Language of document : ECLI:EU:C:1997:344

SENTENZA DELLA CORTE

9 luglio 1997(1)

«Direttiva ”televisione senza frontiere" — Pubblicità televisiva trasmessa da uno Stato membro — Divieto della pubblicità ingannevole — Divieto della pubblicità rivolta ai bambini»

Nei procedimenti riuniti C-34/95, C-35/95 e C-36/95,

aventi ad oggetto tre domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dal Marknadsdomstolen (Svezia), nelle cause dinanzi ad esso pendenti tra

Konsumentombudsmannen (KO)

e

De Agostini (Svenska) Förlag AB (C-34/95),

e tra
Konsumentombudsmannen (KO)

e

TV-Shop i Sverige AB (C-35/95 e C-36/95),

domande vertenti sull'interpretazione degli artt. 30 e 59 del Trattato CE e della direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (GU L 298, pag. 23),

LA CORTE,



composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, G.F. Mancini, J.C. Motinho de Almeida, J.L. Murray (relatore) e L. Sevón, presidenti di sezione, C.N. Kakouris, P.J.G. Kapteyn, C. Gulmann, D.A.O. Edward, J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann e H. Ragnemalm, giudici,

avvocato generale: F.G. Jacobs

cancelliere: H.A. Rühl, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

  • nel procedimento C-34/95, dal Konsumentombudsman Axel Edling;

  • nei procedimenti C-35/95 e C-36/95, per il Konsumentombudsman, dal signor Per Eklund, Ställföreträdande konsumentombudsman;

  • per la De Agostini (Svenska) Förlag AB, dagli avv.ti Peter Danowsky e Ulf Isaksson, del foro di Stoccolma;

  • per la TV-Shop i Sverige AB, dall'avv. Lars-Erik Ström, del foro di Malmö;

  • per il governo svedese, dalla signora Lotty Nordling, rättschef presso il dipartimento del commercio con l'estero del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;

  • per il governo belga, dal signor Jan Devadder, direttore di amministrazione presso il servizio giuridico del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;

  • per il governo ellenico, dal signor Panagiotis Kamarineas, consigliere giuridico presso l'Avvocatura dello Stato, dalla signora Ionna Kiki, segretaria del servizio speciale del contenzioso comunitario del ministero degli Affari esteri, e dalla signora Sofia Chiniadou, consigliere giuridico presso il ministro della Stampa e dei mezzi d'informazione, in qualità di agenti;

  • per il governo finlandese, dal signor Holger Rotkirch, ambasciatore, capo del servizio Affari giuridici del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;

  • per il governo norvegese, dal signor Didrik Tønseth, procuratore generale per le cause civili, in qualità di agente;

  • per la Commissione delle Comunità europee, dal signor Berend Jan Drijber, membro del servizio giuridico, in qualità di agente,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali del Konsumentombudsman Axel Edling, della De Agostini (Svenska) Förlag AB, rappresentata dagli avv.ti Peter Danowsky e Ulf Isaksson, della TV-Shop i Sverige AB, rappresentata dall'avv. Lars-Erik Ström, del governo svedese, rappresentato dalla signora Lotty Nordling, del governo ellenico, rappresentato dal signor Georgios Kanellopoulos, consigliere giuridico aggiunto presso l'Avvocatura dello Stato, in qualità di agente, del governo finlandese, rappresentato dalla signora Tuula Pynnä, consigliere giuridico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, del governo norvegese, rappresentato dal signor Didrik Tønseth, e della Commissione, rappresentata dal signor Berend Jan Drijber e dalla signora Karin Oldfelt, consigliere giuridico principale, in qualità di agenti, all'udienza dell'11 giugno 1996,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 17 settembre 1996,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

  1. Con tre ordinanze 7 febbraio 1995, pervenute in cancelleria il 13 febbraio 1995, il Marknadsdomstolen ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, due questioni pregiudiziali, relative all'interpretazione degli artt. 30 e 59 del Trattato CE e della direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (GU L 298, pag. 23; in prosieguo: la «direttiva»).

  2. Tali questioni sono sorte nell'ambito di tre domande presentate dal Konsumentombudsman (ombudsman dei consumatori) e dirette a far vietare alla De Agostini (Svenska) Förlag AB (in prosieguo: la «De Agostini») e alla TV-Shop i Sverige AB (in prosieguo: la «TV-Shop») il ricorso a determinate pratiche di commercializzazione nei messaggi pubblicitari televisivi riguardanti rispettivamente una pubblicazione per bambini (causa C-34/95), prodotti cosmetici (causa C-35/95) ed un detersivo (causa C-36/95).

    Disposizioni generali della direttiva

  3. Come la Corte ha rilevato nella sentenza 9 febbraio 1995, causa C-412/93, Leclerc-Siplec (Racc. pag. I-179), l'obiettivo primario della direttiva, che è stata adottata in base agli artt. 57, n. 2, e 66 del Trattato CEE, consiste nel garantire la libera diffusione dei programmi televisivi. Come risulta dal tredicesimo e dal quattordicesimo 'considerando‘, essa stabilisce prescrizioni minime per le trasmissioni che sono trasmesse dalla Comunità e che devono essere captate nella medesima (punti 28 e 29).

  4. L'art. 1 della direttiva definisce la «trasmissione televisiva» come la trasmissione originaria, via cavo o via etere, nonché la trasmissione via satellite, in forma non codificata o codificata, di programmi televisivi destinati al pubblico. Esso definisce altresì la «pubblicità televisiva» come comprendente ogni forma di messaggio televisivo trasmesso dietro compenso o pagamento analogo da un'impresa pubblica o privata, in particolare nell'ambito di un'attività commerciale, allo scopo di promuovere la fornitura, dietro compenso, di beni o di servizi. La stessa disposizione aggiunge infine che, salvo per i fini di cui all'art. 18 della direttiva, la pubblicità televisiva non include le offerte dirette al pubblico per la vendita, l'acquisto o il noleggio dei prodotti o per la fornitura di servizi dietro compenso.

  5. L'art. 2 della direttiva dispone inoltre:

    «1. Ciascuno Stato membro vigila a che tutte le trasmissioni televisive:

    • delle emittenti televisive soggette alla sua giurisdizione

    (...)

    rispettino il diritto applicabile alle trasmissioni destinate al pubblico in questo Stato membro.

    2. Gli Stati membri assicurano la libertà di ricezione e non ostacolano la ritrasmissione sul proprio territorio di trasmissioni televisive provenienti da altri Stati membri per ragioni attinenti ai settori coordinati dalla presente direttiva. Gli Stati membri possono sospendere temporaneamente la ritrasmissione di programmi televisivi qualora sussistano le seguenti condizioni:

    1. qualora una trasmissione televisiva proveniente da un altro Stato membro violi in misura manifesta, seria e grave l'articolo 22;

    2. qualora nel corso dei dodici mesi precedenti la stazione televisiva abbia già violato almeno due volte la stessa disposizione;

    3. qualora lo Stato membro interessato abbia notificato per iscritto all'emittente televisiva e alla Commissione le violazioni rilevate e l'intenzione di limitare la ritrasmissione ove detta violazione si verificasse nuovamente;

    4. qualora le consultazioni con lo Stato che effettua la trasmissione e la Commissione non abbiano consentito di raggiungere una composizione amichevole entro un termine di 15 giorni dalla notifica di cui alla lettera c) e ove si constati il ripetersi della violazione rilevata.

    La Commissione accerta la compatibilità della sospensione con il diritto comunitario. Essa può chiedere allo Stato membro interessato di porre fine d'urgenza a una sospensione contraria al diritto comunitario. Tale disposizione non pregiudica l'applicazione, nello Stato membro alla cui giurisdizione è soggetta l'emittente televisiva in questione, di qualsiasi procedura, misura o sanzione nei confronti delle violazioni di cui trattasi

    (...)».

  6. Infine, l'art. 3, n. 1, della direttiva accorda agli Stati membri la facoltà, per ciò che si riferisce alle emittenti televisive soggette alla loro competenza, di prevedere norme più rigorose o più particolareggiate nei settori inclusi nella direttiva. A norma dell'art. 3, n. 2, gli Stati membri sono tenuti a vigilare sul rispetto delle disposizioni della direttiva da parte delle emittenti televisive soggette alla loro giurisdizione.

    Diritto svedese

  7. Ai sensi dell'art. 2, primo comma, della marknadsföringslag (1975:1418; in prosieguo: la «legge sulle pratiche commerciali»), il Marknadsdomstolen può vietare ad un operatore economico, che, in occasione della commercializzazione di un prodotto, di un servizio o di qualsiasi altro bene, effettua una pubblicità o a qualsiasi altro atto che sia contrario alla morale commerciale o abbia carattere sleale nei confronti dei consumatori o di altri operatori economici, di continuare ad agire in tal modo o di porre in essere pratiche analoghe. Tale disposizione si applica altresì alle trasmissioni televisive che possono essere ricevute in qualsiasi altro paese vincolato dall'Accordo sullo Spazio economico europeo.

  8. Inoltre, l'art. 3 della legge sulle pratiche commerciali autorizza il Marknadsdomstolen, in particolare, ad ordinare all'operatore commerciale di fornire nella sua pubblicità informazioni che detto organo giurisdizionale consideri rilevanti per il consumatore.

  9. Peraltro, l'art. 11 della radiolag (1966:755; in prosieguo: la «legge sulle trasmissioni radiotelevisive») dispone che una sequenza pubblicitaria diffusa durante le fasce orarie previste per la pubblicità televisiva non deve mirare ad attirare l'attenzione dei minori di 12 anni.

  10. Emerge dall'ordinanza di rinvio che, secondo una giurisprudenza costante del Marknadsdomstolen, pratiche commerciali contrarie a disposizioni legislative imperative, nonché la pubblicità ingannevole, sono considerate sleali ai sensi dell'art. 2 della legge sulle pratiche commerciali.

    Fatti delle cause principali

  11. La TV3 è una società con sede nel Regno Unito. Essa trasmette programmi televisivi via satellite da tale Stato verso la Danimarca, la Svezia e la Norvegia.

  12. La TV4 e la Homeshopping Channel sono emittenti che operano in Svezia in base ad una licenza conforme alla legge sulle trasmissioni radiotelevisive.

  13. Nei tre casi di specie, la pubblicità televisiva di cui trattasi era ritrasmessa in Svezia via satellite a partire dal Regno Unito e programmata su TV3. Parallelamente tale pubblicità era trasmessa su TV4 (procedimento C-34/95) e su Homeshopping Channel (procedimenti C-35/95 e C-36/95), senza essere stata previamente trasmessa da un altro Stato membro.

    Procedimento C-34/95

  14. Nel settembre 1993 la De Agostini, una società svedese che fa parte del gruppo italiano Istituto Geografico De Agostini, la cui attività principale consiste nel pubblicare riviste, ha presentato al pubblico svedese, sui canali televisivi TV3 e TV4, un messaggio pubblicitario per la pubblicazione «Allt om dinosaurier!» («Tutto sui dinosauri!»).

  15. Emerge dal fascicolo della causa principale che trattasi di una rivista enciclopedica che contiene informazioni sui dinosauri e un modellino di dinosauro pertinente al suo contenuto. E' pubblicato in forma di serie, ciascuna delle quali è composta di diversi fascicoli. In ogni fascicolo viene incluso un elemento del modellino. Acquistando tutti i fascicoli della serie si ottengono tutte le parti del modellino. La pubblicazione, edita in più lingue, è stata diffusa in numerosi Stati membri dal 1993. Risulta che tutte le versioni linguistiche della rivista vengono stampate in Italia.

  16. L'ombudsman dei consumatori, in base all'art. 2 della legge sulle pratiche commerciali, ha chiesto al Marknadsdomstolen di vietare, a pena di ammenda, alla De Agostini di commercializzare la pubblicazione «Allt om dinosaurier!» nel modo sopra descritto, poiché tale pubblicità mirava ad attirare l'attenzione dei bambini minori di 12 anni e, quindi, era contraria all'art. 11 della legge sulle trasmissioni radiotelevisive. Nel caso in cui il Marknadsdomstolen non accogliesse tale richiesta, l'ombudsman dei consumatori ha chiesto che, ai sensi dell'art. 3 della legge sulle pratiche commerciali, sia ingiunto, a pena di un'ammenda, alla De Agostini di indicare nei suoi messaggi pubblicitari televisivi rivolti ai bambini il numero di fascicoli necessari per ottenere il modellino completo nonché il prezzo complessivo di quest'ultimo. Infine, l'ombudsman dei consumatori ha chiesto, ai sensi dell'art. 2 della legge sulle pratiche commerciali, che venga proibito, a pena di un'ammenda, alla De Agostini di utilizzare, nella sua pubblicità televisiva, il messaggio «Ogni due settimane puoi raccogliere le parti di un modellino di dinosauro fluorescente e tutti i fascicoli che costituiranno insieme un'enciclopedia; tutto per sole 7,50 corone» o messaggi di contenuto essenzialmente identico.

    Procedimenti C-35/95 e C-36/95

  17. I procedimenti C-35/95 e C-36/95 riguardano le attività della TV-Shop, controllata svedese della società TV-Shop Europe. Tali attività consistono nella presentazione di prodotti commercializzati nell'ambito di una sequenza televisiva in seguito alla quale il cliente può ordinare i detti prodotti telefonicamente. I servizi di vendita e di rapporti con la clientela si trovano nei diversi paesi di ricezione. La consegna dei prodotti si effettua per posta.

  18. Nel 1993 la TV-Shop ha fatto diffondere sulla TV3 e sulla Homeshopping Channel due «informercials» riguardanti i prodotti cosmetici «Body de Lite» e i detersivi «Astonish».

  19. Nella causa che ha dato origine al procedimento C-35/95 l'ombudsman dei consumatori, in base all'art. 2 della legge sulle pratiche commerciali, ha chiesto al Marknadsdomstolen di vietare alla TV-Shop, nell'ambito della commercializzazione dei prodotti cosmetici,

    • di fare affermazioni riguardanti gli effetti dei detti prodotti sull'epidermide senza poter provare tali affermazioni al momento dellacommercializzazione;

    • di affermare che i prodotti hanno effetti curativi o terapeutici mentre essi non sono stati autorizzati come medicinali secondo la procedura a tale scopo prevista;

    • di affermare o di fare intendere che il consumatore, acquistando una serie di prodotti cosmetici, ottenga gratuitamente prodotti aggiuntivi se tale serie non è di regola venduta allo stesso prezzo praticato in caso di vendita senza i prodotti aggiuntivi;

    • di confrontare il prezzo della serie di prodotti cosmetici con prodotti di altre marche se la società non è in grado di dimostrare che il raffronto riguarda prodotti identici o analoghi; e

    • di affermare che, per ricevere taluni prodotti aggiuntivi, il consumatore deve far pervenire il suo ordinativo entro 20 minuti ovvero entro un termine altrettanto breve.



  20. L'ombudsman dei consumatori, in base all'art. 3 della legge sulle pratiche commerciali, ha inoltre chiesto al Marknadsdomstolen di ordinare, a pena di un'ammenda, alla TV-Shop di indicare l'importo in corone, nell'ambito della pubblicità televisiva dei prodotti, delle spese supplementari di trasporto e di pagamento alla consegna nonché di ogni spesa analoga.

  21. Parimenti, nella causa da cui è scaturito il procedimento C-36/95 l'ombudsamn dei consumatori, in base all'art. 2 della legge sulle pratiche commerciali, ha chiesto al Marknadsdomstolen di vietare, a pena di un'ammenda, alla TV-Shop,

    • di fare dichiarazioni in ordine all'efficacia dei prodotti detersivi senza poterne dimostrare l'esattezza al momento della commercializzazione,

    • di utilizzare i termini «non nuoce all'ambiente» o di impiegare espressioni altrettanto imprecise che implichino che il detersivo possiede caratteristiche vantaggiose per l'ambiente, e

    • di utilizzare l'espressione «biodegradabile» o espressioni analoghe a proposito del detersivo senza poterne provare l'esattezza al momento della commercializzazione.



  22. Di conseguenza, il Marknadsdomstolen ha sottoposto alla Corte di giustizia delle Comunità europee le seguenti questioni pregiudiziali:

    «Se gli artt. 30 o 59 del Trattato ovvero la direttiva 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, debbano essere interpretati nel senso che

    a)     ostano a che uno Stato membro impedisca la diffusione di una pubblicità televisiva che un'impresa faccia trasmettere da un'altro Stato membro (nei procedimenti C-34/95, C-35/95 e C-36/95);

    b)    ostano all'applicazione del divieto di cui all'art. 11, n. 1, della radiolag, relativo alla pubblicità destinata ai bambini (nel procedimento C-34/95)».

  23. Con ordinanza 20 marzo 1995, il presidente della Corte, ai sensi dell'art. 43 del regolamento di procedura, ha disposto la riunione dei procedimenti C-34/95, C-35/95 e C-36/95 ai fini delle fasi scritta ed orale e della sentenza.

    Sulla prima questione

    Per quanto riguarda la direttiva

  24. Per quanto riguarda l'eventuale applicazione della direttiva, occorre anzitutto ricordare che, nonostante la sua redazione imperfetta, emerge dal suo titolo che essa è diretta a coordinare determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive ai fini dell'eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione all'interno della Comunità.

  25. Emerge peraltro dall'ottavo, dal nono e dal decimo 'considerando‘ della direttiva che gli ostacoli che il legislatore comunitario ha inteso abolire sono quelli che risultano dalle disparità esistenti tra le disposizioni degli Stati membri per quanto riguarda l'esercizio dell'attività di diffusione e di distribuzione dei programmi televisivi.

  26. Ne consegue che i settori coordinati dalla direttiva lo sono solo per quanto riguarda la trasmissione televisiva vera e propria, come definita nell'art. 1, lett. a).

  27. Occorre inoltre rilevare che, per garantire la libera diffusione delle trasmissioni televisive, l'art. 2 della direttiva dispone che tutte le trasmissioni provenienti dalla Comunità e destinate ad essere captate al suo interno, in particolare quelle destinate ad un altro Stato membro, devono rispettare le norme dello Stato membro d'origine relative alle trasmissioni destinate al pubblico in tale Stato membro, nonché le disposizioni della direttiva. Nel contempo gli Stati membri, con riserva della facoltà loro riconosciuta dall'art. 2, n. 2, sono tenuti a garantire la libertà di ricezione e a non ostacolare la ritrasmissione sul proprio territorio di trasmissioni televisive provenienti da altri Stati membri per ragioni attinenti ai settori coordinati dalla direttiva.

  28. Si deve altresì sottolineare che risulta dal tredicesimo 'considerando‘ della direttiva che quest'ultima contiene le disposizioni minime necessarie per garantire la libera diffusione delle trasmissioni e, perciò, non intacca le competenze degli Stati membri quanto all'organizzazione e al finanziamento delle emissioni televisive e al contenuto dei programmi. Emerge dal diciassettesimo 'considerando‘ che la direttiva, limitandosi a dettare una disciplina concernente specificamente le attività televisive, non pregiudica gli atti comunitari di armonizzazione esistenti o futuri che rispondano, in particolare, ad esigenze imperative attinenti alla protezione dei consumatori, alla lealtà delle operazioni commerciali e alla concorrenza.

  29. Occorre poi rammentare come dalla sentenza 10 settembre 1996, causa C-222/94, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I-4025, punto 42), risulti che la giurisdizione ratione personae di uno Stato membro nei confronti di un'emittente televisiva può fondarsi solo sulla sua appartenenza all'ordinamento giuridico di detto Stato, il che corrisponde in sostanza alla nozione di stabilimento ai sensi dell'art. 59, primo comma, del Trattato, i cui termini presuppongono che i prestatore e il destinatario di un servizio siano «stabiliti» in due diversi Stati membri.

  30. Per quanto riguarda più in particolare la questione della pubblicità, occorre osservare che la direttiva stabilisce, nel capitolo IV relativo alla pubblicità televisiva e alla sponsorizzazione, determinati principi relativi alle modalità di trasmissione, all'utilizzazione di determinate tecniche di pubblicità e al tempo di trasmissione che può essere dedicato a questo tipo di attività (artt. 10, 11, 17 e 18).

  31. La direttiva riguarda altresì il contenuto della pubblicità televisiva. L'art. 12 dispone che quest'ultima non deve vilipendere la dignità umana, comportare discriminazioni di razza, sesso o nazionalità, offendere convenzioni religiose o politiche, indurre a comportamenti nocivi per la salute o la sicurezza né indurre a comportamenti che compromettano la protezione dell'ambiente. Gli artt. 13 e 14 stabiliscono un divieto assoluto della pubblicità televisiva per quanto concerne le sigarette e gli altri prodotti del tabacco, nonché i medicinali e le cure mediche disponibili unicamente con ricetta medica nello Stato membro alla cui giurisdizione è soggetta l'emittente televisiva. L'art. 15 prevede determinate restrizioni in materia di pubblicità televisiva per le bevande alcoliche. Quanto all'art. 16, esso stabilisce diversi principi per quanto riguarda più in particolare la protezione dei minorenni, contemplata inoltre, nel capitolo V, dall'art. 22.

  32. Si deve quindi constatare che la direttiva attua, per quanto riguarda l'attività di trasmissione e di distribuzione di programmi televisivi, un coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alla pubblicità televisiva e alla sponsorizzazione, ma che, tuttavia, tale coordinamento è soltanto parziale.

  33. Anche se la direttiva prevede che gli Stati membri garantiscano la libertà di ricezione e non ostacolino la ritrasmissione sul loro territorio di trasmissioni televisive provenienti da altri Stati membri per ragioni relative alla pubblicità televisiva e alla sponsorizzazione, essa tuttavia non ha l'effetto di escludere completamente ed automaticamente l'applicazione di norme diverse da quelle che riguardano specificamente la trasmissione e la distribuzione dei programmi.

  34. Cosicché la direttiva non osta in linea di principio all'applicazione di una normativa nazionale che persegua in generale un obiettivo di tutela dei consumatori senza tuttavia istituire un secondo controllo delle trasmissioni televisive oltre a quello che lo Stato membro da cui proviene la trasmissione è tenuto ad effettuare.

  35. Di conseguenza, non risulta configurare un ostacolo vietato dalla direttiva l'applicazione, nei riguardi di trasmissioni televisive provenienti da altri Stati membri, di una normativa di uno Stato membro come quella discussa nelle cause principali la quale, mirando alla tutela dei consumatori, predispone a tale scopo un sistema di divieti e di ingiunzioni nei confronti degli inserzionisti, con corredo di sanzioni pecuniarie.

  36. Secondo la De Agostini, la TV-Shop e la Commissione, il principio del controllo delle trasmissioni da parte dello Stato nella cui giurisdizione rientra l'emittente televisiva sarebbe gravemente compromesso sia nel suo scopo sia nei suoi effetti se detta direttiva dovesse essere considerata inapplicabile agli inserzionisti. Una restrizione relativa alla pubblicità avrebbe infatti un impatto sulle trasmissioni televisive, anche se riguarda solo la pubblicità.

  37. Per rispondere a tale obiezione è sufficiente osservare che la direttiva del Consiglio 10 settembre 1984, 84/450/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole (GU L 250, pag. 17), che dispone in particolare, nell'art. 4, n. 1, che gli Stati membri si accertano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per lottare contro la pubblicità ingannevole nell'interesse sia dei consumatori che dei concorrenti e del pubblico in generale, rischierebbe di essere svuotata di contenuto nel settore della pubblicità televisiva se lo Stato membro di ricezione fosse privato di qualsiasi possibilità di adottare provvedimenti nei confronti degli inserzionisti e che ciò contrasterebbe con la volontà espressa dal legislatore comunitario (v., in tal senso, sentenza della Corte dell'Associazione europea di libero scambio 16 giugno 1995, cause E-8/94 e E-9/94, Forbrukerombudet/Mattel Scandinavia e Lego Norge, Report of the EFTA Court 1° gennaio 1994 - 30 giugno 1995, 113, punti 54-56, e 58).

  38. Risulta da quanto sopra che la direttiva non osta a che uno Stato membro, applicando una normativa generale relativa alla tutela dei consumatori contro la pubblicità ingannevole, adotti provvedimenti nei confronti di un inserzionista a motivo di una pubblicità televisiva trasmessa da un altro Stato membro, purché tali provvedimenti non impediscano la ritrasmissione in sé e per sé sul suo territorio delle trasmissioni televisive provenienti dall'altro Stato membro suddetto.

    Per quanto riguarda l'art. 30 del Trattato

  39. Nella sentenza Leclerc-Siplec, citata, punto 22, la Corte ha statuito che una normativa la quale vieta la pubblicità televisiva in un settore particolare riguarda modalità di vendita dei prodotti che ne fanno parte in quanto vieta una forma di promozione di un determinato metodo di smercio di prodotti.

  40. Nella sentenza 24 novembre 1993, cause riunite C-267/91 e C-268/91, Keck e Mithouard (Racc. pag. I-6097, punto 16), la Corte ha considerato che disposizioni nazionali che limitino o vietino talune modalità di vendita non rientrano nella sfera d'applicazione dell'art. 30 del Trattato, sempreché valgano nei confronti di tutti gli operatori che svolgano la loro attività sul territorio nazionale e incidano in ugual misura, sia in diritto sia in fatto, sullo smercio di prodotti nazionali e di prodotti provenienti da altri Stati membri.

  41. La prima condizione è manifestamente soddisfatta nelle fattispecie di cui alle cause principali.

  42. Quanto alla seconda condizione, non si può escludere che un divieto totale, in uno Stato membro, di una forma di promozione di un prodotto, che ivi è legittimamente venduto, incida in misura maggiore sui prodotti provenienti da altri Stati membri.

  43. Anche se l'efficacia dei vari modi di promozione è una questione di fatto la cui valutazione spetta, in via di principio, al giudice a quo, occorre rilevare al riguardo che, nelle sue osservazioni, la De Agostini ha sostenuto che la pubblicità televisiva era la sola forma di promozione efficace che le permettesse di penetrare nel mercato svedese, visto che essa non disponeva di altri mezzi pubblicitari per raggiungere i bambini e i loro genitori.

  44. Di conseguenza, il divieto totale della pubblicità rivolta ai bambini minori di 12 anni e della pubblicità ingannevole ai sensi della legislazione svedese non rientra nell'art. 30 del Trattato, a meno che sia dimostrato che tale divieto non incide in egual misura, sia in diritto sia in fatto, sullo smercio dei prodotti nazionali e di quelli provenienti da altri Stati membri.

  45. In quest'ultima ipotesi, spetterebbe al giudice a quo verificare se il divieto sia necessario per soddisfare esigenze imperative attinenti all'interesse generale o per conseguire uno degli obiettivi elencati nell'art. 36 del Trattato CE o sia proporzionato a tale scopo e se non fosse possibile conseguire detti obiettivi o soddisfare dette esigenze mediante misure meno restrittive per gli scambi intracomunitari.

  46. Occorre inoltre rilevare che, secondo una costante giurisprudenza, la lealtà dei negozi commerciali e la difesa dei consumatori in generale costituiscono esigenze imperative di interesse generale che possono giustificare ostacoli alla libera circolazione delle merci (sentenza 20 febbraio 1979, cosiddetta sentenza «Cassis de Dijon», causa 120/78, Rewe-Zentral, Racc. pag. 649, punto 8).

  47. Di conseguenza, occorre statuire che l'art. 30 del Trattato dev'essere interpretato nel senso che non osta a che uno Stato membro, in base alle disposizioni della sua normativa nazionale, adotti provvedimenti nei confronti di un inserzionista a motivo di una pubblicità televisiva, a meno che tali disposizioni non incidano in egual misura, in diritto o in fatto, sullo smercio dei prodotti nazionali e di quelli provenienti da altri Stati membri, non siano necessarie per soddisfare esigenze imperative attinenti all'interesse generale o per conseguire uno degli obiettivi enunciati nell'art. 36 del Trattato e non siano proporzionate a tale scopo o a meno che sia possibile conseguire detti obiettivi o soddisfare dette esigenze imperative mediante misure meno restrittive per gli scambi intracomunitari.

    Per quanto riguarda l'art. 59 del Trattato

  48. Come è stato statuito nella sentenza 26 aprile 1988, causa 352/85, Bond van Adverteerders e a. (Racc. pag. 2085), la pubblicità trasmessa dietro corrispettivo da un'emittente televisiva stabilita in uno Stato membro per conto di un inserzionista stabilito in un altro Stato membro costituisce una prestazione di servizi ai sensi dell'art. 59 del Trattato.

  49. Pertanto, occorre esaminare se norme nazionali come quelle in discussione nellecause principali costituiscano restrizioni della libera prestazione di servizi vietate dall'art. 59 del Trattato.

  50. Al riguardo, si deve rilevare che, poiché limitano la possibilità per le emittenti televisive stabilite nello Stato di trasmissione di trasmettere per conto di inserzionisti stabiliti nello Stato di ricezione pubblicità televisive destinate specificamente al pubblico di quest'ultimo Stato, disposizioni come quelle di cui trattasi nelle cause principali comportano una restrizione per la libera prestazione dei servizi.

  51. In mancanza di armonizzazione delle norme in materia di servizi, la libertà garantita dal Trattato in questo settore può essere ostacolata dall'applicazione di normative nazionali concernenti ogni persona stabilita nel territorio nazionale ai prestatori stabiliti nel territorio di un altro Stato membro, che già debbono soddisfare i requisiti posti dalla normativa di tale Stato (sentenza 25 luglio 1991, causa C-288/89, Collectieve Antennevoorziening Gouda e a., Racc. pag. I-4007, punto 12).

  52. In tale ipotesi, spetta al giudice a quo verificare se tali disposizioni siano necessarie per soddisfare esigenze imperative attinenti all'interesse generale o per conseguire uno degli obiettivi enunciati nell'art. 56 del Trattato CE e siano proporzionate a tale scopo e se non sia possibile conseguire detti obiettivi o soddisfare dette esigenze imperative con altri mezzi meno restrittivi.

  53. Si deve poi rilevare che, secondo una costante giurisprudenza, la lealtà dei negozi commerciali e la difesa dei consumatori in generale costituiscono esigenze imperative di interesse generale che possono giustificare ostacoli alla libera prestazione di servizi (v., in particolare, le sentenze Collectieve Antennevoorziening Gouda e a., citata, punto 14, e 10 maggio 1995, causa C-384/93, Alpine Investiments, Racc. pag. I-1141).

  54. Occorre quindi statuire che l'art. 59 del Trattato dev'essere interpretato nel senso che non osta a che uno Stato membro, in base alle disposizioni della sua normativa nazionale, adotti provvedimenti nei confronti di un inserzionista a motivo di una pubblicità televisiva. Spetta tuttavia al giudice a quo verificare se tali disposizioni siano necessarie per soddisfare esigenze imperative attinenti all'interesse generale o per conseguire uno degli obiettivi enunciati nell'art. 56 del Trattato e siano proporzionate a questo scopo e se non sia possibile conseguire detti obiettivi o soddisfare dette esigenze imperative mediante misure meno restrittive per gli scambi intracomunitari.

    Sulla seconda questione

  55. Con la seconda questione, il giudice nazionale chiede alla Corte l'interpretazione del diritto comunitario riguardo ad una disposizione di una legge nazionale sulle trasmissioni radiotelevisive la quale dispone che una sequenza pubblicitaria trasmessa nelle fasce orarie previste per la pubblicità televisiva non dev'essere diretta ad attirare l'attenzione dei bambini minori di 12 anni.

  56. Occorre preliminarmente sottolineare che l'applicazione di tale disposizione nazionale alle pubblicità trasmesse da un'emittente televisiva stabilita nello stesso Stato non è in contrasto con la direttiva, poiché l'art. 3, n. 1, di tale disposizione non pone limiti per quanto riguarda gli interessi che gli Stati membri possono prendere in considerazione allorché fissano norme più rigorose per le emittenti televisive stabilite nel loro territorio. Ciò non vale, però, per quanto concerne le emittenti televisive stabilite in un altro Stato membro.

  57. Va inoltre rilevato che la direttiva contiene, negli artt. 16 e 22, un insieme completo di disposizioni specificamente dirette a tutelare i minorenni nei confronti dei programmi televisivi in generale e della pubblicità televisiva in particolare.

  58. Il rispetto di tali disposizioni dev'essere garantito dallo Stato di trasmissione.

  59. Tale circostanza non ha certamente l'effetto di vietare l'applicazione di normative dello Stato di ricezione aventi come scopo generale la difesa dei consumatori o dei minorenni, purché tale applicazione non impedisca la ritrasmissione in sé e per sé sul territorio nazionale delle trasmissioni provenienti da un altro Stato membro.

  60. Tuttavia, lo Stato membro di ricezione non è comunque autorizzato ad applicare disposizioni specificamente dirette a controllare il contenuto della pubblicità televisiva nei confronti dei minorenni.

  61. Infatti, l'applicazione a trasmissioni provenienti da altri Stati membri di disposizioni dello Stato di ricezione che disciplinano il contenuto delle trasmissioni televisive per ragioni relative alla tutela dei minorenni nei confronti della pubblicità si risolverebbe nell'istituire un secondo controllo che si aggiungerebbe a quello che lo Stato membro di trasmissione è tenuto ad effettuare ai sensi della direttiva.

  62. Ne consegue che la direttiva dev'essere interpretata nel senso che osta all'applicazione alle trasmissioni televisive provenienti da altri Stati membri di una disposizione di una legge nazionale sulle trasmissioni radiotelevisive la quale disponga che una sequenza pubblicitaria trasmessa nelle fasce orarie previste per la pubblicità televisiva non dev'essere diretta ad attirare l'attenzione dei bambini minori di 12 anni.

    Sulle spese

  63. Le spese sostenute dai governi svedese, belga, ellenico, finlandese e norvegese nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

    Per questi motivi,

    LA CORTE

    pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Marknadsdomstolen, con ordinanze 7 febbraio 1995, dichiara:

    1. La direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive, non osta a che uno Stato membro, applicando una normativa generale relativa alla tutela dei consumatori contro la pubblicità ingannevole, adotti provvedimenti nei confronti di un inserzionista a motivo di una pubblicità televisiva trasmessa da un altro Stato membro, purché tali provvedimenti non impediscano la ritrasmissione in sé e per sé sul suo territorio delle trasmissioni televisive provenienti dall'altro Stato membro suddetto.

    2. L'art. 30 del Trattato CE dev'essere interpretato nel senso che non osta a che uno Stato membro, in base alle disposizioni della sua normativa nazionale, adotti provvedimenti nei confronti di un inserzionista a motivo di una pubblicità televisiva, a meno che tali disposizioni non incidano in egual misura, in diritto o in fatto, sullo smercio dei prodotti nazionali e di quelli provenienti da altri Stati membri, non siano necessarie per soddisfare esigenze imperative attinenti all'interesse generale o per conseguire uno degli obiettivi enunciati nell'art. 36 del Trattato CE e non siano proporzionate a tale scopo o a meno che sia possibile conseguire detti obiettivi o soddisfare dette esigenze imperative mediante misure meno restrittive per gli scambi intracomunitari.

    3. L'art. 59 del Trattato CE dev'essere interpretato nel senso che non osta a che uno Stato membro, in base alle disposizioni della sua normativa nazionale, adotti provvedimenti nei confronti di un inserzionista a motivo di una pubblicità televisiva. Spetta tuttavia al giudice a quo verificare se tali disposizioni siano necessarie per soddisfare esigenze imperative attinenti all'interesse generale o per conseguire uno degli obiettivi enunciati nell'art. 56 del Trattato CE e siano proporzionate a questo scopo e se non sia possibile conseguire detti obiettivi o soddisfare dette esigenze imperative mediante misure meno restrittive per gli scambi intracomunitari.

    4. La direttiva 89/552 dev'essere interpretata nel senso che osta all'applicazione alle trasmissioni televisive provenienti da altri Stati membri di una disposizione di una legge nazionale sulle trasmissioni radiotelevisive la quale disponga che una sequenza pubblicitaria trasmessa nelle fasce orarie previste per la pubblicità televisiva non dev'essere diretta ad attirare l'attenzione dei bambini minori di 12 anni.



Rodríguez Iglesias             Mancini         Motinho de Almeida
    Murray             Sevón                 Kakouris
Kapteyn             Gulmann                 Edward
    Puissochet             Hirsch          Jann         Ragnemalm

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 luglio 1997.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

G.C. Rodríguez Iglesias


1: Lingua processuale: lo svedese.