Language of document : ECLI:EU:T:2020:430

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

23 settembre 2020 (*)

«Funzione pubblica – Agenti temporanei – Problemi di salute asseritamente connessi alle condizioni di lavoro – Domanda di riconoscimento dell’origine professionale di una malattia – Articolo 73 dello Statuto – Diritto di essere ascoltato – Articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali – Obbligo di ascoltare l’interessato prima della decisione iniziale»

Nella causa T‑338/19,

UE, rappresentata da S. Rodrigues e A. Champetier, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da T. Bohr e L. Vernier, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e diretta all’annullamento della decisione dell’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO) della Commissione, del 1° agosto 2018, con la quale la domanda della ricorrente diretta al riconoscimento di una malattia professionale, ai sensi dell’articolo 73 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea, è stata respinta in quanto irricevibile,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da J. Svenningsen, presidente, R. Barents e T. Pynnä (relatrice), giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ricorrente ha lavorato come agente temporaneo all’interno dell’Agenzia europea per la ricostruzione (AER) per un periodo di otto anni, dal 1° ottobre 2000 al 31 dicembre 2008.

2        In base alle informazioni contenute nel ricorso, la ricorrente, a causa di un ambiente di lavoro estremamente nocivo durante i suoi otto anni di servizio presso l’AER, avrebbe cominciato a soffrire di varie patologie e, in particolare, di sintomi psicologici che essa ritiene possano essere qualificati, considerati congiuntamente, come esaurimento professionale (burnout). I documenti allegati al ricorso attestano che la ricorrente ha consultato vari medici, in Irlanda e sul suo luogo di lavoro, a partire dall’inizio del 2004. Ella ha poi consultato uno psichiatra nel mese di ottobre del 2007 e A, un altro psichiatra, a partire dal mese di marzo del 2009.

3        Il 14 ottobre 2013 la ricorrente ha presentato una domanda di assistenza, ai sensi dell’articolo 24 e dell’articolo 90, paragrafo 1, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), applicabili per analogia agli agenti contrattuali conformemente agli articoli 81 e 117 del regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea (in prosieguo: il «RAA»), in cui ha affermato di essere stata vittima di molestie che avevano pregiudicato il suo stato di salute (in prosieguo: la «domanda di assistenza»). Essa chiedeva anche il risarcimento dei presunti danni subiti a seguito di dette asserite molestie, comprendente, in particolare, il rimborso di spese mediche (in prosieguo: la «domanda di risarcimento»).

4        Con decisione del 4 ottobre 2016, l’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione (in prosieguo: l’«AACC») ha respinto dette domande. Per quanto concerne le spese mediche, l’AACC ha considerato che i certificati medici prodotti dalla richiedente non dimostravano che le malattie fossero dovute necessariamente alle molestie psicologiche asserite. L’AACC ha anche informato la ricorrente del suo obbligo di presentare una domanda di riconoscimento dell’origine professionale della presunta malattia alle condizioni previste dall’articolo 73 dello Statuto, applicabile per analogia conformemente agli articoli 28 e 95 del RAA, e dalla regolamentazione comune relativa alla copertura dei rischi di infortunio e di malattia professionale dei funzionari delle Comunità europee, adottata il 13 dicembre 2005 dalle istituzioni dell’Unione ai sensi dell’articolo 73 dello Statuto (in prosieguo: la «regolamentazione di copertura»). Secondo l’AACC, la ricorrente, se necessario, poteva poi chiedere il risarcimento dei danni materiali e morali non coperti dal regime statutario.

5        Il 5 gennaio 2017 la ricorrente ha presentato, a norma dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, un reclamo contro il rigetto da parte dell’AACC della domanda di assistenza e della domanda di risarcimento, osservando, in particolare, che i danni asseritamente subiti non erano connessi unicamente alla presunta malattia professionale. Con decisione del 26 aprile 2017, l’AACC ha respinto detto reclamo, rilevando ancora una volta che il risarcimento di alcuni danni avrebbe dovuto essere chiesto anzitutto ai sensi dell’articolo 73 dello Statuto e della regolamentazione di copertura.

6        Nella stessa lettera del 5 gennaio 2017, la ricorrente ha anche chiesto all’AACC, conformemente all’articolo 90, paragrafo 1, dello Statuto, il risarcimento del danno che riteneva di aver subito a causa della violazione da parte dell’AACC del termine ragionevole per quanto riguardava la durata dell’indagine amministrativa relativa alle presunte molestie. Con decisione del 27 aprile 2017, l’AACC ha respinto detta domanda, giustificando il periodo di svolgimento di tale indagine con il fatto che la domanda di assistenza era stata presentata nel 2013 e riguardava eventi che si sarebbero verificati dal 2003 al 2008 in un’agenzia che non esisteva più dal 2008. Essa ha quindi respinto la domanda di risarcimento relativa alla presunta violazione del termine ragionevole.

7        Il 25 luglio 2017 la ricorrente ha presentato un nuovo reclamo, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, contro il rigetto della domanda menzionata al punto 6 della presente sentenza, facendo valere la violazione del termine ragionevole. L’AACC ha respinto tale reclamo con decisione del 20 novembre 2017.

8        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 agosto 2017, la ricorrente, conformemente all’articolo 270 TFUE, ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione del 4 ottobre 2016, che aveva respinto la domanda di assistenza e la domanda di risarcimento e, se del caso, della decisione del 26 aprile 2017, recante rigetto dei reclami relativi alla domanda di assistenza e alla domanda di risarcimento (T‑487/17).

9        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 marzo 2018, la ricorrente ha proposto un altro ricorso, questa volta contro la decisione dell’AACC del 20 novembre 2017, con cui era stato rigettato il reclamo da essa presentato contro il rifiuto da parte di tale autorità di accogliere la domanda di risarcimento a causa della presunta violazione del termine ragionevole nello svolgimento dell’indagine amministrativa (T‑148/18).

10      A seguito della decisione del Tribunale, ai sensi dell’articolo 125 bis del suo regolamento di procedura, di esaminare le possibilità di una composizione amichevole di tali controversie, le parti si sono accordate sulla base dei termini della proposta del giudice relatore, cosicché, constatando l’accordo intervenuto tra le parti, anche sulle spese, dette cause sono state cancellate dal registro del Tribunale (ordinanze del 19 giugno 2018, UE/Commissione, T‑487/17, non pubblicata, EU:T:2018:376, e del 19 giugno 2018, UE/Commissione, T‑148/18, non pubblicata, EU:T:2018:377).

11      Il 3 maggio 2017 gli avvocati della ricorrente hanno inviato al servizio «Finanze, infortuni e malattie professionali» dell’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO) della Commissione europea una lettera avente ad oggetto il riconoscimento, conformemente all’articolo 73 dello Statuto, dell’origine professionale della malattia della ricorrente. Tale lettera indicava che, dopo i suoi otto anni di servizio all’interno dell’AER, la ricorrente aveva cominciato a soffrire di varie patologie e, in particolare, di sintomi psicologici che, considerati congiuntamente, potevano essere qualificati come esaurimento professionale (burnout).

12      Il 15 giugno 2017 gli avvocati della ricorrente hanno inviato una richiesta supplementare, corredata del formulario di dichiarazione di malattia professionale recante la data del 10 giugno 2017 e firmato dalla ricorrente (in prosieguo, congiuntamente con la domanda del 3 maggio 2017: la «domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia»). In tale formulario, la ricorrente ha affermato di soffrire di «[d]isturbo da stress post-traumatico con aumento del livello di ansia [,] unitamente ad episodi di bulimia».

13      Con una nota del 20 giugno 2017, il PMO ha confermato l’avvenuta ricezione della domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia e ha informato la ricorrente che tale domanda sarebbe stata trattata conformemente all’articolo 16 della regolamentazione di copertura, il quale stabilisce che:

«1.      L’assicurato che chiede l’applicazione della presente regolamentazione per causa di malattia professionale deve presentare all’amministrazione dell’istituzione di appartenenza, entro un ragionevole lasso di tempo a partire dall’inizio della malattia o dalla data della prima diagnosi medica, un’apposita denuncia. La denuncia può essere presentata dall’assicurato, dall’ex assicurato, se la malattia che si presume professionale si è manifestata dopo la cessazione definitiva dal servizio (...)

2.      L’amministrazione procede a un’indagine al fine di raccogliere tutti gli elementi che consentano di determinare la natura della malattia, la sua origine professionale e le circostanze in cui essa si è manifestata. (...)».

14      In detta nota del 20 giugno 2017, il PMO ha affermato che un’indagine avrebbe avuto luogo «al fine di raccogliere tutti gli elementi che consentano di determinare la natura della patologia, la sua eventuale origine professionale e le circostanze in cui essa si è manifestata» e che tali informazioni sarebbero state poi trasmesse al medico designato dall’AACC, il quale avrebbe esaminato successivamente la ricorrente e le avrebbe presentato le sue conclusioni conformemente all’articolo 18 della regolamentazione di copertura.

15      L’articolo 18 di tale regolamentazione di copertura descrive il processo di adozione delle decisioni nel seguente modo:

«Le decisioni relative al riconoscimento dell’origine infortunistica di un avvenimento (...) e le decisioni correlate relative al riconoscimento dell’origine professionale della malattia (...) sono adottate dall’[AACC] con la procedura prevista dall’articolo 20:

– in base alle conclusioni formulate dal medico o dai medici designati dalle istituzioni,

e

– se l’assicurato lo richiede, previa consultazione della commissione medica di cui all’articolo 22».

16      L’articolo 20, paragrafo 1, della regolamentazione di copertura stabilisce che, «[p]rima di adottare una decisione ai sensi dell’articolo 18, l’[AACC] notifica all’assicurato o ai suoi aventi diritto il progetto di decisione, unitamente alle conclusioni del medico o dei medici designati dall’istituzione (...)».

17      Il 29 gennaio 2018 la ricorrente, su convocazione dell’AACC, è stata invitata a sottoporsi ad un esame medico condotto da B, il medico di fiducia dell’istituzione designato dall’AACC ai sensi dell’articolo 16 della regolamentazione di copertura, nonché ad un esame medico supplementare, lo stesso giorno, condotto da C, medico specializzato in psichiatria, di cui B aveva chiesto il parere.

18      Il 13 febbraio 2018 il medico specialista ha emesso un referto, in cui concludeva, in particolare, che la ricorrente aveva sviluppato sintomi di natura psichiatrica «a seguito di una sindrome di burnout strettamente correlata ad un’esperienza di molestie psicologiche sul posto di lavoro».

19      Dopo aver preso atto del referto del medico specialista e indicando una data di esame del 24 febbraio 2018, il medico di fiducia dell’istituzione, B, ha concluso, il 26 febbraio 2018, che la domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia doveva essere accettata, considerando come danno un «lieve disturbo di adattamento a seguito di una sindrome di esaurimento professionale». Al riguardo, egli ha precisato che alla ricorrente «era stato diagnosticato un lieve disturbo di adattamento comportante ansia, associato ad un certo livello di disforia, che indica un disturbo narcisistico» e che «ciò poteva essere collegato all’esercizio delle sue funzioni all’interno delle istituzioni dell’UE».

20      A seguito di tale referto, l’AACC, in data 12 luglio 2018, ha inviato una mail al medico di fiducia, al fine di verificare se, sulla base delle informazioni disponibili nella cartella clinica della ricorrente, potessero sussistere ragioni mediche che giustificassero la presentazione tardiva della domanda della ricorrente.

21      Il 15 luglio 2018 B ha risposto a tale domanda, affermando che la ricorrente, durante l’esame medico, aveva dichiarato che i suoi problemi erano iniziati quando aveva cominciato a lavorare presso l’AER, nel 2004. Egli ha fatto riferimento a varie indicazioni relative ad un lavoro eccessivo e ad una diagnosi di esaurimento professionale contenuta nei documenti provenienti dai medici consultati dalla ricorrente nel 2004, nel 2006 e nel 2017. Egli ha terminato la propria lettera con la seguente frase: «non sussiste alcuna ragione medica per spiegare la dichiarazione tardiva».

22      Con lettera raccomandata del 1° agosto 2018 inviata agli avvocati della ricorrente (in prosieguo: la «decisione impugnata»), l’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO) della Commissione, in qualità di AACC, ha respinto la domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia in quanto tardiva e, pertanto, irricevibile. Infatti, l’AACC ha considerato che, quasi dieci anni dopo l’inizio dei problemi di salute invocati, detta domanda non era stata presentata entro il «termine ragionevole» richiesto all’articolo 16, paragrafo 1, della regolamentazione di copertura. Il PMO ha inoltre rilevato che la ricorrente, quando aveva presentato una domanda di assistenza nel 2013, avrebbe potuto anche chiedere in quel momento il riconoscimento di una malattia professionale, il che avrebbe consentito all’istituzione di conservare i dati necessari al trattamento del fascicolo, tenuto conto, in particolare, della chiusura dell’AER nel dicembre del 2008. L’AACC ha spiegato che, nonostante dette ragioni, aveva comunque deciso di invitare la ricorrente all’esame medico da parte del suo medico di fiducia, dato che non si poteva escludere che esistesse una ragione medica per la presentazione tardiva della domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia. Secondo l’AACC, il medico designato dall’istituzione aveva concluso, il 15 luglio 2018, che «nessuna ragione medica aveva giustificato il periodo di tempo impiegato per presentare detta domanda».

23      Successivamente, alla fine del mese di ottobre del 2018, su richiesta della ricorrente, vari documenti medici sono stati inviati ad A, la sua psichiatra.

24      Il 2 novembre 2018 la ricorrente, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, ha presentato un reclamo contro la decisione impugnata, in cui ha fatto valere, in primo luogo, che la Commissione era incorsa in un errore manifesto di valutazione del carattere ragionevole del periodo di tempo che essa aveva impiegato per presentare la domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia, tenuto conto del fatto che, nel 2013 e nel 2014, la ricorrente era molto debole, in particolare a causa del decesso dei genitori, che era «ragionevole» che essa depositasse anzitutto una domanda di assistenza per poter prendere in considerazione le modalità di trattamento della sua malattia, e che era stata invitata ad effettuare esami medici, il che attestava che la fase della ricevibilità era stata superata e che la sua domanda doveva quindi essere trattata. In secondo luogo, essa ha contestato alla Commissione un abuso di potere, nella misura in cui si sarebbe riferita a presunti esami effettuati il 24 febbraio 2018 e il 15 luglio 2018 allo scopo di dimostrare l’irricevibilità della domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia, mentre la ricorrente aveva contestato di essere stata esaminata in tali date. In terzo luogo, essa ha sostenuto che i suoi diritti della difesa erano stati violati, avendo dovuto essere ascoltata prima che B adottasse il proprio referto il 15 luglio 2018. Orbene, essendo stata privata del suo diritto ad essere ascoltata dal medico di fiducia, essa non avrebbe avuto la possibilità di esporgli, nonché, in ultima analisi, di esporre all’AACC, i motivi per cui non era stata in grado di depositare prima la sua domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia. Secondo la ricorrente, i documenti medici inviati ad A attestano che non le era stata posta alcuna questione in merito. Inoltre, essa ha fatto valere che il referto medico di B era privo di motivazione.

25      Con decisione del 5 marzo 2019 dell’AACC, il reclamo del 2 novembre 2018 è stato respinto (in prosieguo: la «decisione di rigetto del reclamo»). Per quanto concerne l’errore manifesto di valutazione, l’AACC ha esaminato le tre censure della ricorrente. Essa ha considerato che i problemi di salute della ricorrente, tra cui quelli fatti valere a sostegno della domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia, erano cominciati nel 2004; che la ricorrente aveva iniziato vari procedimenti amministrativi correlati alla malattia oggetto di tale domanda; che una domanda di riconoscimento dell’origine professionale di una malattia consisteva nel compilare un formulario di due pagine che richiedeva pochi sforzi al richiedente, e che B aveva concluso che, nel caso della ricorrente, non sussisteva alcuna ragione medica che giustificasse il deposito tardivo di detta domanda. Pertanto, l’AACC ha confermato che considerava tardiva la domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia, la quale era stata presentata oltre dodici anni dopo la comparsa dei primi sintomi e oltre otto anni dopo la cessazione delle funzioni della ricorrente presso l’AER.

26      L’AACC ha ritenuto, poi, che una domanda di riconoscimento dell’origine professionale di una malattia ai sensi dell’articolo 73 dello Statuto non avesse alcun collegamento con un’eventuale domanda di assistenza presentata conformemente all’articolo 24 di tale Statuto e che il trattamento di questi due diversi tipi di domanda coinvolgesse autorità differenti. Pertanto, secondo l’AACC, la ricorrente avrebbe dovuto presentare prima la domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia e, quantomeno, contemporaneamente alla domanda di assistenza. Infine, l’AACC ha sottolineato che la circostanza che avesse invitato la ricorrente a sottoporsi ad esami medici condotti dal suo medico di fiducia non aveva pregiudicato il risultato della decisione finale che era tenuta ad adottare al termine del procedimento amministrativo.

27      Per quanto riguarda l’abuso di potere, l’AACC, sempre nella decisione di rigetto del reclamo, ha rilevato che la ricorrente era stata esaminata di persona soltanto il 29 gennaio 2018. Gli «esami» del 24 febbraio 2018 e del 15 luglio 2018, cui l’interessata ha fatto riferimento, sarebbero stati semplici analisi del fascicolo della ricorrente, che non pregiudicavano l’esito della decisione finale che l’AACC avrebbe adottato.

28      In risposta alla terza censura, l’AACC ha considerato, facendo riferimento alle sentenze del 29 aprile 2004, Parlamento/Reynolds (C‑111/02 P, EU:C:2004:265, punto 57), e del 12 maggio 2010, Bui Van/Commissione (T‑491/08 P, EU:T:2010:191, punto 75), che il fatto che una decisione incidesse negativamente su un funzionario o su un agente non consentiva di concludere che l’autorità che ne era l’autrice fosse obbligata ad ascoltare previamente l’interessato prima dell’adozione di tale decisione. Pertanto, nella giurisprudenza, il diritto ad essere ascoltato sarebbe stato riconosciuto in procedimenti amministrativi specifici, vale a dire esclusivamente in quelli avviati contro l’interessato. Orbene, nel caso di specie, l’AACC non sarebbe stata tenuta ad ascoltare la ricorrente prima di adottare la decisione impugnata, in quanto si trattava di una decisione adottata in risposta ad una domanda presentata dalla ricorrente di propria iniziativa e, in realtà, in questo tipo di procedimento «su richiesta» dell’interessato, spettava alla ricorrente fornire all’amministrazione le informazioni rilevanti per valutare detta domanda. In tali circostanze, l’AACC ha ritenuto che la ricorrente non potesse far valere un diritto di essere previamente ascoltata prima dell’adozione della decisione impugnata. In ogni caso, presentando un reclamo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, la ricorrente avrebbe esercitato il suo diritto ad essere ascoltata dall’AACC. Infine, essa ha considerato che la ricorrente non aveva dimostrato che, se fosse stata ascoltata prima dell’adozione della decisione impugnata, la sua audizione avrebbe modificato il risultato del procedimento.

29      Per quanto concerne la motivazione della decisione impugnata, l’AACC ha rilevato che B, nel suo referto all’AACC, aveva fatto riferimento ai referti dei diversi medici della ricorrente e aveva esaminato l’evoluzione del suo stato di salute a partire dal 2004, al fine di verificare se sussistesse una ragione medica che avrebbe potuto giustificare la presentazione tardiva, nel giugno del 2017, della domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia. Pertanto, sarebbe esistito un collegamento tra i referti di vari medici e la conclusione di B. L’AACC ha ricordato infine che la motivazione di una decisione contestata ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto può essere, in ogni caso, completata, o addirittura fornita, al più tardi al momento del rigetto del reclamo.

 Procedimento e conclusioni delle parti

30      Con atto introduttivo pervenuto alla cancelleria del Tribunale il 6 giugno 2019, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

31      Al fine di proteggere i dati personali della ricorrente e delle altre persone menzionate nell’ambito del procedimento, il Tribunale ha deciso, a norma dell’articolo 66 del regolamento di procedura, di omettere d’ufficio i loro nomi.

32      A seguito di un duplice scambio di memorie, la fase scritta del procedimento si è conclusa il 5 dicembre 2019 e la ricorrente è stata invitata a produrre successivamente a tale data una versione regolarizzata del ricorso, che è stata comunicata alla Commissione. In assenza di domanda di una delle parti formulata, entro i termini impartiti, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura, il Tribunale, ritenendosi sufficientemente edotto dagli atti di causa, ha deciso, conformemente all’articolo 106, paragrafo 3, di detto regolamento, di statuire omettendo la fase orale del procedimento.

33      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–      annullare la decisione impugnata;

–      se del caso, annullare la decisione di rigetto del reclamo;

–      ordinare il rimborso delle spese da essa sostenute.

34      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–      respingere il ricorso;

–      condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 1.      Sulloggetto del ricorso

35      Sebbene la ricorrente chieda l’annullamento della decisione impugnata e, se del caso, l’annullamento della decisione di rigetto del reclamo, si deve constatare che, con la decisione di rigetto del reclamo, l’AACC ha dovuto completare la motivazione della decisione impugnata, in particolare rispondendo alle censure addotte dalla ricorrente nel suo reclamo. Pertanto, tenuto conto del carattere evolutivo del procedimento precontenzioso, anche la motivazione contenuta nella decisione di rigetto del reclamo deve essere presa in considerazione ai fini dell’esame della legittimità dell’atto lesivo iniziale, vale a dire la decisione impugnata, presumendosi che tale motivazione coincida con quella della decisione impugnata (v. sentenze del 21 maggio 2014, Mocová/Commissione, T‑347/12 P, EU:T:2014:268, punto 34 e giurisprudenza ivi citata, e del 10 giugno 2016, HI/Commissione, F‑133/15, EU:F:2016:127, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).

36      Nel caso di specie, la decisione di rigetto del reclamo non fa che confermare la decisione impugnata. In tali circostanze, occorre considerare che l’unico atto lesivo per la ricorrente è la decisione impugnata, la cui legittimità sarà esaminata tenendo conto della motivazione contenuta nella decisione di rigetto del reclamo (v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2019, WI/Commissione, T‑379/18, non pubblicata, EU:T:2019:617, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

 2.      Sulle domande di annullamento

37      A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente deduce tre motivi, riguardanti rispettivamente:

–        l’errore manifesto di valutazione del carattere ragionevole del termine in cui la domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia è stata presentata;

–        un abuso di potere;

–        la violazione dei suoi diritti della difesa e dell’obbligo di motivazione.

38      Il Tribunale ritiene opportuno procedere all’esame del terzo motivo, in quanto concerne lo svolgimento del procedimento amministrativo e la comprensione della decisione.

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione dei diritti della difesa e dell’obbligo di motivazione

39      Nella prima parte del suo terzo motivo, la ricorrente invoca il carattere fondamentale del diritto ad essere ascoltato, quale sancito all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

40      Secondo la ricorrente, la decisione impugnata si basa unicamente su un referto medico redatto senza un esame adeguato. In proposito, essa rileva di non essere stata messa in grado di esporre le ragioni per le quali non ha depositato prima la propria domanda. Tale questione non le è stata posta durante l’esame medico del 29 gennaio 2018 né prima dell’adozione del referto medico del 15 luglio 2018 da parte di B. A suo avviso, la decisione sarebbe stata diversa se essa fosse stata ascoltata nel corso dell’esame del 29 gennaio 2018 e prima del referto del mese di luglio del 2018. La ricorrente conclude che, privandola di tale possibilità, la decisione impugnata viola il principio del diritto ad essere ascoltato.

41      Nella seconda parte del terzo motivo, la ricorrente fa valere che l’obbligo di motivazione non è stato rispettato, in quanto la conclusione del referto medico del 15 luglio 2018, secondo cui «non sussiste alcuna ragione medica per spiegare la dichiarazione tardiva», non è suffragata da alcuna spiegazione medica, mentre nella decisione impugnata si afferma che la conclusione del referto medico di cui trattasi ha tenuto conto dei referti dei medici D, E ed F e, di conseguenza, ha preso in considerazione l’evoluzione dello stato di salute della ricorrente dal 2004.

42      La Commissione chiede il rigetto del motivo in quanto infondato, ribadendo, in sostanza, l’argomento accolto dall’AACC nella decisione di rigetto del reclamo.

43      In proposito, occorre rammentare che l’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, che, dal 1° dicembre 2009, ha lo stesso valore giuridico dei Trattati, riconosce «il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio».

44      Contrariamente a quanto fa valere la Commissione, il diritto ad essere ascoltato è di applicazione generale (v. sentenza dell’11 settembre 2013, L/Parlamento, T‑317/10 P, EU:T:2013:413, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

45      Pertanto, il rispetto di tale diritto è richiesto, indipendentemente dalla natura del procedimento amministrativo che conduce all’adozione di un provvedimento individuale, qualora l’amministrazione si proponga, secondo la formulazione stessa di detta disposizione, di adottare nei confronti di un individuo tale «provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio». Il diritto ad essere ascoltato, che dev’essere garantito anche in mancanza di una normativa specifica applicabile, esige che la persona interessata sia stata previamente posta in grado di manifestare efficacemente il proprio punto di vista riguardo agli elementi che potrebbero esserle addebitati nell’atto che interverrà (sentenza del 24 aprile 2017, HF/Parlamento, T‑584/16, EU:T:2017:282, punto 150).

46      In particolare, il rispetto del diritto ad essere ascoltato implica che l’interessato sia posto in grado, prima dell’adozione della decisione per esso lesiva, di far conoscere utilmente il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze in base ai quali tale decisione sarà adottata (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2013, L/Parlamento, T‑317/10 P, EU:T:2013:413, punti 80 e 81, e ordinanza del 17 giugno 2019, BS/Parlamento, T‑593/18, non pubblicata, EU:T:2019:425, punti 76 e 77).

47      Per quanto riguarda l’argomento della Commissione, basato sulle sentenze del 29 aprile 2004, Parlamento/Reynolds (C‑111/02 P, EU:C:2004:265, punto 57), e del 12 maggio 2010, Bui Van/Commissione (T‑491/08 P, EU:T:2010:191, punto 75), da tale giurisprudenza risulta che il fatto che una decisione costituisca un atto lesivo non consentirebbe di dedurne automaticamente, senza tener conto della natura del procedimento avviato nei confronti dell’interessato, che, a seconda dei casi, l’AACC o l’autorità investita del potere di nomina abbia l’obbligo di ascoltare utilmente l’interessato prima della sua adozione.

48      Tuttavia, i fatti trattati da detta giurisprudenza erano anteriori all’entrata in vigore della Carta e del suo articolo 41, paragrafo 2, lettera a), che richiede il rispetto del diritto di ogni individuo ad essere ascoltato prima che venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio. Come già sottolineato al punto 44 della presente sentenza, il rispetto di tale diritto è richiesto, indipendentemente dalla natura del procedimento amministrativo che conduce all’adozione di un provvedimento individuale, anche quando la normativa applicabile non lo prevede [v., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2019, PT/BEI, T‑573/16, EU:T:2019:481, punto 265 (non pubblicata)].

49      In proposito, la Commissione fa valere che, nella misura in cui l’AACC era tenuta ad adottare una decisione in risposta ad una domanda dell’interessato, nel caso di specie in risposta alla domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia, era la ricorrente che doveva fornire all’AACC tutte le informazioni rilevanti al fine di dimostrare la sussistenza delle condizioni previste dalla normativa applicabile, in particolare, come stabilisce l’articolo 16, paragrafo 1, della regolamentazione di copertura, gli elementi che consentivano di ritenere che tale domanda fosse stata presentata entro un termine ragionevole successivamente all’insorgenza della malattia o alla data della prima constatazione medica relativa alla malattia.

50      In primo luogo, è giocoforza rilevare che siffatta eccezione non figura in alcun modo nel testo dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta e deve essere respinta in quanto manifestamente infondata. Come appena sottolineato ai punti 44 e 48 della presente sentenza, il diritto ad essere ascoltato è di applicazione generale. Ciò vale, in particolare, nel caso in cui l’amministrazione si proponga di adottare una decisione in risposta ad una domanda presentata da una persona di sua propria iniziativa.

51      In secondo luogo, si deve rammentare che l’articolo 16 della regolamentazione di copertura dispone che spetta all’amministrazione procedere a un’indagine al fine di raccogliere tutti gli elementi che consentano di determinare la natura della malattia, la sua origine professionale e le circostanze in cui essa si è manifestata. Come risulta da detta disposizione, non è solo sulla base delle informazioni fornite dal richiedente che l’AACC adotta la decisione. Inoltre, l’articolo 20, paragrafo 1, di tale regolamentazione stabilisce che, prima di adottare una decisione ai sensi dell’articolo 18 della stessa regolamentazione, l’AACC notifica all’assicurato o ai suoi aventi diritto il progetto di decisione, unitamente alle conclusioni del medico o dei medici designati dall’istituzione.

52      Nel caso di specie, occorre rilevare che la decisione impugnata, respingendo in quanto tardiva una domanda avente ad oggetto il riconoscimento dell’origine professionale di una malattia, ha inciso sulla ricorrente tanto negativamente quanto una decisione di rigetto di siffatta domanda per infondatezza. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dall’AACC nella decisione di rigetto del reclamo e dalla Commissione nel controricorso, una siffatta decisione di irricevibilità non poteva essere adottata senza prima rispettare il diritto della ricorrente ad essere ascoltata, garantito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta.

53      La Commissione sostiene altresì che la ricorrente ha potuto presentare un reclamo contro la decisione adottata dall’AACC, cosicché essa avrebbe avuto la possibilità, sia in fatto che in diritto, di far valere i propri diritti presentando all’AACC argomenti che giustificavano il rispetto del carattere ragionevole del termine entro cui la domanda di riconoscimento di una malattia professionale era stata presentata.

54      Tuttavia, è giocoforza rammentare, al riguardo, che, come già dichiarato dal Tribunale della funzione pubblica, ammettere un argomento del genere equivarrebbe soltanto a privare della sua essenza il diritto fondamentale ad essere ascoltato, sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, in quanto il contenuto stesso di tale diritto implica che l’interessato abbia avuto la possibilità di influenzare il processo decisionale di cui trattasi, nella fattispecie già nella fase di adozione della decisione iniziale, vale a dire la decisione impugnata, e non soltanto al momento della presentazione di un reclamo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto (v. sentenza del 5 febbraio 2016, GV/SEAE, F‑137/14, EU:F:2016:14, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

55      Come risulta dalla giurisprudenza, l’esistenza di una violazione del diritto ad essere ascoltato deve essere valutata in funzione, in particolare, delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame (sentenza del 9 febbraio 2017, M, C‑560/14, EU:C:2017:101, punto 33).

56      Per quanto concerne le decisioni relative al riconoscimento dell’origine di una malattia professionale, l’articolo 18 della regolamentazione di copertura richiede che esse siano adottate dall’AACC seguendo la procedura di cui all’articolo 20 della stessa regolamentazione, in particolare sulla base delle conclusioni emesse dal medico o dai medici designati dalle istituzioni. Orbene, secondo detto articolo 20, paragrafo 1, della regolamentazione di copertura, prima di adottare una decisione ai sensi dell’articolo 18, l’AACC notifica all’assicurato o ai suoi aventi diritto il progetto di decisione, unitamente alle conclusioni del medico o dei medici designati dall’istituzione.

57      Da tali disposizioni risulta che il loro obiettivo consiste nell’affidare a medici specialisti la valutazione definitiva di tutte le questioni di carattere medico. Nel caso di specie, prima dell’adozione della decisione di irricevibilità, l’AACC ha ritenuto necessario chiedere il parere di B per poter valutare se esistesse una ragione medica che giustificasse la tardività della domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia. L’AACC ha inoltre menzionato la conclusione di B come motivo di irricevibilità della domanda. Prima dell’adozione della decisione impugnata, l’AACC non ha notificato alla ricorrente il progetto di decisione né le conclusioni dei medici designati dall’AACC e, in particolare, la conclusione di B relativa alla tardività della domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia. Infatti, è solo su richiesta della ricorrente che vari documenti medici sono stati inviati ad A, la sua psichiatra, alla fine del mese di ottobre del 2018, vale a dire successivamente alla decisione impugnata del 1° agosto 2018.

58      Infine, la Commissione ha fatto valere che, secondo il diritto dell’Unione, una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto ad essere ascoltato, determina l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, detto procedimento avrebbe potuto condurre ad un risultato diverso. La Commissione sottolinea che, nel caso di specie, gli argomenti presentati dalla ricorrente figuravano già nella sua cartella clinica ed erano noti all’amministrazione nell’ambito degli altri procedimenti amministrativi avviati dalla ricorrente e ricordati ai punti da 3 a 7 della presente sentenza.

59      In proposito, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, una violazione del diritto ad essere ascoltato determina l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, detto procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso (sentenza del 10 gennaio 2019, RY/Commissione, T‑160/17, EU:T:2019:1, punto 51).

60      Tuttavia, nelle circostanze del caso di specie in cui la ricorrente non sapeva neppure che fosse stato chiesto un parere medico al medico di fiducia e che tale parere esistesse, ritenere che l’AACC avrebbe necessariamente adottato una decisione identica se la ricorrente fosse stata posta in condizione di far valere utilmente il suo punto di vista nel corso del procedimento amministrativo equivarrebbe anche a vanificare il diritto fondamentale ad essere ascoltato, sancito all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, dato che il contenuto stesso di tale diritto implica che l’interessato abbia avuto la possibilità di influenzare il processo decisionale in questione (v. sentenza del 10 gennaio 2019, RY/Commissione, T‑160/17, EU:T:2019:1, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

61      Infatti, secondo la ricorrente, rispettare il suo diritto ad essere ascoltata le avrebbe dato la possibilità di spiegare più concretamente le conseguenze della sua malattia e le altre circostanze che le avrebbero impedito di presentare prima una domanda, lasciandola completamente esaurita fisicamente e mentalmente, come essa fa valere nel ricorso. Essa sottolinea che avrebbe potuto esprimersi essa stessa sulle ragioni per le quali la domanda di riconoscimento dell’origine professionale della malattia non era stata presentata in una fase precedente.

62      Da tali elementi si evince che la ricorrente non è stata informata della decisione proposta dall’amministrazione e non è stata ascoltata al fine di poter presentare argomenti a sostegno della propria situazione, nel caso di specie a partire dalla fase di adozione della decisione iniziale, ossia la decisione impugnata, e non soltanto al momento della presentazione di un reclamo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto.

63      Da quanto precede risulta che la prima parte del terzo motivo, relativa alla violazione del diritto ad essere ascoltato, garantito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, dev’essere accolta. Pertanto, la decisione impugnata dev’essere annullata, senza che occorra esaminare la seconda parte del terzo motivo dedotta dalla ricorrente, relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione, nonché i primi due motivi.

 Sulle spese

64      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

65      Poiché la Commissione è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alla domanda della ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione dell’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO) della Commissione europea, del 1° agosto 2018, che ha respinto in quanto irricevibile la domanda di UE diretta al riconoscimento di una malattia professionale ai sensi dell’articolo 73 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea, è annullata.

2)      La Commissione è condannata alle spese.

Svenningsen

Barents

Pynnä

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 23 settembre 2020.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.