Language of document : ECLI:EU:T:2000:180

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

6 luglio 2000 (1)

«Concorrenza - Distribuzione di autoveicoli - Compartimentazione -

Art. 85 del Trattato CE (divenuto art. 81 CE) - Regolamento (CEE) n. 123/85 - Divulgazioni alla stampa - Segreto professionale - Buona amministrazione - Ammenda - Gravità dell'infrazione»

Nella causa T-62/98,

Volkswagen AG, con sede in Wolfsburg (Germania), rappresentata dall'avv. R. Bechtold, del foro di Stoccarda, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Loesch e Wolter, 11, rue Goethe,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor K. Wiedner, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, assistito dall'avv. H.J. Freund, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto presso il signor C. Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento della decisione della Commissione 28 gennaio 1998, 98/273/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del Trattato CE (IV/35.733 - VW) (GU L 124, pag. 60) o, in subordine, alla riduzione dell'ammenda inflitta in tale decisione alla ricorrente,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dal signor R.M. Moura Ramos, presidente, dalla signora V. Tiili e dal signor P. Mengozzi, giudici,

cancelliere: signora B. Pastor, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 7 ottobre 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I fatti e il contesto normativo

1.
    La ricorrente è la società holding del gruppo Volkswagen. Le attività commerciali del gruppo comprendono la produzione di autoveicoli delle marche Volkswagen, Audi, Seat e Skoda, nonché la produzione di componenti e di parti. Il gruppo svolge anche altre attività nei settori dei motori industriali, dei servizi finanziari e delle assicurazioni. La ricorrente detiene una partecipazione del 98,99% in Audi AG (in prosieguo: «Audi»). L'attività commerciale di Audi, che ha la propria sede a Ingolstadt (Germania), verte essenzialmente sulla produzione e la distribuzione di autoveicoli di marca Audi, nonché sulla produzione di componenti e di motori.

2.
    Gli autoveicoli di marca Volkswagen e Audi sono venduti nella Comunità tramite reti di distribuzione selettiva. L'importazione in Italia di tali autoveicoli, delle loro parti separate e degli accessori, viene garantita in esclusiva dalla società di dirittoitaliano Autogerma SpA (in prosieguo: «Autogerma»), con sede a Verona, che è controllata integralmente dalla ricorrente e che perciò costituisce con quest'ultima e con Audi una unità economica. La distribuzione in Italia avviene tramite concessionari indipendenti dal punto di vista giuridico ed economico, ma legati contrattualmente ad Autogerma.

3.
    Il regolamento (CEE) della Commissione 12 dicembre 1984, n. 123/85, relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del Trattato CEE a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il servizio di assistenza alla clientela (GU L 15, pag. 16), che dal 1° ottobre 1995 è stato sostituito dal regolamento (CE) della Commissione 28 giugno 1995, n. 1475 (GU L 145, pag. 25), esenta i contratti di concessione, a certe condizioni, dall'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE). Ai sensi dell'art. 7 del regolamento n. 1475/95, il divieto enunciato all'articolo 85, n. 1 del Trattato non si applica, durante il periodo dal 1° ottobre 1995 al 30 settembre 1996, agli accordi già in vigore al 1° ottobre 1995 che soddisfano le condizioni di esenzione previste dal regolamento n. 123/85.

4.
    L'art. 1 del regolamento n. 123/85 dispone:

«L'articolo 85, paragrafo 1, del trattato è dichiarato inapplicabile, ai sensi dell'articolo 85, paragrafo 3, alle condizioni stabilite dal presente regolamento agli accordi ai quali partecipano solo due imprese e nei quali un contraente s'impegna nei confronti dell'altro a fornire, all'interno di un territorio definito del mercato comune:

1.    soltanto a quest'ultimo, o

2.    soltanto a quest'ultimo e ad un numero determinato di imprese della rete distributiva, ai fini della rivendita, autoveicoli a tre o più ruote per l'utilizzazione sulla via pubblica (...)».

5.
    L'art. 2 del regolamento n. 123/85 precisa che l'esenzione si applica anche «quando l'impegno di cui all'articolo 1 è legato all'impegno con il quale il fornitore si obbliga a non vendere prodotti contrattuali ad utilizzatori finali nel territorio contrattuale».

6.
    L'art. 3 del regolamento n. 123/85 stabilisce: «L'esenzione (...) si applica egualmente quando [l'accordo di distribuzione selettiva] è legato all'impegno con il quale il distributore si obbliga:

(...)

8.    al di fuori del territorio contrattuale

    a)    a non mantenere succursali o depositi per la distribuzione di prodotti contrattuali e di prodotti corrispondenti;

    b)    a non ricercare clienti per i prodotti contrattuali e prodotti corrispondenti;

9.     a non affidare a terzi la distribuzione di prodotti contrattuali e di prodotti corrispondenti ed il relativo servizio assistenza, al di fuori del territorio contrattuale;

10.     a non fornire ad un rivenditore:

    a)    prodotti contrattuali e prodotti corrispondenti, salvo se il rivenditore è un'impresa della rete distributiva (...);

    

11.    a vendere autoveicoli (...) ad utilizzatori finali che si avvalgono dei servizi di un intermediario, soltanto se detti utilizzatori abbiano preliminarmente conferito mandato scritto all'intermediario ad acquistare e, in caso di consegna a quest'ultimo, a ritirare un autoveicolo determinato».

7.
    Il dettato degli artt. 1, 2 e 3 del regolamento n. 1475/95 è pressappoco identico a quello delle corrispondenti disposizioni del regolamento n. 123/85. L'art. 6, n. 1, del regolamento n. 1475/95 stabilisce: «L'esenzione non si applica:

(...)

3)    quando (...) i contraenti stipulano restrizioni di concorrenza che non sono espressamente esentate in base al presente regolamento, ovvero

(...)

7)    quando il costruttore, il fornitore o un'altra impresa della rete restringe direttamente o indirettamente la libertà degli utilizzatori finali, degli intermediari con mandato o dei distributori di rifornirsi, presso un'impresa della rete di loro scelta all'interno del mercato comune, di prodotti contrattuali o di prodotti corrispondenti (...), o la libertà degli utilizzatori finali di rivendere prodotti contrattuali o prodotti corrispondenti, purché la vendita non sia realizzata a fini commerciali, ovvero

8)    quando il fornitore, senza motivo oggettivamente giustificato, concede ai distributori compensi calcolati in funzione del luogo di destinazione degli autoveicoli rivenduti o del domicilio dell'acquirente (...)».

8.
    Dal settembre 1992 e nel 1993 la lira italiana si è notevolmente svalutata nei confronti del marco tedesco. Tuttavia, la ricorrente non ha aumentatoproporzionalmente i propri prezzi di vendita in Italia. Le differenze di prezzo derivanti da tale situazione hanno determinato un interesse economico alla riesportazione, dall'Italia, degli autoveicoli di marca Volkswagen e Audi.

9.
    Nel corso del 1994 e del 1995 la Commissione ha ricevuto lettere da parte di consumatori tedeschi e austriaci che lamentavano l'esistenza di ostacoli all'acquisto in Italia di autoveicoli nuovi delle marche sopra citate, per la loro successiva riesportazione in Germania o in Austria.

10.
    Con lettera 24 febbraio 1995 la Commissione ha informato la ricorrente di aver accertato, sulla base delle denunce provenienti dai consumatori tedeschi, che la ricorrente stessa o Autogerma avevano imposto ai concessionari italiani delle marche Volkswagen e Audi di vendere autoveicoli unicamente a clienti italiani, dietro minaccia di risoluzione del contratto di concessione. Nella medesima lettera la Commissione ha ingiunto alla ricorrente di porre fine a questo ostacolo alla riesportazione e di comunicarle, entro tre settimane dal ricevimento della missiva, i provvedimenti adottati al riguardo.

11.
    Con lettera 30 marzo 1995 la ricorrente ha risposto che le difficoltà in cui taluni consumatori erano incorsi potevano essere dipese da un problema di comunicazione, in particolare tra Autogerma e i concessionari italiani. Alla lettera era allegata copia di una circolare spedita dalla ricorrente il 16 marzo 1995 ai concessionari italiani allo scopo di eliminare ogni possibile malinteso.

12.
    Con lettera 2 maggio 1995 la Commissione ha replicato alla ricorrente che la circolare del 16 marzo 1995 non aveva eliminato gli ostacoli alla riesportazione. Al riguardo, essa riferiva di nuove denunce provenienti da numerosi consumatori tedeschi e austriaci.

13.
    Il 17 ottobre 1995 la Commissione ha adottato una decisione con cui disponeva accertamenti in forza dell'art. 14, n. 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204). Gli accertamenti sono stati effettuati il 23 e il 24 ottobre 1995 presso la ricorrente e Audi nonché, in Italia, presso Autogerma, Auto Brenner SpA di Bolzano, Auto Pedross Herbert & Co. di Silandro, Dorigoni SpA di Trento, Eurocar SpA di Udine, IOB Silvano & C. Srl di Gemona, Adriano Mansutti di Tricesimo, Günther Rabanser di Pontegardena, Mutschlechner SAS di Brunico e Franz Nitz di Vipiteno. Attraverso tali accertamenti la Commissione intendeva verificare se la ricorrente e Audi avessero stipulato accordi o attuato pratiche concordate con Autogerma e i rispettivi concessionari in Italia affinché non fossero venduti autoveicoli nuovi a consumatori residenti in altri Stati membri.

14.
    Sulla base dei documenti raccolti nel corso degli accertamenti, la Commissione ha ritenuto che la ricorrente, Audi e Autogerma avessero concordato con i rispettivi concessionari italiani una politica di compartimentazione del mercato. Il 25 ottobre1996 la Commissione ha notificato alla ricorrente e ad Audi una comunicazione di addebiti in tal senso.

15.
    Con lettera 18 novembre 1996 la ricorrente e Audi hanno richiesto l'accesso al fascicolo, del quale hanno preso visione il 5 dicembre 1996.

16.
    Il 19 dicembre 1996, dietro domanda esplicita della ricorrente, Autogerma ha inviato una circolare ai concessionari italiani, precisando che le esportazioni destinate agli utenti finali (se del caso, tramite intermediari) o a concessionari appartenenti alla rete di distribuzione erano lecite e, pertanto, non avrebbero costituito oggetto di sanzioni. La circolare indicava inoltre che lo sconto accordato ai concessionari sul prezzo di vendita degli autoveicoli ordinati, definito «margine», e il pagamento del loro premio erano del tutto indipendenti dal fatto che gli autoveicoli fossero stati venduti all'interno o all'esterno del loro territorio contrattuale.

17.
    Con lettera 12 gennaio 1997 la ricorrente e Audi hanno inviato alla Commissione le proprie osservazioni relative alla comunicazione degli addebiti.

18.
    Esse hanno inoltre esposto il proprio punto di vista ai servizi competenti della Commissione nel corso di un'audizione svoltasi il 7 aprile 1997.

19.
    Il 7 ottobre 1997 l'avvocato della ricorrente ha inoltre chiesto e ottenuto un colloquio con il direttore di tali servizi per stabilire, in particolare, se a giudizio della Commissione le infrazioni accertate fossero terminate o continuassero a sussistere.

20.
    Il 28 gennaio 1998 la Commissione ha adottato la decisione 98/273/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del trattato CE (IV/35.733 - VW) (GU L 124, pag. 60; in prosieguo: la «decisione» o la «decisione impugnata»), nella quale la ricorrente viene indicata come l'unico destinatario. A questo proposito la Commissione spiega che la ricorrente è responsabile dell'infrazione rilevata, in quanto capogruppo di Audi e Autogerma e consapevole delle attività svolte da queste. Quanto ai concessionari italiani, secondo la Commissione essi non avevano partecipato attivamente agli ostacoli alla riesportazione ma, in quanto vittime della politica restrittiva attuata dalle case costruttrici e da Autogerma, erano stati costretti ad accettare tale politica dietro pressione.

21.
    Per quanto riguarda i fatti addebitati, la Commissione elenca una serie di documenti diretti a dimostrare, da un lato, che la ricorrente e Audi hanno impedito la riesportazione di autoveicoli dall'Italia in Germania o in altri Stati membri attraverso misure mirate e utilizzando mezzi finanziari e personale proprio e, dall'altro lato, che, dietro istruzioni della ricorrente e di Audi, Autogerma ha effettuato controlli rigorosi presso i concessionari italiani al fine di bloccare la prassi di alcuni tra loro consistente nel vendere autoveicoli ad acquirenti esteri, infliggendo in certi casi sanzioni severe.

22.
    Quanto alle misure adottate dalla ricorrente e da Audi, la Commissione menziona l'introduzione, da parte della ricorrente, di un «sistema di margine scaglionato» da applicare alla vendita del nuovo modello Volkswagen Polo in Italia. In base a detto sistema, anziché fruire di uno sconto complessivo del 13% sull'importo fatturato per ciascun autoveicolo ordinato, il concessionario beneficia di uno sconto limitato all'8%, al momento dell'emissione della fattura, e di un successivo sconto del 5%, subordinato all'immatricolazione dell'autoveicolo sul proprio territorio contrattuale. Secondo la decisione, Audi ha istituito un sistema analogo per la vendita in Italia del modello Audi A4. La Commissione menziona inoltre la limitazione delle scorte dei concessionari da parte della ricorrente e di Audi. Tale misura, accompagnata da una politica di rifornimento limitato, avrebbe determinato un allungamento considerevole dei tempi di consegna e indotto alcuni clienti ad annullare le proprie ordinazioni. Essa avrebbe inoltre consentito ad Autogerma di respingere le richieste di consegna dei concessionari tedeschi (forniture incrociate all'interno della rete distributiva Volkswagen). La Commissione richiama inoltre le condizioni fissate da Audi e da Autogerma per calcolare il premio trimestrale del 3% pagato ai concessionari in base al numero di autoveicoli venduti.

23.
    Tra le sanzioni che Autogerma ha inflitto ai concessionari la Commissione cita la risoluzione di alcuni contratti di concessione e la soppressione del premio trimestrale del 3% per le vendite effettuate fuori del territorio contrattuale.

24.
    Nella decisione si sottolinea che le misure adottate dalla ricorrente, da Audi e da Autogerma dirette a controllare la vendita degli autoveicoli da parte dei concessionari italiani riguardavano sia le consegne a rivenditori non appartenenti alla rete (in prosieguo: i «rivenditori non autorizzati») sia quelle ai consumatori finali e a concessionari delle marche Volkswagen e Audi residenti o stabiliti in Stati membri diversi dall'Italia.

25.
    La Commissione cita inoltre documenti che dimostrerebbero come le suddette misure abbiano effettivamente limitato il commercio tra l'Italia, da un lato, e la Germania e l'Austria, dall'altro, in quanto le ordinazioni di molti clienti residenti in questi due ultimi Stati membri sono state respinte dai concessionari italiani.

26.
    La Commissione conclude sostenendo che tali misure, che rientrano tutte nei rapporti contrattuali tra le case costruttrici, tramite Autogerma, e i concessionari italiani delle rispettive reti di distribuzione selettiva, derivano da un accordo o da una pratica concordata e costituiscono una violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, in quanto espressione della messa in atto di una politica di compartimentazione del mercato. La Commissione precisa che tali misure non rientrano nei regolamenti n. 123/85 e 1475/95, dal momento che questi ultimi non contengono alcuna disposizione che consente di esentare un accordo inteso a prevenire le esportazioni parallele da parte dei consumatori finali, di intermediari da questi incaricati o di altri rivenditori appartenenti alla rete distributiva. Essa precisa altresì che la concessione di un'esenzione individuale è esclusa nel caso di specie, dal momentoche la ricorrente, Audi e Autogerma non hanno notificato nessun elemento dell'accordo concluso con i concessionari e che, in ogni caso, gli ostacoli alla riesportazione costituiscono un pregiudizio per l'obiettivo della protezione dei consumatori definito dall'art. 85, n. 3, del Trattato.

27.
    Quanto all'affermazione della ricorrente e di Audi, esposta nelle loro osservazioni sulla comunicazione degli addebiti, secondo la quale alcuni documenti sui quali la Commissione si basa costituiscono semplici relazioni interne del gruppo Volkswagen, che rispecchiano soltanto un dibattito e, talvolta, conflitti all'interno del gruppo, la Commissione sostiene che i conflitti interni al gruppo non sono rilevanti, poiché non cambiano il fatto che la ricorrente e le sue controllate Audi e Autogerma hanno concluso con i rispettivi concessionari un accordo incompatibile con le norme comunitarie sulla concorrenza. Contro l'argomentazione, anch'essa esposta nelle osservazioni sulla comunicazione degli addebiti, in base alla quale, da un lato, la maggior parte delle riesportazioni dall'Italia in Germania e in Austria erano costituite da consegne illecite a rivenditori non autorizzati e, dall'altro lato, le vendite a privati (eventualmente attraverso intermediari) o ad altri concessionari delle marche Volkswagen e Audi erano di entità trascurabile, la Commissione ritiene che, sebbene soltanto una modesta parte delle vendite ostacolate andasse a discapito dei consumatori finali, dei loro intermediari o di altri concessionari delle suddette marche, il pregiudizio per il commercio tra Stati membri sarebbe comunque rilevante e vi sarebbe quindi violazione delle regole comunitarie sulla concorrenza.

28.
    All'art. 1 della decisione la Commissione dichiara che la ricorrente, congiuntamente alle sue controllate Audi e Autogerma, ha violato «l'articolo 85, paragrafo 1, del Trattato, in quanto si è accordata con i concessionari italiani della sua rete di distribuzione al fine di vietare o limitare le vendite ai consumatori finali di altri Stati membri, che agissero direttamente o tramite mandatari, nonché ad altri concessionari della rete distributiva stabiliti in un altro Stato membro». All'art. 2 della decisione essa ordina alla ricorrente di porre fine a tali violazioni e le ingiunge, a tal scopo, di adottare tra le altre misure quelle da essa elencate.

29.
    All'art. 3 della decisione la Commissione infligge un'ammenda di 102 milioni di ECU alla ricorrente a causa della gravità dell'infrazione accertata. Al riguardo, la Commissione ritiene che l'ostacolo frapposto alle esportazioni parallele di autoveicoli da parte dei consumatori finali, nonché alle forniture incrociate all'interno della rete di concessionari, pregiudica l'obiettivo della creazione di un mercato comune, che è uno dei principi fondamentali della Comunità europea, per cui l'infrazione accertata è particolarmente grave. A ciò si aggiunge che le norme applicabili in materia sono state emanate già da diversi anni e che il gruppo Volkswagen detiene nella Comunità la quota di mercato più alta tra i produttori di autoveicoli. La Commissione inoltre cita alcuni documenti per dimostrare che la ricorrente era pienamente cosciente del fatto che il suo comportamento era contrario all'art. 85 del Trattato. Essa sottolinea altresì come l'infrazione si sia protratta per più di dieci anni. Infine, la Commissione ha considerato, comecircostanze aggravanti, il fatto che la ricorrente, da un lato, non ha posto fine alle misure incriminate sebbene essa le avesse inviato due lettere nel 1995 segnalandole come il comportamento diretto ad impedire o restringere le esportazioni parallele dall'Italia costituisse una violazione delle norme sulla concorrenza e, dall'altro lato, ha sfruttato la situazione di dipendenza esistente tra una casa automobilistica e i concessionari, situazione che nel caso di specie è stata all'origine di perdite sostanziali in termini di volume d'affari per numerosi rivenditori. A questo proposito, nella decisione è indicato come Audi e Autogerma abbiano minacciato più di cinquanta concessionari di risolvere il loro contratto nel caso in cui avessero continuato a vendere autoveicoli a clienti stranieri e come dodici contratti di concessione siano stati effettivamente risolti, mettendo in tal modo in pericolo l'esistenza delle imprese interessate.

30.
    La decisione è stata notificata con lettera inviata il 5 febbraio 1998 alla ricorrente e da questa ricevuta il giorno seguente.

31.
    Con lettera 2 marzo 1998 la ricorrente ha informato la Commissione delle misure adottate in attuazione dell'art. 2 della decisione, domandandole se corrispondessero effettivamente a quelle previste nel suddetto articolo. Con lettera 27 marzo 1998 la Commissione ha risposto che tali misure erano sostanzialmente conformi a quelle prescritte dalla decisione.

Procedimento e conclusioni delle parti

32.
    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l'8 aprile 1998 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

33.
    La fase scritta del procedimento si è conclusa l'11 gennaio 1999.

34.
    Su relazione del giudice relatore il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, a titolo di misure di organizzazione del procedimento, ha chiesto alle parti di rispondere a quesiti scritti e di produrre taluni documenti. Le parti hanno adempiuto a tali richieste.

35.
    Le difese delle parti e le loro risposte ai quesiti orali del Tribunale sono state ascoltate all'udienza pubblica che si è svolta il 7 ottobre 1999.

36.
    La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione;

-    condannare la convenuta alle spese.

37.
    La convenuta conclude che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    condannare la ricorrente alle spese.

Nel merito

38.
    La ricorrente deduce in sostanza cinque motivi di annullamento. Il primo e il secondo motivo si basano, rispettivamente, su errori di fatto e di diritto nell'applicazione dell'art. 85 del Trattato. Gli altri tre motivi attengono alla violazione del principio di buona amministrazione, dell'obbligo di motivazione e del diritto di essere sentiti.

39.
    La ricorrente solleva inoltre, in subordine, un motivo volto ad ottenere la riduzione dell'ammenda inflitta dalla decisione, in quanto eccessiva.

A - Primo motivo, attinente ad errori di fatto nell'applicazione dell'art. 85 del Trattato

Gli ostacoli alla riesportazione

Osservazioni preliminari

40.
    Nell'ambito del primo motivo la ricorrente sostiene di aver rispettato i principi della distribuzione selettiva dettati dai regolamenti n. 123/95 e n. 475/95. Essa ha sempre riconosciuto la legittimità delle vendite effettuate dai suoi concessionari italiani a consumatori finali stranieri e ad altri concessionari della propria rete distributiva. A suo giudizio, tutte le misure che la Commissione, nella decisione impugnata, ha qualificato come incompatibili con le regole comunitarie sulla concorrenza avevano in realtà l'unico scopo di impedire le vendite illegittime, ossia quelle a rivenditori non autorizzati. L'argomento della ricorrente si basa sull'affermazione per cui «tutti gli interessati erano a conoscenza del fatto che le vendite dei concessionari italiani a consumatori finali stranieri e ad altri concessionari della rete distributiva erano lecite e non dovevano essere ostacolate» ed è pertanto diretto a dimostrare l'inesistenza dei presunti ostacoli (punti 13 e 78 del ricorso). Più precisamente, la ricorrente sostiene che tutti i concessionari del gruppo, per l'intero periodo considerato dalla Commissione, erano legittimati a vendere autoveicoli nuovi a consumatori finali, tanto all'interno quanto all'esterno del proprio territorio contrattuale, nonché ad effettuare consegne incrociate ad altri concessionari delle marche Volkswagen e Audi (punto 56 del ricorso).

41.
    La ricorrente non contesta il fatto che, se avesse impedito le riesportazioni dall'Italia nelle condizioni indicate dalla Commissione, tale comportamento sarebbe stato incompatibile con i contratti di concessione e con la normativa comunitaria. Essa si sarebbe esposta a denunce da parte della Commissione e sarebbe scattata la sua responsabilità contrattuale nei confronti dei concessionari della propria retedi distribuzione per inosservanza dei regolamenti n. 123/85 e n. 1475/95 (punto 4 del ricorso).

42.
    La convenuta non contesta la compatibilità, con le norme comunitarie sulla concorrenza, del divieto di riesportazioni da parte di rivenditori non autorizzati e delle disposizioni adottate a tal fine. Tuttavia, essa sostiene che le misure adottate dalla ricorrente, da Audi e da Autogerma riguardavano, in realtà, tutte le riesportazioni di autoveicoli dall'Italia.

43.
    Occorre pertanto verificare se la Commissione abbia commesso errori nella valutazione dei fatti concludendo, all'art. 1 della decisione, che la ricorrente, assieme alle proprie controllate Audi e Autogerma, ha violato «l'articolo 85, paragrafo 1, del trattato, in quanto si è accordata con i concessionari italiani della sua rete di distribuzione al fine di vietare o limitare le vendite ai consumatori finali di altri Stati membri, che agissero direttamente o tramite mandatari, nonché ad altri concessionari della rete distributiva stabiliti in un altro Stato membro». A tal fine si deve verificare se la Commissione abbia raccolto elementi di prova sufficientemente precisi e concordanti per corroborare la ferma convinzione che l'infrazione dedotta abbia avuto luogo (sentenza del Tribunale 21 gennaio 1999, cause riunite T-185/96, T-189/96 e T-190/96, Riviera Auto Service/Commissione, Racc. pag. II-93, punto 47).

Sull'ostacolo derivante dal sistema dei premi

- Argomenti delle parti

44.
    Per quanto riguarda le misure concrete che Autogerma avrebbe adottato nei

confronti dei concessionari che avevano venduto al di fuori del loro territorio contrattuale, la ricorrente contesta, innanzi tutto, le osservazioni della Commissione relative alle modalità di calcolo del premio trimestrale del 3%. Essa spiega che Autogerma assegna per prassi abituale un premio ai concessionari, definito nella «convenzione B», il cui importo e le cui condizioni di concessione variano nel corso degli anni, e il cui scopo è di compensare i risultati ottenuti nell'esecuzione dei loro obblighi contrattuali. Poiché, tra questi obblighi, quello consistente nel promuovere il più possibile le vendite di autoveicoli nuovi nel territorio contrattuale e nell'offrire un servizio di assistenza di qualità all'interno del territorio riveste un'importanza particolare, la concessione del premio sarebbe, logicamente, in funzione del corretto adempimento di tale obbligo. Secondo la ricorrente, dal 1° gennaio 1988 al 31 dicembre 1990 il premio del 3% veniva accordato in frazioni del 2% e dello 0,5% nel caso in cui si fossero raggiunte le quote di vendita di autoveicoli da realizzare, rispettivamente, entro quattro mesi ed entro un anno, e in una frazione pari allo 0,5% nel caso in cui fossero stati rispettati altri criteri. Tale ripartizione era stata ulteriormente modificata (dal 1° gennaio 1991 al 30 aprile 1994: 1,5% per le quote di vendita quadrimestrali, e 1,5% per la quotaannuale; dal 1° maggio 1994 al 31 dicembre 1994: 1,4% per la quota quadrimestrale, 1% per quella annuale e 0,6% per il grado di soddisfazione della clientela). Nella convenzione B era stata stipulata esplicitamente la regola in base alla quale per il calcolo del premio si dovevano tenere in considerazione tutte le vendite, ma quelle effettuate fuori del territorio contrattuale venivano valutate solo se non superavano il 15 % delle vendite complessive del concessionario (in prosieguo: la «regola del 15%»). Tuttavia la regola del 15%, in vigore fino al 30 settembre 1996, in concreto non è stata applicata. Dal 1° ottobre 1996 per calcolare il premio venivano prese in considerazione tutte le vendite di autoveicoli nuovi. La ricorrente spiega ancora che, se inizialmente la quantità di autoveicoli venduti era determinata sulla base delle consegne, a partire dal 1° gennaio 1995 sino al 30 settembre 1996 il premio corrispondente alla quota delle vendite da realizzare entro quattro mesi era legato alle immatricolazioni.

45.
    La ricorrente sostiene che i documenti citati dalla Commissione per dimostrare che tramite il sistema di premi venivano applicate sanzioni sono privi di rapporto con la suddetta questione, nonché di forza probante. Essa sottolinea che la sanzione è stata applicata solo ai distributori che avevano violato il contratto di concessione consegnando autoveicoli a rivenditori non autorizzati. Dal dettato e dal contesto di tutti i documenti citati dalla Commissione risulterebbe chiaramente che venivano considerate soltanto le vendite a rivenditori non autorizzati. Inoltre, nessun elemento giustificherebbe la conclusione della Commissione secondo cui il sistema di premi controverso avrebbe indotto numerosi concessionari a rinunciare in via generale ad effettuare vendite al di fuori del proprio territorio contrattuale. Infatti, contrariamente a quanto afferma la Commissione (punto n. 78 della motivazione) l'«Unione Concessionari Audi Volkswagen» non avrebbe mai manifestato il proprio disaccordo rispetto a tale sistema. Peraltro, la Commissione da tempo era stata informata del suo contenuto, avendo ricevuto copia della convenzione B nel 1988. Essa non aveva espresso alcuna obiezione riguardo a detto sistema perché, secondo la ricorrente, il sistema stesso nel suo complesso e, in particolare, la regola del 15%, erano compatibili con il regolamento n. 123/85.

46.
    La convenuta precisa innanzi tutto che, relativamente al modello Audi A4, il danno economico subito dal concessionario in caso di superamento del limite massimo fissato con la regola del 15%, in caso di vendita e di successiva immatricolazione dell'autoveicolo fuori del territorio contrattuale, corrispondeva all'8% del prezzo di fatturazione, pari alla perdita del premio del 3% e del margine scaglionato del 5%.

47.
    La convenuta fa rilevare inoltre che in nessuno dei documenti citati nella decisione si distingue, quanto al pagamento del premio, a seconda che le vendite al di fuori del territorio contrattuale fossero concluse con rivenditori non autorizzati, con consumatori finali o altri concessionari. La convenuta esibisce un documento in cui si dichiara che il premio era «bloccato per tutte le vendite effettuate fuori del territorio contrattuale». Essa cita inoltre documenti che dimostrerebbero come il sistema dei premi costituisse uno strumento di pressione volto a scoraggiare levendite agli stranieri e come i concessionari italiani avvertissero a causa di ciò di essere limitati nella propria libertà d'azione. Infine, la convenuta sostiene che il suddetto sistema applicabile dal 1988 è stato rafforzato dall'autunno 1993 in quanto il pagamento del premio del 3% è stato subordinato all'immatricolazione degli autoveicoli sul territorio contrattuale del concessionario.

- Giudizio del Tribunale

48.
    Occorre innanzi tutto osservare come la ricorrente non contesti il fatto che, dal 1° gennaio 1988 al 30 settembre 1996, il calcolo del premio accordato da Autogerma ai concessionari italiani per compensare la corretta esecuzione dei loro obblighi contrattuali era soggetto alla regola del 15%, stipulata nella convenzione B. In base a detta regola, ai fini del pagamento del premio venivano tenute in considerazione tanto le vendite all'interno del territorio contrattuale, quanto quelle effettuate all'esterno dello stesso, ma queste ultime solo se non superavano il 15% delle vendite complessive effettuate (v. supra, punto 44).

49.
    Va rilevato che tale regola poteva indurre i concessionari italiani a vendere all'interno del loro territorio contrattuale almeno l'85% degli autoveicoli disponibili. Di conseguenza, essa limitava la possibilità per gli utenti finali e per i concessionari di altri Stati membri di acquistare autoveicoli in Italia e questo soprattutto in periodi nei quali, da un lato, tali acquisti presentavano per loro un grande interesse e, dall'altro lato, il numero degli autoveicoli disponibili per la vendita in tale Stato era limitato (al riguardo, v. infra, punti 79 e ss.). Di conseguenza, la Commissione ha potuto giustamente concludere, al punto n. 181 della motivazione, che la regola del 15% esulava dall'ambito dell'esenzione accordata dal regolamento n. 123/85. Infatti, seppure il regolamento n. 123/85 offre ai produttori strumenti significativi per proteggere le loro reti commerciali, esso non li autorizza ad adottare misure che contribuiscono a compartimentare i mercati (sentenza della Corte 24 ottobre 1995, causa C-70/93, Bayerische Motorenwerke, Racc. pag. I-3439, punto 37).

50.
    Peraltro, l'argomento della ricorrente secondo il quale la regola del 15% non è stata applicata in concreto e quindi non è stata utilizzata come strumento per limitare le riesportazioni dall'Italia, è privo di credibilità, tenuto conto di numerosi documenti del fascicolo.

51.
    Per esempio, in una nota interna del 28 giugno 1994 (nota 97 della decisione), intitolata «Non riconoscimento/trattenuta del maggior sconto per vendita fuori zona (compreso esportazioni parallele)», il signor Schlesinger, presidente di Autogerma, si esprime nel modo seguente:

«A conferma di quanto già verbalmente anticipato, desidero approvare per iscritto (...) ogni singolo caso di eventuale successivo riconoscimento diaccantonamento/trattenuta di Maggior Sconto per vendite fuori zona/esportazione parallela [...]

Ricordo ancora una volta che la nostra rete deve vendere i nostri autoveicoli in Italia (ciò oltre tutto affinché possa ”sopravvivere”) e non svolgere attività di ”distribuzione” fuori zona.

Come è noto, la Autogerma da molto tempo richiede continuamente alle proprie case madri agevolazioni di forniture, prezzo, equipaggiamenti speciali, ecc. e ciò non può essere ”contraccambiato” con una rivendita dei nostri veicoli all'estero».

52.
    In una nota del 4 luglio 1994 (nota 97 della decisione), il signor Schlesinger spiega:

«In proposito ricordo per l'ennesima volta che (...) i nostri Concessionari devono cessare totalmente la loro attività di vendita di ”fuori zona” (escluso il 15% previsto contrattualmente ma che dev'essere ”immatricolato”); non viene riconosciuto il Maggior Sconto per il ”fuori zona” e, d'ora in avanti, il Maggior Sconto ed eventuali premi/campagne promozionali di qualsiasi natura verranno da noi pagati per vetture ”immatricolate” (e non più sul consegnato)».

53.
    Inoltre, il verbale della riunione del 27 luglio 1994 tra l'UCAV e Autogerma (nota 67 della decisione) attesta la seguente discussione:

«Scarabel:

Sottolinea che lo sconto speciale per le vendite al di fuori della zona di competenza è stato sospeso per alcuni concessionari, che - almeno in teoria - potrebbero richiederne l'applicazione in via giudiziale. Ribadisce l'esigenza di riaprire la discussione sul massimale del 15% per le vendite effettuate al di fuori del territorio contrattuale.

Dr. Schlesinger:

Lo sconto speciale sarebbe semplicemente uno sconto ulteriore - qualcosa in più di quanto abitualmente accordato. In passato ci si era comportati con grande generosità, e se oggi 20 concessionari sul totale di 234 non ricevono questo sconto speciale significa che non si intende premiare i grossisti o gli esportatori. In passato è stato chiuso un occhio, mentre oggi si tende a negare la concessione dello sconto speciale quando si tratta di vendite fuori del territorio contrattuale, in quanto esso è collegato alle immatricolazioni e non alle esportazioni (...)

Dr. Schlesinger:

Invita l'UCAV a sensibilizzare la base nei confronti di un buon lancio della nuova Polo (concessione di sconti limitati, nessuna esportazione)».

54.
    Una relazione presentata da Audi in merito ad un incontro con Autogerma avvenuto il 12 ottobre 1994 (nota 101 della decisione) conferma:

«La vendita al di fuori del territorio è consentita fino a un massimo del 15% (filiali, ecc.); oltre tale limite, il premio del 3% non viene pagato.».

55.
    Anche la circolare 20 ottobre 1994, inviata da Autogerma ai concessionari, relativa alla fatturazione del nuovo modello Volkswagen Polo (nota n. 85 della decisione) lascia intendere che la clausola del 15% veniva applicata. Essa infatti spiega:

«Rimane da valutare se opportuno, cioè di interesse comune per tutti noi, di modificare o meno (in su o in giù) la franchigia dell'attuale 15 % (di fuori territorio)».

56.
    Inoltre, in una nota interna del 22 novembre 1994 (nota 91 della decisione) si dichiara: «Il premio trimestrale è pagato sulla base alle immatricolazioni degli autoveicoli nel territorio contrattuale e non sulla base delle vendite complessive». Secondo una circolare di Audi dell'8 dicembre 1994, tale misura era connessa al sistema del margine frazionato previsto, ed aveva lo scopo di ottenere «il pagamento di un margine o premio soltanto qualora fosse dimostrato che l'attività di vendita era stata svolta all'interno del territorio commerciale di competenza (...)» (nota 92 della decisione).

57.
    Infine, in una nota interna della ricorrente del 24 marzo 1995 (nota n. 91 della decisione) viene confermato:

«Il concessionario può effettuare vendere fuori del territorio contrattuale fino a un massimo del 15%. Il premio verrà pagato in caso di raggiungimento dell'obiettivo all'80-85%. Il premio è attualmente determinato sulla base delle consegne; in futuro verrà pagato in funzione delle immatricolazioni».

58.
    Tali documenti dimostrano che la regola del 15% è stata applicata con il chiaro scopo di dissuadere i concessionari italiani dall'effettuare vendite all'estero. Risulta inoltre dalle citate dichiarazioni del signor Schlesinger del 4 luglio 1994 e del signor Scarabel del 27 luglio 1994, nonché dalla circolare del 20 ottobre 1994, dalla relazione di Audi sull'incontro con Autogerma del 12 ottobre 1994 e dalla nota 24 marzo 1995, precedentemente citati, che la regola del 15% non solo è stata applicata come criterio per non pagare il premio per le vendite realizzate fuori del territorio contrattuale che superassero il limite massimo del 15% delle vendite complessive, ma è stata anche interpretata come un divieto a tali vendite.

59.
    Da quanto precede risulta che l'argomento in base al quale la Commissione ha erroneamente concluso che la ricorrente, assieme alle proprie controllate Audi e Autogerma, ha inteso ostacolare le riesportazioni dall'Italia tramite il sistema dei premi previsto dalla convenzione B, dev'essere respinto.

60.
    L'argomento per cui, dal momento che la convenzione B era stata notificata nel 1988, la Commissione non poteva sanzionare la ricorrente per aver applicato laregola del 15% stipulata in tale convenzione, verrà esaminato nell'ambito del motivo, dedotto in subordine, diretto ad ottenere la riduzione dell'ammenda.

Sull'introduzione di un sistema di margine scaglionato

- Argomenti delle parti

61.
    La ricorrente sostiene che, sebbene l'idea di un sistema di margine scaglionato fosse stata effettivamente discussa nel 1994, in particolare relativamente ai nuovi modelli Volkswagen Polo e Audi A4, e fosse motivata dall'intenzione di concentrare l'attività dei concessionari sul rispettivo territorio contrattuale, un simile sistema non è mai stato applicato, contrariamente a quanto asserito dalla Commissione. La ricorrente fa inoltre rilevare come a tal fine sarebbe necessaria una clausola aggiuntiva al contratto di concessione. Il documento fondamentale in materia di margine, ossia l'aggiunta ai contratti stipulati con i concessionari italiani, comunemente denominato «allegato A», non dimostrerebbe affatto l'applicazione di un margine scaglionato. La ricorrente cita numerose circolari inviate da Autogerma ai concessionari italiani. Nella circolare del 20 ottobre 1994 Autogerma si era limitata a precisare lo stato dei negoziati con l'UCAV. Nelle circolari del 2 novembre 1994 e del 9 maggio 1995 essa aveva annunciato che per la fatturazione del nuovo modello Volkswagen Polo non sarebbe stato applicato il margine scaglionato, bensì uno sconto complessivo del 13%. La ricorrente cita inoltre un documento di contenuto analogo concernente il modello Audi A4 e produce una dichiarazione in tal senso del presidente dell'UCAV. Essa sottolinea come l'unica persona, citata dalla Commissione, che sostiene che il margine scaglionato è stato effettivamente applicato, sia il signor Mutschlechner, vice del concessionario Beikircher. Al riguardo la ricorrente fa rilevare come non si escluda che alcuni concessionari abbiano applicato detto sistema ai vice-concessionari, ma che ciò non solleva affatto le case costruttrici o Autogerma dalle proprie responsabilità. La ricorrente non contesta neppure, del resto, che un sistema di margine scaglionato come quello previsto all'epoca dei fatti controversi fosse incompatibile con il diritto comunitario.

62.
    La convenuta, in base ai documenti citati nella decisione, dichiara che un sistema di margine scaglionato è stato applicato nel periodo ottobre/novembre 1994. A suo giudizio, il fatto che l'UCAV abbia respinto un precedente tentativo di Autogerma di dar vita a un sistema analogo nel maggio 1994 non aiuta a capire se quest'ultima l'abbia comunque applicato nell'autunno 1994. La circolare di Autogerma del 2 novembre 1994 proverebbe, anzi, che sino al 30 aprile 1995 era stato introdotto un sistema provvisorio di margine scaglionato relativamente alla nuova Volkswagen Polo. Tale sistema avrebbe trovato effettiva applicazione. Parimenti, per quanto riguarda l'Audi A4, la convenuta fa rilevare che, secondo un documento interno di Audi datato 25 novembre 1994, l'UCAV aveva accettato, il 18 ottobre 1994, il sistema di margine scaglionato proposto, che sarebbe stato poi applicato. Il fatto che vari mesi dopo, nel febbraio 1995, l'UCAV non aveva più voluto approvare talesistema, non ne avrebbe pregiudicato l'attuazione. Del resto, la convenuta contesta che fosse necessario modificare il contratto di concessione per introdurre il sistema stesso.

63.
    In sede di replica la ricorrente fa rilevare che nel controricorso la Commissione ammette che il sistema di margine scaglionato non è stato introdotto con la circolare 20 ottobre 1994, bensì con la circolare 2 novembre 1994. La ricorrente sottolinea inoltre che, contrariamente a quanto avviene nella decisione, la Commissione, dinanzi al Tribunale, difende l'ipotesi che tale sistema sia stato applicato solo in via provvisoria, ossia fino al 30 aprile 1995. In realtà, nessun sistema di margine scaglionato è stato introdotto. La ricorrente allega alla replica una relazione della società di consulenza contabile Coopers & Lybrand, datata 30 ottobre 1998, che specifica: «Dai controlli svolti sui dati fondamentali per l'esame relativo al periodo 1° luglio 1994-31 dicembre 1995 ci risulta che non vi è mai stata riduzione del margine applicato da [Autogerma], né per la VW Polo né per l'Audi A4. I concessionari hanno ogni volta ottenuto l'intero margine loro dovuto, pari al 13% (VW Polo) o al 15% (Audi A4)».

64.
    La convenuta contesta che vi sia contraddizione tra la decisione e il controricorso in merito al sistema di margine scaglionato. Infatti, a suo giudizio, la decisione e il controricorso rinviano alla circolare 2 novembre 1994 relativa all'attuazione di tale sistema e precisano che inizialmente esso doveva applicarsi solo fino al 30 aprile 1995. Inoltre, la convenuta fa rilevare che la relazione di Coopers & Lybrand non può mettere in discussione il valore probatorio delle circolari inviate ai concessionari da Autogerma il 20 ottobre e il 2 novembre 1994.

- Giudizio del Tribunale

65.
    La tesi della Commissione secondo la quale nell'ottobre o nel novembre 1994 è stato applicato un sistema di margine frazionato per i nuovi modelli Audi A4 e Volkswagen Polo (v. supra, punto 62) non è sufficientemente comprovata dai documenti che compaiono nel fascicolo.

66.
    Per esempio, in una nota del 10 novembre 1994 (nota 87 della decisione), Autogerma indica che restavano alcuni punti da definire con i concessionari prima di poter effettivamente introdurre questo nuovo sistema. La nota spiega infatti:

«Le due parti, Autogerma e il concessionario stanno per raggiungere un accordo sul punto, al fine di concordare una fase di sperimentazione del nuovo sistema di margini fino al 30 aprile 1995».

67.
    Parimenti, in un verbale datato 10 febbraio 1995 relativa ad una riunione con Autogerma (nota n. 42 della decisione), Audi dichiara:

«Autogerma elenca le misure adottate sino ad oggi: - margine scaglionato per la A4 - Tale misura, però, non è stato ancora approvata dal consulente italiano dei concessionari; di fatto, essa non è ancora applicato e probabilmente lo sarà nei prossimi mesi (...)».

68.
    Per quanto riguarda la Volkswagen Polo, alcuni documenti lasciano intendere che la ricorrente e Autogerma avevano proposto un sistema di margine frazionato. Infatti, note interne datate 22 novembre 1994 e 6 febbraio 1995 (nota 49 della decisione) fanno riferimento a una «Ripartizione del margine dei concessionari Polo» o, in altri termini, al «Margine scaglionato per la Polo A 03», come una misura adottata da Autogerma. Inoltre, una nota interna della ricorrente datata 24 marzo 1995 (nota n. 91 della decisione) indica che lo «Scaglionamento del margine per la Polo (8+5) è stato oggetto di discussione». Infine, nel corso degli accertamenti della Commissione, un vice-concessionario italiano, il signor Mutschlechner, aveva dichiarato che «[dal] novembre 1994, con l'inizio dell'immissione in commercio della nuova Polo, esiste un accordo tra Autogerma e i suoi concessionari (cosiddetto accordo UCAV) in base al quale il margine del 9% [concesso] al [vice-concessionario] non veniva pagato completamente al momento della vendita dell'autoveicolo, ma una parte [il 4%] veniva trattenuta e versata solo dietro presentazione della prova che l'autoveicolo fosse effettivamente immatricolato in loco» (nota 86 della decisione).

69.
    Tuttavia, a parte la testimonianza del signor Mutschlechner, che riguarda il caso specifico dei vice-concessionari, non vi è alcun elemento che provi al di là di ogni dubbio che l'applicazione del margine scaglionato alla nuova Volkswagen Polo è stata oggetto di un accordo tra tutte le parti interessate, compreso l'UCAV. In una nota di Autogerma del 24 ottobre 1994 (nota 79 della decisione) si parla di un parere positivo di tale organismo, ma si indica altresì che il consenso definitivo dello stesso non era ancora stato ottenuto:

«A seguito dell'incontro con il consulente UCAV, il margine relativo alla nuova Polo viene suddiviso nel modo seguente:

-    uno sconto immediato (alla fatturazione dell'autoveicolo);

-    un'ulteriore frazione di sconto al momento dell'immatricolazione dell'autoveicolo nel territorio contrattuale del concessionario.

Per quanto le Polo da esposizione, l'intero premio viene conteggiato immediatamente. Per ciò che riguarda la normale fatturazione, abbiamo in programma di introdurre il nuovo sistema: 8+5% o 10+3%, dopo concertazione con l'UCAV nei prossimi giorni».

70.
    Emerge peraltro dal fascicolo che il sistema previsto di un margine scaglionato era stato oggetto di critiche in seno al gruppo Volkswagen. Infatti, in una nota internadatata 23 febbraio 1995 (nota n. 80 della decisione), il signor Bothe, che era dipendente della ricorrente, scrive:

«Tramite BMW sono stato informato del fatto che Autogerma intende introdurre un margine scaglionato. Per gli autoveicoli non immatricolati nel territorio contrattuale del concessionario, quest'ultimo riceverà soltanto i due terzi del margine abituale.

Questa disciplina, di cui mi aveva già parlato il signor Bertino il 10 febbraio, mi preoccupa. Essa è contraria all'art. 6, n. 8, del nuovo progetto di [regolamento comunitario] ed ha come risultato (...) che l'esenzione non viene applicata.

Fin da ora però la Commissione CE potrebbe giudicare che il margine scaglionato non rientra nell'attuale [regolamento comunitario], perché in questo modo verrebbe pregiudicato il carattere transnazionale dei commerci, che è proprio ciò cui la Commissione mira.

Avevo detto al signor Bertino che praticare la soluzione proposta è come camminare sull'orlo di un burrone, e che poteva essere sostenuta fintantoché fosse rimasta una pratica interna. L'informazione proveniente dalla BMW mostra tuttavia che il tema è stato discusso anche all'esterno. A ciò si aggiunge che il signor Breitgoff, importatore della Germania del Nord a noi ben noto, ieri mattina in un'intervista alla radio bavarese pare abbia dichiarato: ”Il mercato Volkswagen in Italia è inaccessibile”. Poichè il signor Breitgoff in passato si è già più volte lamentato di noi presso la Commissione, a mio avviso è soltanto una questione di tempo perché il problema, sul quale già incombe il pericolo di una sanzione pecuniaria, venga affrontato dalla Commissione.

Pertanto dovremmo in tempi brevissimi accordarci con Autogerma per concordare una terminologia e un modo di procedere che siano sostenibile anche davanti alla Commissione».

71.
    Da tale documento si deduce che, verso la fine del febbraio 1995, Autogerma non aveva ancora applicato un sistema di margine scaglionato («Autogerma intende introdurre un margine scaglionato») e che la ricorrente stessa esitava a favorirne l'introduzione.

72.
    Occorre concludere che, per quanto riguarda le nuove Audi A4 e Volkswagen Polo, i documenti che compaiono nel fascicolo non sono concordanti riguardo all'esistenza di un effettivo accordo tra case costruttrici, Autogerma e concessionari in merito ad un sistema di margine scaglionato. Di conseguenza, la Commissione non ha dimostrato in modo sufficientemente preciso e concordante l'attuazione, in forma di accordo o di pratica concordata, di un sistema di questo tipo. La decisione impugnata contiene, pertanto, un errore di valutazione su questo punto.

Sull'ostacolo derivante dalle misure adottate a livello di rifornimento

- Argomenti delle parti

73.
    Secondo la ricorrente la Commissione ha erroneamente ritenuto che le consegne da parte di Autogerma ai concessionari siano state ritardate e limitate a causa dell'aumento delle riesportazioni e che le misure adottate a livello di forniture abbiano di conseguenza costituito un ostacolo alle riesportazioni stesse.

74.
    A tal proposito la ricorrente spiega in primo luogo che per un certo periodo, e a causa delle difficoltà nell'avviare la produzione di modelli particolarmente richiesti, come le nuove Volkswagen Polo e Audi A4, Autogerma ha potuto rifornire i concessionari italiani solo pro quota, in modo da garantire un'equa distribuzione di tali modelli. Limitazioni alle consegne sarebbero pertanto inoppugnabili dal punto di vista giuridico. Quanto alle misure che Autogerma le aveva proposto con lettera 26 settembre 1994 (misure consistenti, in particolare, nel controllo della distribuzione della nuova Volkswagen Polo), la ricorrente precisa che non sono mai state applicate. Tale modello non era stato ancora messo in commercio al momento della redazione della suddetta lettera.

75.
    La ricorrente presenta inoltre un'analisi di dati per dimostrare come l'affermazione della Commissione secondo la quale il mercato italiano sarebbe stato rifornito in modo limitato è priva di qualsiasi fondamento. Essa cita alcuni dati al fine di dimostrare che, verso la fine del 1992, Autogerma e i concessionari italiani avevano accumulato riserve eccedenti di autoveicoli di marca Volkswagen e Audi a causa di un sensibile ribasso della domanda in Italia. In seguito, tuttavia, la caduta della lira italiana aveva determinato una forte domanda sul mercato italiano da parte di acquirenti tedeschi e austriaci. Di conseguenza, nel corso del 1994 e del 1995 la domanda e le ordinazioni sono state di gran lunga superiori alla produzione, il che ha provocato un allungamento dei tempi di consegna. Per questo motivo, e a causa del rischio di variazioni nel corso del cambio, alcuni clienti avrebbero deciso di annullare le loro ordinazioni. La ricorrente precisa che questo problema si presenta solitamente in modo più acuto in occasione del lancio di nuovi modelli come la Audi A4, a causa dell'adattamento progressivo, in tal caso, della produzione alla domanda. La ricorrente sottolinea come, in ogni caso, in Italia non sia mai stata applicata una politica di distribuzione diversa da quella in vigore negli altri paesi della Comunità. La distribuzione sarebbe stata sempre determinata in funzione della domanda degli Stati membri, da un lato, e delle possibilità produttive, dall'altro. I termini di consegna dei nuovi modelli di autoveicoli in Italia e in altri paesi della Comunità sarebbero pertanto simili.

76.
    Secondo la ricorrente il fatto che, negli anni 1993, 1994 e 1995, almeno 20 000 autoveicoli all'anno sono stati effettivamente riesportati dall'Italia dimostra che le consegne erano superiori alla necessità di rifornimento dei consumatori finali italiani.

77.
    Infine, la ricorrente sostiene che la Commissione non ha presentato alcun elemento per provare che le case costruttrici e Autogerma hanno vietato ai concessionari italiani di rifornire altri concessionari della rete. La ricorrente ammette di essere stata informata da un concessionario tedesco, il signor Senger, con lettera datata 26 novembre 1993, del fatto che un concessionario italiano gli aveva parlato del divieto di rifornire i concessionari tedeschi. Essa sottolinea, però, di aver immediatamente smentito tale asserzione spiegando, con lettera 7 dicembre 1993, che non esisteva alcun mezzo legale o contrattuale per vietare le consegne incrociate. La ricorrente fa rilevare, in tale contesto, il rifiuto da parte di un concessionario italiano di rifornire i concessionari tedeschi può senz'altro spiegarsi con la volontà di soddisfare in via prioritaria i clienti abituali locali. Per di più, la ricorrente ritiene che i documenti su cui la Commissione si è basata dimostrano soltanto che la prassi diffusa delle consegne a rivenditori non autorizzati veniva avvertita dai concessionari tedeschi come pregiudizievole, che alcuni di loro avevano chiesto alle case costruttrici di intervenire e che Autogerma riteneva che i concessionari tedeschi recassero eccessivo disturbo ai concessionari italiani con le loro richieste incessanti di consegne incrociate. Essa sottolinea peraltro che la domanda di Autogerma di porre fine al suddetto comportamento dei concessionari tedeschi non è stata né doveva essere esaudita.

78.
    La convenuta, riferendosi a documenti citati nella decisione, sostiene che i lunghi tempi di consegna lamentati da Autogerma nelle risposte fornite ad alcuni potenziali acquirenti erano la conseguenza stessa del «rifornimento del mercato italiano in funzione della sua domanda». Diversi documenti dimostrerebbero, infatti, che si trattava di un vero e proprio contingentamento delle consegne ai concessionari italiani, destinato a ridurre le riesportazioni dall'Italia. Tale contingentamento sarebbe stato effettivamente attuato, in particolare per la consegna dei modelli Audi A4 e Volkswagen Polo, sebbene quest'ultima in realtà non fosse ancora disponibile sul mercato quando venne redatta la lettera di Autogerma 26 settembre 1994.

- Giudizio del Tribunale

79.
    Si deve osservare che numerosi documenti raccolti dalla Commissione dimostrano che una strategia di contingentamento è stata applicata allo scopo di limitare le riesportazioni complessive dall'Italia.

80.
    Per esempio un documento interno intitolato «Stato delle misure contro il mercato grigio» indica, riguardo alla nuova Audi A4: «Il rifornimento verrà regolato in modo da soddisfare soltanto la domanda italiana» (nota 58 della decisione). Da ciò si evince che il fine perseguito era di sopprimere le consegne di autoveicoli agli acquirenti non residenti in Italia, compresi i consumatori finali e i concessionari delle marche Volkswagen e Audi. Nello stesso documento si precisa che tale misurasarebbe entrata in vigore nel gennaio 1995 («Intervento: gennaio 95»). Secondo una lettera di Autogerma ad Audi, recante data 13 giugno 1994 (nota 62 della decisione), il contingentamento degli autoveicoli Audi era già applicato nel 1994 ai vecchi modelli. Nella lettera si afferma infatti: «Sebbene i tempi di consegna per il modello Audi 80, che si prolungano fino ad 8 mesi, possano essere nettamente ridotti, i concessionari sono ancora sottoposti a contingentamento».

81.
    Risulta peraltro dal verbale di un incontro tra la ricorrente e Audi, risalente al 30 agosto 1993, che entrambe già programmavano le misure necessarie per riorganizzare i rispettivi concessionari in modo tale che il numero di autoveicoli disponibili in Italia fosse drasticamente ridotto (nota 105 della decisione). In esso si spiega infatti:

«Misure pratiche:

1. Riduzione dell'eccesso di scorte in Italia mediante deviazione del volume di produzione dall'Italia verso altri mercati (...).

2. I veicoli provenienti dal deposito di importazione di Autogerma devono essere riacquistati mediante la VW SpA per collocarli in altri mercati in conformità al punto 1. Corrispondenti valutazione e controlli delle spese (...)».

82.
    In apparenza, tale riorganizzazione ha raggiunto i propri obiettivi sin dal 1993. Infatti, in una lettera del 26 novembre 1993 inviata alla ricorrente (nota 112 della decisione) un concessionario tedesco delle marche Volkswagen e Audi denuncia i fatti seguenti:

«Sulla base di informazioni provenienti dal nostro concessionario italiano, il rifornimento dei concessionari VW/Audi è stato vietato con effetto immediato su istruzione della VW AG. Nessuno degli autoveicoli per i quali è stata data conferma dell'ordine verrà consegnato».

83.
    Nella risposta fornita con lettera 7 dicembre 1993 a questa grave accusa di ostacolo alle consegne incrociate (nota 113 della decisione) la ricorrente non contesta il fatto che una strategia di rifornimento volta a soddisfare unicamente le domande dei consumatori italiani fosse già in vigore e sortisse degli effetti. Essa dichiara:

«Tuttavia, vorremmo ribattere a quanto affermato in una vostra lettera e cioè che il concessionario italiano interessato avrebbe deposto che ”il rifornimento dei concessionari VW/Audi è stato vietato con effetto immediato su istruzione della VW AG”.

Ciò non è vero, tanto più che non esisterebbe alcuna prassi giuridica o contrattuale in tal senso. Sembra anzi che le misure adottate a Wolfsburg, relative al rifornimento del mercato italiano in funzione della domanda, si siano dimostrateefficaci, con la conseguenza che la rete commerciale italiana serve in via prioritaria la propria tradizionale clientela locale con le scorte a disposizione».

84.
    Da una nota interna di Audi del 6 febbraio 1995 risulta che quest'ultima aveva deciso di respingere una richiesta di rifornimento di 8 000 autoveicoli da parte di concessionari italiani. Tale rifiuto era motivato nel modo seguente (punto n. 109 della motivazione):

«La promessa relativa alla consegna di altri 8 000 veicoli fa sì che i distributori italiani possano attivarsi, già in questa fase, al fine della riesportazione dei veicoli Audi A4 e che possano assumere impegni corrispondenti verso importatori e rivenditori indipendenti (...). Al fine di dimostrare, in Italia, che si intende continuare ad approvvigionare il mercato italiano in modo limitato ed orientato al fabbisogno, si deve immediatamente portare a conoscenza dell'importatore la decisione adottata dal dipartimento di non consegnare gli 8 000 veicoli richiesti».

85.
    Anche dopo che la ricorrente aveva ricevuto la lettera della Commissione 24 febbraio 1995 (v. supra, punto 10), in una relazione del 15 maggio 1995 Audi qualifica il «soddisfacimento della sola domanda interna italiana» come un successo (nota 104 della decisione).

86.
    Un documento di Autogerma, risalente probabilmente al 31 gennaio 1995 e relativo a misure dirette a «impedire le riesportazioni dall'Italia», fa riferimento a un «adeguamento dei rifornimenti alla domanda» (nota 42 della decisione).

87.
    Risulta inoltre da un fax spedito da Autogerma ad Audi il 6 ottobre 1995 (nota 111 della decisione) che tale politica di rifornimento limitato come strumento di compartimentazione del mercato italiano è stata seguita sin verso la fine del 1995. Viene infatti indicato:

«Da questo punto di vista, non ci si può realisticamente aspettare di raggiungere l'obiettivo di 36 000 vendite ai consumatori. Sforzi ulteriori, oltre al ”programma generale di fine anno” che già vi abbiamo presentato, porterebbero inevitabilmente ad una situazione in cui alcuni di questi autoveicoli in eccesso consegnati ai consumatori non verrebbero poi registrati in Italia.

Per tale ragione manterremo il volume complessivo di 35 190 vendite ai consumatori (...)».

88.
    Dal complesso di tali documenti risulta con chiarezza che la Commissione ha potuto giustamente concludere che la ricorrente, con l'aiuto delle sue controllate Audi e Autogerma, ha attuato una politica di contingentamento del rifornimento dei concessionari italiani, con il manifesto obiettivo di ostacolare le riesportazioni dall'Italia e, di conseguenza, compartimentare il mercato italiano.

89.
    Dal momento che detta politica mirava chiaramente ad ostacolare le riesportazioni, la sua qualificazione come misura diretta a compartimentare il mercato italiano non può essere invalidata dalle difficoltà di produzione invocate dalla ricorrente. Il contingentamento, combinato con il sistema del pagamento dei premi (la regola del 15%, v. supra, punti 48-58), poteva indurre i concessionari italiani a rifiutarsi di vendere autoveicoli ad acquirenti di Stati membri diversi dall'Italia compresi pertanto, contrariamente a quanto la ricorrente sostiene (v. supra, punto 77), i concessionari delle marche Volkswagen e Audi.

90.
    Contrariamente agli argomenti della ricorrente in base ai quali detti concessionari avrebbero autonomamente deciso che la vendita di autoveicoli fuori del proprio territorio contrattuale non rientrava nei loro interessi, i documenti appena citati dimostrano che i rifornimenti sono stati limitati allo scopo di condizionarli e, in particolare, di scoraggiarne le riesportazioni di veicoli dall'Italia.

91.
    L'efficacia di tale strategia era rafforzata dalle informazioni trasmesse ai concessionari, menzionate anch'esse nel documento di Autogerma del 31 gennaio 1995 («informazione secondo cui per i veicoli riesportati non verranno concessi né bonus, né incentivi alle vendite»). Posti simultaneamente di fronte ad un rifornimento limitato e alla «regola del 15%», e sapendo che le riesportazioni erano assai poco gradite ad Autogerma e alle case costruttrici, i concessionari italiani avevano chiaramente tutto l'interesse a vendere il ridotto numero di autoveicoli unicamente o quasi ad acquirenti che risiedevano in Italia. Il loro comportamento commerciale è stato pertanto condizionato dalle case costruttrici e da Autogerma.

92.
    L'analisi che precede è inoltre confermata da una lettera datata 6 ottobre 1994, inviata alla società Silemotori Negro di Conegliano, nella quale Autogerma scrive:

«Desideriamo richiamare la vostra attenzione sul fatto che il lancio della nuova Audi A4 Avant verrà effettuato circa un anno dopo il lancio della nuova Audi A4 limousine (gennaio 1995) e che, di conseguenza, diviene tanto più importante piazzare i pochi veicoli che rimangono per un tempo così lungo, nonché sul fatto che un'attenzione particolare dovrà essere dedicata alle vendite nei rispettivi territori contrattuali».

93.
    Da tutte le osservazioni che precedono risulta che l'argomento della ricorrente relativo all'inesistenza di ostacoli a livello di rifornimento non può essere accolto.

Sull'ostacolo derivante dal comportamento commerciale nei confronti dei consumatori

- Argomenti delle parti

94.
    La ricorrente accusa inoltre la Commissione di aver erroneamente dichiarato che la condotta commerciale delle case costruttrici e delle loro reti distributive in Italia nei confronti dei consumatori di altri Stati membri costituiva un ostacolo alle riesportazioni.

95.
    A tal riguardo, la ricorrente sottolinea innanzi tutto che la Commissione fa riferimento a denunce che alcuni clienti avevano sporto contro le case costruttrici. In realtà le case costruttrici avevano preparato una lettera standard per rispondere ai potenziali acquirenti che domandavano perché i prezzi fossero diversi tra un paese e l'altro. La ricorrente fa rilevare non solo di non aver fornito false informazioni ai consumatori, ma di avere, al contrario, aiutato i cittadini degli Stati membri diversi dall'Italia che intendevano acquistare un autoveicolo di marca Volkswagen o Audi in tale Stato, ordinando ai suoi collaboratori di fornire loro un elenco dei concessionari italiani.

96.
    Inoltre, il comportamento di Autogerma consistente nel rinviare i potenziali acquirenti ai concessionari sarebbe del tutto legittimo poiché essa non vende autoveicoli direttamente ai consumatori. I concessionari hanno effettivamente il diritto, ma non l'obbligo, di consegnare gli autoveicoli ai consumatori finali senza restrizioni. In un particolare caso Autogerma aveva in realtà chiesto ad un potenziale acquirente di confermare la propria intenzione di acquistare un autoveicolo in Italia senza però pretendere, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, che questi confermasse di concludere l'acquisto «direttamente o tramite un intermediario di sua fiducia». Inoltre, Autogerma avrebbe cercato di aiutare i clienti che richiedevano assistenza in caso di problemi con un concessionario. Anche le case costruttrici, da parte loro, si sarebbero sforzati di consigliare i clienti tedeschi che avevano avuto problemi nell'ottenere un autoveicolo da un concessionario italiano.

97.
    La ricorrente aggiunge che, se è vero che da alcune lettere di clienti tedeschi o austriaci risulta che costoro si sono visti opporre un rifiuto unicamente a causa della loro nazionalità, è errato concludere che tali rifiuti fossero dovuti ad un divieto impartito dalle case costruttrici o da Autogerma. Essa fa rilevare che, con tutta evidenza, un concessionario che per qualunque motivo si rifiuta di vendere preferisce sostenere di non poterlo fare piuttosto che ammettere di non averne intenzione. Ad ogni modo, le lettere citate dalla Commissione non proverebbero soltanto che chi le ha scritte si è trovato di fronte ad un rifiuto dei concessionari italiani, ma anche che la ricorrente, Audi e Autogerma, ogni volta che un cliente le contattava, hanno immediatamente spiegato che le consegne a consumatori finali non dovevano essere respinte e hanno aiutato tale cliente ad ottenere gli autoveicoli.

98.
    Secondo la ricorrente, alcuni concessionari possono essere interessati a vendere certi modelli particolarmente richiesti, ma disponibili soltanto in quantità limitate, accordando priorità ai clienti del proprio territorio contrattuale. Infatti, in tal modo,essi garantirebbero la produttività del proprio servizio di assistenza, evitando le difficoltà connesse al recupero dell'imposta sul valore aggiunto (IVA). Per esempio, i concessionari italiani interrogati nell'ambito degli accertamenti svolti dalla Commissione non avevano confermato di essersi rifiutati di vendere a consumatori finali stranieri dietro pressione delle case costruttrici o di Autogerma, ma avevano semplicemente dichiarato di non essere interessati a quel tipo di vendite. Alcuni di loro avrebbero persino negato risolutamente l'esistenza di un divieto di vendita all'estero o avrebbero affermato di aver ricevuto l'ordine esplicito di assistere tutti i consumatori finali, indipendentemente dal loro domicilio.

99.
    Quanto all'impegno che Autogerma, in base ad una circolare datata 15 ottobre 1993, aveva raccomandato ai concessionari di far sottoscrivere a taluni acquirenti, la ricorrente contesta che fosse finalizzato ad impedire le riesportazioni. Con tale impegno l'acquirente si obbligava a non rivendere l'autoveicolo prima di tre mesi e prima di aver percorso 3 000 km, pena un'ammenda pari al 10% del prezzo di acquisto. In realtà, tale misura non avrebbe in alcun modo ostacolato le consegne a consumatori finali al di fuori del territorio contrattuale, ma avrebbe semplicemente protetto il sistema di distribuzione selettiva permettendo al concessionario di verificare in anticipo che l'acquirente non fosse un uomo di paglia, operante per conto di un rivenditore non autorizzato. Peraltro, secondo la lettera 26 settembre 1994 inviata da Autogerma alla ricorrente, l'impegno controverso doveva essere imposto solo ad acquirenti stranieri sospetti, ossia a clienti la cui qualità di consumatori finali fosse dubbia. Già nella circolare 15 ottobre 1993 Autogerma aveva consigliato ai concessionari di ricorrere a tale misura soltanto in una simile ipotesi. Inoltre, la ricorrente si dice legittimata a ritenere lecita tale misura per lo meno fino all'entrata in vigore del regolamento n. 1475/95. Ciò risultava da una lettera della Commissione del 31 marzo 1995. Essa inoltre precisa che, a partire dal 1996, tale impegno non veniva più imposto.

100.
    Infine, quanto alla conclusione della Commissione secondo la quale Autogerma avrebbe voluto scoraggiare le riesportazioni fatturando con l'IVA tutti gli autoveicoli consegnati (punto n. 42 della motivazione), la ricorrente sostiene di aver semplicemente applicato la normativa che assoggetta a IVA le consegne come quelle effettuate da Autogerma ai propri concessionari.

101.
    La ricorrente ricorda innanzi tutto il contenuto di una nota manoscritta, citata al punto n. 34 della motivazione della decisione, in base alla quale la ricorrente prescriveva ai propri servizi di non dare mai l'impressione di aver impartito istruzioni che vietavano di fornire informazioni a consumatori finali o ad intermediari da questi incaricati che ne facessero richiesta. Essa dichiara inoltre che spesso acquirenti potenziali hanno denunciato ostacoli alle riesportazioni, al punto che la ricorrente aveva elaborato una lettera standard di risposta. I consumatori tedeschi e austriaci sarebbero stati sottoposti ad una vera e propria corsa ad ostacoli, considerando anche i tempi per le consegne. L'elevato numero di reclami da parte di potenziali acquirenti sarebbe indicativo di tale fenomeno.

102.
    Per quanto riguarda, più in particolare, la misura consistente nel far sottoscrivere un impegno ai clienti dei quali fosse in dubbio la qualità di consumatori finali, tale impegno, che all'inizio veniva semplicemente raccomandato ai concessionari, sarebbe poi divenuto obbligatorio.

103.
    La convenuta sostiene inoltre che le dichiarazioni scritte dei concessionari in occasione degli accertamenti dell'ottobre 1995 non hanno particolare forza probatoria, tenuto conto del fatto che essi sarebbero stati oggetto, da parte di Autogerma, di intimidazioni e di minacce di risoluzione dei loro contratti di concessione. Tali minacce inoltre spiegherebbero le differenze esistenti tra le dichiarazioni scritte e quelle verbali rese da alcuni concessionari. In ogni caso, numerosi documenti dimostrerebbero inequivocabilmente che a potenziali acquirenti stranieri sono stati opposti rifiuti espliciti.

104.
    Infine, la convenuta cita un documento da cui risulterebbe senza alcun dubbio che la fatturazione comprensiva dell'IVA era uno strumento coscientemente applicato allo scopo di ostacolare le riesportazioni.

- Giudizio del Tribunale

105.
    Si deve rilevare che l'argomento della ricorrente è manifestamente contraddetto dall'elevato numero di denunce che consumatori di Stati membri diversi dall'Italia, per lo più di nazionalità tedesca o austriaca, hanno inviato, specie nel corso del 1995, tanto alla ricorrente, Audi o Autogerma quanto alla Commissione. Su richiesta del Tribunale di comunicare tutte le lettere dei consumatori ricevute o in suo possesso, la Commissione ha prodotto più di sessanta lettere o fax aventi come oggetto comune la denuncia di ostacoli in cui i consumatori si erano imbattuti nell'acquistare un autoveicolo di marca Volkswagen o Audi in Italia. E' sufficiente citare, qui di seguito, parte della corrispondenza esaminata dalla Commissione nella decisione impugnata.

106.
    Fax datato 15 febbraio 1995 inviato a Audi dal signor Wieser (nota 33 della decisione):

«Ho contattato un concessionario Audi del Sud Tirolo per acquistare un'Audi 1,8 A4 e importarla in Austria. Ho dovuto però constatare che, a causa di istruzioni impartite dall'Audi, non si potevano effettuare vendite a cittadini austriaci (...)

Avendo fatto notare che tali misure erano in contrasto con il diritto comunitario, il concessionario ha risposto di esserne consapevole, ma di temere ritorsioni da parte della vostra impresa (...)».

107.
    Fax del 27 aprile 1995 inviato alla Commissione dal signor Bernhard (nota 36 della decisione):

«Con la presente intendo lamentarmi dei seguenti concessionari VW (...): volevo ordinare una VW Passat GL alla concessionaria Autohaus Lanz e sono stato informato che, essendo io cittadino tedesco, non vi sarebbero stati problemi a vendermi un'auto all'interno della Comunità europea. Dopo due giorni, una volta chiarite le idee sul tipo di veicolo e sull'equipaggiamento, ho dato l'ordine. Il giorno successivo il responsabile della concessionaria mi ha informato per telefono di essere impossibilitato a vendermi l'auto perché sono cittadino tedesco (disposizione della Volkswagen AG).

Successivamente, ho tentato di acquistare un autoveicolo presso il Brenner-Garage S.P.A., concessionario e officina della Volkswagen. Anche in questo caso mi è stato opposto un rifiuto».

108.
    Fax del 27 aprile 1995 inviato alla ricorrente dal signor Lenz (nota 132 della decisione):

«Con riferimento alla nostra conversazione telefonica, con la presente desidero tornare nuovamente sulla situazione inaudita - e non solo dal mio punto di vista - che mi è stata presentata in Italia.

Dopo aver preso accurate informazioni in vista dell'acquisto (per mio figlio) del modello Golf precedentemente indicato, in occasione del mio soggiorno in Alto Adige durante le vacanze di Pasqua tre concessionari VW mi hanno comunicato che le esportazioni di autoveicoli erano vietate e che ci si doveva attenere strettamente a questa disposizione. Ad alcuni concessionari era già stata revocata la concessione per violazione di tale disposizione.

E' stato inoltre ordinato di ostacolare i clienti interessati con adducendo vaghe scuse, come ad esempio tempi di consegna di circa un anno, vetture disponibili già vendute o prenotate (...).

Chiaramente, ciò facendo si è trascurato il fatto che non possono esistere divieti in tal senso, poiché viviamo nella Comunità europea. Questa circostanza dovrebbe nel frattempo essere divenuta nota anche nel più remoto angolo della Comunità. O no?

La televisione tedesca ha già affrontato questo tema nella trasmissione della ARD (Auto und Verkehr) in data 22 aprile 1995 e ha riferito con dovizia di particolari circa l'inammissibilità di una tale disposizione. Ciò è sicuramente noto anche a voi! (...)».

109.
    Lettera del 18 maggio 1995 inviata ad Autogerma, con copia a Audi e alla Commissione, dal signor Baur (nota 39 della decisione):

«Torno nuovamente sul comportamento da voi tenuto nei miei confronti: tramite un intermediario, legittimato con procura ad agire in mio nome, ho ordinato pressola concessionaria Funari in data 19.2.96 una Audi A6. L'ordine è stato registrato presso di voi con il n. 95/0014. Poiché esiste un contratto valido ed efficace, desidero sapere immediatamente da voi quando mi consegnerete l'auto.

A giudicare dalle presenti apparenze, state facendo di tutto per allontanare i clienti di Audi. Ho contattato più concessionari italiani che mi hanno riferito di doversi attendere delle ritorsioni qualora anche solo una Audi venisse consegnata in Austria (naturalmente, le minacce avvengono solo per telefono) (...)».

110.
    Lettera datata 8 giugno 1995 inviata alla ricorrente dal signor Keppler (nota 36 della decisione):

«Tra il 2 e il 4 maggio 1995 sono stato in Italia. Nei pressi di S. Leonhardt abbiamo ricevuto dal locale concessionario VW la desolante risposta che in tutto l'Alto Adige non avremmo trovato alcun concessionario VW disposto a vendere una VW a stranieri, e questo perché la VW avrebbe vietato le vendite e minacciato di revocare le licenze di concessione in caso di violazione del divieto. E così è in effetti. In tutto l'Alto Adige (almeno a Merano, Bolzano, Silandro), nessun concessionario era disposto a venderci una VW (...).

A questo proposito, la nota informativa del ”Brenner-Garage” di Bolzano e Merano dichiara: Fino al dicembre 1994 abbiamo venduto un gran numero di autoveicoli a cittadini tedeschi, ma attualmente la VW rifiuta le consegne. Dalla VW riceviamo autoveicoli in quantità appena sufficienti a soddisfare il mercato interno con tempi lunghi di consegna. Noi le venderemmo volentieri una VW ma purtroppo la VW ce lo vieta».

111.
    Lettera del 23 giugno 1995 inviata ad Autogerma dal signor Schneider (nota n. 133 della decisione):

«Desidero acquistare un'Audi A4, 1.8, in Italia per esportarla in Austria.

I concessionari mi hanno detto che ciò non è possibile perché se ordinassero anche solo un autoveicolo ancora per un acquirente austriaco non riceverebbero più consegne in futuro (...)».

112.
    Fax datato 19 luglio 1995 inviato alla ricorrente dal signor Mosser (nota n. 134 della decisione):

«Dato che ora anche l'Austria fa parte della CE, ho una domanda molto importante da sottoporvi.

L'8 giugno 1995 mi trovavo in Italia, paese a noi confinante, per acquistare un'Audi A4 TDI. Inizialmente, sono andato in macchina a Gemona e poi a S. Daniele (...)

Ho però avuto una brutta sorpresa. I direttori delle due concessionarie mi hanno comunicato che l'importatore generale di Audi aveva vietato loro di vendere auto a stranieri (...)».

113.
    Fax del 3 agosto 1995 inviato a Audi dal signor Bilogan (nota n. 135 della decisione):

«[H]o intenzione di acquistare [una Audi A4] in Italia.

Diverse persone mi han fatto presente che i concessionari italiani non possono vendere a cittadini della Repubblica federale tedesca e dell'Austria, presumibilmente a causa di una direttiva in tal senso della casa costruttrice (...)».

114.
    Lettera inviata alla ricorrente dal signor Albrecht:

«In quanto convinto europeo, volevo anch'io per una volta godere i vantaggi della CE, come anche voi fate nella vostra impresa, e così io e mia moglie ci siamo recati in Italia.

Ci siamo fermati a Milano e abbiamo cercato un concessionario VW. Abbiamo gioito nel vedere, nei saloni di esposizione, le vetture che avevamo in mente di acquistare, una Polo per mia moglie e un'Audi A4 per me.

Ma la gioia si è presto mutata in delusione. Senza tanti giri di parole ci è stato comunicato che, per ordine di Wolfsburg, in quanto cittadini tedeschi non potevamo ottenere i modelli sopra indicati perché siamo cittadini tedeschi.

(...) Quello che ci è rimasto della nostra bella vacanza di due giorni sono spese per il viaggio e il pernottamento e la consapevolezza che la vostra impresa desidera tener tutti per sé i vantaggi della CE. L'uomo comune, invece, come al solito, resta a bocca asciutta e non gli resta che fare i propri acquisti in Germania».

115.
    Da tali documenti emerge in modo sufficientemente rappresentativo che, durante il periodo di cui trattasi, un cliente potenziale non domiciliato in Italia incontrava enormi difficoltà a trovare un concessionario italiano delle marche Volkswagen e Audi disposto a vendergli un autoveicolo. Di conseguenza, la Commissione ha potuto giustamente trarre la conclusione che la condotta commerciale delle case costruttrici e delle loro reti di distribuzione in Italia nei confronti dei consumatori di altri Stati membri costituiva anch'essa un ostacolo alle riesportazioni.

116.
    Tale conclusione non è contraddetta né dalle interpretazioni di ciascun documento esposte dalla ricorrente nei propri atti, né dalle spiegazioni che essa fornisce in tema di IVA né, infine, dalla reazione delle case costruttrici e di Autogerma consistente nel rispondere sistematicamente al denunciante che si trattava di malintesi e nell'adottare misure pratiche per consentirgli di acquistare un autoveicolo da un concessionario italiano. Al riguardo, si deve rilevare che nelmomento in cui uno stesso rifiuto viene opposto in modo sistematico, non può essere qualificato come malinteso. Inoltre, il fatto di aver aiutato gli autori delle denunce ad acquistare un autoveicolo in Italia può essere spiegato con il timore che questi ultimi promovessero azioni giudiziarie, e nulla cambia al fatto che era divenuto difficile per i potenziali clienti di un altro Stato membro acquistare in Italia un autoveicolo di marca Volkswagen o Audi.

117.
    Per quanto riguarda le critiche espresse dalla ricorrente sulle valutazioni contenute nella decisione impugnata in merito alla misura consistente nel far sottoscrivere un impegno a taluni acquirenti, si deve rilevare che in effetti alcune misure, prese isolatamente, non erano tali da impedire le riesportazioni da parte di consumatori finali. Tuttavia, tale osservazione nulla toglie a quella appena esposta secondo la quale i concessionari italiani sono stati indotti a rifiutare sistematicamente le vendite di autoveicoli ad acquirenti stranieri. Pertanto, non è necessario prendere in esame il modo in cui deve interpretarsi la misura controversa. Per di più l'argomento della ricorrente, secondo il quale essa poteva dedurre dalla corrispondenza con la Commissione che quest'ultima riteneva lecita la misura di cui trattasi, è contraddetto da una lettera del 23 novembre inviatale da tale istituzione e che verrà analizzata qui di seguito nell'ambito del motivo dedotto in subordine, relativo al carattere troppo elevato dell'ammenda inflitta (v. infra, punti 338 e 339).

118.
    Da quanto precede deriva che l'argomento della ricorrente secondo il quale la condotta commerciale delle case costruttrici e delle loro reti distributive in Italia nei confronti dei consumatori non costituiva un ostacolo alle riesportazioni dev'essere respinto.

Sull'argomento della ricorrente in base al quale i provvedimenti adottati sarebbero diretti unicamente ad impedire le vendite ai rivenditori non autorizzati

- Argomenti delle parti

119.
    Secondo la ricorrente il fatto che la Commissione, nella decisione impugnata, abbia dichiarato che è stato ostacolato tutto l'insieme delle riesportazioni dipende da una cattiva interpretazione della terminologia utilizzata nella corrispondenza interna al gruppo Volkswagen.

120.
    Infatti, la Commissione avrebbe erroneamente interpretato l'espressione «mercato grigio» come indicante non solo le vendite ai rivenditori non autorizzati, ma anche quelle a concessionari e a consumatori finali di Stati membri diversi dall'Italia. A tal proposito la ricorrente contesta l'affermazione della Commissione secondo la quale le case costruttrici e Autogerma avrebbero coscientemente assimilato il mercato grigio alle riesportazioni dall'Italia, evitando in tal modo di distinguere tra riesportazioni legittime e illegittime (punti nn. 43-58 della motivazione). A lorogiudizio è evidente che l'espressione mercato grigio si riferisce a transazioni illegittime e non a vendite lecite.

121.
    La ricorrente non contesta il fatto che, nella corrispondenza interna al gruppo e tra Autogerma e i concessionari, vengono utilizzate espressioni più generali come «riesportazioni», «vendite al di fuori del territorio contrattuale» e «rivenditori» ma, in ogni caso, dal dettato o dal contesto di tale corrispondenza, oppure da un documento ulteriore, risulterebbe che si teneva conto soltanto delle riesportazioni illegittime, ossia di quelle non conformi ai contratti di concessione.

122.
    La ricorrente menziona alcune circolari inviate da Autogerma ai concessionari dalle quali risulterebbe che quest'ultima vietava loro unicamente la vendita a rivenditori non autorizzati. Essa non contesta che Autogerma abbia raccomandato ai concessionari, specie riguardo alla nuova Volkswagen Polo, di concentrare la propria attività di vendita sul rispettivo territorio contrattuale italiano, ma ciò sarebbe lecito.

123.
    La Commissione in ogni caso non ha dimostrato che l'uso di espressioni generali nelle comunicazioni e nelle circolari avrebbe creato uno stato di incertezza nei concessionari, inducendoli a rinunciare a stipulare contratti con i consumatori finali o con intermediari da questi incaricati (punti nn. 60 e 61 della motivazione). La ricorrente osserva al riguardo che i concessionari, per la loro professione, conoscevano la normativa comunitaria in materia e che inoltre nel loro contratto viene ricordata la differenza esistente tra le vendite a consumatori finali, autorizzate, e quelle a rivenditori non autorizzati, vietate.

124.
    La ricorrente contesta inoltre l'interpretazione che la Commissione dà di alcuni documenti da essa dedotti come prova dell'esistenza di una «strategia generale» volta a impedire esportazioni legittime. Infatti, la nota del 21 settembre 1994, inviata alla ricorrente da Autogerma (punto n. 21 della motivazione) conterrebbe solo riflessioni generali relative al tipo di provvedimenti da predisporre. Con tale nota Autogerma avrebbe cercato di dimostrare alla ricorrente l'intenzione di agire attivamente contro tutte le riesportazioni mentre, in realtà, gli unici strumenti di cui disponeva erano quelli derivanti dai contratti di concessione.

125.
    Quanto agli altri documenti, essi riguarderebbero solo le vendite a rivenditori non autorizzati. In merito alla nota del 26 settembre 1994, anch'essa inviata alla ricorrente da Autogerma (punto n. 22 della motivazione), ciò risulterebbe dal testo stesso di tale documento e, in particolare, dal riferimento che in esso viene fatto al regolamento n. 123/85. Questa interpretazione, del resto, sarebbe confermata da un'altra nota di Autogerma alla ricorrente, recante data 24 ottobre 1994.

126.
    Lo stesso dicasi per una nota interna della ricorrente del 6 febbraio 1995, relativa alle misure adottate da Autogerma per evitare le riesportazioni (punto n. 23 della motivazione), nonché per una comunicazione interna di Audi del 12 settembre 1994 (punto n. 24 della motivazione) relativa solo ad un progetto di circolare intitolato:«mercato grigio; sistema di margine in Italia». Inoltre, nella circolare da ultimo inviata ai concessionari tedeschi, sotto la voce «mercato grigio» veniva loro richiesto di raccogliere informazioni sui rivenditori non autorizzati. Lo stesso varrebbe per alcune relazioni, datate 17 dicembre 1993, da parte del servizio incaricato da Autogerma di sorvegliare i concessionari italiani, e relative alle attività di vendita di due concessionari, per una nota di Autogerma del 15 marzo 1995, per un fax inviato dalla ricorrente ad Audi il 24 marzo 1995, per una comunicazione di Audi ai suoi concessionari tedeschi datata 16 marzo 1995 e per un fax del 22 marzo 1995 della società Porsche Austria che garantisce l'importazione dei veicoli di marca Volkswagen, Audi e Porsche in Austria (punti nn. 25, 28, 31, 41 e 42 della motivazione).

127.
    Infine, la ricorrente accusa la Commissione di non aver tenuto conto né dei conflitti di interesse all'interno del gruppo Volkswagen, che talvolta hanno portato a dichiarazioni fuori misura nelle note interne, né dell'identità degli autori dei documenti considerati, che a volte erano dipendenti.

128.
    La convenuta sostiene che la ricorrente non si è assicurata che le misure in questione riguardassero effettivamente solo le riesportazioni da parte di rivenditori non autorizzati e che non pregiudicassero anche quelle effettuate dai consumatori finali, dagli intermediari da questi incaricati e da altri concessionari della stessa rete distributiva. A suo giudizio, la finalità delle misure controverse andava oltre lo scopo che la ricorrente proclamava di perseguire, ossia quello di impedire soltanto le vendite a rivenditori non autorizzati. Se, come sostiene la ricorrente, Autogerma e i concessionari italiani potevano sapere che le vendite a consumatori finali stranieri e ad altri concessionari della rete distributiva erano autorizzate e non dovevano pertanto essere ostacolate, in ogni caso essi non hanno messo in pratica detta regola.

129.
    Secondo la convenuta non esiste una distinzione chiara tra le riesportazioni autorizzate e quelle vietate né nella corrispondenza tra la ricorrente, Audi e Autogerma né in quella tra Autogerma e i concessionari. Infatti, numerosi documenti dimostrerebbero che la nozione di «mercato grigio» o di «mercato grigio delle reimportazioni» comprendeva, per i soggetti interessati, le esportazioni a consumatori finali e ad altri concessionari della rete. La convenuta rinvia al riguardo a una presentazione destinata alla riunione del consiglio di amministrazione di Audi del 13 febbraio 1995, nella quale si menzionano istruzioni dirette a ridurre almeno del 50% il «volume attuale delle reimportazioni», precisando al tempo stesso che tali reimportazioni possono consistere sia in «acquisti incrociati all'estero da parte di concessionari tedeschi», sia in «consegne di rivenditori non aderenti all'organizzazione (= rivenditori del mercato grigio)». La convenuta rinvia inoltre ad una nota interna di Audi datata 12 dicembre 1994 e ad una lettera inviata ad un potenziale acquirente austriaco dal servizio incaricato di vigilare sulla clientela di Audi.

130.
    Quanto ai termini che compaiono nella corrispondenza del gruppo Volkswagen per indicare le transazioni da vietare, la convenuta cita una relazione del 4 giugno 1994 relativa ad un controllo effettuato presso un concessionario. Da tale relazione risulterebbe chiaramente che l'espressione «attività di vendita organizzata all'estero» comprende tutte le riesportazioni dall'Italia. La convenuta fa rilevare inoltre che Autogerma, nella sua corrispondenza con i concessionari, ha talvolta omesso di aggiungere l'aggettivo «organizzata».

131.
    In ogni caso, da alcune note di Autogerma risulterebbe in modo inequivoco che alcune misure erano dirette contro le esportazioni in generale. La convenuta menziona ancora altri documenti citati nella decisione che proverebbero come tutte le riesportazioni fossero prese di mira.

132.
    Quanto alle note del 21 e 26 settembre e del 24 ottobre 1994, inviate da Autogerma alla ricorrente, e alla nota di Autogerma del 15 marzo 1995, la convenuta ritiene che testimonino la confusione creata dalla ricorrente tra le riesportazioni autorizzate e quelle vietate. Tali note, inoltre, sarebbero chiaramente relative a misure già adottate. Un'altra nota di Autogerma alla ricorrente, datata 14 giugno 1994, avrebbe la stessa portata e inoltre dimostrerebbe che Autogerma si è basata abusivamente sul regolamento n. 123/85 per disciplinare l'attività dei concessionari. La nota interna di Audi del 12 dicembre 1994 proverebbe, da parte sua, l'attuazione di un sistema di margine scaglionato destinato a scoraggiare le riesportazioni autorizzate.

- Giudizio del Tribunale

133.
    Considerati tutti gli elementi e i documenti sopra indicati, l'argomento della ricorrente in base al quale le misure adottate dalla stessa, da Audi e da Autogerma hanno adottato erano in realtà dirette unicamente ad impedire le vendite ai rivenditori non autorizzati non può essere accolto. Come appena osservato, il limite massimo previsto dalla regola del 15% veniva applicato con riferimento alle riesportazioni nel loro insieme (v. supra, punti 48-58), il rifornimento dei concessionari italiani era limitato all'esplicito scopo di diminuire il complesso delle riesportazioni (v. supra, punti 80-89) e i consumatori finali di Stati membri diversi dall'Italia si sono visti opporre ostacoli all'acquisto di un autoveicolo in tale Stato (v. supra, punti 105-115).

134.
    Di conseguenza, l'affermazione della ricorrente secondo cui l'espressione «mercato grigio» dimostrerebbe che venivano considerate soltanto le vendite ai rivenditori non autorizzati non può essere accolto. Se è vero che tale espressione compare in numerosi documenti raccolti dalla Commissione e che può far pensare alle transazioni illegittime, ossia alle vendite ai rivenditori non autorizzati, è vero nondimeno che parte della corrispondenza interna al gruppo Volkswagen verte sulle riesportazioni dall'Italia in generale (v., per esempio, i documenti citati supra, punti 51 e 87) e che la regola del 15% e le denunce dei clienti potenzialievidentemente non riguardavano in modo specifico le vendite ai rivenditori non autorizzati.

135.
    Inoltre, numerosi documenti, il cui titolo fa riferimento al «mercato grigio», alle «esportazioni grigie [dall'Italia]» o alle «importazioni grigie [provenienti dall'Italia]», sotto il profilo del contenuto sembrano invece riguardare le riesportazioni dall'Italia in generale.

136.
    Per esempio, una nota interna di Audi del 12 dicembre 1994 (nota n. 17 della decisione) recita:

«Importazioni grigie: Italia

Come richiesto, vogliate ricevere in allegato la bozza della lettera alla rete dei concessionari tedeschi.

Tale lettera è critica. La ragione risiede nel vigente regolamento sulle esenzioni per categoria, nel quale si afferma chiaramente che i produttori non possono adottare misure volte ad impedire le importazioni parallele legittime. Pertanto, collegare le misure da noi adottate in Italia con il divieto di reimportazioni e mettere ciò per iscritto in una lettera alla rete dei concessionari tedeschi comporterebbe un certo rischio. Di ciò dovrebbe tenersi conto in modo particolare tenendo presente la proroga controversa e le modifiche al regolamento sulle esenzioni per categoria.

Le misure adottate in Italia dovrebbero essere comunicate oralmente da una regione all'altra».

137.
    In tale nota pertanto si sottolinea che sarebbe stato meglio comunicare verbalmente le misure adottate per l'Italia, poiché comunicazioni scritte al riguardo potevano rivelare l'incompatibilità di tali misure con il regolamento n. 123/85. La nota dimostra l'ambiguità dell'espressione mercato grigio nella corrispondenza interna al gruppo Volkswagen. Infatti, mentre il titolo della nota stessa indica che essa ha per oggetto le «Importazioni grigie: Italia», il suo contenuto verte sulle importazioni parallele in generale e non soltanto su quelle effettuate da rivenditori non autorizzati.

138.
    Un altro esempio di tale ambiguità è fornito dal fax del 27 marzo 1995 inviato dalla società Porsche Austria ad Audi (nota n. 31 della decisione). Detto fax è intitolato «Importazioni grigie» ma specifica in seguito che, grazie alle misure adottate, tutte le riesportazioni degli autoveicoli Audi A4 dall'Italia verso l'Austria sono state soppresse. In essa si spiega:

«Oggetto: importazioni grigie

(...)

Ancora una volta qualcosa di divertente su questo tema!

In base a recenti colloqui con i concessionari dei territori interessati, abbiamo potuto accertare che il problema importazioni grigie si è placato. Così, fino ad ora neppure una A4 è stata importata dall'Italia in Austria. Sembra pertanto che le misure da voi adottate assieme all'importatore italiano siano efficaci (...)».

139.
    Con riguardo alla medesima questione, occorre inoltre menzionare il «Piano di marketing Germania 1995» (nota n. 50 della decisione). In tale documento la ricorrente annuncia come strategia riguardo alle reimportazioni in Germania:

«Contromisure per il contenimento delle reimportazioni mediante analisi corrente dei prezzi e dei flussi dei rifornimenti, nonché da interventi presso i concessionari.

Misure specifiche contro gli importatori grigi».

140.
    In tale documento con il termine «importatori grigi» potrebbero intendersi i «rivenditori non autorizzati», ma il paragrafo precedente indica che le reimportazioni in Germania sono anch'esse prese di mira nel loro complesso, tramite contromisure volte a limitare le reimportazioni stesse tramite adattamenti di prezzo e un controllo delle consegne o dei rifornimenti, nonché attraverso interventi presso i concessionari.

141.
    Alla luce di tutta la corrispondenza interna del gruppo Volkswagen, si deve concludere che l'espressione «mercato grigio», così com'è utilizzata, non si può evidentemente interpretare come riferita soltanto alle vendite ai rivenditori non autorizzati. Tale conclusione non è inficiata dal fatto che le circolari inviate dal Autogerma ai concessionari italiani distinguono nettamente, riferendosi al regolamento n. 123/85, le vendite ai consumatori finali (indipendentemente dal luogo di residenza), considerate lecite, da quelle ai rivenditori non autorizzati, qualificate come illecite. E' possibile infatti che, nel redigere tali comunicazioni formali ai concessionari, Autogerma si sia assoggettata alla normativa comunitaria riservandosi però la possibilità di impartire istruzioni per vie informali.

142.
    La conclusione secondo la quale la ricorrente, Audi e Autogerma non si sono limitate a scoraggiare le vendite ai rivenditori non autorizzati è inoltre sostenuta dalle note datate 21 e 26 settembre 1994, inviate da Autogerma alla ricorrente (note 14 e 15 della motivazione). Tali note contengono la maggior parte degli elementi fatti valere dalla Commissione contro la ricorrente.

143.
    La nota del 21 settembre 1994 indica di avere come oggetto le «Esportazioni parallele» ed è redatta nel modo seguente:

«Egregi signori,

ritorniamo al tema in oggetto che è stato già trattato dettagliatamente per illustrarvi la situazione attuale.

Nell'intera organizzazione italiana di vendita c'è forte preoccupazione per il raggiungimento degli obiettivi di vendita e per la necessità di mantenere i risultati raggiunti. Questa necessità fa sì che alcuni partners pressati da organizzazioni di vendita esterne (tra cui numerosi concessionari Volkswagen e Audi stranieri), effettuino vendite anche nei territori distanti dalle zone contrattualmente stabilite, talvolta persino all'estero.

L'intervento di Autogerma, pertanto, ha lo scopo di richiamare i concessionari Audi e Volkswagen al rispetto dei territori contrattuali, tenuto presente che verranno effettuati controlli sull'adempimento del contratto presso ogni singola ditta, in particolare per ciò che riguarda le attività di vendita nel territorio contrattuale (ricordando che sei contratti di concessione sono stati risolti a causa dell'inadempimento delle condizioni contrattuali (...). Quanto agli altri concessionari abbiamo intenzione di contestare l'inadempimento sulla base di alcuni risultati di auditing (relativi alle consegne), per ricercare informazioni più dettagliate sui consumatori finali dei veicoli.

Provvederemo a sviluppare ulteriormente questa prassi all'interno dell'organizzazione di vendita; il progetto privilegia una nuova strutturazione dei margini con un grado di importanza ancora maggiore, tenuto presente che la percentuale dei ”maggiori sconti” - alla quale è soggetto, con riferimento alla quantità e alla qualità, il raggiungimento degli obblighi contrattuali - aumenta, mentre il tasso percentuale fisso verrà ridotto alla fatturazione. In questo modo si otterrà lo scaglionamento dei margini a carico (...)».

144.
    Occorre rilevare che tale nota attesta un intervento di Autogerma volto a rinviare i concessionari italiani al rispettivo territorio contrattuale. Tenuto conto dell'oggetto della suddetta nota («Esportazioni parallele») e della connessione in essa operata tra la constatazione che alcuni concessionari effettuano a volte scambi commerciali con l'estero, da un lato, e l'intervento di Autogerma («di conseguenza»), dall'altro lato, l'espressione «richiamare i concessionari Audi e Volkswagen al rispetto dei territori contrattuali» va ragionevolmente intesa come indicante che Autogerma ha esercitato pressioni sui concessionari affinché cessassero le vendite fuori del loro territorio contrattuale, in particolare agli stranieri.

145.
    La nota mostra altresì che per realizzare tale intervento venivano effettuati controlli sistematici («verranno effettuati controlli (...) presso ogni singola ditta»).

146.
    Inoltre, il fatto che sia redatta al presente, nonché i termini utilizzati provano che l'intervento di Autogerma era già effettivo. Soltanto le misure citate con riferimento al margine vengono presentate in termini di progetti.

147.
    Infine, occorre rilevare che Autogerma riteneva utile ricercare «informazioni più precise sui consumatori finali». Dato che le vendite ai consumatori finali sono legittime per definizione, Autogerma non aveva alcun valido motivo per volerne conoscere l'identità. Parimenti va rilevato che, nel secondo paragrafo della sua nota, nella quale descrive il problema cui il suo intervento risponde, Autogerma lascia intendere che i concessionari della rete stabiliti all'estero sono intrusi. Questo modo di esporre la situazione sembra esprimere la volontà di ostacolare le consegne incrociate. Ad ogni modo, la menzione dei consumatori finali e dei concessionari stranieri in detta nota indica che la stessa non riguarda soltanto le vendite ai rivenditori non autorizzati.

148.
    La lista dei provvedimenti comunicati da Autogerma alla ricorrente qualche giorno dopo, con nota 26 settembre 1994 (nota n. 15 della decisione) conferma le considerazioni che precedono.

149.
    La nota menziona diciannove «misure adottate da Autogerma al fine di controllare e prevenire le riesportazioni». Se è vero che in molti casi la descrizione di tali misure non permette di stabilirne la portata (v. per esempio le espressioni «ispezioni presso i concessionari sospetti», «Ai concessionari recidivi viene comunicata la disdetta del contratto» e «(...) evitare che i concessionari cerchino canali di vendita indesiderati»), la nota contiene anche frasi che lasciano chiaramente intendere che tutte le riesportazioni sono prese in considerazione.

150.
    Per esempio, viene indicato: «[i]l bonus trimestrale, sospeso per tutte le vendite extraterritoriali, verrà pagato dal prossimo trimestre soltanto in ragione del numero di immatricolazioni». L'esigenza dell'immatricolazione dell'autoveicolo in Italia come condizione per il pagamento del premio scoraggia con ogni evidenza non soltanto le vendite ai rivenditori non autorizzati, ma altresì le consegne incrociate e le vendite dirette a consumatori finali di altri Stati membri. Di conseguenza, detta misura ha il chiaro scopo di compartimentare il mercato italiano. E' vero che tale misura viene presentata come destinata ad essere attuata solo «a partire dal prossimo trimestre», ma ciò non avviene per un'altra misura analoga indicata nella medesima nota, in base alla quale «Anche per le misure promozionali, essenzialmente a favore del consumatore finale, l'immatricolazione in Italia diventerà la condizione per il ricevimento della prestazione promozionale, che consiste generalmente in accessori, l'accordo per il riacquisto o la possibilità di finanziamento».

151.
    A queste indicazioni si aggiunge il fatto che la nota tratta in termini generali l'ostacolo alle riesportazioni come obiettivo da promuovere («misure adottate (...) al fine di controllare e prevenire le riesportazioni»).

152.
    Infine, la ricorrente non può neppure utilmente criticare la Commissione per non aver tenuto conto dei conflitti di interesse interni al gruppo Volkswagen o dell'identità degli autori dei documenti raccolti. In effetti, questi elementi non inficiano il contenuto dei documenti stessi.

Sui controlli, le intimidazioni e le sanzioni di cui i concessionari sarebbero stati oggetto

- Argomenti delle parti

153.
    La Commissione avrebbe erroneamente dedotto che la ricorrente, Audi e Autogerma controllavano in modo sistematico le vendite effettuate dai concessionari italiani.

154.
A questo riguardo, la ricorrente fa osservare in primo luogo che, sulla base di un messaggio di posta elettronica del 26 gennaio 1995, la Commissione ha concluso che era stato introdotto un pagamento di 150 DEM per il rilascio di certificati di conformità (punto n. 27 della motivazione), mentre tale pagamento è stato in realtà introdotto solo per qualche settimana, in seguito all'entrata in vigore di una nuova normativa, e per un numero assai limitato di autoveicoli. La circostanza che tale pagamento, nel suddetto messaggio, fosse presentato come mirante ad ostacolare le riesportazioni, sarebbe dovuta al fatto che il redattore non era responsabile né del pagamento stesso né del rilascio dei certificati di conformità. Poiché la Commissione ha tenuto conto anche del fatto che Audi, oltre a detto pagamento, pretendeva la prova dell'acquisto della vettura (punto n. 27 della motivazione), la ricorrente precisa che una copia del contratto di vendita o della fattura era necessaria solo per garantire che l'autore della richiesta di certificato di conformità fosse realmente l'acquirente. La ricorrente sottolinea inoltre che il pagamento era destinato a coprire le spese interne ed esterne legate al rilascio dei certificati e ne fornisce un resoconto.

155.
    In secondo luogo, la ricorrente osserva che, alla luce di alcuni documenti, la Commissione ha concluso che le case costruttrici avevano incaricato Autogerma di controllare sistematicamente le riesportazioni e di riferire le sue osservazioni in merito (punti 28, 29 e 39 della motivazione), mentre era chiaramente impossibile controllare le vendite di ciascun concessionario sulla base delle informazioni contenute in tali documenti. Infatti, i dati sulle riesportazioni non consentivano di stabilire da quale concessionario fosse stato venduto un autoveicolo. La ricorrente, Audi e Autogerma avevano effettuato controlli solo nel caso di richiesta del certificato di conformità da parte di un soggetto chiaramente sospettabile di essere rivenditore non autorizzato. Tale è stato il caso, per esempio, dei 25 controlli effettuati da Audi tra il giugno 1994 e il febbraio 1995. Successivamente a tali controlli la ricorrente e Audi avevano comunicato ad Autogerma i nomi dei concessionari che avevano violato gravemente i propri obblighi contrattuali, o i numeri di telaio delle vetture acquistate da rivenditori non autorizzati, per consentire ad Autogerma di identificare i concessionari che avessero venduto tali veicoli. Lo scambio di tali informazioni tra le case costruttrici e Autogerma noncostituirebbe affatto una pratica illegittima, essendo semplicemente finalizzata all'individuazione delle vendite a rivenditori non autorizzati.

156.
    In terzo luogo, la ricorrente fa rilevare che la Commissione ha dichiarato che Autogerma controllava «quotidianamente» le ordinazioni di autoveicoli (punto n. 40 della motivazione), mentre il resoconto del 10 febbraio 1995, sul quale tale affermazione si basa, verte su un controllo tramite sondaggio delle ordinazioni stesse. Benché, secondo tale resoconto, Autogerma assicurasse di instaurare un controllo permanente, tale controllo non è mai stato effettuato. Non sarebbe vero neppure che Autogerma aveva costretto i concessionari italiani a non vendere autoveicoli a clienti non residenti in Italia senza la sua autorizzazione preventiva (punto n. 114 della motivazione). Infine, la ricorrente fa osservare che anche se Autogerma avesse esercitato un controllo permanente delle ordinazioni registrate, ciò non sarebbe stato illecito, dal momento che un tale controllo costituisce un mezzo per individuare in tempo e in anticipo le vendite a rivenditori non autorizzati.

157.
    In quarto luogo, la ricorrente sostiene che il motivo, indicato nella decisione, secondo il quale il Kraftfahrt-Bundesamt (l'ufficio federale della motorizzazione tedesco) aveva agevolato i controlli sui concessionari italiani (punti nn. 26 e 28 della motivazione) è parimenti erroneo. Nelle informazioni da esso fornite, il Kraftfahrt-Bundesamt aveva cancellato le tre ultime cifre dei numeri di telaio, rendendo in tal modo impossibile l'identificazione degli autoveicoli. Inoltre, tale ufficio si era limitato a comunicare dati a fini statistici, per consentire alla ricorrente e a Audi di verificare, per ciascun modello, il totale degli autoveicoli reimportati in Germania.

158.
    La ricorrente sostiene che, se è vero che Autogerma aveva intimato ai concessionari di porre fine alla «vendita organizzata fuori del territorio contrattuale», è ugualmente vero che l'espressione «vendita organizzata» sta ad indicare le vendite a rivenditori non autorizzati. Ciò risulterebbe in maniera inequivoca da una relazione del 7 dicembre 1993 relativa, in particolare, ai solleciti che Autogerma aveva rivolto ai concessionari, nonché dalle risposte che alcuni di essi avevano fornito, impegnandosi a cessare le vendite a rivenditori non autorizzati. La ricorrente cita alcuni documenti per dimostrare che i concessionari che erano in tal modo minacciati vendevano effettivamente numerosi di autoveicoli a rivenditori non autorizzati, per cui una ferma reazione da parte di Autogerma si imponeva tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello economico. La ricorrente rileva altresì che oltre il 90% delle riesportazioni di autoveicoli di marca Volkswagen e Audi dall'Italia verso la Germania, e che secondo le valutazioni della Commissione erano pari a 19 000 autoveicoli nel 1993, a 22 000 nel 1994 e a 19 000 nel 1995 (punto n. 11 della motivazione), erano garantite da rivenditori non autorizzati. Essa menziona ancora lettere di concessionari tedeschi in cui questi denunciavano il fatto che alcuni concessionari, in violazione del loro contratto, rifornivano rivenditori esterni alla rete e chiedevano alla ricorrente di adottare le misure necessarie per bloccare tali prassi.

159.
    Quanto alle sanzioni effettivamente inflitte, la ricorrente sottolinea che tutte le risoluzioni dei contratti di concessione su cui la Commissione si basa riguardano i concessionari che avevano più volte venduto autoveicoli a rivenditori non autorizzati e che avevano occasionalmente commesso anche altre gravi violazioni dei loro obblighi contrattuali.

160.
    Secondo la convenuta, dal complesso dei documenti citati nella decisione risulta che le vendite dei concessionari italiani, comprese quelle a privati, sono state sorvegliate sistematicamente ed hanno costituito oggetto di un controllo quotidiano da parte di Autogerma. La convenuta contesta peraltro che nella decisione si affermi che Audi ha potuto esercitare un simile controllo grazie alle informazioni fornite dal Kraftfahrt-Bundesamt. Essa sottolinea, però, che un collaboratore di Audi che aveva acquistato un'Audi A4 in Italia temeva che la vettura «[risultasse] riesportata e ciò [avrebbe procurato] noie» in caso di controllo delle statistiche del Kraftfahrt-Bundesamt (punto n. 30 della motivazione).

161.
    Quanto alle intimidazioni e alle sanzioni, la convenuta cita la lettera del 13 giugno 1994 in cui Autogerma informa Audi, da un lato, di avere intimato ai concessionari di limitare le vendite al solo mercato interno italiano e, dall'altro lato, di aver risolto due contratti di concessione. Con lettera 14 giugno 1994 inviata alla ricorrente Autogerma ha dichiarato di aver continuamente invitato, sin dal settembre 1993, circa sessanta concessionari ad evitare qualunque attività di vendita all'esterno del loro territorio contrattuale, minacciando la risoluzione dei contratti di concessione. La convenuta menziona inoltre una nota interna della ricorrente datata 20 febbraio 1995, secondo la quale da un lato il gruppo Volkswagen «stava violando la normativa in vigore» e, dall'altro lato, «ben presto i contratti di molti concessionari (tra cui imprese di grosse dimensioni) sarebbero stati risolti a causa di importazioni grigie (nei confronti dell'estero, naturalmente, per altri motivi»). La convenuta fa notare inoltre che, nelle note del giugno 1994 sopra citate, Autogerma non ha specificamente indicato rivenditori non autorizzati. Al contrario, in tali note essa parlerebbe in generale di ingiunzioni e di risoluzione di alcuni contratti di concessione a causa di vendite fuori del territorio contrattuale.

- Giudizio del Tribunale

162.
    In primo luogo, va rilevato che la decisione impugnata contiene indizi pertinenti e concordanti relativi ai controlli che la ricorrente, in particolare con l'aiuto della propria controllata Autogerma, ha effettuato in modo sistematico per garantire l'efficacia delle misure adottate al fine di ostacolare le riesportazioni dall'Italia, nonché ai solleciti rivolti ai concessionari al fine di limitarne l'attività commerciale.

163.
    Infatti, come osservato al punto 145 della presente sentenza, nella nota inviata alla ricorrente in data 21 settembre 1994 Autogerma ha confermato di effettuare controlli su tutti i concessionari per garantire che non vendessero fuori delrispettivo territorio contrattuale. Parimenti, dalle dichiarazioni del signor Schlesinger, citate supra al punto 51, risulta che questi teneva a verificare personalmente ciascun caso di eventuale concessione o di trattenuta del premio allorché si doveva applicare la regola del 15%. Questi indizi non sono contraddetti dagli argomenti specifici addotti dalla ricorrente (v. supra, punti 154-157). Peraltro, l'affermazione della ricorrente secondo la quale non era possibile un controllo permanente e individuale dei concessionari non può smentire la conclusione secondo cui Autogerma aveva attuato una politica di controllo sistematico che rafforzava le altre misure adottate al fine di ostacolare le riesportazioni dall'Italia.

164.
    Quanto alle intimidazioni provenienti dalle case costruttrici, va osservato innanzi tutto che i consumatori tedeschi e austriaci ne parlano in tutte le denunce presentate alle case costruttrici stesse o alla Commissione, sulla base di dichiarazioni fatte dai concessionari italiani. Ciò risulta, per esempio, dalle lettere o dai fax citati ai punti 106, 107, 109, 110 e da 112 a 114 della presente sentenza (fax del signor Wieser: «a causa di istruzioni impartite dall'Audi»; fax del signor Bernhard: «disposizione della VW AG»; lettera del signor Baur: «naturalmente, le minacce avvengono solo per telefono»; lettera del signor Keppler: «(...) la VW avrebbe vietato le vendite e minacciato di revocare le licenze di concessione in caso di violazione del divieto»; fax del signor Mosser: «(...) l'importatore generale di Audi aveva loro vietato di vendere auto a stranieri»; fax del signor Bilogan: «direttiva in tal senso della casa costruttrice»; lettera del signor Albrecht: «per ordine di Wolfsburg»). Queste dichiarazioni sono confermate dalla lettera di Autogerma alla società Silemotori Negro, citata supra al punto 92 e, per quanto riguarda più in particolare le consegne incrociate, dalla lettera 26 novembre 1993 inviata da un concessionario tedesco delle marche Volkswagen e Audi alla ricorrente, citata supra al punto 82.

165.
    La nota interna di Audi del 12 dicembre 1994, citata al punto 136 della presente sentenza, conferma del resto che la casa costruttrice riteneva preferibile che le misure adottate in merito alle vendite in Italia fossero comunicate verbalmente. Inoltre, l'obiettivo definito nella nota 21 settembre 1994 inviata da Autogerma alla ricorrente, citata al punto 143, di «richiamare i concessionari Audi e Volkswagen al rispetto dei territori contrattuali», lascia presumere che fossero state formulate intimidazioni in tal senso. Al riguardo, la lettera spedita da Autogerma a Audi il 13 giugno 1994 (citata al punto 80) conferma: «Autogerma ha già ingiunto a più riprese ai concessionari interessati di sviluppare la propria attività esclusivamente sul mercato italiano. A seguito di tale provvedimento sono addirittura stati risolti due contratti di concessione». Parimenti, in una lettera alla ricorrente datata 14 giugno 1994 e relativa alle esportazioni parallele (nota 65 della decisione) Autogerma scrive: «Dal settembre 1993 circa 60 concessionari sono stati ripetutamente invitati ad astenersi dalle vendite al di fuori del territorio contrattuale, e ciò sia sul territorio nazionale sia all'estero. Essi sono stati esplicitamente avvertiti che l'inosservanza di tali istruzioni avrebbe comportato la risoluzione del contratto di concessione (...). Autogerma ha intenzione anche in futuro di procedere con uguale risolutezza per raggiungere lo scopo fissato diimpedire le esportazioni dall'Italia.» Infine, l'intervento sui concessionari italiani era esplicitamente previsto nel «piano di marketing Germania 1995», citato al punto 139 («interventi presso i concessionari»). Nel contesto di tale documento questo intervento dev'essere inteso nel senso di un ordine ai concessionari tedeschi di cessare le importazioni di autoveicoli.

166.
    In secondo luogo, peraltro, si deve considerare che la decisione impugnata non contiene indizi sufficientemente pertinenti e concordanti che dimostrino che la ricorrente, con l'aiuto della sua controllata Autogerma, abbia effettivamente inflitto sanzioni ad alcuni concessionari italiani, in particolare con la risoluzione dei rispettivi contratti di concessione, a causa delle consegne di autoveicoli da questi effettuate a consumatori finali o a concessionari di marche Volkswagen e Audi di altri Stati membri.

167.
    In effetti, risulta da alcuni documenti che la sanzione consistente nella risoluzione del contratto di concessione è stata inflitta a taluni concessionari italiani per ragioni attinenti alle riesportazioni. Tale è il caso, per esempio, della nota inviata da Autogerma a Audi il 13 giugno 1994, citata supra, al punto 165, nonché dell'elenco comunicato da Autogerma alla ricorrente con lettera 7 giugno 1994 (nota 121 della decisione), relativa a tre contratti di concessione risolti nel 1993 e che recita:

«Nel 1993 sono stati cancellati tre contratti con i seguenti concessionari:

1)    Dino CONTI    TRIESTE

    Motivi:

    a) Importazioni grigie

    b) Collaborazione con altre marche

2)    BERETICH    PORDENONE

    Motivi:

    a) Importazioni grigie

    b) Copertura del mercato

    c) Scarsa organizzazione

    d) Problemi finanziari

3)    AUTOSIAL    S. BENEDETTO (AP)

    a) Importazioni grigie

    b) Problemi finanziari».

168.
    Tuttavia, è del tutto concepibile che detti concessionari avessero violato i propri contratti di concessione, in particolare vendendo autoveicoli a rivenditori non autorizzati, cosa che giustificherebbe pienamente la sanzione inflitta. La dichiarazione di Audi nella sua relazione del 10 febbraio 1995 sull'incontro con Autogerma (nota 125 della decisione), secondo la quale «Ad otto concessionari è stata comunicata la risoluzione del contratto (...). Tra i motivi non sono stateindicate le esportazioni grigie», non può invalidare detta considerazione, in quanto esistono comunque altri tipi di infrazioni al contratto di concessione nonché vendite a rivenditori non autorizzati. Il rappresentante legale della convenuta, peraltro, ha confermato nel corso della fase orale del procedimento, in risposta ad un quesito del Tribunale, che i concessionari colpiti da risoluzione del contratto avevano effettuato vendite di autoveicoli a rivenditori non autorizzati.

169.
    Di conseguenza, gli elementi di prova forniti dalla Commissione riguardo alla risoluzione dei contratti di concessione non portano ad escludere che siano state effettivamente inflitte sanzioni soltanto ai concessionari che, assieme ad altre violazioni ai propri obblighi contrattuali, avevano effettuato vendite a rivenditori non autorizzati. Pertanto, la Commissione ha commesso un errore di valutazione ritenendo dimostrato che la risoluzione dei contratti di concessione in questione costituisse una misura illegittima.

Sugli effetti degli ostacoli alla riesportazione

Argomenti delle parti

170.
    La ricorrente sostiene che la Commissione non ha dimostrato neppure che le asserite misure adottate dalle case costruttrici e da Autogerma hanno influito sulle riesportazioni legittime dall'Italia.

171.
    Il fatto stesso che le riesportazioni di autoveicoli dall'Italia fossero numerose durante tutto il periodo in cui sussisteva un divario sensibile tra lira italiana, da un lato, e marco tedesco e scellino austriaco, dall'altro, dimostrerebbe che le misure asseritamente adottate dalla ricorrente, da Audi e da Autogerma non hanno prodotto effetti di rilievo. Al riguardo, la ricorrente fa osservare che nel periodo 1993-1995 le riesportazioni effettive dall'Italia verso la Germania, pari a circa 20 000 autoveicoli all'anno indicano o che le misure dirette contro le vendite a rivenditori non autorizzati erano inefficaci, oppure che tali misure erano efficaci, ma gli acquisti legittimi da parte di consumatori finali tedeschi in Italia erano aumentati in proporzione. La ricorrente fa notare inoltre che nel 1995, a fronte di 19 338 autoveicoli riesportati, vi sono state solo 36 denunce da parte di persone che si definivano consumatori finali e che non erano riuscite ad ottenere un autoveicolo in Italia. Gran parte di tali denunce sarebbe del resto ingiustificata. La ricorrente aggiunge che alcune di queste persone avevano infine ottenuto l'autoveicolo desiderato, mentre altre erano in realtà rivenditori non autorizzati.

172.
    La ricorrente sostiene inoltre che per la maggior parte del periodo preso in considerazione dalla Commissione, ossia tra il 1987 e l'inizio del 1993, i consumatori non residenti in Italia non avevano alcun interesse ad acquistare autoveicoli in detto Stato. Piuttosto, erano i clienti italiani ad essere interessati all'acquisto in un altro Stato membro.

173.
    Infine, l'affermazione della Commissione secondo la quale i concessionari, in seguito al divieto loro imposto, avevano deciso di sospendere le esportazioni o di effettuarle solo entro il 15% del totale delle vendite, oppure avevano ancora adottato altre misure, come l'immatricolazione di tutti gli autoveicoli in Italia o il licenziamento dei collaboratori che avessero venduto all'estero, non sarebbe giustificata da nessuno dei documenti citati a sostegno.

174.
    La convenuta ricorda, in limine, che qualsiasi misura avente per oggetto o per effetto la compartimentazione dei mercati nazionali impedendo le importazioni parallele è contraria al Trattato sin dal momento in cui viene rilevata. La violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato non dipende dal successo dei tentativi di compartimentazione dei mercati nazionali.

175.
    La convenuta indica inoltre che, tenuto conto delle numerose lettere di protesta da parte di potenziali acquirenti, non esiste alcun dubbio sul fatto che i concessionari italiani ritenessero di aver ricevuto l'ordine di non vendere autoveicoli a stranieri. A suo giudizio, è chiaro che tale situazione è stata provocata per lo più dall'assenza di distinzione tra vendite lecite e illecite nelle istruzioni impartite da Autogerma ai concessionari stessi.

176.
    Parimenti, le lettere con le quali i concessionari informavano i potenziali acquirenti circa tempi di consegna superiori ad un anno e probabili variazioni di prezzo avrebbero avuto come chiara conseguenza che la maggior parte di tali acquirenti avrebbero evitato di acquistare autoveicoli in Italia. Anche esigere dall'acquirente l'impegno a non rivendere un autoveicolo per i primi tre mesi successivi all'acquisto o prima di aver percorso 3 000 km, pena una pesante sanzione, scoraggerebbe gli acquisti in tale Stato.

177.
    La convenuta cita infine un documento che mostrerebbe un'inversione di tendenza nelle riesportazioni di autoveicoli di marca Audi dall'Italia.

Giudizio del Tribunale

178.
    Secondo una costante giurisprudenza, ai fini dell'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di un accordo, ove risulti che esso ha per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune. Pertanto, la dimostrazione di effetti anticoncorrenziali effettivi non è necessaria allorché sia comprovato l'oggetto anticoncorrenziale dei comportamenti addebitati (v. sentenze della Corte 13 luglio 1966, cause riunite 56/64 e 58/64, Consten e Grundig/Commissione, Racc. pag. 429, pag. 520, e 17 luglio 1997, causa C-219/95, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. I-4411, punti 12-14). Orbene, come appena osservato, la Commissione ha dimostrato che la ricorrente ha adottato misure aventi ad oggetto la compartimentazione del mercato italiano (v. supra, in particolare punti 88 e 89).La Commissione pertanto non era tenuta a indagare gli effetti concreti di queste misure sul gioco della concorrenza all'interno del mercato comune.

179.
    Inoltre, tali misure erano di per sé tali da influire sul commercio tra gli Stati membri ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato (sentenza della Corte 12 luglio 1979, cause riunite 32/78 e da 36/78 a 82/78, BMW Belgium/Commissione, Racc. pag. 2435, punto 32). Infatti, perché una decisione, un accordo o una pratica concordata possano pregiudicare il commercio fra Stati membri, è necessario che, in base ad un complesso di elementi obiettivi di diritto o di fatto, appaia sufficientemente probabile che essi sono atti ad esercitare un'influenza diretta o indiretta, attuale o potenziale, sugli scambi fra Stati membri. In proposito, si deve verificare in particolare se le misure in questione possano isolare l'uno dall'altro determinati mercati degli Stati membri, ostacolando la compenetrazione economica voluta dal Trattato (sentenza della Corte 30 giugno 1966, causa 56/65, Société Technique Minière, Racc. pag. 281; sentenza del Tribunale 14 luglio 1994, causa T-77/92, Parker Pen/Commissione, Racc. pag. II-549, punto 39). E' chiaramente questo il caso di specie. Tanto la regola del 15% quanto la limitazione del rifornimento dei concessionari italiani equivalgono ciascuno a una protezione territoriale e a una limitazione della libertà di azione commerciale dei concessionari italiani. Tali misure vincolavano tutti i concessionari delle marche Volkswagen e Audi in una parte sostanziale del mercato comune (l'Italia), contribuendo in tal modo alla compartimentazione del mercato italiano. Infatti, pratiche restrittive della concorrenza che si estendano a tutto il territorio di uno Stato membro possono, per natura, consolidare la compartimentazione dei mercati a livello nazionale, ostacolando così l‘integrazione economica voluta dal Trattato (v., per analogia, sentenza della Corte 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia/Commissione, Racc. pag. 2545, punto 22, e la sentenza Bayerische Motorenwerke, citata, punti 19 e 20).

180.
    Infine, e in ogni caso, le denunce dei consumatori tedeschi e austriaci, analizzate ai punti 105-116 della presente sentenza, mostrano che le misure adottate dalla ricorrente, da Audi e da Autogerma hanno avuto effetti reali. Audi non nascondeva peraltro che si trattava di un «successo» (v. il documento citato al punto 85; v. altresì il fax della società Porsche Austria citato al punto 138).

181.
    Alla luce di tutti questi motivi, l'argomento della ricorrente relativo agli ostacoli alla riesportazione non può essere accolto.

Sulla durata degli ostacoli alla riesportazione

Argomenti delle parti

182.
    La ricorrente sostiene che i comportamenti ad essa addebitati in ogni caso non hanno avuto inizio nel 1987 né sono continuati dopo l'ottobre 1995. Al riguardo essa sottolinea come i documenti raccolti dalla Commissione si riferiscano solo al periodo 1993-1995.

183.
    Per quanto concerne la data di inizio di tali comportamenti, la ricorrente precisa che la Commissione l'ha fissata al 30 dicembre 1987, basandosi sulla data di una versione della convenzione B (punto n. 202 della motivazione). Dato che tale documento prova soltanto l'accordo tra concessionari e Autogerma sul sistema di premi e non verte sulle altre misure di cui parla la decisione, l'affermazione della Commissione secondo la quale l'infrazione contestata nella decisione è dimostrata, in generale, a partire dal 30 dicembre 1987, sarebbe priva di coerenza.

184.
    Per quanto riguarda la data di cessazione dei comportamenti addebitati, la ricorrente fa osservare che, alla luce della circolare inviata ai concessionari italiani nel dicembre 1996, la conclusione contenuta al punto 216 della motivazione della decisione, secondo la quale fino a quel momento «non [era stato ancora] posto completamente fine» all'infrazione, è erronea. Pertanto, anche se l'affermazione contenuta nell'art. 1 della decisione è esatta, l'art. 2 dovrebbe essere annullato in quanto ordina alla ricorrente di adottare misure che questa aveva già preso.

185.
    La convenuta sostiene innanzi tutto di aver fissato, al punto 202 della motivazione della decisione, la data di inizio dell'infrazione al 30 dicembre 1987 basandosi unicamente sul sistema dei premi, cosicché non è possibile alcun fraintendimento quanto all'oggetto o alla portata dell'infrazione contestata nel corso del periodo in questione. A suo giudizio, il fatto che le altre misure siano state adottate solo più tardi non impediva di qualificarle nel loro complesso come una strategia globale, comprensiva del sistema dei premi.

186.
    Inoltre, la convenuta fa osservare che un'infrazione inizia sempre con il primo accordo o la prima pratica concordata e continua finché l'ultimo accordo o l'ultima pratica concordata non siano stati soppressi o siano fatti cessare altrimenti. A suo giudizio, la circolare del 16 marzo 1995 non ha posto termine all'infrazione in quanto non vi è stata data attuazione, il che sarebbe provato da numerosi documenti. Inoltre, tale circolare non avrebbe modificato le misure dirette ad infliggere sanzioni pecuniarie contro le vendite effettuate fuori del territorio contrattuale, come il blocco del premio del 3%. Neppure la circolare del dicembre 1996 avrebbe posto definitivamente termine all'infrazione.

187.
    Infine, secondo la convenuta il fatto che la gravità dell'infrazione si sia attenuata nel 1997 è stato tenuto in considerazione al momento di fissare l'ammenda, attraverso la determinazione a scalare delle maggiorazioni per la durata dei fatti contestati.

Giudizio del Tribunale

188.
    In limine, va ricordato che l'esigenza della certezza del diritto, di cui devono beneficiare gli operatori economici, implica che, quando sorge una controversia in merito all'esistenza di una violazione delle norme in materia di concorrenza, laCommissione deduca elementi di prova i quali si riferiscano a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che detta infrazione sia durata ininterrottamente entro due date precise (sentenza del Tribunale 7 luglio 1994, causa T-43/92, Dunlop Slazenger/Commissione, Racc. pag. II-441, punto 79).

189.
    In primo luogo, nel caso di specie si deve rilevare che la regola del 15% è rimasta in vigore ininterrottamente tra il 1° gennaio 1988 e il 30 settembre 1996 (v. supra, punto 48) e da ciò consegue che la ricorrente ha violato le norme comunitarie sulla concorrenza durante tutto questo periodo (v. supra, punto 49). Se, come indicato sempre al punto 49, tale regola poteva avere un effetto considerevole nei periodo in cui esisteva un rilevante interesse per consumatori di altri Stati membri all'acquisto di autoveicoli in Italia (nel caso di specie, dal 1993), è vero altresì che scopo di tale regola è di garantire una certa protezione territoriale e quindi la compartimentazione del mercato, in quanto spinge i concessionari italiani a riservare ogni anno almeno l'85% degli autoveicoli disponibili alla vendita a clienti italiani. Infine, se è vero che la Commissione è stata leggermente imprecisa nel fissare al 1987 la data di entrata in vigore della regola del 15% (punto n. 75 della motivazione) il 30 dicembre (punti nn. 202 e 216 della motivazione) o il 31 dicembre (punto n. 215 della motivazione), è altrettanto vero che ciò non incide affatto sul complesso della decisione e non ne implica quindi l'annullamento, poiché la Commissione non ha preso in considerazione il 1987 per determinare l'importo dell'ammenda (punto n. 217 della motivazione).

190.
    In secondo luogo, va rilevato che l'unico elemento di prova dedotto dalla Commissione riguardo al fatto che, in certa misura, la ricorrente ha continuato ad essere inadempiente nel periodo compreso tra il 1°ottobre 1996 e la data di adozione della decisione impugnata, è costituito dall'affermazione secondo cui la ricorrente stessa, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti nell'ottobre 1996 e per tutto il suddetto periodo, non ha dichiarato in modo esplicito che le misure di compartimentazione del mercato erano abrogate. Ciò è confermato dai punti 27, 28 e 348 del controricorso e dal punto 126 della controreplica. In tale ultimo punto la Commissione ha spiegato che alla fine del 1996 e nel corso del 1997 non si poteva ritenere che si fosse posto fine all'infrazione, perché la ricorrente non aveva dimostrato di aver eliminato «qualunque restrizione territoriale anche negli accordi». Rispondendo ad un quesito posto dal Tribunale nel corso della fase orale del procedimento, il rappresentante legale della convenuta ha confermato tale spiegazione.

191.
    Si deve rilevare che questa valutazione dei fatti è contraddetta da alcuni documenti del fascicolo. Per esempio, al punto 48 della risposta della ricorrente e di Audi alla comunicazione degli addebiti, viene chiaramente spiegato che «La regola del 15% è stata soppressa a partire dal 1° ottobre 1996 (...)». Inoltre, all'udienza del 7 aprile 1997 la ricorrente ha sottolineato che «I contratti dei concessionari Volkswagen e Audi, come quelli degli importatori nel territorio dell'Unione europea (...) sono stati modificati dal 1° ottobre 1996 in modo tale che ora corrispondono agliorientamenti da ultimo definiti dalla Commissione nel regolamento sulle esenzioni per categoria n. 1475/95». Ancora, nella circolare 19 dicembre 1996, inviata su richiesta della ricorrente ai concessionari italiani, Autogerma ha chiaramente spiegato a questi ultimi i diritti commerciali di cui beneficiavano in forza della normativa comunitaria, nei termini seguenti:

«Egregi signori,

nell'ottobre del 1996 la Commissione dell'Unione Europea ci ha contestato formalmente che dal 1987 Vi avremmo impedito, con diverse misure, di vendere autoveicoli Volkswagen e Audi a clienti e Concessionari dell'Organizzazione Volkswagen e Audi in Germania ed Austria. Noi, come anche la Volkswagen AG e l'Audi AG, riteniamo che queste contestazioni non siano giustificate. Desideriamo tuttavia chiarire quanto segue:

1.    Siete autorizzati, senza limitazioni, a vendere autoveicoli ad utilizzatori finali di tutti gli Stati membri dell'Unione Europea e della Zona Europea di Libero Scambio. Ciò vale anche nel caso in cui gli utilizzatori finali si servano di un intermediario.

    Siete inoltre autorizzati, senza limitazioni, a vendere autoveicoli ad altri Concessionari dell'Organizzazione Volkswagen e Audi negli Stati membri dell'Unione Europea e della Zona Europea di Libero Scambio.

    Nel caso in cui concludiate vendite di questo tipo, non andrete incontro a nessuna sanzione, diretta o indiretta, né da parte nostra né da parte della Volkswagen AG e dell'Audi AG.

2.    Non Vi è invece consentito di vendere autoveicoli ad Aziende non appartenenti all'Organizzazione Volkswagen-Audi.

3.    Gli sconti a Voi praticati dalla AUTOGERMA e il riconoscimento e accreditamento dei bonus relativi, non dipenderanno in nessun modo, diretto o indiretto, in toto o in parte, dal Vostro volume di vendite al di fuori del Vostro territorio contrattuale».

192.
    Non avendo addotto elementi di prova, la Commissione non ha dimostrato pienamente che la ricorrente fosse inadempiente durante il periodo compreso tra il 1° ottobre 1996 e il gennaio 1998.

Conclusioni

193.
    I documenti, pertinenti e concordanti, raccolti dalla Commissione provano che la ricorrente ha adottato misure aventi ad oggetto la compartimentazione del mercatoitaliano degli autoveicoli nuovi di marca Volkswagen e Audi, misure consistenti nel contingentamento dei rifornimenti ai concessionari italiani, in una politica basata sull'attribuzione soltanto parziale del premio abituale del 3% ai concessionari che avessero effettuato più del 15% delle loro vendite a soggetti non residenti in Italia, nonché in controlli e intimidazioni. Inoltre, è dimostrato che tali misure si sono tradotte in ostacoli all'acquisto in Italia di autoveicoli di marca Volkswagen e Audi da parte dei consumatori e dei concessionari delle medesime marche di altri Stati membri.

194.
    Risulta pertanto dall'esame di questo primo motivo che la Commissione ha potuto giustamente concludere che la ricorrente, assieme alle proprie controllate Audi e Autogerma, ha violato l'art. 85, n. 1, del Trattato. Di seguito, nell'ambito del secondo motivo, verrà verificato se la Commissione abbia commesso un errore di diritto qualificando le misure illegittime come «accordi» tra la ricorrente, Audi e Autogerma, da un lato, e i concessionari italiani dall'altro (v. il testo dell'art. 1 della decisione impugnata, riportato al punto 28 della presente sentenza).

195.
    Invero, le prove fornite dalla Commissione e sopra indicate hanno un valore tale che i dati e gli argomenti della ricorrente relativi alle considerevoli quantità di autoveicoli che sarebbero comunque stati riesportati dall'Italia in Germania durante il periodo esaminato nel caso di specie (v. supra, punto 76) non possono affatto pregiudicare le conclusioni relative all'esistenza dell'infrazione. Detti elementi dimostrano infatti che, tutt'al più, le misure adottate dalla ricorrente e dalle sue controllate non sono riuscite a raggiungere il proprio scopo (v. anche il punto 178 della presente sentenza). In ogni caso, anche se fosse appurato che il numero delle riesportazioni ostacolate è di poco superiore al numero delle riesportazioni realizzate, nonostante le misure volte a scoraggiarle, ciò non farebbe venir meno il carattere sistematico dei comportamenti illeciti accertati dalla Commissione e testé esaminati (v. sentenza della Corte 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG/Commissione, Racc. pag. 3151, punti 45 e 46).

196.
    Occorre rilevare inoltre che se la ricorrente ha dimostrato che alcuni punti della motivazione della decisione sono inficiati da un errore di fatto, in quanto la Commissione ha tratto le proprie conclusioni sul sistema di margine scaglionato e sulla risoluzione di alcuni contratti di concessione senza disporre di indizi sufficentemente precisi, pertinenti e concordanti (v. supra, punti 65-72 e 166-169), ciò non può comunque portare all'annullamento della decisione nel suo complesso. Infatti, come appena osservato ai punti 193 e 194, la Commissione ha giustamente concluso che la ricorrente ha violato l'art. 85, n. 1, del Trattato.

197.
    Tuttavia, i suddetti errori di fatto compiuti dalla Commissione inficiano in certa misura il dispositivo della decisione. In particolare, come risulta dai punti 214 e 220 della motivazione della stessa, il sistema di margine scaglionato e la risoluzione di alcuni contratti di concessione sono stati presi in considerazione, seppur in misura minore, per stabilire la gravità dell'infrazione e, quindi, per fissare l'ammenda, il cui importo compare all'art. 3 della decisione.

198.
    Di conseguenza, occorre annullare la decisione impugnata in quanto dichiara che un sistema di margine scaglionato e la risoluzione, a titolo di sanzione, di alcuni contratti di concessione costituivano misure adottate al fine di ostacolare le riesportazioni di autoveicoli di marca Volkswagen e Audi dall'Italia da parte di consumatori finali e di concessionari delle medesime marche di altri Stati membri.

199.
    Quanto al fatto che non esistono prove riguardo al periodo compreso tra il 1° ottobre 1996 e la data di adozione della decisione impugnata, va rilevato che ciò non fa venir meno la legittimità dell'art. 1 della decisione nella parte in cui la Commissione afferma che la ricorrente ha violato il disposto dell'art. 85, n. 1, del Trattato. Non viene neppure messa in dubbio la legittimità degli artt. 2 e 5 della decisione, nei quali la Commissione ingiunge alla ricorrente di adottare specificamente alcune misure per porre termine all'infrazione e fissa una penale per garantire che tali istruzioni vengano eseguite. A tal proposito, va rilevato come il fatto che la Commissione non abbia fornito indizi pertinenti e concordanti circa la persistenza dell'infrazione dopo il 1° ottobre 1996 non costituisce di per sé una garanzia che la stessa sia effettivamente cessata. Di conseguenza, si deve contestare alla Commissione di aver fissato l'ammenda sulla base, tra l'altro, dell'affermazione non dimostrata secondo cui l'inadempimento era continuato tra il 1° ottobre 1996 e la data di adozione della decisione, ma non le si può imputare di aver dettato, nel dispositivo della decisione, alcune istruzioni alla ricorrente, imponendole anche una penale, in modo da assicurare la cessazione di qualunque condotta illecita. Peraltro, anche supponendo che l'infrazione sia effettivamente cessata, ciò priverebbe in ogni caso di effetto gli artt. 2 e 5 della decisione.

200.
    Tuttavia, l'errore compiuto dalla Commissione riguardo alla durata dell'infrazione inficia in certa misura il dispositivo della decisione. In particolare, come risulta dal punto n. 217 della motivazione della decisione, la fine del 1996 e il 1997 sono stati tenuti in considerazione per fissare l'ammenda, il cui importo figura all'art. 3 della decisione stessa.

201.
    Di conseguenza, la decisione impugnata dev'essere annullata anche in quanto dichiara che l'infrazione in oggetto non era completamente terminata nel periodo compreso tra il 1° ottobre 1996 e l'adozione della decisione.

202.
    Da quanto precede risulta che la decisione impugnata dev'essere annullata in quanto dichiara, da un lato, che un sistema di margine scaglionato e la risoluzione di alcuni contratti di concessione a titolo di sanzione costituivano misure adottate al fine di ostacolare le riesportazioni dall'Italia di autoveicoli di marca Volkswagen e Audi, da parte di consumatori finali e di concessionari delle medesime marche di altri Stati membri e, dall'altro lato, che l'infrazione stessa non era completamente cessata nel periodo compreso tra il 1° ottobre 1996 e l'adozione della decisione.

B - Sul secondo motivo, attinente ad errori di diritto nell'applicazione dell'art. 85 del Trattato

Argomenti delle parti

203.
    Secondo la ricorrente la Commissione ha commesso numerosi errori di diritto nell'applicazione dell'art. 85 del Trattato.

Sulla mancata definizione del mercato

204.
    La ricorrente fa rilevare che nella decisione la Commissione ha preso in esame, i tra i criteri di attuazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, quelli più facili da verificare, come, per esempio, se le case costruttrici, Autogerma e i concessionari costituiscano delle imprese ma, contrariamente alla comunicazione degli addebiti, non si è affatto preoccupata di definire il mercato sul quale la violazione del Trattato si sarebbe ripercossa. La ricorrente ammette che la definizione materiale del mercato è evidente nel caso di specie (mercato degli autoveicoli), ma il fatto che esso non sia stato delimitato geograficamente pregiudica la legittimità della decisione.

205.
    A questo riguardo, la ricorrente ricorda che solo quando il mercato è definito è possibile stabilire con certezza se l'accordo o la pratica concordata controversi possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e abbiano per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune. Essa inoltre fa rilevare che la posizione difesa dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti, secondo la quale il mercato geografico rilevante è il mercato comune, è stata risolutamente contestata dalle case costruttrici nelle loro osservazioni sulla comunicazione stessa. A suo giudizio, il mercato comune non è il mercato geografico pertinente, tenuto conto delle rilevanti differenze giuridiche (in materia tributaria) ed economiche (disuguaglianze monetarie, differenze nelle preferenze d'acquisto) esistenti tra gli Stati membri.

206.
    Secondo la convenuta, nel caso di specie non era necessario delimitare geograficamente il mercato. Essa sostiene che una definizione del mercato si impone, in generale, solo nell'ambito del controllo di fusioni o di procedure per l'accertamento di un abuso di posizione dominante. In caso di applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, l'unico problema imperativo che si pone sul piano geografico è quello di verificare se l'accordo o le pratiche concordate in questione possano condizionare il commercio fra Stati membri.

Sull'erronea valutazione degli ostacoli nel loro complesso

207.
    La ricorrente ricorda che, qualora si debba valutare un accordo alla luce dell'art. 85, n. 1, del Trattato, occorre distinguere le parti dell'accordo stesso che sono effettivamente colpite dal divieto imposto da tale articolo e quelle che non lo sono.Nel caso di specie, la Commissione avrebbe violato questa regola deducendo, da un «insieme di misure», l'esistenza di un divieto o di restrizioni alle esportazioni (punti nn. 112 e 131 della motivazione).

208.
    Peraltro, le misure citate dalla Commissione non formerebbero un insieme, dal momento che non esiste alcun nesso fra di loro.

209.
    La convenuta ribatte che le misure considerate nella decisione, come il sistema dei premi e quello del margine scaglionato, il contingentamento dei rifornimenti e l'impegno richiesto agli acquirenti, costituiscono chiaramente una strategia globale diretta a indurre i concessionari italiani a rinunciare allo svolgimento di qualunque attività al di fuori del rispettivo territorio contrattuale. Per di più, la convenuta sostiene di aver distinto tra misure autorizzate e vietate, dal momento che le sue critiche si sono appuntate unicamente contro le misure che avevano per oggetto o per effetto di ostacolare o impedire le vendite a consumatori finali (nel caso di specie, tramite intermediari) e a concessionari di Stati membri diversi dall'Italia.

Sulla qualificazione erronea degli ostacoli, considerati nel loro complesso, come accordi

210.
    Secondo la ricorrente la Commissione ha erroneamente qualificato le misure adottate dalle due case costruttrici in questione e da Autogerma come accordi conclusi fra le suddette tre imprese e i concessionari italiani. Essa ammette che, in effetti, un accordo vi è stato riguardo al sistema dei premi, esplicitamente stipulato nella convenzione B allegata al contratto di concessione, e che altrettanto poteva dirsi per il sistema di margine scaglionato se fosse stato applicato. Tuttavia, le altre misure, come il divieto di consegne incrociate all'interno della rete distributiva e la limitazione dei rifornimenti sul mercato italiano, non possono, a suo giudizio, essere qualificate allo stesso modo. La decisione sarebbe peraltro contraddittoria sul punto, poiché in essa si afferma, da un lato, che le suddette misure «sono state prese di comune accordo e inserite nel contratto di concessione» (punto n. 128 della motivazione) e, dall'altro lato, che «perché si abbia pratica concordata, è sufficiente che un'impresa indipendente adatti consapevolmente e volontariamente il proprio comportamento ai desideri di un'altra impresa» (punto n. 129 della motivazione).

211.
    La ricorrente aggiunge inoltre che l'impegno richiesto ad alcuni clienti, anch'esso considerato dalla Commissione come incompatibile con le norme comunitarie sulla concorrenza, non può costituire un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, poiché i clienti non sono imprese.

212.
    La convenuta innanzi tutto precisa che le differenti misure considerate nella decisione presentano, in gradi diversi, elementi propri di un accordo o, quanto meno, rappresentano pratiche concordate. Né sarebbe utile circoscrivere conprecisione queste due nozioni, dal momento che il Trattato vieta tanto gli accordi quanto le pratiche concordate.

213.
    Essa inoltre ammette che non può esistere accordo né pratica concordata all'interno di un'unica entità economica. Essa aggiunge però che questo non impedisce che documenti interni possano dimostrare che alcune misure discusse e poi applicate siano state oggetto di accordi o di pratiche concordate. Per esempio, la limitazione dei rifornimenti del mercato italiano rientrerebbe nelle relazioni contrattuali tra Autogerma e i concessionari in quanto il contratto di concessione aveva subordinato le consegne effettuate da Autogerma ai concessionari ai rifornimenti che quest'ultima otteneva dalle case costruttrici.

214.
    In ogni caso, vi sarebbe stato un accordo nel senso che numerosi concessionari avrebbero acconsentito ad eseguire il divieto di consegne incrociate all'interno della rete di distribuzione.

215.
    Infine, l'argomento secondo il quale l'acquirente dell'autoveicolo non è un'impresa non sarebbe rilevante. Al riguardo, la convenuta fa osservare che l'impegno richiesto al cliente dal concessionario non è contrario al Trattato, ma lo è l'accordo concluso tra Autogerma e i concessionari relativo all'obbligo di esigere un simile impegno.

Sulla violazione dei regolamenti n. 123/85 e n. 1475/95

216.
    La ricorrente accusa inoltre la Commissione di non aver tenuto debitamente in considerazione il regolamento n. 123/85 il quale, al primo 'considerando', definisce gli accordi nel sistema di distribuzione selettiva di autoveicoli come accordi «con i quali il contraente fornitore (il fornitore) conferisce al contraente rivenditore (il distributore) l'incarico di promuovere la distribuzione di determinati prodotti del settore degli autoveicoli (i prodotti contrattuali) ed il relativo servizio assistenza a clienti in un territorio determinato (il territorio contrattuale) e con i quali il fornitore si impegna nei confronti del distributore a fornire, ai fini della rivendita, prodotti contrattuali nel territorio contrattuale soltanto al distributore o, oltre a quest'ultimo, soltanto a un numero determinato di imprese». In base al nono 'considerando', possono essere imposte delle restrizioni alle attività del distributore al di fuori del territorio contrattuale convenuto qualora queste lo stimolino «a concentrare la sua attività di distribuzione e di assistenza alla clientela in una zona definita e controllabile, a migliorare la propria conoscenza del mercato e delle esigenze dei consumatori e ad orientare la propria offerta in funzione della domanda». Inoltre, l'art. 4, n. 1, punto 3), del medesimo regolamento stabilisce che il concessionario deve potersi impegnare a «cercare di vendere nel territorio contrattuale, nel corso di periodi determinati, un numero minimo di prodotti contrattuali». La Commissione avrebbe violato il regolamento n. 123/85 in particolare nella valutazione relativa al sistema dei premi. Secondo la ricorrente la regola del 15% era del tutto giustificata dai termini del regolamento stesso, soprariferiti. Si ritiene infatti che i concessionari concentrino la propria attività sul rispettivo territorio contrattuale. Di conseguenza, né l'oggetto né l'effetto del sistema dei premi comportavano restrizioni alla concorrenza.

217.
    La ricorrente precisa che non essendo tale sistema più applicabile dopo l'entrata in vigore del regolamento n. 1475/95, ai fini della sua valutazione giuridica viene in rilievo soltanto il regolamento n. 123/85. Essa tuttavia aggiunge che il sistema dei premi sarebbe stato legittimo anche dopo l'entrata in vigore del regolamento n. 1475/95, in quanto quest'ultimo consente di distinguere, riguardo alla concessione di compensi, a seconda che essa avvenga «in funzione del luogo di destinazione degli autoveicoli rivenduti o del domicilio dell'acquirente».

218.
    La Commissione inoltre non avrebbe tenuto conto dei regolamenti n. 123/85 e n. 1475/95 nel valutare gli sforzi asseritamente compiuti dalle case costruttrici per limitare il rifornimento dei concessionari in Italia in base alla domanda locale effettiva di autoveicoli. A questo proposito la ricorrente sottolinea che, nel sistema istituito dai suddetti regolamenti, la casa costruttrice non è tenuta a consegnare agli importatori e ai concessionari tutti i veicoli che questi ultimi ordinano. Al contrario, ogni casa costruttrice sarebbe legittimata ad applicare una politica di vendita che abbiano per oggetto il rifornimento di un mercato nazionale in funzione della domanda, tenuto conto delle possibilità di consegna eventualmente ridotte.

219.
    La ricorrente contesta poi la tesi della Commissione secondo la quale la misura consistente nell'esigere un impegno da alcuni clienti è incompatibile con l'art. 3, n. 11, del regolamento n. 123/85. Ai sensi di tale disposizione, non è consentito limitare le possibilità per un concessionario di vendere a consumatori finali che si avvalgono dei servizi di un intermediario se detti consumatori abbiano preliminarmente conferito mandato scritto all'intermediario per acquistare un autoveicolo determinato. Orbene, nel caso di specie sono stati richiesti degli impegni proprio in un'ipotesi differente, ossia quella di un cliente che acquista senza avvalersi di intermediari.

220.
    Per di più, la ricorrente sottolinea di essere sempre rimasta, come Audi e Autogerma, nell'ambito dell'art. 3, n. 10, lett. a), del regolamento n. 123/85, rispettando il diritto dei concessionari di consegnare autoveicoli a rivenditori costituiti da imprese appartenenti alla rete di distribuzione.

221.
    La ricorrente invoca il testo stesso dei contratti di concessione per corroborare gli argomenti testé riassunti. Essa cita, in particolare, il contratto di concessione delle marche Volkswagen e Audi nella versione del gennaio 1989, che in Germania è stata applicata fino alla scadenza del regolamento n. 123/85, ossia il 30 settembre 1996. In base a tale contratto, «[i]l concessionario non è autorizzato a vendere gli articoli del programma di consegna a persone o imprese estranee alla rete distributiva VW e Audi che rivendano (...) autoveicoli e/o parti staccate senza previo accordo scritto di VW e Audi». Essa menziona anche il «contratto ditransizione» applicato nel periodo compreso tra il 1° ottobre 1996 e il 31 dicembre 1997, contenente la medesima regola. La ricorrente rinvia altresì al contratto vigente in Germania a partire dal 1° gennaio 1998, nel quale si riprende la stessa regola aggiungendo che «[i]l concessionario può vendere autoveicoli nuovi (...) a consumatori finali che si siano avvalsi di un intermediario solo se quest'ultimo risulti provvisto di mandato scritto per l'acquisto di un autoveicolo determinato e, nell'ipotesi di consegna diretta all'intermediario, il mandato dovrà espressamente prevedere anche tale eventualità». Inoltre, essa menziona il contratto di concessione applicabile in Italia dal 30 dicembre 1987 fino al 30 settembre 1996. Tale contratto stabilisce: «Il concessionario potrà vendere i prodotti contrattuali a qualsiasi utilizzatore finale gliene faccia richiesta, indipendentemente dalla sua residenza. Se l'utilizzatore finale si avvarrà dei servizi di un intermediario per l'acquisto di un autoveicolo contrattuale, il concessionario non lo fornirà qualora l'intermediario stesso non risulti provvisto di mandato scritto a lui conferito dall'utilizzatore finale; nell'ipotesi di consegna diretta all'intermediario, il mandato dovrà espressamente prevedere anche tale eventualità. Il concessionario non potrà vendere prodotti contrattuali a rivenditori non facenti parte dell'Organizzazione, mentre potrà vendere ricambi a terzi per uso riparazioni». Essa cita infine il contratto vigente in Italia dal 1° ottobre 1996, ai sensi del quale: «Al concessionario non è consentita la distribuzione e la vendita dei prodotti contrattuali a rivenditori estranei alla rete di distribuzione (...) Il concessionario ha la facoltà di vendere autoveicoli nuovi contrattuali ad utilizzatori finali che abbiano fatto intervenire un intermediario, solamente se lo stesso risulti provvisto di mandato scritto a lui conferito dall'utilizzatore finale; nell'ipotesi di consegna diretta all'intermediario, il mandato dovrà espressamente prevedere anche tale eventualità». Secondo la ricorrente, tutte queste disposizioni dimostrano che i regolamenti n. 123/85 e n. 1475/95 erano pienamente rispettati.

222.
    La ricorrente ne deduce che, ove il Tribunale dichiarasse che vi è stata incompatibilità con l'art. 85, n. 1, del Trattato, la Commissione avrebbe dovuto applicare l'art. 85, n. 3, del Trattato attraverso il regolamento n. 123/85 e, all'occorrenza, attraverso il regolamento n. 1475/95.

223.
    La ricorrente tuttavia insiste sul fatto che tutti i comportamenti osservati dalla Commissione sono precedenti all'ottobre 1996 e sostiene che, pertanto, il regolamento n. 1475/95 non si applica nel caso di specie. Infatti, per quanto riguarda il periodo successivo al 1° ottobre 1996, la Commissione non avrebbe dedotto alcun elemento che faccia concludere nel senso che l'asserita infrazione è continuata. Per questo motivo, secondo la ricorrente, la Commissione ha dichiarato erroneamente nella decisione che l'esenzione prevista nel regolamento n. 1475/95 non era applicabile nel caso di specie. Essa aggiunge che il suddetto punto della decisione potrà essere fatto valere da terzi interessati dinanzi ai giudici nazionali. Inoltre, ai sensi dell'art. 6, n. 3, del regolamento n. 1475/95, l'inapplicabilità dell'esenzione vale solo finché dura il comportamento incriminato. Per lo stesso motivo non si può dire che l'esenzione è inapplicabile, in quanto il comportamento incriminato è cessato. La ricorrente fa notare che la Commissione, nella decisione,si è basata anche sull'art. 6, n. 1, punto 3, del regolamento n. 1475/95, ai sensi del quale l'esenzione non si applica se «i contraenti stipulano restrizioni di concorrenza che non sono espressamente esentate in base al presente regolamento», mentre tale disposizione non era contenuta nella comunicazione degli addebiti e, in ogni caso, non può applicarsi al caso di specie poiché le case costruttrici, Autogerma e i concessionari non avevano stipulato alcuna restrizione alla concorrenza. Secondo la ricorrente l'esenzione della rete distributiva del gruppo Volkswagen continua pertanto ad essere applicabile. A suo giudizio, l'art. 6 del regolamento n. 1475/95 non si può interpretare nel senso che l'adozione di misure restrittive privi completamente e continuativamente la rete distributiva interessata del beneficio dell'esenzione. In tale contesto la ricorrente sottolinea ancora come l'art. 6, n. 2, del regolamento n. 1475/95, ai sensi del quale l'esenzione non è più applicabile quando si verifichi una delle condizioni di fatto elencate nel n. 1, è incompatibile con l'art. 7 del regolamento del Consiglio 2 marzo 1965, n. 19, relativo all'applicazione dell'art. 85, n. 3, del Trattato a categorie di accordi e pratiche concordate (GU 36, pag. 533), il quale consente alla Commissione di ritirare il beneficio dell'applicazione dell'esenzione in un caso individuale soltanto dopo una procedura eseguita conformemente al regolamento n. 17.

224.
    La convenuta contesta innanzi tutto l'argomento della ricorrente secondo il quale la regola del 15% era autorizzata dal preambolo e dall'art. 4, n. 1, punto 3), del regolamento n. 123/85. Essa ricorda che esiste violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato quando le parti di un accordo di distribuzione esclusiva concordano o mettono in pratica prezzi, rimborsi o sconti che possono rendere più difficili le riesportazioni. Ciò avverrebbe con evidenza nel caso in cui un accordo subordini la concessione di premi al fatto che non vengano esportati prodotti che costituiscono oggetto del contratto. Il fatto che il concessionario è in primo luogo responsabile del proprio territorio contrattuale non giustificherebbe misure destinate ad ostacolare le vendite all'esterno del suddetto territorio. Il nono 'considerando‘ del regolamento n. 123/85, citato dalla ricorrente, sarebbe indicativo sul punto. La convenuta sottolinea che la concessione di un compenso più elevato per le vendite effettuate all'interno del territorio contrattuale comporta indirettamente una limitazione territoriale non prevista dall'art. 4, n. 1, del regolamento n. 123/85. Infine, essa spiega che la regola del 15% non poteva essere giustificata dall'art. 6, n. 1, punto 8, del regolamento n. 1475/95 dal momento che detta regola, lungi dall'avere uno scopo oggettivo, era destinata a limitare le riesportazioni.

225.
    La convenuta sostiene inoltre che il fatto di ritardare o di limitare, come nel caso di specie, i rifornimenti dei concessionari allo scopo di ostacolare le riesportazioni non è certo compatibile con i regolamenti n. 123/85 e n. 1475/95.

226.
    La convenuta sostiene inoltre che, rendendo più difficile la vendita di autoveicoli, la misura consistente nell'imporre ai concessionari italiani di far sottoscrivere un impegno ad alcuni clienti costituisce una limitazione della libertà di azione deiconcessionari stessi ed è pertanto contraria all'art. 3, punto 11, del regolamento n. 123/85.

227.
    Quanto all'applicabilità del regolamento n. 1475/95, la convenuta ribadisce che l'infrazione di cui trattasi è cessata solo con le misure adottate dalla ricorrente ai sensi dell'art. 2 della decisione. Di conseguenza, anche detto regolamento sarebbe stato applicabile. Inoltre, la convenuta contesta di aver dichiarato nella decisione che l'esenzione ai sensi del regolamento n. 1475/95 era inapplicabile. Essa si sarebbe limitata a riprodurre alcuni passaggi dell'art. 6 del regolamento n. 1475/95.

228.
    Da ciò la convenuta deduce che i limiti degli obblighi che è possibile imporre ai concessionari ai sensi dell'art. 3, punto 10, lett. a), e punto 11, del regolamento n. 123/85, sono stati superati, e che lo stesso vale per l'ambito dell'esenzione prevista dall'art. 3 del regolamento n. 1475/95, in quanto gli accordi e le pratiche concordate criticate nella decisione non sono stati risolti o sospesi prima del 1° ottobre 1996.

229.
    Quanto alle disposizioni dei contratti di concessione citate dalla ricorrente, la convenuta sottolinea che sono rimaste lettera morta. Essa rileva di non negare alla ricorrente il diritto di adottare misure dirette ad impedire consegne a rivenditori non autorizzati, ma che le misure adottate nel caso di specie andavano oltre tale obiettivo. Manifestamente, le disposizioni dei contratti di concessione non si possono utilizzare per giustificare violazioni delle norme sulla concorrenza. La convenuta sottolinea inoltre che il contratto di concessione del 30 dicembre 1987 subordina la consegna di autoveicoli nuovi ordinati dai concessionari italiani al fatto che Autogerma venga rifornita da parte delle case costruttrici e che è al livello di tali rifornimenti che la ricorrente ha adottato una delle misure destinate ad impedire le riesportazioni dall'Italia.

Giudizio del Tribunale

Sulla mancata definizione del mercato

230.
    Al fine di precisare la portata dell'obbligo per la Commissione di definire il mercato rilevante prima di accertare una violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza, va ricordato che la definizione del mercato non riveste la stessa importanza nell'applicazione dell'art. 85 del Trattato o dell'art. 86 del Trattato CE (divenuto art. 82 CE). Ai fini dell'applicazione dell'art. 86 del Trattato, la definizione adeguata del mercato di cui trattasi è una condizione necessaria e preliminare a qualsiasi giudizio su un comportamento che si pretende anticoncorrenziale in quanto, prima di dimostrare la presenza di un abuso di posizione dominante, è necessario provare l'esistenza di una posizione dominante in un determinato mercato, il che presuppone la previa definizione di tale mercato. Invece, per l'applicazione dell'art. 85 del Trattato si deve definire il mercato di cui trattasi per determinare se l'accordo, la decisione di associazione di imprese o lapratica concordata di cui è causa possano incidere sugli scambi tra Stati membri ed abbiano per oggetto o per effetto quello di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune (sentenza del Tribunale 21 febbraio 1995, causa T-29/92, SPO e a./Commissione, Racc. pag. II-289, punto 74). Di conseguenza, l'obbligo di operare una definizione del mercato in una decisione adottata ai sensi dell'art. 85 del Trattato si impone alla Commissione quando, senza siffatta definizione, non è possibile stabilire se l'accordo, la decisione di associazione di imprese o la pratica concordata di cui è causa possano incidere sugli scambi tra Stati membri ed abbiano per oggetto o per effetto quello di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune (sentenza del Tribunale 15 settembre 1998, cause riunite T-374/94, T-375/94, T-375/94, T-384/94, T-388/94, European Night Services e a./Commissione, Racc. pag. II-3141, punti 93-95 e 105).

231.
    Orbene, come appena dichiarato nell'ambito del primo motivo (v. supra, punti 179, 193 e 194), la Commissione ha pienamente dimostrato, nella decisione, che la ricorrente ha commesso un'infrazione avente per oggetto di restringere il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune e, per sua natura, passibile di pregiudicare il commercio tra gli Stati membri. Poiché la Commissione ha potuto giustamente dichiarare che la ricorrente, congiuntamente alle sue controllate Audi e Autogerma, aveva compartimentato il mercato italiano, ne conseguiva intrinsecamente che le transazioni dall'Italia verso tutti gli altri Stati membri potevano essere pregiudicate. Pertanto, l'applicazione che la Commissione ha fatto dell'art. 85 del Trattato non richiedeva, nel caso di specie, una definizione preliminare del mercato geografico.

232.
    Di conseguenza, questo primo capo del secondo motivo va respinto.

Sulla valutazione degli ostacoli nel loro complesso

233.
    Si deve rilevare che, nei limiti in cui la ricorrente sostiene che la Commissione non ha distinto tra i comportamenti vietati in forza dell'art. 85, n. 1, del Trattato e quelli che non lo sono, il suo argomento si confonde in sostanza con quello elaborato nell'ambito del primo motivo, relativo ad erronee valutazioni dei fatti nell'applicazione di tale articolo. Poiché il Tribunale ha già dichiarato, da un lato, che l'istituzione di un sistema di margine scaglionato non era stata dimostrata e che la risoluzione di alcuni contratti di concessione aveva costituito oggetto di una valutazione erronea e, dall'altro lato, che tutti gli altri comportamenti illeciti addebitati alla ricorrente riguardavano la compartimentazione del mercato italiano, il presente capo del secondo motivo non ha più valore autonomo.

234.
    Inoltre, nulla osta a che gli indizi raccolti dalla Commissione per provare l'esistenza di una violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato vengano valutati non isolatamente, ma congiuntamente (sentenza della Corte 14 luglio 1972, causa 48/69,ICI/Commissione, Racc. pag. 619, punto 68 e sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-311/94, Kartonfabriek de Eendracht/Commissione, Racc. pag. II-1129, punto 201). Non può quindi addebitarsi alla Commissione di aver associato, nel caso di specie, gli elementi di prova raccolti nel corso degli accertamenti per giungere a conclusioni generali riguardo ai comportamenti della ricorrente. Questo metodo di ricerca e di interpretazione era tanto più giustificato in quanto tutti i documenti raccolti dalla Commissione avevano come oggetto comune le riesportazioni di autoveicoli dall'Italia. Tenuto conto di ciò, non convince neppure l'argomento della ricorrente secondo il quale non esiste un nesso intrinseco tra le diverse misure addotte dalla Commissione. Al contrario, le differenti misure adottate dalla ricorrente fanno parte di una serie di iniziative miranti ad un unico scopo economico, ossia la compartimentazione del mercato italiano. Sarebbe quindi artificioso frazionare in modo rigido tale comportamento, caratterizzato da un'unica finalità (v. sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II-1711, punto 263).

235.
    Di conseguenza, anche il secondo capo del secondo motivo va respinto.

Sulla qualificazione degli ostacoli, considerati nel loro complesso, come accordi

236.
    Secondo una costante giurisprudenza, un invito rivolto da un produttore di autoveicoli ai suoi rivenditori non costituisce un atto unilaterale che esulerebbe dal divieto dell'art. 85, n. 1, del Trattato, bensì un accordo ai sensi della medesima disposizione, allorché si inserisce in un complesso di rapporti commerciali continuativi disciplinati da un accordo generale predeterminato (sentenze della Corte 17 settembre 1985, cause riunite 25/84 e 26/84, Ford/Commissione, Racc. pag. 2725, punto 21, e Bayerische Motorenwerke, citata, punti 15 e 16). Questa giurisprudenza trova applicazione nel caso di specie. Infatti, come emerge dall'esame del primo motivo (v. supra, in particolare punti 49, 58, 89-92 e 162-165), la regola del 15%, la limitazione dei rifornimenti, i controlli e le intimidazioni miravano a condizionare i concessionari italiani nell'esecuzione del loro contratto con Autogerma.

237.
    Peraltro, nell'ambito di un'infrazione costituita da più comportamenti connessi, non si può pretendere che la Commissione qualifichi esattamente i vari elementi dell'infrazione stessa come accordo o come pratica concordata. Infatti, in ogni caso, l'una e l'altra di tali forme di violazione sono previste dall'art. 85 del Trattato (v. sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C-49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I-0000, punti 132 e 133).

238.
    Per quanto riguarda, infine, l'argomento della ricorrente secondo il quale gli impegni richiesti ad alcuni clienti non possono costituire accordi perché non si tratta di imprese, è sufficiente rilevare, come la Commissione ha messo giustamente in evidenza, che non sono gli impegni in quanto tali ad essere qualificati in talmodo, bensì la decisione di farli sottoscrivere presa all'interno del gruppo Volkswagen.

239.
    Pertanto, anche il terzo capo del secondo motivo va respinto.

Sull'asserita violazione dei regolamenti n. 123/85 e n. 1475/95

240.
    Va rilevato innanzi tutto che non vi è più bisogno di statuire sul quarto capo del secondo motivo in quanto vertente sulla violazione del regolamento n. 1475/95. Infatti, il Tribunale ha già dichiarato che la Commissione non ha dimostrato l'esistenza di un'infrazione successivamente al 30 settembre 1996 (v. supra, punti 190-192). Pertanto, alla luce di tale affermazione, la valutazione della Commissione, contenuta in particolare al punto n. 191 della motivazione della decisione, secondo la quale per il periodo a partire dal 1° ottobre 1996 gli ostacoli alla riesportazione imposti da Volkswagen, Audi e Autogerma non sono coperti dal regolamento n. 1475/95, perde automaticamente valore.

241.
    Per quanto riguarda inoltre l'asserita violazione del regolamento n. 123/85, occorre mettere nuovamente in rilievo come la Commissione abbia dimostrato che la ricorrente, assieme alle proprie controllate Audi e Autogerma, ha ostacolato le riesportazioni dall'Italia (v. le analisi e le conclusioni esposte supra, nell'ambito del primo motivo). Secondo ina giurisprudenza costante, l'art. 85, n. 1, del Trattato non può in alcun caso essere dichiarato inapplicabile qualora le parti di un contratto di distribuzione selettiva si comportino in modo da limitare le importazioni parallele (sentenza della Corte 21 febbraio 1984, causa 86/82, Hasselblad/Commissione, Racc. pag. 883, punto 35; sentenza Dunlop Slazenger/Commissione, citata, punto 88; sentenza del Tribunale 11 dicembre 1996, causa T-49/95, Van Megen Sports Group/Commissione, Racc. pag. II-1799, punto 35). Infatti, lo stesso spirito di un regolamento di esenzione di categorie di accordi di distribuzione consiste nel subordinare la prevista esenzione alla condizione che venga garantito, tramite la possibilità di importazioni parallele, il fatto che agli utilizzatori sarà riservata un'equa parte dei vantaggi derivanti dalla distribuzione esclusiva (sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-141/89, Trefileurope/Commissione, Racc. pag. II-791, punto 119).

242.
    Di conseguenza, non si può in alcun caso accusare la Commissione di aver violato il regolamento n. 123/85 rifiutandosi di dichiarare l'art. 85, n. 1, del Trattato inapplicabile ai comportamenti pienamente comprovati nella fattispecie (v., per la regola del 15%, i punti 49-58, 179 e 189 della presente sentenza; per la limitazione dei rifornimenti, i punti 79-92; e, per i controlli e le intimidazioni, i punti 162-165). Seppure il regolamento n. 123/85 offre alle case costruttrici strumenti significativi per proteggere le loro reti commerciali, esso non li autorizza tuttavia a compartimentare i loro mercati (sentenza Bayerische Motorenwerke, citata, punto 37). E' vero che tale regolamento esonera gli accordi con i quali il fornitoreincarica un rivenditore ufficiale di promuovere, su un determinato territorio, la distribuzione di autoveicoli e i servizi di vendita e di assistenza e si impegna a riservargli su detto territorio la fornitura dei prodotti oggetto del contratto. Esso esonera quindi, in particolare, l'obbligo imposto al rivenditore autorizzato di non vendere a rivenditori non autorizzati (art. 3, punto 10), a meno che non si tratti di intermediari, cioè di operatori che agiscono in nome e per conto dei consumatori finali e che a questo fine hanno ricevuto mandato scritto (art. 3, punto 11) (sentenza della Corte 15 febbraio 1996, causa C-226/94, Grand Garage Albigeois e a., Racc. pag. I-651, punti 13 e 14). Tuttavia, è anche vero che, in base all'art. 10 del regolamento n. 123/85, la Commissione può negare il beneficio della sua applicazione qualora constati che un accordo esentato in forza del regolamento stesso produce comunque effetti incompatibili con le condizioni stabilite dall'articolo 85, n. 3, del Trattato, e in particolare «quando il costruttore o un'impresa della rete distributiva impedisce in maniera continuata o sistematica, che va oltre l'esenzione accordata dal presente regolamento, a utilizzatori finali o ad altre imprese della rete di distribuzione di acquistare all'interno del mercato comune prodotti contrattuali o prodotti corrispondenti».

243.
    Da quanto precede risulta che non occorre più statuire sul quarto capo del secondo motivo in quanto vertente sulla violazione del regolamento n. 1475/95, e che tale motivo va respinto per il resto.

244.
    Alla luce di quanto sopra, il secondo motivo non può essere accolto.

C - Sul terzo motivo, attinente ad una violazione del principio di buona amministrazione

Argomenti delle parti

245.
    La ricorrente contesta alla Commissione di aver violato principi elementari di procedura. In particolare, essa avrebbe dato prova di mancanza di obiettività e di imparzialità nel corso del procedimento e avrebbe compiuto scelte ed effettuato valutazioni parziali riguardo agli elementi di prova. La maggior parte delle osservazioni in risposta alla comunicazione degli addebiti non sarebbero state prese in considerazione. Soprattutto, gli elementi addotti dalla ricorrente e da Audi sarebbero stati valutati in modo preconcetto. Conducendo l'indagine in tal modo, la Commissione sarebbe venuta meno al proprio dovere di lealtà, ossia al dovere di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi pertinenti della fattispecie.

Sulla violazione del principio di buona amministrazione nell'interpretazione dei documenti raccolti nel corso degli accertamenti

246.
    La Commissione si sarebbe comportata in modo sleale nell'operare delle scelte tra i documenti raccolti durante gli accertamenti e interpretandoli in modo parziale. In particolare, essa non avrebbe preso seriamente in considerazione la possibilità che la ricorrente, Audi e Autogerma abbiano tentato di impedire unicamente le vendite ai rivenditori non autorizzati. Volendo dimostrare la propria tesi ad ogni costo, la Commissione avrebbe snaturato più documenti e tratto conclusioni sulla base si presunzioni gratuite. In compenso, essa non avrebbe voluto tener conto degli elementi di prova a discarico, come i verbali degli accertamenti effettuati presso concessionari italiani e le informazioni fornite da Autogerma sul sistema dei premi, né di dati commerciali pertinenti forniti dalla ricorrente e da Audi in risposta alla comunicazione degli addebiti, come ad esempio il fatto che l'Italia costituisce il più importante mercato di esportazione in Europa per le marche Volkswagen e Audi. Secondo la ricorrente, anche se il contenuto di alcuni documenti andava oltre quanto legittimo sotto il profilo del diritto comunitario, la Commissione avrebbe potuto considerare che si trattava di iniziative non tempestive che non si possono mai escludere nell'ambito di una grande organizzazione distributiva.

247.
    Secondo la convenuta non esistono elementi a sostegno dell'argomento della ricorrente. Inoltre, le prove che la ricorrente aveva impedito l'insieme delle riesportazioni erano semplicemente troppo numerose perché i suoi comportamenti si potessero interpretare altrimenti.

248.
    Per quanto riguarda gli accertamenti presso i concessionari, la convenuta aggiunge di aver tenuto conto non solo delle loro dichiarazioni scritte, ma anche di quelle verbali. Al riguardo essa fa notare che le seconde differiscono logicamente dalle prime, tenuto conto del fatto che i concessionari erano stati minacciati di risoluzione dei contratti. Peraltro, i resoconti delle dichiarazioni scritte da essi rese, che la ricorrente considera elementi a proprio discarico, sarebbero invece documenti a carico, se letti «tra le righe».

Sulla violazione del principio di buona amministrazione in relazione con l'art. 89 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 85 CE)

249.
    La Commissione si sarebbe comportata in modo sleale avendo evitato di prendere posizione, prima di adottare la decisione, sull'idoneità delle misure adottate dalla ricorrente in seguito alla comunicazione degli addebiti a porre fine all'asserita violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza. La ricorrente sottolinea, al riguardo, di aver comunicato alla Commissione il testo della circolare inviata ai concessionari nel dicembre 1996 e di averne esplicitamente fatto di nuovo menzione all'audizione del 7 aprile 1997. Essa sostiene che al termine dell'audizione il suo rappresentante legale ha chiesto al capo unità competente della Commissione la conferma che l'invio della suddetta circolare ai concessionari aveva posto termine alle presunte infrazioni ed ha proposto un incontro su questopunto, svoltosi il 7 ottobre 1997. Orbene, tanto all'audizione del 7 aprile 1997 quanto durante il suddetto incontro, e malgrado esplicite richieste della ricorrente, la Commissione avrebbe evitato di pronunciarsi sul quesito se la ricorrente e Audi avessero effettivamente posto fine all'asserita infrazione, ma avrebbe concluso, al punto n. 216 della motivazione della decisione, che fino a quel momento «non [era stato ancora] posto completamente fine» all'infrazione.

250.
    Secondo la ricorrente tale comportamento è incompatibile con il dovere di lealtà. Essa fa inoltre osservare che tale obbligo dev'essere interpretato alla luce dell'art. 89, n. 1, del Trattato, secondo il quale la Commissione, nell'accertare una violazione degli artt. 85 o 86 del Trattato, deve proporre le «misure adatte a porvi fine». Nel caso di specie, la Commissione avrebbe violato tale disposizione non prendendo posizione sulle misure adottate dalla ricorrente in seguito alla comunicazione degli addebiti.

251.
    La convenuta sostiene che le misure adottate dalla ricorrente dopo la comunicazione degli addebiti non hanno posto termine all'infrazione. Né le spiegazioni date nella risposta a tale comunicazione e durante l'audizione, né la circolare inviata nel dicembre 1996 ai concessionari sarebbero state sufficienti, poiché tali misure si sarebbero limitate a ordinare l'eliminazione degli ostacoli alle riesportazioni nella pratica, mentre la ricorrente sarebbe stata inoltre minacciata, nella comunicazione degli addebiti, della risoluzione del contratto che prevedeva tali ostacoli. A questo proposito, la convenuta mette in evidenza che la circolare in questione non ha modificato il sistema dei premi. Solamente nel ricorso la ricorrente avrebbe spiegato, presentando il contratto di concessione in vigore dal 1° ottobre 1996, che tale sistema non era più in vigore a partire da tale data. Nella risposta alla comunicazione degli addebiti la ricorrente si sarebbe limitata a dichiarare che la regola del 15% era soppressa a partire dal 1° ottobre 1996.

252.
    La convenuta precisa che tale circolare, come quella inviata ai concessionari nel 1995 a seguito della lettera di messa in mora del 24 febbraio 1995, conteneva soltanto dei «chiarimenti», mentre essa aveva insistito sulla soppressione delle restrizioni applicate.

253.
    Infine, la convenuta spiega che il rappresentante della ricorrente era informato del fatto che lo scopo dell'incontro del 7 ottobre 1997 non era di ripetere o di prolungare l'audizione, dal momento che il progetto di decisione si trovava già allo stadio della consultazione interna. Per tale motivo, non sarebbe stato possibile dire se le misure adottate per porre fine all'infrazione fossero sufficienti.

Sulla violazione del principio di buona amministrazione in relazione con l'art. 191 del Trattato CE (divenuto art. 254 CE)

254.
    La ricorrente definisce sleale il rifiuto della Commissione, comunicato con lettera 26 febbraio 1998, di trasmettere al suo rappresentante legale copia dei documentiprobatori nell'ordine delle note della decisione, in risposta ad una domanda da questi formulata con lettera 18 febbraio 1998. La ricorrente spiega che tale rifiuto ha provocato un sovraccarico di lavoro considerevole, mentre la Commissione è tenuta, ai sensi dell'art. 191, n. 3, del Trattato, a notificare l'intera decisione, compresi quindi i documenti cui le note della stessa fanno rinvio.

255.
    La convenuta ritiene che la ricorrente confonda la portata della notificazione richiesta e l'oggetto dell'accesso al fascicolo. A suo giudizio, il fatto che alcuni documenti siano citati nel testo o nelle note a pie' di pagina dell'atto impugnato non implica che essi ne facciano parte integrante. In ogni caso, il rifiuto contestato non può pregiudicare la legittimità della decisione, essendo intervenuto dopo l'adozione di quest'ultima.

256.
    La convenuta aggiunge che gli atti amministrativi, compresi gli elementi di prova, sono trasmessi al Tribunale dai suoi servizi quando viene disposta una misura istruttoria in tal senso sulla base dell'art. 49 del regolamento di procedura del Tribunale. Finché non interviene tale misura, la richiesta di ottenere nuovamente, dopo la consultazione del fascicolo e l'adozione della decisione definitiva, che vengano messi a disposizione elementi di prova classificati in un ordine differente, è priva di fondamento.

Sulla violazione del principio di buona amministrazione in relazione con l'art. 214 del Trattato CE (divenuto art. 287 CE)

257.
    La ricorrente contesta alla Commissione di aver dato pubblicità alle proprie valutazioni ed intenzioni in merito all'ammenda prima dell'adozione della decisione.

258.
    Infatti, il 6 gennaio 1998 il Westdeutsche Rundfunk aveva diffuso un servizio sulle infrazioni contestate alla ricorrente e sull'ammenda prevista, che si sarebbe aggirata intorno alle «centinaia di milioni». Questo servizio era stato poi ripreso dalla stampa e la ricorrente sottolinea come ciò non sarebbe stato possibile senza il concorso di un funzionario della Commissione.

259.
    Inoltre, il 26 gennaio 1998 la Commissione aveva confermato alla Deutsche Press Agentur che un'ammenda di centinaia di milioni sarebbe stata inflitta alla ricorrente.

260.
    Per di più, al massimo entro la mattina del 26 gennaio 1998 il servizio stampa della Commissione aveva fatto pervenire alle redazioni dei principali quotidiani una versione del comunicato stampa preparato per una diffusione successiva all'adozione della decisione.

261.
    Infine, in un'intervista concessa al settimanale Die Zeit il commissario competente, K. Van Miert, aveva dichiarato che la ricorrente avrebbe pagato un'ammenda dicirca 200 milioni di DEM. L'intervista è stata pubblicata il 29 gennaio 1998, ma già nella mattina del 28 gennaio 1998 era stato diffuso un resoconto.

262.
    Secondo la ricorrente questi fatti provano non soltanto la violazione dell'art. 214 del Trattato, che impone l'obbligo della riservatezza, ma altresì che la riunione del comitato consultivo svoltasi il 28 gennaio 1998, la riunione preparatoria dei capi di gabinetto del 27 gennaio 1998 e la riunione plenaria della Commisione sfociata nell'adozione della decisione al pomeriggio del 28 gennaio 1998 non hanno potuto svolgersi in condizioni normali e neutrali. Essa fa rimarcare inoltre che questo modo di agire da parte della Commissione pregiudica inevitabilmente l'impresa interessata senza che quest'ultima possa utilmente difendersi, non avendo ancora a disposizione la motivazione esatta della decisione finale.

263.
    Tale situazione, del resto, sarebbe perdurata durante la settimana successiva all'adozione della decisione. La ricorrente sostiene che, nonostante la sua richiesta di ottenere in anticipo il testo completo della decisione, il 28 gennaio 1998 alle ore 16.42 essa aveva ricevuto soltanto il dispositivo e ha dovuto attendere la notificazione, avvenuta il 6 febbraio successivo, per potuto disporre della motivazione, mentre il signor Van Miert ha organizzato una conferenza stampa il 28 gennaio 1998 alle ore 17, nel corso della quale ha commentato dettagliatamente la motivazione stessa. Il 2 febbraio 1998 una rivista avrebbe pubblicato un servizio relativo alla decisione, nel quale venivano citati numerosi documenti.

264.
    La convenuta sottolinea, innanzi tutto, che la procedura avviata contro la ricorrente ha suscitato un vivace interesse nell'opinione pubblica.

265.
    Essa sostiene poi che, pur avendo i suoi servizi comunicato informazioni alla stampa prima dell'adozione della decisione, tali informazioni vertevano solo sullo stato del procedimento amministrativo e non hanno influenzato le deliberazioni in seno all'istituzione (seduta del comitato consultivo del 26 gennaio 1998; riunione preliminare alla riunione dei capi di gabinetto del 27 gennaio 1998; riunione plenaria della Commissione del 28 gennaio 1998).

266.
    Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il signor Van Miert non si sarebbe pronunciato sul probabile importo dell'ammenda nell'intervista concessa ad un giornalista del settimanale Die Zeit. Interrogato in merito, il giornalista interessato avrebbe dichiarato che, nel pomeriggio del 27 gennaio 1998 gli era stato indicato che l'importo dell'ammenda sarebbe probabilmente stato pari a circa 200 milioni di DEM. Il 28 gennaio 1998 egli aveva richiesto precisazioni per telefono e il portavoce del signor Van Miert gli avrebbe confermato tale importo. Il portavoce, anch'egli interrogato a tal proposito, ha dichiarato di aver specificamente attirato l'attenzione del giornalista sul fatto che la riunione della Commissione era stata sospesa al momento della loro conversazione telefonica e che l'importo dell'ammenda non era quindi ancora fissato.

267.
    Quanto ai comunicati al pubblico del 28 gennaio 1998, la convenuta spiega che, conformemente alla sua prassi abituale, essa ha trasmesso alla ricorrente il dispositivo della decisione il giorno in cui questa è stata adottata, notificando il testo integrale qualche giorno dopo. Infatti, a suo giudizio, la decisione doveva essere previamente autenticata dalle firme del presidente e del segretario esecutivo, e non vi è alcuna disposizione che prescriva la notificazione o la comunicazione di un tale atto, in via informale, ai rappresentanti del destinatario. Per di più, la convenuta sottolinea che i propri servizi sanno che un atto come la decisione può essere trasmesso a terzi solo dopo essere stato notificato all'impresa interessata e dopo che quest'ultima abbia dichiarato che esso non contiene segreti commerciali. Nel caso di specie, la Commissione aveva ricevuto la suddetta dichiarazione il 24 febbraio 1998 e, prima di tale data, la decisione non era stata comunicata ai terzi né totalmente né parzialmente. Peraltro, la ricorrente sarebbe venuta a conoscenza dei fatti ad essa addebitati e avrebbe potuto, volendo, prendere posizione sui servizi apparsi nella stampa prima del 6 febbraio 1998.

268.
    In ogni caso, la ricorrente avrebbe omesso di indicare perché le comunicazioni da parte della Commissione prima e dopo l'adozione della decisione avrebbero potuto inficiarne la legittimità.

Giudizio del Tribunale

269.
    In limine, va osservato che la ricorrente formula parecchie critiche contro il procedimento che ha portato all'adozione della decisione. Essa addebita alla Commissione, in particolare, una mancanza di imparzialità e di attenzione nella scelta e nella valutazione degli elementi di prova. Secondo la ricorrente gli inadempimenti della Commissione costituiscono, nel loro complesso, una violazione del dovere di lealtà. Alla luce della giurisprudenza, i vizi dedotti dalla ricorrente vanno analizzati come violazioni del principio di buona amministrazione, cui si collega l'obbligo per la Commissione di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie (sentenze della Corte 21 novembre 1991, causa C-269/90, Technische Universität München, Racc. pag. I-5469, punti 14 e 26, e 2 aprile 1998, causa C-367/95, Commissione/Sytraval et Brink's France, Racc. pag. I-1719, punto 62; sentenze del Tribunale 24 gennaio 1992, causa T-44/90, La Cinq/Commissione, Racc. pag. II-1, punto 86, e 11 luglio 1996, cause riunite T-528/93, T-542/93, T-543/93, T-543/93, T-546/93 e T-546/93, Métropole Télévision e a./Commissione, Racc. pag. II-649, punto 93). Al riguardo la ricorrente, al punto 22 del ricorso, ha collegato il suo argomento relativo al dovere di lealtà alla suddetta giurisprudenza.

Sull'asserita violazione del principio di buona amministrazione nell'interpretazione dei documenti raccolti durante gli accertamenti

270.
    Occorre rilevare che l'argomento esposto dalla ricorrente a sostegno di questo capo del terzo motivo, secondo il quale la Commissione avrebbe dato prova di parzialità e avrebbe omesso di tener conto di alcuni documenti a discarico, si confonde con il quesito se la ricostruzione dei fatti compiuta dalla Commissione nella decisione sia suffragata dagli elementi di prova da essa forniti (sentenza del Tribunale 24 ottobre 1991, causa T-3/89, Atochem/Commissione, Racc. pag. II-1177, punto 39). Infatti, la sussistenza di un'infrazione effettivamente dimostrata al termine del procedimento amministrativo non può essere messa in discussione dalla prova che la Commissione, nel corso di tale procedimento, ha indicato anticipatamente di ritenere esistente l'infrazione.

271.
    Orbene, come appena spiegato nell'ambito del primo motivo, gli elementi di fatto raccolti dalla Commissione nella decisione impugnata sono in sostanza sufficientemente comprovati. Di conseguenza, entro questi limiti, la ricorrente non può sostenere utilmente che la Commissione ha valutato i documenti raccolti in modo parziale o ha tratto conclusioni sulla base di presunzioni gratuite. Il Tribunale ha già dichiarato che la decisione dev'essere annullata in quanto dichiarativa di fatti che non sono stati dimostrati a sufficienza (v. supra, punto 202).

272.
    Inoltre, gli argomenti della ricorrente derivano da semplici affermazioni e non sono idonei a dimostrare che la Commissione si era già effettivamente formata un giudizio sulla decisione impugnata o aveva condotto le indagini in modo preconcetto.

273.
    Alla luce delle considerazioni che precedono, il primo capo del terzo motivo va respinto.

Sull'asserita violazione del principio di buona amministrazione in relazione con l'art. 89 del Trattato

274.
    Occorre ricordare che l'art. 89 del Trattato stabilisce che la Commissione deve vigilare sull'applicazione dei principi fissati dagli artt. 85 e 86 del Trattato e attuare l'orientamento della politica comunitaria della concorrenza (sentenze della Corte 28 febbraio 1991, causa C-234/89, Delimitis, Racc. pag. 935, punto 44 e 4 marzo 1999, causa C-119/97, Ufex e a./Commissione, Racc. pag. I-1341, punto 88). Come la ricorrente giustamente sostiene, anche l'obbligo della Commissione di condurre le indagini con cura ed imparzialità dev'essere interpretato alla luce del suddetto articolo.

275.
    Tuttavia, la ricorrente non ha dimostrato che la Commissione ha omesso di esaminare se l'infrazione fosse cessata o meno. Al contrario, il punto n. 216 della motivazione della decisione, secondo il quale fino a quel momento «non [era stato ancora] posto completamente fine» all'infrazione, e il punto 218, che motiva questa valutazione (v. infra, punto 300 della presente sentenza), benché viziati da mancanza di prove (v. supra, punti 190-192), indicano che la Commissione haesaminato la questione. Per di più, il fatto che la Commissione non avesse ancora voluto pronunciarsi in merito durante l'audizione del 7 aprile 1997 e l'incontro del 7 ottobre 1997 non può considerarsi come un inadempimento dell'obbligo di condurre l'indagine in modo accurato, interpretato alla luce del dovere di vigilare sul rispetto, da parte della ricorrente, dei principi dettati dall'art. 85 del Trattato. Al riguardo è sufficiente osservare che al punto 203 della comunicazione degli addebiti, la Commissione ha spiegato che in base alle proprie analisi l'infrazione commessa era tale da obbligare la ricorrente, Audi e Autogerma a «[eliminare] dai loro accordi e prassi qualunque restrizione territoriale all'interno della Comunità». Alla luce di questa informazione chiara sulle misure da adottare per ripristinare una situazione conforme al diritto comunitario, non può sostenersi che la Commissione dovesse di nuovo prendere formalmente posizione in merito al rispetto, da parte della ricorrente, dei principi stabiliti dall'art. 85 del Trattato, tra la comunicazione degli addebiti e la decisione adottata più di un anno dopo.

276.
    Di conseguenza, anche questo capo del terzo motivo va respinto.

Sull'asserita violazione del principio di buona amministrazione in relazione con l'art. 191 del Trattato

277.
    Occorre rilevare che la richiesta della ricorrente di trasmetterle copia dei documenti probatori è stata presentata alla Commissione il 18 febbraio 1998, ossia dopo l'adozione e la notificazione della decisione. Si tratta perciò di una circostanza successiva all'adozione della decisione stessa e, pertanto, la legittimità di quest'ultima non può in alcun modo essere inficiata dal rifiuto opposto dalla Commissione alla suddetta richiesta (v., per analogia, sentenza della Corte 29 ottobre 1980, cause riunite da 209/78 a 215/78 e 218/78, Van Landewyck/Commissione, Racc. pag. 3125, punto 40, e le sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-145/89, Baustahlgewebe/Commissione, Racc. pag. II-987, punto 30, e 21 ottobre 1997, causa T-229/94, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II-1689, punto 102).

278.
    Pertanto, anche questo capo del terzo motivo va respinto.

Sull'asserita violazione del principio di buona amministrazione in relazione con l'art. 214 del Trattato

279.
    Va ricordato che l‘art. 214 del Trattato contempla l‘obbligo, per i membri, i dipendenti e gli agenti delle istituzioni della Comunità «di non divulgare le informazioni che, per loro natura, siano protette dal segreto d‘ufficio e in particolare quelle relative alle imprese e riguardanti i loro rapporti commerciali ovvero gli elementi dei loro costi». Benché questa norma riguardi soprattutto le informazioni ottenute da imprese, l‘espressione «in particolare» dimostra che sitratta di un principio generale che comprende anche altre informazioni riservate (sentenza della Corte 7 novembre 1985, causa 145/83, Adams/Commissione, Racc. pag. 3539, punto 34; sentenza del Tribunale 18 settembre 1996, causa T-353/94, Postbank/Commissione, Racc. pag. II-921, punto 86).

280.
    Nel caso di specie, dal fascicolo risulta che, prima di adottare la decisione impugnata, un elemento fondamentale del progetto di decisione sottoposto al comitato consultivo, e successivamente al collegio dei commissari per l'approvazione definitiva, ha costituito oggetto di numerose divulgazioni alla stampa. Sin dall'inizio del gennaio 1998 la stampa sapeva che alla ricorrente sarebbe stata di lì a poco inflitta un'ammenda elevata. In seguito, è stato pubblicato quanto segue: «La Volkswagen AG di Wolfsburg dovrà pagare un'ammenda di ”circa” 200 milioni di DEM per violazione del diritto comunitario. L'annuncio è stato dato dal Commissario CE Karel Van Miert in un'intervista con il settimanale di Amburgo Die Zeit. Fino ad oggi una sanzione di questa entità era stata confermata soltanto da circoli ben informati. La decisione dovrebbe essere resa pubblica mercoledì a Bruxelles». Parimenti, il settimanale Der Spiegel annunciava: «Mercoledì prossimo la faccenda si farà nuovamente spinosa Piech (il capo della VW): la Commissione infliggerà a lui e al capo di Audi Herbert Demel una multa dell'ordine di centinaia di milioni». Peraltro, come emerge da una risposta ad un quesito posto dal Tribunale nel corso della fase orale del procedimento, la convenuta non ha contestato il fatto che un giornalista del Die Zeit sapesse, prima che la decisione fosse adottata, che l'ammenda prevista si aggirava intorno ai 200 milioni di DEM.

281.
    Occorre rilevare che queste divulgazioni alla stampa non erano limitate ad esprimere il punto di vista personale del membro della Commissione competente per le questioni di concorrenza sulla compatibilità delle misure esaminate con il diritto comunitario, ma informavano altresì il pubblico, con un elevato grado di precisione, sull'importo previsto dell'ammenda. Orbene, occorre sottolineare come, in procedimenti contraddittori che possono sfociare in una condanna, la natura e l'entità della sanzione proposta sono di per sé coperte dal segreto professionale finché la sanzione non sia stata definitivamente approvata e pronunciata. Tale principio deriva, in particolare, dalla necessità di tutelare la reputazione e la dignità dell'interessato finché non sia stato condannato. Nel caso di specie, va osservato che la Commissione ha pregiudicato la dignità dell'impresa incriminata determinando una situazione in cui quest'ultima ha appreso dalla stampa il contenuto esatto della sanzione che doveva con ogni probabilità esserle inflitta. Di conseguenza, il dovere della Commissione di non diffondere alla stampa informazioni sull'esatta sanzione prevista non coincide soltanto con il suo obbligo di rispettare il segreto professionale, ma altresì con il suo dovere di buona amministrazione. Infine, è utile ricordare che il principio della presunzione d'innocenza si applica alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza da parte delle imprese e che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende (v. sentenza della Corte c-199/92 8 luglio 1999, causa C-199/92 P, Hüls/Commissione, Racc. pag. I-4287, punto 150; Corte europea dei dirittidell'uomo, sentenze 21 febbraio 1984, Öztürk, serie A n. 73, e 25 agosto 1987, Lutz, serie A n. 123-A). Tale presunzione non è evidentemente rispettata dalla Commissione allorché quest'ultima, prima di condannare formalmente l'impresa sotto accusa, comunica alla stampa il verdetto soggetto alla deliberazione del comitato consultivo e del collegio dei commissari.

282.
    Inoltre, provocando la divulgazione da parte della stampa di elementi così sensibili della deliberazione, la Commissione ha pregiudicato gli interessi di una buona amministrazione comunitaria in quanto ha permesso al grande pubblico di avere accesso, nel corso del procedimento di indagine e di deliberazione, a simili informazioni interne dell'amministrazione.

283.
    Secondo una costante giurisprudenza, un'irregolarità come quella appena esaminata può comportare l'annullamento della decisione di cui trattasi se si dimostra che, in mancanza della stessa, la suddetta decisione avrebbe avuto un contenuto diverso (sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73, 41/73, 42/73, 43/73, 44/73, 45/73, 46/73, 47/73, 48/73, 50/73, 54/73, 55/73, 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punto 91; sentenza Dunlop Slazenger/Commissione, citata, punto 29). Nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito una simile prova. Infatti, nulla lascia supporre che, se le informazioni controverse non fossero state diffuse, il comitato consultivo o il collegio dei commissari avrebbero modificato l'importo dell'ammenda o il contenuto della decisione proposti.

284.
    Pertanto, anche questo capo del terzo motivo va respinto. Il terzo motivo, di conseguenza, dev'essere interamente respinto.

D - Sul quarto motivo, attinente all'insufficienza della motivazione

Argomenti delle parti

285.
    La ricorrente sostiene che le sue obiezioni e quelle sollevate da Audi nel corso del procedimento amministrativo non sono state prese sufficientemente in esame. La Commissione infatti non avrebbe tenuto in considerazione l'analisi dei documenti presentata per ribattere alla comunicazione degli addebiti. A tal proposito, la ricorrente sottolinea come la decisione impugnata riprenda, quasi parola per parola, la comunicazione degli addebiti, fatta eccezione per alcuni paragrafi. Poiché il requisito della motivazione dev'essere valutato in funzione del contenuto dell'atto, della natura dei motivi dedotti e del possibile interesse delle parti a ottenere chiarimenti, la Commissione avrebbe dovuto esaminare accuratamente le obiezioni dell'impresa interessata nel caso di specie, da essa stessa qualificato come particolarmente importante, e nel quale si discute dell'ammenda più elevata sinora mai inflitta. Secondo la ricorrente soltanto nel controricorso la Commissione ha realmente analizzato le osservazioni sulla comunicazione degli addebiti.

286.
    La ricorrente fornisce alcuni esempi per dimostrare che le sue obiezioni e quelle di Audi non sono state prese approfonditamente in esame.

287.
    In primo luogo, nella decisione, sotto la voce «politica relativa ai margini» (punti nn. 62 e ss. della motivazione), la Commissione ha dichiarato che, sin dal 1994, Autogerma ha messo in atto un sistema di margine scaglionato senza fare alcun riferimento alle obiezioni specifiche sollevate dalla ricorrente, secondo la quale un simile sistema era stato discusso, ma mai applicato.

288.
    In secondo luogo, al punto n. 56 della motivazione la Commissione indica che Autogerma aveva vietato ai concessionari qualsiasi vendita ai «salonisti» e che tale ordine era valido anche per le vendite a consumatori finali tramite intermediari, senza fornire un solo esempio di caso concreto e senza rispondere alle obiezioni sollevate dalla ricorrente secondo le quali, da un lato, i «salonisti» sono rivenditori non autorizzati (rivenditori indipendenti che possiedono aree di esposizione denominate comunemente «saloni») e, dall'altro lato, il divieto non riguardava i casi in cui i «salonisti» avessero ricevuto un incarico dai consumatori finali.

289.
    In terzo luogo, la Commissione spiega che non esistevano informazioni in base alle quali si potesse concludere che gli accordi contrari al Trattato non erano più in vigore (punto n. 188 della motivazione), senza prendere esplicitamente posizione sulla circolare inviata ai concessionari nel dicembre 1996 per porre termine all'asserita infrazione. Inoltre, il punto n. 216 della motivazione della decisione, secondo il quale fino a quel momento «non [era stato ancora] posto completamente fine» all'infrazione, sarebbe anch'esso una dimostrazione perfetta della violazione dell'obbligo di motivazione.

290.
    In quarto luogo, anche la parte della decisione in cui la Commissione determina l'importo dell'ammenda sarebbe viziata da un grave difetto di motivazione. Infatti, al punto n. 213 della motivazione, la Commissione dichiara che le riesportazioni effettuate da consumatori finali «in un certo periodo» erano state «impedite» senza giustificazione alcuna. Allo stesso punto, la Commissione afferma che l'infrazione ha altresì prodotto i suoi effetti sul mercato della vendita di autoveicoli nuovi in tutti gli Stati membri, in particolare su quelli tedesco e austriaco, senza comprovare tale affermazione. La ricorrente mette inoltre in evidenza che la Commissione ha definito l'importo dell'ammenda in base agli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell'art. 13, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell'art. 65, paragrafo 5, del Trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»). La ricorrente sostiene che gli orientamenti, pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee due settimane prima dell'adozione della decisione impugnata, sono stati dettati proprio con riferimento alla procedura avviata nei suoi confronti e sottolinea che, in violazione dell'obbligo di motivazione, la Commissione non li ha espressamente presi in considerazione.

291.
    Essa aggiunge che in numerose note della decisione la Commissione ha fatto rinvio a documenti da essa non riprodotti affatto o solo in modo parziale.

292.
    Infine, la ricorrente ribadisce che i documenti citati nella decisione non dimostrano l'esistenza di misure individuali o generali adottate contro le riesportazioni legittime dall'Italia.

293.
    La convenuta sostiene che la decisione non presenta alcun difetto di motivazione. Essa ritiene di aver esposto nella motivazione della decisione i fatti e le considerazioni giuridiche di importanza essenziale e di aver indicato gli elementi che l'hanno indotta ad adottarla. Ciascuna osservazione esposta nella decisione sarebbe giustificata dal rinvio, in nota, ai documenti sui quali essa si basa. Parimenti, le differenti misure qualificate come infrazione sarebbero descritte e analizzate in dettaglio, specificandone anche gli effetti in particolare attraverso la citazione delle lettere scritte da consumatori finali. La valutazione in diritto sarebbe anch'essa pienamente motivata. Invero, tutti gli argomenti principali presentati dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo sarebbero analizzati e confutati nella decisione.

294.
Per quanto riguarda, in particolare, la verifica della cessazione o meno dell'asserita infrazione, la convenuta sostiene che una motivazione adeguata può rinvenirsi al punto n. 219 della decisione, in base al quale la ricorrente non ha applicato le modifiche necessarie, in particolare ai contratti di concessione, a seguito delle diffide del febbraio e del marzo 1995, nonché ai punti nn. 202 e 203, secondo i quali l'infrazione era sussistente finché non si fosse modificato il sistema dei premi. La valutazione della durata dell'infrazione sarebbe pienamente giustificata.

295.
    Quanto al motivo di censura della ricorrente attinente al fatto che la decisione fa rinvio, in molte note, a documenti che non sono affatto riprodotti, o lo sono solo in parte, secondo la convenuta esso è stato dedotto per la prima volta in sede di replica ed è, pertanto, irricevibile. In ogni caso, tale motivo di censura sarebbe anche infondato, in quanto l'obbligo di motivazione non imponeva affatto di riprodurre integralmente di tutti gli elementi di prova dedotti a sostegno della decisione.

296.
    Infine, la convenuta sottolinea come il fatto che la decisione corrisponda in larga misura alla comunicazione degli addebiti non equivale ad una violazione dell'obbligo di motivazione.

Giudizio del Tribunale

297.
    La motivazione della decisione impugnata, conformemente ai requisiti di cui all'art. 190 del Trattato CE (divenuto art. 253 CE) fa apparire in maniera chiara e non equivoca l'iter logico seguito dalla Commissione e in tal modo consente allaricorrente di conoscere le ragioni della decisione stessa e al Tribunale di esercitare il proprio controllo sulla sua fondatezza (v. sentenza della Corte 15 maggio 1997, causa C-278/95, Siemens/Commissione, Racc. pag. I-2507, punto 17, e sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-150/89, Martinelli/Commissione, Racc. pag. II-1165, punto 65, e Deutsche Bahn/Commissione, citata, punto 96).

298.
    Infatti, nella decisione impugnata vengono spiegati chiaramente, per ciascuno dei diversi comportamenti incriminati, i motivi per i quali la Commissione ha ritenuto che la ricorrente avesse violato l'art. 85, n. 1, del Trattato. Le analisi effettuate dalla Commissione hanno consentito al Tribunale di esercitare il proprio controllo di legittimità. Parimenti, tanto nel ricorso quanto nel prosieguo del procedimento, la ricorrente ha replicato alle considerazioni della Commissione esposte nella decisione in merito all'accertamento dell'infrazione, il che prova che la decisione forniva le indicazioni necessarie per consentirle di tutelare i propri diritti.

299.
    Peraltro, nella decisione e, più precisamente, ai punti 194-201 della motivazione, la Commissione ha esplicitamente ribattuto, come indicato al punto 27 della presente sentenza, ad alcune osservazioni presentate dalla ricorrente e da Audi in risposta alla comunicazione degli addebiti. Occorre aggiungere al riguardo che la Commissione non era tenuta a rispondere alle obiezioni specifiche della ricorrente, come quelle relative alla politica da essa seguita in tema di margine. Era sufficiente che la Commissione spiegasse chiaramente e in modo inequivoco le ragioni per cui riteneva che fosse stato applicato un sistema di margine scaglionato, come avviene ai punti 62-66 della motivazione (v. sentenza Siemens/Commissione, citata, punti 17 e 18). Parimenti, la Commissione ha pienamente motivato le proprie analisi dei documenti raccolti spiegando diffusamente le ragioni per cui riteneva che essi dimostrassero l'esistenza dell'infrazione addotta, senza ribattere puntualmente alle diverse interpretazioni che di tali motivi la ricorrente forniva nella risposta alla comunicazione degli addebiti. Infine, la Commissione ha spiegato chiaramente, al punto 56 della motivazione, perché ha qualificato il divieto di vendita ai «salonisti», che essa aveva desunto dai documenti citati alla nota n. 68 della decisione, come elementi a carico, sostenendo che tale espressione non distingueva tra rivenditori indipendenti e intermediari e che pertanto anche questi ultimi erano interessati dal divieto così indicato.

300.
    Per quanto riguarda l'accusa, che la ricorrente rivolge alla Commissione, di non aver specificato le ragioni che l'hanno indotta a ritenere che l'infrazione non fosse completamente cessata al momento in cui la decisione è stata adottata, occorre rilevare che neppure tale argomento è fondato. Se è vero che tale affermazione non è comprovata, e costituisce pertanto un errore di fatto tale per cui la decisione impugnata dev'essere annullata in quanto la contiene (v. supra, punto 202), è altresì vero che la Commissione ha indicato le proprie ragioni in merito, spiegando al punto 219 della motivazione che non sono state rimosse «le restrizioni alle vendite ai consumatori finali ed agli intermediari da essi incaricati imposte in precedenza. In particolare, non sono stati modificati in tal senso i contratti di distribuzione».

301.
    Per quanto riguarda la fissazione della sanzione, è sufficiente osservare che la Commissione ha spiegato in modo puntuale, ai punti nn. 215-222 della motivazione della decisione impugnata, i criteri considerati e il metodo di calcolo dell'ammenda inflitta alla ricorrente. Poiché la Commissione ha indicato, al punto n. 213, come elementi che conferivano all'infrazione una particolare gravità, il fatto che «le vendite di veicoli destinati a esportazioni parallele effettuate da consumatori finali» sono state rese «sostanzialmente più difficili e, almeno in un certo periodo, completamente impedite» e che l'infrazione ha prodotto effetti «sul mercato della vendita di autoveicoli nuovi in tutti gli altri Stati membri, in particolare su quelli tedesco e austriaco», occorre ammettere che tali considerazioni derivano logicamente dalle osservazioni svolte in precedenza nella decisione, secondo le quali la ricorrente e le sue controllate hanno ostacolato, e con successo, tutte le riesportazioni dall'Italia (v., per esempio, il punto n. 146 della motivazione). Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, al punto n. 217 della motivazione la Commissione ha preso specificamente in considerazione gli orientamenti, sui quali si è basata, indicandone il riferimento nella Gazzetta Ufficiale.

302.
    Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Commissione non era tenuta a riprodurre i documenti cui fa rinvio nelle note della decisione, dal momento che la ricorrente o le sue controllate li avevano a disposizione (sentenza del Tribunale 24 aprile 1996, cause riunite T-551/93, T-231/94, T-231/94, T-232/94, T-233/94 e T-234/94, Industrias Pesqueras Campos ea./Commissione, Racc. pag. II-247, punto 144).

303.
    Da quanto precede risulta che il quarto motivo dev'essere respinto.

E - Sul quinto motivo, attinente alla violazione del diritto di essere sentiti

Argomenti delle parti

304.
    La ricorrente fa osservare che, con lettera della Commissione 29 novembre 1996, la sua richiesta di proroga del termine assegnatole per presentare osservazioni sulla comunicazione degli addebiti è stata respinta. Il termine era di due mesi mentre, visti l'importanza della comunicazione degli addebiti, il numero degli interessati e i documenti da esaminare nelle varie lingue, il tempo necessario a formulare osservazioni era chiaramente più lungo.

305.
    La ricorrente precisa che, se l'urgenza della causa è un elemento da tenere in considerazione, è comunque evidente che il caso di specie non presentava tale carattere agli occhi della Commissione, dal momento che questa si è concessa più di un anno per condurre l'indagine prima della comunicazione degli addebiti ed ha impiegato lo stesso lasso di tempo per adottare la decisione impugnata dopo aver ricevuto le relative osservazioni.

306.
    La ricorrente sottolinea che il termine accordato, di due mesi e due settimane (comprese le vacanze natalizie) è notevolmente più lungo del termine minimo di due settimane previsto dall'art. 11, n. 1, del regolamento della Commissione 25 luglio 1963, n. 99, relativo alle audizioni previste all'articolo 19, nn. 1 e 2, del regolamento n. 17 (GU L 127, pag. 2268). A suo giudizio, non vi era alcun motivo valido per prolungarlo. Essa sottolinea, al riguardo, che la maggior parte degli elementi di prova derivava dalle affermazioni della ricorrente e delle sue controllate Audi e Autogerma, che tali documenti erano redatti nelle lingue da queste abitualmente usate per comunicare e che, fatta eccezione per i concessionari italiani che non erano stati parti attive nell'infrazione, tutti i soggetti interessati appartenevano al medesimo gruppo.

307.
    D'altronde, non avendo chiarito i punti sui quali avrebbe voluto presentare osservazioni più dettagliate, la ricorrente non ha dimostrato entro quali limiti il suo diritto ad essere sentita è stato violato.

308.
    La convenuta sostiene, infine, che il caso era urgente, tenuto conto dell'elevato numero di reclami presentati dai consumatori. Essa aggiunge che, se si può recriminare sul fatto che il procedimento amministrativo sia stato ritardato e che non si sia potuto adottare la decisione in tempi rapidi, ciò non rende illegittimo a posteriori il diniego di prolungamento che si contesta.

309.
    Nella replica la ricorrente mette in evidenza che la convenuta, nel controricorso, invoca l'urgenza del caso di specie per giustificare il prolungamento dei termini mentre, nella lettera di diniego, il rifiuto di prolungamento veniva motivato con la ragione contraria, ossia che il caso non era «eccezionalmente complessa». Oltre a questa evidente contraddizione, la ricorrente rileva che le memorie depositate dinanzi al Tribunale e, in particolare, la richiesta di proroga del termine per il controricorso, provano che il presente fascicolo è «eccezionalmente complesso».

310.
    La convenuta replica che il volume e il contenuto del controricorso corrispondono logicamente a quelli del ricorso.

Giudizio del Tribunale

311.
    Secondo una costante giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa in un procedimento con cui possono essere inflitte sanzioni esige che l'impresa interessata sia messa in grado, fin dalla fase del procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti, addebiti e circostanze allegate dalla Commissione (sentenza della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 11; sentenza del Tribunale 23 febbraio 1994, cause riunite T-39/92, T-40/92, T-40/92, Groupement des cartes bancaires «CB» et Europay International/Commissione, Racc. pag. II-49, punto 48).

312.
    Per quanto riguarda, in particolare, la fissazione del termine per depositare le osservazioni sulla comunicazione degli addebiti, l'art. 11, n. 1, del regolamento n. 99/63 prescrive alla Commissione di prendere in considerazione il «tempo necessario per presentare le osservazioni» e «l'urgenza del caso».

313.
    Orbene, se è vero che il termine impartito nel caso di specie era breve, se si considerano il volume del fascicolo e il numero di comportamenti illegittimi addebitati al gruppo Volkswagen, è altresì vero che la ricorrente è comunque riuscita a far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista. Risulta infatti dalle osservazioni sulla comunicazione degli addebiti, indicate con lettera 12 gennaio 1997, che la ricorrente ha espresso in dettaglio il proprio punto di vista su ciascuno degli argomenti principali addotti dalla Commissione. La ricorrente non ha peraltro indicato su quale aspetto del fascicolo avrebbe presentato osservazioni ancor più approfondite in caso di prolungamento del termine accordatole.

314.
    Di conseguenza, non è dimostrato che il termine impartito nel caso di specie per presentare le osservazioni sulla comunicazione degli addebiti fosse eccessivamente breve e che la Commissione non ha tenuto debitamente conto del tempo necessario a presentare le suddette osservazioni.

315.
    In ogni modo, un motivo di annullamento attinente alla violazione dei diritti della difesa può essere accolto solo nel caso in cui la presunta violazione abbia potuto recare un effettivo pregiudizio alla difesa della parte ricorrente (v. sentenza del Tribunale 29 giugno 1995, causa T-37/91, ICI/Commissione, Racc. pag. II-1901, punti 59, 66 e 70). Orbene, come indicato nei punti che precedono, ciò non avviene nel caso di specie.

316.
    Occorre inoltre osservare che la ragione per la quale la Commissione ha respinto la richiesta di proroga del termine, ossia che il caso non era eccezionalmente complicato, non è erronea. Infatti, il fascicolo, sebbene voluminoso, non appariva eccessivamente complesso per la ricorrente, dal momento che si supponeva che quest'ultima fosse ben informata tanto sui comportamenti del gruppo Volkswagen quanto sulla normativa e sulla giurisprudenza comunitarie in tema di importazioni parallele.

317.
    Infine, poiché l'art. 11, n. 1, del regolamento n. 99/63 impone anche di tener conto dell'urgenza del caso, va rilevato che è possibile la Commissione, avendo ritenuto di trovarsi di fronte ad una violazione particolarmente grave delle regole sulla concorrenza, sia stata indotta a concludere rapidamente il procedimento amministrativo, in modo di porre termine al più presto possibile ai comportamenti incriminati. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, tale considerazione non è smentita dal fatto che fosse trascorso un anno tra gli accertamenti e l'invio della comunicazione degli addebiti e un lasso di tempo identico tra il ricevimento delle osservazioni su tale comunicazione e l'adozione della decisione. Infatti, la Commissione ha dovuto analizzare un numero assai elevato di documenti mentrela ricorrente e Audi hanno dovuto soltanto fornire, per sommi capi, spiegazioni solo in merito al loro comportamento come risultante dai documenti stessi (v. sentenza Suiker Unie e a./Commissione, citata, punti 97 e 98).

318.
    Alla luce di quanto sopra risulta che anche il quinto motivo va respinto.

F - Sul motivo in subordine, attinente al carattere troppo elevato dell'ammenda inflitta

Argomenti delle parti

319.
    Secondo la ricorrente, anche nell'ipotesi in cui le osservazioni di diritto e di fatto della Commissione fossero fondate, l'ammenda inflitta sarebbe del tutto sproporzionata. Innanzi tutto, l'asserita infrazione avrebbe avuto effetti concreti trascurabili sul commercio tra gli Stati membri. Inoltre, la ricorrente non avrebbe mai avuto intenzione di commettere infrazioni e i documenti citati nella decisione per dimostrare il contrario (punto n. 214 della motivazione) sarebbero stati interpretati in modo del tutto erroneo dalla Commissione. La ricorrente non avrebbe neppure abusato della situazione di dipendenza esistente tra concessionari e case costruttrici. Al contrario, soltanto i concessionari che non rispettavano il loro contratto sarebbero stati oggetto di intimazioni e sanzioni.

320.
    La ricorrente ritiene inoltre che gli orientamenti siano stati violati, poiché la Commissione non ha delimitato il mercato geografico rilevante, mentre gli orientamenti prescrivono di «prendere in considerazione (...) l'ampiezza del mercato geografico interessato».

321.
    Inoltre, secondo la ricorrente alcuni degli elementi valutati per fissare l'ammenda non sono stati affatto comprovati nella decisione e la durata dell'infrazione calcolata dalla Commissione è errata. Essa ricorda inoltre che Autogerma ha notificato alla Commissione la convenzione B con lettera 20 gennaio 1988, mentre la Commissione stessa deduce da tale documento l'esistenza di un'infrazione sin dalla fine del 1987. Pertanto, se detto accordo fosse realmente contrario all'art. 85 del Trattato, la Commissione sarebbe venuta meno al proprio dovere, derivante dall'art. 89 del Trattato, di suggerire le misure idonee a porre fine ad un'infrazione da essa accertata. Il fatto che la Commissione abbia adottato la decisione soltanto nel 1998 giustificherebbe una riduzione dell'ammenda. Inoltre, ai sensi dell'art. 15, n. 5, del regolamento n. 17, non si possono infliggere ammende per accordi notificati. Questa regola si sarebbe dunque dovuta applicare per la convenzione B e anche per le successive versioni della stessa, che restano comunque della stessa portata della versione notificata.

322.
    La ricorrente ricorda come la Commissione fosse da anni al corrente del fatto che veniva richiesto un impegno ad alcuni clienti e che aveva tollerato tale misura, affermando, nel regolamento n. 1475/95, che sul punto era necessario un chiarimento.

323.
    La ricorrente sottolinea che la convenuta, in risposta al motivo attinente alla violazione dei diritti della difesa, ammette che vi è stato un deplorevole ritardo nello svolgimento del procedimento amministrativo. Ora, chiaramente, tale ritardo avrebbe aumentato il periodo preso in considerazione dalla Commissione per fissare l'ammenda e, quindi, anche l'importo stesso di tale sanzione.

324.
    La Commissione avrebbe poi erroneamente ritenuto come circostanza aggravante il fatto di aver segnalato, con lettera 24 febbraio 1995, di essere stata informata circa l'esistenza di ostacoli alle riesportazioni dall'Italia, costituenti una violazione delle regole comunitarie sulla concorrenza e che la ricorrente e Audi non avevano tratto le conseguenze di tali ammonimenti. La ricorrente sottolinea che una circolare è stata inviata ai concessionari il 16 marzo 1995. Durante l'indagine condotta dalla Commissione la ricorrente avrebbe adottato diverse misure per porre fine a tutte le asserite infrazioni.

325.
    Infine, la ricorrente contesta alla Commissione di non aver tenuto conto, come circostanza attenuante, delle sensibili svalutazioni della lira italiana dal settembre 1992, mentre tale istituzione ha riconosciuto in una comunicazione del 31 ottobre 1995, relativa all'impatto delle fluttuazioni monetarie sul mercato interno, che le fluttuazioni monetarie provocano alcune difficoltà per l'economia dell'Unione. In tale contesto, la ricorrente sottolinea che non esiste ancora un mercato europeo unico nel quale una casa automobilistica possa vendere gli stessi prodotti dappertutto seguendo un'unica strategia. Infatti, a suo giudizio, gli Stati membri hanno sistemi fiscali e valute diverse, cosa che in realtà limita il commercio infracomunitario ben più di quanto potrebbero fare restrizioni alla concorrenza applicate dalle stesse case costruttrici. A causa di tali differenze le case costruttrici sarebbero impossibilitate a vendere in tutti gli Stati membri agli stessi prezzi. La ricorrente cita, a questo proposito, una lettera del 25 febbraio 1998 indirizzata dal signor Van Miert all'ex presidente del Zentralverband des deutschen Kratftharzeuggewerbes (Associazione generale delle imprese tedesche del settore automobilistico), nella quale si ammette che, «in mancanza di armonizzazione e a causa delle fluttuazioni monetarie che si verificano regolarmente tra gli Stati membri, il mercato interno non è ancora realizzato per quanto riguarda la distribuzione di autoveicoli».

326.
    Secondo la convenuta la ricorrente ha adottato, in malafede, misure che colpiscono indistintamente sia le riesportazioni vietate sia quelle consentite. Pertanto, l'ammenda sarebbe proporzionata alla gravità dell'infrazione. Il carattere intenzionale di quest'ultima sarebbe del resto dimostrato da alcune note della ricorrente e di Autogerma in cui queste ultime dichiarano di essere inadempienti.

327.
    La convenuta sostiene inoltre di aver informato la ricorrente, con lettera 8 maggio 1987, che le «notificazioni» relative ai diversi contratti di concessione e alle loro versioni revisionate e ai loro allegati erano prive di oggetto dato che in esse non era precisato, per le disposizioni contrattuali non esentate dal regolamenton. 123/85, le ragioni per le quali un'esenzione veniva richiesta. Inoltre, la Commissione l'avrebbe informata, con lettera 25 novembre 1988, anche del fatto che l'invio di taluni allegati, tra cui la convenzione B, non poteva essere qualificato come «notificazione», poiché la lettera di accompagnamento era di sole sei righe. Orbene, la ricorrente non avrebbe mai risposto a tali missive. Nel medesimo contesto, la convenuta sostiene che l'affermazione secondo la quale essa avrebbe considerato lecito l'impegno richiesto ad alcuni acquirenti è erronea e fallace. Essa cita una corrispondenza con la ricorrente in cui essa qualifica espressamente l'esigenza di un simile impegno come incompatibile con i principi del mercato unico. Infine, essa sostiene che l'art. 89, n. 1, terza frase, del Trattato, è una semplice disposizione transitoria, sostituita dal regolamento n. 17 e che è pertanto divenuta priva di oggetto.

328.
    La convenuta sottolinea inoltre che gli accordi contrari alle norme comunitarie sulla concorrenza erano numerosi, che l'infrazione durava da anni (uno degli elementi di questa, ossia il sistema dei premi, era iniziato dalla fine del 1987), che tre imprese appartenenti al gruppo della ricorrente, diversi servizi e numerosi collaboratori intervenuti a vari livelli gerarchici erano stati associati a tali accordi, che l'infrazione è stata causata da un insieme di misure differenti, adottate nell'ambito di una strategia complessiva e, infine, che detta infrazione ha avuto effetti considerevoli sul mercato di tutti gli Stati membri. Infatti, il sistema dei premi era stato diretto, in generale, contro le riesportazioni dall'Italia e neppure le altre misure erano state limitate al commercio tra detto Stato, da un lato, e la Germania e l'Austria dall'altro.

329.
    Inoltre, la convenuta precisa che nel calcolo delle maggiorazioni applicabili tenendo conto della durata dell'infrazione (punto n. 217 della motivazione), essa opera una distinzione tra il periodo 1988-1992 e l'anno 1997, da un lato, e il periodo 1993-1996, dall'altro. Per quest'ultimo periodo, l'importo di base dell'ammenda sarebbe stato aumentato del 10%. Tuttavia, per il periodo 1988-1992 e per l'anno 1997, la maggiorazione applicata era stata soltanto del 5%. L'importo complessivo dell'ammenda corrispondeva a circa lo 0,25% del volume d'affari registrato dal gruppo Volkswagen nell'Unione europea nel corso dell'esercizio 1997 e a circa lo 0,5% del volume d'affari realizzato dal gruppo nel corso del medesimo esercizio nei paesi esposti direttamente, o in maniera più specifica, agli effetti indotti dall'infrazione, ossia l'Italia, la Germania e l'Austria.

330.
    La svalutazione della lira italiana non può, secondo la ricorrente, costituire una circostanza attenuante perché, di tutti i costruttori di autoveicoli stabiliti in Stati membri diversi dall'Italia, soltanto la ricorrente e Audi hanno reagito con una strategia generale volta ad ostacolare le riesportazioni.

331.
    La ricorrente evidenzia infine di essersi espressamente riferita agli orientamenti (punto n. 217 della motivazione) per spiegare dettagliatamente come l'importo di base inizialmente fissato in funzione del livello di gravità dell'infrazione sia stato maggiorato in considerazione della durata di quest'ultima. Essa aggiunge che unodei criteri che determinano la gravità dell'infrazione è l'estensione geografica del mercato su cui l'infrazione stessa ha inciso e che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, gli orientamenti non menzionano una delimitazione geografica del mercato.

Giudizio del Tribunale

332.
    Ai sensi dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 17, la Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese che, intenzionalmente o per negligenza, abbiano violato le disposizioni dell'art. 85, n. 1, del Trattato, ammende che variano da un minimo di mille unità di conto ad un massimo di un milione, con facoltà di aumentare quest'ultimo importo fino al 10 per cento del volume d'affari realizzato durante l'esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all'infrazione. L'importo dell'ammenda viene determinato tenendo conto oltre che della gravità dell'infrazione, anche della sua durata.

333.
    Dal dettato chiaro e univoco di tale articolo discende che quest'ultimo affronta due questioni distinte. Da un lato, esso determina le condizioni che vanno soddisfatte affinché la Commissione possa infliggere ammende (condizioni di legittimazione). Tra tali presupposti compare quello riguardante il carattere intenzionale dell'infrazione o l'esistenza di colpa all'origine della stessa. Dall'altro lato, esso disciplina la determinazione dell'importo dell'ammenda, che è in funzione della gravità e della durata dell'infrazione (secondo comma) (ordinanza della Corte 25 marzo 1996, causa C-137/95 P, SPO e a./Commissione, Racc. pag. I-1611, punto 53).

334.
    Per quanto riguarda la prima questione è chiaro che, nel caso di specie, la Commissione ha valutato il carattere intenzionale, e non semplicemente colposo, dell'infrazione (punto n. 214 della motivazione). Tale valutazione risulta pienamente giustificata. Infatti, come osservato in precedenza nell'ambito del primo motivo, la ricorrente ha adottato misure dirette alla compartimentazione del mercato italiano e, quindi, volte ad ostacolare il gioco della concorrenza (v. supra, in particolare punti 88, 89 e 193). D'altronde, perché un'infrazione alle norme del Trattato sulla concorrenza si possa considerare intenzionale, non è necessario che l'impresa sia stata conscia di trasgredire un divieto posto da tali norme; è sufficiente che essa non potesse ignorare che il suo comportamento aveva come scopo la restrizione della concorrenza (sentenze del Tribunale 2 luglio 1992, causa T-61/89, Dansk Pelsdyravlerforening/Commissione, Racc. pag. II-1931, punto 157, e 6 aprile 1995, causa T-143/89, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. II-917, punto 41). Orbene, tenuto conto dell'esistenza di una giurisprudenza consolidata che ritiene incompatibili con le norme comunitarie sulla concorrenza comportamenti di compartimentazione del mercato (v. supra, punto 179), la ricorrente non poteva ignorare che la sua condotta ostacolava il gioco della concorrenza.

335.
    Per quanto riguarda la seconda questione, occorre innanzi tutto ricordare che la scelta dell'importo dell'ammenda costituisce uno strumento della politica della concorrenza della Commissione al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle norme sulla concorrenza in tale settore (sentenze Martinelli/Commissione, già citata, punto 59, e Van Megen Sports/Commissione, già citata, punto 53), ma che spetta tuttavia al Tribunale verificare se l'importo dell'ammenda irrogata sia proporzionale alla gravità e alla durata dell'infrazione (sentenza Deutsche Bahn/Commissione, citata, punto 127). In particolare, il Tribunale deve soppesare la gravità dell'infrazione e le circostanze invocate dalla ricorrente (sentenza della Corte 14 novembre 1996, causa C-333/94, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. I-5951, punto 48).

336.
    Come emerge dall'esame del primo motivo, la Commissione aveva a disposizione innumerevoli elementi che dimostravano l'accertamento dell'infrazione diretta alla compartimentare del mercato italiano. Tale infrazione, per sua natura, è particolarmente grave. Essa compromette gli obiettivi più fondamentali della Comunità e, in particolare, la realizzazione di un mercato unico (sentenza del Tribunale 22 aprile 1993, causa T-9/92, Peugeot/Commissione, Racc. pag. II-493, punto 42). La ricorrente, infatti, assieme alle proprie controllate, ha impedito a dei consumatori di fruire senza ostacoli delle libertà del mercato comune sancite dal Trattato, compromettendo in tal modo ad una delle più importanti realizzazioni della costruzione europea. La gravità dell'infrazione nel caso di specie è inoltre aggravata dalle dimensioni del gruppo Volkswagen (v. sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80, 101/80, 102/80 e 103/80, Musique Diffusion française/Commissione, Racc. pag. 1825, punto 120) e dal fatto che è stata compiuta malgrado gli avvertimenti provenienti dalla consolidata giurisprudenza comunitaria in tema di importazioni parallele nel settore automobilistico (v. sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-304/94, Europa Carton/Commissione, Racc. pag. II-869, punto 91). Alla luce di questi diversi elementi, l'assenza di armonizzazione monetaria e fiscale (v. supra, punto 325), pur potendo dar luogo a difficoltà commerciali per la ricorrente, non poteva giustificare l'infrazione di cui trattasi, né poteva costituire una circostanza attenuante. Infatti, tale mancanza di armonizzazione non esentava la ricorrente dal dovere di rispettare una delle regole basilari del mercato comune, come il divieto di compartimentazione.

337.
    Peraltro, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione non era tenuta a ridurre l'importo dell'ammenda a causa del proprio indugio nell'agire contro la condotta del gruppo Volkswagen. E' vero che, benché la gravità dell'infrazione giustifichi una sanzione rilevante, occorre considerare il fatto che la sua durata avrebbe potuto essere più breve se la Commissione fosse intervenuta con maggiore tempestività (sentenza della Corte 6 marzo 1974, cause riunite 6/73 e 7/73, Istituto Chemioterapico Italiano et Commercial Solvents/Commissione, Racc. pag. 223, punto 51). Tuttavia, nel caso di specie, la Commissione ha inviato una prima lettera di avvertimento alla ricorrente nel febbraio 1995, vale a dire poco tempo dopo aver ricevuto una prima serie di denunce dai consumatori. Diconseguenza, non si può contestare alla Commissione un mancanza di diligenza che avrebbe potuto contribuire a prolungare la durata dell'infrazione presa in considerazione nel determinare l'importo dell'ammenda. Quanto all'affermazione della ricorrente secondo la quale la Commissione ha aumentato anche il periodo preso in considerazione per la fissazione dell'ammenda, ritardando lo svolgimento del procedimento amministrativo, è sufficiente ribadire che la durata di tale procedimento non è stata eccessivamente lunga (v. supra, punto 317).

338.
    Neppure l'argomento della ricorrente in base al quale la Commissione sapeva da anni che veniva richiesto un impegno a taluni acquirenti e aveva tollerato tale misura, può essere accolto a favore di una riduzione dell'ammenda. Innanzi tutto, la lettera citata dalla ricorrente a sostegno di questa tesi (punto n. 220 del ricorso; allegato n. 220 al ricorso) reca data 31 marzo 1995, ed è pertanto successiva alla lettera di avvertimento inviatale dalla Commissione il 24 febbraio 1995 (v. supra, punto 10). Inoltre, dal fascicolo risulta che la Commissione, una volta venuta a conoscenza del modo in cui tale misura veniva applicata dai concessionari delle marche Volkswagen e Audi alla fine del 1994 in numerosi Stati membri, ha adottato una posizione negativa. Infatti, in una lettera del 23 novembre 1994, essa scriveva alla ricorrente nei seguenti termini:

«Siamo in possesso di formulari provenienti dalla Danimarca e dal Belgio che obbligano gli acquirenti di autoveicoli nuovi di marca VW e Audi a servirsene solo per uso personale e a non rivenderli prima di tre o sei mesi dall'immatricolazione o prima di aver percorso almeno 3000 o 6000 km. Nel caso in cui l'autoveicolo venga venduto prima, l'acquirente si impegna a pagare una somma a titolo di risarcimento danni nella misura del 10% del prezzo di acquisto all'importatore danese o, nel caso del Belgio, al relativo concessionario.

Tale dichiarazione di impegno è inconciliabile con i principi del mercato interno, essendo chiaramente diretto contro le importazioni parallele. L'impegno non è giustificato neppure sulla base delle norme sulla concorrenza. Vi preghiamo di comunicarci se negli altri Stati membri esistano dichiarazioni di impegno analoghe.

Se tali dichiarazioni di impegno non venissero ritirate, avvieremo un procedimento a vostro carico. Attendiamo una vostra risposta entro due settimane dal ricevimento della presente».

339.
    E' vero che dalla risposta della ricorrente a detta lettera emerge che essa aveva inviato alla Commissione nel 1979 il formulario contenente l'impegno richiesto all'epoca agli acquirenti (allegato n. 5 al controricorso). Tuttavia, non si può addebitare alla Commissione di non essere intervenuta, nel 1979, dopo essere venuta a conoscenza di questa unica misura, né di essere stata eccessivamente severa nel sanzionare comunque la ricorrente nel 1998, senza accogliere nessuna circostanza attenuante, per un complesso di misure dirette alla compartimentazione del mercato italiano, tra le quali figurava la prassi consistente nell'esigere unimpegno. Inoltre, detto impegno era diverso da quello comunicato nel 1979, in quanto consentiva al gruppo Volkswagen di verificarne il rispetto più agevolmente e, all'occorrenza, di applicare le sanzioni previste nell'ipotesi di mancata esecuzione, in quanto esso imponeva all'acquirente di riuscire a giustificare, in caso di controlli da parte del gruppo, l'utilizzo dell'autoveicolo e la durata di tale utilizzo (nota 128 della decisione; allegato n. 218.1 al ricorso: «l'acquirente si obbliga inoltre, su richiesta dell'Organizzato sottoscritto, a produrre idonea documentazione comprovante l'utilizzo dell'autoveicolo predetto in qualità di Utilizzatore Finale nonché il relativo periodo di possesso»).

340.
    Inoltre, giustamente la Commissione non ha preso in considerazione, come circostanza attenuante, l'invio di una circolare ai concessionari italiani nel marzo 1995. Infatti, come appena rilevato ai punti 57, 58, 88, e 107-113, l'infrazione è continuata dopo l'invio di tale circolare.

341.
    Quanto all'argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione avrebbe violato gli orientamenti, è sufficiente osservare che questi ultimi non impongono alla Commissione di delimitare formalmente il mercato geografico rilevante. La Commissione ha pertanto potuto limitarsi ad osservare, al punto n. 213 della motivazione della decisione: «L'infrazione ha avuto conseguenze dirette sul mercato italiano degli autoveicoli nuovi (...). L'infrazione ha altresì prodotto i suoi effetti sul mercato della vendita di autoveicoli nuovi in tutti gli altri Stati membri, in particolare su quelli tedesco e austriaco». Tale osservazione, del resto, è pienamente fondata, come già dichiarato supra (punto 231).

342.
    Quanto all'argomento secondo il quale la convenzione B era stata notificata nel 1988 e, di conseguenza, la Commissione non poteva sanzionare la ricorrente per la regola del 15% convenuta nel suddetto accordo, va ricordato, in primo luogo, che il divieto imposto dall'art. 15, n. 5, lett. a), del regolamento n. 17 di infliggere ammende per comportamenti «posteriori alla notificazione alla Commissione ed anteriori alla decisione con la quale questa concede o rifiuta l'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 del Trattato, nella misura in cui essi restano nei limiti dell'attività descritta nella notificazione», vale solo per gli accordi effettivamente notificati conformemente alle modalità prescritte (sentenza della Corte 10 dicembre 1985, cause riunite 240/82, 241/82, 242/82, 261/82, 262/82, 268/82, 269/82, Stichting Sigarettenindustrie/Commissione, Racc. pag. 3831, punto 77; sentenza SPO e a./Commissione, citata, punto 342; v. altresì la sentenza della Corte 10 luglio 1980, causa 30/78, Distillers/Commissione, Racc. pag. 2229, punti 23 e 24). Va inoltre rilevato che, con lettera datata 25 novembre 1988 (allegato n. 3 al controricorso), la Commissione aveva informato Autogerma del fatto che la comunicazione da parte sua della Convenzione B non costituiva notificazione ai sensi del regolamento n. 17:

«Con riferimento alla Vostra lettera in data 20 Gennaio 1988, con la quale ci comunicate il contratto tipo di distribuzione che la società Autogerma propone aipropri concessionari in Italia, si trasmette copia della lettera che questo Ufficio ha inviato in data 8 maggio 1987 alla Società Volkswagen, a Wolfsburg in Germania.

Con tale lettera si prendeva atto dell'attestazione fornita dalla Volkswagen secondo la quale la società aveva adattato tutti i contratti di distribuzione nel mercato comune al Regolamento CEE n° 123/85; con l'occasione questo Ufficio ha comunicato alla stessa società l'elenco dei contratti di distribuzione del gruppo Volkswagen che erano stati per conseguenza archiviati.

Inserito in tale elenco figurava anche il contratto tipo di distribuzione per l'Italia (da Voi notificato in data 31.1.1963).

In presenza di tale procedura una semplice comunicazione, anche se fatta, come scrivete, a titolo di notificazione, non può sostituire una notificazione ai sensi del Regolamento n° 17 [...] e dell'art. 8 del Regolamento n° 123/85 [...].

La Commissione dunque non è in grado di pronunciarsi sulla conformità del Vostro contratto tipo di distribuzione rispetto al citato Regolamento n° 123/85. Con ciò non si intende contestare una tale conformità ma affermare che spetta alle parti in causa di desumere le necessarie conseguenze del Regolamento d'esenzione e di assumere le dovute responsabilità nel procedere alla stipula di contratti suscettibili di soddisfarne le condizioni. Tali contratti non devono essere esentati dal momento che beneficiano già dell'esenzione per regolamento. [...]

In conformità a quanto sopra esposto, la presente pratica viene dunque archiviata senza previsione di atti futuri».

343.
    A prescindere dall'accertare se la comunicazione della convenzione B costituisse o meno una notificazione ai sensi del regolamento n. 17, il fatto stesso che tale convenzione fosse stata comunicata alla Commissione già nel 1988 avrebbe dovuto indurre quest'ultima a non considerarla, di per sé, un elemento che giustificava la maggiorazione dell'importo fissato per la gravità dell'infrazione (punto n. 217 della motivazione). Pertanto, il periodo 1988-1992, per il quale la regola del 15% stipulata nella convenzione B costituisce il solo atto incriminato (punto n. 202 della motivazione), non dev'essere preso in considerazione per la fissazione dell'ammenda, anche se tale regola è stata giustamente qualificata come incompatibile con il Trattato (v., su quest'ultimo aspetto, i punti 49 e 189 della presente sentenza).

344.
    In compenso, la regola del 15% poteva essere tenuta in considerazione, per fissare l'ammenda, per il periodo 1993-1996. Infatti, come osservato in precedenza (in particolare ai punti 79-90 e 162-165), nel corso di tale periodo il limite massimo previsto dalla regola del 15% è stato combinato e, di conseguenza, rafforzato, con altre misure, allo scopo di ostacolare le riesportazioni. Inoltre, alcuni documenti interni del gruppo Volkswagen dimostrano che la regola del 15% in detto periodoè stata interpretata e applicata in modo estensivo, ossia come una regola che vietava qualunque vendita al di fuori del territorio contrattuale che superasse il 15% del totale delle vendite effettuate. (v. supra, punto 58). Di conseguenza, pur avendo accertato che la convenzione B era stata notificata, occorreva comunque rilevare che dal 1993 l'applicazione della regola del 15% aveva superato i limiti dell'attività descritta nel testo della convenzione comunicata alla Commissione, per cui, in forza del dettato chiaro dell'art. 15, n. 5, lett. a), del regolamento n. 17, l'esenzione dall'ammenda non andrebbe applicata. Di conseguenza, sarebbe stato opportuno assumere come data di inizio del periodo da prendere in considerazione per fissare l'ammenda il 1° settembre 1993 (v., al riguardo, i punti 81-83 della presente sentenza, nonché il punto n. 202 della motivazione della decisione).

345.
    Come il Tribunale ha già accertato, la Commissione, nel fissare l'ammenda, ha tenuto conto anche della conclusione non comprovata in base alla quale l'infrazione era continuata dopo il 30 settembre 1996 (v. supra, punto 200) ed ha inoltre menzionato, per stabilire la gravità dell'infrazione, le proprie erronee osservazioni secondo le quali un sistema di margine scaglionato e la risoluzione di alcuni contratti di concessione a titolo di sanzione costituivano misure adottate per ostacolare le riesportazioni (v. supra, punto 197).

346.
    Da quanto precede discende che la durata dell'infrazione da prendere in considerazione per determinare l'ammenda è ridotta a una durata dell'ordine di tre anni e che la descrizione dell'infrazione come effettuata dalla Commissione per misurarne la gravità non è del tutto esatta. Di conseguenza, occorre che il Tribunale, nell'ambito del suo potere giurisdizionale anche di merito, riformi la decisione impugnata e riduca l'importo dell'ammenda inflitta (v., per analogia, sentenza Dunlop/Slazenger, citata, punto 154).

347.
    Tuttavia, la diminuzione dell'ammenda non dev'essere necessariamente proporzionale alla riduzione della durata che la Commissione ha tenuto in considerazione, né corrispondere alla somma delle percentuali di maggiorazione calcolate dalla Commissione a titolo del periodo compreso tra il 1988 e l'agosto 1993, dell'ultimo trimestre del 1996 e del 1997 (v., per analogia, sentenza Dunlop/Slazenger, citata, punto 178). Tuttavia, spetta al Tribunale, nell‘ambito della giurisdizione di merito che gli spetta in materia, valutare le circostanze della fattispecie per stabilire l‘importo dell‘ammenda (sentenza della Corte 9 novembre 1983, causa 322/81, Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 111; sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T-148/94, Preussag/Commissione, Racc. pag. II-613, punto 728). Nel caso di specie, la rilevante gravità intrinseca dell'infrazione    compiuta, come messa in rilievo supra, al punto 336, da un lato, e l'intensità con la quale le misure illegittime sono state attuate, come dimostra la copiosa corrispondenza esaminata nell'ambito del primo motivo, dall'altro, richiedono un'ammenda realmente dissuasiva (v. sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-12/89, Solvay/Commissione, Racc. pag. II-907, punto 309, e sentenza 17 luglio 1997, Ferriere Nord/Commissione, citata, punto 33). Alla luce di tali considerazioni, l'ammenda inflitta di 102 milioni di ECU che, come confermatodalla ricorrente in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, corrispondeva approssimativamente allo 0,5% del volume d'affari realizzato nel 1997 dal grupo Volkswagen in Italia, Germania e Austria, e allo 0,25% di quello realizzato nell'Unione europea nel corso del medesimo anno, non presenta carattere insolitamente elevato. Infine, il fatto che le conclusioni della Commissione relative al sistema di margine scaglionato e alla risoluzione di alcuni contratti di concessione siano state ritenute non sufficientemente dimostrate, non sminuisce la rilevante gravità dell'infrazione di cui trattasi, pienamente comprovata dalla dimostrazione di altri comportamenti incriminati (v. supra, punti 193 e 194).

348.
    Alla luce dell'insieme di circostanze e considerazioni che precedono, il Tribunale, statuendo nell'esercizio della sua giurisdizione di merito ai sensi dell'art. 172 del Trattato CE (divenuto art. 229 CE) e dell'art. 17 del regolamento n. 17 (v. sentenze della Corte 15 dicembre 1994, causa C-320/92, Finsider/Commissione, Racc. pag. I-5697, punto 46, e 17 dicembre 1998, causa C-185/95, Baustahlgewebe/Commissione, Racc. pag. I-8417, punto 129), ritiene giustificato ridurre l'importo dell'ammenda, espresso in euro in attuazione dell'art. 2, n. 1, del regolamento (CE) del Consiglio 17 giugno 1997, n. 1130, relativo a talune disposizioni per l'introduzione dell'euro (GU L 162, pag. 1), a 90 milioni di euro.

Sulle spese

349.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 3, del suo regolamento di procedura, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi. Poiché il ricorso è stato accolto solo parzialmente, si ritiene che sia fatta un'equa valutazione delle circostanze della causa decidendo che la ricorrente sopporterà le propie spese, nonché il 90% delle spese sostenute dalla Commissione, e che quest'ultima sopporterà il 10% delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    La decisione della Commissione 28 gennaio 1998, 98/273/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del Trattato CE (IV/35.733 - VW), è annullata nella parte in cui dichiara:

    a)    che un sistema di margine scaglionato e la risoluzione di alcuni contratti di concessione a titolo di sanzione costituivano misure adottate al fine di ostacolare le riesportazioni di autoveicoli di marcaVolkswagen e Audi dall'Italia, da parte di consumatori finali e di concessionari delle suddette marche di altri Stati membri;

    b)    che l'infrazione non era completamente cessata nel periodo compreso tra il 1° ottobre 1996 e l'adozione della decisione.

2)    L'importo dell'ammenda inflitta alla ricorrente dall'art. 3 della decisione impugnata è ridotto a 90 milioni di euro.

3)    Il ricorso è respinto per il resto.

4)    La ricorrente sopporterà le proprie spese e il 90% delle spese sostenute dalla Commissione.

5)    La Commissione sopporterà il 10% delle proprie spese.

Moura Ramos
Tiili
Mengozzi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 luglio 2000.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

V. Tiili

Indice

     I fatti e il contesto normativo

II - 2

     Procedimento e conclusioni delle parti

II - 9

     Nel merito

II - 9

         A - Primo motivo, attinente ad errori di fatto nell'applicazione dell'art. 85 del Trattato

II - 10

             Gli ostacoli alla riesportazione

II - 10

                 Osservazioni preliminari

II - 10

                 Sull'ostacolo derivante dal sistema dei premi

II - 11

                     - Argomenti delle parti

II - 11

                     - Giudizio del Tribunale

II - 13

                 Sull'introduzione di un sistema di margine scaglionato

II - 15

                     - Argomenti delle parti

II - 15

                     - Giudizio del Tribunale

II - 17

                 Sull'ostacolo derivante dalle misure adottate a livello di rifornimento

II - 19

                     - Argomenti delle parti

II - 19

                     - Giudizio del Tribunale

II - 21

                 Sull'ostacolo derivante dal comportamento commerciale nei confronti dei consumatori

II - 24

                     - Argomenti delle parti

II - 24

                     - Giudizio del Tribunale

II - 27

                 Sull'argomento della ricorrente in base al quale i provvedimenti adottati sarebbero diretti unicamente ad impedire le vendite ai rivenditori non autorizzati

II - 31

                     - Argomenti delle parti

II - 31

                     - Giudizio del Tribunale

II - 34

                 Sui controlli, le intimidazioni e le sanzioni di cui i concessionari sarebbero stati oggetto

II - 38

                     - Argomenti delle parti

II - 38

                     - Giudizio del Tribunale

II - 41

             Sugli effetti degli ostacoli alla riesportazione

II - 44

                 Argomenti delle parti

II - 44

                 Giudizio del Tribunale

II - 45

             Sulla durata degli ostacoli alla riesportazione

II - 46

                 Argomenti delle parti

II - 46

                 Giudizio del Tribunale

II - 47

             Conclusioni

II - 49

         B - Sul secondo motivo, attinente ad errori di diritto nell'applicazione dell'art. 85 del Trattato

II - 51

             Argomenti delle parti

II - 51

                 Sulla mancata definizione del mercato

II - 52

                 Sull'erronea valutazione degli ostacoli nel loro complesso

II - 52

                 Sulla qualificazione erronea degli ostacoli, considerati nel loro complesso, come accordi

II - 53

                 Sulla violazione dei regolamenti n. 123/85 e n. 1475/95

II - 54

             Giudizio del Tribunale

II - 58

                 Sulla mancata definizione del mercato

II - 58

                 Sulla valutazione degli ostacoli nel loro complesso

II - 59

                 Sulla qualificazione degli ostacoli, considerati nel loro complesso, come accordi

II - 60

                 Sull'asserita violazione dei regolamenti n. 123/85 e n. 1475/95

II - 61

        C - Sul terzo motivo, attinente ad una violazione del principio di buona amministrazione

II - 62

             Argomenti delle parti

II - 62

                 Sulla violazione del principio di buona amministrazione nell'interpretazione dei documenti raccolti nel corso degli accertamenti

II - 62

                 Sulla violazione del principio di buona amministrazione in relazione con l'art. 89 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 85 CE)

II - 63

                 Sulla violazione del principio di buona amministrazione in relazione con l'art. 191 del Trattato CE (divenuto art. 254 CE)

II - 64

                 Sulla violazione del principio di buona amministrazione in relazione con l'art. 214 del Trattato CE (divenuto art. 287 CE)

II - 65

             Giudizio del Tribunale

II - 67

                 Sull'asserita violazione del principio di buona amministrazione nell'interpretazione dei documenti raccolti durante gli accertamenti

II - 67

                 Sull'asserita violazione del principio di buona amministrazione in relazione con l'art. 89 del Trattato

II - 68

                 Sull'asserita violazione del principio di buona amministrazione in relazione con l'art. 191 del Trattato

II - 69

                 Sull'asserita violazione del principio di buona amministrazione in relazione con l'art. 214 del Trattato

II - 69

         D - Sul quarto motivo, attinente all'insufficienza della motivazione

II - 71

             Argomenti delle parti

II - 71

             Giudizio del Tribunale

II - 73

         E - Sul quinto motivo, attinente alla violazione del diritto di essere sentiti

II - 75

             Argomenti delle parti

II - 75

             Giudizio del Tribunale

II - 76

         F - Sul motivo in subordine, attinente al carattere troppo elevato dell'ammenda inflitta

II - 78

             Argomenti delle parti

II - 78

             Giudizio del Tribunale

II - 81

     Sulle spese

II - 87


1: Lingua processuale: il tedesco.

Racc.