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Ricorso proposto il 9 agosto 2013 – Chin Haur Indonesia / Consiglio

(Causa T-412/13)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: Chin Haur Indonesia, PT (Tangerang, Indonesia) (rappresentanti: T. Müller-Ibold e F.-C. Laprévote, avvocati)

Convenuto: Consiglio dell’Unione europea

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare parzialmente l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, del regolamento di esecuzione (UE) n. 501/2013 del Consiglio1 , nella parte in cui estende il dazio antidumping alla ricorrente e rigetta la richiesta di esenzione della ricorrente;

condannare il Consiglio a pagare le spese legali e le altre spese sostenute dalla ricorrente in relazione alla presente causa; e

adottare qualsiasi altra misura che il Tribunale ritenga opportuna.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce cinque motivi.

Primo motivo, vertente sul fatto che la Commissione e il Consiglio non hanno dimostrato un’elusione in relazione alle importazioni indonesiane e, perciò, hanno commesso un manifesto errore di valutazione, in quanto:

l’affermazione che si fosse verificata una modificazione nella configurazione degli scambi è manifestamente erronea;

il Consiglio ha erroneamente ritenuto che i produttori indonesiani, in particolare la ricorrente, stessero trasbordando biciclette dalla Cina verso l’Unione europea.

Secondo motivo, vertente sul fatto che il Consiglio ha erroneamente ritenuto che la ricorrente non fosse collaborativa e che tale diniego di collaborazione giustificasse il diniego della sua esenzione, in quanto:

la ricorrente ha collaborato al meglio della propria capacità;

la constatazione del diniego di collaborazione è ingiustificata;

la constatazione da parte del Consiglio del diniego di collaborazione costituisce un difetto di motivazione;

il Consiglio non ha preso in considerazione informazioni aggiuntive fornite dalla ricorrente.

Terzo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della ricorrente ad un equo processo durante l’inchiesta, in quanto:

la Commissione ha violato il suo obbligo di considerare imparzialmente le prove davanti a lei;

l’inchiesta della Commissione conteneva irregolarità procedurali.

Quarto motivo, vertente sul fatto che il diniego di concedere alla ricorrente un’esenzione costituisce una violazione del principio di parità di trattamento, in quanto:

la Commissione ha discriminato la ricorrente concedendo l’esenzione ad esportatori in posizione simile e rigettando la richiesta di esenzione della ricorrente;

alla ricorrente è stato accordato lo stesso trattamento dei produttori del tutto non collaborativi.

Quinto motivo, vertente sul fatto che le constatazioni del regolamento di esecuzione sul pregiudizio e sul dumping contrastano con il regolamento antidumping di base, in quanto:

la constatazione dell’indebolimento degli effetti riparatori del dazio antidumping è erronea;

la Commissione ha accertato il dumping tramite dati non attendibili e non adeguati e ha erroneamente negato di considerare dati sui prezzi forniti dalla ricorrente.

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1 Regolamento di esecuzione (UE) n. 501/2013 del Consiglio, del 29 maggio 2013, che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011 sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese alle importazioni di biciclette spedite dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie dell’Indonesia, della Malaysia, dello Sri Lanka e della Tunisia (GU L 153, pag. 1).