dicembre 2007 il direttore generale decideva di prolungare la procedura di miglioramento. In tale lettera egli constatava, nondimeno, qualche progresso in relazione alle prestazioni e alla condotta della ricorrente dopo l’avvio della procedura di miglioramento.

18      Nel rapporto informativo per il 2007, redatto durante i mesi di marzo e aprile 2008, veniva indicato, in particolare, che, malgrado le diverse ammonizioni, le prestazioni della ricorrente erano assai peggiorate nel corso del 2007. In tale rapporto la ricorrente non veniva più considerata un funzionario meritevole.

19      Ai sensi dell’art. 12 della regolamentazione interna, nel luglio 2008 veniva redatto un rapporto intermedio. Tale rapporto, relativo al periodo 1° gennaio ‑ 30 giugno 2008, indicava, in particolare, che il comportamento della ricorrente nei confronti dei servizi e dei colleghi con i quali era in contatto era in parte migliorato. Anche se il rapporto non conteneva una valutazione di insufficienza professionale, vi veniva precisato che i miglioramenti constatati avrebbero dovuto essere confermati da un progresso costante e a lungo termine della prestazione complessiva.

20      Con lettera del 9 luglio 2008 il capoufficio informava la ricorrente che la procedura di miglioramento sarebbe continuata fino alla fine del 2008.

21      In data 12 agosto 2008 la ricorrente veniva invitata a presentarsi presso il servizio medico il successivo 14 agosto.

22      In data 4 settembre 2008, su richiesta del responsabile delle risorse umane della DG «Traduzione ed edizione», preoccupato perché la ricorrente non aveva risposto all’invito del servizio medico di cui al punto precedente, un’assistente sociale del Parlamento si recava sul luogo di lavoro della ricorrente. Secondo quanto riportato dall’assistente sociale anzidetta, durante il loro colloquio la ricorrente avrebbe affermato che i suoi superiori non dovevano «preoccuparsi» per lei.

23      In data 13 ottobre 2008, nell’ambito della procedura di miglioramento e durante un colloquio svoltosi in presenza del capoufficio, veniva proposto alla ricorrente il trasferimento all’unità «X» della DG «Traduzione ed edizione». Avendo accettato tale proposta, la ricorrente veniva inserita nella suddetta unità dall’ottobre 2008. Durante il suddetto colloquio veniva deciso che, considerato che a dicembre 2008 la ricorrente sarebbe stata in ferie , il colloquio finale relativo alla procedura di miglioramento sarebbe stato anticipato al 26 novembre 2008.

24      In data 19 novembre 2008 al capoufficio e al direttore generale perveniva un messaggio di posta elettronica di un amministratore dell’unità «X», al quale era allegato il resoconto di una riunione tenutasi il precedente 5 novembre tra l’amministratore anzidetto e il capo della detta unità e avente ad oggetto l’inserimento della ricorrente in seno alla suddetta unità. In tale resoconto veniva indicato, in particolare, che la ricorrente manifestava buona volontà ma che aveva problemi di comunicazione con i colleghi, che era isolata all’interno del servizio a causa del suo comportamento e che il capo unità in parola temeva che questo comportamento avrebbe potuto nuocere, a lungo termine, all’atmosfera in seno al servizio. In esso veniva altresì indicato che era stato compiuto ogni sforzo per offrire alla ricorrente un’assistenza psicologica — di un medico o di un assistente sociale — se ne avesse avuto bisogno, ma che essa aveva negato di avere problemi e aveva rifiutato ogni aiuto.

25      Il 20 novembre 2008, accettando questa volta l’invito del medico di fiducia del Parlamento, la ricorrente veniva ricevuta da quest’ultimo, in presenza, per una parte del colloquio, dell’assistente sociale della stessa istituzione.

26      In occasione del colloquio di cui al punto 23 della presente sentenza, alla ricorrente veniva comunicato che le sue prestazioni presso l’unità «X» non erano state considerate soddisfacenti e che il suo comportamento era verosimilmente all’origine delle sue difficoltà. Il capoufficio informava inoltre la ricorrente che ne avrebbe proposto il licenziamento all’autorità investita del potere di nomina (in prosieguo: l’«APN»).

27      Ai sensi dell’art. 13 della regolamentazione interna, il 18 dicembre 2008 veniva redatto il rapporto speciale. In esso era indicato, in particolare, che la circostanza che sia le prestazioni, sia il comportamento della ricorrente non fossero migliorati all’interno dell’unità «X» dimostrava che le difficoltà incontrate da quest’ultima erano dovute unicamente al suo comportamento e non ai colleghi ovvero al fatto di lavorare in un ambiente multiculturale. In conclusione, visto il perdurare delle sue carenze in materia di comunicazione e di soluzione dei conflitti, e considerata la sua reticenza a comprendere o a seguire delle istruzioni, nonché ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni, il capoufficio e il caposervizio «Gestione della domanda» proponevano all’APN il licenziamento della ricorrente.

28      Nel rapporto informativo per il 2008, redatto a febbraio 2009, venivano riferiti gli stessi problemi indicati nella parte conclusiva del rapporto speciale del 18 dicembre 2008.

29      La commissione consultiva paritetica sull’insufficienza professionale (in prosieguo: la «commissione») veniva allora chiamata a formulare un parere sulla proposta di licenziamento della ricorrente.

30      Nel parere reso all’unanimità in data 14 maggio 2009 (in prosieguo: il «parere»), la commissione affermava che non soltanto alcune tra le persone che avevano lavorato con la ricorrente le avevano comunicato di nutrire dubbi sullo stato mentale dell’interessata, ma che anch’essa, ascoltandola, aveva avuto la netta impressione che il suo stato mentale fosse instabile o disturbato.

31      La commissione segnalava, inoltre, che dalle audizioni da essa effettuate era emerso un parere convergente dei superiori gerarchici della ricorrente, secondo il quale quest’ultima, subito dopo la sua nomina in ruolo, aveva iniziato a manifestare comportamenti insoliti tra cui, in particolare, crisi periodiche di condotta antisociale nei confronti dei colleghi, rifiuto di farsi carico dei propri compiti, senza motivo apparente o per motivi assurdi, o, ancora, scoppi di risa inopportuni. Inoltre, in occasione dei lavori della commissione, era emerso che la DG «Traduzione ed edizione» aveva contattato il servizio medico del Parlamento ad agosto 2008 e quest’ultimo aveva proposto alla ricorrente un incontro per riesaminare i «sintomi di un’eventuale depressione», che esso aveva già rilevato a dicembre 2006, ma la ricorrente non aveva accettato questo invito; la DG «Traduzione ed edizione» aveva allora chiesto l’intervento del servizio sociale del Parlamento, che riceveva anch’esso il rifiuto della ricorrente.

32      Nel suo parere, la commissione concludeva che la ricorrente non era in grado di esercitare in maniera soddisfacente le mansioni professionali che era chiamata a svolgere, né di lavorare all’interno di un ambiente multiculturale come quello del Parlamento. La commissione concludeva altresì che l’amministrazione avrebbe dovuto verificare se l’insufficienza professionale della ricorrente fosse dovuta a motivi di ordine medico. Infine, approvava la proposta di licenziamento qualora fosse stato dimostrato che l’insufficienza professionale della ricorrente non era imputabile a motivi medici o quest’ultima avesse rifiutato di sottoporsi agli esami clinici necessari per smentire l’origine medica delle sue difficoltà professionali.

33      La ricorrente, che era stata ascoltata il 25 giugno 2009 dall’amministrazione, veniva licenziata con la decisione impugnata, notificatale il 7 luglio 2009.

34      Il 7 agosto 2009 il medico di fiducia del Parlamento a Lussemburgo chiedeva a un medico specializzato in psichiatria di esaminare la ricorrente. Lo psichiatra, nel suo parere trasmesso con lettera del 18 agosto 2009, diagnosticava un «disturbo della personalità di tipo fragile» dopo aver dedotto quanto segue:

«La visita psichiatrica non evidenzia sintomi di confusione mentale: [la ricorrente] è bene orientat[a] nel tempo e nello spazio. Non vi sono sintomi psicotici evidenti. [La ricorrente] non esprime intenzioni suicide. Nei suoi discorsi ravviso, invece, idee di persecuzione latenti. È presente l’impressione di essere stata danneggiata, di non essere amata[,] che i suoi colleghi non la capiscano e che nessuno consideri la sua differenza culturale. [La ricorrente] descrive i suoi rapporti conflittuali con i suoi superiori gerarchici che avrebbero messo in dubbio le sue capacità di eseguire il proprio lavoro. Va notato che, nell’esposizione, [la ricorrente] tende a interpretare gli eventi in maniera paranoide. Si può formulare l’ipotesi di un disturbo della personalità di tipo fragile».

35      Il parere medico del 18 agosto 2009 veniva comunicato alla ricorrente che, con lettera dei suoi legali del 26 agosto 2009, in particolare alla luce di tale parere, chiedeva all’APN la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata in attesa di controlli medici complementari. Tale richiesta veniva respinta con decisione dell’APN 2 settembre 2009.

36      Il 1° ottobre 2009, ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto, la ricorrente proponeva un reclamo contro la decisione impugnata.

 Procedimento e conclusioni delle parti

37      Con domanda di provvedimento provvisorio depositata nella cancelleria del Tribunale il 6 novembre 2009 e iscritta a ruolo con il numero F‑92/09 R la ricorrente chiedeva, da un lato, la sospensione della decisione impugnata e, dall’altro, la concessione di provvedimenti provvisori.

38      Con lettera del 19 novembre 2009 il cancelliere informava le parti della decisione presa dal Tribunale di accogliere la richiesta di anonimato della ricorrente.

39      Con ordinanza 18 dicembre 2009, causa F‑92/09 R, U/Parlamento (Racc. FP pagg. I‑A‑1‑511 e II‑A‑1‑2771), il presidente del Tribunale ordinava la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata fino alla pronuncia della decisione del Tribunale conclusiva dell’istanza.

40      Accogliendo il ricorso presentato dal Parlamento, con ordinanza 27 aprile 2010, causa T‑103/10 P(R), Parlamento/U, il presidente del Tribunale dell’Unione europea annullava la citata ordinanza del presidente del Tribunale in quanto quest’ultimo aveva erroneamente ritenuto che la condizione relativa all’urgenza fosse soddisfatta nella fattispecie e, statuendo egli stesso sulla controversia, respingeva la domanda di provvedimenti provvisori.

41      Conformemente all’art. 91, n. 4, dello Statuto, il procedimento principale veniva sospeso fino alla decisione 5 febbraio 2010, notificata nella stessa data, con cui l’APN respingeva il reclamo.

42      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

—        annullare la decisione impugnata;

—        condannare il Parlamento a risarcire il danno morale subito, stimato, con tutte le riserve, a EUR 15 000;

—        condannare il Parlamento alle spese.

43      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

—        respingere il ricorso in quanto infondato;

—        condannare la ricorrente a sopportare tutte le spese.

 In diritto

44      A sostegno del ricorso, la ricorrente invoca tre motivi, relativi, il primo, alla violazione del dovere di sollecitudine previsto all’art. 24 dello Statuto e all’art. 8 della regolamentazione interna, il secondo, alla violazione dell’art. 59, n. 5, dello Statuto e, il terzo, alla violazione dell’art. 12, n. 2, della regolamentazione interna.

 Sul primo motivo, relativo alla violazione del dovere di sollecitudine, previsto all’art. 24 dello Statuto e all’art. 8 della regolamentazione interna

 Argomenti delle parti

45      La ricorrente osserva che, a partire dal 2006, essa iniziava ad avere problemi di comunicazione con i propri colleghi, anche se, all’epoca, il suo rendimento professionale continuava ad essere sufficiente. Nel 2007 veniva avviata nei suoi confronti la procedura di miglioramento. Nonostante la ricorrente ammetta che alla data dell’avvio di tale procedura il suo capo unità non era in grado di ritenere che le insufficienze professionali osservate potessero essere imputate a motivi di ordine medico, alcuni indizi assai precisi in tal senso sarebbero apparsi dopo il suo trasferimento all’unità «X». In proposito, la ricorrente richiama il resoconto della riunione tenutasi il 5 novembre 2008 tra il suo capo unità e un amministratore del servizio.

46      La ricorrente ammette di non aver voluto riconoscere l’esistenza di problemi di natura psicologica e di aver rifiutato ogni aiuto. Tuttavia, ammettere l’esistenza di una patologia sarebbe assai difficile per una persona che soffre di un disturbo della personalità, come quello diagnosticato dallo psichiatra consultato dal servizio medico del Parlamento, in quanto l’interessato considera naturali e inevitabili i comportamenti connessi al disturbo.

47      Orbene, malgrado ciò, il primo valutatore avrebbe proposto il licenziamento. La ricorrente aggiunge che l’ipotesi secondo cui le difficoltà professionali che essa incontrava potessero avere un’origine medica è stata evidenziata dalla commissione nel suo parere e che la detta commissione avrebbe espressamente invitato l’amministrazione a verificarne la fondatezza.

48      La ricorrente osserva che, ai sensi dell’art. 24 dello Statuto, l’amministrazione ha un dovere di sollecitudine nei confronti dei propri agenti. Secondo giurisprudenza costante, tale dovere, nonché il principio di buona amministrazione richiederebbero che, quando l’amministrazione statuisce sulla situazione di un funzionario, essa è tenuta a prendere in considerazione il complesso degli elementi atti a determinare la propria decisione e, in tale contesto, deve tener conto non solo dell’interesse del servizio, ma anche di quello del funzionario. In presenza di una decisione grave come quella del licenziamento per insufficienza professionale, il dovere di sollecitudine che incombe all’amministrazione sarebbe maggiore.

49      Nella fattispecie, decidendo di non informare immediatamente il servizio medico del Parlamento dei sospetti problemi di natura psicologica della ricorrente dopo il suo trasferimento all’unità «X», il valutatore avrebbe violato il dovere di sollecitudine previsto all’art. 24 dello Statuto e all’art. 8 della regolamentazione interna, in particolare al n. 5 di quest’ultimo. Sebbene la ricorrente non volesse riconoscere l’esistenza dei suoi problemi, né collaborare, l’amministrazione, in forza del suo dovere di sollecitudine, posta dinanzi al dubbio in merito alla possibile origine medica delle difficoltà incontrate nell’esercizio delle sue funzioni, avrebbe dovuto chiudere o almeno sospendere la procedura di insufficienza professionale e chiedere al servizio medico di effettuare indagini complementari. Nel suo parere, lo psichiatra consultato dal servizio medico diagnostica un «disturbo della personalità di tipo fragile», il che, a maggior ragione, avrebbe dovuto indurre l’amministrazione a procedere in tal senso.

50      Con lettera del 27 aprile 2010 la ricorrente faceva pervenire alla cancelleria del Tribunale la relazione del dott. H, medico psichiatra, che, dopo aver ascoltato ed esaminato la ricorrente in data 21 aprile 2010, ha ritenuto di poter diagnosticare la presenza di un tipico disturbo della personalità e un sospetto stato di scompenso verso una psicosi più manifesta. La ricorrente giustificava il ritardo di tale nuova offerta di prova con il fatto che il dott. H, a cui era stato chiesto un appuntamento nel gennaio 2010, non sarebbe stato disponibile prima del 21 aprile successivo.

51      Il Parlamento fa valere, in via preliminare, che il riferimento all’art. 24 dello Statuto non trova applicazione nella fattispecie, in quanto tale disposizione non riguarda il dovere di sollecitudine, bensì quello di assistenza, che incombe alle istituzioni. Conseguentemente, il Parlamento ritiene di dover rispondere soltanto alle tesi della ricorrente relative all’asserita violazione dell’art. 8 della regolamentazione interna.

52      In proposito, il Parlamento osserva che il peggioramento delle prestazioni della ricorrente, segnatamente dovuto alla sua mancanza di motivazione e di volontà di svolgere correttamente le mansioni che le erano state affidate, ha iniziato a manifestarsi dopo la sua nomina in ruolo.

53      L’assistente sociale, che, su richiesta del responsabile delle risorse umane della DG «Traduzione ed edizione», nel settembre 2008 si è recata sul luogo di lavoro della ricorrente, non avrebbe constatato la presenza di particolari anomalie. Inoltre, la ricorrente non avrebbe reagito in maniera positiva o costruttiva alla prospettiva di aiuto offerto dall’assistente sociale.

54      Parimenti, nemmeno il medico di fiducia del Parlamento, presso il quale la ricorrente si è infine recata il 20 novembre 2008, avrebbe accertato la presenza di anomalie sotto il profilo medico e l’avrebbe indirizzata all’assistente sociale.

55      Il Parlamento sottolinea che, malgrado tutti gli sforzi compiuti dall’istituzione per aiutarla, la ricorrente si lamentava ancora del fatto che i suoi superiori non comprendessero la sua mentalità. Il Parlamento aggiunge che essa non si trovava a suo agio in un contesto multiculturale e internazionale e che aveva più volte manifestato un certo disprezzo nei confronti del Parlamento, dell’Unione e del suo lavoro, arrivando perfino ad esprimere la propria volontà di rassegnare le dimissioni.

56      Il Parlamento ritiene che l’art. 8 della regolamentazione interna sia stato correttamente applicato nella fattispecie. Invero, alla data di avvio della procedura di miglioramento, ossia durante il colloquio iniziale previsto all’art. 7 della regolamentazione interna, svoltosi il 9 luglio 2007, il valutatore finale avrebbe concluso che non era necessario informarsi presso il servizio medico, in quanto non erano stati ravvisati nella ricorrente segnali di insufficienza professionale che avrebbero potuto essere collegati a motivi di ordine medico. La stessa ricorrente non avrebbe peraltro invocato l’esistenza di tali motivi. Il valutatore finale avrebbe pertanto agito nel pieno rispetto dell’art. 8, n. 1, della regolamentazione interna.

57      Peraltro, il medico psichiatra consultato dal servizio medico nell’agosto 2009, dopo aver esaminato la ricorrente, si sarebbe chiaramente pronunciato per l’assenza di confusione mentale. In tali condizioni, siffatta diagnosi non avrebbe affatto escluso che l’amministrazione abbia potuto correttamente ritenere che la causa delle insufficienze professionali della ricorrente non fosse di natura medica. In ogni caso, la relazione del suddetto medico non avrebbe dimostrato l’esistenza di un nesso tra il disturbo della personalità accertato della ricorrente e le insufficienze professionali di quest’ultima. Il Parlamento ritiene di poter dedurre che, anche in presenza del disturbo di personalità diagnosticato, la ricorrente era in grado di svolgere correttamente il proprio lavoro.

58      Il Parlamento aggiunge che gli errori commessi dalla ricorrente nell’esercizio delle sue funzioni erano di gravità e frequenza tali da ostacolare il buon funzionamento del servizio. La sua condotta offensiva in seno al servizio e, in particolare, il suo rifiuto categorico di lavorare con colleghi di una determinata nazionalità o origine etnica avrebbero reso impossibile ogni forma di collaborazione.

59      Il Parlamento contesta l’interpretazione data al resoconto della riunione del 5 novembre 2008, di cui al punto 24 supra. Nel corso di detta riunione, sarebbe stato unicamente suggerito di seguire attentamente il lavoro e il comportamento della ricorrente in seno al servizio, nonché di prendere nota di ogni particolare che avrebbe potuto essere d’aiuto per il valutatore finale nella sua decisione sul futuro professionale della ricorrente. L’istituzione avrebbe altresì sottolineato che era stato compiuto ogni possibile sforzo per offrire, in caso di necessità, un aiuto psicologico alla ricorrente, ma che quest’ultima aveva sempre negato di avere problemi psicologici, rifiutando ogni aiuto. Secondo il Parlamento, dal resoconto di tale riunione non emerge affatto che in tale occasione si sarebbe affermato che all’origine delle difficoltà professionali incontrate dalla ricorrente dopo la sua nomina in ruolo avrebbero potuto esservi motivi di ordine medico e che essa «avesse bisogno di un aiuto psicologico».

60      Il Parlamento nutre dubbi in merito all’affermazione della ricorrente secondo cui essa sarebbe stata restia ad ammettere di avere problemi di natura psicologica, in quanto, secondo il medico di fiducia del Parlamento, essa era in cura presso uno psichiatra e, dunque, avrebbe necessariamente dovuto essere consapevole di avere problemi psichiatrici che avrebbe potuto indicare in sede di procedura di miglioramento.

61      Il Parlamento nega infine la pertinenza del parere della commissione. L’istituzione sottolinea che la commissione non è composta di medici e che il suo parere è stato formulato il 14 maggio 2009. Orbene, nel maggio 2009 l’APN poteva basarsi sulle conclusioni del medico di fiducia del Parlamento formulate qualche mese prima, nel novembre 2008, a seguito di esame della ricorrente in quello stesso periodo, e secondo cui non sussistevano anomalie sotto il profilo medico.

 Giudizio del Tribunale

62      La ricorrente ritiene, in sostanza, che, proseguendo l’iter della procedura dedicata all’esame delle insufficienze professionali fino all’adozione della decisione impugnata — quando diversi segnali avrebbero consentito di rilevare, nel corso della detta procedura, che la causa dei problemi professionali avrebbe potuto essere di natura medica —, il Parlamento abbia violato il dovere di sollecitudine previsto all’art. 24 dello Statuto e all’art. 8 della regolamentazione interna. La ricorrente precisa che il dovere di sollecitudine impone all’amministrazione un obbligo positivo di contattare un medico nel caso di funzionari che palesano sintomi di disturbi psicologici.

63      In proposito, il primo motivo sollevato dalla ricorrente dev’essere inteso come relativo, essenzialmente, alla violazione del dovere di sollecitudine, così come è descritto in particolare all’art. 8 della regolamentazione interna, senza doversi necessariamente interrogare sulla portata dell’obbligo di assistenza ai sensi dell’art. 24 dello Statuto propriamente detto.

64      In via preliminare, va rammentato che la nozione di dovere di sollecitudine da parte dell’amministrazione, come elaborata dalla giurisprudenza, corrisponde all’equilibrio dei diritti e degli obblighi reciproci che lo Statuto ha creato nei rapporti fra l’amministrazione e il suo personale. Tale equilibrio implica in particolare che l’amministrazione, quando decide della situazione di un funzionario, è tenuta a prendere in considerazione il complesso degli elementi atti a determinare la propria decisione e, in tale contesto, deve tener conto non solo dell’interesse del servizio, ma anche di quello del funzionario di cui trattasi (sentenze della Corte 28 maggio 1980, cause riunite 33/79 e 75/79, Kuhner/Commissione, Racc. pag. 1677, punto 22, e 29 giugno 1994, causa C‑298/93 P, Klinke/Corte di giustizia, Racc. pag. I‑3009, punto 38).

65      Allorché sussiste un dubbio sulla natura medica delle difficoltà incontrate da un funzionario nello svolgimento dei compiti ad esso affidati, il dovere di sollecitudine impone all’amministrazione di fare il possibile per sciogliere tale dubbio prima di decidere il licenziamento del detto funzionario (v., per analogia, sentenza del Tribunale di primo grado 26 febbraio 2003, causa T‑145/01, Latino/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑59 e II‑337, punto 93).

66      Questo obbligo è contemplato anche nella regolamentazione interna, in quanto l’art. 8 della detta regolamentazione prevede che, in talune circostanze, spetti al valutatore finale rivolgersi al servizio medico del Parlamento qualora sia a conoscenza di fatti in grado di rivelare che il comportamento addebitato al funzionario potrebbe essere di origine medica.

67      Inoltre, gli obblighi che impongono all’amministrazione il dovere di sollecitudine sono sostanzialmente più forti quando si tratta della situazione particolare di un funzionario sulla cui salute mentale sussistono dubbi e, conseguentemente, sulla sua capacità di difendere in maniera adeguata i propri interessi (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 13 dicembre 2006, causa F‑17/05, de Brito Sequeira Carvalho/Commissione, Racc. FP pagg. I‑A‑1‑149 e II‑A‑1‑577, punto 72). Ciò vale a maggior ragione quando, come nel caso di specie, il funzionario interessato corre il rischio di essere licenziato, trovandosi dunque in situazione di vulnerabilità.

68      Nella fattispecie, dal resoconto della riunione del 5 novembre 2008 sull’integrazione della ricorrente in seno all’unità «X», pervenuto al capoufficio e al direttore generale, emerge che la ricorrente manifestava buona volontà, ma che aveva problemi di comunicazione con i colleghi, che era isolata all’interno del servizio a causa del suo comportamento e che il capo dell’unità in parola temeva che questo comportamento avrebbe potuto nuocere, a lungo termine, all’atmosfera in seno al servizio. In detto resoconto veniva altresì indicato che era stato compiuto ogni sforzo per offrire alla ricorrente un’assistenza psicologica — di un medico o di un assistente sociale — se ne avesse avuto bisogno, ma che essa aveva negato di avere problemi e aveva rifiutato ogni aiuto.

69      Peraltro, la commissione veniva consultata sulla proposta di licenziamento della ricorrente. Nel parere formulato il 14 maggio 2009, la detta commissione concludeva che la ricorrente non era in grado di esercitare in maniera soddisfacente le mansioni professionali che era chiamata a svolgere, né di lavorare all’interno di un ambiente multiculturale come quello del Parlamento. La commissione concludeva altresì che l’amministrazione doveva verificare se l’insufficienza professionale della ricorrente fosse dovuta a motivi di ordine medico. Infine, essa approvava la proposta di licenziamento in quanto sarebbe stato dimostrato che l’insufficienza professionale della ricorrente non era imputabile a motivi di ordine medico o in quanto quest’ultima avrebbe rifiutato di sottoporsi agli esami clinici necessari per smentire l’origine medica delle sue difficoltà professionali.

70      Occorre constatare che un’ampia parte del contenuto del parere è dedicata alla questione dell’eventuale nesso tra le difficoltà professionali della ricorrente e lo stato di salute mentale di quest’ultima.

71      Infatti, nel proprio parere la commissione evidenziava che un certo numero di persone che avevano lavorato con la ricorrente le aveva comunicato di nutrire dubbi in merito allo stato mentale di quest’ultima, dubbi peraltro condivisi dalla medesima commissione che, ascoltando la ricorrente, aveva avuto la netta impressione che il suo stato mentale fosse instabile o disturbato.

72      Nel proprio parere la commissione indicava altresì che dalle audizioni da essa effettuate era emerso un parere convergente dei superiori gerarchici della ricorrente, secondo cui quest’ultima, subito dopo la sua nomina in ruolo, aveva iniziato a manifestare comportamenti insoliti tra cui, in particolare, crisi periodiche di condotta antisociale nei confronti dei colleghi, rifiuto di farsi carico dei propri compiti, senza motivo apparente o per motivi assurdi, o, ancora, scoppi di risa inopportuni.

73      Inoltre, il parere della commissione evidenziava diversi fatti: la DG «Traduzione ed edizione» aveva contattato il servizio medico del Parlamento nell’agosto 2008 e quest’ultimo aveva proposto alla ricorrente un incontro per riesaminare i «sintomi di un’eventuale depressione», che aveva già manifestato nel dicembre 2006, ma la ricorrente non aveva accettato questo invito; la DG «Traduzione ed edizione» aveva allora chiesto l’intervento del servizio sociale del Parlamento, che riceveva anch’esso il rifiuto della ricorrente. Dal fascicolo emerge altresì che alla ricorrente era stata proposta assistenza psicologica, segnatamente presso un medico, quando, alla fine del 2008, lavorava presso l’unità «X». Tuttavia la ricorrente aveva respinto ogni aiuto.

74      È ben vero che spetta all’amministrazione accertarsi che i funzionari o gli agenti non si avvalgano abusivamente o in maniera fraudolenta dei diritti che derivano dallo Statuto, in particolare a titolo della copertura del rischio di invalidità.

75      Tuttavia, alla luce di quanto precede, occorre concludere che l’amministrazione, dalla fine del 2008 e almeno nel maggio 2009, quando la commissione ha formulato il suo parere, disponeva di elementi sufficienti per poter supporre che il comportamento addebitato alla ricorrente potesse essere imputato a motivi di ordine medico. In tali circostanze, prima dell’adozione della decisione impugnata, essa sarebbe stata tenuta a fare del suo meglio per accertarsi che così non fosse.

76      Orbene, il Parlamento si limita ad affermare, per la sua difesa, che alla data di adozione della decisione impugnata l’amministrazione disponeva di elementi che le consentivano di ritenere che la causa delle difficoltà professionali della ricorrente non fosse di origine medica.

77      Il Parlamento si avvale, tutt’al più, della valutazione della sua assistente sociale, formulata in seguito alla visita effettuata nel settembre 2008 sul luogo di lavoro della ricorrente, e di quella del medico di fiducia che, in occasione della visita del 20 novembre 2008, non avrebbe constatato alcuna anomalia di tipo medico.

78      Tuttavia, la valutazione dell’assistente sociale, che non dispone delle competenze mediche necessarie, non può consentire all’amministrazione di sciogliere ogni dubbio in merito all’origine medica di difficoltà professionali incontrate da un proprio agente.

79      Riguardo all’«esame» effettuato dal medico di fiducia del Parlamento in data 20 novembre 2008, l’unico elemento prodotto agli atti relativo a tale «esame» è un messaggio di posta elettronica del 27 ottobre 2009 in cui egli indica quanto segue:

«Ho svolto questo colloquio con [la ricorrente] in presenza dell’assistente sociale allo scopo di allargare l’indagine anche agli aspetti sociali che [la ricorrente] poteva incontrare. Durante il colloquio non è accaduto alcun episodio di rilievo».

80      Orbene, da tale messaggio di posta elettronica non sembra che il medico di fiducia del Parlamento, che peraltro non è uno psichiatra, abbia formulato una diagnosi a seguito del colloquio o che da esso abbia tratto conclusioni circa un’eventuale origine medica delle difficoltà professionali incontrate dalla ricorrente; invero, il medico di fiducia si limita a fare riferimento allo svolgimento del colloquio e all’assenza di incidenti in tale occasione.

81      Gli elementi di cui si avvale il Parlamento non sono dunque sufficientemente convincenti.

82      Soprattutto, il Parlamento non menziona alcuna procedura intrapresa dall’amministrazione nel lasso di tempo fra la data in cui essa è venuta a conoscenza del parere della commissione e l’adozione della decisione impugnata.

83      Orbene, un’iniziativa per stabilire se le difficoltà professionali della ricorrente fossero di natura medica avrebbe dovuto essere presa in questa fase della procedura, in quanto era stata raccomandata dalla commissione che, avendo potuto esaminare in maniera approfondita la situazione della ricorrente, indicava espressamente la possibilità di un nesso tra le difficoltà professionali di quest’ultima e la sua salute mentale.

84      Inoltre, alla luce del parere, l’amministrazione avrebbe potuto ragionevolmente interpretare le reiterate opposizioni della ricorrente ad ogni offerta di assistenza come un suo possibile rifiuto di accettare di soffrire di turbe mentali e, dunque, come indizio del fatto di non essere in grado di difendere i propri interessi in maniera adeguata a causa dei suoi problemi di salute. Il fatto di essere in cura presso uno psichiatra, lungi dal dimostrare che essa fosse in grado di riconoscere l’esistenza dei propri disturbi psichici, era invece tale da richiedere che il Parlamento dimostrasse maggiore cautela.

85      Come affermato in precedenza, quando un funzionario non è in grado di agire per proprio conto, né di valutare l’esistenza stessa della propria malattia, tale situazione può, se del caso, comportare un obbligo positivo da parte dell’istituzione, tanto più quando, come nella fattispecie, il funzionario in parola corre il rischio di essere licenziato trovandosi, dunque, in una situazione di vulnerabilità. Conseguentemente, in tale preciso contesto, spettava all’amministrazione insistere presso la ricorrente perché accettasse di sottoporsi a una visita medica complementare, in particolare esercitando il diritto dell’istituzione di far visitare il funzionario dal proprio medico di fiducia ai sensi dell’art. 59, n. 5, dello Statuto, che consente di collocare d’ufficio in congedo il funzionario qualora lo esiga il suo stato di salute.

86      Orbene, il Parlamento non dimostra, né tanto meno sostiene, che, nell’ambito particolare rammentato al punto precedente, una volta venuto a conoscenza del parere della commissione, siano stati compiuti sforzi specifici per convincere la ricorrente a sottoporsi a un controllo medico. Peraltro, nonostante il parere, la decisione impugnata tace al riguardo e non illustra alcun motivo che giustifichi l’assenza di indagini di natura medica.

87      Questa mancanza di diligenza nei confronti della ricorrente è tanto più inspiegabile in quanto, benché la decisione impugnata fosse già stata adottata, il Parlamento, attraverso il proprio servizio medico, non esitava, nell’agosto 2009, a chiedere l’esame di un medico psichiatra, dopo che la ricorrente si era recata presso il suddetto servizio. Tale ultima decisione del Parlamento, adottata appena un mese dopo la decisione impugnata, conferma che era necessario far esaminare la ricorrente da uno specialista e, conseguentemente, dimostra le lacune della procedura sfociata nel licenziamento controverso.

88      Orbene, siffatto controllo medico della ricorrente avrebbe dovuto avere luogo prima dell’adozione della decisione di licenziamento in parola, che, eventualmente, avrebbe potuto essere giustificata qualora il medico consultato avesse effettivamente escluso ogni potenziale motivo di ordine medico all’origine del comportamento addebitato alla ricorrente.

89      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni e senza che occorra pronunciarsi sulla ricevibilità dell’offerta di prova trasmessa dalla ricorrente il 27 aprile 2010, va constatato che il Parlamento non ha compiuto ogni sforzo per sciogliere il dubbio in merito all’origine medica delle difficoltà professionali della ricorrente, violando pertanto il dovere di sollecitudine e, dunque, l’art. 8 della regolamentazione interna.

90      Ciò detto, e senza che sia necessario esaminare gli altri motivi invocati dalla ricorrente, occorre accogliere il primo motivo e, conseguentemente, annullare la decisione impugnata.

 Sulla richiesta di risarcimento

91      A titolo di risarcimento del danno morale che ritiene di aver subito, la ricorrente chiede il pagamento dell’importo di EUR 15 000.

92      Il Parlamento sottolinea che la ricorrente non precisa in alcun modo quale sia il danno subito e ritiene pertanto irricevibile la richiesta.

93      In via subordinata, l’istituzione ritiene che la ricorrente non abbia fornito la prova dell’illegittimità delle azioni contestate.

94      In proposito, è difficilmente contestabile che il comportamento illecito del Parlamento, constatato al punto 87 supra, abbia cagionato un danno morale alla ricorrente.

95      Tuttavia, l’annullamento di un atto viziato da illegittimità, che opera ab initio, può costituire di per sé un adeguato e, in linea di principio, sufficiente risarcimento di qualsiasi danno morale che tale atto possa aver cagionato (sentenza della Corte 9 luglio 1987, cause riunite 44/85, 77/85, 294/85 e 295/85, Hochbaum e Rawes/Commissione, Racc. pag. 3259, punto 22; sentenze del Tribunale di primo grado 9 novembre 2004, causa T‑116/03, Montalto/Consiglio, Racc. PI pagg. I‑A‑339 e II‑1541, punto 127, e 6 giugno 2006, causa T‑10/02, Girardot/Commissione, Racc. FP pagg. I‑A‑2‑129 e II‑A‑2‑609, punto 131; sentenza del Tribunale 8 maggio 2008, causa F‑6/07, Suvikas/Consiglio, Racc. FP pagg. I‑A‑1‑151 e II‑A‑1‑819, punto 151), salvo che la ricorrente dimostri di aver subito un danno morale che non era connesso all’illegittimità che ha fondato l’annullamento e che non può essere integralmente riparato da tale annullamento (v., in tal senso, sentenza della Corte 7 febbraio 1990, causa C‑343/87, Culin/Commissione, Racc. pag. I‑225, punti 27 e 28).

96      Nella fattispecie, la ricorrente ha potuto provare sentimenti di ingiustizia, frustrazione o insicurezza, ma tale pregiudizio è stato risarcito in maniera adeguata e sufficiente dall’annullamento della decisione impugnata che ne è stata la causa.

97      Si deve pertanto respingere la domanda di risarcimento.

 Sulle spese

98      Ai sensi dell’art. 87, n. 1, del regolamento di procedura, fatte salve le altre disposizioni del capo VIII del titolo II di tale regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. In forza del n. 2 dello stesso articolo, per ragioni di equità, il Tribunale può decidere che una parte soccombente sia condannata solo parzialmente alle spese, o addirittura che non debba essere condannata a tale titolo.

99      Dalla motivazione della presente sentenza risulta che il Parlamento è sostanzialmente soccombente. Inoltre la ricorrente, nelle sue conclusioni, ha espressamente chiesto la condanna del Parlamento alle spese. Atteso che le circostanze del caso di specie non giustificano l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, il Parlamento deve essere condannato alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA

(Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione del Parlamento europeo 6 luglio 2009, recante licenziamento di U, è annullata.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      Il Parlamento è condannato a tutte le spese.

Tagaras

Van Raepenbusch

Rofes i Pujol

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 ottobre 2010.

Il cancelliere

 

      Il presidente

W. Hakenberg

 

      H. Tagaras


* Lingua processuale: il francese.