Language of document : ECLI:EU:T:2007:46

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

13 febbraio 2007 (*)

«Marchio comunitario – Procedimento di opposizione – Domanda di registrazione del marchio denominativo comunitario RESPICUR – Marchio denominativo nazionale anteriore RESPICORT – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94 – Prova dell’uso del marchio anteriore – Art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94»

Nella causa T‑256/04,

Mundipharma AG, con sede in Basilea (Svizzera), rappresentata dall’avv. F. Nielsen,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato inizialmente dal sig. B. Müller, successivamente dal sig. G. Schneider, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI, interveniente dinanzi al Tribunale:

Altana Pharma AG, con sede in Constance (Germania), rappresentata dall’avv. H. Becker,

avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’UAMI 19 aprile 2004 (procedimento R 1004/2002‑2), relativa ad un procedimento di opposizione tra la Mundipharma AG e l’Altana Pharma AG,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dai sigg. J. Pirrung, presidente, A.W.H. Meij e dalla sig.ra I. Pelikánová, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Andová, amministratore

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 28 giugno 2004,

visto il controricorso dell’UAMI depositato nella cancelleria del Tribunale il 22 novembre 2004,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 novembre 2004,

in seguito alla trattazione orale del 24 gennaio 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della controversia

1        Il 7 ottobre 1998, l’interveniente ha chiesto all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) la registrazione come marchio comunitario del segno verbale RESPICUR (in prosieguo: il «marchio richiesto»), in forza del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

2        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 5 di cui all’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «prodotti terapeutici per le vie respiratorie».

3        Tale domanda è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 45/1999 del 7 giugno 1999.

4        Il 1° settembre 1999, la ricorrente, facendo valere l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, ha proposto opposizione contro tale domanda di registrazione. L’opposizione si fondava sul marchio denominativo tedesco n. 1155003 RESPICORT, depositato il 21 agosto 1989 e registrato il 1° marzo 1990 per i prodotti rientranti nella classe 5 di cui all’Accordo di Nizza, corrispondenti alla descrizione seguente: «prodotti farmaceutici e igienici; impiastri» (in prosieguo: il «marchio anteriore»).

5        Con decisione 30 ottobre 2002, la divisione di opposizione ha respinto l’opposizione. Essa ha considerato che la ricorrente non avesse addotto la prova del suo diritto di proprietà del marchio anteriore né quella del suo uso. Inoltre, essa ha concluso per l’inesistenza del rischio di confusione tra il marchio richiesto ed il marchio anteriore.

6        Il 12 dicembre 2002, la ricorrente ha proposto un ricorso avverso la decisione della divisione di opposizione.

7        Con decisione 19 aprile 2004 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda commissione di ricorso ha annullato la decisione della divisione di opposizione per violazione delle forme sostanziali ma, ciò nonostante, ha respinto integralmente l’opposizione.

8        Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato che la divisione di opposizione non avrebbe dovuto respingere l’opposizione per mancanza di prova del diritto di proprietà del marchio anteriore. Essa ha poi ritenuto che la ricorrente non fosse riuscita a provare l’uso del marchio anteriore, per quanto necessario, e che occorresse prendere in considerazione soltanto l’uso per gli «aerosol dosatori contenenti corticoidi, forniti unicamente dietro ricetta», che non era stato contestato dall’interveniente. Per quanto riguarda l’esistenza del rischio di confusione, la commissione di ricorso ha constatato l’identità dei prodotti in questione e la sussistenza di una certa somiglianza, controbilanciata tuttavia dalle spiccate differenze fra i due segni in conflitto. Essa ha considerato che i pubblici interessati rispettivamente dal marchio anteriore e dal marchio richiesto coincidevano unicamente sul piano del pubblico professionistico, che quindi costituiva il pubblico interessato nella fattispecie. Viste le differenze rilevate, la commissione di ricorso ha concluso per l’inesistenza di un rischio di confusione tra il marchio richiesto ed il marchio anteriore.

 Procedimento e conclusioni delle parti

9        Il 10 novembre 2005, il Tribunale ha chiesto alle parti di rispondere ad alcuni quesiti. Le parti hanno risposto ai quesiti del Tribunale nel termine impartito.

10      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese.

11      L’UAMI conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

12      L’interveniente aderisce alle conclusioni dell’UAMI.

 Sulla ricevibilità

13      Nelle loro memorie, sia la ricorrente che l’interveniente rinviano espressamente agli scritti da esse depositati nell’ambito del procedimento di opposizione dinanzi all’UAMI. L’interveniente si è anche richiamata ai motivi contenuti nelle decisioni della divisione di opposizione e della commissione di ricorso.

14      Occorre osservare a tal proposito che, in forza dell’art. 21 dello Statuto della Corte di giustizia e dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Secondo la giurisprudenza, tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, eventualmente senza corredo di altre informazioni. Il Tribunale ha dichiarato, peraltro, che, anche se il testo del ricorso può essere corroborato mediante il rinvio a determinati passi della documentazione allegata, un rinvio complessivo ad altri documenti, persino allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali nel ricorso e che non spetta al Tribunale sostituirsi alle parti nel tentativo di ricercare gli elementi pertinenti negli allegati (v. ordinanza del Tribunale 29 novembre 1993, causa T‑56/92, Koelman/Commissione, Racc. pag. II‑1267, punti 21 e 23, e sentenza del Tribunale 21 marzo 2002, causa T‑231/99, Joynson/Commissione, Racc. pag. II‑2085, punto 154, e giurisprudenza citata). Tale giurisprudenza può anche essere trasposta al controricorso della controparte in un procedimento di opposizione dinanzi alla commissione di ricorso interveniente dinanzi al Tribunale, in forza dell’art. 46 del regolamento di procedura, applicabile in materia di proprietà intellettuale in conformità dell’art. 135, n. 1, secondo comma, di tale regolamento [sentenza del Tribunale 13 luglio 2004, causa T‑115/02, AVEX/UAMI – Ahlers (a), Racc. pag. II‑2907, punto 11].

15      Il ricorso ed il controricorso dell’interveniente, nei limiti in cui rinviano agli scritti depositati rispettivamente dalla ricorrente e dall’interveniente dinanzi all’UAMI nonché alle decisioni prese dall’UAMI nell’ambito del procedimento di opposizione, sono irricevibili in quanto il rinvio complessivo che essi contengono non è ricollegabile ai motivi e agli argomenti esposti rispettivamente nel ricorso e nel controricorso dell’interveniente.

 Nel merito

16      La ricorrente deduce un unico motivo, relativo alla violazione, da parte della commissione di ricorso, dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 laddove essa ha concluso per l’inesistenza del rischio di confusione tra il marchio richiesto e il marchio anteriore. Essa si fonda in sostanza su cinque elementi, cioè la limitazione dei prodotti presi in considerazione per il marchio anteriore, la determinazione del pubblico rilevante, la somiglianza tra i segni, il carattere distintivo del marchio anteriore ed il fatto che l’esistenza del rischio di confusione tra i medesimi segni è stata constatata dal Deutsches Patent- und Markenamt (Ufficio tedesco dei brevetti e marchi).

 Sulla limitazione dei prodotti considerati come ricompresi dal marchio anteriore e sulla somiglianza dei prodotti

 Decisione impugnata

17      Al punto 31 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto, in risposta all’istanza dell’interveniente presentata in base all’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, che la ricorrente non avesse addotto la prova che il marchio anteriore fosse stato seriamente utilizzato in Germania. Essa ne ha concluso che, per la valutazione dell’esistenza di un rischio di confusione, potevano considerarsi indicati dal marchio anteriore soltanto i prodotti per i quali la prova della seria utilizzazione non era stata richiesta dall’interveniente, vale a dire gli «aerosol dosatori contenenti corticoidi, forniti unicamente dietro ricetta».

 Argomenti delle parti

18      La ricorrente non contesta la conclusione della commissione di ricorso secondo cui la seria utilizzazione del marchio anteriore non è stata provata. Ciò premesso, la commissione di ricorso avrebbe indebitamente ristretto la sua libertà d’azione economica ritenendo che il marchio anteriore potesse essere preso in considerazione solo in quanto si riferiva agli «aerosol dosatori contenenti corticoidi, forniti unicamente dietro ricetta». Infatti, un tale approccio limiterebbe la tutela del marchio anteriore ai prodotti effettivamente commercializzati. In casi simili, la giurisprudenza tedesca avrebbe riconosciuto che non si doveva limitare la tutela ai prodotti venduti soltanto dietro ricetta.

19      La ricorrente ritiene, a tal riguardo, che occorra considerare provata l’utilizzazione del marchio anteriore per i «prodotti terapeutici per le vie respiratorie». Infatti, in base alla sentenza del Tribunale 14 luglio 2005, causa T‑126/03, Reckitt Benckiser (Spagna)/UAMI – Aladin (ALADIN) (Racc. pag. II‑2861, punti 45 e 46), tale gruppo costituirebbe una sottocategoria distinta all’interno della categoria generale dei «prodotti farmaceutici».

20      L’UAMI aderisce alla posizione della ricorrente osservando che, in virtù della citata sentenza ALADIN, occorre definire sottocategorie in funzione delle indicazioni terapeutiche del prodotto interessato. In proposito, esso ritiene che i «prodotti terapeutici per le vie respiratorie» costituiscano una sottocategoria appropriata.

21      L’interveniente osserva che, nella misura in cui la ricorrente ha sempre la possibilità di commercializzare nuovi prodotti con il marchio anteriore in Germania, la sua libertà economica non è limitata. Per quanto riguarda l’applicazione, al caso di specie, della citata sentenza ALADIN, l’interveniente ritiene che la sottocategoria appropriata sia quella dei «glucocorticoidi».

 Giudizio del Tribunale

22      Ai sensi dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94:

«2. Su istanza del richiedente, il titolare di un marchio comunitario anteriore che abbia presentato opposizione deve addurre la prova che nel corso dei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di marchio comunitario, il marchio comunitario anteriore è stato seriamente utilizzato nella Comunità per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e sui quali si fonda l’opposizione, o che vi sono legittime ragioni per la non utilizzazione, purché a tale data il marchio anteriore fosse registrato da almeno cinque anni. In mancanza di tale prova, l’opposizione è respinta. Se il marchio comunitario anteriore è stato utilizzato solo per una parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, ai fini dell’esame dell’opposizione si intende registrato solo per tale parte dei prodotti o dei servizi.

3. Il paragrafo 2 si applica ai marchi nazionali anteriori di cui all’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), fermo restando che l’utilizzazione nella Comunità è sostituita dall’utilizzazione nello Stato membro in cui il marchio nazionale anteriore è tutelato».

23      Secondo la giurisprudenza, dalle disposizioni citate emerge che, qualora un marchio sia stato registrato per una categoria di prodotti o servizi sufficientemente ampia affinché, nel suo ambito, possano essere distinte varie sottocategorie inquadrabili autonomamente, la prova della seria utilizzazione del marchio per una parte di tali prodotti o servizi comporta la tutela, nell’ambito di un procedimento di opposizione, unicamente per la o le sottocategorie cui appartengono i prodotti o servizi per i quali il marchio è stato effettivamente utilizzato. Per contro, qualora un marchio sia stato registrato per prodotti o servizi definiti in modo talmente preciso e circoscritto che non sia possibile operare suddivisioni significative all’interno della relativa categoria, in tal caso, la prova della seria utilizzazione del marchio per tali prodotti o servizi ricomprende necessariamente, ai fini dell’opposizione, l’intera categoria (sentenza ALADIN, cit., punto 45).

24      Infatti, se è pur vero che la nozione di uso parziale è diretta a non rendere indisponibili marchi di cui non si sia fatto uso per una determinata categoria di prodotti, tale nozione non deve tuttavia produrre l’effetto di privare il titolare del marchio anteriore di qualsiasi protezione per prodotti che, senza essere rigorosamente identici a quelli per i quali ha potuto provare una seria utilizzazione, non differiscono sostanzialmente da questi ed appartengono ad uno stesso gruppo non altrimenti suddivisibile se non in modo arbitrario. A tal riguardo si deve rilevare che è praticamente impossibile per il titolare di un marchio fornire la prova dell’uso del marchio medesimo per tutte le varianti immaginabili dei prodotti oggetto di registrazione. Conseguentemente, la nozione di «parte dei prodotti o dei servizi» non può essere intesa nel senso di tutte le declinazioni commerciali di prodotti o servizi analoghi, bensì unicamente nel senso di prodotti o servizi sufficientemente differenziati per poter costituire categorie o sottocategorie coerenti (sentenza ALADIN, cit., punto 46).

25      Occorre osservare che, se, nella fattispecie, la ricorrente non ha dimostrato la seria utilizzazione del marchio anteriore, per prodotti di sorta, ciò non toglie che l’interveniente non ha chiesto la prova di tale utilizzazione per quanto riguarda gli «aerosol dosatori contenenti corticoidi, forniti dietro ricetta». Orbene, come ha osservato la commissione di ricorso al punto 25 della decisione impugnata, nella misura in cui, in forza dell’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94, la prova dell’utilizzazione del marchio anteriore sulla quale è fondata l’opposizione dev’essere addotta soltanto su istanza del richiedente, spetta a quest’ultimo determinare l’ampiezza della sua richiesta probatoria. Pertanto, dal momento che l’istanza di prova dell’interveniente non si riferiva agli «aerosol dosatori contenenti corticoidi, forniti unicamente dietro ricetta», non è necessario verificare se il marchio anteriore sia stato seriamente utilizzato in Germania per questi ultimi prodotti.

26      Occorre poi ricordare che il marchio anteriore è stato registrato per i «prodotti farmaceutici e igienici; impiastri». Tale categoria di prodotti è sufficientemente ampia perché si possano distinguere, al suo interno, varie sottocategorie che possono essere prese in considerazione autonomamente. Pertanto, il fatto che si debba ritenere che il marchio anteriore sia stato utilizzato per gli «aerosol dosatori contenenti corticoidi, forniti unicamente dietro ricetta», implica una tutela soltanto per la sottocategoria cui appartengono questi ultimi prodotti.

27      Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che occorresse prendere in considerazione il marchio anteriore unicamente nella misura in cui indicava prodotti rispetto ai quali la seria utilizzazione non è stata contestata. Così, essa ha definito una sottocategoria identica a tali prodotti, e cioè gli «aerosol dosatori contenenti corticoidi, forniti unicamente dietro ricetta».

28      Tale definizione è incompatibile con l’art. 43 n. 2, del regolamento n. 40/94, come interpretato alla luce della citata sentenza ALADIN, e applicabile ai marchi nazionali anteriori in forza dell’art. 43, n. 3, del medesimo regolamento.

29      A tal proposito occorre osservare che, dal momento che il consumatore cerca innanzi tutto un prodotto ovvero un servizio che possa rispondere ai suoi specifici bisogni, la finalità o la destinazione del prodotto o servizio controverso riveste un carattere essenziale nell’orientamento della sua scelta. Pertanto, in quanto applicato dal consumatore prima di qualsiasi acquisto, il criterio della finalità o della destinazione costituisce un criterio fondamentale nella definizione di una sottocategoria di prodotti o servizi.

30      La finalità e la destinazione di un prodotto terapeutico figurano nell’indicazione terapeutica. Orbene, la definizione accolta dalla commissione di ricorso non si fonda su tale criterio in quanto non indica che i prodotti in oggetto sono volti a trattare disturbi e non precisa la natura di tali disturbi.

31      Occorre aggiungere che i criteri scelti dalla commissione di ricorso, vale a dire la forma galenica, la sostanza attiva e l’obbligo di prescrizione medica, sono di regola inadeguati a definire una sottocategoria di prodotti ai sensi della citata sentenza ALADIN, nella misura in cui la loro applicazione non rispetta i summenzionati criteri della finalità e della destinazione dei prodotti. Infatti, una determinata affezione clinica può spesso essere trattata con vari medicinali aventi diverse forme galeniche e contenenti sostanze attive diverse, di cui alcune sono disponibili in vendita libera mentre altre sono soggette a prescrizione medica.

32      Di conseguenza, omettendo di tener conto della finalità e della destinazione dei prodotti in questione, la commissione di ricorso ha preso in considerazione una sottocategoria di prodotti arbitraria.

33      Per i motivi esposti ai precedenti punti 29 e 30, la sottocategoria di prodotti cui appartengono quelli per i quali la seria utilizzazione non è stata contestata dev’essere determinata in base al criterio dell’indicazione terapeutica.

34      La sottocategoria proposta dall’interveniente, e cioè quella dei «glucocorticoidi», non può essere accolta. Infatti, tale definizione si basa sul criterio della sostanza attiva. Orbene, come è stato esposto al precedente punto 31, un tale criterio non è di per sé generalmente adeguato a definire sottocategorie di prodotti terapeutici.

35      Per contro, la definizione proposta dalla ricorrente e dall’UAMI, e cioè i «prodotti terapeutici per le vie respiratorie», è appropriata in quanto, da un lato, si fonda sull’indicazione terapeutica dei prodotti controversi e, dall’altro, consente di definire una sottocategoria sufficientemente precisa ai sensi della citata sentenza ALADIN.

36      Alla luce di quanto precede, occorre concludere che il marchio anteriore deve reputarsi registrato, ai fini della presente causa, per i «prodotti terapeutici per le vie respiratorie».

37      Occorre inoltre osservare che tale constatazione non influisce sulla conclusione della commissione di ricorso, di cui al punto 38 della decisione impugnata e non contestata dalle parti, secondo la quale i prodotti considerati dai due marchi in conflitto sono identici.

38      Dal momento che, tuttavia, la decisione impugnata stabilisce che la tutela del marchio anteriore si applica soltanto agli «aerosol dosatori contenenti corticoidi, forniti unicamente dietro ricetta», essa è viziata da un errore di cui occorre esaminare l’incidenza in ordine alla valutazione della commissione di ricorso circa l’esistenza di un rischio di confusione.

 Sul pubblico interessato

 Argomenti delle parti

39      La ricorrente sostiene che i prodotti terapeutici per le vie respiratorie, a cui si riferiscono a suo parere i due marchi confliggenti, includono, da un lato, prodotti disponibili in libera vendita e, dall’altro lato, prodotti forniti dietro ricetta. Pertanto, il pubblico interessato sarebbe composto dai professionisti della medicina nonché dai consumatori finali, cioè i pazienti.

40      L’UAMI aderisce, in via di principio, alla posizione della ricorrente, precisando, da una parte, che occorre prendere in considerazione i consumatori tedeschi e, dall’altra, il fatto che i consumatori finali, che sono pazienti affetti da una grave malattia respiratoria, manifesteranno un grado di attenzione medio elevato.

41      L’interveniente sostiene che, essendo tutti i glucocorticoidi forniti dietro ricetta medica, il pubblico interessato dal marchio anteriore è composto dai professionisti della medicina. Di conseguenza, questo stesso pubblico professionistico sarebbe quello interessato nel caso di specie. Essa aggiunge che, ad ogni modo, i pazienti mostrano un grado particolarmente elevato di attenzione nella scelta dei prodotti terapeutici destinati ai disturbi gravi quali quelli in questione nella fattispecie.

 Giudizio del Tribunale

42      In via preliminare, occorre ricordare che, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione, occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi (v., per analogia, sentenza della Corte 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punti 25 e 26).

43      Occorre poi osservare, in primo luogo, così come l’UAMI, che, poiché il marchio anteriore è stato registrato in Germania, il pubblico interessato è composto da consumatori tedeschi.

44      In secondo luogo, nella fattispecie non si contesta il fatto che il pubblico interessato dai prodotti a cui si riferisce il marchio richiesto, cioè i prodotti terapeutici per le vie respiratorie, è costituito, da una parte, dai pazienti in quanto consumatori finali e, dall’altra, dai professionisti della medicina.

45      Per quanto riguarda i prodotti per quali il marchio anteriore si considera registrato, risulta dagli scritti delle parti nonché dalle loro risposte ai quesiti posti nel corso dell’udienza che fra i prodotti terapeutici per le vie respiratorie alcuni sono forniti unicamente dietro ricetta medica, mentre altri sono disponibili in vendita libera. Pertanto, dato che alcuni fra questi prodotti possono essere acquistati dai pazienti senza prescrizione medica, occorre ritenere che il pubblico a cui essi sono diretti includa, oltre ai professionisti della medicina, i consumatori finali.

46      In terzo luogo, occorre osservare, così come l’interveniente, che, essendo numerose malattie delle vie respiratorie affezioni gravi, i pazienti che ne sono colpiti saranno generalmente ben informati e particolarmente attenti e avveduti quando si tratterà di scegliere il medicinale per essi appropriato.

47      Si deve dunque pervenire alla conclusione che il pubblico interessato è composto, da un lato, dai professionisti della medicina tedeschi e, dall’altro lato, dai pazienti tedeschi affetti da malattie delle vie respiratorie, dato che questi ultimi manifestano generalmente un grado di attenzione superiore alla media.

 Sulla somiglianza dei segni

 Argomenti delle parti

48      La ricorrente sostiene che le parole «respicort» e «respicur» presentano un elevatissimo grado di somiglianza in ragione della loro simile lunghezza e del fatto che sette delle loro lettere sono identiche e collocate nello stesso ordine. Sul piano fonetico, la differenza tra le vocali «o» e «u» sarebbe molto tenue e l’aggiunta della consonante «t» alla fine di «respicort» sarebbe poco percepibile. Infatti, le due vocali avrebbero una sonorità soffocata e produrrebbero dunque un effetto simile. Per di più, in tedesco, la «t» finale di «respicort» in generale non si pronuncerebbe ovvero sarebbe pronunciata solo debolmente, dato che le lettere finali sono spesso «mangiate». Pertanto, la «t» finale non sarebbe percepita, tanto più che «respicort» non sarebbe una parola tedesca, ma un termine di fantasia, e che per questo potrebbe appunto accadere che sia pronunciato senza la «t» finale. Sul piano logico, la ricorrente ritiene che i consumatori interessati non avranno la tendenza a scomporre i marchi in conflitto in due parti, cioè, da un lato, «respi» e, dall’altro, «cur» o «cort». Essa aggiunge che, ad ogni modo, i consumatori finali interessati non saranno in grado di capire il significato di tali elementi.

49      L’UAMI sostiene che i marchi in questione presentano soltanto un debole grado di somiglianza. L’UAMI deduce a tal riguardo che l’elemento «respi» sarà compreso dal pubblico rilevante come un elemento descrittivo e per questo non sarà percepito come un’indicazione di origine commerciale. Esso pertanto non potrebbe contribuire a dimostrare una somiglianza tra i segni in questione. L’elemento «cort» sarebbe percepito dal pubblico professionistico e da una parte dei consumatori finali come un riferimento ai corticoidi. Allo stesso modo, l’elemento «cur» sarebbe interpretato dagli stessi gruppi del pubblico come un riferimento alle parole «cura» o «guarire».

50      L’UAMI prosegue osservando che le diverse vocali «o» e «u» e la presenza della lettera finale «t» nel marchio anteriore creano una differenza percettibile sul piano visivo. Sul piano fonetico, il marchio richiesto terminerebbe con un suono lungo e grave dovuto alla combinazione delle lettere «u» e «r». Per contro, l’elemento finale del marchio anteriore sarebbe caratterizzato dal suono duro della lettera «t», che sarebbe pronunciata dal pubblico tedesco. Sul piano logico, la differenza sussistente tra gli elementi finali dei due segni sarebbe di natura tale da annullare le eventuali somiglianze visive e fonetiche.

51      L’interveniente concorda in via di principio con l’UAMI. Essa aggiunge che, per quanto concerne l’elemento «respi», che fa riferimento alla parola «respiratorio», occorre tener conto dell’imperativo di disponibilità connesso a tale termine.

 Giudizio del Tribunale

52      Come risulta da una costante giurisprudenza, la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o logica dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta da questi ultimi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [v. sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T‑292/01, Phillips‑Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), Racc. pag. II‑4335, punto 47, e giurisprudenza citata].

53      A tal proposito, le differenze logiche che separano i marchi confliggenti possono essere di natura tale da neutralizzare in larga misura le somiglianze visive e fonetiche esistenti tra i detti marchi. Una siffatta neutralizzazione tuttavia richiede che almeno uno dei marchi di cui si tratta abbia, nella prospettiva del pubblico rilevante, un significato chiaro e determinato, di modo che tale pubblico possa immediatamente comprenderlo, e che l’altro marchio non abbia un tale significato o che abbia un significato del tutto diverso (sentenza BASS, cit., punto 54).

54      È alla luce di tali regole che occorre esaminare l’esistenza di una somiglianza tra il marchio richiesto RESPICUR e il marchio anteriore RESPICORT.

55      In primo luogo, occorre rilevare che per tutti i consumatori interessati i marchi controversi sono simili sul piano visivo in ragione del fatto che essi sono formati soltanto da un vocabolo, hanno una lunghezza simile e hanno in comune le prime sei lettere «respic», e l’ottava lettera, «r». Né la differenza tra le vocali «u» e «o», relativamente alla settima lettera, né l’aggiunta della nona lettera «t» alla fine del marchio anteriore sono tali da eliminare la detta somiglianza visiva.

56      In secondo luogo, relativamente al confronto fonetico, i marchi in conflitto si pronunceranno in tre sillabe, essendo la pronuncia delle due prime sillabe, «respi», identica in entrambi i casi. La pronuncia della terza sillaba, rispettivamente «cur» e «cort», rivela sia le somiglianze, espresse dalla presenza delle consonanti «c» e «r», sia le differenze, dovute alla distinzione tra le vocali «u» e «o», nonché alla lettera «t» del marchio anteriore. Ciò premesso, tali differenze non sono sufficienti a controbilanciare l’identità delle due prime sillabe e la somiglianza dovuta alla presenza delle consonanti «c» e «r» nella pronuncia della terza sillaba. Si deve dunque concludere nel senso di una somiglianza fonetica.

57      In terzo luogo, per quanto riguarda la somiglianza logica, occorre anzitutto osservare che, se il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 25), ciò non toglie che il consumatore stesso, percependo un segno verbale, lo scomporrà in elementi che gli suggeriscono un significato concreto o che somigliano a vocaboli a lui noti [sentenza del Tribunale 6 ottobre 2004, causa T‑356/02, Vitakraft-Werke Wührmann/UAMI – Krafft (VITAKRAFT), Racc. pag. II‑3445, punto 51]. Pertanto, l’argomento della ricorrente relativo al fatto che i consumatori non scomporranno i marchi in conflitto non può essere ammesso a priori, senza un esame delle particolari circostanze della causa.

58      Occorre poi rilevare che nella fattispecie la percezione logica dei marchi in conflitto sarà diversa per i due gruppi che compongono il pubblico interessato. Il pubblico professionistico, a causa delle proprie conoscenze e della propria esperienza, sarà generalmente in grado di capire il significato logico dei termini cui fanno riferimento i diversi elementi dei marchi in conflitto, vale a dire «respiratorio» per «respi», «cura» o «guarire» per «cur» e «corticoidi» per «cort». In tal modo, scomponendo i due marchi nei loro rispettivi elementi, essi interpreteranno il marchio richiesto come corrispondente ad una «cura per disturbi respiratori», ed il marchio anteriore come diretto a designare «corticoidi destinati alle vie respiratorie». Queste due interpretazioni attestano un certo scarto logico, essendo il significato del marchio anteriore più specifico di quello del marchio richiesto, ma tuttavia condividono l’idea generale connessa alla respirazione. Pertanto, se la differenza logica affievolisce la somiglianza visiva e fonetica sopra constatata, essa tuttavia non è sufficientemente rilevante per neutralizzarla nella mente del pubblico di professionisti.

59      Quanto ai consumatori finali, si è detto in precedenza che il loro grado di attenzione e di conoscenze è superiore alla media per via della gravità delle affezioni di cui essi soffrono. Pertanto, essi saranno in grado di distinguere, nei due marchi in questione, l’elemento «respi» e di comprenderne il contenuto concettuale che fa riferimento al carattere generale dei loro disturbi. Ciò premesso, le rispettive limitate conoscenze della terminologia medica non consentiranno loro di discernere i riferimenti concettuali degli elementi «cur» e «cort». Così per essi, sul piano logico, i marchi in conflitto saranno simili a causa dell’identità dell’elemento «respi», unico elemento che possiede un contenuto logico chiaro e determinato.

60      Le conclusioni tratte in precedenza sulla percezione dei marchi in conflitto non sono messe in discussione dall’argomento dell’UAMI, secondo cui l’elemento «respi» non potrebbe contribuire alla somiglianza dei segni in ragione del suo carattere descrittivo. Infatti, malgrado tale carattere, il detto elemento, che è posto all’inizio dei due marchi, occupa due delle loro tre sillabe ed è più lungo dei secondi rispettivi elementi, contribuirà in misura non trascurabile all’impressione globale prodotta dai segni controversi. Inoltre, per quanto riguarda il pubblico professionistico, si è detto in precedenza che quest’ultimo percepirebbe tutti gli elementi dei marchi in conflitto come descrittivi della destinazione ovvero del principio attivo dei prodotti in questione. Pertanto, quest’ultimo pubblico non tenderà ad accordare una particolare importanza ad un dato elemento, ma percepirà i due marchi secondo le loro rispettive impressioni logiche globali.

61      Infine, neppure l’argomento dell’interveniente dedotto al precedente punto 51 e relativo all’imperativo di disponibilità che sarebbe connesso all’elemento «respi» può modificare le conclusioni sulla percezione dei marchi configgenti cui si è giunti sopra. Infatti, la conclusione secondo la quale esiste una somiglianza tra i marchi in conflitto presi nel loro complesso non può considerarsi nel senso di sfociare in una monopolizzazione dell’elemento «respi».

62      Alla luce di quanto precede, occorre concludere nel senso che i marchi in conflitto sono mediamente simili per il pubblico professionistico e fortemente simili per i consumatori finali. Infatti, per questi ultimi, i marchi sono simili sul piano visivo, fonetico e concettuale. Il pubblico professionistico invece percepirà una determinata differenza logica tra i due marchi, che non è tuttavia sufficiente a neutralizzare interamente la somiglianza visiva e fonetica constatata.

 Sul carattere distintivo del marchio anteriore e sul rischio di confusione

 Argomenti delle parti

63      La ricorrente sostiene che il carattere distintivo del marchio anteriore è medio. A tal riguardo, essa osserva che «respicort» è un termine di fantasia e che, se l’elemento «respi» si riferisce alla parola «respiratorio», l’altro elemento, «cort», non si vedrà attribuire dai consumatori interessati una valenza descrittiva, tanto più che non è scisso dall’altro elemento e sarà dunque meno percettibile. Il carattere distintivo del marchio anteriore sarebbe rafforzato dalla circostanza per cui l’uso dei «segni evocativi» è corrente nel settore dei medicinali.

64      La ricorrente ritiene nel complesso che, nel caso di specie, i prodotti siano identici, il grado di somiglianza sia molto elevato ed il carattere distintivo del marchio anteriore medio. Essa conclude nel senso della sussistenza del rischio di confusione tra il marchio anteriore e il marchio richiesto.

65      L’UAMI sostiene che il marchio anteriore ha un carattere distintivo molto debole. Esso osserva che l’elemento «respi» sarà generalmente percepito quale riferimento alla parola «respiratorio» e che l’elemento «cort» sarà percepito almeno dal pubblico professionistico quale riferimento ai «corticoidi». Il marchio anteriore sarebbe pertanto composto esclusivamente da elementi descrittivi. L’UAMI osserva anche che la ricorrente non delinea la sua tesi circa l’uso corrente dei «segni evocativi» nel settore dei medicinali.

66      Esso conclude che, a seguito della debole somiglianza tra i segni e del debole carattere distintivo del marchio anteriore, l’esistenza di un rischio di confusione dev’essere escluso nel caso di specie.

67      L’interveniente aderisce alla posizione dell’UAMI. Essa aggiunge che il debole carattere distintivo del marchio anteriore è confermato dalla moltitudine dei marchi registrati contenenti gli elementi «respi» e «cort».

 Giudizio del Tribunale

68      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione il rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi controversi provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente legate tra loro.

69      Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione dev’essere valutato globalmente, in base alla percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi in questione, e prendendo in considerazione tutti i fattori rilevanti nel caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi contrassegnati [v. sentenze del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. 2821, punti 29‑33, e 22 giugno 2004, causa T-185/02, Ruiz-Picasso e a./UAMI – DaimlerChrysler (PICARO), Racc. pag. II-1739, punti 49 e 50, e giurisprudenza ivi citata].

70      Si è constatato in precedenza, da un lato, che i prodotti controversi sono identici e, dall’altro, che i marchi in conflitto sono mediamente simili per il pubblico professionistico e molto simili per i consumatori finali.

71      Relativamente al carattere distintivo del marchio anteriore, occorre osservare che quest’ultimo verrà inteso come descrittivo, anche se in misura diversa, dalle due parti del pubblico interessato. Infatti, come è stato affermato in precedenza nel corso dell’esame della somiglianza logica, il pubblico professionistico percepirà i due elementi come descrittivi della finalità e della sostanza attiva del prodotto in questione, mentre i consumatori finali non attribuiranno alcun senso logico determinato all’elemento «cort», pur essendo in grado di cogliere il riferimento operato dall’elemento «respi».

72      Pertanto, si può considerare che il marchio anteriore presenti un carattere distintivo affievolito per il pubblico interessato, in particolare per i professionisti della medicina. A tal riguardo, la tesi della ricorrente sull’uso frequente dei «segni evocativi» nel settore dei prodotti terapeutici non può essere accolta in quanto, da un lato, essa non è stata corroborata in nessun modo e, dall’altro, la ricorrente non ha spiegato la rilevanza di tale circostanza per quanto concerne il caso concreto del marchio anteriore.

73      Orbene, anche se, a causa, da una parte, dell’interdipendenza dei fattori rilevanti per la valutazione del rischio di confusione e, dall’altra, del fatto che il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore (sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 20), il tenue carattere distintivo del marchio anteriore consente di escludere l’esistenza del rischio di confusione per il pubblico professionistico, tale circostanza non è sufficiente per quanto riguarda i consumatori finali, per i quali i marchi in conflitto sono molto simili.

74      Pertanto, occorre concludere nel senso che nella mente del consumatore finale tedesco esiste un rischio di confusione tra il marchio richiesto ed il marchio anteriore. Di conseguenza, si deve accogliere l’unico motivo e per questo annullare la decisione impugnata, senza che si renda necessario esaminare la rilevanza per la presente causa della decisione del Deutsches Patent- und Markenamt fatta valere dalla ricorrente.

 Sulle spese

75      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L’UAMI, poiché è rimasto soccombente, dev’essere condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dalla ricorrente, entro i limiti delle conclusioni di ques’ultima. Non avendo infatti chiesto la condanna alle spese dell’interveniente, la ricorrente sopporterà le proprie spese relative all’intervento. Infine, l’interveniente sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) 19 aprile 2004 (procedimento R 1004/2002‑2) è annullata.

2)      L’UAMI sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla ricorrente salvo quelle relative all’intervento.

3)      La ricorrente sopporterà le proprie spese relative all’intervento.

4)      L’interveniente sopporterà le proprie spese.

Pirrung

Meij

Pelikánová

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 febbraio 2007.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

      J. Pirrung


* Lingua processuale: il tedesco.