Language of document : ECLI:EU:T:2022:385

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

22 giugno 2022 (*)

«FESR – Politica regionale – Programmi operativi nell’ambito dell’obiettivo “Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione” in Italia – Decisione che approva il contributo finanziario del FESR al “Grande Progetto Nazionale Banda Ultra Larga – Aree Bianche” − Inammissibilità delle spese sostenute dal beneficiario a titolo di IVA – Articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento (UE) n. 1303/2013 – Nozione di “IVA recuperabile a norma della normativa nazionale sull’IVA”»

Nella causa T‑357/19,

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato,

ricorrente,

sostenuta da

Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, J. Vláčil e O. Serdula, in qualità di agenti,

e da

Regno di Spagna, rappresentato da I. Herranz Elizalde, in qualità di agente,

intervenienti,

contro

Commissione europea, rappresentata da L. Mantl e F. Tomat, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da R. da Silva Passos, presidente, V. Valančius (relatore) e I. Reine, giudici,

cancelliere: E. Coulon

vista la fase scritta del procedimento,

vista la mancata presentazione ad opera delle parti, nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, della domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, a norma dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la Repubblica italiana, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione di esecuzione C(2019) 2652 final della Commissione, del 3 aprile 2019, che approva il contributo finanziario al «Grande Progetto Nazionale Banda Ultra Larga – Aree Bianche» selezionato nel quadro dei programmi operativi «POR Abruzzo FESR 2014-2020», «Basilicata», «POR Calabria FESR FSE», «Campania», «POR Emilia Romagna FESR», «POR Lazio FESR», «POR Liguria FESR», «POR Lombardia FESR», «POR Marche FESR 2014-2020», «POR Piemonte FESR», «POR Puglia FESR-FSE», «POR Sardegna FESR», «Sicilia», «Toscana», «POR Umbria FESR», «POR Veneto FESR 2014-2020» e «Imprese e competitività» in Italia, nella parte in cui essa esclude dal finanziamento dell’Unione europea le spese sostenute dal beneficiario a titolo di imposta sul valore aggiunto (IVA) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Fatti

2        Il 3 marzo 2015 la Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana ha adottato un documento intitolato «Strategia italiana per la banda ultralarga».

3        Tale strategia comprendeva, tra l’altro, l’obiettivo di garantire nel territorio italiano velocità di connessione a Internet di 100 megabit al secondo (Mbps) per l’85% delle famiglie e per tutti gli edifici pubblici (comprese le scuole e gli ospedali) e di almeno 30 Mbps per la restante popolazione, in particolare nelle aree a fallimento di mercato, nelle quali le reti di accesso di nuova generazione erano inesistenti e in cui gli operatori privati non intendevano installarne nei tre anni successivi (in prosieguo: le «aree bianche»).

4        Al fine di installare le reti di accesso di nuova generazione nelle aree bianche prima del 31 dicembre 2022, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica della Repubblica italiana, con delibera del 6 agosto 2015, ha approvato il principio di un intervento pubblico diretto per circa EUR 4 miliardi, ossia EUR 2,2 miliardi finanziati dal Fondo italiano per lo sviluppo e la coesione ed EUR 1,8 miliardi finanziati prevalentemente dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR).

5        Nello specifico, il modello di intervento adottato dalle autorità italiane prevedeva la selezione, mediante gare d’appalto pubbliche, di uno o più concessionari al fine, da un lato, di costruire l’infrastruttura passiva della rete di accesso a Internet a banda ultralarga – la quale sarebbe rimasta di proprietà dello Stato italiano – e, dall’altro, di garantire manutenzione, gestione e sfruttamento commerciale di tale rete, per un periodo rinnovabile di venti anni.

6        Con decisione C(2016) 3931 final, del 30 giugno 2016, la Commissione europea ha considerato che il finanziamento pubblico delle reti di accesso di nuova generazione nelle aree bianche costituiva un aiuto di Stato, denominato «SA.41647 (2016/N) – Italia – Strategia Banda Ultralarga», e che tale aiuto di Stato era compatibile con il mercato interno, conformemente all’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE, in quanto era destinato ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche senza alterare le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.

7        A seguito di tale decisione, il Ministero dello Sviluppo economico (Italia) ha incaricato la Infratel Italia SpA (in prosieguo: la «Infratel») di selezionare uno o più concessionari al fine di realizzare l’infrastruttura passiva della rete di accesso a Internet a banda ultralarga e di garantirne manutenzione e sfruttamento commerciale.

8        Il 20 giugno e l’8 novembre 2017, poi nel corso del mese di aprile 2019, al termine di tre procedure di gara, la Infratel ha concluso contratti di concessione con la Open Fiber SpA al fine, da un lato, di costruire l’infrastruttura passiva della rete di accesso a Internet a banda ultralarga e, dall’altro, di garantire manutenzione, gestione e sfruttamento commerciale di tale rete per un periodo, rinnovabile, di venti anni.

9        Il 7 settembre 2017 le autorità italiane hanno inviato alla Commissione una domanda di contributo finanziario del FESR per la realizzazione del «Grande Progetto Nazionale Banda Ultra Larga – Aree Bianche» (in prosieguo: il «grande progetto BUL»), selezionato dall’autorità di gestione nell’ambito dell’asse prioritario 2 dei programmi operativi «POR Abruzzo FESR 2014-2020», «Basilicata», «POR Calabria FESR FSE», «Campania», «POR Emilia Romagna FESR», «POR Lazio FESR», «POR Liguria FESR», «POR Lombardia FESR», «POR Marche FESR 2014-2020», «POR Piemonte FESR», «POR Puglia FESR-FSE», «POR Sardegna FESR», «Sicilia», «Toscana», «POR Umbria FESR», «POR Veneto FESR 2014-2020» e «Imprese e competitività».

10      Da tale domanda e dalle informazioni a sostegno fornite dalle autorità italiane risultava che beneficiario del contributo del FESR era il Ministero dello Sviluppo economico, mentre l’attuazione del grande progetto BUL sarebbe spettata alla Infratel.

11      In detto contesto, le autorità italiane ritenevano che l’IVA connessa ai costi di costruzione fosse ammissibile al finanziamento del FESR, in quanto sarebbe stata pagata dal Ministero dello Sviluppo economico che, non essendo soggetto passivo dell’IVA e non potendo detrarla, non poteva recuperarla in forza della normativa nazionale sull’IVA.

12      Infine, veniva precisato che la Infratel era interamente detenuta dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa SpA, il cui azionista unico era il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Italia).

13      Il 30 aprile 2018 la Commissione ha chiesto alle autorità italiane di fornire ulteriori informazioni al fine di valutare l’ammissibilità dell’IVA sui costi di costruzione sostenuti nell’attuazione del grande progetto BUL.

14      Il 2 luglio 2018 le autorità italiane hanno fornito alla Commissione tali ulteriori informazioni.

15      Da esse risulta che, nell’ambito della fase di costruzione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga, il circuito di fatturazione era il seguente:

–        il concessionario emetteva nei confronti della Infratel le fatture corrispondenti al costo delle opere realizzate, IVA inclusa;

–        la Infratel emetteva poi fatture per gli stessi importi, IVA inclusa, nei confronti del Ministero dello Sviluppo economico;

–        il Ministero dello Sviluppo economico provvedeva, da un lato, al pagamento dell’imponibile delle fatture emesse dalla Infratel e, dall’altro, al versamento dell’IVA direttamente al Ministero dell’Economia e delle Finanze, secondo il meccanismo di scissione dei pagamenti («split payment») dell’IVA previsto dalla normativa nazionale, conformemente alla decisione di esecuzione (UE) 2017/784 del Consiglio, del 25 aprile 2017, che autorizza la Repubblica italiana ad applicare una misura speciale di deroga agli articoli 206 e 226 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto e che abroga la decisione di esecuzione (UE) 2015/1401 (GU 2017, L 118, pag. 17).

16      Per quanto riguarda poi la fase di gestione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga, era previsto che il concessionario pagasse alla Infratel il canone di concessione per l’utilizzo di detta rete e versasse direttamente l’IVA corrispondente al Ministero dell’Economia e delle Finanze, conformemente al medesimo meccanismo di scissione dei pagamenti («split payment») dell’IVA. La Infratel doveva quindi provvedere a emettere fattura per il canone direttamente al concessionario.

17      Infine, nell’ultima fase della domanda di finanziamento presentata dalle autorità italiane, il costo totale del grande progetto BUL era stimato in EUR 3 096 733 706,11, di cui EUR 364 798 002 a titolo di IVA. Secondo tali autorità, l’IVA costituiva in parte un costo ammissibile al contributo finanziario del FESR, pari a EUR 210 044 165,81.

18      Il 26 dicembre 2018 la Commissione ha informato le autorità italiane che le spese relative all’IVA non erano ammissibili nell’ambito del FESR e del FEASR e ha invitato dette autorità a ritirare l’importo dell’IVA dal costo ammissibile totale del grande progetto BUL.

19      Il 6 marzo 2019 le autorità italiane hanno inviato alla Commissione la versione finale della domanda di contributo finanziario del FESR al grande progetto BUL. Detta versione finale manteneva le spese relative all’IVA pari a EUR 210 044 165,81 quale costo ammissibile di tale operazione.

20      Con la decisione impugnata, la Commissione ha approvato il contributo finanziario del FESR al grande progetto BUL per un importo di EUR 941 022 670, in applicazione dell’articolo 102, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU 2013, L 347, pag. 320).

21      In tale decisione, la Commissione ha concluso che l’IVA pagata dal Ministero dello Sviluppo economico in occasione dell’attuazione del grande progetto BUL non costituiva un onere economico per il beneficiario e non poteva essere considerata non recuperabile in forza della normativa nazionale sull’IVA, ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013.

22      A sostegno di tale conclusione, la Commissione si è basata su tre distinti motivi nella decisione impugnata.

23      In primo luogo, la Commissione ha considerato che il pagamento dell’IVA tra due ministeri, nella fattispecie il Ministero dello Sviluppo economico e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, non poteva essere ritenuto un costo per l’amministrazione centrale dello Stato italiano, di cui il Ministero dello Sviluppo economico fa parte.

24      In secondo luogo, la Commissione ha affermato, alla luce dello status di società interna (in house) della Infratel, che l’IVA non era dovuta sulle transazioni interne e, pertanto, non doveva essere inclusa nelle fatture emesse dalla Infratel al Ministero dello Sviluppo economico. Inoltre, secondo la decisione impugnata, la Infratel poteva detrarre l’IVA sulle opere di costruzione in quanto soggetto passivo.

25      In terzo luogo, la Commissione ha affermato che il grande progetto BUL generava entrate attraverso i canoni di concessione pagati dal concessionario alla Infratel per la gestione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga. Essendo detti canoni soggetti a IVA, la Commissione ne ha dedotto che tale IVA recuperata a valle neutralizzava l’IVA dovuta a monte sulle opere di costruzione di detta rete ed era, quindi, in teoria recuperabile, indipendentemente dalla configurazione istituzionale del grande progetto BUL e dalla separazione tra il beneficiario e la Infratel.

26      A tal riguardo, la Commissione ha rilevato che l’espressione «non (...) recuperabile a norma della normativa nazionale sull’IVA», di cui all’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013, doveva essere intesa nel senso che escludeva l’ammissibilità dell’IVA in tutte le situazioni in cui il beneficiario può detrarre l’IVA, ottenere un rimborso dell’IVA o recuperarla con qualsiasi altro mezzo.

27      Pertanto, la Commissione ha ritenuto che le spese relative al grande progetto BUL afferenti all’IVA non fossero ammissibili al contributo finanziario del FESR.

 Conclusioni delle parti

28      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 giugno 2019, la Repubblica italiana ha proposto il presente ricorso. Essa chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui esclude dal contributo del FESR le spese sostenute dal beneficiario a titolo di IVA;

–        condannare la Commissione alle spese.

29      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

30      La Repubblica ceca e il Regno di Spagna chiedono che il Tribunale voglia:

–        accogliere il ricorso della Repubblica italiana;

–        condannare la Commissione alle spese.

 In diritto

31      A sostegno del suo ricorso la Repubblica italiana deduce, in sostanza, tre motivi, vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013, il secondo, sulla violazione degli articoli 9, 11, 13, 28, 206 e 250 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»), nonché dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE, e il terzo sulla violazione dell’articolo 61, paragrafo 8, lettera c), del regolamento n. 1303/2013.

32      Nel caso di specie, il Tribunale ritiene opportuno esaminare dapprima il motivo di ricorso vertente sulla violazione dell’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013.

33      Con tale motivo la Repubblica italiana, sostenuta dalla Repubblica ceca e dal Regno di Spagna, afferma che, contrariamente all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1084/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006, che istituisce un Fondo di coesione e abroga il regolamento (CE) n. 1164/94 (GU 2006, L 210, pag. 79), e contrariamente all’articolo 7 del regolamento (CE) n. 1080/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1783/1999 (GU 2006, L 210, pag. 1), l’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013 contiene uno stringente rinvio alla normativa nazionale sull’IVA, per cui ormai solo la spesa per IVA detraibile ai sensi della normativa specificamente fiscale potrebbe essere esclusa dai costi ammissibili. Per contro, le altre forme di recupero, che non hanno natura specificamente fiscale né si basano sulla normativa nazionale sull’IVA, non potrebbero comportare l’esclusione dell’IVA dai costi ammissibili al contributo finanziario del FESR.

34      La Repubblica italiana sottolinea quindi, in sostanza, che il Ministero dello Sviluppo economico, il quale detiene la qualifica di beneficiario del contributo finanziario del FESR, non dispone del diritto di detrarre l’IVA che deve versare sulle operazioni di costruzione dell’infrastruttura passiva della rete di accesso a Internet a banda ultralarga, cosicché, non essendo tale IVA recuperabile in forza della normativa nazionale sull’IVA, la Commissione non poteva legittimamente escluderla dai costi ammissibili.

35      La Commissione sostiene che tale motivo di ricorso non è fondato, sulla base dei tre motivi contenuti nella decisione impugnata e richiamati ai precedenti punti da 22 a 26.

36      Anzitutto, essa sottolinea che la possibilità di recupero dell’IVA, contemplata dall’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013, rinvia a un concetto ben più ampio di quello di detraibilità dell’IVA e che, se è vero che il Ministero dello Sviluppo economico effettivamente non ha la qualità di soggetto passivo dell’IVA, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva IVA, resta il fatto che tale ministero poteva recuperare l’IVA ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013.

37      Pertanto, secondo la Commissione, l’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013 deve essere interpretato in combinato disposto con l’articolo 65 del medesimo regolamento, relativo all’ammissibilità delle spese, dal quale risulta che solamente le spese che comportano un onere effettivo e definitivo per il beneficiario sono ammissibili a una partecipazione dei fondi strutturali.

38      In tale contesto, esisterebbero due casi in cui l’IVA non costituisce un onere effettivo e definitivo per il beneficiario, vale a dire, da un lato, qualora il beneficiario possa detrarre l’IVA, sulla base delle disposizioni del titolo X della direttiva IVA, e, dall’altro, qualora il beneficiario non possa detrarre l’IVA, quando le spese sostenute siano comunque recuperabili in altro modo, vuoi mediante un meccanismo di compensazione disciplinato da una normativa diversa da quella in materia di IVA, vuoi perché l’IVA pagata sulle opere effettuate per la costruzione dell’infrastruttura cofinanziata viene recuperata a mezzo dei proventi ricavati dalla gestione di tale infrastruttura, come nel caso di specie.

39      In particolare, la Commissione sottolinea che la fase della costruzione e la fase dell’utilizzo dell’infrastruttura non possono essere considerate separatamente da un punto di vista tecnico, organizzativo ed istituzionale e che, nel caso di specie, l’IVA versata a monte sulle opere di costruzione dell’infrastruttura è effettivamente recuperata, poiché è neutralizzata dall’IVA riscossa a valle sui canoni di concessione per l’utilizzo dell’infrastruttura.

40      Secondo la Commissione, una diversa interpretazione sarebbe contraria alla finalità dell’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013, dal momento che consentirebbe al beneficiario di essere rimborsato due volte per l’IVA che non può essere detratta in forza della normativa nazionale sull’IVA, una prima volta grazie al meccanismo nazionale di compensazione o all’IVA applicata sui proventi e una seconda volta grazie al contributo dei fondi strutturali.

 Sullinterpretazione dellarticolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013

41      Conformemente a una giurisprudenza costante, ai fini dell’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto del tenore letterale della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte, in particolare della genesi di tale normativa (v. sentenza dell’11 luglio 2018, E LATS, C‑154/17, EU:C:2018:560, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

42      In via preliminare, occorre ricordare che, in applicazione, segnatamente, degli articoli da 174 a 176 TFUE, il regolamento n. 1303/2013 stabilisce, con effetto dal 1° gennaio 2014, le norme comuni applicabili ai «fondi strutturali e di investimento europei» (in prosieguo: i «fondi SIE»), di cui il FESR fa parte, nonché le disposizioni generali applicabili al FESR.

43      In particolare, dall’articolo 100 del regolamento n. 1303/2013 risulta che il FESR può sostenere un grande progetto, definito come un’operazione comprendente una serie di opere, attività o servizi in sé intesa a realizzare un’azione indivisibile di precisa natura economica o tecnica, che ha finalità chiaramente identificate e per la quale il costo ammissibile complessivo supera EUR 50 000 000, purché tale grande progetto sia riconducibile a uno o più programmi operativi presentati nell’ambito dell’obiettivo «Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione» e approvati dalla Commissione.

44      In tale contesto, l’articolo 102 del regolamento n. 1303/2013 impone alla Commissione, al fine di stabilire se il contributo finanziario richiesto per il grande progetto selezionato dall’autorità di gestione sia giustificato, di valutare detto grande progetto sulla base di talune informazioni elencate all’articolo 101 del medesimo regolamento, in particolare il suo costo complessivo e il suo costo ammissibile complessivo.

45      Per quanto riguarda l’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013, esso è incluso nel capo III del titolo VII della parte II di detto regolamento, che definisce le condizioni specifiche di ammissibilità alla luce delle quali le spese relative a un’operazione devono essere valutate al fine di beneficiare della partecipazione del FESR. Pertanto, oltre alle condizioni di ammissibilità determinate in base a norme nazionali, conformemente all’articolo 65, paragrafo 1, di tale regolamento, l’articolo 69 di quest’ultimo contiene norme specifiche in materia di ammissibilità per le sovvenzioni e per l’assistenza rimborsabile. In particolare, il paragrafo 3, lettera c), di tale articolo esclude l’IVA dai costi ammissibili a siffatti contributi dei fondi SIE salvo nei casi in cui non sia possibile il suo recupero in forza della normativa nazionale sull’IVA.

46      In primo luogo, l’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013 prevede che, qualora un contributo dei fondi SIE abbia, come nel caso di specie, natura di sovvenzione, l’IVA dovuta sulla cessione di beni o sulla prestazione di servizi sovvenzionata è esclusa dai costi ammissibili a tale contributo, salvo nei casi in cui tale IVA non sia recuperabile in forza della normativa nazionale sull’IVA.

47      A tal riguardo, occorre constatare che una norma del genere è pienamente conforme all’obbligo di una buona gestione finanziaria sancito all’articolo 317 TFUE, che è alla base dell’attuazione dei fondi strutturali (v., in tal senso, sentenza del 25 gennaio 2018, Italia/Commissione, T‑91/16, non pubblicata, EU:T:2018:30, punto 50). Infatti, l’inclusione dell’IVA nei costi ammissibili a un contributo dei fondi SIE come una sovvenzione comporterebbe a favore del beneficiario di tale contributo un arricchimento senza causa se, dopo aver assolto l’IVA dovuta sulla cessione di beni o sulla prestazione di servizi sovvenzionata, questi fosse legittimato a recuperare tale IVA in applicazione della normativa nazionale.

48      D’altro canto, l’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013 ha altresì l’effetto di includere nei costi ammissibili a una sovvenzione dei fondi SIE le spese relative all’IVA dovuta sull’operazione sovvenzionata qualora tale IVA non sia recuperabile in forza della normativa nazionale sull’IVA.

49      Infatti, l’esclusione dell’IVA dai costi ammissibili a una sovvenzione dei fondi SIE quando tale imposta non sia recuperabile finirebbe con aumentare la quota di finanziamento che incombe al beneficiario dei fondi SIE e potrebbe, pertanto, ostacolare la realizzazione delle operazioni che detti fondi dovrebbero finanziare.

50      Orbene, dal combinato disposto degli articoli da 174 a 176 TFUE emerge che i fondi strutturali e gli altri strumenti finanziari dell’Unione che contribuiscono alla coesione economica, sociale e territoriale perseguono in particolare l’obiettivo di ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite. Tale obiettivo è peraltro rammentato al considerando 1 del regolamento n. 1303/2013 e dev’essere preso in considerazione in sede di attuazione degli investimenti cofinanziati mediante detti fondi e strumenti (v., per analogia, sentenza del 19 dicembre 2012, GAMP, C‑579/11, EU:C:2012:833, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

51      Di conseguenza, stabilendo che l’IVA non costituisce un costo ammissibile a un contributo dei fondi SIE che abbia, in particolare, natura di sovvenzione, salvo nei casi in cui detta IVA non sia recuperabile in forza della normativa nazionale sull’IVA, l’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013 garantisce il corretto funzionamento dei meccanismi di coesione economica, sociale e territoriale istituiti da tale regolamento.

52      In secondo luogo, dal tenore letterale dell’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013 risulta che la recuperabilità dell’IVA che osta all’inclusione della stessa nel costo totale ammissibile alla sovvenzione di un fondo SIE deve essere prevista dalla normativa sull’IVA dello Stato membro interessato.

53      A tal riguardo, si deve rilevare che il tenore letterale di detta disposizione differisce da quello delle disposizioni anteriori contenute, per quanto concerne i contributi del FESR, nella norma n. 7, punto 1, dell’allegato del regolamento (CE) n. 448/2004 della Commissione, del 10 marzo 2004, che modifica il regolamento (CE) n. 1685/2000 recante disposizioni di applicazione del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio per quanto riguarda l’ammissibilità delle spese concernenti le operazioni cofinanziate dai Fondi strutturali e che revoca il regolamento (CE) n. 1145/2003 (GU 2004, L 72, pag. 66), poi nell’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1080/2006.

54      Infatti, tali disposizioni, già abrogate al momento dell’adozione della decisione impugnata, prevedevano che l’IVA non costituisse una spesa ammissibile a un contributo del FESR ove fosse stata, per quanto riguarda la norma n. 7, punto 1, dell’allegato del regolamento n. 448/2004, «comunque recuperabile» e, per quanto riguarda l’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1080/2006, «recuperabile».

55      Per contro, dal tenore letterale dell’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013 risulta chiaramente che la recuperabilità dell’IVA può essere ormai valutata soltanto alla luce del diritto nazionale in materia di IVA.

56      Certamente, nella proposta di regolamento all’origine del regolamento n. 1303/2013 [SEC(2011) 1141 final e SEC(2011) 1142 final], la Commissione aveva proposto di limitare l’ammissibilità dell’IVA all’ipotesi in cui quest’ultima, da un lato, non fosse recuperabile a norma della legislazione nazionale sull’IVA e, dall’altro, fosse pagata da beneficiari diversi dai soggetti esenti come definiti dalla direttiva IVA, purché tale IVA non fosse pagata nell’ambito della fornitura di infrastrutture.

57      Tuttavia, da un lato, nel suo parere relativo a detta proposta (GU 2012, C 225, pag. 58), il Comitato delle regioni ha ritenuto che, se, come proposto dalla Commissione, per tutti i progetti realizzati da enti del settore pubblico gli importi dell’IVA non recuperabile venissero considerati costi non ammissibili, la quota di cofinanziamento nazionale aumenterebbe in misura sostanziale, compromettendo così la capacità degli enti regionali e locali di condurre in porto progetti.

58      Dall’altro lato, il testo dell’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013 deriva dall’emendamento n. 255 del Parlamento europeo alla proposta di regolamento menzionata al precedente punto 56. Tale emendamento era motivato, secondo la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento, dalla necessità «di non gravare ulteriormente i bilanci degli enti pubblici i quali, non potendo rendicontare l’IVA, rischiano di compromettere la realizzazione degli interventi e, in definitiva, l’efficacia stessa delle politiche che si intendono sostenere».

59      È vero che la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento ha specificato che l’emendamento si inseriva in un contesto di continuità con i precedenti periodi di programmazione. Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, la continuità così invocata era intesa a rispondere alla proposta della Commissione di escludere puramente e semplicemente qualsiasi presa a carico dell’IVA sopportata dagli organismi di diritto pubblico, come risulta dal parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale citato per estratto al precedente punto 58. Non si trattava quindi di mantenere il regime anteriore, in forza del quale l’IVA comunque recuperabile doveva essere esclusa da qualsiasi contributo dei fondi SIE.

60      Di conseguenza, il tenore letterale e la genesi dell’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013 riflettono l’intenzione del legislatore dell’Unione di restringere la portata della clausola di inammissibilità dell’IVA quale precedentemente prevista dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1080/2006.

61      Pertanto, l’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013 limita ormai l’inammissibilità dell’IVA ai contributi del FESR che abbiano natura segnatamente di sovvenzione alla sola ipotesi in cui tale imposta sia recuperabile in forza della normativa nazionale sull’IVA, e non, come sostenuto dalla Commissione, con qualsiasi altro mezzo.

62      In terzo luogo, occorre constatare che esiste una differenza terminologica tra l’espressione «IVA recuperabile», menzionata all’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013, e l’espressione «IVA detraibile» che figura, in particolare, agli articoli 167, 168 bis, 188, 226, 295 e 310 della direttiva IVA.

63      In tal senso, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, la possibilità per il beneficiario di un contributo finanziario di un fondo SIE di recuperare l’IVA non corrisponde strettamente al diritto a detrazione di cui dispone il soggetto passivo nell’ambito della direttiva IVA (v., per analogia, sentenze del 20 settembre 2012, Ungheria/Commissione, T‑89/10, non pubblicata, EU:T:2012:451, punto 47, e del 20 settembre 2012, Ungheria/Commissione, T‑407/10, non pubblicata, EU:T:2012:453, punto 46).

64      Tuttavia, dall’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013 discende che il diritto alla detrazione dell’IVA costituisce una modalità di recupero che osta all’inclusione dell’IVA nei costi ammissibili al contributo dei fondi SIE, il che, del resto, non è contestato da nessuna delle parti.

65      Infatti, secondo costante giurisprudenza, il diritto alla detrazione, che costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA, si esercita immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte ed è inteso ad esonerare interamente il soggetto passivo dall’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati delle stesse, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA. Il soggetto passivo è autorizzato a detrarre l’IVA dovuta o versata per i beni o servizi acquistati quando, agendo in quanto tale nel momento dell’acquisto di detti beni o servizi, li utilizzi ai fini delle proprie operazioni imponibili (v., in tal senso, sentenza del 14 settembre 2017, Iberdrola Inmobiliaria Real Estate Investments, C‑132/16, EU:C:2017:683, punti da 25 a 27 e giurisprudenza ivi citata).

66      Nel contesto del regolamento n. 1303/2013, il diritto alla detrazione dell’IVA garantito dalla direttiva IVA consente in tal modo al beneficiario di una sovvenzione di un fondo SIE, qualora tale beneficiario abbia la qualità di soggetto passivo ai sensi di detta direttiva, di recuperare l’IVA che ha precedentemente versato al momento della cessione di beni o della prestazione di servizi sovvenzionata.

67      Di conseguenza, l’espressione «IVA (…) recuperabile a norma della normativa nazionale sull’IVA» include necessariamente l’IVA detraibile, ma non può essere limitata unicamente a tale fattispecie, dato che anche altre possibilità di recupero previste dal diritto nazionale in materia di IVA possono ostare alla presa in considerazione dell’IVA nell’ambito del contributo dei fondi SIE.

68      In quarto e ultimo luogo, è vero che, al pari dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1080/2006 e dell’articolo 3, lettera e), del regolamento n. 1084/2006, ai quali si ispira in modo particolare, l’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013 non individua l’entità o la persona in riferimento alla quale deve essere valutata la recuperabilità dell’IVA.

69      Tuttavia, dall’articolo 65, paragrafo 2, del regolamento n. 1303/2013 risulta che le spese sono ammissibili alla partecipazione di un fondo SIE se sono state sostenute dal beneficiario di un tale contributo e pagate durante il periodo rilevante. Pertanto, solo le spese sostenute e pagate da tale beneficiario possono essere considerate costi ammissibili del progetto di cui trattasi. La nozione di «beneficiario» è definita all’articolo 2, punto 10, di tale regolamento come un organismo pubblico o privato responsabile vuoi dell’avvio soltanto, vuoi anche dell’attuazione, delle operazioni.

70      Così, analogamente a quanto già dichiarato dal Tribunale riguardo al regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999 (GU 2006, L 210, pag. 25), e al regolamento n. 1084/2006 (sentenza del 20 settembre 2012, Ungheria/Commissione, T‑89/10, non pubblicata, EU:T:2012:451, punto 51), si deve considerare che, nel contesto del regolamento n. 1303/2013, è fatto riferimento, per l’ammissibilità dell’IVA, al beneficiario dell’intervento di un fondo SIE.

71      Inoltre, va altresì rilevato che, nell’ambito dei lavori preparatori che hanno condotto all’adozione del regolamento n. 1080/2006, il Consiglio ha adottato, il 12 giugno 2006, una posizione comune sulla proposta di regolamento della Commissione riguardante il FESR, ai sensi della quale l’IVA non rimborsabile «effettivamente e definitivamente a carico del beneficiario» dovrebbe essere considerata ammissibile ai fini del calcolo del contributo dei fondi. In una comunicazione inviata il 13 giugno 2006 al Parlamento europeo, la Commissione ha dichiarato di sostenere tale posizione comune.

72      È in detto contesto che il legislatore dell’Unione ha adottato l’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1080/2006, il quale prevedeva che l’IVA recuperabile non costituisse una spesa ammissibile a un contributo del FESR.

73      Orbene, dai lavori preparatori che hanno condotto all’adozione del regolamento n. 1303/2013 non risulta affatto che la designazione dell’entità o della persona in riferimento alla quale deve essere valutata la recuperabilità dell’IVA, ossia il beneficiario di un contributo di un fondo SIE, sia stata modificata rispetto a quella prevista dal legislatore quando ha adottato, in particolare, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1080/2006.

74      Di conseguenza, se l’IVA dovuta a motivo della realizzazione di un’operazione sovvenzionata da un fondo SIE è effettivamente e definitivamente a carico del beneficiario di tale sovvenzione ed è recuperabile da quest’ultimo in forza della normativa nazionale sull’IVA, non è possibile includerla nei costi ammissibili a tale sovvenzione.

75      È alla luce di tutte le suesposte considerazioni che occorre esaminare i tre motivi su cui si basa la decisione impugnata, i quali, secondo quanto affermato dalla Repubblica italiana, si fondano tutti su una violazione dell’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013.

 Sul primo motivo, relativo al fatto che il Ministero dello Sviluppo economico appartiene allamministrazione centrale dello Stato italiano

76      In via preliminare, occorre rilevare che, secondo il considerando 25 della decisione impugnata, il Ministero dello Sviluppo economico detiene la qualità di beneficiario del contributo finanziario del FESR ai sensi della definizione di cui all’articolo 2, punto 10, del regolamento n. 1303/2013.

77      Inoltre, all’articolo 2, punto 9, del medesimo regolamento, il termine «operazione» è definito come «un progetto, un contratto, un’azione o un gruppo di progetti selezionati dalle autorità di gestione dei programmi in questione o sotto la loro responsabilità, che contribuisce alla realizzazione degli obiettivi di una o più priorità correlate».

78      Oltre a ciò, è pacifico tra le parti che la costruzione ad opera della Open Fiber, dietro corrispettivo, di un’infrastruttura come una rete di accesso a Internet a banda ultralarga costituiva una cessione di un bene effettuata a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo dell’IVA che agisce in quanto tale, cessione che è soggetta all’IVA in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, e che l’onere dell’IVA relativa ai costi di costruzione di detta rete gravava sul beneficiario del contributo del FESR, vale a dire il Ministero dello Sviluppo economico.

79      Per quanto riguarda il motivo esposto al considerando 30 della decisione impugnata, secondo cui l’IVA pagata dal Ministero dello Sviluppo economico al Ministero dell’Economia e delle Finanze non può essere considerata un costo per l’amministrazione centrale dello Stato italiano, la Commissione specifica di aver tenuto conto del fatto che il Ministero dello Sviluppo economico è finanziato con il bilancio dello Stato, che è alimentato anche con le risorse provenienti dalla riscossione dell’IVA.

80      Tuttavia, da un lato, non risulta in alcun modo dagli atti di causa che la spesa per IVA sostenuta dal Ministero dello Sviluppo economico a motivo dell’attuazione del grande progetto BUL sia oggetto di una compensazione di bilancio da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, cosicché una siffatta modalità di recupero dell’IVA da parte del beneficiario del contributo del FESR non è dimostrata.

81      Dall’altro lato, anche ipotizzando che una siffatta compensazione di bilancio sussista, la Commissione non dimostra che essa avrebbe il carattere di un recupero in forza della normativa nazionale sull’IVA.

82      Orbene, come risulta dal tenore letterale dell’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013, e come indicato ai precedenti punti da 52 a 61, l’inammissibilità dell’IVA ai contributi del FESR è limitata alla sola ipotesi in cui il beneficiario tenuto al pagamento di tale imposta possa recuperarla in forza della normativa nazionale sull’IVA, e non, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, all’ipotesi in cui l’IVA sia recuperabile con qualsiasi altro mezzo.

83      Inoltre, il motivo di cui al considerando 30 della decisione impugnata non può essere accolto in quanto avrebbe la conseguenza di escludere sistematicamente l’IVA dai costi ammissibili ai contributi del FESR ove il beneficiario sia un’amministrazione centrale di uno Stato membro, quale un dipartimento ministeriale, come avviene nel caso di specie.

84      Orbene, oltre al fatto che un’interpretazione del genere non risulta in alcun modo dal tenore letterale dell’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013, essa comporterebbe una disparità di trattamento tra gli organismi pubblici idonei a beneficiare dei fondi SIE, in violazione dell’articolo 2, punto 10, del medesimo regolamento, che include nella definizione della nozione di beneficiario gli organismi pubblici tanto se appartengono all’amministrazione centrale di uno Stato membro, quanto se dispongono di una personalità giuridica distinta e autonoma rispetto allo Stato di appartenenza.

85      Di conseguenza, fondandosi sul motivo che figura al considerando 30 della decisione impugnata, secondo il quale il pagamento dell’IVA da parte del Ministero dello Sviluppo economico al Ministero dell’Economia e delle Finanze non può essere considerato come un costo sostenuto dall’amministrazione centrale dello Stato italiano, la Commissione ha violato l’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013.

 Sul secondo motivo, relativo, in sostanza, al fatto che lonere dellIVA non incombeva al Ministero dello Sviluppo economico

86      Al considerando 31 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso, in sostanza, che la spesa per IVA relativa alla costruzione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga era imputabile alla Infratel, che agiva in qualità di società interna del Ministero dello Sviluppo economico, e non a quest’ultimo. Secondo la direttiva IVA, nessuna imposta sarebbe dovuta nell’ambito di una «transazione interna», cosicché l’IVA non avrebbe dovuto essere inclusa nelle fatture emesse dalla Infratel a tale ministero. Inoltre, possedendo la Infratel la qualità di soggetto passivo dell’IVA, essa avrebbe potuto detrarre l’IVA di cui trattasi.

87      In via preliminare, occorre rilevare che, nella loro domanda diretta ad ottenere il contributo finanziario del FESR, le autorità italiane hanno indicato che l’intero finanziamento del grande progetto BUL, vale a dire non solo le spese in conto capitale che includono i costi di acquisto di attivi quali infrastrutture, ma anche i costi operativi, sarebbe stato gestito tramite la Infratel, senza precisare che tale società non avrebbe versato l’IVA.

88      Tuttavia, nella stessa domanda si indicava che il Ministero dello Sviluppo economico si sarebbe fatto carico dei costi operativi, i quali includono, di norma, le imposte, conformemente all’accordo di programma stipulato il 20 ottobre 2015 tra tale ministero, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa e la Infratel.

89      Oltre a ciò, le autorità italiane avevano espressamente precisato di aver incluso l’IVA nei costi ammissibili, dal momento che tale imposta sarebbe stata pagata dal beneficiario, vale a dire il Ministero dello Sviluppo economico.

90      Come risulta, infatti, dal precedente punto 15 e dalle risposte della Repubblica italiana alle misure di organizzazione del procedimento, in base allo stato di avanzamento delle opere di costruzione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga, il concessionario, la Open Fiber, doveva emettere nei confronti della Infratel le fatture corrispondenti al costo di tali opere e inclusive di IVA, e la Infratel doveva versare unicamente l’importo al netto dell’IVA di dette fatture.

91      Dal canto suo, il Ministero dello Sviluppo economico doveva versare la parte di tali fatture corrispondente all’IVA direttamente al Ministero dell’Economia e delle Finanze, secondo il meccanismo derogatorio di scissione dei pagamenti («split payment») dell’IVA menzionato al precedente punto 15, in applicazione del quale l’IVA dovuta sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi destinate alle pubbliche amministrazioni doveva essere versata direttamente da dette autorità su un apposito conto bancario bloccato dell’amministrazione fiscale.

92      In tali circostanze, è giocoforza constatare che, secondo la configurazione istituzionale adottata dalle autorità italiane per l’attuazione del grande progetto BUL, che non è contestata dalla Commissione, l’onere dell’IVA relativa ai costi di costruzione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga incombeva al beneficiario del contributo del FESR, vale a dire il Ministero dello Sviluppo economico, e non alla Infratel.

93      Orbene, al considerando 31 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che l’IVA non fosse dovuta nell’ambito di «transazioni interne», cosicché la Infratel avrebbe potuto versare l’IVA relativa ai costi di costruzione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga al posto del Ministero dello Sviluppo economico e tale società avrebbe potuto detrarla successivamente.

94      Pertanto, secondo la Commissione, la spesa costituita dall’IVA per i costi di costruzione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga non riveste il carattere di un onere finanziario certo per il beneficiario del contributo del FESR. Ne conseguirebbe che l’IVA non costituisce un costo ammissibile per il beneficiario.

95      Tuttavia, anzitutto, si deve constatare che le nozioni di «transazione interna» e di «società interna» non sono previste dalla direttiva IVA. La Commissione non si è neppure avvalsa di disposizioni del diritto italiano in materia di IVA che definiscano o utilizzino tali nozioni.

96      Più in generale, la Commissione ha omesso di dimostrare che la Infratel, in quanto società giuridicamente distinta dal Ministero dello Sviluppo economico, non dovesse riaddebitare l’IVA a quest’ultimo.

97      Poi, nei limiti in cui la Commissione avrebbe inteso riferirsi all’articolo 11 della direttiva IVA, è vero che tale disposizione prevede, al primo comma, che ogni Stato membro può considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel suo territorio che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

98      Nondimeno, una disposizione del genere presenta carattere condizionato, in quanto implica l’intervento di disposizioni nazionali che stabiliscano la portata concreta dei vincoli stretti sui piani finanziario, economico e organizzativo fra le persone interessate (v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt, C‑108/14 e C‑109/14, EU:C:2015:496, punto 50). Inoltre, come sostenuto dalla Repubblica italiana senza essere contraddetta sul punto dalla Commissione, la facoltà offerta da detta disposizione non è stata attuata nella normativa italiana per quanto riguarda entità come il Ministero dello Sviluppo economico e la Infratel, i quali costituiscono due entità giuridiche distinte.

99      Pertanto, e in ogni caso, la Commissione non poteva ritenere che le operazioni tra la Infratel e il Ministero dello Sviluppo economico fossero realizzate tra due entità che formavano un unico soggetto passivo ai sensi dell’articolo 11 della direttiva IVA, il che avrebbe consentito a detto ministero di ripercuotere sulla Infratel l’IVA dovuta per la costruzione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga.

100    Infine, è vero che, come sottolineato dalla Commissione, la decisione di distribuire entrate e spese tra vari organismi pubblici appartenenti al medesimo Stato membro nonché tra vari responsabili di un progetto non ha alcuna incidenza sulla valutazione dell’ammissibilità delle spese, in particolare di quella dell’IVA versata per la realizzazione di detto progetto (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2012, Ungheria/Commissione, T‑407/10, non pubblicata, EU:T:2012:453, punto 32).

101    Tuttavia, è sufficiente constatare che, nella presente causa, la scelta delle autorità italiane di non ricorrere ai servizi della Infratel sarebbe rimasta priva di incidenza sul pagamento da parte del Ministero dello Sviluppo economico dell’IVA, la quale gli sarebbe stata quindi fatturata direttamente dalla Open Fiber, per le opere di costruzione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga.

102    Inoltre, la Commissione non dimostra, e neppure sostiene, che la configurazione istituzionale adottata dalle autorità italiane per la realizzazione del grande progetto BUL, nei limiti in cui fa gravare l’onere finale dell’IVA sul Ministero dello Sviluppo economico, fosse irregolare alla luce delle norme stabilite dalla direttiva IVA.

103    Di conseguenza, il secondo motivo su cui si fonda la decisione impugnata, relativo al fatto che l’onere dell’IVA afferente alle opere di costruzione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga dovesse gravare unicamente sulla Infratel in quanto società interna del Ministero dello Sviluppo economico, viola anch’esso l’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013.

 Sul terzo motivo, relativo alla neutralizzazione dellIVA dovuta sulle opere di costruzione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga mediante lIVA riscossa sui canoni di concessione di tale rete

104    Al considerando 32 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso, in sostanza, che i canoni di concessione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga pagati dal concessionario alla Infratel, in qualità di amministrazione aggiudicatrice, sarebbero soggetti a IVA, IVA pagata dal concessionario direttamente all’amministrazione fiscale italiana, conformemente al meccanismo di scissione dei pagamenti («split payment»). L’IVA dovuta a monte sulle opere di costruzione di detta rete sarebbe quindi neutralizzata dall’IVA riscossa a valle sui suddetti canoni e sarebbe, per tale ragione e in teoria, recuperabile.

105    Nel caso di specie, occorre constatare che tale motivo, relativo alla neutralizzazione dell’IVA dovuta sulle opere di costruzione mediante l’IVA che la Infratel percepirebbe sui canoni di concessione, non si riferisce al Ministero dello Sviluppo economico, che è il beneficiario del contributo del FESR per l’attuazione del grande progetto BUL. Pertanto, un motivo del genere non è idoneo a dimostrare che tale ministero sia in grado di recuperare, in forza della normativa nazionale sull’IVA, l’IVA che è tenuto a versare sulle fatture corrispondenti alla fase di costruzione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga.

106    Infatti, dal fascicolo risulta che, in base allo stato di avanzamento delle opere di costruzione di detta rete, la Infratel doveva versare unicamente l’importo al netto dell’imposta delle fatture emesse dalla Open Fiber, mentre il Ministero dello Sviluppo economico doveva versare la parte di tali fatture corrispondente all’IVA direttamente all’amministrazione fiscale.

107    Inoltre, come rilevato dalla Repubblica italiana senza essere contraddetta sul punto dalla Commissione, il Ministero dello Sviluppo economico non è considerato soggetto passivo per le attività o le operazioni espletate nell’esercizio delle funzioni istituzionali, quali la realizzazione del grande progetto BUL, dal momento che svolge tali attività o operazioni in quanto pubblica amministrazione, conformemente all’articolo 13 della direttiva IVA, il quale è stato recepito nell’ordinamento giuridico italiano dall’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633 – Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto (supplemento ordinario alla GURI n. 292, dell’11 novembre 1972).

108    Il Ministero dello Sviluppo economico non aveva dunque la facoltà di detrarre l’IVA relativa ai costi di costruzione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga secondo le modalità di cui all’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA e all’articolo 19, paragrafo 1, del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633.

109    Oltre a ciò, dagli atti di causa non risulta che il Ministero dello Sviluppo economico possa recuperare indirettamente, anche solo parzialmente, l’IVA dovuta dalla Open Fiber sui canoni di concessione nella fase di gestione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga, così che si possa ritenere che detto ministero non sopporti l’onere reale e definitivo di tale spesa.

110    Al riguardo, la mera circostanza che la Infratel sia una società a capitale pubblico indirettamente detenuta dallo Stato italiano e posta sotto il suo controllo non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un meccanismo di recupero indiretto dell’IVA a favore del Ministero dello Sviluppo economico.

111    In ogni caso, anche ipotizzando che un siffatto meccanismo esista o possa essere istituito tra il Ministero dello Sviluppo economico e la Infratel, la spesa per IVA dovuta da tale ministero in occasione della fase di costruzione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga potrebbe essere esclusa dal totale dei costi ammissibili al contributo del FESR solo a condizione che tale recupero indiretto dell’IVA, tramite la Infratel, sia previsto dalla normativa italiana sull’IVA, circostanza che la Commissione neppure afferma.

112    A tal riguardo, la Commissione non può legittimamente avvalersi della soluzione accolta dal Tribunale nelle sentenze del 20 settembre 2012, Ungheria/Commissione (T‑89/10, non pubblicata, EU:T:2012:451), e del 20 settembre 2012, Ungheria/Commissione (T‑407/10, non pubblicata, EU:T:2012:453).

113    Certamente, in tali due cause, il Tribunale ha respinto i ricorsi di annullamento proposti avverso due decisioni della Commissione che escludevano l’IVA dalle spese ammissibili ai contributi del FESR e del Fondo di coesione.

114    Tuttavia, da un lato, le suddette due decisioni della Commissione erano disciplinate, in particolare, dal regolamento n. 1084/2006, il cui articolo 3, lettera e), al pari dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1080/2006, escludeva l’IVA recuperabile dalle spese ammissibili ai contributi del Fondo di coesione senza che fosse necessario determinare se le modalità di recupero risultassero dall’applicazione della normativa nazionale sull’IVA.

115    Dall’altro lato, nelle due cause all’origine delle sentenze citate al precedente punto 112, il beneficiario aveva tenuto conto di una gestione finanziaria unica delle fasi di costruzione e di gestione dei progetti in questione in tali cause e aveva effettuato un’analisi costi/benefici propria dei progetti generatori di entrate.

116    Nel caso di specie, come ricordato al precedente punto 6, il sostegno fornito nell’ambito del FESR al grande progetto BUL costituisce un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno, come risulta dalla verifica individuale del fabbisogno di finanziamento effettuata dalla Commissione conformemente alle norme applicabili in materia di aiuti di Stato.

117    Orbene, come correttamente rilevato dalla Repubblica italiana, dall’articolo 61, paragrafo 8, del regolamento n. 1303/2013, nella sua versione applicabile alla data di adozione della decisione impugnata, risulta che le norme relative alle operazioni che generano entrate nette dopo il loro completamento non erano applicabili alle operazioni per le quali il sostegno nell’ambito di un programma costituisce un aiuto di Stato.

118    Infine, la Commissione non dimostra che la normativa italiana sull’IVA prevedrebbe meccanismi di recupero dell’IVA diversi dal diritto a detrazione istituito dalla direttiva IVA che consentano a organismi di diritto pubblico quali il Ministero dello Sviluppo economico di recuperare l’IVA che essi versano in quanto consumatori finali.

119    Di conseguenza, la mera circostanza che i canoni di concessione della rete di accesso a Internet a banda ultralarga pagati dal concessionario alla Infratel, in qualità di amministrazione aggiudicatrice, siano soggetti all’IVA resta irrilevante ai fini dell’imputabilità reale e definitiva al Ministero dello Sviluppo economico della spesa per IVA relativa alla realizzazione del grande progetto BUL. Poiché la Commissione non ha dimostrato che tale ministero poteva recuperare detta spesa in forza della normativa nazionale sull’IVA, il terzo motivo, figurante al considerando 32 della decisione impugnata, viola anch’esso l’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013.

120    Da tutto quanto precede emerge che i tre motivi su cui si basa la decisione impugnata violano l’articolo 69, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 1303/2013. Pertanto, la decisione impugnata deve essere annullata, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi dedotti a sostegno del ricorso.

 Sulle spese

121    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Repubblica italiana.

122    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri intervenuti nella causa restano a loro carico.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione di esecuzione C(2019) 2652 final della Commissione, del 3 aprile 2019, che approva il contributo finanziario al «Grande Progetto Nazionale Banda Ultra Larga – Aree Bianche» selezionato nel quadro dei programmi operativi «POR Abruzzo FESR 2014-2020», «Basilicata», «POR Calabria FESR FSE», «Campania», «POR Emilia Romagna FESR», «POR Lazio FESR», «POR Liguria FESR», «POR Lombardia FESR», «POR Marche FESR 2014-2020», «POR Piemonte FESR», «POR Puglia FESR-FSE», «POR Sardegna FESR», «Sicilia», «Toscana», «POR Umbria FESR», «POR Veneto FESR 2014-2020» e «Imprese e competitività» in Italia, è annullata nella parte in cui essa esclude dal finanziamento dell’Unione europea le spese sostenute dal beneficiario a titolo di imposta sul valore aggiunto.

2)      La Commissione europea sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Repubblica italiana.

3)      La Repubblica ceca e il Regno di Spagna sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Da Silva Passos

Valančius

Reine

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 22 giugno 2022.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

S. Papasavvas


*      Lingua processuale: l’italiano.