Language of document : ECLI:EU:C:2021:456

CONCLUSIONI DELL’AVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 3 giugno 2021 (1)

Causa C35/20

Syyttäjä

contro

A

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein oikeus (Corte suprema, Finlandia)]

«Rinvio pregiudiziale – Diritto dei cittadini dell’Unione di circolare liberamente nel territorio degli Stati membri – Articolo 21 TFUE – Obbligo, a pena di sanzione, di essere munito di una carta d’identità o di un passaporto al momento dell’attraversamento della frontiera di uno Stato membro – Direttiva 2004/38/CE – Articoli 4 e 5 – Attraversamento della frontiera marittima di uno Stato membro su un’imbarcazione da diporto – Regolamento (CE) n. 562/2006 (codice frontiere Schengen) – Allegato VI – Regime penale di giorni-ammenda – Calcolo dell’ammenda in funzione della capacità di pagamento dell’autore della violazione – Proporzionalità»






I.      Introduzione

1.        Un cittadino dell’Unione europea attraversa una frontiera marittima nazionale a bordo di un’imbarcazione da diporto nell’ambito di un viaggio di andata e ritorno fra due Stati membri, ossia la Finlandia e l’Estonia, senza essere munito di documenti di viaggio.

2.        È in tale contesto che si inseriscono le questioni pregiudiziali sollevate dal Korkein oikeus (Corte suprema, Finlandia), le quali vertono, in sostanza, sulla questione se gli Stati membri possano imporre ai cittadini dell’Unione l’obbligo, penalmente sanzionato, di essere muniti di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità al momento dell’attraversamento della frontiera di uno Stato membro. La Corte è parimenti chiamata a pronunciarsi sulla proporzionalità del regime penale di giorni-ammenda finlandese previsto in caso di inosservanza di un siffatto obbligo.

3.        Il presente rinvio pregiudiziale verte dunque sull’interpretazione, segnatamente, dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, e degli articoli 4, 5 e 36 della direttiva 2004/38/CE (2), fermo restando che quest’ultimo articolo non è stato ancora oggetto di un’interpretazione della Corte, nonché dell’allegato VI del regolamento (CE) n. 562/2006 (3).

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      La direttiva 2004/38

4.        L’articolo 4 della direttiva 2004/38, intitolato «Diritto di uscita», dispone quanto segue al suo paragrafo 1:

«Senza pregiudizio delle disposizioni applicabili ai controlli dei documenti di viaggio alle frontiere nazionali, ogni cittadino dell’Unione munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità e i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro e muniti di passaporto in corso di validità hanno il diritto di lasciare il territorio di uno Stato membro per recarsi in un altro Stato membro».

5.        L’articolo 5 di tale direttiva, intitolato «Diritto d’ingresso», prevede quanto segue ai suoi paragrafi 1, 4 e 5:

«1.      Senza pregiudizio delle disposizioni applicabili ai controlli dei documenti di viaggio alle frontiere nazionali, gli Stati membri ammettono nel loro territorio il cittadino dell’Unione munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità, nonché i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, muniti di valido passaporto.

(...)

4.      Qualora il cittadino dell’Unione o il suo familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro sia sprovvisto dei documenti di viaggio o, eventualmente, dei visti necessari, lo Stato membro interessato concede, prima di procedere al respingimento, ogni possibile agevolazione affinché possa ottenere o far pervenire entro un periodo di tempo ragionevole i documenti necessari, oppure possa dimostrare o attestare con altri mezzi la qualifica di titolare del diritto di libera circolazione.

5.      Lo Stato membro può prescrivere all’interessato di dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale entro un termine ragionevole e non discriminatorio. L’inosservanza di tale obbligo può comportare sanzioni proporzionate e non discriminatorie».

6.        L’articolo 36 di detta direttiva, intitolato «Sanzioni», così recita:

«Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni previste sono effettive e proporzionate. Gli Stati membri notificano alla Commissione tali disposizioni entro il 30 aprile 2006 e provvedono a comunicare immediatamente le eventuali successive modifiche».

2.      Il regolamento n. 562/2006

7.        L’articolo 1 del regolamento n. 562/2006 (4), intitolato «Oggetto e principi», disponeva quanto segue:

«Il presente regolamento prevede l’assenza del controllo di frontiera sulle persone che attraversano le frontiere interne tra gli Stati membri dell’Unione europea.

Esso stabilisce le norme applicabili al controllo di frontiera sulle persone che attraversano le frontiere esterne degli Stati membri dell’[Unione]».

8.        L’articolo 2 di tale regolamento, intitolato «Definizioni», enunciava quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento, si intende per:

1)      “frontiere interne”:

(...)

c)      i porti marittimi, fluviali e lacustri degli Stati membri per i collegamenti regolari interni effettuati da traghetti;

2)      “frontiere esterne”: le frontiere terrestri, comprese quelle fluviali e lacustri, le frontiere marittime e gli aeroporti, i porti fluviali, marittimi e lacustri degli Stati membri, che non siano frontiere interne;

(...)

8)      “valico di frontiera”: ogni valico autorizzato dalle autorità competenti per il passaggio delle frontiere esterne;

(...)».

9.        L’articolo 4 di detto regolamento, intitolato «Attraversamento delle frontiere esterne», disponeva quanto segue:

«1.      Le frontiere esterne possono essere attraversate soltanto ai valichi di frontiera e durante gli orari di apertura stabiliti. Ai valichi di frontiera che non sono aperti 24 ore al giorno gli orari di apertura devono essere indicati chiaramente.

(...)

2.      In deroga al paragrafo 1, possono essere previste eccezioni all’obbligo di attraversare le frontiere esterne ai valichi di frontiera e durante gli orari di apertura:

a)      per persone o gruppi di persone, in presenza di una necessità di carattere particolare di attraversamento occasionale delle frontiere esterne al di fuori dei valichi di frontiera o al di fuori degli orari di apertura stabiliti, purché siano in possesso delle autorizzazioni richieste dal diritto nazionale e purché non ostino ragioni di ordine pubblico e di sicurezza interna degli Stati membri. Gli Stati membri possono stabilire regimi specifici in accordi bilaterali. Le eccezioni generali previste dal diritto nazionale e dagli accordi bilaterali sono comunicate alla Commissione a norma dell’articolo 34;

(...)

c)      conformemente alle norme specifiche di cui agli articoli 18 e 19 in combinato disposto con gli allegati VI e VI.

(...)».

10.      L’articolo 7 del medesimo regolamento, intitolato «Verifiche di frontiera sulle persone», enunciava quanto segue:

«(...)

2.      Chiunque attraversi la frontiera è sottoposto a una verifica minima che consenta di stabilirne l’identità dietro produzione o esibizione dei documenti di viaggio. Questa verifica minima consiste nel semplice e rapido accertamento della validità del documento che consente al legittimo titolare di attraversare la frontiera e della presenza di indizi di falsificazione o di contraffazione, se del caso servendosi di dispositivi tecnici e consultando nelle pertinenti banche dati le informazioni relative esclusivamente ai documenti rubati, altrimenti sottratti, smarriti o invalidati.

La verifica minima di cui al primo comma costituisce la regola per i beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto unionale.

Tuttavia quando effettuano, in modo non sistematico, verifiche minime sui beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto unionale, le guardie di frontiera possono consultare banche dati nazionali ed europee per accertarsi che una persona non rappresenti una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per la sicurezza interna, l’ordine pubblico o le relazioni internazionali degli Stati membri oppure una minaccia per la salute pubblica.

Le conseguenze di tali consultazioni non mettono in discussione il diritto d’ingresso dei beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto unionale nel territorio dello Stato membro interessato di cui essi godono a norma della direttiva [2004/38].

(...)

6.      Le verifiche sui beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto unionale sono effettuate a norma della direttiva [2004/38].

(...)».

11.      L’articolo 18 del regolamento n. 562/2006, intitolato «Norme specifiche relative ai vari tipi di frontiera e ai diversi mezzi di trasporto utilizzati per l’attraversamento delle frontiere esterne», così recitava:

«Le norme specifiche di cui all’allegato VI si applicano alla verifica effettuata nei diversi tipi di frontiera e sui diversi mezzi di trasporto utilizzati per l’attraversamento dei valichi di frontiera.

Tali norme specifiche possono comportare deroghe agli articoli 4 e 5 e agli articoli da 7 a 13».

12.      L’articolo 20 di tale regolamento, intitolato «Attraversamento delle frontiere interne», enunciava quanto segue:

«Le frontiere interne possono essere attraversate in qualunque punto senza che sia effettuata una verifica di frontiera sulle persone, indipendentemente dalla loro nazionalità».

13.      L’articolo 21 di detto regolamento, intitolato «Verifiche all’interno del territorio», prevedeva quanto segue:

«La soppressione del controllo di frontiera alle frontiere interne non pregiudica:

(...)

c)      la possibilità per uno Stato membro di prevedere nella legislazione nazionale l’obbligo di possedere o di portare con sé documenti d’identità;

(...)».

14.      L’allegato VI del regolamento 562/2006 riguardava, stando al suo titolo, le «[n]orme specifiche relative ai vari tipi di frontiera e ai diversi mezzi di trasporto utilizzati per l’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri». Il punto 3 di tale allegato, intitolato «Frontiere marittime», conteneva un punto 3.1., a sua volta intitolato «Modalità generali di verifica sul traffico marittimo», il quale disponeva quanto segue:

«3.1.1.      Le verifiche sulle navi sono effettuate nel porto di arrivo o di partenza, o nell’area all’uopo destinata nelle immediate adiacenze della nave o a bordo della nave nelle acque territoriali quali definite dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare [(5)]. Gli Stati membri possono concludere accordi in virtù dei quali le verifiche possono essere effettuate anche nel corso della traversata o, all’atto dell’arrivo o della partenza della nave, nel territorio di un paese terzo, nel rispetto dei principi enunciati al punto 1.1.4».

15.      Il punto 3.2. di tale allegato, intitolato «Modalità specifiche di verifica per determinati tipi di navigazione marittima», comprendeva una rubrica intitolata «Navigazione da diporto», che così recitava:

«3.2.5.      In deroga agli articoli 4 e 7 le persone che si trovano a bordo di un’imbarcazione da diporto proveniente da o dirette verso un porto situato in uno Stato membro non sono sottoposte a verifiche di frontiera e possono entrare in qualsiasi porto che non sia un valico di frontiera.

Tuttavia, in base alla valutazione dei rischi in materia di immigrazione illegale e, in particolare, se le coste di un paese terzo sono situate in prossimità immediata del territorio dello Stato membro interessato, sono effettuate verifiche su tali persone e/o un’ispezione dell’imbarcazione.


3.2.6.            In deroga all’articolo 4 un’imbarcazione da diporto proveniente da un paese terzo può entrare eccezionalmente in un porto che non è un valico di frontiera. (...)

(...)

3.2.7.      All’atto delle verifiche, deve essere consegnato un documento contenente tutte le caratteristiche tecniche dell’imbarcazione nonché il nome delle persone che si trovano a bordo. Un esemplare di tale documento è consegnato alle autorità dei porti d’ingresso e di uscita. Un esemplare di tale documento è conservato con i documenti di bordo finché la nave resta nelle acque territoriali di uno Stato membro».

B.      La normativa finlandese

16.      L’articolo 1 della passilaki (legge sui passaporti) (671/2006), nella sua versione applicabile alla controversia principale, il quale è redatto, in sostanza, in termini identici a quelli dell’articolo 9 della perustuslaki (Costituzione finlandese) (791/1999), dispone quanto segue:

«I cittadini finlandesi hanno il diritto di lasciare il paese in conformità alle disposizioni previste in tale legge.

Ai cittadini finlandesi non può essere impedito l’ingresso nel territorio».

17.      L’articolo 2 della legge sui passaporti così recita:

«I cittadini finlandesi hanno il diritto di lasciare il territorio e di farvi ingresso muniti di passaporto, fatte salve le eccezioni enunciate nella presente legge, nel diritto dell’Unione o in un accordo internazionale che vincoli la Finlandia. I cittadini finlandesi possono recarsi senza passaporto in Islanda, in Norvegia, in Svezia e in Danimarca. Un regolamento del Consiglio dei ministri fissa gli altri paesi nei quali i cittadini finlandesi possono viaggiare per mezzo di una carta d’identità, e non di un passaporto, come documento di viaggio (...)».

18.      L’articolo 1 del valtioneuvoston asetus matkustusoikeuden osoittamisesta eräissä tapauksissa (regolamento adottato in Consiglio dei ministri relativo alla prova del diritto di viaggiare in determinati casi specifici) (660/2013), nella sua versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, enuncia quanto segue:

«I cittadini finlandesi possono viaggiare dalla Finlandia verso i seguenti paesi utilizzando come documento di viaggio, al posto di un passaporto, una carta d’identità (...): Paesi Bassi, Belgio, Bulgaria, Spagna, Irlanda, Regno Unito, Italia, Austria, Grecia, Croazia, Cipro, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Polonia, Francia, Romania, Germania, San Marino, Slovacchia, Slovenia, Svizzera, Repubblica ceca, Ungheria ed Estonia».

19.      L’articolo 7 della rikoslaki (codice penale) (39/1889), intitolato «Reato di violazione delle frontiere», figurante al capo 17 di tale codice, a sua volta intitolato «Violazioni dell’ordine pubblico», nella sua versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, prevede quanto segue:

«Chiunque

attraversi o tenti di attraversare la frontiera finlandese senza un documento di viaggio, un visto, un titolo di soggiorno o altro documento equivalente a un documento di viaggio valido, oppure in un posto diverso da un luogo di ingresso o di uscita autorizzato, o in violazione di qualsiasi divieto legale diverso dal divieto di ingresso,

(...)

si rende colpevole di un reato di violazione delle frontiere punibile con un’ammenda o con una pena detentiva di un massimo di un anno».

20.      L’articolo 7a dello stesso capo di tale codice, intitolato «Reato di violazione delle frontiere di lieve entità», enuncia quanto segue:

«L’autore della violazione è punito con un’ammenda per un reato di violazione delle frontiere di lieve entità se, tenuto conto della breve durata del soggiorno o dello spostamento irregolari, della natura dell’atto vietato o delle altre circostanze connesse al reato, la violazione delle frontiere, considerata nel suo complesso, sia reputata di lieve entità».

21.      L’articolo 1 del capo 2a di detto codice così recita:

«L’ammenda è inflitta sotto forma di giorni‑quota, per un minimo di 1 e un massimo di 120 unità».

22.      L’articolo 2 di tale capo dello stesso codice dispone quanto segue:

«L’importo della quota giornaliera deve essere fissato in maniera congrua, tenuto conto della capacità di pagamento dell’autore della violazione.

Si considera congrua una quota pari ad 1/60 del reddito mensile medio dell’autore della violazione, al netto delle imposte e dei contributi determinati con regolamento del Consiglio dei ministri nonché di un importo fisso per le spese correnti. Un obbligo alimentare gravante sull’autore della violazione può ridurre l’importo della quota giornaliera.

I redditi dell’autore della violazione indicati nell’ultima dichiarazione fiscale effettuata costituiscono la base principale del calcolo di detto reddito mensile. Qualora i redditi dell’autore della violazione non possano essere determinati in modo sufficientemente affidabile a partire dai dati fiscali o si siano evoluti in modo significativo dall’ultima dichiarazione fiscale effettuata, essi possono essere determinati sulla base di un altro documento accessibile.

La quota giornaliera viene determinata dal giudice sulla base dei dati disponibili al momento del procedimento giudiziario, e, nell’ambito di un procedimento penale sommario, sulla base dei dati disponibili al momento della richiesta di avvio di tale procedimento. Tuttavia, il pubblico ministero determina l’ammenda sulla base dei dati disponibili al momento della pronuncia dell’ordinanza penale sommaria qualora risulti che la capacità di pagamento della persona destinataria dell’ordinanza sia considerevolmente mutata rispetto ai dati disponibili al momento della richiesta di avvio del procedimento.

Un regolamento adottato in Consiglio dei ministri disciplina in maniera più specifica il calcolo del reddito mensile medio, le modalità di arrotondamento dell’importo della quota giornaliera, l’importo fisso corrispondente alle spese correnti, la considerazione dell’obbligo alimentare, nonché l’importo minimo della quota giornaliera».

23.      L’articolo 5 dell’asetus päiväsakon rahamäärästä (regolamento adottato in consiglio dei ministri relativo all’importo della quota giornaliera) (609/1999), nella sua versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, enuncia quanto segue:

«L’importo della quota giornaliera non può essere inferiore a EUR 6».

III. Fatti del procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

24.      I fatti rilevanti della controversia di cui al procedimento principale, come risultano dalla decisione di rinvio, possono essere illustrati come segue.

25.      Il 25 agosto 2015, A, cittadino finlandese, ha effettuato un viaggio di andata e ritorno fra la Finlandia e l’Estonia a bordo di una nave da diporto. Sia il luogo di partenza di tale viaggio sia il luogo di ritorno erano situati in Finlandia. Nel corso di tale viaggio, A ha attraversato le acque internazionali fra la Finlandia e l’Estonia.

26.      A era titolare di un passaporto finlandese in corso di validità ma non era munito, nel corso di tale viaggio, né di tale passaporto né di un altro documento di viaggio, e non è pertanto stato in grado di esibire il proprio passaporto in occasione di un controllo alle frontiere effettuato ad Helsinki (Finlandia), nel corso del viaggio di ritorno. Malgrado la mancata esibizione di un documento di viaggio, l’identità di A ha potuto essere accertata sulla base della patente di guida di cui lo stesso era munito. Inoltre, è pacifico che è stato possibile verificare, per via informatica, che A era titolare di un passaporto in corso di validità.

27.      Lo syyttäjä (Pubblico ministero) ha avviato un procedimento penale a carico di A dinanzi all’Helsingin käräjäoikeus (tribunale di primo grado di Helsinki, Finlandia) per violazione delle frontiere di lieve entità. A ha contestato tale imputazione.

28.      Con decisione del 5 dicembre 2016, l’Helsingin käräjäoikeus (tribunale di primo grado di Helsinki) ha constatato che A si era reso colpevole di un reato di violazione delle frontiere di lieve entità. L’attraversamento della frontiera nazionale senza essere munito di un documento di viaggio costituirebbe, infatti, un atto punibile. Il fatto che A sia titolare di un passaporto in corso di validità sarebbe irrilevante. Tuttavia, tale tribunale non ha applicato una sanzione, ritenendo che si trattasse di un reato minore e che, in caso di condanna al pagamento di un’ammenda, l’importo di quest’ultima, calcolato in funzione del reddito mensile medio di A in conformità al regime penale dei giorni-quota, sarebbe stato eccessivo.

29.      Il Pubblico ministero ha interposto appello dinanzi all’Helsingin hovioikeus (corte d’appello di Helsinki, Finlandia). A ha proposto un appello incidentale.

30.      Con sentenza del 15 giugno 2018, l’Helsingin hovioikeus (Corte d’appello di Helsinki), pur constatando che era stato debitamente accertato che A non era munito di un documento di viaggio al momento del controllo, ha respinto l’appello del Pubblico ministero. Tale giudice ha ritenuto che i fatti commessi da A non costituissero un reato di violazione di frontiere di lieve entità.

31.      Il Pubblico ministero ha impugnato tale sentenza dinanzi al Korkein oikeus (Corte suprema). Tale giudice ritiene che la causa debba essere esaminata nell’ottica del diritto dell’Unione.

32.      Il giudice del rinvio osserva che la Corte ha dichiarato, al punto 45 della sentenza Wijsenbeek (6), che il diritto dell’Unione, al suo stato al momento dei fatti di cui alla causa principale, non osta a che uno Stato membro imponga a una persona, avente la cittadinanza di uno Stato membro o di uno Stato terzo, l’obbligo penalmente sanzionato di comprovare la propria cittadinanza al momento del suo ingresso nel territorio di tale Stato membro attraverso una frontiera interna dell’Unione, purché le sanzioni siano analoghe a quelle applicabili a violazioni nazionali similari e non siano sproporzionate.

33.      Tale giudice osserva parimenti che la Corte, nella sentenza Oulane (7), ha verificato se l’obbligo di esibire, in determinate situazioni, una carta d’identità o un passaporto in corso di validità fosse conforme al diritto dell’Unione all’epoca in vigore. A suo avviso, esiste tuttavia un’incertezza in merito alla conformità di una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, al diritto dell’Unione entrato in vigore posteriormente a queste due sentenze.

34.      È vero che dal regolamento n. 562/2006 risulterebbe che ogni Stato membro può prevedere un obbligo «di possedere o di portare con sé documenti d’identità» (8). Tuttavia, ammesso che ciò implichi che gli Stati membri possano imporre a qualsiasi persona l’obbligo di essere muniti di un documento di viaggio al momento dell’attraversamento della frontiera nazionale, resterebbe incerto se, e in caso affermativo a quali condizioni, l’inosservanza di un siffatto obbligo possa essere punita. Il giudice del rinvio osserva che l’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2004/38 enuncia la possibilità, per uno Stato membro, di imporre all’interessato l’obbligo di «dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale entro un termine ragionevole e non discriminatorio» e che questo è il motivo per cui il legislatore dell’Unione ha previsto, a tale articolo, la possibilità di infliggere sanzioni.

35.      Il giudice del rinvio non esclude che l’imposizione, a pena di sanzione, di tale obbligo ai cittadini dell’Unione possa violare il diritto alla libera circolazione nel territorio degli Stati membri, conferito dall’articolo 45, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE.

36.      Al fine di stabilire se tale diritto sia stato violato, occorrerebbe tenere conto, in particolare, degli articoli 4 e 5 della direttiva 2004/38 e dell’articolo 21 del regolamento n. 562/2006, poiché tale regolamento costituiva il codice frontiere Schengen in vigore al momento dei fatti all’origine del procedimento principale.

37.      Sarebbe parimenti necessario stabilire, alla luce degli articoli 2, 4, 7, 20 e 21 del regolamento n. 562/2006, nonché del punto 3.2.5 dell’allegato VI dello stesso, se il fatto che lo spostamento della persona interessata da uno Stato membro ad un altro, a bordo di un’imbarcazione da diporto, venga effettuato attraversando acque internazionali sia rilevante.

38.      Inoltre, ammesso che il diritto dell’Unione non osti all’obbligo, penalmente sanzionato, di essere munito di un altro documento di viaggio in corso di validità, il giudice del rinvio si chiede parimenti se un regime di giorni-quota, come quello previsto dal codice penale, sia conforme al principio di proporzionalità, nell’ottica dell’articolo 27, paragrafo 2, della direttiva 2004/38.

39.      Al riguardo, tale giudice precisa che un reato di violazione delle frontiere come quello descritto, nella specie, nell’imputazione, è solitamente punibile con 15 giorni-quota. In applicazione dei criteri previsti dal codice penale e collocandosi al momento in cui il reato è stato commesso, l’importo di una quota giornaliera sarebbe pari, nel caso di A, a EUR 6 350. Pertanto, l’importo totale dell’ammenda che avrebbe potuto essergli inflitta a tale data sarebbe pari a EUR 95 250.

40.      In tali circostanze, il Korkein oikeus (Corte suprema), con decisione del 21 gennaio 2020, pervenuta nella cancelleria della Corte il 24 gennaio 2020, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 4, paragrafo 1, della [direttiva 2004/38], l’articolo 21 del [regolamento n. 562/2006] o il diritto di un cittadino dell’Unione di circolare liberamente nel territorio dell’Unione, osti all’applicazione di una disposizione nazionale che impone a una persona (cittadino dell’Unione oppure no) di munirsi, a pena di sanzioni, di passaporto o altro documento di viaggio validi, quando viaggia da uno Stato membro ad un altro a bordo di un’imbarcazione da diporto per acque internazionali, senza attraversare il territorio di uno Stato terzo.

2)      Se il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 5, paragrafo 1, della [direttiva 2004/38], l’articolo 21 del [regolamento n. 562/2006] o il diritto di un cittadino dell’Unione di circolare liberamente nel territorio dell’Unione, osti all’applicazione di una disposizione nazionale che impone a una persona (cittadino dell’Unione oppure no) di munirsi, a pena di sanzioni, di passaporto o altro documento di viaggio validi, quando giunge in tale Stato membro da un altro Stato membro a bordo di un’imbarcazione da diporto per acque internazionali, senza aver attraversato il territorio di uno Stato terzo.

3)      Nel caso in cui non sussista alcuno degli impedimenti di diritto dell’Unione prospettati [nella prima e nella seconda questione], se l’ammenda per l’attraversamento delle frontiere finlandesi senza un documento di viaggio valido abitualmente comminata in Finlandia secondo un regime di giorni-quota sia conforme al principio di proporzionalità derivante dall’articolo 27, paragrafo 2, della [direttiva 2004/38]».

41.      Hanno depositato osservazioni scritte A, i governi finlandese e tedesco, nonché la Commissione europea. Le stesse parti hanno inoltre risposto per iscritto ai quesiti formulati dalla Corte, in quanto quest’ultima ha deciso di statuire senza tenere udienze.

IV.    Analisi

42.      Dalla decisione di rinvio emerge che A non è stato oggetto di un controllo al momento della sua partenza dalla Finlandia. Infatti, l’inosservanza dell’obbligo di essere munito di un documento di viaggio è stata constatata dalle autorità finlandesi solo al suo ritorno, in occasione di un controllo alle frontiere effettuato ad Helsinki. Il procedimento penale nella controversia principale riguarda tuttavia tanto l’uscita dalla Finlandia quanto il ritorno verso tale Stato membro, poiché l’obbligo di essere in possesso di un documento di viaggio viene imposto in occasione di ciascun attraversamento della frontiera.

43.      Il giudice del rinvio ha formulato tre questioni. Come risulta dalle sue indicazioni, con le prime due questioni si chiede, in sostanza, se il diritto alla libera circolazione delle persone osti a che uno Stato membro imponga ai cittadini dell’Unione, a pena di sanzioni, di essere muniti di un documento di viaggio quando si spostano fra tale Stato membro e un altro Stato membro per acque internazionali. Nell’ipotesi di risposta negativa a tali questioni, il giudice del rinvio formula una terza questione, con la quale si chiede se un regime di giorni-quota, come quello previsto dal codice penale finlandese, sia conforme al principio di proporzionalità.

44.      Alla luce della connessione fra la prima e la seconda questione, le esaminerò congiuntamente, formulando tuttavia risposte distinte. In primo luogo, esaminerò l’obbligo imposto ai cittadini dell’Unione di essere muniti, a pena di sanzione penale, di un documento di viaggio, da un lato, nell’ambito del diritto di uscita, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 (prima questione), e, dall’altro, nell’ambito del diritto di ingresso, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 (seconda questione). In secondo luogo, mi soffermerò sulle verifiche effettuate in occasione dei controlli alle frontiere concernenti i beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto dell’Unione, in conformità al regolamento n. 562/2006 (prima e seconda questione). In terzo luogo, analizzerò la proporzionalità dell’importo della sanzione penale inflitta in caso di inosservanza di un siffatto obbligo (terza questione).

45.      Prima di procedere a tale analisi, mi sembra utile formulare alcune osservazioni preliminari concernenti la correlazione fra gli articoli 4 e 5 della direttiva 2004/38 e il loro rapporto con il codice frontiere Schengen.

A.      Osservazioni preliminari

46.      Desidero ricordare anzitutto che, ai sensi dell’articolo 20 TFUE, ogni cittadino di uno Stato membro gode dello status di cittadino dell’Unione e può dunque avvalersi, eventualmente anche nei confronti del suo Stato membro d’origine, dei diritti inerenti a tale status, in particolare del diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, quale attribuitogli dall’articolo 21 TFUE (9).

47.      Dalla giurisprudenza della Corte risulta che il diritto alla libera circolazione comprende sia il diritto per i cittadini dell’Unione di entrare in uno Stato membro diverso da quello del quale possiedono la cittadinanza, sia il diritto di lasciare quest’ultimo (10). Come sottolineato dalla Corte, le libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE sarebbero vanificate se lo Stato membro d’origine, senza una valida giustificazione, potesse vietare ai suoi cittadini di lasciare il suo territorio per entrare nel territorio di un altro Stato membro (11). Ne consegue che, affinché tale diritto di uscita, garantito dall’articolo 4 della direttiva 2004/38, sia pienamente efficace, il cittadino dell’Unione che esercita il proprio diritto alla libera circolazione lasciando lo Stato membro del quale possiede la cittadinanza al fine di recarsi in un altro Stato membro deve poter esercitare il suo diritto di rientrare nel proprio Stato membro in conformità alle modalità e alle agevolazioni stabilite all’articolo 5 di tale direttiva.

48.      L’acquis di Schengen è particolarmente importante per l’esercizio del diritto alla libera circolazione e, pertanto, dei diritti di uscita e di ingresso previsti agli articoli 4 e 5 della direttiva 2004/38. Dai considerando, nonché dalle disposizioni pertinenti dell’acquis di Schengen (12) risulta che le misure relative all’attraversamento delle frontiere esterne e interne degli Stati membri si applicano fatti salvi i diritti dei beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto dell’Unione (13). Come la Corte ha già avuto occasione di sottolineare, le disposizioni applicabili allo spazio Schengen dichiarano espressamente che esse non pregiudicano la libera circolazione dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari che li accompagnano o li raggiungono, quale garantita, segnatamente, dalla direttiva 2004/38 (14), inclusi i cittadini degli Stati membri non facenti parte dello spazio Schengen (15).

49.      È in tale contesto che propongo di esaminare le tre questioni sollevate dal giudice del rinvio.

B.      Sulla prima e sulla seconda questione pregiudiziale

1.      Sullobbligo di essere munito, a pena di sanzione penale, di un documento di viaggio

a)      Nellambito del diritto di uscita, ai sensi dellarticolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/38

50.      Devo anzitutto ricordare che l’articolo 21 TFUE conferisce ad ogni cittadino dell’Unione il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri «fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi», ossia la direttiva 2004/38.

51.      L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 prevede espressamente, senza richiedere il previo esercizio del diritto di libera circolazione e di libero soggiorno, che «ogni cittadino dell’Unione munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità [ha] il diritto di lasciare il territorio di uno Stato membro per recarsi in un altro Stato membro» (16).

52.      Nella specie, A è un cittadino finlandese che, nell’ambito di un viaggio di andata e ritorno a bordo di un’imbarcazione da diporto, ha lasciato la Finlandia per recarsi in Estonia. La sua situazione rientra pertanto, come constatato dal giudice del rinvio, nell’ambito di applicazione di tale disposizione.

53.      Si pone pertanto la questione se l’obbligo imposto dalla normativa finlandese di essere munito, a pena di sanzione, di una carta d’identità o di un passaporto nel caso di un viaggio di andata e ritorno fra la Finlandia e l’Estonia sia conforme all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/38.

1)      Sull’espressione «munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità»

54.      Dal testo stesso dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, in particolare dall’impiego dell’espressione «munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità», si evince che il diritto di uscita è assoggettato alla condizione di «essere munito» di un documento di viaggio in corso di validità.

55.      Il governo finlandese sembra intendere il termine «munito» nel senso che il cittadino dell’Unione non deve essere in possesso di un documento di viaggio nel momento in cui lascia il territorio dello Stato membro interessato ma deve essere titolare di un siffatto documento.

56.      Non condivido tale interpretazione del governo finlandese, per le seguenti ragioni.

57.      In primo luogo, osservo che l’impiego del termine «munito», all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, implica il portare con sé un documento di viaggio. Infatti, la scelta del legislatore di utilizzare tale termine non può essere intesa nel senso che si riferisce unicamente al fatto di essere titolare di un siffatto documento. Rilevo, al riguardo, che le versioni linguistiche esaminate non sembrano suggerire il contrario (17).

58.      In secondo luogo, tale interpretazione è corroborata dall’analisi della finalità della direttiva 2004/38. Tale direttiva, come risulta dai suoi considerando da 1 a 4, mira ad agevolare l’esercizio del diritto primario e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, il quale è conferito direttamente ai cittadini dell’Unione dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e ha segnatamente l’obiettivo di rafforzare detto diritto (18). L’articolo 4 della direttiva 2004/38 mira in tal senso a garantire che una persona beneficiaria del diritto alla libera circolazione possa essere individuata come tale nell’ambito di un’eventuale verifica della sua identità (19). Tale obiettivo verrebbe compromesso se i cittadini dell’Unione potessero invocare un’esenzione dall’obbligo, sancito a tale articolo, di munirsi di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità in occasione dei loro spostamenti da uno Stato membro ad un altro.

59.      Infine, in terzo luogo, tale interpretazione è corroborata dalla genesi della direttiva 2004/38. Infatti, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della proposta iniziale della Commissione (20) (articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/38) «[i]l paragrafo 1, primo comma riprende pressappoco i termini dell’articolo 2, paragrafo 1 della direttiva 68/360/CEE [(21)] che prevede che il diritto di lasciare il territorio di uno Stato membro “è esercitato dietro semplice presentazione di una carta d’identità o di un passaporto validi”, adattandone la formulazione al nuovo regime di soppressione dei controlli alle frontiere interne dell’Unione. A tal fine l’espressione “dietro presentazione” è sostituita da “munito” (...)» (22). Risulta da tale disposizione della proposta di direttiva che tale sostituzione riflette la soppressione dei controlli alle frontiere interne dell’Unione nell’ambito dell’acquis di Schengen.

60.      In siffatte circostanze, ritengo che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 imponga ai cittadini dell’Unione, quando lasciano il territorio di uno Stato membro, l’obbligo di essere in possesso di documenti di viaggio (23). Di conseguenza, imponendo l’obbligo di essere munito di una carta d’identità o di un passaporto per viaggiare dalla Finlandia verso l’Estonia, la normativa finlandese è conforme all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/38.

61.      Ciò detto, occorre stabilire, adesso, se uno Stato membro possa infliggere una sanzione in caso di inosservanza di tale obbligo.

2)      Sulla possibilità di imporre una sanzione in caso di inosservanza dell’obbligo di essere munito di un documento di viaggio

62.      Per brevità, e tenuto conto del fatto che, nella specie, l’inosservanza dell’obbligo di essere munito di un documento di viaggio in corso di validità è stato constatato soltanto al momento del ritorno in Finlandia, in occasione delle verifiche effettuate dalle autorità finlandesi, la questione se uno Stato membro possa imporre una sanzione penale in una situazione come quella di cui al procedimento principale verrà affrontata nel contesto dell’esame dell’obbligo di essere munito di un documento di viaggio nell’ambito del diritto di ingresso.

b)      Nellambito del diritto di ingresso, ai sensi dellarticolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38

63.      Il governo finlandese sostiene, nelle sue osservazioni scritte, che il diritto dell’Unione osta all’applicazione della normativa nazionale in questione allorché i cittadini di uno Stato membro lascino tale Stato membro e vi facciano ritorno. Tuttavia, tale governo precisa, da un lato, che le giurisdizioni superiori non si sono ancora pronunciate sulla questione se fatti come quelli commessi da A siano costitutivi di un reato, ai sensi del codice penale. Dall’altro, esso sottolinea che dai lavori preparatori del codice penale risulta che una situazione come quella di cui al procedimento principale non rientra né nella qualificazione di «reato di violazione delle frontiere», ai sensi dell’articolo 7 del capo 17 di tale codice, né in quella di «reato minore», ai sensi dell’articolo 7a del capo 17 di detto codice (24).

64.      Desidero ricordare anzitutto che, quale corollario del diritto di uscita, garantito all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, l’articolo 5, paragrafo 1, primo comma, di tale direttiva garantisce il diritto di ingresso nel territorio degli Stati membri. Tale disposizione prevede che gli Stati membri ammettano nel loro territorio il cittadino dell’Unione munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità (25). Secondo giurisprudenza costante della Corte, il diritto dei cittadini di uno Stato membro di entrare nel territorio di un altro Stato membro, ai fini previsti dal Trattato, è direttamente conferito dal Trattato o, a seconda dei casi, dalle disposizioni adottate per la sua attuazione (26).

65.      Nella specie, A, cittadino finlandese, è stato oggetto di verifiche in occasione del suo ritorno in Finlandia. Di conseguenza, A non si recava, come previsto all’articolo 3 della direttiva 2004/38, in uno Stato membro diverso da quello di cui lo stesso ha la cittadinanza bensì nello Stato membro del quale è cittadino. In altre parole, risulta che, in linea di principio, i requisiti di applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 non sono soddisfatti nella fattispecie in oggetto.

66.      In tali circostanze si pone la seguente questione preliminare: se si debba ritenere che l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 non si applichi nelle situazioni in cui un cittadino dell’Unione faccia ritorno nello Stato membro del quale possiede la cittadinanza.

1)      Sulla portata dell’applicabilità dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38

67.      La Commissione sostiene che l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 si applica per analogia in una situazione come quella di cui al procedimento principale.

68.      La questione dell’applicabilità di tale direttiva in situazioni nelle quali un cittadino dell’Unione faccia ritorno nello Stato membro del quale possiede la cittadinanza è già stata esaminata dalla Corte in alcune cause concernenti il diritto di ingresso e di soggiorno derivati dei cittadini di paesi terzi, familiari di un cittadino dell’Unione. Un’analisi di tale giurisprudenza consente di individuare due linee giurisprudenziali.

69.      In primo luogo, per quanto riguarda il diritto di ingresso, la Corte ha anzitutto ritenuto, nella sentenza McCarthy e a. (27), che, nella misura in cui il cittadino dell’Unione interessato avesse esercitato il suo diritto alla libera circolazione stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui egli ha la cittadinanza, e il coniuge, cittadino di un paese terzo, soggiornasse con lui, entrambi rientrassero tra gli «aventi diritto» ai sensi della direttiva 2004/38, individuati dall’articolo 3, paragrafo 1, della stessa (28). La Corte ha constatato, poi, che l’articolo 5 della direttiva 2004/38 riguarda «gli Stati membri» e non opera alcuna distinzione in base allo Stato membro di ingresso, segnatamente in quanto prevede che il possesso di una carta di soggiorno in corso di validità, ai sensi dell’articolo 10 di tale direttiva, esonera i familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dall’obbligo di munirsi di un visto d’ingresso. Infine, la Corte ha sottolineato che non risulta in alcun modo dall’articolo 5 di detta direttiva che il diritto di ingresso dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro sia limitato agli Stati membri diversi da quello di origine del cittadino dell’Unione (29).

70.      In secondo luogo, per quanto riguarda il diritto di soggiorno, la Corte ha rilevato, segnatamente nelle sentenze O. e B. (30), Coman e a. (31) e Banger (32), che fanno seguito alle sentenze Singh (33) e Eind (34), in relazione all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, che da un’interpretazione letterale, sistematica e teleologica delle disposizioni della direttiva in parola risulta che quest’ultima disciplina unicamente le condizioni di ingresso e di soggiorno di un cittadino dell’Unione negli Stati membri diversi da quello di cui egli ha la cittadinanza e non consente di fondare un diritto di soggiorno derivato a favore dei cittadini di uno Stato terzo, familiari di un cittadino dell’Unione, nello Stato membro di cui tale cittadino possiede la cittadinanza (35). Tuttavia, per evitare che il cittadino dell’Unione sia dissuaso dal lasciare lo Stato membro di cui ha la cittadinanza al fine di avvalersi del suo diritto di soggiorno, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, in un altro Stato membro, la Corte ha ritenuto che, in alcuni casi, cittadini di Stati terzi, familiari di un cittadino dell’Unione, che non potevano beneficiare, sulla base delle disposizioni della direttiva 2004/38, di un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro di cui tale cittadino avesse la cittadinanza, potevano tuttavia vedersi riconosciuto tale diritto sulla base dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE (36). Secondo la Corte, le condizioni di concessione di un diritto di soggiorno derivato, sulla base dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, ad un cittadino di un paese terzo, familiare del cittadino dell’Unione in parola, con il quale quest’ultimo ha soggiornato, unicamente in qualità di cittadino dell’Unione, nello Stato membro ospitante, non dovrebbero, in linea di principio, essere più severe di quelle previste dalla direttiva 2004/38 per la concessione di un siffatto diritto di soggiorno al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, che si è avvalso del proprio diritto di libera circolazione stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui possiede la cittadinanza. Difatti, anche se la Corte ha ritenuto che un tale caso di ritorno non rientri nell’ambito della direttiva 2004/38, essa ha tuttavia dichiarato che tale direttiva deve essere applicata per analogia (37).

71.      L’analisi di queste due linee giurisprudenziali consente, a mio avviso, di trarre diverse conclusioni per quanto attiene alla portata dell’applicabilità dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 nella specie.

72.      La Corte ha ritenuto, nella sentenza McCarthy e a. (38), che il cittadino dell’Unione interessato, benché viaggiasse verso lo Stato membro del quale possedeva la cittadinanza (Regno Unito), rientrasse fra gli aventi diritto ai sensi della direttiva 2004/38, individuati all’articolo 3, paragrafo 1, della stessa, poiché egli «si era stabilito» in un altro Stato membro (Spagna). Pertanto, la Corte ha dichiarato che, al momento del suo ingresso nel Regno Unito, tale cittadino continuava ad esercitare i suoi diritti alla libera circolazione poiché soggiornava nello Stato membro ospitante (Spagna). Il coniuge, cittadino di un paese terzo, dal momento che soggiornava con detto cittadino dell’Unione in Spagna, rientrava parimenti fra gli aventi diritto ai sensi della direttiva 2004/38, individuati all’articolo 3, paragrafo 1, della stessa. In tali circostanze, alla luce del fatto che il testo dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 riguarda «gli Stati membri», senza operare alcuna distinzione in base allo Stato membro di ingresso, la Corte ha dichiarato che tale disposizione e, pertanto, le formalità connesse all’esercizio del diritto di ingresso previste nella stessa si applicavano al coniuge cittadino di un paese terzo del cittadino dell’Unione.

73.      Per contro, nelle sentenze O. e B. (39), Coman e a. (40) e Banger (41), nonché nella giurisprudenza sulla quale tali sentenze erano fondate (42), il cittadino dell’Unione interessato aveva lasciato in linea di principio definitivamente lo Stato membro ospitante e ritornava con alcuni familiari, cittadini di paesi terzi, nello Stato membro del quale aveva la cittadinanza. In tali circostanze, secondo la Corte, tale cittadino dell’Unione non rientrava più fra gli aventi diritto ai sensi della direttiva 2004/38, individuati all’articolo 3, paragrafo 1, della stessa e, pertanto, non ricadeva nel suo ambito di applicazione. Tuttavia, alla luce del fatto che egli aveva esercitato il proprio diritto di libera circolazione, i suoi familiari cittadini di paesi terzi che avevano soggiornato con lui nello Stato membro ospitante potevano vedersi riconoscere un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro di cui egli aveva la cittadinanza sulla base dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE. In tali casi, e per le ragioni già illustrate supra (43), la Corte ha dichiarato che la direttiva 2004/38 doveva essere applicata per analogia ai cittadini dell’Unione interessati (44).

74.      Nella specie, la situazione di A è quella di un cittadino dell’Unione che ritorna nello Stato membro del quale ha la cittadinanza dopo essersi recato in un altro Stato membro nel contesto di un viaggio di andata e ritorno a bordo di un’imbarcazione da diporto. Pertanto, contrariamente alle cause sfociate nelle sentenze della Corte nelle due linee giurisprudenziali analizzate supra (45), nella presente causa, da un lato, dalla decisione pregiudiziale non risulta che, al momento del suo ritorno in Finlandia, A fosse accompagnato dai suoi familiari cittadini di paesi terzi e, dall’altro, pur avendo esercitato il suo diritto di libera circolazione, egli non era stabilito in Estonia al momento del suo ritorno in Finlandia.

75.      Pertanto, la giurisprudenza risultante dalla sentenza McCarthy e a. (46) non è rilevante nell’ambito della presente causa (47). Si pone peraltro la questione della rilevanza della giurisprudenza risultante dalle sentenze O. e B. (48), Coman e a. (49) e Banger (50).

76.      Da questa seconda linea giurisprudenziale risulta che ciò che ha indotto la Corte, in tali sentenze, ad applicare per analogia la direttiva 2004/38 ai cittadini dell’Unione che, dopo aver esercitato il loro diritto di libera circolazione, ritornano nello Stato membro del quale hanno la cittadinanza è garantire loro il pieno esercizio del loro diritto fondamentale di libera circolazione evitando in tal modo che essi siano dissuasi dal lasciare lo Stato membro di cui hanno la cittadinanza al fine di esercitare il loro diritto di soggiorno, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, in un altro Stato membro. In altre parole, un cittadino dell’Unione che fa ritorno nel proprio Stato membro e che, di conseguenza, non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/38, non deve essere trattato in maniera meno favorevole rispetto ad un cittadino dell’Unione che rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva quando si reca e soggiorna in un altro Stato membro.

77.      Se la Corte ha interpretato l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE nel senso che un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, è titolare di un diritto di soggiorno derivato nel territorio dello Stato membro del quale tale cittadino dell’Unione ha la cittadinanza e che tale diritto di soggiorno derivato non può essere assoggettato a condizioni più rigorose di quelle previste dalla direttiva 2004/38, è proprio in quanto le modalità e le agevolazioni di ingresso e di soggiorno stabilite da tale direttiva per i cittadini dell’Unione comprendono, per i loro familiari, il diritto di questi ultimi di accompagnare o di raggiungere, a prescindere dalla loro nazionalità, il cittadino dell’Unione.

78.      È vero che la presente causa non verte sul diritto di soggiorno derivato dei familiari di un cittadino dell’Unione. Tuttavia, come ho già indicato, tale giurisprudenza mi sembra pertinente nella presente causa, per le seguenti ragioni.

79.      In primo luogo, la Corte ha affermato in più occasioni che lo status di cittadino dell’Unione è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri (51). Dalla sua giurisprudenza emerge che un cittadino di uno Stato membro che abbia, nella sua qualità di cittadino dell’Unione, esercitato la propria libertà di circolare e di soggiornare liberamente in uno Stato membro diverso da quello del quale ha la cittadinanza, può avvalersi dei diritti connessi a tale qualità, in particolare di quelli previsti all’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, anche, se del caso, nei confronti dello Stato membro del quale possiede la cittadinanza (52).

80.      In secondo luogo, se si applica tale giurisprudenza, come quella esaminata ai paragrafi 70 e 73 delle presenti conclusioni, al procedimento principale, ciò implica che, al ritorno di un cittadino dell’Unione nello Stato membro del quale possiede la cittadinanza, le condizioni sostanziali relative al diritto di ingresso risultante dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE non possono essere interpretate nel senso che esse sono più rigorose di quelle previste all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 (53). Infatti, come ho rilevato (54), affinché il diritto di uscita garantito dall’articolo 4 di tale direttiva sia pienamente efficace, il cittadino dell’Unione che esercita il suo diritto alla libera circolazione lasciando lo Stato membro del quale possiede la cittadinanza per recarsi in un altro Stato membro, anche se la direttiva 2004/38 non contempla l’ipotesi del rientro in tale Stato membro, deve poter esercitare il suo diritto di ingresso nello Stato membro del quale egli ha la cittadinanza, in conformità alle modalità e alle agevolazioni stabilite in tale direttiva e, segnatamente, all’articolo 5 della stessa.

81.      Di conseguenza, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, la direttiva 2004/38 deve essere applicata per analogia, incluso il suo articolo 5, paragrafo 1, per quanto riguarda le condizioni alle quali gli Stati membri ammettono nel loro territorio il cittadino dell’Unione «munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità».

82.      Inoltre, rilevo che dalle osservazioni scritte del governo finlandese emerge che l’articolo 155, paragrafi 1 e 2, dell’Ulkomaalaislaki (legge sugli stranieri) (301/2004) riguarda l’ingresso e il soggiorno nel territorio finlandese dei cittadini dell’Unione (55). Al riguardo, tale governo ha confermato, rispondendo ad un quesito scritto posto dalla Corte, che l’articolo 155, paragrafi 1 e 2, della legge sugli stranieri traspone, nel diritto finlandese, l’articolo 5, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2004/38 (56).

2)      Sulla possibilità di imporre una sanzione in caso di inosservanza dell’obbligo di essere munito di un documento di viaggio

83.      L’articolo 36 della direttiva 2004/38 dispone che «[g]li Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione».

84.      In primo luogo, si pone dunque la questione se tale articolo sia rilevante per rispondere alla prima e alla seconda questione sollevate dal giudice del rinvio. Propendo per una risposta affermativa, come chiarisco nelle considerazioni che seguono.

85.      Dalla proposta di direttiva (57) risulta che l’articolo 33 di tale proposta (articolo 36 della direttiva 2004/38) codifica la giurisprudenza anteriore della Corte secondo la quale il diritto dell’Unione non vieta agli Stati membri di infliggere sanzioni alle persone che rientrano nella sua sfera che non si siano procurati uno dei documenti d’identità (58)..

86.      Più specificamente, le sanzioni alle quali fa riferimento tale articolo sono quelle previste all’articolo 5, paragrafo 5 (59), all’articolo 8, paragrafo 2 (60), all’articolo 9, paragrafo 3 (61), e all’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 (62).

87.      Per contro, né l’articolo 4 né l’articolo 5 di tale direttiva prevedono disposizioni specifiche che consentano agli Stati membri di sanzionare l’inosservanza dell’obbligo di ogni cittadino dell’Unione di essere munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità (63). Infatti, il motivo per cui il legislatore dell’Unione ha previsto, all’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2004/38, la possibilità di infliggere sanzioni si spiega con il fatto che tale disposizione enuncia la possibilità, per uno Stato membro, di imporre all’interessato l’obbligo di «dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale entro un termine ragionevole e non discriminatorio».

88.      Tuttavia, il silenzio degli articoli 4 e 5 di tale direttiva per quanto riguarda la possibilità di sanzionare l’inosservanza dell’obbligo di ogni cittadino dell’Unione di essere munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità mi sembra mitigato dall’esistenza dell’articolo 36 di detta direttiva, poiché tale articolo codifica la giurisprudenza anteriore della Corte relativa alla possibilità degli Stati membri di sanzionare le persone che rientrano nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione che non si siano procurati uno dei documenti d’identità (64).

89.      Di conseguenza, in applicazione dell’articolo 36 della direttiva 2004/38, l’inosservanza dell’obbligo di essere munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità in occasione degli spostamenti da uno Stato membro ad un altro può dare luogo a sanzioni.

90.      In secondo luogo, si pone anche la questione della natura della sanzione che gli Stati membri possono infliggere in caso di inosservanza di una formalità amministrativa prevista dalla direttiva 2004/38 (65), fermo restando che l’articolo 36 di tale direttiva non stabilisce i tipi di sanzioni (amministrativa o penale) che possono essere applicate in caso di inadempimento di tale obbligo.

91.      È vero che la Corte ha già sottolineato, nel contesto del diritto di ingresso e di soggiorno, che l’esibizione di una carta d’identità o di un passaporto validi, ai fini della giustificazione dello status di cittadino di uno Stato membro, «costituisce una formalità amministrativa il cui unico scopo è la determinazione da parte delle autorità nazionali di un diritto che deriva direttamente dallo status del soggetto in questione» (66) e, pertanto, uno Stato membro non può prescrivere ad un cittadino dell’Unione, quale condizione di ingresso nel suo territorio, un altro obbligo oltre a quello di essere in possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità (67).

92.      Tuttavia, poiché l’articolo 36 della direttiva 2004/38 nulla dice sulla natura delle sanzioni che possono essere applicate in caso di inosservanza delle disposizioni nazionali adottate in applicazione di tale direttiva (68), l’imposizione di una sanzione penale in caso di inosservanza dell’obbligo di essere munito di un documento di viaggio non è, a mio avviso, incompatibile con la direttiva 2004/38, considerato che gli Stati membri possono «scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate», a condizione che essi esercitino la loro competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (69).

93.      In tale contesto, alla luce del fatto che la terza questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio verte sulla proporzionalità del regime penale di giorni-quota finlandese, ritornerò su tale aspetto nell’ambito del mio esame di tale questione.

94.      In via preliminare, mi soffermerò sulle verifiche effettuate in occasione dei controlli alle frontiere nell’ambito del regolamento n. 562/2006.

2.      Sulle verifiche effettuate in occasione dei controlli alle frontiere concernenti i beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto dellUnione nellambito del regolamento n. 562/2006

95.      La prima e la seconda questione sollevate dal giudice del rinvio fanno parimenti riferimento all’articolo 21 del regolamento n. 562/2006.

96.      A tal riguardo, dalla decisione di rinvio risulta che, in occasione del suo viaggio fra l’Estonia e la Finlandia, A ha navigato a bordo di un’imbarcazione da diporto in acque internazionali, attraversando pertanto la frontiera marittima finlandese.

97.      A tal riguardo, devo rilevare anzitutto che il fatto che A abbia attraversato la frontiera marittima finlandese risulta trascurabile poiché si tratta nella specie di un cittadino dell’Unione che ha esercitato il suo diritto alla libera circolazione fra due Stati membri e, indipendentemente dal fatto che egli abbia attraversato una frontiera interna o esterna, lo stesso deve essere munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità al momento dell’attraversamento delle frontiere, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, e dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38. Tuttavia, in subordine e a fini di completezza, esaminerò la questione se si debba ritenere che una persona, nella situazione di A, attraversi una frontiera esterna dello spazio Schengen in occasione di suoi spostamenti fra due Stati membri al fine di stabilire se il regolamento n. 562/2006 osti ad una verifica come quella di cui è stato oggetto A.

98.      A tal fine, esaminerò in via preliminare la portata della nozione di «frontiera marittima», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, del regolamento n. 562/2006.

a)      Sulla portata della nozione di «frontiera marittima», ai sensi dellarticolo 2, punto 2, del regolamento n. 562/2006

99.      Nella sua risposta ad un quesito scritto della Corte, A ha affermato di aver circolato su un’imbarcazione da diporto fra due Stati membri parti dell’accordo Schengen, senza attraversare una zona situata al di fuori dello spazio Schengen (70). Per quanto attiene alla nozione di «frontiera marittima», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, del regolamento n. 562/2006, i governi finlandese e tedesco hanno sostenuto che quest’ultima fa riferimento al limite esterno del mare territoriale, ai sensi dell’articolo 4 della convenzione di Montego Bay (71), mentre la Commissione ha indicato che si tratta di una nozione specifica applicabile al regolamento n. 562/2006, la quale non corrisponde necessariamente alla nozione di «frontiera marittima» come definita all’articolo 4 della convenzione di Montego Bay.

100. Condivido la posizione della Commissione. Infatti, la Corte ha dichiarato che la mera circostanza che una persona abbia attraversato un «valico di frontiera», ai sensi dell’articolo 2, punto 8, del regolamento n. 562/2006, dove sia stato effettuato il controllo alle frontiere esterne imposto da tale regolamento, non significa che questa persona abbia abbandonato lo spazio Schengen qualora ella soggiorni ancora su una parte del territorio di uno Stato che fa parte di questo spazio (72). Indubbiamente, l’articolo 2, punto 2, del regolamento n. 562/2006 definisce la nozione di «frontiere esterne» dello spazio Schengen come comprendente, da un lato, le frontiere terrestri e marittime degli Stati membri e, dall’altro, segnatamente, i loro aeroporti e porti marittimi, che non siano frontiere interne. Tuttavia, la Corte ha dichiarato che questa disposizione mira unicamente, come si evince dal suo dettato, a collegare determinati aeroporti e porti degli Stati che fanno parte dello spazio Schengen alle frontiere esterne di quest’ultimo unicamente allo scopo, conformemente a quanto disposto dall’articolo 77, paragrafo 2, lettera b), TFUE, di agevolare l’applicazione concreta dei controlli delle persone che attraversano le frontiere esterne dello spazio Schengen (73).

101. Nella specie, A ha indicato nelle sue osservazioni scritte di aver navigato, nel corso di una giornata, a bordo di un’imbarcazione da diporto fra Helsinki e Tallinn. Egli ha parimenti spiegato che, al suo ritorno, le guardie di frontiera finlandesi, d’accordo con il capitano, hanno scortato l’imbarcazione da diporto sulla quale A navigava fino al suo porto di partenza di Helsinki, e quindi verso il porto turistico di Katajanoka (Finlandia), situato nel centro di Helsinki, precisando che quest’ultimo porto non era un «valico di frontiera», ai sensi dell’articolo 2, punto 8, del regolamento n. 562/2006, ossia non era un «valico autorizzato dalle autorità competenti per il passaggio delle frontiere esterne».

102. A tal riguardo, mi sembra utile rilevare che dall’elenco dei valichi di frontiera di cui all’articolo 2, punto 8, del regolamento n. 562/2006, il quale è redatto sulla base delle informazioni comunicate dalla Repubblica di Finlandia alla Commissione, in conformità all’articolo 34, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento (74), risulta che, alla data rilevante per la controversia di cui al procedimento principale, il porto turistico di Katajanokka non figurava fra le «[s]tazioni di guardacoste e di guardie di frontiera che servono da valichi di frontiera per imbarcazioni da diporto» (75).

103. Ne conseguirebbe che, in linea di principio, alla data rilevante per la controversia di cui al procedimento principale, A non avrebbe attraversato una «frontiera esterna», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, del regolamento n. 562/2006, al momento del suo spostamento fra l’Estonia e la Finlandia, bensì una «frontiera interna», ai sensi dell’articolo 2, punto 1, di tale regolamento. Di conseguenza, la sua situazione e, pertanto, le verifiche alle quali A è stato sottoposto da parte delle autorità finlandesi rientrerebbero, in linea di principio, nell’ambito di applicazione dell’articolo 21 di detto regolamento, il quale verte sulla possibilità per uno Stato membro di prevedere nella legislazione nazionale l’obbligo di possedere o di portare con sé documenti d’identità. Ritengo che ciò tuttavia non si verifichi nel caso di specie, per le seguenti ragioni.

b)      Una persona nella situazione di A attraversa una frontiera esterna dello spazio Schengen in occasione dei suoi spostamenti fra due Stati membri

104. Anzitutto, rilevo che, poiché A ha navigato a bordo di un’imbarcazione da diporto, la sua situazione dovrebbe essere disciplinata non dall’articolo 21 del regolamento n. 562/2006, bensì dall’allegato VI dello stesso. Infatti, dall’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento risulta che le frontiere esterne possono essere attraversate soltanto ai valichi di frontiera, i quali devono essere notificati dagli Stati membri alla Commissione. L’articolo 4 di detto regolamento prevede tuttavia, al suo paragrafo 2, lettera c), una deroga a tale obbligo per le imbarcazioni da diporto. In tal senso, secondo le «modalità generali di verifica sul traffico marittimo» fissate al punto 3.1 dell’allegato VI di questo stesso regolamento, le verifiche sulle navi sono effettuate, in linea di principio, «nel porto di arrivo o di partenza, o nell’area all’uopo destinata nelle immediate adiacenze della nave».

105. Ne consegue che il fatto che le imbarcazioni da diporto siano esentate dall’obbligo di attraversare le frontiere esterne ai valichi di frontiera notificati a tal fine dagli Stati membri alla Commissione non significa che A non abbia attraversato una frontiera esterna dello spazio Schengen, e ciò anche se, come ho indicato al paragrafo 102 delle presenti conclusioni, il porto di Katajanokka non figurava, alla data rilevante per la controversia di cui al procedimento principale, fra i valichi di frontiera per questo tipo di imbarcazioni (76).

106. Inoltre, benché, in linea di principio, si possa ritenere che una persona abbia attraversato la frontiera esterna dello Spazio Schengen non appena venga apposto un timbro che concretizza un’autorizzazione all’ingresso o all’uscita da tale spazio sui suoi documenti di viaggio «al momento dell’ingresso» e «dell’uscita» (77), il fatto che i documenti di viaggio di una persona beneficiaria del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto dell’Unione non siano muniti di timbri al momento delle verifiche alle frontiere esterne non significa che tale persona non attraversi una frontiera esterna quando, come nella specie, attraversando una frontiera marittima, ella si sposta fra due Stati membri (78). Tuttavia, ricordo che il fatto che una persona abbia attraversato una frontiera esterna non significa che la stessa abbia abbandonato lo spazio Schengen qualora ella soggiorni ancora su una parte del territorio di uno Stato che fa parte di questo spazio (79). Di conseguenza, constato che A ha attraversato una frontiera esterna ai sensi del regolamento n. 562/2006 al momento del suo spostamento fra l’Estonia e la Finlandia, senza avere tuttavia lasciato lo spazio Schengen.

107. Per quanto riguarda le verifiche alle quali A è stato sottoposto in occasione del controllo effettuato dalle guardie di frontiera finlandesi, il punto 3.2.5., primo comma, dell’allegato VI del regolamento n. 562/2006 prevede, in deroga agli articoli 4 e 7 di tale regolamento (80), un’esenzione alle verifiche minime alle frontiere esterne in caso di navigazione a bordo di un’imbarcazione da diporto (81). Tuttavia, il punto 3.2.5., secondo comma, di tale allegato prevede, a sua volta, un’eccezione all’esenzione prevista al comma precedente, secondo la quale, «in base alla valutazione dei rischi in materia di immigrazione illegale (…), sono [cionondimeno] effettuate verifiche [alle frontiere sulle] persone e/o un’ispezione dell’imbarcazione».

108. Al riguardo, dalle osservazioni di A emerge che il suo viaggio ha avuto luogo nel corso di un periodo di accresciuto rischio di immigrazione illegale. Il governo finlandese fa valere che, stando alle informazioni fornite dal servizio di sorveglianza delle frontiere, il rischio di immigrazione illegale ha iniziato ad aumentare a partire dall’aprile del 2015 e che l’immigrazione era aumentata significativamente alla fine del luglio del 2015, raggiungendo il suo culmine nel periodo compreso fra l’autunno e la fine del 2015. Di conseguenza, le autorità finlandesi erano legittimate ad effettuare verifiche alla frontiera allorché, il 25 agosto 2015, A è rientrato ad Helsinki dopo aver attraversato la frontiera marittima finlandese. Alla luce del fatto che le guardie di frontiera finlandesi sembrano aver applicato l’eccezione prevista al punto 3.2.5., secondo comma, dell’allegato VI del regolamento 562/2006, la deroga agli articoli 4 e 7 di tale regolamento non si applica.

109. Pertanto, considerato che A è cittadino dell’Unione, in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 562/2006, le guardie di frontiera finlandesi potevano sottoporre A alla verifica minima di cui a tale disposizione, la quale «costituisce la regola per i beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto unionale» (82). Tale verifica minima mira a stabilire l’identità delle persone «dietro produzione o esibizione dei documenti di viaggio» e «consiste nel semplice e rapido accertamento della validità» di tali documenti.

110. A tal riguardo, mi sembra necessario sottolineare, da un lato, che l’articolo 7, paragrafo 2, quarto comma, del regolamento n. 562/2006 dispone che, nel caso dei beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto unionale, le conseguenze delle eventuali consultazioni effettuate «in modo non sistematico» delle banche dati nazionali ed europee non mettono in discussione il loro diritto d’ingresso nel territorio dello Stato membro interessato di cui essi godono a norma della direttiva 2004/38. Dall’altro, l’articolo 7, paragrafo 6, del regolamento n. 562/2006 prevede che le verifiche sui beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto unionale sono effettuate a norma della direttiva 2004/38 (83).

111. Di conseguenza, benché le guardie di frontiera siano state legittimate ad effettuare una verifica alla frontiera esterna finlandese al momento del ritorno di A in Finlandia dall’Estonia, non può essere leso il diritto di A alla libera circolazione, in particolare il diritto di ingresso, ai sensi dell’articolo 5, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2004/38. Ricordo, a tal riguardo, che la Corte ha dichiarato che le disposizioni applicabili allo spazio Schengen dichiarano espressamente che esse non pregiudicano la libera circolazione dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari che li accompagnano o li raggiungono, quale garantita, segnatamente, dalla direttiva 2004/38 (84).

3.      Conclusione intermedia sulla prima e sulla seconda questione pregiudiziale

112. Risulta dall’analisi che precede che il diritto alla libera circolazione delle persone non osta a che uno Stato membro obblighi i cittadini dell’Unione ad essere muniti di un documento di viaggio quando si spostano fra tale Stato membro e un altro Stato membro per acque internazionali a bordo di un’imbarcazione da diporto. Benché l’applicazione di una sanzione penale in caso di inosservanza dell’obbligo di essere munito di un documento di viaggio non sia incompatibile, in linea di principio, con la direttiva 2004/38, mi resta da analizzare la proporzionalità di una siffatta sanzione.

C.      Sulla terza questione pregiudiziale

113. La terza questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio è intesa ad esaminare la proporzionalità di un regime di giorni-quota, come quello previsto dal codice penale finlandese, alla luce dell’articolo 27, paragrafo 2, della direttiva 2004/38. Tale articolo verte sulle giustificazioni alle restrizioni alla libera circolazione per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Orbene, secondo la Corte, il fatto di non avere adempiuto le formalità di legge relative all’ingresso, al trasferimento e al soggiorno delle persone non può, di per sé, costituire una minaccia per l’ordine pubblico e per la pubblica sicurezza (85).

114. Di conseguenza, come ho fatto valere (86), non è nell’ottica dell’articolo 27, bensì in quella dell’articolo 36 della direttiva 2004/38 che occorre analizzare il regime penale di giorni‑quota di cui al procedimento principale.

115. Ritengo pertanto che, affinché la Corte possa fornire al giudice del rinvio una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli (87), la terza questione debba essere riformulata come volta a chiarire, in sostanza se l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e l’articolo 36 della direttiva 2004/38 debbano essere interpretati nel senso che i requisiti di effettività e di proporzionalità delle sanzioni previste a quest’ultima disposizione ostino ad un regime penale di giorni-quota, come quello di cui al procedimento principale, applicabile in caso di inosservanza dell’obbligo di essere munito di un documento di viaggio al momento dell’attraversamento della frontiera, nella misura in cui tale regime preveda, per un reato minore, un’ammenda pari al 20% del reddito mensile medio dell’autore della violazione.

116. Il dettato dell’articolo 36 di tale direttiva è estremamente chiaro: le sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate in applicazione di detta direttiva devono essere «effettive e proporzionate» (88).

117. A tal riguardo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che il principio di proporzionalità impone agli Stati membri di adottare misure idonee adeguate a garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti e non eccedenti quanto necessario per raggiungerli (89).

118. In primo luogo, nella specie, il regime di giorni-quota previsto dal codice penale finlandese non deve eccedere i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti da tale normativa, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (90).

119. Ricordo che la Corte ha già precisato, nell’ambito del diritto di soggiorno, da un lato, che l’unico scopo dell’esibizione di una carta d’identità o di un passaporto validi da parte dei beneficiari del diritto alla libera circolazione è la determinazione da parte delle autorità nazionali di tale diritto e, dall’altro, che se, pur non avendo esibito tali documenti, l’interessato è comunque in grado di provare con altri mezzi, senza alcun equivoco, la sua identità, lo Stato membro ospitante non può mettere in discussione il suo diritto di soggiorno per il solo fatto che egli non ha esibito uno dei suddetti documenti (91).

120. A mio avviso, tale giurisprudenza, la quale verte sul diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione, è applicabile per analogia al diritto di ingresso di detti cittadini, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38. Tale disposizione mira a garantire che una persona beneficiaria del diritto fondamentale e individuale di circolare liberamente nel territorio degli Stati membri possa essere identificata come tale al fine di agevolare l’esercizio di tale diritto. Pertanto, l’inosservanza dell’obbligo di essere munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità al momento dell’ingresso in uno Stato membro, sancito all’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva, non può essere considerata un reato grave qualora l’obiettivo di tale obbligo venga conseguito con altri mezzi (92). È vero che dalla decisione di rinvio risulta che, ai sensi dell’articolo 7 a del capo 17 del codice penale, l’infrazione per la quale è di norma punibile in Finlandia l’autore della violazione di un siffatto obbligo è giudicata minore. Tuttavia, nella specie, A incorre in una pena di quindici giorni-quota, fermo restando che l’importo dell’ammenda è pari al 20% del reddito mensile netto (93).

121. In secondo luogo, occorre osservare che un regime penale di giorni-quota che tiene conto della capacità di pagamento dell’autore della violazione (94) non risulta, in quanto tale, sproporzionato (95). Tuttavia, alla luce della natura e della gravità del reato, il quale è considerato un reato minore, l’imposizione una quota giornaliera il cui importo sia pari al 20% del reddito mensile medio dell’autore della violazione per l’inosservanza di una formalità amministrativa è, a mio avviso, contraria al principio di proporzionalità. Tale constatazione non può essere inficiata dal fatto, invocato dal governo finlandese, che il giudice può sempre decidere di assolvere l’imputato qualora, come nella specie, l’importo di un’ammenda risulti eccessivamente elevato.

122. Nella specie, dalla decisione di rinvio emerge che, nonostante il fatto che A abbia dimostrato la propria identità con altri mezzi, allo stesso avrebbe potuto essere inflitta un’ammenda pari a EUR 95 250 (96). Pertanto, non risulta che tale circostanza sia stata presa in considerazione in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda (97).

123. In terzo luogo, non si può contestare l’efficacia del regime di giorni-quota previsto dal codice penale finlandese. Ritengo tuttavia che l’applicazione di un’ammenda di un importo talmente elevato a causa del mancato rispetto, da parte di un cittadino dell’Unione, di una condizione formale di esercizio del diritto alla libera circolazione, ecceda quanto necessario alla realizzazione degli obiettivi perseguiti all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 e pregiudichi la sostanza stessa del diritto di libera circolazione direttamente conferito dal Trattato (98) nella misura in cui costituisce un ostacolo alla libera circolazione di tale cittadino.

124. Di conseguenza, ritengo che tale regime sia sproporzionato, tenuto conto del fatto che il reato commesso è un reato minore.

125. Alla luce di quanto suesposto, propongo di rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e l’articolo 36 della direttiva 2004/38 devono essere interpretati nel senso che i requisiti di effettività e di proporzionalità delle sanzioni, di cui a quest’ultima disposizione, ostano ad un regime di giorni-quota, come quello di cui al procedimento principale, applicabile in caso di inosservanza dell’obbligo di essere munito di un documento di viaggio al momento dell’attraversamento della frontiera, nella misura in cui tale regime preveda, per un reato minore, un’ammenda pari al 20% del reddito mensile medio dell’autore della violazione.

V.      Conclusione

126. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alle questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte dal Korkein oikeus (Corte suprema, Finlandia):

1)      L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE e il punto 3.2.5. dell’allegato VI del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen), come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, non ostano all’applicazione di una normativa di uno Stato membro che impone ai cittadini dell’Unione europea, a pena di sanzioni, di essere muniti di un documento di viaggio in corso di validità quando lasciano il territorio di uno Stato membro per recarsi in un altro Stato membro per acque internazionali a bordo di un’imbarcazione da diporto.

2)      L’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 e il punto 3.2.5. dell’allegato VI del regolamento n. 562/2006, come modificato dal regolamento n. 610/2013, non ostano ad una normativa di uno Stato membro che impone ai cittadini dell’Unione, a pena di sanzioni, di essere muniti di un documento di viaggio in corso di validità quando fanno ritorno in tale Stato membro per acque internazionali a bordo di un’imbarcazione da diporto.

3)      L’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e l’articolo 36 della direttiva 2004/38 devono essere interpretati nel senso che i requisiti di effettività e di proporzionalità delle sanzioni, di cui a quest’ultima disposizione, ostano ad un regime di giorni-quota, come quello di cui al procedimento principale, applicabile in caso di inosservanza dell’obbligo di essere munito di un documento di viaggio in corso di validità al momento dell’attraversamento della frontiera, nella misura in cui tale regime preveda, per un reato minore, un’ammenda pari al 20% del reddito mensile medio dell’autore della violazione.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, e rettifica in GU 2005, L 197, pag. 34).


3      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2006 che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2006, L 105, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (GU 2013, L 182, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento n. 562/2006»). Il regolamento n. 562/2006, applicabile alla data dei fatti di cui al procedimento principale, è stato abrogato e sostituito dal regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2016, L 77, pag. 1).


4      Gli articoli 1, 2, 22 e 23 del regolamento 2016/399 sono redatti, in sostanza, in termini identici, rispettivamente, a quelli degli articoli 1, 2, 20 e 21 del regolamento n. 562/2006. Lo stesso vale per i punti 3.2.4. e 3.2.6. dell’allegato VI del regolamento 2016/399 e i punti 3.2.5. e 3.2.7. dell’allegato VI del regolamento n. 562/2006.


5      Convenzione firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 (in prosieguo: la «convenzione di Montego Bay») ed entrata in vigore il 16 novembre 1994 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1833, 1834 e 1835, pag. 3). La convenzione di Montego Bay è stata approvata a nome della Comunità europea con la decisione 98/392/CE del Consiglio del 23 marzo 1998 (GU 1998, L 179, pag. 1).


6      Sentenza del 21 settembre 1999 (C‑378/97, EU:C:1999:439).


7      Sentenza del 17 febbraio 2005 (C‑215/03, EU:C:2005:95).


8      V. articolo 21, lettera c), del regolamento n. 562/2006 [articolo 23, lettera c), del regolamento 2016/399].


9      V., in tal senso, sentenze del 10 luglio 2008, Jipa (C‑33/07, EU:C:2008:396, punto 17), del 17 novembre 2011, Gaydarov (C‑430/10, EU:C:2011:749, punto 24), nonché del 17 novembre 2011, Aladzhov (C‑434/10, EU:C:2011:750, punto 24).


10      V., in tal senso, sentenze del 10 luglio 2008, Jipa (C‑33/07, EU:C:2008:396, punto 18), del 17 novembre 2011, Gaydarov (C‑430/10, EU:C:2011:749, punto 25), nonché del 17 novembre 2011, Aladzhov (C‑434/10, EU:C:2011:750, punto 25).


11      V., segnatamente, sentenze del 10 luglio 2008, Jipa (C‑33/07, EU:C:2008:396, punto 18), e del 4 ottobre 2012, Byankov (C‑249/11, EU:C:2012:608, punto 31).


12      Il considerando 5 del regolamento n. 562/2006 enuncia che «[l]a definizione di un regime comune in materia di attraversamento delle frontiere da parte delle persone non mette in discussione né pregiudica i diritti in materia di libera circolazione di cui godono i cittadini dell’Unione e i loro familiari». Così, da un lato, l’articolo 3 di tale regolamento, intitolato «Campo di applicazione», dispone che quest’ultimo si applica «a chiunque attraversi le frontiere interne o esterne di uno Stato membro, senza pregiudizio [segnatamente] dei diritti dei beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto unionale» e, dall’altro, l’articolo 7 di questo stesso regolamento, intitolato «Verifiche di frontiera sulle persone», prevede, al suo paragrafo 6, che «[l]e verifiche sui beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto unionale sono effettuate a norma della direttiva [2004/38]». Il corsivo è mio.


13      L’articolo 2, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 562/2006 definisce i beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto unionale come «i cittadini dell’Unione ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, [TFUE], nonché i cittadini di paesi terzi familiari di un cittadino dell’Unione che esercita il suo diritto alla libera circolazione sul territorio dell’Unione europea, ai quali si applica la direttiva [2004/38]».


14      Sentenza del 18 giugno 2020, Ryanair Designated Activity Company (C‑754/18, EU:C:2020:478, punto 40).


15      La Corte ha constatato, nella sentenza del 18 giugno 2020, Ryanair Designated Activity Company (C‑754/18, EU:C:2020:478, punto 41), che, «in via generale, [la direttiva 2004/38] si applica indistintamente all’insieme degli Stati membri, appartengano o meno allo spazio Schengen». La causa sfociata in tale sentenza verteva sul diritto di ingresso in uno Stato membro con una carta di soggiorno permanente di familiare di un cittadino dell’Unione rilasciata dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.


16      Sentenza del 4 ottobre 2012, Byankov (C‑249/11, EU:C:2012:608, punto 32). V., parimenti, paragrafo 46 delle presenti conclusioni.


17      V., segnatamente, le versioni in lingua spagnola («estén en posesión»), tedesca («mit sich führen»), greca («φέρουν»), inglese («with»), italiana («munito»), lituana («turintys»), polacca («posiadający»), portoghese («munidos»), rumena («dețin») e slovena («z»).


18      Sentenza dell’11 aprile 2019, Tarola (C‑483/17, EU:C:2019:309, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata).


19      Tale individuazione può essere parimenti necessaria per l’attuazione delle restrizioni alla libera circolazione giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.


20      Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, COM(2001) 257 def, pag. 10.


21      Direttiva del Consiglio del 15 ottobre 1968 relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all’interno della Comunità (GU 1968, L 257, pag. 13).


22      Inoltre, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale proposta (articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38), «[i]l primo paragrafo riprende i termini dell’articolo 3, paragrafo 1 della direttiva [68/360] relativa al diritto d’ingresso nel territorio di uno Stato membro, che è esercitato dal cittadino dell’Unione e dai suoi familiari con [la] mer[a] [presentazione] di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità. Anche qui l’espressione “dietro presentazione” è sostituita da “muniti”».


23      Le stesse considerazioni valgono per l’interpretazione del termine «munito» ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, il quale è oggetto della seconda questione. A tal riguardo, v. paragrafo 58 e nota 22 delle presenti conclusioni.


24      V. paragrafi 19 e 20 delle presenti conclusioni.


25      Per quanto riguarda l’interpretazione del termine «munito», ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, rinvio ai paragrafi da 57 a 61 delle presenti conclusioni.


26      Sentenze dell’8 aprile 1976, Royer (48/75, EU:C:1976:57, punto 31), del 5 marzo 1991, Giagounidis (C‑376/89, EU:C:1991:99, punto 12), e del 17 febbraio 2005, Oulane (C‑215/03, EU:C:2005:95, punto 17).


27      Sentenza del 18 dicembre 2014 (C‑202/13, EU:C:2014:2450).


28      Sentenza del 18 dicembre 2014, McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:2450, punto 36). V., parimenti, sentenze del 25 luglio 2008, Metock e a. (C‑127/08, EU:C:2008:449, punto 73), nonché del 12 marzo 2014, O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 39).


29      Sentenza del 18 dicembre 2014, McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:2450, punto 41).


30      Sentenza del 12 marzo 2014 (C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 37).


31      Sentenza del 5 giugno 2018 (C‑673/16, EU:C:2018:385).


32      Sentenza del 12 luglio 2018 (C‑89/17, EU:C:2018:570).


33      Sentenza del 7 luglio 1992 (C‑370/90, EU:C:1992:296).


34      Sentenza dell’11 dicembre 2007 (C‑291/05, EU:C:2007:771).


35      Sentenze del 12 marzo 2014, O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 37), del 5 giugno 2018, Coman e a. (C‑673/16, EU:C:2018:385, punto 20), nonché del 12 luglio 2018, Banger (C‑89/17, EU:C:2018:570, punto 23). V., parimenti, sentenze del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a. (C‑133/15, EU:C:2017:354, punto 53), nonché del 14 novembre 2017, Lounes (C‑165/16, EU:C:2017:862, punto 33).


36      Sentenze del 12 marzo 2014, O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 54), del 5 giugno 2018, Coman e a. (C‑673/16, EU:C:2018:385, punti 23 e 24), nonché del 12 luglio 2018, Banger (C‑89/17, EU:C:2018:570, punti 27 e 28).


37      Sentenze del 12 marzo 2014, O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135, punti 50 e 61), del 5 giugno 2018, Coman e a. (C‑673/16, EU:C:2018:385, punto 25), nonché del 12 luglio 2018, Banger (C‑89/17, EU:C:2018:570, punto 29).


38      Sentenza del 18 dicembre 2014 (C‑202/13, EU:C:2014:2450).


39      Sentenza del 12 marzo 2014 (C‑456/12, EU:C:2014:135).


40      Sentenza del 5 giugno 2018 (C‑673/16, EU:C:2018:385).


41      Sentenza del 12 luglio 2018 (C‑89/17, EU:C:2018:570).


42      Sentenze del 7 luglio 1992, Singh (C‑370/90, EU:C:1992:296), e dell’11 dicembre 2007, Eind (C‑291/05, EU:C:2007:771).


43      V. paragrafo 70 delle presenti conclusioni.


44      Sentenze del 12 marzo 2014, O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135, punti 50 e 61), del 5 giugno 2018, Coman e a. (C‑673/16, EU:C:2018:385, punto 25), nonché del 12 luglio 2018, Banger (C‑89/17, EU:C:2018:570, punto 29).


45      V. paragrafi da 69 a 73 delle presenti conclusioni.


46      Sentenza del 18 dicembre 2014 (C‑202/13, EU:C:2014:2450).


47      Come avevo tuttavia già indicato nelle mie conclusioni nella causa McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:345, paragrafi 57 e da 60 a 88), nutro dei dubbi per quanto concerne l’applicabilità per analogia della direttiva 2004/38, tenuto conto del principio della gerarchia fra il diritto primario e il diritto derivato. Infatti, sono dell’avviso che sia il diritto derivato a dover essere interpretato alla luce dei Trattati, e non il contrario, segnatamente al fine di evitare una situazione in cui un atto dell’Unione determinerebbe una revisione dei Trattati al di fuori dei procedimenti all’uopo previsti. Pertanto, in tali conclusioni, avevo proposto alla Corte di ritenere, in particolare, che la direttiva 2004/38, interpretata alla luce dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, si applichi ai cittadini di Stati terzi, familiari di un cittadino dell’Unione, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della stessa, qualora, a seguito dell’esercizio preliminare del diritto di libera circolazione da parte del cittadino dell’Unione e dopo un soggiorno effettivo in un altro Stato membro, tale cittadino e i suoi familiari si spostino verso lo Stato membro del quale lo stesso possiede la cittadinanza. Fatta questa precisazione, mi associo alla posizione della Corte.


48      Sentenza del 12 marzo 2014 (C‑456/12, EU:C:2014:135).


49      Sentenza del 5 giugno 2018 (C‑673/16, EU:C:2018:385).


50      Sentenza del 12 luglio 2018 (C‑89/17, EU:C:2018:570).


51      V. sentenze del 20 settembre 2001, Grzelczyk (C‑184/99, EU:C:2001:458, punto 31); dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124, punto 41); ordinanza del 6 ottobre 2016, Bogendorff von Wolffersdorff (C‑438/14, EU:C:2016:758, punto 29), e sentenza del 5 giugno 2018, Coman e a. (C‑673/16, EU:C:2018:385, punto 30).


52      Sentenza del 14 novembre 2017, Lounes (C‑165/16, EU:C:2017:862, punto 51).


53      V., in tal senso, sentenze del 12 marzo 2014, O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135, punti 50 e 61), del 14 novembre 2017, Lounes (C‑165/16, EU:C:2017:862, punto 61), del 5 giugno 2018, Coman e a. (C‑673/16, EU:C:2018:385, punto 25), nonché del 12 luglio 2018, Banger (C‑89/17, EU:C:2018:570, punto 29). V., parimenti, sentenza del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a. (C‑133/15, EU:C:2017:354, punti 54 e 55).


54      V. paragrafo 47 delle presenti conclusioni.


55      Secondo tale governo, l’articolo 155 di tale legge dispone, al suo paragrafo 1, che «un cittadino dell’Unione che entra nel territorio o che vi soggiorna deve essere in possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità» e, al suo paragrafo 2, che «se un cittadino dell’Unione (...) non possiede il documento di viaggio richiesto o il visto eventualmente necessario, egli si vede accordare la possibilità, prima che gli venga negato l’ingresso, di procurarsi o di farsi trasmettere i documenti richiesti o di dimostrare, con altri mezzi, di beneficiare del diritto di circolare e soggiornare liberamente».


56      Il giudice del rinvio indica che la normativa finlandese di cui al procedimento principale ha consentito ad A di entrare nel territorio nazionale a partire dal momento in cui egli era in grado di provare, con un altro mezzo, nella specie con la patente di guida, la sua qualità di beneficiario del diritto di ingresso. A tal riguardo, il governo finlandese ha indicato, in risposta ad un quesito della Corte, che, in Finlandia, la patente di guida viene accettata, in talune situazioni, come documento comprovante l’identità del suo detentore. Tale governo indica che è concepibile che, in una situazione in cui un cittadino dell’Unione abbia dimenticato la sua carta d’identità o il suo passaporto in Finlandia nel lasciare tale Stato membro, questi possa, al suo ritorno, provare la propria identità segnatamente con la sua patente di guida ed essere autorizzato ad entrare in Finlandia. Egli precisa che la normativa finlandese non prevede tuttavia alcun obbligo in tal senso e che incombe alle autorità finlandesi valutare ciò che, in un determinato caso, costituisce un foglio o un documento che consente di determinare l’identità dell’interessato.


57      COM(2001) 257 def., pag. 26.


58      In relazione all’inosservanza delle formalità richieste per l’accertamento del diritto di soggiorno di un lavoratore tutelato dalla direttiva [68/360] e dalla direttiva 73/148/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1973, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati Membri all’interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi (GU 1973, L 172, pag. 14), direttive abrogate dalla direttiva 2004/38, v. sentenze del 7 luglio 1976, Watson e Belmann (118/75, EU:C:1976:106, punti da 20 a 21 e punto 2 del dispositivo); del 12 dicembre 1989, Messner (C‑265/88, EU:C:1989:632, punti 14 e 15 e la giurisprudenza ivi citata), nonché del 30 aprile 1998, Commissione/Germania (C‑24/97, EU:C:1998:184, punto 14).


59      In caso di inosservanza dell’obbligo di un cittadino dell’Unione o di un familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro di dichiarare la loro presenza nel territorio nazionale dello Stato membro ospitante.


60      In caso di inadempimento dell’obbligo di iscrizione presso le autorità competenti dello Stato membro ospitante.


61      In caso di inadempimento dell’obbligo di richiedere la carta di soggiorno per i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro.


62      In caso di inadempimento dell’obbligo di richiedere la carta di soggiorno permanente.


63      Per quanto riguarda il diritto di ingresso, v. articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 2004/38.


64      V. paragrafo 85 e nota 58 delle presenti conclusioni.


65      Secondo il considerando 7 della direttiva 2004/38, occorre definire chiaramente la natura delle sanzioni, senza pregiudizio delle disposizioni applicabili in materia di controlli nazionali alle frontiere. V., parimenti, articolo 21, lettera c), del regolamento n. 562/2006.


66      Sentenza del 17 febbraio 2005, Oulane (C‑215/03, EU:C:2005:95, punto 24). Il corsivo è mio.


67      V., in tal senso, sentenza del 3 luglio 1980, Pieck (157/79, EU:C:1980:179, punto 10).


68      La possibilità di prevedere unicamente sanzioni amministrative in tutte le disposizioni relative alle sanzioni è stata presa in considerazione in una determinata fase della procedura legislativa, ma non è stata accolta nel documento finale. V. emendamento 33 e considerando ad esso sottesi nella proposta modificata, COM(2003) 199 definitivo, pag. 6.


69      V., in tal senso, segnatamente, sentenze del 4 marzo 2020, Schenker (C‑655/18, EU:C:2020:157, punto 42), e del 19 ottobre 2016, EL-EM-2001 (C‑501/14, EU:C:2016:777, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).


70      Infatti, A ha spiegato che, «secondo le legislazioni estone e finlandese, in applicazione della regola generale relativa all’estensione delle loro zone marittime, le frontiere marittime di Schengen sono situate fra Tallinn (Estonia) ed Helsinki, ad eccezione del corridoio di libera navigazione marittima di 11,11 km (ossia 6 miglia x 1,852)». Per quanto riguarda la frontiera marittima finlandese, A fa riferimento all’articolo 5 della legge n. 981/1995.


71      L’articolo 4 di tale convenzione prevede che «[i]l limite esterno del mare territoriale è la linea ciascun punto della quale si trova a una distanza dal punto più prossimo della linea di base, uguale alla larghezza del mare territoriale».


72      Sentenza del 5 febbraio 2020, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Imbarco dei marittimi nel porto di Rotterdam) (C‑341/18, EU:C:2020:76, punto 45).


73      Per quanto riguarda la nozione di «uscita», ai sensi dell’articolo 11 del regolamento n. 562/2006, v. sentenza del 5 febbraio 2020, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Imbarco dei marittimi nel porto di Rotterdam) (C‑341/18, EU:C:2020:76, punti 47 e 48). V., parimenti, proposta di regolamento del Consiglio che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone [COM(2004) 391 def., del 26 maggio 2004, pag. 28], secondo la quale «di norma i porti sono sempre frontiere esterne» ai fini dell’applicazione del regolamento n. 562/2006. Il corsivo è mio.


74      Aggiornamento dell’elenco dei valichi di frontiera di cui all’articolo 2, [punto 8], del [regolamento n. 562/2006] (GU 2015, C 72, pag. 17).


75      Dall’aggiornamento dell’elenco dei valichi di frontiera di cui all’articolo 2, [punto 8], del [regolamento n. 562/2006] (GU 2016, C 484, pag. 30), inapplicabile nella specie, risulta tuttavia che il porto di Helsinki figura fra le «[s]tazioni di guardacoste e di guardie di frontiera che servono da valichi di frontiera per imbarcazioni da diporto».


76      V. paragrafo 100 e nota 73 delle presenti conclusioni.


77      V., a tal riguardo, sentenza del 5 febbraio 2020, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Imbarco dei marittimi nel porto di Rotterdam) (C‑341/18, EU:C:2020:76, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata).


78      Tale interpretazione è corroborata dall’allegato VII del regolamento n. 562/2006, intitolato «Norme specifiche per determinate categorie di persone», il cui punto 8 dispone che «[i]n deroga agli articoli 4 e 7 [del regolamento n. 562/2006], i lavoratori off-shore, quali definiti all’articolo 2, punto 18 bis, che ritornano regolarmente per via marittima o aerea nel territorio degli Stati membri senza aver soggiornato nel territorio di paesi terzi non sono sottoposti sistematicamente a verifica». Di conseguenza, si deve ritenere che i lavoratori che ritornano su un’installazione offshore situata nelle acque territoriali di uno Stato membro abbiano attraversato le frontiere esterne poiché, in caso contrario, non sarebbe stato necessario prevedere una deroga agli articoli 4 e 7 di tale regolamento.


79      V., a tal riguardo, sentenza del 5 febbraio 2020, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Imbarco dei marittimi nel porto di Rotterdam) (C‑341/18, EU:C:2020:76, punto 45). V., in proposito, parimenti, paragrafo 100 e nota 73 delle presenti conclusioni.


80      Mi sembra utile sottolineare che il fatto che il punto 3.2.5., primo comma, dell’allegato VI del regolamento n. 562/2006 preveda, in deroga agli articoli 4 e 7 di tale regolamento, un’esenzione alle verifiche minime alle frontiere esterne in caso di navigazione a bordo di un’imbarcazione da diporto, dimostra che si ritiene che una frontiera esterna sia stata attraversata in caso di navigazione da diporto poiché, in caso contrario, non sarebbe stato necessario prevedere una deroga agli articoli 4 e 7 di tale regolamento. V., a tal riguardo, paragrafo 107 delle presenti conclusioni.


81      V. articolo 7, paragrafi 2 e 6 del regolamento n. 562/2006.


82      Articolo 7, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 562/2006.


83      A tal riguardo, v. le mie osservazioni preliminari e, in particolare, il paragrafo 48 delle presenti conclusioni.


84      Sentenza del 18 giugno 2020, Ryanair Designated Activity Company (C‑754/18, EU:C:2020:478, punto 40). V., a tal riguardo, paragrafo 48 delle presenti conclusioni.


85      Sentenza del 17 febbraio 2005, Oulane (C‑215/03, EU:C:2005:95, punto 42).


86      V. paragrafi da 83 a 93 delle presenti conclusioni.


87      Sentenza del 13 settembre 2016, Rendón Marín (C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata).


88      A tal riguardo, devo ricordare che dalla proposta di direttiva risulta che tale articolo definisce chiaramente i principi che devono essere rispettati dalle sanzioni applicabili in caso di infrazione delle disposizioni nazionali adottate in forza di tale direttiva [COM(2001) 257 def., pag. 26]. Benché il testo dell’articolo 33 di tale proposta di direttiva (articolo 36 della direttiva 2004/38) disponesse che «[le sanzioni così previste] devono essere effettive, proporzionate e dissuasive e devono essere analoghe a quelle che gli Stati membri applicano ai propri cittadini per illeciti di lieve entità», la relazione della proposta modificata indica cionondimeno che la modifica relativa a tale articolo proposta dal Parlamento europeo ed accolta nel documento finale «mira a sottolineare che i soli criteri di riferimento per le sanzioni sono i principi d’efficacia e di proporzionalità». V. emendamento 90 e considerazioni ad esso sottese nella proposta modificata, COM(2003) 199 def., pag. 10. V., parimenti, relazione del Parlamento europeo, Final A5-0009/2003, pag. 51.


89      Sentenza del 4 ottobre 2018, Link Logistik N&N (C‑384/17, EU:C:2018:810, punto 40). Secondo il punto 41 di tale sentenza, «[t]ale principio, che è altresì sancito all’articolo 49, paragrafo 3, della [Carta], il quale prevede che le pene inflitte non devono essere sproporzionate rispetto al reato, vincola gli Stati membri quando essi attuano il diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta». Ciò premesso, ritengo che, nella misura in cui si tratta nella specie del diritto alla libera circolazione delle persone, l’esame della proporzionalità debba essere più rigoroso ed essere effettuato alla luce dell’articolo 36 della direttiva 2004/38, fermo restando che l’articolo 49, paragrafo 3, della Carta si applica a tutti i tipi di sanzioni in un contesto molto più ampio.


90      V., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2017, Euro-Team e Spirál-Gép (C‑497/15 e C‑498/15, EU:C:2017:229, punto 40 e la giurisprudenza ivi citata).


91      V., in tal senso, sentenza del 17 febbraio 2005, Oulane (C‑215/03, EU:C:2005:95, punti 24 e 25). V., parimenti, sentenza del 5 marzo 1991, Giagounidis (C‑376/89, EU:C:1991:99, punti 15 e 18). V., parimenti, articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 2004/38.


92      A tal riguardo, rinvio all’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 2004/38.


93      Il giudice del rinvio indica che, nel corso del 2014, l’importo medio di un’ammenda giornaliera era pari a EUR 16,70 per un reddito mensile netto di EUR 1 257.


94      V. articolo 2 del capo 17 del codice penale.


95      Sentenza del 12 settembre 2019, Maksimovic e a. (C‑64/18, C‑140/18, C‑146/18 e C‑148/18, EU:C:2019:723, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata).


96      Il giudice del rinvio spiega che, al momento della commissione del reato, tenuto conto del reddito di A, l’importo dell’ammenda giornaliera avrebbe dovuto essere pari a EUR 6 350 e l’importo totale dell’ammenda sarebbe stato pari a EUR 95 250.


97      V. sentenza del 12 luglio 2001, Louloudakis (C‑262/99, EU:C:2001:407, punti 75 e 76).


98      V., in tal senso, sentenza del 17 febbraio 2005, Oulane (C‑215/03, EU:C:2005:95, punto 40). V., parimenti, sentenza del 12 settembre 2019, Maksimovic e a. (C‑64/18, C‑140/18, C‑146/18 e C‑148/18, EU:C:2019:723, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).