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SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

5 maggio 2022 (*)

«Impugnazione – Dumping – Importazione di alcuni tipi di tubi e condotte senza saldature in acciaio inossidabile originari della Repubblica popolare cinese – Istituzione di un dazio antidumping definitivo»

Nella causa C‑718/20 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 28 dicembre 2020,

Zhejiang Jiuli Hi-Tech Metals Co. Ltd, con sede in Huzhou (Repubblica popolare cinese), rappresentata da K. Adamantopoulos e P. Billiet, avvocati,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da M. Gustafsson, P. Němečková e E. Schmidt, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da S. Rodin (relatore), presidente di sezione, L.S. Rossi e O. Spineanu-Matei, giudici,

avvocato generale: G. Pitruzzella

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la presente impugnazione, la società Zhejiang Jiuli Hi-Tech Metals Co. Ltd (in prosieguo: la «Zhejiang»), con sede in Cina, chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 ottobre 2020, Zhejiang Jiuli Hi-Tech Metals/Commissione (T‑307/18, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2020:487), con cui il Tribunale ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) 2018/330 della Commissione, del 5 marzo 2018, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di alcuni tipi di tubi e condotte senza saldature in acciaio inossidabile, originari della Repubblica popolare cinese in seguito a un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2018, L 63, pag. 15), nella parte in cui riguarda la ricorrente.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

2        Con la decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU 1994, L 336, pag. 1), il Consiglio dell’Unione europea ha approvato l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech il 15 aprile 1994, e gli accordi di cui agli allegati da 1 a 3 di detto accordo, tra i quali figura l’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GU 1994, L 336, pag. 103; in prosieguo: l’«accordo antidumping»).

3        L’articolo 18.3 dell’accordo antidumping è del seguente tenore:

«Fatto salvo il paragrafo 3, commi 1) e 2), le disposizioni del presente accordo si applicano alle inchieste, nonché alla revisione delle misure in vigore, avviate a seguito di domande presentate alla data di entrata in vigore dell’accordo OMC per un membro, o successivamente».

4        L’11 dicembre 2001, mediante il protocollo di adesione della Repubblica popolare cinese all’OMC (in prosieguo: il «protocollo di adesione della Cina all’OMC»), quest’ultima è divenuta parte dell’OMC.

5        Ai sensi dell’articolo 15, lettere a) e d), di detto protocollo:

«L’articolo VI [dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994 (GU 1994, L 336, pag. 11; in prosieguo: il «GATT del 1994»)], l’[accordo antidumping] e l’[accordo sulle sovvenzioni e le misure compensative (GU 1994, L 336, pag. 156)] si applicano nei procedimenti concernenti importazioni di origine cinese nel territorio di un membro dell’OMC, conformemente a quanto segue:

a)      Nel determinare la comparabilità dei prezzi ai sensi dell’articolo VI del GATT 1994 e dell’accordo antidumping, il paese importatore membro dell’OMC utilizza i prezzi o i costi cinesi del settore sotto inchiesta o una metodologia non basata su uno stretto confronto con i prezzi o i costi del mercato interno in Cina basata sulle seguenti norme:

i)      qualora i produttori sotto inchiesta possano dimostrare chiaramente la prevalenza di condizioni di economia di mercato nell’industria produttrice del prodotto simile per quanto riguarda la fabbricazione, la produzione e la vendita di tale prodotto, il paese importatore membro dell’OMC utilizza i prezzi o i costi cinesi dell’industria oggetto di inchiesta per determinare la comparabilità dei prezzi;

ii)      può utilizzare una metodologia non basata su uno stretto confronto con i prezzi o i costi sul mercato interno in Cina se i produttori oggetto dell’inchiesta non possono dimostrare chiaramente la prevalenza di condizioni di economia di mercato nell’industria produttrice del prodotto simile per quanto riguarda la fabbricazione, la produzione e la vendita di tale prodotto.

(...)

d)      Una volta che la [Repubblica popolare cinese] ha stabilito, ai sensi del diritto nazionale del paese importatore membro dell’OMC, di essere un’economia di mercato: gli effetti delle disposizioni della lettera a) cessano, a condizione che il diritto nazionale del paese membro importatore preveda criteri per l’economia di mercato alla data di adesione. In ogni caso, gli effetti delle disposizioni della lettera a), punto ii), cessano [quindici] anni dopo la data di adesione. Inoltre, nel caso in cui la [Repubblica popolare cinese] stabilisca, ai sensi del diritto nazionale del paese importatore membro dell’OMC, che in una particolare industria o in un particolare settore esistono condizioni di economia di mercato, le disposizioni della lettera a) relative a un’economia che non sia un’economia di mercato non si applicano più a tale industria o settore».

 Diritto dellUnione

 Regolamento (UE) 2016/1036

6        Il considerando 3 del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 21), è del seguente tenore:

«Ai fini dell’applicazione adeguata e trasparente delle norme [dell’accordo antidumping], è opportuno recepire nella legislazione dell’Unione, nella misura massima possibile, i termini di tale accordo».

7        L’articolo 2 di tale regolamento, intitolato «Determinazione del dumping», al paragrafo 7, lettere a) e b), e ai paragrafi 10 e 11, così dispone:

«7.      a)      Nel caso di importazioni in provenienza da paesi non retti da un’economia di mercato, il valore normale è determinato in base al prezzo o al valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato oppure al prezzo per l’esportazione da tale paese terzo ad altri paesi; compresa l’Unione, oppure, qualora ciò non sia possibile, su qualsiasi altra base equa, compreso il prezzo realmente pagato o pagabile nell’Unione per un prodotto simile, se necessario debitamente adeguato per includere un equo margine di profitto.

Un paese terzo ad economia di mercato è opportunamente selezionato, tenendo debitamente conto di tutte le informazioni attendibili di cui si disponga al momento della scelta. Si deve inoltre tener conto dei termini e, se lo si ritiene opportuno, è utilizzato un paese terzo ad economia di mercato sottoposto alla stessa inchiesta.

Le parti interessate sono informate subito dopo l’apertura dell’inchiesta in merito al paese terzo a economia di mercato che si prevede di utilizzare e hanno dieci giorni di tempo per presentare osservazioni.

b)      Nel caso di inchieste antidumping relative a importazioni in provenienza dalla Repubblica popolare cinese, dal Vietnam e dal Kazakistan, nonché da qualsiasi paese non retto da un’economia di mercato che sia membro dell’OMC alla data di apertura dell’inchiesta, il valore normale è determinato a norma dei paragrafi da 1 a 6 qualora, in base a richieste debitamente motivate di uno o più produttori oggetto dell’inchiesta e in funzione dei criteri e delle procedure di cui alla lettera c), sia dimostrata la prevalenza di condizioni dell’economia di mercato per il produttore o per i produttori in questione relativamente alla produzione e alla vendita del prodotto simile. Qualora ciò non sia possibile, si applica il regime di cui alla lettera a).

(...)

10.      Tra il valore normale e il prezzo all’esportazione deve essere effettuato un confronto equo, allo stesso stadio commerciale e prendendo in considerazione vendite realizzate in date per quanto possibile ravvicinate, tenendo debitamente conto di altre differenze incidenti sulla comparabilità dei prezzi. Se il valore normale e il prezzo all’esportazione determinati non si trovano in tale situazione comparabile, si tiene debitamente conto, in forma di adeguamenti, valutando tutti gli aspetti dei singoli casi, delle differenze tra i fattori che, secondo quanto è parzialmente affermato e dimostrato, influiscono sui prezzi e quindi sulla loro comparabilità. Nell’applicazione di adeguamenti deve essere evitata qualsiasi forma di duplicazione, in particolare per quanto riguarda sconti, riduzioni, quantitativi e stadio commerciale. Quando sono soddisfatte le condizioni specificate, possono essere applicati adeguamenti per i fattori qui di seguito elencati:

(...)

11.      Salve le disposizioni pertinenti relative all’equo confronto, l’esistenza di margini di dumping nel corso dell’inchiesta è di norma accertata in base al confronto tra la media ponderata del valore normale e la media ponderata dei prezzi di tutte le transazioni di esportazione nell’Unione oppure in base al confronto tra i singoli valori normali e i singoli prezzi all’esportazione nell’Unione per ogni operazione. Il valore normale determinato in base alla media ponderata può tuttavia essere confrontato con i prezzi delle singole operazioni di esportazione nell’Unione, se vi sono sensibili differenza nell’andamento dei prezzi all’esportazione tra i differenti acquirenti, regioni o periodi e se con i metodi specificati nella prima frase del presente paragrafo non è possibile valutare correttamente il margine di dumping. Il presente paragrafo non osta all’utilizzazione delle tecniche di campionamento a norma dell’articolo 17».

8        L’articolo 3 di detto regolamento, intitolato «Accertamento di un pregiudizio», ai paragrafi 2, 3, 5 e 6 prevede quanto segue:

«2.      L’accertamento di un pregiudizio si basa su prove positive e implica un esame obiettivo:

a)      del volume delle importazioni oggetto di dumping e dei loro effetti sui prezzi dei prodotti simili sul mercato dell’Unione; e

b)      dell’incidenza di tali importazioni sull’industria dell’Unione.

3.      Per quanto riguarda il volume delle importazioni oggetto di dumping, occorre esaminare se queste ultime sono aumentate in misura significativa, tanto in termini assoluti quanto in rapporto alla produzione o al consumo nell’Unione. Riguardo agli effetti sui prezzi si esamina se le importazioni oggetto di dumping sono state effettuate a prezzi sensibilmente inferiori a quelli dei prodotti simili dell’industria dell’Unione oppure se tali importazioni hanno comunque l’effetto di deprimere notevolmente i prezzi o di impedire in misura notevole aumenti che altrimenti sarebbero intervenuti. Tali fattori, singolarmente o combinati, non costituiscono necessariamente una base di giudizio determinante.

(...)

5.      L’esame dell’incidenza delle importazioni oggetto di dumping sull’industria dell’Unione interessata comprende una valutazione di tutti i fattori e indicatori economici pertinenti in rapporto con la situazione dell’industria, quali il fatto che l’industria non abbia ancora completamente superato le conseguenze di precedenti pratiche di dumping o di sovvenzioni; l’entità del margine di dumping effettivo; la diminuzione reale e potenziale delle vendite, dei profitti, della produzione, della quota di mercato, della produttività, dell’utile sul capitale investito e dell’utilizzazione della capacità produttiva; i fattori che incidono sui prezzi nell’Unione; gli effetti negativi, reali e potenziali, sul flusso di cassa, sulle scorte, sull’occupazione, sui salari, sulla crescita e sulla capacità di ottenere capitale o investimenti. Detto elenco non è tassativo, né tali fattori, singolarmente o combinati, costituiscono necessariamente una base di giudizio determinante.

6.      Deve essere dimostrato, in base a tutti gli elementi di prova, presentati a norma del paragrafo 2, che le importazioni oggetto di dumping causano pregiudizio ai sensi del presente regolamento. In particolare, occorre dimostrare che il volume e/o i prezzi individuati a norma del paragrafo 3 hanno sull’industria dell’Unione gli effetti contemplati nel paragrafo 5 e che tale incidenza si manifesta in maniera che può essere considerata materiale».

9        L’articolo 6 del medesimo regolamento, intitolato «Inchiesta», al paragrafo 8, enuncia quanto segue:

«Salvo nei casi di cui all’articolo 18, l’esattezza delle informazioni comunicate dalle parti interessate e sulle quali si basano le risultanze deve essere accertata con la massima accuratezza».

10      L’articolo 11 del regolamento 2016/1036, intitolato «Durata, riesami e restituzioni», ai paragrafi 2 e 9, prevede quanto segue:

«2.      Le misure di antidumping definitive scadono dopo cinque anni dalla data in cui sono state istituite oppure dopo cinque anni dalla data della conclusione dell’ultimo riesame relativo al dumping e al pregiudizio, salvo che nel corso di un riesame non sia stabilito che la scadenza di dette misure implica il rischio della persistenza o della reiterazione del dumping e del pregiudizio. Il riesame in previsione della scadenza è avviato su iniziativa della Commissione oppure su domanda dei produttori dell’Unione o dei loro rappresentanti e le misure restano in vigore in attesa dell’esito di tale riesame.

Il riesame in previsione della scadenza è avviato se la domanda contiene sufficienti elementi di prova del rischio del persistere o della reiterazione del dumping o del pregiudizio, in assenza di misure. Tali elementi di prova possono riguardare, tra l’altro, il persistere del dumping o del pregiudizio oppure il fatto che l’eliminazione del pregiudizio sia dovuta in parte o integralmente all’applicazione delle misure oppure la probabilità che, alla luce della situazione degli esportatori o delle condizioni del mercato, siano attuate nuove pratiche di dumping arrecanti pregiudizio.

Nello svolgimento delle inchieste a norma del presente paragrafo, gli esportatori, gli importatori, i rappresentanti del paese esportatore e i produttori dell’Unione hanno la possibilità di sviluppare o di confutare le circostanze esposte nella domanda di riesame oppure di presentare osservazioni in merito. Ai fini delle relative conclusioni si tiene debitamente conto di tutti gli elementi di prova pertinenti, debitamente documentati, che sono stati presentati in merito al rischio della persistenza o della reiterazione del dumping e del pregiudizio, in assenza di misure.

(...)

9.      In tutte le inchieste relative a riesami o restituzioni svolte a norma del presente articolo la Commissione, se le circostanze non sono cambiate, applica gli stessi metodi impiegati nell’inchiesta conclusa con l’istituzione del dazio, tenendo debitamente conto delle disposizioni dell’articolo 2, in particolare i paragrafi 11 e 12, e dell’articolo 17».

11      L’articolo 16 di tale regolamento, intitolato «Visite di verifica», al paragrafo 2, stabilisce quanto segue:

«Se necessario, la Commissione può svolgere inchieste nei paesi terzi, a condizione di aver ottenuto l’accordo delle imprese interessate e in assenza di obiezioni dei rappresentanti governativi, formalmente avvisati, di detti paesi. Ottenuto l’accordo delle imprese interessate, la Commissione comunica alle autorità del paese esportatore i nomi e gli indirizzi delle imprese da visitare e le date concordate».

12      L’articolo 18 di detto regolamento, intitolato «Omessa collaborazione», al paragrafo 4, così dispone:

«Se le informazioni o gli elementi di prova non sono ammessi, la parte che li ha forniti viene immediatamente informata del motivo e ha la possibilità di dare ulteriori spiegazioni entro il termine specificato. Se le spiegazioni non sono considerate soddisfacenti, i motivi che hanno giustificato il rifiuto degli elementi di prova o delle informazioni vengono resi noti ed indicati nelle conclusioni pubblicate».

13      L’articolo 20 del medesimo regolamento, intitolato «Divulgazione di informazioni», ai paragrafi 2 e 4, recita:

«2.      Le parti di cui al paragrafo 1 possono chiedere di essere informate dei principali fatti e considerazioni in base ai quali si intende raccomandare l’istituzione di misure definitive oppure la chiusura di un’inchiesta o di un procedimento senza l’istituzione di misure definitive, in particolare per quanto riguarda eventuali fatti e considerazioni diversi da quelli utilizzati per le misure provvisorie.

(...)

4.      Le informazioni finali sono comunicate per iscritto. La trasmissione tiene debitamente conto dell’esigenza di tutelare le informazioni riservate, avviene il più rapidamente possibile e di norma entro un mese prima dell’avvio delle procedure di cui all’articolo 9. Eventuali fatti e considerazioni che la Commissione non può comunicare al momento della risposta sono resi noti successivamente il più rapidamente possibile.

La divulgazione delle informazioni non pregiudica qualsiasi eventuale decisione della Commissione, ma, qualora tale decisione si basi su fatti e considerazioni diversi, questi sono comunicati il più rapidamente possibile».

14      L’articolo 22 del regolamento di cui trattasi, intitolato «Disposizioni finali», alla lettera a), prevede quanto segue:

«Il presente regolamento non osta all’applicazione:

a)      di eventuali norme speciali stabilite da accordi conclusi tra l’Unione e i paesi terzi».

 Regolamento di esecuzione 2018/330

15      Il regolamento di esecuzione 2018/330, che è stato adottato a seguito di un riesame in previsione della scadenza delle misure condotto a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento 2016/1036, mantiene i dazi antidumping che erano stati inizialmente istituiti sulle importazioni di alcuni tipi di tubi e condotte senza saldature in acciaio inossidabile, dal regolamento di esecuzione (UE) n. 1331/2011 del Consiglio, del 14 dicembre 2011, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di alcuni tipi di tubi e condotte senza saldature, in acciaio inossidabile, originari della Repubblica popolare cinese (GU 2011, L 336, pag. 6).

 Fatti

16      I fatti all’origine della controversia, che figurano ai punti da 1 a 11 della sentenza impugnata, possono essere riassunti come segue.

17      Il 14 dicembre 2011, il Consiglio ha adottato il regolamento di esecuzione n. 1331/2011, che istituiva segnatamente un dazio antidumping fissato al 56,9% sulle importazioni di alcuni tipi di tubi e condotte senza saldature in acciaio inossidabile originari della Repubblica popolare cinese e fabbricati dalle società di cui all’allegato I di tale regolamento, tra cui la Zhejiang.

18      Il 10 dicembre 2016, la Commissione ha avviato un procedimento di riesame in previsione della scadenza delle misure in vigore in applicazione dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento 2016/1036 e ha adottato, il 5 marzo 2018, il regolamento di esecuzione 2018/330.

19      L’inchiesta relativa al rischio di persistenza o reiterazione del dumping ha riguardato il periodo compreso tra il 1º ottobre 2015 e il 30 settembre 2016 (in prosieguo: il «periodo dell’inchiesta di riesame»), mentre l’analisi delle tendenze utili alla valutazione del rischio di persistenza o reiterazione del pregiudizio causato all’industria dell’Unione ha riguardato il periodo compreso tra il 1º gennaio 2013 e la fine del periodo dell’inchiesta di riesame.

20      Nell’ambito del procedimento di riesame, due produttori esportatori cinesi, tra cui la Zhejiang, sono stati selezionati per far parte del campione dei produttori esportatori. Per analizzare il rischio di persistenza o reiterazione del dumping, la Commissione ha scelto l’India come paese terzo ad economia di mercato (in prosieguo: il «paese di riferimento») ai fini della determinazione del valore normale per la Cina. Il valore normale è stato determinato sulla base della risposta al questionario di un produttore esportatore indiano. Il prezzo all’esportazione è stato calcolato conformemente all’articolo 2, paragrafo 8, del regolamento 2016/1036, sulla base dei prezzi all’esportazione dei due produttori esportatori cinesi facenti parte del campione ed effettivamente pagati o pagabili dal primo acquirente indipendente. La Commissione ha confrontato la media ponderata del valore normale di ciascun tipo di prodotto simile nel paese di riferimento con la media ponderata del prezzo all’esportazione del corrispondente tipo di prodotto.

21      In seguito a detto esame, il margine di dumping medio ponderato calcolato dalla Commissione era tra il 25% e il 35% per i due produttori esportatori cinesi inclusi nel campione. La Commissione ne ha tratto la conclusione che il dumping era continuato durante il periodo dell’inchiesta di riesame. La Commissione ha peraltro ritenuto che fosse molto probabile che l’abrogazione delle misure antidumping comportasse rilevanti importazioni cinesi oggetto di dumping. Inoltre, la Commissione ha ritenuto che l’industria dell’Unione avesse subito un pregiudizio notevole durante il periodo dell’inchiesta di riesame e che l’abrogazione delle misure antidumping avrebbe comportato con tutta probabilità un aumento significativo delle importazioni cinesi oggetto di dumping a prezzi inferiori ai prezzi dell’industria dell’Unione.

22      Sulla base di tali rilievi, la Commissione ha concluso che le misure antidumping istituite dal regolamento di esecuzione n. 1331/2011 dovevano essere mantenute. Pertanto, il regolamento di esecuzione 2018/330 istituisce un dazio antidumping con aliquote identiche a quelle fissate dal regolamento di esecuzione n. 1331/2011.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

23      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 maggio 2018, la Zhejiang ha proposto un ricorso diretto all’annullamento del regolamento di esecuzione 2018/330 nella parte in cui la riguarda.

24      A sostegno di tale ricorso, la Zhejiang ha dedotto cinque motivi vertenti, il primo, su una violazione dei suoi diritti della difesa, il secondo, su un difetto di motivazione ed errori manifesti di valutazione derivanti dall’applicazione del metodo del paese di riferimento e dalla selezione del paese di riferimento, il terzo, su errori manifesti di valutazione derivanti dall’adozione di una codificazione dei numeri di controllo del prodotto (NCP) erronea per il prodotto in esame, il quarto, su errori manifesti di valutazione circa la determinazione del margine di dumping che la riguarda, il quinto, su errori manifesti di valutazione nella constatazione dell’esistenza e del rischio di reiterazione di un pregiudizio nonché sull’omessa verifica, da parte della Commissione, della sussistenza di un nesso di causalità.

25      Con la sentenza impugnata il Tribunale ha respinto tale ricorso nel suo complesso.

26      In primo luogo, il Tribunale ha respinto il primo motivo di ricorso in quanto infondato.

27      Per quanto riguarda la prima parte di tale motivo, relativa alla mancata comunicazione di informazioni utili per la difesa degli interessi della Zhejiang, esaminata ai punti da 90 a 131 della sentenza impugnata, il Tribunale ha analizzato il procedimento seguito dalla Commissione ai fini della determinazione del margine di dumping. Analizzando tutte le fasi di tale procedimento, esso ha considerato che la Commissione aveva messo a disposizione della Zhejiang i principali fatti e considerazioni in base ai quali era raccomandata l’istituzione di misure definitive e che la Zhejiang era stata in grado di far valere utilmente il suo punto di vista al riguardo. Esso ne ha concluso che la Commissione aveva utilizzato il metodo appropriato per determinare il margine del dumping.

28      Per quanto riguarda la seconda parte del primo motivo, relativa alla mancata verifica dei dati del produttore esportatore indiano, esaminata ai punti da 132 a 145 della sentenza impugnata, il Tribunale ha analizzato se la Commissione era incorsa in un errore nel non verificare le informazioni trasmesse dal produttore esportatore indiano e le altre informazioni pertinenti. Esso ha rilevato, da un lato, che la mancanza di una visita di verifica presso il produttore esportatore indiano derivava dal rifiuto di quest’ultimo di sottoporsi a tale visita e che, alla luce dell’articolo 16, paragrafo 2, del regolamento 2016/1036, non si poteva quindi addebitare alla Commissione di non aver verificato dati di tale produttore esportatore e, dall’altro, che la Zhejiang era perfettamente informata del fatto che detto produttore esportatore aveva rifiutato la visita di verifica in loco. Per quanto riguarda la censura, sollevata in fase di replica, relativa al fatto che la Commissione avrebbe omesso di escludere i dati del produttore esportatore indiano, avendo essa riconosciuto che quest’ultimo aveva cessato di collaborare, il Tribunale ha dichiarato che tale censura doveva essere respinta in quanto irricevibile poiché non era stata sollevata nella fase dell’atto introduttivo del giudizio e, in ogni caso, in quanto nessun elemento consentiva di ritenere che, sulla base dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento 2016/1036, la Commissione sarebbe stata tenuta a non tener conto dei dati forniti dal produttore esportatore indiano. Inoltre, il Tribunale ha constatato che la Commissione aveva preso in considerazione gli argomenti sollevati dalla Zhejiang, relativi all’esistenza di differenze di costi connesse a differenze di metodi di produzione nonché all’inclusione potenziale nel calcolo del margine di dumping di prodotti ad uso militare e nucleare, ma aveva deciso di respingerli motivatamente.

29      In secondo luogo, il Tribunale ha respinto il secondo motivo di ricorso in quanto manifestamente infondato.

30      Per quanto riguarda la prima parte del secondo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 22, lettera a), del regolamento 2016/1036 e della sezione 15, lettere a) e d), del protocollo di adesione della Cina all’OMC, esaminata ai punti da 155 a 162 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che tale protocollo non poteva essere invocato per contestare la legittimità del regolamento 2016/1036 e che occorreva altresì escludere l’asserita violazione dell’articolo 22, lettera a), del regolamento 2016/1036. Per quanto riguarda la seconda parte di tale motivo, relativa ad un errore manifesto di valutazione e ad una violazione dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento 2016/1036, esaminata ai punti da 163 a 178 della sentenza impugnata, il Tribunale l’ha respinta in quanto infondata. Per quanto riguarda la terza parte del secondo motivo, vertente su un difetto di motivazione, che è stata esaminata ai punti da 179 a 182 della sentenza impugnata, il Tribunale l’ha parimenti respinta in quanto infondata.

31      In terzo luogo, il Tribunale ha respinto il terzo motivo di ricorso in quanto infondato.

32      Per quanto riguarda la prima parte del terzo motivo, vertente sulla mancata considerazione delle differenze nei metodi di produzione nell’elaborazione degli NCP, esaminata ai punti da 193 a 203 della sentenza impugnata, il Tribunale ha analizzato il metodo di confronto NCP per NCP nonché gli argomenti dedotti dalla Zhejiang al fine di dimostrare che le differenze di produzione devono incidere sull’identità o sulla somiglianza dei tipi di prodotti interessati e ha concluso che la Zhejiang si era limitata a procedere con affermazioni senza suffragarle con elementi circostanziati. Per quanto riguarda la seconda parte di tale motivo, relativa alla mancata considerazione delle differenze di utilizzo dei prodotti nell’elaborazione degli NCP, esaminata ai punti da 204 a 210 della sentenza impugnata, il Tribunale ha analizzato l’argomento della Zhejiang relativo alla potenziale inclusione di prodotti ad uso nucleare e militare nella codificazione degli NCP e ha concluso che la codificazione adottata dalla Commissione nel caso di specie non si fondava su un errore manifesto di valutazione. Per quanto riguarda la terza parte di tale motivo, relativa al fatto che la Commissione avrebbe impropriamente respinto le carenze note nella codificazione degli NCP, esaminata ai punti da 211 a 215 della sentenza impugnata, il Tribunale l’ha respinta in quanto infondata.

33      In quarto luogo, ai punti da 229 a 259 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto il quarto motivo di ricorso in quanto infondato, poiché la Zhejiang non era riuscita a dimostrare che la Commissione era incorsa in un errore manifesto di valutazione nel determinare il margine di dumping.

34      In quinto luogo, il Tribunale ha parimenti respinto il quinto motivo di ricorso in quanto infondato. A tal riguardo, il Tribunale ha constatato, ai punti da 262 a 271 della sentenza impugnata, che la Zhejiang non era riuscita a dimostrare che la Commissione fosse incorsa in un errore, da un lato, quando ha accertato che le importazioni cinesi avevano causato un pregiudizio all’industria dell’Unione e, dall’altro, quando ha omesso di avviare inchieste antidumping contro le importazioni indiane.

 Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

35      La Zhejiang chiede che la Corte voglia:

–        a titolo principale:

–        annullare la sentenza impugnata nella sua totalità;

–        accogliere le conclusioni da essa presentate nel suo ricorso dinanzi al Tribunale ed annullare il regolamento di esecuzione 2018/330, nella parte in cui riguarda la ricorrente, conformemente all’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, e

–        condannare la Commissione alle spese, o

–        in subordine:

–        rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché quest’ultimo statuisca sui motivi dinanzi ad esso dedotti, e

–        riservare le spese.

36      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione in quanto infondata, e

–        condannare la Zhejiang alle spese.

 Sull’impugnazione

 Sul primo motivo

 Argomenti delle parti

37      Con il suo primo motivo, la Zhejiang sostiene che il Tribunale, da un lato, è incorso in un errore di diritto ai punti 116, 117, 118, 125, 126, 127, 131 e 139 della sentenza impugnata, in quanto ha concluso che la Commissione aveva proposto di rivelarle tutti i principali fatti e considerazioni in tempo utile. D’altro lato, il Tribunale, in ragione di tale errore di diritto, avrebbe altresì snaturato i fatti ai punti 91, 119, 125 e 126 della sentenza impugnata quando ha concluso che il valore normale dei tubi e delle condotte senza saldature in acciaio inossidabile della Zhejiang di tipo «tubi saldati dei tipi utilizzati per l’estrazione del petrolio o del gas» era stato stabilito con riferimento agli NCP riferiti dal produttore esportatore indiano.

38      A tal riguardo, la Zhejiang sostiene che il Tribunale ha interpretato e applicato erroneamente l’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento 2016/1036 e, pertanto, ha commesso un errore di diritto nel constatare che, durante il procedimento di riesame, la Commissione le aveva rivelato tutti i principali fatti e considerazioni in tempo utile. La Zhejiang sostiene che l’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento 2016/1036 richiede una divulgazione sufficiente delle informazioni pertinenti alle parti interessate senza imporre l’onere della prova ad una delle parti e che tale divulgazione deve avvenire in tempo utile.

39      Inoltre, secondo la Zhejiang, dalla giurisprudenza della Corte risulta che è la qualità delle informazioni, piuttosto che il numero delle divulgazioni e delle opportunità di audizione accordate alle parti interessate nel corso di un’inchiesta antidumping, che consente di qualificare una divulgazione come sufficiente. Essa aggiunge che dalla giurisprudenza dell’organo di appello dell’OMC risulta che la divulgazione di informazioni da parte delle istituzioni dell’Unione è già stata considerata insufficiente.

40      Sotto un primo profilo, sebbene la Zhejiang non contesti l’elenco delle informazioni che non le sono state comunicate, come esposto al punto 95 della sentenza impugnata, essa ritiene che, contrariamente a quanto rilevato dal Tribunale al punto 116 della sentenza impugnata, essa non sia in grado di comprendere il metodo utilizzato dalla Commissione per calcolare il valore normale dei tipi di prodotti venduti nel mercato interno del paese di riferimento che erano identici o comparabili ai tipi di prodotti venduti all’esportazione verso l’Unione dalla Cina e, in particolare, i tipi di prodotti esportati senza vendite interne corrispondenti nel paese di riferimento. A tal riguardo, essa afferma che la Commissione ha rifiutato di divulgare gli NCP dei produttori indiani, degli Stati Uniti e dell’Unione, in quanto si tratterebbe di informazioni riservate, mentre, secondo l’OMC, informazioni del genere non sarebbero riservate.

41      Sotto un secondo profilo, la Zhejiang ritiene che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto quando ha dichiarato, al punto 118 della sentenza impugnata, che, indipendentemente dalla determinazione del tipo di prodotto più vicino da confrontare ai fini della determinazione del valore normale dei tipi di prodotti esportati senza vendite interne corrispondenti nel paese di riferimento, tale determinazione del valore normale non può essere considerata errata in quanto sono stati applicati coefficienti appropriati per adeguare tale valore normale.

42      Sotto un terzo profilo, la Zhejiang contesta i rilievi del Tribunale secondo cui essa non avrebbe sottoposto alla Commissione proposte di metodo alternativo di calcolo, ma si sarebbe limitata a procedere per semplici affermazioni ed ipotesi. Da un lato, la Zhejiang ricorda che la prova dell’esistenza di NCP più appropriati non può essere posta a carico delle parti del procedimento di riesame e, dall’altro, sostiene che, in assenza di divulgazione dell’elenco degli NPC, essa non era in grado di presentare migliori proposte alla Commissione quanto agli adeguamenti necessari ai fini del confronto dei prezzi.

43      Sotto un quarto profilo, la Zhejiang sostiene che il Tribunale ha snaturato i fatti nella parte in cui, ai punti 91, 118 e 126 della sentenza impugnata, ha fatto riferimento ai sei NCP del paese di riferimento come forniti tutti dal produttore esportatore indiano. Orbene, da un lato, sarebbe pacifico che tale produttore esportatore non fabbrica i suddetti prodotti, dall’altro, il Tribunale si contraddirebbe, al punto 125 della sentenza impugnata, affermando che il valore normale di detti prodotti è stato determinato con riferimento ai dati dei produttori dell’Unione per il tipo di prodotto più vicino.

44      Sotto un quinto profilo, la Zhejiang ritiene che la mancata verifica, da parte della Commissione, delle informazioni provenienti dal produttore esportatore indiano abbia comportato che quest’ultimo poteva dichiarare, nel suo questionario antidumping, un NCP che non produce e non vende. Inoltre, la Zhejiang ritiene che il riferimento operato dalla Commissione a «dati dei produttori dell’Unione» non costituisca una divulgazione sufficiente dei fatti e delle considerazioni pertinenti. Pertanto, la Zhejiang constata che, poiché la Commissione ha l’obbligo di applicare il criterio delle «normali operazioni commerciali» prima di utilizzare i prezzi di vendita ai fini della determinazione dell’esistenza di un dumping ai sensi dell’articolo 2 del regolamento 2016/1036, la constatazione del Tribunale effettuata al punto 127 della sentenza impugnata, secondo cui la Commissione non era tenuta ad applicare tale criterio, è giuridicamente errata.

45      Sotto un sesto profilo, la Zhejiang ritiene che la circostanza che la Commissione non le abbia divulgato l’insieme dei principali fatti e considerazioni concernenti il margine di dumping si spieghi anche con il fatto che il produttore esportatore indiano ha cessato di collaborare e ha rifiutato di sottoporsi ad una verifica dei dati che aveva fornito alla Commissione. Da un lato, sebbene la Zhejiang affermi di essere stata informata del fatto che tale produttore esportatore ha rifiutato una visita di verifica in loco, essa afferma di non essere stata informata dell’omessa collaborazione di quest’ultimo fino alla fase del deposito, l’11 settembre 2018, del controricorso della Commissione. Dall’altro, essa ritiene che la Commissione avrebbe dovuto valutare tale omessa collaborazione alla luce dell’articolo 18 del regolamento 2016/1036, che le consente di non tenere conto delle informazioni fornite da parti non cooperative e di basarsi sulle migliori informazioni disponibili al fine di non violare i suoi diritti della difesa. Poiché la mancanza di collaborazione di tale produttore esportatore era sconosciuta alla Zhejiang fino alla fase del deposito del controricorso della Commissione, essa ritiene di non aver sollevato motivi nuovi, come erroneamente ritenuto dal Tribunale.

46      La Commissione contesta la fondatezza del primo motivo di impugnazione.

 Giudizio della Corte

47      In via preliminare, va ricordato anzitutto che, in materia di politica commerciale comune, e specialmente nell’ambito delle misure di difesa commerciale, le istituzioni dell’Unione godono di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che devono esaminare. Quanto al controllo giurisdizionale di una siffatta valutazione, esso deve essere quindi limitato alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati nell’operare la scelta contestata, dell’assenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o dell’assenza di sviamento di potere (sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punto 63, nonché giurisprudenza ivi citata).

48      Nell’adempimento del loro dovere d’informazione, poi, le istituzioni dell’Unione devono agire con tutta la dovuta diligenza cercando di dare alle imprese interessate, entro i limiti di ciò che è compatibile con l’osservanza del segreto professionale, indicazioni utili per la tutela dei loro interessi, scegliendo, eventualmente d’ufficio, i modi appropriati di siffatta comunicazione. Le imprese interessate devono, in ogni caso, essere state messe in condizione, nel corso del procedimento amministrativo, di far conoscere efficacemente il loro punto di vista sulla sussistenza e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze addotti nonché sugli elementi di prova accolti dalla Commissione a sostegno delle proprie affermazioni relative all’esistenza di una pratica di dumping e del danno ad essa conseguente (sentenza 3 ottobre 2000, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, C‑458/98 P, EU:C:2000:531, punto 99 e giurisprudenza ivi citata).

49      Infine, sebbene la ricorrente non possa essere obbligata a dimostrare che la decisione della Commissione sarebbe stata diversa in mancanza dell’irregolarità procedurale di cui trattasi, ma unicamente che tale possibilità non è del tutto esclusa poiché tale parte avrebbe potuto difendersi meglio in mancanza di siffatta irregolarità, resta nondimeno il fatto che l’esistenza di un’irregolarità relativa ai diritti della difesa può comportare l’annullamento dell’atto in questione solo nella misura in cui sussiste la possibilità che, a causa di tale irregolarità, il procedimento amministrativo avrebbe potuto portare a un risultato diverso, violando così concretamente i diritti della difesa (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punti 78 e 79, nonché giurisprudenza ivi citata).

50      È alla luce di tale giurisprudenza che occorre esaminare il primo motivo.

51      Nella fattispecie, occorre rilevare che il Tribunale, ai punti da 80 a 88 della sentenza impugnata, in primo luogo, ha ricordato le disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione e la giurisprudenza consolidata in materia di diritti della difesa.

52      In secondo luogo, ai punti da 91 a 94 della sentenza impugnata, il Tribunale ha analizzato il metodo utilizzato dalla Commissione per calcolare il margine di dumping della Zhejiang. Così, esso ha ricordato, da un lato, ai punti da 95 a 109 della sentenza impugnata, gli scambi di informazioni tra la Commissione e la Zhejiang e, dall’altro, ai punti da 110 a 115 della sentenza impugnata, le spiegazioni fornite dalla Commissione alla Zhejiang.

53      In terzo luogo, il Tribunale ha concluso, al punto 117 della sentenza impugnata, che le censure sollevate dalla Zhejiang non consentivano di constatare che la Commissione aveva violato l’obbligo di divulgazione di tutti i principali fatti e considerazioni in tempo utile. Esso ha esaminato tali censure ai punti da 118 a 130 della sentenza impugnata, motivando le ragioni per cui dovevano essere respinte.

54      A tal riguardo, sotto un primo profilo, per quanto riguarda la censura della Zhejiang secondo la quale il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto nel ritenere che l’obbligo previsto all’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento 2016/1036 sia stato soddisfatto, sebbene l’elenco completo degli NPC e dei dati relativi ai costi dei produttori indiani, degli Stati Uniti e dell’Unione non era stato stabilito, occorre constatare che la Zhejiang non dimostra in che modo la giurisprudenza costante della Corte, relativa alla protezione dei dati riservati, richiamata ai punti 85 e 86 della sentenza impugnata, sia stata applicata in modo erroneo.

55      Infatti, la Zhejiang si limita a criticare la conclusione cui è giunto il Tribunale senza tuttavia dimostrare che quest’ultimo ha violato la giurisprudenza richiamata al punto 48 della presente sentenza, secondo la quale le istituzioni dell’Unione devono agire con tutta la diligenza richiesta cercando di fornire alle imprese interessate, entro i limiti di ciò che è compatibile con l’osservanza del segreto professionale, indicazioni utili per la tutela dei loro interessi, scegliendo, eventualmente d’ufficio, i modi appropriati di siffatta comunicazione.

56      Orbene, così facendo, la Zhejiang chiede in realtà alla Corte di sostituire la propria valutazione dei fatti e degli elementi di prova a quella effettuata dal Tribunale, cosicché questa censura, secondo la giurisprudenza consolidata, è irricevibile (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punto 160 nonché giurisprudenza ivi citata).

57      Peraltro, la Zhejiang non è riuscita a dimostrare, come richiesto dalla giurisprudenza richiamata al punto 49 della presente sentenza, che il Tribunale ha omesso di constatare un’irregolarità procedurale, commessa nel corso del procedimento amministrativo, che avrebbe potuto comportare che detto procedimento producesse un risultato diverso, in tal modo pregiudicando concretamente i suoi diritti della difesa.

58      Sotto un secondo profilo, occorre rilevare che si fonda su una lettura erronea della sentenza impugnata la censura della Zhejiang secondo la quale il Tribunale è incorso in un errore di diritto quando ha dichiarato, al punto 118 di tale sentenza, che, indipendentemente dalla determinazione del tipo di prodotto più vicino da confrontare ai fini della determinazione del valore normale dei tipi di prodotti esportati senza corrispondenti vendite interne nel paese di riferimento, tale determinazione del valore normale non può essere considerata errata dal momento che sono stati applicati coefficienti appropriati per adeguare tale valore normale.

59      Infatti, il Tribunale, al punto 110 della sentenza impugnata, ha constatato che la Zhejiang è stata informata di un intervallo di valori normali per ciascun NCP corrispondente a quello esportato verso l’Unione, di un intervallo di margine di dumping per ogni NCP esportato verso l’Unione, dei coefficienti basati sui dati di produttori dell’Unione e degli Stati Uniti utilizzati per determinare il valore normale degli NCP senza una siffatta corrispondenza, nonché di un esempio del modo in cui tali coefficienti sono stati applicati. Esso ha concluso che i dati di cui trattasi erano sufficienti, senza che fosse necessaria la divulgazione dei dati riservati, per determinare i margini di dumping per tali NCP senza corrispondenza.

60      In subordine, il Tribunale ha constatato, al punto 118 della sentenza impugnata, da un lato, che la Zhejiang non aveva comprovato le proprie affermazioni e, dall’altro, che, anche nell’ipotesi in cui la Commissione avesse commesso un errore nella determinazione del tipo di prodotto più vicino da confrontare, ciò non significava comunque che la determinazione del valore normale fosse errata, dal momento che erano stati applicati coefficienti appropriati per adeguare il valore normale del prodotto di cui trattasi.

61      Ciò premesso, non si può ritenere che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto al punto 118 della sentenza impugnata.

62      Sotto un terzo profilo, non può essere accolto l’argomento della Zhejiang secondo cui il Tribunale avrebbe invertito l’onere della prova riguardo all’esistenza di NCP più appropriati, cosicché, in assenza di divulgazione dell’elenco degli NPC, essa non era in grado di presentare migliori proposte alla Commissione quanto agli adeguamenti necessari ai fini del confronto dei prezzi.

63      A tal riguardo, occorre rilevare che l’istituzione, da parte della Commissione, di un dazio antidumping definitivo non implica che il procedimento avviato dinanzi ai giudici dell’Unione al fine di contestare tale dazio antidumping non sia contraddittorio. Ad eccezione dei motivi di ordine pubblico, che devono essere sollevati d’ufficio dal giudice, come il difetto di motivazione della decisione impugnata, spetta al ricorrente sollevare motivi contro tale decisione e addurre elementi probatori per corroborare tali motivi (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2017, Hansen & Rosenthal e H&R Wax Company Vertrieb/Commissione, C‑90/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:123, punto 25 nonché giurisprudenza ivi citata).

64      Non si può quindi ritenere che il Tribunale abbia invertito l’onere della prova riguardo all’esistenza di NCP più appropriati.

65      Sotto un quarto profilo, occorre respingere la censura della Zhejiang secondo cui il Tribunale avrebbe snaturato i fatti in quanto, da un lato, ai punti 91, 118 e 126 della sentenza impugnata, ha fatto riferimento ai sei NCP del paese di riferimento come forniti dal produttore esportatore indiano, sebbene quest’ultimo non fabbrichi tali prodotti e, dall’altro, ha affermato, al punto 125 della sentenza impugnata, che il valore normale di tali prodotti è stato determinato con riferimento ai dati dei produttori dell’Unione per il tipo di prodotto più vicino.

66      Occorre ricordare, da un lato, che l’asserito snaturamento dei fatti o degli elementi di prova deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo, senza che sia necessario effettuare una nuova valutazione di tali fatti e prove (sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punto 117 e giurisprudenza ivi citata).

67      Dall’altro, qualora il ricorrente alleghi uno snaturamento di elementi di prova da parte del Tribunale, esso deve indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati da quest’ultimo e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato il Tribunale a tale snaturamento (v., in tal senso, sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).

68      A tal riguardo, contrariamente a quanto sostenuto dalla Zhejiang, il Tribunale non ha constatato che gli NCP del paese di riferimento sono stati tutti forniti dal produttore esportatore indiano. Infatti, il Tribunale ha rilevato, ai punti da 91 a 126 della sentenza impugnata, che i sei NCP del paese di riferimento non erano venduti da tale produttore esportatore e che la Commissione aveva utilizzato i tipi di prodotti più vicini venduti dai produttori dell’Unione e applicato a tali tipi di prodotti i coefficienti appropriati sulla base dei costi di produzione dei produttori dell’Unione e degli Stati Uniti.

69      Sotto un quinto profilo, occorre considerare manifestamente infondata la censura della Zhejiang secondo cui il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto al punto 127 della sentenza impugnata, in quanto avrebbe omesso di constatare che la Commissione era tenuta ad applicare il criterio delle «normali operazioni commerciali» prima di utilizzare i prezzi di vendita ai fini della determinazione di un dumping ai sensi dell’articolo 2 del regolamento 2016/1036.

70      A tal riguardo, occorre rilevare, da un lato, che il Tribunale ha correttamente constatato che la verifica della redditività e della rappresentatività delle vendite dei produttori dell’Unione, richiesta dall’articolo 2, paragrafo 4, e dall’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento 2016/1036, si applica alle vendite del prodotto simile destinato al consumo nel mercato interno del paese esportatore, qualora esse siano utilizzate per determinare il valore normale. D’altro lato, il Tribunale ha ritenuto, senza commettere errori di diritto, che ciò non si verifichi in una situazione in cui il valore normale per tali tipi di prodotti non venduti dal produttore esportatore indiano sia stato costruito conformemente all’articolo 2, paragrafi 3 e 7, di tale regolamento.

71      Sotto un sesto profilo, non può essere accolta la censura della Zhejiang vertente sull’omessa collaborazione del produttore esportatore indiano nonché sul fatto che la Commissione ha omesso di procedere ad una visita di verifica in loco e non ha tratto le conseguenze del rifiuto di tale produttore esportatore di collaborare.

72      A tale proposito, occorre ricordare che il Tribunale ha constatato, ai punti da 135 a 138 della sentenza impugnata, da un lato, che le inchieste nei paesi terzi sono subordinate all’accordo delle imprese interessate, che, nella fattispecie, è stato rifiutato dal produttore esportatore indiano, e che la Zhejiang è stata informata di tale rifiuto. D’altro lato, il Tribunale ha dichiarato, al punto 139 della sentenza di cui trattasi, che l’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento 2016/1036 era stato invocato tardivamente e che, in ogni caso, da tale disposizione non poteva dedursi che la Commissione fosse tenuta a non tener conto dei dati forniti dal produttore-esportatore indiano.

73      Così facendo, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto. Infatti, da un lato, risulta espressamente dall’articolo 16, paragrafo 2, del regolamento 2016/1036 che le inchieste alle quali può procedere la Commissione nei paesi terzi sono subordinate all’accordo delle imprese interessate. D’altro lato, non si può imputare al Tribunale di aver concluso che l’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento 2016/1036 non era pertinente, in quanto da tale disposizione non si poteva dedurre che la Commissione fosse tenuta a non tener conto dei dati forniti dal produttore esportatore indiano a causa del suo rifiuto di collaborare.

74      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il primo motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto, in parte, manifestamente irricevibile e, in parte, manifestamente infondato.

 Sul secondo motivo

 Argomenti delle parti

75      Con il secondo motivo, la Zhejiang sostiene, da un lato, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto constatando che la legittimità degli atti dell’Unione adottati conformemente all’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento 2016/1036 non poteva essere contestata stante il protocollo di adesione della Cina all’OMC. In subordine, la Zhejiang ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nel considerare che l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento 2016/1036 costituisce un’eccezione all’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, di tale regolamento. D’altro lato, la Zhejiang sostiene che il Tribunale ha omesso di pronunciarsi, ai punti 154 e seguenti della sentenza impugnata, sul suo argomento vertente sulle informazioni inesatte fornite alla Commissione dal produttore esportatore indiano, sebbene esso abbia adeguatamente esposto tale argomento al punto 150 della suddetta sentenza.

76      A tal riguardo, la Zhejiang fa valere che la sezione 15, lettere a) e d), del protocollo di adesione della Cina all’OMC ha cessato di essere applicabile l’11 dicembre 2016, cosicché la Repubblica popolare cinese non sarebbe soggetta all’applicazione delle norme del «paese di riferimento» a partire da tale data. Orbene, nella presente causa, l’avviso di apertura del procedimento della Commissione sarebbe entrato in vigore il 12 dicembre 2016, senza che tale istituzione si sia pronunciata sugli effetti della scadenza del termine previsto nel predetto protocollo. La Zhejiang ritiene che, a partire dalla scadenza del periodo transitorio previsto dal protocollo di adesione della Cina all’OMC, l’Unione debba, di regola, utilizzare i costi di produzione e i prezzi del mercato interno cinese al fine di determinare il valore normale per i produttori esportatori cinesi. Pertanto, secondo la Zhejiang, il Tribunale è incorso in un errore di diritto al punto 159 della sentenza impugnata, in quanto ha constatato che l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento 2016/1036 costituisce l’espressione della volontà del legislatore dell’Unione di adottare, in tale settore, un approccio proprio dell’ordinamento giuridico dell’Unione e ciò anche dopo l’adesione della Repubblica popolare cinese all’OMC.

77      Per quanto riguarda il controllo degli atti dell’Unione alla luce del diritto dell’OMC, la Zhejiang ritiene che la prima eccezione, prevista nella sentenza del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio (C‑69/89, EU:C:1991:186) ed esposta al punto 157 della sentenza impugnata, sia soddisfatta nella presente causa. A tal riguardo, la Zhejiang sostiene che l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento 2016/1036 costituisce un’eccezione alle norme di base per la determinazione del dumping e che, sebbene tale disposizione non faccia riferimento al protocollo di adesione della Cina all’OMC, essa dovrebbe essere interpretata conformemente alla normativa dell’Unione. Inoltre, detta eccezione non potrebbe essere applicata alle importazioni provenienti dalla Cina dopo la scadenza di tale protocollo, cosicché, a partire dalla data di scadenza di detto protocollo, a siffatte importazioni dovrebbero applicarsi le norme di base sancite all’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, del regolamento 2016/1036. Essa conclude che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, ai punti da 159 a 162 della sentenza impugnata, nel ritenere che la prima eccezione non fosse applicabile nel caso di specie.

78      In subordine, la Zhejiang sostiene che l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento 2016/1036 costituisce un’eccezione autorizzata dall’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, di tale regolamento e dalle corrispondenti disposizioni dell’articolo 2 dell’accordo antidumping, che è specificamente autorizzata a causa dell’applicazione del protocollo di adesione della Cina all’OMC e unicamente nella misura in cui esso rimane in vigore. Pertanto, essa ritiene che l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento 2016/1036 costituisca una terza eccezione alla giurisprudenza costante secondo cui l’accordo che istituisce l’OMC nonché gli accordi di cui agli allegati da 1 a 3 di tale accordo, in linea di principio, non figurano tra le normative alla luce delle quali può essere controllata la legittimità degli atti delle istituzioni dell’Unione. Essa ritiene altresì che la Commissione abbia violato l’articolo 22, lettera a), dello stesso regolamento nonché il suddetto protocollo, gli articoli 2.1 e 2.2 dell’accordo antidumping e l’articolo VI del GATT del 1994.

79      La Zhejiang si oppone a che la Corte proceda ad una sostituzione della motivazione e ritiene che il ragionamento della Commissione sia giuridicamente errato. A tal riguardo, essa afferma che l’Unione era vincolata alle disposizioni dell’accordo antidumping da diversi anni al momento della presentazione, nel settembre 2018, della domanda di riesame in previsione della scadenza delle misure antidumping di cui trattasi. Essa cita vari esempi di apertura del procedimento di riesame in previsione della scadenza di misure antidumping a seguito di domande che erano state presentate alla Commissione dopo l’11 dicembre 2016, nell’ambito delle quali essa ha continuato ad applicare l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento 2016/1036.

80      Inoltre, la Zhejiang aggiunge che il Tribunale ha omesso di rispondere al suo argomento relativo alla scelta dell’India come paese di riferimento e alle inesattezze delle informazioni fornite dal produttore esportatore indiano, riassunto al punto 151 della sentenza impugnata.

81      La Commissione ritiene, in via principale, che il secondo motivo di impugnazione sia manifestamente infondato e considera, in subordine, che, se la Corte accogliesse il secondo motivo, essa dovrebbe procedere ad una sostituzione della motivazione, in quanto l’argomentazione della Zhejiang non può, in ogni caso, essere accolta.

82      A tal riguardo, la Commissione sostiene che l’argomentazione della Zhejiang si basa su una premessa errata relativa all’applicazione ratione temporis delle norme pertinenti dell’OMC. La Commissione afferma che qualsiasi regola dell’OMC successiva alla cessazione dell’applicazione della sezione 15, lettera a), ii), del protocollo di adesione della Cina all’OMC si applicherebbe unicamente alle inchieste fondate su denunce depositate dopo l’11 dicembre 2016, data di tale cessazione. Orbene, la Commissione avrebbe avviato il procedimento di riesame in previsione della scadenza delle misure antidumping di cui trattasi il 10 dicembre 2016 sulla base di una domanda depositata l’8 settembre 2011. A tal riguardo, risulta chiaramente dall’articolo 18.3 dell’accordo antidumping che il momento da prendere in considerazione per determinare il diritto applicabile è quello della ricezione di una domanda.

 Giudizio della Corte

83      Per quanto riguarda l’accordo che istituisce l’OMC nonché gli accordi di cui agli allegati da 1 a 3 di tale accordo, risulta da una costante giurisprudenza che, tenuto conto della loro natura e della loro economia generale, essi non figurano, in linea di principio, tra le norme alla luce delle quali può essere verificata la legittimità degli atti delle istituzioni dell’Unione (sentenza del 18 ottobre 2018, Rotho Blaas, C‑207/17, EU:C:2018:840, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

84      Al riguardo la Corte ha, in particolare, evidenziato che il fatto di ammettere che il compito di assicurare la conformità del diritto dell’Unione alle norme dell’OMC incombe direttamente al giudice dell’Unione equivarrebbe a privare gli organi legislativi o esecutivi di quest’ultima del margine di manovra di cui dispongono gli analoghi organi dei partner commerciali dell’Unione. È infatti pacifico che alcune delle parti contraenti, fra cui i partner più importanti dell’Unione dal punto di vista commerciale, hanno appunto tratto, alla luce dell’oggetto e dello scopo degli accordi menzionati al punto precedente, la conseguenza che questi ultimi non figurano tra le norme in rapporto alle quali i loro organi giurisdizionali controllano la legittimità delle proprie norme di diritto interno. Una simile mancanza di reciprocità, ove venisse ammessa, rischierebbe di condurre ad uno squilibrio nell’applicazione delle norme dell’OMC (sentenza del 18 ottobre 2018, Rotho Blaas, C‑207/17, EU:C:2018:840, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

85      Soltanto in due situazioni eccezionali, attinenti alla volontà del legislatore dell’Unione di limitare autonomamente il proprio margine di manovra nell’applicazione delle norme dell’OMC, la Corte ha riconosciuto che spetta al giudice dell’Unione, se del caso, verificare la legittimità di un atto dell’Unione e degli atti adottati per la sua applicazione alla luce dei suddetti accordi o di una decisione dell’organo di risoluzione delle controversie dell’OMC che constata il mancato rispetto di tali accordi (sentenza del 18 ottobre 2018, Rotho Blaas, C‑207/17, EU:C:2018:840, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

86      Si tratta, in primo luogo, dell’ipotesi in cui l’Unione abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito degli accordi menzionati al punto 83 della presente sentenza e, in secondo luogo, del caso in cui l’atto dell’Unione in discussione rinvii espressamente a precise disposizioni dei medesimi accordi (sentenza del 18 ottobre 2018, Rotho Blaas, C‑207/17, EU:C:2018:840, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

87      È dunque alla luce di tali criteri che occorre determinare, nel caso di specie, se la validità dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento 2016/1036 possa essere esaminata alla luce del protocollo di adesione della Cina all’OMC.

88      Per quanto riguarda l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento 2016/1036, relativo alla determinazione del valore normale delle importazioni provenienti da un paese membro dell’OMC non retto da un’economia di mercato, occorre ricordare, in primo luogo, che la Corte ha già dichiarato che tale disposizione costituisce l’espressione della volontà del legislatore dell’Unione di adottare, in tale settore, un approccio proprio dell’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Rusal Armenal, C‑21/14 P, EU:C:2015:494, punti 47 e 48).

89      Tale constatazione non era rimessa in discussione dal fatto che il considerando 3 del regolamento 2016/1036 enunci che occorre recepire «nella misura massima possibile» le norme dell’accordo antidumping nel diritto dell’Unione. Infatti, tale espressione deve essere intesa nel senso che, sebbene il legislatore dell’Unione intendesse tener conto delle norme dell’accordo antidumping al momento dell’adozione di tale regolamento, esso non ha tuttavia manifestato la volontà di procedere ad un recepimento di ciascuna di tali norme in detto regolamento. Pertanto, la conclusione secondo cui l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento 2016/1036 è diretto a dare esecuzione agli obblighi particolari contenuti nell’articolo 2 dell’accordo antidumping non può in nessun caso basarsi sui termini del suddetto considerando (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Rusal Armenal, C‑21/14 P, EU:C:2015:494, punto 52).

90      In secondo luogo, dalla formulazione stessa dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento 2016/1036 risulta che quest’ultimo non rinvia espressamente a precise disposizioni del protocollo di adesione della Cina all’OMC.

91      Date siffatte circostanze, non si può addebitare al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nel constatare, ai punti da 156 a 162 della sentenza impugnata, che tale protocollo non poteva essere invocato per contestare la validità del regolamento di esecuzione 2018/330.

92      Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della Zhejiang secondo cui il Tribunale non avrebbe risposto, al punto 154 della sentenza impugnata, all’argomentazione della Zhejiang relativa alla scelta dell’India come paese di riferimento e alle inesattezze delle informazioni fornite dal produttore esportatore indiano, è sufficiente notare, a tal proposito, che l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che seguirebbe, esaustivamente e uno per uno, tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia, dato che la motivazione del Tribunale può essere implicita a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto i loro argomenti e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (sentenza del 26 marzo 2020, Larko/Commissione, C‑244/18 P, EU:C:2020:238, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

93      Nella fattispecie, il Tribunale ha esaminato siffatto argomento così come la seconda e la terza parte del secondo motivo ai punti da 163 a 182 della sentenza impugnata. Avendo constatato, al punto 181 di tale sentenza, che la motivazione contenuta al punto 170 di quest’ultima faceva apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dalla Commissione, consentendo in tal modo alla Zhejiang di difendere i propri diritti e al giudice dell’Unione di esercitare il suo controllo, si deve considerare che il Tribunale non ha violato l’obbligo di motivazione che incombe al giudice dell’Unione.

94      Ne consegue che il secondo motivo di impugnazione deve essere respinto.

 Sul terzo motivo

 Argomenti delle parti

95      La Zhejiang sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto ai punti 195, 196, 202, 203, 205, 206, 208, 209 e 211 della sentenza impugnata, applicando erroneamente l’articolo 2, paragrafi 10 e 11, nonché l’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento 2016/1036.

96      A tal riguardo, la Zhejiang sostiene che l’articolo 2 del regolamento 2016/1036 è fondato sul principio dell’equo confronto tra il valore normale e i prezzi all’esportazione. A tal fine, essa ritiene che, da un lato, in forza dell’articolo 2, paragrafo 10, di tale regolamento, occorra tener conto delle differenze constatate tra i fattori che, secondo quanto viene affermato e dimostrato, influiscono sui prezzi e, pertanto, sulla loro comparabilità. D’altro lato, in forza dell’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento in parola, la Commissione è tenuta ad applicare in tutte le inchieste di riesame, se le circostanze non sono cambiate, lo stesso metodo impiegato nell’inchiesta conclusa con l’istituzione del dazio antidumping. Orbene, secondo la Zhejiang, tale obbligo è soggetto, in forza dell’articolo 2 del regolamento 2016/1036, all’obbligo di garantire un equo confronto tra il valore normale e il prezzo all’esportazione.

97      La Zhejiang fa valere che la Commissione ha invocato l’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento 2016/1036 per respingere la sua domanda di modifica della struttura degli NCP affinché si tenesse conto del mutamento delle circostanze a partire dall’inchiesta iniziale e che essa ha informato la Commissione dell’errata determinazione degli elementi alfanumerici degli NCP in una fase precoce del procedimento. Orbene, gli NCP prescelti dalla Commissione avrebbero portato ad uno snaturamento del confronto dei prezzi e ad una conclusione positiva erronea sull’esistenza di un dumping, in quanto non si può escludere che la Commissione abbia effettuato un confronto iniquo tra i tubi e le condotte senza saldature in acciaio inossidabile destinati ad usi militari o nucleari e le esportazioni da parte della Zhejiang di tubi e condotte senza saldature in acciaio inossidabile destinati ad un uso commerciale ordinario.

98      Pertanto, la Zhejiang sostiene che il Tribunale ha erroneamente affermato, al punto 205 della sentenza impugnata, che le vendite comparabili sul mercato interno indiano non includevano qualità di acciaio speciali abitualmente utilizzate per prodotti militari o nucleari speciali, mentre invece i produttori indiani, degli Stati Uniti e dell’Unione, che hanno compilato i questionari nel corso del procedimento di riesame, hanno ammesso che producono tubi e condotte senza saldature in acciaio inossidabile destinati ad usi militari o nucleari a partire da qualità di acciaio ordinarie. Inoltre, la Zhejiang sostiene di aver prodotto una dichiarazione giurata di un esperto che, contrariamente a quanto constatato dal Tribunale al punto 208 della sentenza impugnata, ha affermato con sufficiente precisione che l’acciaio di qualità ordinaria può essere utilizzato per la fabbricazione di tubi e condotte senza saldature in acciaio inossidabile destinati ad usi nucleari, anche se il prezzo di vendita e il costo dei prodotti nucleari sono ben più elevati di quelli dei prodotti ordinari.

99      La Zhejiang considera, da un lato, che la Commissione non poteva concludere, sulla base delle informazioni non verificate provenienti dal produttore esportatore indiano, che quest’ultimo non produceva tubi e condotte senza saldature in acciaio inossidabile destinati ad usi nucleari o militari a partire da qualità di acciaio ordinarie, mentre un opuscolo di tale produttore esportatore non escluderebbe che esso possa fabbricare siffatti prodotti. Dall’altro, essa sostiene che la Commissione non può, in ogni caso, far gravare su di essa l’onere della prova di una siffatta possibilità. Inoltre, la Zhejiang ritiene che, al punto 207 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia interpretato erroneamente i suoi argomenti vertenti non già sul prezzo dei prodotti, bensì sui costi di produzione più elevati che la Commissione ha preso in considerazione al momento della fissazione dei coefficienti utilizzati per l’adeguamento del valore normale nel caso di specie.

100    La Zhejiang ritiene, inoltre, che la scelta erronea della struttura degli NPC sia sfociata nel fatto che l’adeguamento previsto all’articolo 2, paragrafo 10, lettera k), del regolamento 2016/1036 non era più possibile. Contrariamente a quanto constatato dal Tribunale al punto 195 della sentenza impugnata, la Zhejiang ritiene di aver dimostrato che differenze significative dei costi di produzione si riflettevano nei prezzi di vendita dei prodotti, cosicché era necessario un adeguamento. Pertanto, la Commissione avrebbe omesso di tener conto del mutamento di circostanze verificatosi durante il procedimento di riesame, cosicché, non rilevando tale omissione, il Tribunale avrebbe violato sia la giurisprudenza dei panel e dell’organo d’appello dell’OMC sia la sentenza del 19 settembre 2013, Dashiqiao Sanqiang Refractory Materials/Consiglio (C‑15/12 P, EU:C:2013:572), secondo cui, se nella fase di riesame, il metodo utilizzato nell’inchiesta iniziale non è conforme all’articolo 2 del regolamento 2016/1036, la Commissione è tenuta a non applicare più tale metodo.

101    La Commissione contesta la fondatezza del terzo motivo di impugnazione.

 Giudizio della Corte

102    Anzitutto, non può essere accolto l’argomento della Zhejiang secondo cui il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto applicando erroneamente l’articolo 2, paragrafi 10 e 11, nonché l’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento 2016/1036.

103    A tal riguardo, va ricordato che, a norma dell’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento 2016/1036, in tutte le inchieste di riesame, la Commissione applica, se non è intervenuto un mutamento delle circostanze, lo stesso metodo impiegato nel corso dell’inchiesta iniziale sfociata nell’istituzione del dazio antidumping di cui trattasi, tenuto conto in particolare delle disposizioni dell’articolo 2 del medesimo regolamento.

104    Pertanto, l’eccezione che consente alle istituzioni dell’Unione di applicare, nel corso del procedimento di riesame condotto in applicazione dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento 2016/1036, un metodo diverso da quello utilizzato nell’inchiesta iniziale quando le circostanze sono cambiate deve necessariamente essere oggetto di un’interpretazione restrittiva, poiché una deroga o un’eccezione a una regola generale devono essere interpretate restrittivamente (sentenza del 19 settembre 2013, Dashiqiao Sanqiang Refractory Materials/Consiglio, C‑15/12 P, EU:C:2013:572, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).

105    Orbene, al punto 202 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che, poiché le circostanze non erano cambiate, la Commissione aveva utilizzato lo stesso metodo impiegato nell’inchiesta sfociata nell’istituzione del dazio antidumping, come richiesto dall’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento 2016/1036.

106    Se è vero che spetta alle istituzioni dell’Unione dimostrare che le circostanze sono cambiate al fine di applicare un metodo diverso rispetto a quello utilizzato nell’ambito dell’esame iniziale (sentenza del 19 settembre 2013, Dashiqiao Sanqiang Refractory Materials/Consiglio, C‑15/12 P, EU:C:2013:572, punto 18), resta nondimeno il fatto che, nel caso di specie, la Commissione non ha né dedotto un mutamento delle circostanze né applicato un metodo diverso.

107    Deve poi essere altresì respinto l’argomento della Zhejiang secondo cui il Tribunale avrebbe snaturato i fatti in quanto ha constatato, da un lato, che la Zhejiang non aveva dimostrato che i prezzi dei tubi e delle condotte fabbricati mediante foratura a caldo e estrusione a caldo tenessero conto delle differenze significative nei costi di produzione e, dall’altro, che le vendite comparabili nel mercato interno indiano non includevano qualità di acciaio speciali abitualmente utilizzate per prodotti militari o nucleari speciali.

108    Infatti, nessuno snaturamento dei fatti risulta manifestamente dagli atti di causa, come richiesto dalla giurisprudenza ricordata al punto 66 della presente sentenza. In primo luogo, il Tribunale, al punto 205 della sentenza impugnata, da un lato, ha motivato il rigetto delle affermazioni della Zhejiang relative all’asserita produzione dei prodotti di qualità di acciaio speciali ad uso nucleare e militare da parte del produttore esportatore indiano, ritenendo che il riferimento ad un opuscolo di quest’ultimo che menziona, in maniera generale, il settore nucleare e militare non fosse sufficiente per concludere che esso produce effettivamente tali prodotti. D’altro lato, il Tribunale ha constatato che i riferimenti ai produttori dell’Unione e degli Stati Uniti non consentivano di comprovare le affermazioni della Zhejiang relative alla produzione di siffatti prodotti in India.

109    Il riferimento del Tribunale, al punto 207 della sentenza impugnata, ai «prezzi» anziché ai «costi» dei produttori degli Stati Uniti non rimette in discussione le constatazioni effettuate ai punti 205 e 206 di tale sentenza, cosicché è irrilevante.

110    In secondo luogo, il Tribunale ha concluso, al punto 208 della sentenza impugnata, senza pronunciarsi sulla ricevibilità della dichiarazione giurata di un esperto presentata dalla Zhejiang in una fase tardiva del procedimento, che detta dichiarazione, espressa in termini generali, non era idonea a rimettere in discussione le sue constatazioni relative alle caratteristiche degli NCP.

111    In terzo e ultimo luogo, per quanto riguarda l’asserita mancata considerazione, da parte del Tribunale, delle differenze significative nei costi di produzione che si riflettevano nei prezzi di vendita dei diversi tipi di prodotti di cui trattasi, dal punto 195 della sentenza impugnata risulta che quest’ultimo ha constatato, in un primo momento, che i metodi di produzione utilizzati per ciascun tipo di prodotto non erano, in linea di principio, pertinenti dal momento che il termine di paragone è il tipo di prodotto finale, indipendentemente dai metodi di produzione utilizzati per fabbricarlo.

112    In un secondo momento, il Tribunale ha concluso che la Zhejiang non aveva sostenuto né dimostrato dinanzi ad esso che le asserite differenze nei metodi di produzione avrebbero inciso sull’identità o sulla somiglianza dei tipi di prodotti interessati.

113    Ne consegue che il terzo motivo deve essere respinto in quanto, in parte, manifestamente irricevibile e, in parte, manifestamente infondato.

 Sul quarto motivo

 Argomenti delle parti

114    La Zhejiang sostiene che, ai punti da 230 a 232, 234, 236, 239, 241 e da 245 a 251 della sentenza impugnata, il Tribunale ha commesso un errore di diritto e snaturato i fatti, in quanto non ha rilevato che il metodo adottato dalla Commissione per la determinazione dei coefficienti applicati al valore normale dei tubi e delle condotte senza saldature in acciaio inossidabile senza corrispondenza diretta con gli NCP esportati fosse errata e non garantisse un valore normale equo per la Zhejiang ai sensi dell’articolo 2 del regolamento 2016/1036.

115    In primo luogo, la Zhejiang ritiene che il Tribunale abbia violato, ai punti da 230 a 232 della sentenza impugnata, l’articolo 2, paragrafi 10 e 11, e l’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento 2016/1036, respingendo, sommariamente, i suoi argomenti relativi alle carenze sostanziali nel modo in cui la Commissione aveva effettuato i calcoli del margine di dumping per la maggior parte dei prodotti dello Zhejiang esportati nell’Unione, che non erano direttamente comparabili ai tubi e alle condotte d’acciaio inossidabile senza saldature venduti dal produttore esportatore indiano sul suo mercato interno in India.

116    In secondo luogo, la Zhejiang ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto e snaturato i fatti constatando, al punto 234 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva utilizzato informazioni «in via residuale» riguardanti i tubi e le condotte senza saldature in acciaio inossidabile di tipo «tubi saldati dei tipi utilizzati per l’estrazione del petrolio o del gas», per i quali le vendite dei produttori dell’Unione hanno servito da base per la determinazione del valore normale. Secondo la Zhejiang, da un lato, la Commissione era tenuta ad utilizzare il criterio delle «normali operazioni commerciali». Dall’altro, la Commissione avrebbe affermato di aver utilizzato, per determinare il valore normale di tali prodotti, i dati forniti dai produttori dell’Unione, senza impiegare il residuale di vendita di un NCP specifico nell’Unione. Tuttavia, secondo la Zhejiang, la Commissione ha ammesso di aver costruito il valore normale di detto NCP senza però spiegare come avesse proceduto. La Zhejiang considera, da un lato, che l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento 2016/1036 prevede una gerarchia dei metodi di determinazione del valore normale e non consente di utilizzare informazioni «in via residuale». D’altro lato, essa ritiene che tali termini, che sono troppo generici, consentirebbero alla Commissione di discostarsi dalle diverse possibilità enunciate all’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento 2016/1036 che si riferiscono tutte al valore normale, compreso il valore normale costruito, e non ad elementi indeterminati dei prezzi di vendita nell’Unione.

117    In terzo luogo, la Zhejiang ritiene che il Tribunale, al punto 236 della sentenza impugnata, abbia snaturato i fatti relativi all’applicazione dei coefficienti dei produttori dell’Unione e degli Stati Uniti ai prezzi di vendita del produttore esportatore indiano. Così, la Zhejiang sostiene di aver fornito alla Commissione molteplici elementi di prova, compresa una dichiarazione giurata, che dimostrano che i costi di produzione dei tubi e delle condotte senza saldature in acciaio inossidabile destinati ad usi nucleari o militari sono molto più elevati dei costi di produzione dei tubi e delle condotte senza saldature in acciaio inossidabile destinati ad un uso ordinario. Pertanto, essa conclude che il Tribunale ha snaturato i fatti constatando, al punto 239 della sentenza impugnata, che essa si era limitata a procedere con semplici affermazioni non suffragate, indicando che i tubi e le condotte destinati ad usi nucleari o militari comportano costi di produzione molto più elevati dei tubi e delle condotte senza saldature in acciaio inossidabile destinati ad un uso commerciale ordinario.

118    In quarto luogo, la Zhejiang fa valere che il Tribunale ha snaturato i fatti quando ha constatato, al punto 241 della sentenza impugnata, che la Commissione disponeva di due possibilità per determinare i coefficienti da applicare e ha deciso, esercitando il suo ampio potere discrezionale, di non utilizzare il metodo alternativo da essa proposto. Inoltre, ha tratto conclusioni errate ai punti da 245 a 251 della sentenza impugnata. Secondo la Zhejiang, l’utilizzo dei listini dei costi e dei prezzi standard dell’industria dell’Unione e degli Stati Uniti era l’unica opzione disponibile per la Commissione al fine di determinare i coefficienti che non sarebbero gonfiati dai costi di produzione più elevati, negli Stati Uniti e nell’Unione, dei tubi e delle condotte senza saldature in acciaio inossidabile destinati ad usi militari o nucleari. Dopo aver ricordato i diversi elementi che influenzano il costo di un NCP, la Zhejiang sostiene che la Commissione ha gonfiato in modo arbitrario ed errato i coefficienti relativi alla qualità di acciaio e alla finitura, mentre i coefficienti utilizzati da quest’ultima si riferiscono anche alle differenze tra gli NCP per quanto riguarda il diametro esterno, lo spessore di parete e numerosi altri elementi degli NCP, i quali non sarebbero stati esclusi dalla Commissione in sede di determinazione della differenza di costo per la qualità di acciaio e il costo della finitura. La Zhejiang propone il metodo corretto che consente di constatare un dumping negativo e rileva che il metodo errato applicato dalla Commissione per determinare i coefficienti ha inciso su almeno due terzi delle sue esportazioni totali.

119    La Commissione contesta la fondatezza del quarto motivo di impugnazione.

 Giudizio della Corte

120    In primo luogo, occorre rilevare che dai punti 230 e 231 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha respinto gli argomenti della Zhejiang volti a dimostrare l’errore di calcolo del margine di dumping per la maggior parte delle esportazioni di quest’ultimo verso l’Unione in quanto, secondo quest’ultima, tali esportazioni non erano direttamente comparabili ai tubi e alle condotte senza saldature in acciaio inossidabile venduti dal produttore esportatore indiano sul suo mercato interno in India.

121    Nei limiti in cui tali argomenti si basavano, in sostanza, sullo stesso ragionamento dedotto a sostegno del motivo della Zhejiang vertente su una violazione dei suoi diritti della difesa, occorre considerare che il Tribunale li ha respinti senza commettere errori di diritto.

122    In secondo luogo, occorre rilevare la lettura erronea data dalla Zhejiang al punto 234 della sentenza impugnata.

123    Infatti, in tale punto, il Tribunale, rispondendo all’argomento della Zhejiang secondo cui l’Unione avrebbe potuto essere utilizzata come «paese di riferimento», ha constatato che la Commissione aveva scelto l’India come paese di riferimento e che «le vendite dei produttori dell’Unione per i due NCP cui [la Zhejiang] fa riferimento [erano] state utilizzate solo in via residuale». Con tali termini, il Tribunale ha solamente evidenziato il fatto che la Commissione si è basata sui dati dei produttori dell’Unione unicamente per gli NCP per i quali non esistevano NCP simili venduti dal produttore esportatore indiano.

124    In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento della Zhejiang relativo all’applicazione del criterio delle «normali operazioni commerciali», occorre rilevare che la Zhejiang non ha specificato, a tal riguardo, i punti della sentenza impugnata che sarebbero viziati da un errore di diritto, cosicché tale argomento è irricevibile in sede di impugnazione.

125    In ogni caso, detto argomento è infondato in quanto l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento 2016/1036 non riguarda il criterio delle «normali operazioni commerciali».

126    In quarto luogo, si deve respingere l’argomento della Zhejiang secondo cui il Tribunale avrebbe snaturato i fatti al punto 236 della sentenza impugnata, nella parte in cui ha constatato che la Commissione ha utilizzato i prezzi adeguati del produttore esportatore indiano per le esportazioni di tubi e condotte senza saldature in acciaio inossidabile della Zhejiang di tipo «tubi saldati dei tipi utilizzati per l’estrazione del petrolio o del gas».

127    Infatti, contrariamente a quanto afferma la Zhejiang, il Tribunale ha constatato, in tale punto, da un lato, che i coefficienti sono stati determinati sulla base dei costi di produzione dei produttori degli Stati Uniti o dell’Unione e sono stati applicati ai prezzi di vendita del produttore esportatore indiano.

128    D’altro lato, il Tribunale ha respinto l’argomento della Zhejiang secondo cui il margine di dumping della maggior parte dei prodotti da essa esportati risulterebbe da dati provenienti dagli Stati Uniti o dall’Unione. Esso ha constatato, a tal riguardo, che la determinazione del valore normale per la maggior parte dei prodotti della Zhejiang esportati nell’Unione era fondata sui dati forniti dal produttore esportatore indiano, e che il fatto che la Commissione abbia utilizzato coefficienti calcolati a partire dai costi di produzione dei produttori dell’Unione o degli Stati Uniti, per adeguare il valore normale del tipo di prodotto più vicino al produttore esportatore indiano, non era idoneo a rimettere in discussione tale constatazione.

129    In quinto luogo, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 56 della presente sentenza, occorre respingere l’argomento della Zhejiang diretto contro il punto 239 della sentenza impugnata in quanto irricevibile in sede di impugnazione.

130    Infatti, nei limiti in cui la Zhejiang contesta il rilievo del Tribunale secondo cui i suoi argomenti, volti a dimostrare che i tubi e le condotte senza saldature in acciaio inossidabile destinati ad usi nucleari o militari, anche fabbricati a partire da acciaio ordinario, comportano costi di produzione molto più elevati rispetto alla fabbricazione dei tubi e delle condotte senza saldature in acciaio inossidabile destinati ad un uso commerciale, non erano suffragati da prove nonché il rilievo secondo cui il rinvio a diversi allegati non ha consentito al Tribunale di individuare, con precisione, i motivi e gli argomenti invocati, senza tuttavia dimostrare l’errore di diritto commesso da quest’ultimo, occorre considerare che la Zhejiang mira, in sostanza, a che la Corte sostituisca la propria valutazione degli elementi di prova con quella effettuata dal Tribunale.

131    In sesto luogo, deve essere respinto in quanto infondato l’argomento della Zhejiang secondo cui l’utilizzo dei listini dei costi e dei prezzi standard dell’industria dell’Unione e degli Stati Uniti era l’unica opzione disponibile per la Commissione al fine di determinare correttamente i coefficienti da applicare.

132    A tal riguardo, ai punti 241 e 242 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato, senza incorrere in errore, che la ragionevolezza dell’adeguamento e l’equità del confronto al quale ha condotto l’adeguamento basato su tale stima non possono essere valutati alla luce dell’esistenza o meno di metodi alternativi più appropriati. Pertanto, quest’ultimo ha concluso, illustrando le ragioni per le quali la Commissione non aveva adottato i metodi alternativi, che la Zhejiang non aveva dimostrato alcuna illegittimità del metodo utilizzato dalla Commissione.

133    In settimo e ultimo luogo, la contestazione, da parte della Zhejiang, dei punti da 245 a 251 della sentenza impugnata deve essere respinta, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 56 della presente sentenza, in quanto irricevibile in sede di impugnazione, nei limiti in cui essa mira, in sostanza, a che la Corte sostituisca la propria valutazione degli elementi di prova a quella effettuata dal Tribunale, senza che sia dimostrato un errore di diritto o uno snaturamento.

134    Ne consegue che il quarto motivo dev’essere respinto.

 Sul quinto motivo

 Argomenti delle parti

135    La Zhejiang sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto ai punti 268 e 269 della sentenza impugnata in quanto ha incluso, nelle sue conclusioni sull’impatto sull’Unione della sottoquotazione dei prezzi dei tubi e delle condotte senza saldature in acciaio inossidabile della Zhejiang, i prezzi praticati dall’industria dell’Unione per i tubi e le condotte destinati ad usi militari o nucleari nonché i prezzi dei tubi e delle condotte senza saldature in acciaio inossidabile della Zhejiang utilizzati nelle procedure doganali di perfezionamento attivo, in violazione dell’articolo 3, paragrafi 2, 3, 5 e 6 e dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento 2016/1036.

136    A tal riguardo, la Zhejiang sostiene che, nel corso del procedimento di riesame, le importazioni nell’Unione di tubi e di condotte senza saldature in acciaio inossidabile provenienti dalla Cina sono diminuiti rispetto a quelle provenienti dall’India. Così, essa ha menzionato il fatto che i prezzi dei tubi e delle condotte senza saldature in acciaio inossidabile praticati dalla Zhejiang erano inferiori ai prezzi delle esportazioni indiane di tubi e condotte senza saldature in acciaio inossidabile verso l’Unione nel corso dello stesso periodo. Ricordando i dati statistici che indicano che i prezzi all’esportazione dei tubi e delle condotte senza saldature in acciaio inossidabile cinesi sono sempre stati più elevati dei prezzi all’esportazione dei tubi e delle condotte senza saldature in acciaio inossidabile indiani esportati verso l’Unione, la Zhejiang ritiene che la Commissione abbia commesso un errore basando la propria valutazione del pregiudizio causato all’industria dell’Unione e della probabile reiterazione di tale pregiudizio sulla sottoquotazione dei prezzi praticati dagli esportatori cinesi di tubi e di condotte senza saldature in acciaio inossidabile rispetto ai prezzi dell’industria dell’Unione. Confermando tale valutazione al punto 267 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe parimenti commesso un errore di diritto.

137    Inoltre, secondo la Zhejiang, il Tribunale ha commesso un errore nell’approvare, al punto 269 della sentenza impugnata, l’approccio della Commissione secondo cui le importazioni dall’India o da altri paesi terzi non costituivano l’unico fattore che aveva causato un pregiudizio all’industria dell’Unione durante il periodo dell’inchiesta di riesame. Essa ritiene che l’affermazione del Tribunale, secondo la quale la discrepanza più importante rilevata dalla Zhejiang risulta dalla mancata presa in considerazione del prezzo delle importazioni nell’ambito del regime di perfezionamento attivo, ignori il fatto che i tubi e le condotte senza saldature in acciaio inossidabile della Zhejiang soggetti al regime di perfezionamento attivo non sono mai stati importati nell’Unione e non sono mai stati immessi in libera pratica nel mercato dell’Unione. Essa ne conclude che il Tribunale ha commesso un errore di diritto ai punti 268 e 269 della sentenza impugnata, quando ha incluso, nelle sue constatazioni relative alla sottoquotazione dei prezzi, i prezzi praticati dalla Zhejiang per i tubi e le condotte senza saldature in acciaio inossidabile utilizzati nell’ambito del regime doganale di perfezionamento attivo.

138    La Commissione contesta la fondatezza del quinto motivo di impugnazione.

 Giudizio della Corte

139    Non può essere accolto l’argomento della Zhejiang secondo cui il Tribunale ha erroneamente concluso, al punto 269 della sentenza impugnata, che le importazioni provenienti dall’India o da altri paesi terzi non costituivano il solo fattore che ha causato un pregiudizio all’industria dell’Unione durante il periodo dell’inchiesta di riesame e ha, pertanto, respinto i suoi argomenti.

140    Infatti, ai punti da 267 a 269 della sentenza impugnata, il Tribunale ha osservato che la constatazione dell’esistenza e del rischio di reiterazione del pregiudizio causato all’industria dell’Unione si basava sui livelli di sottoquotazione delle importazioni cinesi e che la Commissione aveva tenuto conto delle importazioni indiane nell’ambito dei vari fattori causali del pregiudizio. Inoltre, il Tribunale ha esaminato gli argomenti della Zhejiang diretti a contestare detta constatazione e li ha respinti.

141    Poiché non è stato dimostrato alcun errore di diritto o snaturamento, si deve dichiarare che, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 56 della presente sentenza, l’argomentazione della Zhejiang mira, in sostanza, a che la Corte sostituisca la propria valutazione degli elementi di prova a quella effettuata dal Tribunale, sicché essa è irricevibile in sede di impugnazione.

142    Inoltre, occorre rilevare che l’argomento della Zhejiang secondo cui il Tribunale ha erroneamente constatato, al punto 269 della sentenza impugnata, che la discrepanza più importante da essa rilevata tra il prezzo delle importazioni indiane e quello delle importazioni cinesi risulta dalla mancata presa in considerazione del prezzo delle importazioni nell’ambito del regime di perfezionamento attivo, sebbene essa non abbia mai importato nell’Unione tubi e condotte senza saldatura in acciaio inossidabile soggetti al regime di perfezionamento attivo, si basa su una lettura erronea della sentenza impugnata.

143    A tal riguardo, occorre rilevare che, in detto punto, il Tribunale ha fatto riferimento non alle importazioni della Zhejiang, bensì alle importazioni cinesi in generale. Pertanto, il Tribunale ha respinto l’argomento della Zhejiang secondo cui il prezzo delle importazioni indiane sarebbe sempre stato «nettamente» inferiore a quello delle importazioni cinesi, constatando che il prezzo medio delle importazioni indiane, benché inferiore al prezzo medio delle importazioni cinesi, si collocava a un livello molto vicino a quest’ultimo durante il periodo dell’inchiesta di riesame e che la discrepanza più importante rilevata dalla Zhejiang risultava dalla mancata presa in considerazione del prezzo delle importazioni nell’ambito del regime di perfezionamento attivo.

144    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il quinto motivo di impugnazione deve essere respinto e che, di conseguenza, anche l’impugnazione deve essere respinta in toto.

 Sulle spese

145    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese. A termini dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di detto regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

146    Nel caso di specie, poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Zhejiang, rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La Zhejiang Jiuli Hi-Tech Metals Co. Ltd sopporta, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione europea.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.