Language of document : ECLI:EU:C:2011:651

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 13 ottobre 2011 (1)

Causa C‑43/10

Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias e a.

[Domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta dal Symvoulio tis Epikrateias, (Grecia)]

«Protezione dell’ambiente – Direttiva 2000/60/CE – Politica dell’Unione in materia di acque – Deviazione di un fiume – Termine per l’elaborazione dei piani di gestione dei distretti idrografici – Effetti preliminari – Partecipazione del pubblico – Direttiva 2001/42/CE – Valutazione ambientale di piani e programmi – Applicazione ratione temporis – Direttiva 85/337/CEE – Valutazione di impatto ambientale – Utilizzabilità di studi anteriori – Direttiva 92/43/CEE – Protezione della flora e della fauna selvatiche – Tutela dei siti di importanza comunitaria – Direttiva 79/409/CEE – Protezione degli uccelli – Tutela delle zone speciali di conservazione – Valutazione dell’incidenza sul sito – Divieto di deterioramento – Giustificazione del pregiudizio»






Indice


I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – Normativa dell’Unione

1. La direttiva quadro in materia di acque

2. La direttiva VIA

3. La direttiva VAS

4. La direttiva «uccelli»

5. La direttiva «habitat»

B – Normativa greca

III – Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

IV – Valutazione giuridica

A – Sulla direttiva quadro in materia di acque

1. Sulla prima questione – Il momento dell’applicazione dell’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque

2. Sulla prima parte della terza questione – Ammissibilità del trasferimento di acque verso altri distretti idrografici

a) Sugli obblighi di conservazione e ripristino sanciti dall’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque

b) Sull’applicazione dell’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque ai progetti

c) Sul buono stato delle acque

d) Sulle deroghe agli obiettivi ambientali

3. Sulla seconda questione – Necessità dei piani di gestione dei distretti idrografici

4. Sulla seconda parte della terza questione – Gli obiettivi consentiti di una deviazione

5. Sulla terza parte della terza questione – Esame delle alternative

6. Sulla quarta questione – Effetti preliminari della direttiva quadro in materia di acque

a) Sulla giurisprudenza in materia di effetti preliminari delle direttive

b) Sulla tutela del legittimo affidamento e dello Stato di diritto

c) Sulla fattispecie oggetto del giudizio a quo

7. Sulla quinta questione – Partecipazione del pubblico

B – Sulla direttiva VIA

C – Sulla direttiva VAS

1. Sulla settima questione – Il campo d’applicazione ratione materiae della direttiva VAS

a) Sulla nozione di «piani e programmi»

b) Sull’obbligo di valutazione dei piani di gestione

2. Sull’ottava questione – Applicabilità della direttiva VAS ratione temporis

a) Sulla preparazione dei piani di gestione

b) Sulla preparazione di un piano per la deviazione del fiume Acheloo

c) Conclusione sull’ottava questione

3. Sulla nona questione – Estensione della valutazione ambientale

D – Protezione della natura

1. Sulla decima questione – Protezione dei siti proposti al momento dell’emanazione della legge 3481/2006

a) Sulla protezione provvisoria dei siti proposti

b) Sulla protezione dei siti successivamente all’iscrizione nell’elenco comunitario

c) Conclusione sulla decima questione

2. Sull’undicesima questione

a) Sull’applicabilità dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat»

b) Sull’articolo 6, paragrafi 2 e 4, della direttiva «habitat»

c) Conclusione circa l’undicesima questione

3. Sulla dodicesima questione – motivi imperativi di rilevante interesse pubblico

4. Sulla tredicesima questione – Misure volte ad assicurare la coerenza di Natura 2000

5. Sulla quattordicesima questione – Trasformazione di un ecosistema fluviale naturale

V – Conclusione


I –    Introduzione

1.        Diverse autorità greche lavorano da oltre 20 anni a un progetto che prevede la deviazione parziale delle acque del fiume Acheloo, nella parte occidentale del paese, verso il fiume Peneo, nella parte orientale, e lo sfruttamento del corso superiore dell’Acheloo per la produzione di energia. Il Symvoulio tis Epikrateias (in prosieguo: il «Consiglio di Stato») ha però ripetutamente abrogato le rispettive delibere autorizzative. La causa principale verte sulla validità di una legge del 2006 che autorizza nuovamente l’opera.

2.        La domanda di pronuncia pregiudiziale, molto ampia e complessa, è rivolta principalmente a stabilire se e in quale misura tale legge vada giudicata secondo il metro della direttiva quadro in materia di acque (2) pur essendo stata emanata quando per gli obblighi derivanti dalla direttiva era ancora in corso la fase transitoria. Oltre a ciò, si chiede di chiarire fino a che punto sia conforme alla direttiva VIA (3) il fatto che, nell’ambito dell’iter legislativo, sia effettuato un rimando a una valutazione dell’impatto ambientale facente parte di un procedimento amministrativo precedente. Si chiede inoltre se si sarebbe dovuta applicare la direttiva concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (4) (in prosieguo: la «direttiva VAS», ossia: Valutazione Ambientale Strategica) ed eventualmente se, oltre alla valutazione dell’impatto ambientale citata, sarebbe stata necessaria una valutazione ai sensi della direttiva VAS. È infine richiesto un esame delle questioni relative alla tutela fornita dalla direttiva «habitat» ai siti Natura 2000 interessati (5).

II – Contesto normativo

A –    Normativa dell’Unione

1.      La direttiva quadro in materia di acque

3.        Gli obiettivi ambientali essenziali della direttiva quadro in materia di acque e le eccezioni possibili sono sanciti all’articolo 4:

«1)      Nel rendere operativi i programmi di misure specificate nei piani di gestione dei bacini idrografici:

a)      Per le acque superficiali:

i)      gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali, fatta salva l’applicazione dei paragrafi 6 e 7 e fermo restando il paragrafo 8;

ii)      gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano tutti i corpi idrici superficiali, salva l’applicazione del punto iii) per i corpi idrici artificiali e quelli fortemente modificati, al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali in base alle disposizioni di cui all’allegato V entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l’applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, e salvo il paragrafo 8;

iii)      gli Stati membri proteggono e migliorano tutti i corpi idrici artificiali e quelli fortemente modificati, al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali in base alle disposizioni di cui all’allegato V entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l’applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, e salvo il paragrafo 8;

iv)      (…);

      fermi restando, per le parti interessate, i pertinenti accordi internazionali di cui all’articolo 1.

b)      Per le acque sotterranee:

(…)

3)      Gli Stati membri possono definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:

a)      le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo, necessarie al raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:

i)      sull’ambiente in senso più ampio,

ii)      sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o il diporto;

iii)      sulle attività per le quali l’acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l’irrigazione,

iv)      sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio agricolo, o

v)      su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti;

b)      i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o modificate del corpo idrico non possano, per motivi di fattibilità tecnica o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti con altri mezzi i quali rappresentino un’opzione significativamente migliore sul piano ambientale.

Tali designazioni e la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei piani di gestione dei bacini idrografici prescritti dall’articolo 13 e sono riesaminate ogni sei anni.

4)      (…)

5)      Gli Stati membri possono prefiggersi di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi rispetto a quelli previsti dal paragrafo 1, per corpi idrici specifici qualora, a causa delle ripercussioni dell’attività umana, definita ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, o delle loro condizioni naturali, il conseguimento di tali obiettivi sia non fattibile o esageratamente oneroso, e ricorrano le seguenti condizioni:

a)      i bisogni ambientali e socioeconomici cui sono finalizzate dette attività umane del corpo idrico non possono essere soddisfatti con altri mezzi i quali rappresentino un’opzione significativamente migliore sul piano ambientale e tale da non comportare oneri esagerati;

b)      gli Stati membri garantiscono:

–      per le acque superficiali, il raggiungimento del migliore stato ecologico e chimico possibile, tenuto conto degli impatti che non avrebbero potuto ragionevolmente essere evitati data la natura dell’attività umana o dell’inquinamento,

–      (…)

c)      non si verifica alcun ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico in questione;

d)      gli obiettivi ambientali meno rigorosi e le relative motivazioni figurano espressamente nel piano di gestione del bacino idrografico prescritto dall’articolo 13 e tali obiettivi sono rivisti ogni sei anni.

6)      (…)

7)      Gli Stati membri non violano la presente direttiva qualora:

–        il mancato raggiungimento del buono stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l’incapacità di impedire il deterioramento dello stato del corpo idrico superficiale o sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello di corpi sotterranei, o

–        l’incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano,

purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a)      è fatto tutto il possibile per mitigare l’impatto negativo sullo stato del corpo idrico;

b)      le motivazioni delle modifiche o alterazioni sono menzionate specificamente e illustrate nel piano di gestione del bacino idrografico prescritto dall’articolo 13 e gli obiettivi sono riveduti ogni sei anni;

c)      le motivazioni di tali modifiche o alterazioni sono di prioritario interesse pubblico e/o i vantaggi per l’ambiente e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1 sono inferiori ai vantaggi derivanti dalle modifiche o alterazioni per la salute umana, il mantenimento della sicurezza umana o lo sviluppo sostenibile, e

d)      per ragioni di fattibilità tecnica o costi sproporzionati, i vantaggi derivanti da tali modifiche o alterazioni del corpo idrico non possono essere conseguiti con altri mezzi che costituiscano una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale.

8)      Gli Stati membri, nell’applicare i paragrafi 3, 4, 5, 6 e 7, assicurano che l’applicazione non pregiudichi la realizzazione degli obiettivi della presente direttiva in altri corpi idrici dello stesso distretto idrografico e che essa sia coerente con l’attuazione di altri atti normativi comunitari in materia di ambiente.

9)      È necessario prendere provvedimenti per garantire che l’applicazione delle nuove disposizioni, inclusa l’applicazione dei paragrafi 3, 4, 5, 6 e 7 garantisca almeno il medesimo livello di protezione rispetto alla vigente legislazione comunitaria».

4.        A norma dell’articolo 5 della direttiva quadro in materia di acque, gli Stati membri erano tenuti ad elaborare un’analisi di determinate caratteristiche di ogni distretto idrografico entro il 22 dicembre 2004. A norma dell’articolo 8 della suddetta direttiva, gli Stati membri dovevano predisporre programmi di monitoraggio dello stato delle acque entro il 22 dicembre 2006. A norma dell’articolo 15, paragrafo 2, entro tre mesi dal completamento di ognuna di queste attività sono tenuti a presentare una relazione alla Commissione.

5.        L’articolo 11 disciplina i programmi di misure che gli Stati membri devono stabilire per i distretti idrografici. Il termine per l’elaborazione è fissato al paragrafo 7:

«I programmi di misure sono approntati entro nove anni dall’entrata in vigore della presente direttiva e tutte le misure sono applicate entro 12 anni da tale data».

6.        L’articolo 13 della direttiva quadro in materia di acque disciplina l’elaborazione dei piani di gestione dei distretti idrografici. Il paragrafo 1 ne stabilisce l’obbligatorietà e il paragrafo 6 prevede il termine di pubblicazione:

«1).      Per ciascun distretto idrografico interamente compreso nel suo territorio, ogni Stato membro provvede a far predisporre un piano di gestione del bacino idrografico.

(…)

6)      I piani di gestione dei bacini idrografici sono pubblicati entro nove anni dall’entrata in vigore della presente direttiva».

7.        L’articolo 14 della direttiva quadro in materia di acque disciplina la partecipazione del pubblico:

«1)      Gli Stati membri promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all’attuazione della presente direttiva, in particolare all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrografici. Gli Stati membri provvedono affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti:

a)      il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell’inizio del periodo cui il piano si riferisce;

b)      una valutazione globale provvisoria dei problemi di gestione delle acque importanti, identificati nel bacino idrografico, almeno due anni prima dell’inizio del periodo cui si riferisce il piano;

c)      copie del progetto del piano di gestione del bacino idrografico, almeno un anno prima dell’inizio del periodo cui il piano si riferisce.

Su richiesta, si autorizza l’accesso ai documenti di riferimento e alle informazioni in base ai quali è stato elaborato il progetto del piano di gestione del bacino idrografico.

2)      Per garantire l’attiva partecipazione e la consultazione, gli Stati membri concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti in questione».

8.        Ai sensi dell’articolo 24, il termine per la trasposizione della direttiva quadro in materia di acque scadeva il 22 dicembre 2003.

2.      La direttiva VIA

9.        L’obiettivo perseguito dalla direttiva VIA è sancito all’articolo 2, paragrafo 1:

«Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti nell’articolo 4».

10.      L’articolo 1, paragrafo 5, della medesima direttiva introduce però un’eccezione per gli atti legislativi:

«La presente direttiva non si applica ai progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo nazionale specifico, inteso che gli obiettivi perseguiti dalla presente direttiva, incluso l’obiettivo della disponibilità delle informazioni, vengono raggiunti tramite la procedura legislativa».

11.      L’articolo 5 della direttiva VIA precisa quali dati vadano forniti nel contesto della valutazione dell’impatto ambientale:

«1)      Nel caso dei progetti che, a norma dell’articolo 4, devono essere oggetto di una valutazione dell’impatto ambientale a norma degli articoli da 5 a 10, gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il committente fornisca, nella forma opportuna, le informazioni specificate nell’allegato IV, qualora:

a)      gli Stati membri ritengano che le informazioni siano appropriate ad una determinata fase della procedura di autorizzazione ed alle caratteristiche peculiari d’un progetto specifico o d’un tipo di progetto e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio;

b)      gli Stati membri ritengano che si possa ragionevolmente esigere che un committente raccolga i dati, tenendo conto fra l’altro delle conoscenze e dei metodi di valutazione disponibili».

12.      L’allegato I, paragrafi 12 e 15, della direttiva VIA fa riferimento a opere per il trasferimento di risorse idriche e per il trattenimento e l’accumulo di acqua.

3.      La direttiva VAS

13.      La direttiva VAS dà una definizione di «piani e programmi» nell’articolo 2, lettera a):

«Ai fini della presente direttiva:

a)      per “piani e programmi” s’intendono i piani e i programmi, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea, nonché le loro modifiche:

–      che sono elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e

–      che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative».

14.      L’articolo 3 della direttiva VAS stabilisce quali piani e programmi debbano essere sottoposti alla valutazione. Sono determinanti in particolare i paragrafi da 1 a 5:

«1)      I piani e i programmi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, che possono avere effetti significativi sull’ambiente, sono soggetti ad una valutazione ambientale ai sensi degli articoli da 4 a 9.

2)      Fatto salvo il paragrafo 3, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi

a)      che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE, o

b)      per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE.

3)      Per i piani e i programmi di cui al paragrafo 2 che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al paragrafo 2, la valutazione ambientale è necessaria solo se gli Stati membri determinano che essi possono avere effetti significativi sull’ambiente.

4)      Gli Stati membri determinano se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al paragrafo 2, che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti, possono avere effetti significativi sull’ambiente.

5)      Gli Stati membri determinano se i piani o i programmi di cui ai paragrafi 3 e 4 possono avere effetti significativi sull’ambiente attraverso l’esame caso per caso o specificando i tipi di piani e di programmi o combinando le due impostazioni. A tale scopo gli Stati membri tengono comunque conto dei pertinenti criteri di cui all’allegato II, al fine di garantire che i piani e i programmi con probabili effetti significativi sull’ambiente rientrino nell’ambito di applicazione della presente direttiva.

6)      (…)».

15.      L’articolo 11 della direttiva VAS disciplina il rapporto esistente con le prescrizioni della direttiva VIA e altre procedure di valutazione ambientale:

«1)      La valutazione ambientale effettuata ai sensi della presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni della direttiva 85/337/CEE e qualsiasi altra disposizione della normativa comunitaria.

2)      Per i piani e i programmi in merito ai quali l’obbligo di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale risulta contemporaneamente dalla presente direttiva e da altre normative comunitarie, gli Stati membri possono prevedere procedure coordinate o comuni per soddisfare le prescrizioni della pertinente normativa comunitaria, tra l’altro al fine di evitare duplicazioni della valutazione.

3)      (…)».

16.      L’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva VAS ne ha imposto la trasposizione entro il 21 luglio 2004.

17.      L’articolo13, paragrafo 3, disciplina l’applicazione ratione temporis della direttiva VAS. Quest’ultima si applica, in linea di principio, solo ai procedimenti avviati dopo il suo termine di attuazione, mentre per quelli avviati prima si applica solo a certe condizioni:

«L’obbligo di cui all’articolo 4, paragrafo 1 si applica ai piani e ai programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo alla data di cui al paragrafo 1. I piani e i programmi il cui primo atto preparatorio formale è precedente a tale data e che sono stati approvati o sottoposti all’iter legislativo più di ventiquattro mesi dopo la stessa data sono soggetti all’obbligo di cui all’articolo 4, paragrafo 1, a meno che gli Stati membri decidano caso per caso che ciò non è possibile, informando il pubblico di tale decisione».

4.      La direttiva «uccelli»

18.      L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (6) (in prosieguo: la «direttiva “uccelli”» prevede che gli Stati membri identifichino come zone di protezione speciale (in prosieguo: le «ZPS») le zone del proprio territorio più idonee alla protezione degli uccelli di cui all’allegato I della direttiva e degli uccelli migratori.

19.      L’articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva «uccelli» disciplina la tutela delle ZPS:

«Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione di cui ai paragrafi 1 e 2, l’inquinamento e il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli, che abbiano conseguenze significative tenuto conto degli obiettivi del presente articolo».

5.      La direttiva «habitat»

20.      In base all’articolo 4, paragrafo 1, e all’allegato III (Fase 1) della direttiva «habitat», gli Stati membri propongono alla Commissione europea nomi di siti in cui si trovano habitat naturali di cui all’allegato I e specie locali di cui all’allegato II. A norma dell’articolo 4, paragrafo 2, e dell’allegato III (Fase 2), la Commissione seleziona fra le proposte ricevute i siti da inserire nell’elenco dei siti di importanza comunitaria (in prosieguo: i «SIC»).

21.      L’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva «habitat» disciplina l’applicazione ratione temporis delle norme sulla tutela dei siti:

«Non appena un sito è iscritto nell’elenco di cui al paragrafo 2, terzo comma, esso è soggetto alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4».

22.      La decisione della Commissione del 19 luglio 2006, 2006/613/CE, che adotta l’elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea, a norma della direttiva 92/43/CEE del Consiglio (7), ha incluso nell’elenco, tra gli altri, i seguenti siti:

–        «Delta Acheloou, Limnothalassa, Mesologgiou-Aitolikou, Ekvoles Evinou, Nisoi Echinades, Nisos Petalas» (GR2310001),

–        «Limni Amvrakia» (GR2310007),

–        «Limni Ozeros» (GR2310008),

–        «Limnes Trichonida kai Lysimachia» (GR2310009) e

–        «Aspropotamos» (GR1440001) (8).

23.      Secondo la banca dati EUR-Lex, tale decisione è stata notificata agli Stati membri il 19 luglio 2006 (9) e pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea in data 21 settembre 2006.

24.      Le disposizioni sulla protezione dei siti sono contenute nell’articolo 6, paragrafi 2‑4 della direttiva «habitat»:

«2)      Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

3)      Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

4)      Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.

Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».

25.      L’articolo 7 della direttiva «habitat» estende l’applicazione di tali disposizioni alle ZPS previste dalla direttiva «uccelli».

B –    Normativa greca

26.      La direttiva quadro in materia di acque è stata trasposta dalla legge 3199/2003 (10) e dal decreto presidenziale 51/2007 (11). La fattispecie riguarda modifiche apportate alla legge 3199/2003 dalla legge 3481/2006 (12).

27.      L’articolo 9 della legge 3481/2006 aggiunge all’articolo 7 della legge 3199/2003 il seguente paragrafo 5:

«5)      Fino all’approvazione del Programma nazionale di gestione e tutela delle risorse idriche dello Stato e all’adozione dei piani autonomi di gestione delle regioni è consentita la captazione di acqua da un determinato bacino idrografico, nonché il suo trasferimento in un altro bacino idrografico, sulla base di un piano di gestione approvato di tale/i bacino/i,

a)      al fine di soddisfare un fabbisogno urgente attinente all’approvvigionamento idrico per usi civili di città e insediamenti urbani,

b)      (…),

c)      (…) oppure

d)      al fine di produrre energia in grandi centrali idroelettriche di potenza superiore ai 50 MW. (....)».

28.      L’articolo 13 della legge 3481/2006 riguarda l’opera controversa:

«1)      Le opere volte a deviare parzialmente verso la Tessaglia la parte superiore del corso del fiume Acheloo rappresentano grandi opere di rilevanza nazionale.

2)      È approvato il piano di gestione dei bacini idrografici dei fiumi Acheloo e Peneo (Tessaglia) (…).

3)      Sono approvati i limiti e requisiti ambientali relativi alla realizzazione e al funzionamento delle opere volte a deviare parzialmente verso la Tessaglia la parte superiore del corso del fiume Acheloo, per i quali sono state pienamente applicate tutte le procedure previste dalle disposizioni vigenti della normativa nazionale e comunitaria in materia di ambiente e di tutela delle antichità e del patrimonio culturale, comprese quelle relative alla pubblicità e alla consultazione del pubblico interessato e dei servizi coinvolti, (…)

4)      Le opere pubbliche e della Dimosia Epicheirisi Ilektrismou (Società pubblica per l’energia elettrica della Grecia – in prosieguo: la «DEI») ultimate o in via di realizzazione nonché le opere finalizzate a deviare verso la Tessaglia il corso superiore del fiume Acheloo e a produrre energia elettrica possono essere messe in funzione o ultimate in linea con il piano di gestione approvato e con i requisiti ambientali adottati con le modalità descritte al paragrafo precedente».

III – Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

29.      La controversia sottoposta al giudice del rinvio verte sulla deviazione parziale della parte superiore del corso del fiume Acheloo (Grecia occidentale) verso il fiume Peneo (Grecia orientale, Tessaglia per la precisione). Oltre alla deviazione vera e propria l’opera comprende la costruzione di diverse dighe destinate alla produzione di energia.

30.      Il fiume Acheloo, lungo 220 chilometri e largo fino a 90 metri, nasce dalla catena montuosa del Pindo, nella zona di Metsovo, e, alimentato da numerosi affluenti, sfocia nel golfo di Patrasso a ovest di Missolungi. È uno dei principali corpi idrici del Paese e rappresenta un ecosistema fluviale particolarmente importante.

31.      Anche il fiume Peneo nasce dalla catena del Pindo, ma scorre in direzione Est, attraversando la pianura della Tessaglia per sfociare nel golfo di Salonicco.

32.      Per la realizzazione dell’opera sono stati emanati numerosi decreti ministeriali e, da ultimo, la legge 3481/2006.

33.      In particolare, con i decreti interministeriali del 1991 e del 1992 sono stati dapprima approvati i requisiti ambientali di singole opere tecniche rientranti nel piano complessivo di deviazione delle acque del fiume Acheloo verso la Tessaglia. Tali decreti interministeriali sono stati annullati da decisioni del Consiglio di Stato greco del 1994.

34.      In seguito a queste decisioni è stato elaborato uno studio di impatto ambientale unico riguardante il complesso delle opere di deviazione, a cura del ministero dell’Ambiente, dell’Assetto territoriale e dei Lavori pubblici. Nel 1995 sono stati adottati due decreti ministeriali relativi all’assetto territoriale e ai requisiti ambientali. Anche questi decreti sono stati annullati nel 2000 con decisione del Consiglio di Stato.

35.      Dopo tale decisione di annullamento del Consiglio di Stato greco il Ministero dell’Ambiente, dell’Assetto territoriale e dei Lavori pubblici ha elaborato uno studio di impatto ambientale integrativo riguardante la deviazione del fiume Acheloo verso la Tessaglia. Nel 2003 è stato adottato un decreto interministeriale che approvava i requisiti ambientali per la realizzazione e il funzionamento dell’opera. Tale decreto interministeriale è stato annullato nel 2005 con decisione del Consiglio di Stato.

36.      Il 6 luglio 2006, nell’ambito dell’iter per l’emanazione della legge 3481/2006, sono quindi state presentate proposte normative comprendenti i piani di gestione dei bacini idrografici dell’Acheloo e del Peneo e l’approvazione dell’opera di cui sopra. La legge approvata, comprensiva di queste norme, è entrata in vigore alla data di pubblicazione, il 2 agosto 2006.

37.      Nella causa principale, i ricorrenti Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias (Amministrazione autonoma provinciale dell’Etolia‑Acarnania) e a. chiedono l’annullamento dell’opera nel suo complesso. Per deliberare in merito a tale richiesta, il Consiglio di Stato greco sottopone alla Corte di giustizia le quattordici questioni pregiudiziali che seguono:

«1.      Se con la disposizione dell’articolo 13, paragrafo 6, della direttiva quadro in materia di acque venga introdotto semplicemente un limite temporale massimo (22 dicembre 2009) per la predisposizione dei piani di gestione delle risorse idriche o se quella data rappresenti un termine specifico per la trasposizione delle disposizioni pertinenti degli articoli 3, 4, 5, 6, 9, 13 e 15 di detta direttiva.

2.      Nel caso in cui la Corte di giustizia giudichi che la disposizione in esame della direttiva introduce semplicemente un limite temporale massimo per la predisposizione dei piani di gestione delle risorse idriche, occorrerà inoltre proporre la seguente questione pregiudiziale:

Se una normativa nazionale, che consente il trasferimento di acqua da un determinato bacino idrografico ad un altro senza che siano stati ancora elaborati i piani per i distretti idrografici all’interno dei quali si trovano i bacini idrografici dai quali e verso i quali si realizzerà il trasferimento di acqua, sia conforme alle disposizioni degli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 9, 13 e 15 della direttiva quadro in materia di acque, considerato in particolare che, in forza dell’articolo 2, paragrafo 15, di detta direttiva, la principale unità per la gestione del bacino idrografico è costituita dal distretto idrografico cui appartiene.

3.      In caso di soluzione affermativa della questione precedente occorrerà inoltre proporre la seguente questione pregiudiziale:

Se, ai sensi degli articoli 2, 3, 5, 6, 9, 13 e 15 della direttiva quadro in materia di acque, sia consentito il trasferimento di acqua da un distretto idrografico ad un distretto idrografico vicino; in caso di risposta affermativa, se lo scopo di tale trasferimento possa essere esclusivamente il soddisfacimento del fabbisogno di acqua potabile o possa essere anche la destinazione all’irrigazione e alla produzione di energia. In ogni caso se, ai sensi delle disposizioni summenzionate della direttiva, occorra una decisione dell’amministrazione motivata e adottata sulla base del necessario studio scientifico, che accerta che il distretto idrografico di destinazione non è in grado di far fronte con le proprie risorse idriche al proprio fabbisogno di acqua potabile, irrigazione ed altro.

4.      Nel caso in cui la Corte di giustizia delle Comunità europee risolva la questione sub 1) dichiarando che la disposizione dell’articolo 13, paragrafo 6, della direttiva quadro in materia di acque non introduce semplicemente un limite temporale massimo (22 dicembre 2009) per la predisposizione dei piani di gestione delle risorse idriche, ma istituisce un termine specifico per la trasposizione delle disposizioni pertinenti degli articoli 3, 4, 5, 6, 9, 13 e 15 di detta direttiva, occorrerà inoltre proporre la seguente questione pregiudiziale:

Se una normativa nazionale, adottata entro il termine specifico di trasposizione di cui sopra, che consente il trasferimento di acqua da un determinato bacino idrografico ad un altro, senza che siano ancora stati elaborati i piani per i distretti idrografici all’interno dei quali si trovano i bacini idrografici dai quali e verso i quali si realizzerà il trasferimento di acqua, metta senz’altro in pericolo l’effetto utile della direttiva in parola o se, nell’esaminare se sia messo in pericolo l’effetto utile della direttiva, occorra prendere in considerazione criteri come la scala degli interventi previsti e gli scopi del trasferimento di acqua.

5.      Se sia conforme agli articoli 13, 14 e 15 della direttiva quadro in materia di acque, che riguardano le procedure di informazione, consultazione e partecipazione del pubblico, una disciplina normativa adottata da un parlamento nazionale e con la quale vengono approvati i piani di gestione dei bacini idrografici, qualora le norme nazionali pertinenti non prevedano una fase di consultazione del pubblico nel corso della procedura dinanzi al parlamento nazionale e qualora dagli elementi del fascicolo non risulti che è stata seguita la procedura di consultazione dinanzi all’amministrazione prevista dalla direttiva.

6.      Se, ai sensi della direttiva VIA, uno studio di impatto ambientale che riguarda la costruzione di opere di trattenimento e il trasferimento di acqua e che è stato presentato all’approvazione del parlamento nazionale dopo l’annullamento giudiziale dell’atto con cui era già stato approvato e per cui era già stata seguita la procedura di pubblicità, senza seguire nuovamente tale procedura, soddisfi i requisiti di informazione e di partecipazione del pubblico di cui agli articoli 1, 2, 5, 6, 8 e 9 della summenzionata direttiva.

7.      Se rientri nell’ambito di applicazione della direttiva VAS un piano di deviazione di un fiume che:

a)      comporta la costruzione di opere di trattenimento e il trasferimento di acqua da un distretto idrografico ad un altro;

b)      rientra nell’ambito di applicazione della direttiva quadro in materia di acque;

c)      riguarda opere previste dalla direttiva VIA e

d)      può avere un impatto ambientale su zone di cui alla direttiva “habitat”.

8.      In caso di soluzione affermativa della questione precedente occorrerà inoltre proporre la seguente questione pregiudiziale:

Se, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva VAS, possano essere considerati atti formali preparatori adottati prima del 21 luglio 2004, in modo che non vi sia l’obbligo di elaborazione di uno studio di valutazione ambientale strategica, atti che riguardavano l’opera controversa e che sono stati annullati retroattivamente con decisioni giudiziali.

9.      Qualora la questione pregiudiziale precedente venga risolta negativamente, occorrerà inoltre proporre la seguente questione pregiudiziale:

Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva VAS, nel caso in cui un piano rientri contemporaneamente nell’ambito di applicazione della direttiva di cui trattasi e in quelli della direttiva quadro in materia di acque e della direttiva VIA, che prevedono anch’esse una valutazione dell’impatto ambientale dell’opera, se siano sufficienti per il rispetto delle prescrizioni della direttiva VAS gli studi effettuati sulla base di quanto previsto nelle altre due direttive, oppure se sia necessario effettuare una valutazione ambientale strategica autonoma.

10.      Se, ai sensi degli articoli 3, 4 e 6 della direttiva “habitat”, le zone che erano comprese negli elenchi nazionali dei siti di importanza comunitaria (SIC) e che, da ultimo, sono state incluse nell’elenco comunitario dei siti di importanza comunitaria, rientrassero nella sfera di tutela della direttiva “habitat” 92/43/CEE, prima della pubblicazione della decisione della Commissione del 19 luglio 2006, 2006/613/CE, che adotta un elenco dei siti di importanza comunitaria protetti per la regione biogeografica mediterranea.

11.      Se sia possibile, ai sensi degli articoli 3, 4 e 6 della direttiva “habitat”, che le autorità nazionali competenti rilascino un’autorizzazione per la realizzazione di un piano di deviazione di acque, non direttamente connesso o necessario a preservare un’area che rientra in una zona di protezione speciale, quando in tutti gli studi acclusi al fascicolo relativo a tale opera è constatata l’assoluta mancanza di elementi oppure l’assenza di dati attendibili e attuali relativi all’avifauna in quell’area.

12.      Se, ai sensi degli articoli 3, 4 e 6 della direttiva “habitat”, i motivi per i quali è intrapreso un piano di deviazione di acque, attinenti principalmente all’irrigazione e, in subordine, alla fornitura di acqua potabile, possano configurare l’interesse pubblico imperativo richiesto dalla direttiva di modo che sia consentita la realizzazione di tale opera, nonostante il suo impatto negativo sulle aree tutelate dalla direttiva summenzionata.

13.      In caso di soluzione affermativa della questione precedente occorrerà inoltre proporre la seguente questione pregiudiziale:

Se, ai sensi degli articoli 3, 4 e 6 della direttiva “habitat”, per determinare l’idoneità delle misure compensative necessarie a garantire la tutela della coerenza globale di un sito Natura 2000 sul quale incide un piano di deviazione di acque, debbano essere presi in considerazione criteri quali l’estensione di tale deviazione e l’entità dei lavori che essa richiede.

14.      Se, ai sensi degli articoli 3, 4 e 6 della direttiva “habitat”, interpretati alla luce del principio di sviluppo sostenibile, quale sancito all’articolo 6 del Trattato CE (ora articolo 11 del TFUE), le autorità nazionali competenti possano rilasciare un’autorizzazione per la realizzazione di un piano di deviazione di acque all’interno di un sito Natura 2000, non direttamente connesso o necessario alla tutela della coerenza di tale sito, qualora dallo studio di impatto ambientale del piano di cui trattasi risulti che esso avrebbe come conseguenza la trasformazione di un ecosistema fluviale naturale in un ecosistema fluviale e lacustre antropizzato».

38.      Hanno formulato osservazioni scritte le seguenti parti: (tra le altre province occidentali) l’amministrazione autonoma provinciale dell’Etolia‑Akarnania, (tra le altre province tessaliche) le amministrazioni provinciali Làrisa, Magnesia (13), Kardítsa e Tríkala (14), la società produttrice di energia elettrica Dimosia Epicheirisi Ilektrismou (in prosieguo: la «DEI»), la Repubblica ellenica, il regno di Norvegia e la Commissione europea. Ad eccezione della Norvegia, le medesime parti erano rappresentate anche all’udienza del 24 maggio 2011.

IV – Valutazione giuridica

39.      Il Consiglio di Stato sottopone quattordici questioni complesse, che esaminerò nell’ordine, inerenti all’interpretazione di quattro distinte direttive: il punto cruciale della causa attiene alla direttiva quadro in materia di acque (v., in merito, parte A) che tuttavia, per ragioni cronologiche, trova essenzialmente applicazione per i suoi effetti preliminari (15). Va poi risolta una questione attinente alla direttiva VIA, per l’esattezza ai requisiti da essa stabiliti per l’autorizzazione di un progetto per via legislativa (v., in merito, parte B). Vanno inoltre analizzate l’applicabilità ratione temporis e ratione materiae della direttiva VAS e la possibilità di una valutazione ambientale combinata ai sensi di tale direttiva, della direttiva quadro in materia di acque e della direttiva VIA (v., in merito, parte C). Per concludere saranno affrontate diverse questioni relative all’applicabilità della direttiva «habitat» e ai requisiti che impone al progetto controverso (v., in merito, parte D).

40.      In primo luogo va comunque segnalato che l’argomentazione della DEI secondo cui il progetto di diga di Mesohora andrebbe scisso dal resto dell’opera non assume alcun rilievo per il procedimento di pronuncia pregiudiziale. Poiché il Consiglio di Stato non ha sottoposto questioni al riguardo, la Corte di giustizia non può pronunciarsi in merito.

A –    Sulla direttiva quadro in materia di acque

41.      La prima questione del Consiglio di Stato è rivolta ad accertare se le disposizioni pertinenti della direttiva quadro in materia di acque fossero già applicabili alla legge 3481/2006 (v. sez. 1). Di seguito si deve chiarire se il trasferimento di acqua tra distretti idrografici sia lecito (v. sez. 2), poi se un siffatto trasferimento presupponga l’esistenza di piani di gestione ai sensi della direttiva quadro in materia di acque (v. sez. 3), quali scopi possano giustificare un trasferimento (v. sez. 4) e in quale misura vadano esplorate alternative (v. sez. 5). Poiché giungo alla conclusione che tali norme non erano ancora applicabili ratione temporis, assumono un’importanza cruciale i loro effetti preliminari (v. sez. 6). Infine, il Consiglio di Stato sottopone anche una questione sulla partecipazione del pubblico all’adozione dei piani di gestione, una delle prescrizioni della direttiva quadro in materia di acque (v. sez. 7).

1.      Sulla prima questione – Il momento dell’applicazione dell’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque

42.      Con la prima questione il Consiglio di Stato intende sapere se, con l’articolo 13, paragrafo 6, della direttiva quadro in materia di acque, venga introdotto semplicemente un limite temporale massimo per la predisposizione dei piani di gestione oppure un termine specifico per la trasposizione delle disposizioni della direttiva che si riferiscono a tali piani.

43.      L’articolo 13, paragrafo 6, della direttiva quadro in materia di acque prevede che i piani di gestione siano pubblicati entro nove anni dall’entrata in vigore della direttiva, cioè entro il 22 dicembre 2009. A norma dell’articolo 24, il termine per la trasposizione della direttiva scadeva invece già il 22 dicembre 2003.

44.      Ai fini della causa principale e del rinvio è rilevante soprattutto l’interazione tra i piani di gestione e l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque, la disposizione che racchiude gli obiettivi ambientali essenziali della direttiva. L’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), punto i), obbliga gli Stati membri ad attuare le misure necessarie per impedire che si deteriori lo stato di tutti i corpi idrici superficiali, compreso quindi il fiume Acheloo. L’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), punti ii) e iii), li obbliga inoltre a proteggere, migliorare e ripristinare tutti i corpi idrici superficiali al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali entro 15 anni dall’entrata in vigore della direttiva, cioè entro il 22 dicembre 2015.

45.      In linea di principio la Grecia era tenuta a trasporre anche l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque entro il termine di tre anni prescritto dall’articolo 24 (16). Gli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4, paragrafo 1, non valgono però per qualsiasi atto, ma solo nel rendere operativi i programmi di misure specificati nei piani di gestione. I piani di gestione sono soggetti alla fase transitoria di nove anni di cui all’articolo 13, paragrafo 6. A norma dell’articolo 11, paragrafo 7, si applica un’identica fase transitoria all’elaborazione dei programmi di misure. L’attuazione di tali programmi deve aver luogo entro i tre anni successivi, cioè entro il 22 dicembre 2012.

46.      Tali piani e programmi, pertanto, dovevano essere pronti, e iniziare a essere attuati, solo dal 22 dicembre 2009. Entro la fine dell’anno prossimo dovrà essere conclusa l’attuazione dei programmi di misure. Di conseguenza, le autorità greche sono tenute ad applicare l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque dalla fine del 2009, ossia a verificare se, alla luce degli obiettivi ambientali, provvedimenti già autorizzati come il progetto di deviazione in oggetto possano ancora essere attuati o se invece debbano essere modificati o addirittura, eventualmente, annullati.

47.      È però possibile che gli obblighi vigenti dalla fine del 2009 non abbiano una rilevanza immediata per la controversia principale, che verte sulla validità di determinate disposizioni della legge 3481/2006. Si deve infatti partire dal presupposto che a tale riguardo, secondo le norme processuali interne applicabili, è decisiva la situazione giuridica al momento dell’emanazione della legge. Nel 2006 però, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 6, e dell’articolo 11, paragrafo 7, della direttiva quadro in materia di acque, non vigeva ancora l’obbligo dell’esistenza di piani di gestione o programmi di misure. In mancanza di tali piani e programmi gli obblighi derivanti dall’articolo 4 non potevano ancora essere attuati, sebbene fosse scaduto il termine di trasposizione.

48.      Tuttavia l’articolo 13, paragrafo 2, della legge 3481/2006 ha approvato piani di gestione per i fiumi Acheloo e Peneo. Se il Consiglio di Stato statuisse che si tratta di piani ai sensi dell’articolo 13 della direttiva quadro in materia di acque, potrebbe anche giungere alla conclusione che il progetto controverso fa parte di un programma di misure ai sensi dell’articolo 11 della direttiva.

49.      Si potrebbe perciò intendere la prima questione anche nel senso di appurare se l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque fosse già applicabile a una data in cui, sebbene non fossero ancora scaduti i termini per la creazione delle premesse della sua applicazione, tali premesse già esistevano.

50.      A questo proposito occorre anzitutto rilevare che, secondo l’assetto normativo della direttiva, alla data in oggetto non vigeva ancora alcun obbligo in merito. L’obbligo di applicare l’articolo 4 è sorto solo alla scadenza del termine per l’elaborazione dei piani di gestione e dei programmi di misure. Prima di tale data le normative dell’Unione europea consentivano di non applicare ancora l’articolo 4.

51.      A prescindere dalle normative dell’Unione, ciò non esclude l’obbligo di applicare le disposizioni di diritto interno volte a trasporre la direttiva quadro in materia di acque, e in particolare l’articolo 4, ai piani di gestione e ai programmi di misure elaborati prima della scadenza (17). In genere la volontà del legislatore che opera la trasposizione è che tali piani e programmi siano applicati allo stesso modo prima e dopo la scadenza del termine per la loro predisposizione.

52.      Nella fattispecie vi è però la particolarità che il piano di gestione in oggetto e le eventuali relative misure, specialmente l’autorizzazione del progetto controverso, sono stati adottati sotto forma di legge volta a modificare le norme greche che avevano trasposto la direttiva quadro in materia di acque (18). Sembra quindi inverosimile che le norme interne di trasposizione della direttiva quadro in materia di acque possano ostacolare il progetto controverso.

53.      La prima questione va quindi risolta come segue: gli articoli 13, paragrafo 6, e 11, paragrafo 7, della direttiva quadro in materia di acque non stabiliscono un termine per la trasposizione dell’articolo 4 della direttiva, ma solo un limite temporale massimo per la predisposizione dei piani di gestione o dei programmi di misure. La direttiva, tuttavia, non impone di applicare l’articolo 4 prima della scadenza di quel limite.

54.      Alla luce di questa soluzione è lecito supporre che le questioni nn. 2 e 3, sottoposte in via condizionale e riguardanti i requisiti imposti dalla direttiva quadro in materia di acque per il trasferimento di acque verso altri distretti idrografici, non rivestano più un interesse immediato per il Consiglio di Stato. Tuttavia, potendo essere illuminanti nel determinare gli effetti preliminari della direttiva, saranno comunque affrontate, a fini di ausilio, nelle sezioni 2‑5 che seguono.

 2. Sulla prima parte della terza questione – Ammissibilità del trasferimento di acque verso altri distretti idrografici

55.      Va dapprima analizzata la prima parte della terza questione, ossia se il trasferimento di acque da un distretto idrografico a un distretto vicino possa mai essere conforme alla direttiva quadro in materia di acque.

56.      Al riguardo il Consiglio di Stato fa già notare che la direttiva quadro in materia di acque non disciplina in alcun modo il trasferimento di acque tra distretti idrografici. Di conseguenza, giustamente, il Consiglio di Stato non presuppone che vi sia un divieto assoluto di trasferimento delle acque.

57.      Il fatto che, come sottolinea il Consiglio di Stato, l’allegato I, n. 12, della direttiva VIA faccia riferimento a progetti di trasferimento di risorse idriche non cambia nulla al proposito. La DEI spiega opportunamente che la direttiva VIA non approva né vieta i progetti di cui nei suoi allegati. Un trasferimento di acque tra due distretti idrografici può avere incidenze significative sull’ambiente. Se così fosse sarebbe da prevedere la sua non conformità agli obiettivi ambientali sanciti nell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva quadro in materia di acque. Tuttavia l’articolo 4, a determinate condizioni, consente di derogare a tali obiettivi.

58.      L’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque assume pertanto rilevanza particolare.

a)      Sugli obblighi di conservazione e ripristino sanciti dall’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque

59.      L’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva quadro in materia di acque obbliga gli Stati membri a impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali e a fare in modo che questi ultimi siano in buono stato entro la fine del 2015. Per i corpi idrici artificiali o quelli fortemente modificati gli obiettivi minimi sono un buon potenziale ecologico ed un buono stato chimico.

60.      I criteri per determinare se il fiume Acheloo debba essere considerato un corpo idrico artificiale o fortemente modificato sono rinvenibili all’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva quadro in materia di acque. Sembra però poco probabile che si operi una classificazione del genere prima di eseguire l’opera di deviazione. In prosieguo, quindi, darò per scontato che questo fiume non sia un corpo idrico artificiale o fortemente modificato.

61.      Di conseguenza, secondo l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva quadro in materia di acque, in linea di principio la Grecia deve impedire che lo stato del fiume Acheloo sia ulteriormente deteriorato e perfino attuare le misure necessarie per riportarlo in buono stato se non lo fosse. La Grecia, pertanto, deve rimuovere tanto gli effetti dannosi dei progetti esistenti quanto i deterioramenti dello stato delle acque prodotti in passato.

b)      Sull’applicazione dell’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque ai progetti

62.      L’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque non contiene obblighi di carattere solo programmatico, ma interessa anche i singoli progetti, perlomeno quando incidono sullo stato di un corpo idrico in misura sensibile. L’articolo 4, paragrafo 7, infatti, consente che nuove modifiche o alterazioni deteriorino lo stato di un corpo idrico in presenza di determinate condizioni. Tali modifiche possono assumere la forma di progetti.

63.      Di conseguenza, in linea di principio il progetto di deviazione va inserito anch’esso nel programma di misure del distretto idrografico del fiume Acheloo. Secondo l’allegato VI, parte B, della direttiva quadro in materia di acque, infatti, tali programmi possono avere per oggetto anche la riduzione delle estrazioni (punto viii) e progetti di costruzione (punto xi).

c)      Sul buono stato delle acque

64.      L’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque, pertanto, può opporsi al trasferimento di acque verso un altro distretto idrografico se tale trasferimento impedisce di conservare o raggiungere un buono stato delle acque.

65.      La direttiva quadro in materia di acque dà una definizione dello stato delle acque da perseguire. Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 18, lo stato di un corpo idrico superficiale è considerato buono quando si può definire almeno «buono» sotto il profilo sia ecologico sia chimico. La buona qualità chimica, a norma dell’articolo 2, paragrafo 24, è riferita alla concentrazione di inquinanti, mentre i requisiti da soddisfare perché si possa parlare di uno stato ecologico buono risultano dall’articolo 2, paragrafo 22, e dall’allegato V.

66.      È vero che la deviazione parziale del corso di un fiume, ossia l’estrazione di notevoli quantità di acqua da un distretto idrografico, non è espressamente contemplata nei criteri da soddisfare perché un corpo idrico superficiale possa definirsi in buono stato. La Commissione europea, però, rileva condivisibilmente che l’arginazione di un corpo idrico superficiale a scopo di deviazione parziale produce incidenze sul suo stato. Anche la riduzione della quantità di acqua può condizionare negativamente lo stato ecologico o chimico di un corpo idrico. Secondo l’allegato V, punto 1.1.1., della direttiva quadro in materia di acque, pertanto, nel valutare lo stato di un fiume vanno considerati anche il regime idrologico, cioè soprattutto il deflusso idrico, e le condizioni morfologiche, cioè le variazioni di profondità e larghezza del fiume, la struttura e il sostrato dell’alveo e infine la struttura della zona ripariale. Di conseguenza, l’allegato VI, parte B, punto viii), prevede che i programmi di misure possano comprendere la riduzione delle estrazioni, l’articolo 8, paragrafo 1, primo trattino, punto i), esige che siano monitorati il volume e il livello o la proporzione del flusso idrico in quanto rilevanti ai fini dello stato ecologico e chimico e del potenziale ecologico delle acque superficiali, e infine, sotto il profilo della quantità di acqua, il quarantunesimo considerando segnala l’opportunità di istituire principi generali per limitare l’estrazione e l’arginazione, al fine di garantire uno sviluppo sostenibile dei sistemi idrici interessati sotto il profilo ambientale.

67.      Se il Consiglio di Stato, su queste basi, dovesse giungere alla conclusione che il progetto di deviazione impedisce di conservare o di raggiungere un buono stato delle acque, ciò lo renderebbe non conforme agli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva quadro in materia di acque.

d)      Sulle deroghe agli obiettivi ambientali

68.      L’inosservanza degli obiettivi ambientali, tuttavia, non è un ostacolo insormontabile per un progetto. L’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque, infatti, prevede anche determinate deroghe a tali obiettivi.

69.      L’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva quadro in materia di acque consente di prorogare i termini per il raggiungimento di un buono stato delle acque. Ciò riguarda in primo luogo l’obbligo di ripristinare il buono stato delle acque, mentre il divieto di deterioramento non viene relativizzato. Non è pertanto possibile applicare tale disposizione per autorizzare una misura che incida sullo stato delle acque.

70.      L’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva quadro in materia di acque consente di fissare obiettivi ambientali meno rigorosi, per corpi idrici specifici, se le incidenze dell’attività umana hanno reso il conseguimento degli obiettivi generali non fattibile o esageratamente oneroso e se ricorrono determinate altre condizioni. Questa disposizione può eventualmente assumere rilievo una volta eseguita l’opera di deviazione, ma non può ancora valere in fase di autorizzazione del progetto.

71.      Neanche il disposto dell’articolo 4, paragrafo 6, della direttiva quadro in materia di acque è pertinente, in quanto riguarda solo il deterioramento temporaneo dello stato delle acque.

72.      Per il caso qui esaminato di un nuovo progetto, la valutazione della liceità di una deroga rispetto agli obiettivi ambientali va piuttosto effettuata alla luce dell’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva quadro in materia di acque. Questa norma disciplina nel dettaglio i possibili modi di giustificare il fatto che un nuovo progetto deroghi agli obiettivi ambientali dell’articolo 4, paragrafo 1, con la presenza di interessi rilevanti. Ulteriori condizioni da osservare per poter derogare al paragrafo 1 risultano dall’articolo 4, paragrafi 8 e 9. Le condizioni di cui all’articolo 4, paragrafi 7‑9, sono parzialmente riprese nei restanti elementi della seconda e della terza questione pregiudiziale.

73.      Nel caso in cui la Corte di giustizia risolva la prima parte della terza questione del Consiglio di Stato, ne risulterà in sintesi la seguente soluzione: l’autorizzazione al trasferimento di acque da un distretto idrografico a un distretto vicino è conforme alla direttiva quadro in materia di acque se soddisfa i requisiti di cui all’articolo 4, paragrafi 1, 7, 8 e 9 della direttiva.

 3. Sulla seconda questione – Necessità dei piani di gestione dei distretti idrografici

74.      Con la seconda questione il Consiglio di Stato intende sapere se una normativa nazionale sia conforme alla direttiva quadro in materia di acque nel caso in cui consenta di trasferire acque da un dato bacino idrografico a un altro senza che siano già stati elaborati i piani dei distretti idrografici di cui fanno parte tali bacini.

75.      A prima vista sembra una questione ipotetica, in quanto la legge 3481/2006 approva i piani di gestione di entrambi i bacini idrografici interessati. Non risulta che i rispettivi distretti comprendano altri bacini ancora privi di piani di gestione. È però la validità dei piani di gestione approvati che è messa in dubbio. Per di più il Consiglio di Stato è del parere che, ai sensi degli articoli 3, paragrafo 1, 5, paragrafo 1, 11, paragrafo 1, e dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva quadro in materia di acque, non si dovrebbe consentire la deliberazione separata di piani di gestione e programmi di misure per singoli bacini idrografici, come in questo caso, ma che servirebbe piuttosto una programmazione complessiva su scala nazionale o regionale. Secondo il Consiglio di Stato, in mancanza di ciò non sarebbe mai consentito il trasferimento di acque da un distretto idrografico all’altro. Si tratta quindi di accertare non solo se siano disponibili i piani di gestione dei distretti idrografici concretamente interessati, ma anche se tali piani debbano essere disponibili per il resto del territorio greco.

76.      L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva quadro in materia di acque impone di assegnare ogni bacino idrografico ad un distretto idrografico. Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, per ciascun distretto idrografico interamente compreso nel suo territorio, ogni Stato membro provvede a predisporre un piano di gestione del bacino idrografico. Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, per ciascun distretto idrografico o parte di distretto idrografico internazionale compreso nel suo territorio, ogni Stato membro prepara inoltre un programma di misure volto a realizzare gli obiettivi dell’articolo 4, tenendo conto dell’esito delle analisi da eseguire in precedenza come da articolo 5.

77.      Pur essendo gli Stati membri obbligati ad elaborare un piano di gestione per ogni distretto idrografico entro la scadenza del termine, da queste disposizioni non discende automaticamente che un trasferimento di acque tra distretti idrografici sia illecito fintantoché non sussistano i piani di gestione di tutti i distretti idrografici dello Stato membro.

78.      Come già spiegato, tuttavia, l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque può ostare a un trasferimento del genere qualora esso impedisca di conservare o di raggiungere il buono stato di un corpo idrico superficiale. Nella fattispecie il trasferimento sarebbe quindi consentito solo se fossero soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 7.

79.      L’articolo 4, paragrafo 7, lettera b), della direttiva quadro in materia di acque impone di illustrare specificamente le motivazioni di un progetto non conforme agli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4, paragrafo 1, nel piano di gestione del bacino idrografico di cui all’articolo 13 e di rivederne gli obiettivi ogni sei anni. Inoltre, l’articolo 4, paragrafo 8, impone di assicurarsi, per ogni deroga, che essa non pregiudichi la realizzazione degli obiettivi della direttiva in altri corpi idrici dello stesso distretto idrografico.

80.      Da ciò consegue che i distretti idrografici interessati devono essere analizzati in modo articolato e che la loro gestione deve essere programmata prima di consentire l’attuazione di misure non conformi agli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva quadro in materia di acque.

81.      Viceversa, la direttiva quadro in materia di acque non contiene disposizioni che condizionino espressamente le misure non conformi all’analisi di altri distretti idrografici o all’elaborazione dei piani di gestione dei bacini idrografici che ne fanno parte. Tali analisi e pianificazioni possono rivelarsi necessarie solo in casi specifici, nella misura in cui il ricorso ad altri distretti idrografici rappresenti una possibile alternativa al trasferimento previsto.

82.      Nel caso in cui la Corte di giustizia risolvesse la questione in esame, dovrebbe quindi precisare che, prima che sia consentito attuare misure non conformi agli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva quadro in materia di acque, i distretti idrografici interessati dovranno essere oggetto di un’analisi articolata e la loro gestione dovrà essere programmata. L’analisi di altri distretti idrografici e i piani di gestione dei relativi bacini idrografici saranno necessari solo nel caso in cui il ricorso a questi distretti rappresenti un’alternativa possibile alle misure previste.

 4. Sulla seconda parte della terza questione – Gli obiettivi consentiti di una deviazione

83.      Con la seconda parte della terza questione il Consiglio di Stato intende sapere se la deviazione debba avere come scopo esclusivamente il soddisfacimento di un fabbisogno di acqua potabile oppure se la deviazione possa servire anche all’irrigazione e alla produzione di energia.

84.      A questo proposito si desume dall’articolo 4, paragrafo 7, lettera c), della direttiva quadro in materia di acque che le motivazioni delle modifiche o alterazioni devono rivestire un interesse pubblico prioritario e/o che i vantaggi per l’ambiente e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 4, paragrafo 1, devono essere inferiori ai vantaggi per la salute umana, il mantenimento della sicurezza umana o lo sviluppo sostenibile, derivanti dalle modifiche o alterazioni.

85.      In genere un’adeguata fornitura di acqua potabile alla popolazione rappresenta un interesse pubblico prioritario e, oltre a ciò, in linea di principio assume grande importanza anche per la salute umana. Difatti il quindicesimo considerando della direttiva quadro in materia di acque annovera la fornitura idrica tra i servizi di interesse generale.

86.      Peraltro le amministrazioni provinciali di Karditsa e Trikala fanno giustamente osservare che l’articolo 4, paragrafo 3, lettera a), punto iii), della direttiva quadro in materia di acque riconosce in linea di principio anche alla produzione di energia e all’irrigazione, oltre che alla fornitura di acqua potabile, un interesse pubblico giustificato. Essendo però di natura prevalentemente economica, i primi due interessi rivestono un’importanza inferiore rispetto alla fornitura di acqua potabile.

87.      Malgrado i suoi effetti negativi sull’ambiente, l’energia idroelettrica rimane comunque un tipico esempio di produzione energetica sostenibile.

88.      Non si può escludere a priori che anche l’irrigazione di terreni agricoli possa essere considerata di interesse pubblico prioritario oppure, forse, una misura per lo sviluppo sostenibile. Rendere possibile l’irrigazione in determinate zone può infatti essere un legittimo obiettivo di politica agricola per uno Stato membro.

89.      Riconoscere l’esistenza di questi obiettivi non significa però che bastino necessariamente a giustificare il progetto. In entrambe le varianti citate nell’articolo 4, paragrafo 7, lettera c), della direttiva quadro in materia di acque, lo scopo giustificativo di una misura si riduce infatti alla ponderazione tra la sua utilità e i suoi effetti negativi sul mantenimento o il raggiungimento di un buono stato delle acque. Per le misure benefiche per la salute umana, il mantenimento della sicurezza umana o lo sviluppo sostenibile, questa ponderazione è espressamente prevista. Se l’interesse pubblico che riveste una misura è diverso – e per sua natura meno importante – a maggior ragione dovrà essergli attribuito un peso maggiore rispetto ai suoi effetti negativi perché possa essere riconosciuto come «prioritario».

90.      In tale ponderazione gli Stati membri devono disporre di un margine di manovra adeguato, in quanto si tratta di una decisione complessa che comprende una componente previsionale (19). Tuttavia, soprattutto in riferimento all’interesse per l’irrigazione, va considerato l’argomento avanzato dall’amministrazione provinciale dell’Etolia‑Acarnania e a. secondo cui la coltura del cotone può essere particolarmente dannosa per l’ambiente (20). L’interesse che riveste una forma di agricoltura particolarmente dannosa assume un rilievo proporzionalmente inferiore. All’osservazione dell’amministrazione provinciale dell’Etolia‑Acarnania e a. non si può però eccepire in modo incondizionato che la politica agricola europea sarebbe contraria alla coltivazione del cotone. Al contrario, il sostegno a questa coltura è tuttora sancito nel diritto primario, ossia nel Protocollo 4 concernente il cotone allegato all’Atto di adesione della Repubblica ellenica (21), e si realizza di conseguenza anche nel diritto derivato (22).

91.      La seconda parte della terza questione si dovrebbe perciò eventualmente risolvere affermando che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 7, lettera c), della direttiva quadro in materia di acque, gli obiettivi della fornitura di acqua potabile, dell’irrigazione e dell’approvvigionamento energetico possono giustificare misure non conformi agli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4, paragrafo 1, purché tali misure contribuiscano alla realizzazione di questi tre obiettivi in misura maggiore di quanto non ostacolino la realizzazione degli obiettivi ambientali.

 5. Sulla terza parte della terza questione – Esame delle alternative

92.      Per determinare il peso da attribuire agli obiettivi di cui sopra assume rilievo, insieme ad altri fattori, la terza parte della terza questione. Il Consiglio di Stato intende sapere se ogni decisione motivata dell’amministrazione debba essere assunta in base a uno studio scientifico comunque necessario, da cui risulti che il distretto idrografico beneficiario non è in grado di soddisfare il fabbisogno esistente in materia di acqua potabile, irrigazione ecc. con risorse idriche proprie.

93.      Come rappresenta la Commissione, la necessità di accertare il fabbisogno del distretto beneficiario risulta dall’esame delle alternative previsto all’articolo 4, paragrafo 7, lettera d), della direttiva quadro in materia di acque. Ai sensi di tale disposizione, affinché una deroga agli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4, paragrafo 1, sia giustificata, occorre anche che, per ragioni di fattibilità tecnica o sproporzione dei costi, i vantaggi derivanti da tali modifiche o alterazioni del corpo idrico non possano essere conseguiti con altri mezzi che rappresenterebbero una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale.

94.      Di conseguenza, prima di eseguire un’opera di deviazione va verificato se il distretto idrografico beneficiario possa soddisfare il suo fabbisogno idrico con risorse proprie a costi ragionevoli e se tale soluzione risulti notevolmente migliore sul piano ambientale. In questo contesto andrebbe anche valutata la possibilità di orientare l’attività agricola verso altre colture meno bisognose di irrigazione (23).

95.      L’esito di tale verifica fa parte delle motivazioni che la direttiva quadro in materia di acque ritiene necessarie per un’eventuale opera di deviazione. A norma dell’articolo 4, paragrafo 7, lettera b), tale esito andrebbe pertanto esposto in modo dettagliato nel piano di gestione.

96.      La terza parte della terza questione si dovrebbe quindi risolvere come segue: ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 7, lettere b) e d), della direttiva quadro in materia di acque, nel piano di gestione va illustrato che il distretto idrografico beneficiario non può soddisfare il suo fabbisogno idrico a costi ragionevoli con risorse proprie oppure che ciò non costituirebbe una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale.

 6. Sulla quarta questione – Effetti preliminari della direttiva quadro in materia di acque

97.      Il Consiglio di Stato sottopone la quarta questione nell’eventualità in cui la direttiva quadro in materia di acque, e specialmente l’articolo 4, non debba essere applicata al progetto controverso ratione temporis. Dato il parere qui espresso in merito alla prima questione (24), va data risposta anche alla quarta.

98.      Il Consiglio di Stato intende sapere se consentire il trasferimento di acqua da un determinato bacino idrografico a un altro senza che siano ancora stati elaborati i piani per i distretti idrografici interessati metta senz’altro in pericolo l’effetto utile della direttiva quadro in materia di acque o se occorra prendere in considerazione criteri come la scala degli interventi previsti e gli scopi del trasferimento di acqua.

 a) Sulla giurisprudenza in materia di effetti preliminari delle direttive

99.      La questione poggia su una giurisprudenza costante secondo cui, nel periodo che precede il termine di trasposizione, gli Stati membri destinatari della direttiva non possono emanare disposizioni tali da compromettere seriamente il raggiungimento dell’obiettivo prescritto dalla direttiva stessa. Quest’obbligo di astenersi vale per tutti i soggetti che esercitano una pubblica potestà e copre l’assunzione di qualsiasi provvedimento generale e particolare in grado di produrre l’effetto di compromettere l’obiettivo (25). Ai sensi del combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE e dell’articolo 288, paragrafo 3, TFUE, esso vale anche durante una fase di transizione in cui gli Stati membri siano autorizzati a continuare ad applicare le norme interne non conformi alla direttiva interessata (26).

100. Anche durante la fase transitoria prevista per l’elaborazione dei piani di gestione e dei programmi di misure, pertanto, gli Stati membri sono tenuti ad astenersi dall’assumere provvedimenti in grado di compromettere seriamente il raggiungimento degli obiettivi prescritti nella direttiva quadro in materia di acque.

101. Considerato il divieto di deterioramento di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), punto i), della direttiva quadro in materia di acque, in questo caso l’obbligo è ancora più giustificato che per altre direttive. Gli obiettivi ambientali della suddetta disciplina, infatti, non si esauriscono con tale divieto, ossia con l’obbligo di evitare incidenze negative. Il punto ii) vi aggiunge invece un obbligo di risanamento, ossia l’obbligo di conseguire un buono stato delle acque, entro la scadenza della fase transitoria per l’elaborazione dei piani di gestione. Sarebbe contradditorio prima deteriorare lo stato delle acque e poi essere subito obbligati a ripristinarne il buono stato.

 b) Sulla tutela del legittimo affidamento e dello Stato di diritto

102. Neanche i principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto ostano ad un’efficacia preliminare del divieto di deterioramento.

103. Secondo una giurisprudenza costante, il principio della tutela del legittimo affidamento fa parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione e deve essere osservato dagli Stati membri allorché danno attuazione alle sue normative (27). Tale principio impedisce che una modifica della normativa nazionale privi un soggetto, con effetto retroattivo, di un diritto dal medesimo acquisito sulla base della normativa precedente (28). Di conseguenza le norme di diritto sostanziale dell’Unione vanno interpretate in modo da poterle applicare a situazioni che si sono concluse anteriormente alla loro entrata in vigore soltanto nella misura in cui dalla lettera, dallo scopo o dallo spirito di tali norme risulti espressamente che dev’essere loro attribuita efficacia retroattiva (29).

104. Nella fattispecie, però, non esistono diritti acquisiti all’autorizzazione del progetto di deviazione poiché il Consiglio di Stato ha annullato tutte le autorizzazioni già concesse. La vicenda, per l’appunto, non si è ancora conclusa (30). Il semplice fatto che si stia portando avanti un procedimento autorizzativo non basta a configurare anche il diritto di poterlo concludere favorevolmente.

105. Non viola il principio del legittimo affidamento neanche il fatto che, nel corso di un procedimento autorizzativo, diventino applicabili condizioni più stringenti per il rilascio dell’autorizzazione. Piuttosto è lecito, in linea di principio, applicare la nuova norma alle conseguenze future di una situazione sorta in vigenza della norma precedente (31). La tutela del legittimo affidamento, infatti, non può essere estesa al punto da impedire in via generale che una nuova norma si applichi agli effetti futuri di situazioni sorte in vigenza della norma antecedente (32).

106. Il procedimento autorizzativo in corso va considerato una situazione sorta in vigenza della norma antecedente; la delibera conclusiva, conseguenza futura di tale situazione, dovrà essere determinata alla luce della nuova norma (33). Pertanto, la tutela del legittimo affidamento non svolge alcun ruolo.

107. La giurisprudenza della Corte di giustizia sull’applicazione di modifiche sostanziali delle norme procedurali, tuttavia, limita l’efficacia preliminare del divieto di deterioramento ai procedimenti già avviati alla data di entrata in vigore delle relative norme della direttiva. Nel caso delle norme procedurali, pur dovendosi tener presente che esse, in via generale, sono applicabili a tutte le controversie giuridiche pendenti alla data della loro entrata in vigore (34), la Corte di giustizia ha rifiutato di applicare modifiche consistenti di tali norme a procedimenti in corso in materia di ambiente (35) e di appalti pubblici (36) perfino dopo la scadenza del termine di trasposizione, come evidenziano le amministrazioni provinciali tessaliche e la DEI. Le suddette pronunce riguardavano l’aggiunta al procedimento autorizzativo in corso della valutazione dell’impatto ambientale a norma della direttiva VIA, il che avrebbe reso necessari studi impegnativi e la partecipazione del pubblico. In tema di appalti pubblici si trattava invece di stabilire se, nelle procedure in corso per l’aggiudicazione degli appalti, si dovessero osservare i requisiti imposti al bando di gara ufficiale dalla direttiva 93/38/CEE (37). La Corte di giustizia intendeva evitare che procedure già complesse a livello nazionale e formalmente avviate prima della scadenza del termine di trasposizione della direttiva fossero ulteriormente appesantite e ritardate dalle specifiche prescrizioni di quest’ultima e che situazioni già consolidate ne fossero colpite (38). Gli effetti preliminari della direttiva quadro in materia di acque, pertanto, non dovrebbero comportare l’introduzione di ulteriori e impegnativi passaggi procedurali. Ciò va però distinto dall’applicazione di requisiti di diritto sostanziale, quali ad esempio il divieto di deterioramento (39).

108. Nel determinare con esattezza la portata dell’efficacia preliminare del divieto di deterioramento possono essere d’aiuto le riflessioni sull’articolo 4 della direttiva contenute nella seconda e nella terza questione. In ogni caso non basta qualsiasi rischio di violazione dell’articolo 4 a mettere seriamente in pericolo il raggiungimento degli obiettivi della direttiva. Bisogna invece che il pericolo persista anche dopo la scadenza dei termini per l’applicazione dell’articolo 4, e non solo in via temporanea. Bisogna inoltre che il pericolo sia serio, cioè non di lieve entità. In conclusione, gli effetti preliminari della direttiva quadro in materia di acque non possono arrivare al punto di obbligare gli Stati membri ad anticipare, rispetto al calendario espressamente stabilito, i preparativi per l’applicazione della direttiva o l’obbligo di ripristino.

 c) Sulla fattispecie oggetto del giudizio a quo

109. Relativamente alla fattispecie oggetto del giudizio a quo, è d’uopo osservare quanto segue.

110. La natura persistente del piano di deviazione è palese. Le autorità statali competenti, in eventu il Consiglio di Stato, sono tenute a verificare se esso metta seriamente in pericolo gli obiettivi della direttiva.

111. Un grave pericolo, tuttavia, non può essere desunto dalla sola realizzazione della deviazione in assenza dei piani di gestione per i distretti interessati. Una volta scaduto il termine transitorio, siffatti piani sarebbero sì necessari, secondo quanto esposto nelle considerazioni relative alla seconda questione (40); tuttavia potrebbe risultare in modo totalmente indipendente da tali piani che la deviazione non è contraria, o lo è solo in misura limitata, agli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva quadro in materia di acque.

112. Il primo passo per determinare se gli obiettivi della direttiva quadro in materia di acque siano gravemente messi in pericolo dalla deviazione consiste nell’analizzare, alla luce dei criteri della direttiva, le ripercussioni del progetto sugli obiettivi di cui all’articolo 4, paragrafo 1.

113. Qualora a tale proposito si pervenisse alla conclusione che gli obiettivi sono seriamente compromessi, occorre inoltre verificare se la misura sia giustificata. Prima della scadenza del termine transitorio, infatti, la libertà di azione non può essere compressa in modo maggiore di quanto non lo sarebbe se la direttiva quadro in materia di acque fosse applicata integralmente. Ed inoltre – come già illustrato – una violazione degli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva quadro in materia di acque può essere giustificata.

114. Ai fini di una giustificazione vengono in rilievo due basi giuridiche: in primo luogo, la già affrontata considerazione del piano come nuova modifica delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o come nuova attività sostenibile di sviluppo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva quadro in materia di acque (41) e, in secondo luogo, la considerazione delle acque come già degradate dalle attività antropiche nell’accezione dell’articolo 4, paragrafo 5. L’ultima disposizione faciliterebbe una giustificazione. Entrambi i motivi di giustificazione devono essere applicati nel rispetto dell’articolo 4, paragrafi 8 e 9.

115. L’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva quadro in materia di acque non è stato oggetto di discussione, atteso che sinora sono state analizzate nuove modifiche ad un corso d’acqua. Siffatte modifiche sono soggette all’articolo 4, paragrafo 7. Nel contesto degli effetti preliminari della direttiva quadro in materia di acque, tuttavia, il punto centrale consiste nell’impedire misure che in un momento successivo, ossia una volta scaduto il termine transitorio per l’applicazione dell’articolo 4, la fine del 2009, comporterebbero uno stato contrario alla suddetta disposizione. Qualora, dunque, la legge 3481/2006 abbia portato ad un degrado del fiume Acheloo dovuto ad attività umane già alla fine del 2009, tale degrado – e con esso la legge – dovrebbe essere valutato secondo il metro dell’articolo 4, paragrafo 5.

116. Da quanto affermato dalle parti risulta soprattutto che sarebbe stata già costruita quasi completamente una diga, ma che l’effettiva deviazione non è stata ad oggi ancora realizzata. Appare pertanto inverosimile che il fiume Acheloo, con riferimento alla deviazione, sia già deteriorato ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva quadro in materia di acque.

117. Conseguentemente, anche nel verificare se il piano di deviazione comprometterebbe gravemente gli obiettivi della direttiva quadro in materia di acque, è prevedibile che rilevi l’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva quadro in materia di acque. Al riguardo, si può rinviare alle osservazioni svolte con riferimento alla seconda e alla terza questione.

118. Diversamente dalla piena applicazione della direttiva quadro in materia di acque, tuttavia, anche nel contesto dalla giustificazione dei pregiudizi agli obiettivi ambientali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, non è necessario che sussistano già piani di gestione. Questi piani, infatti, secondo le disposizioni esplicite di cui all’articolo 13, paragrafo 6, non erano ancora scaduti. E la loro emanazione comporta un notevole dispendio di tempo, a causa della necessità di coinvolgere il pubblico (42). Allo stesso tempo una giustificazione presuppone una base scientifica comparabile, analogamente ai piani di gestione. Senza le relative conoscenze, infatti, non è possibile effettuare la necessaria ponderazione e la verifica delle alternative. Le autorità competenti non potrebbero valutare adeguatamente né i vantaggi della misura né gli effetti pregiudizievoli della stessa.

119. Già al momento dell’emanazione della legge 3481/2006 dovevano essere in parte disponibili i risultati del recepimento della direttiva quadro in materia di acque, i quali potrebbero essere utili in questa valutazione. Così, in forza dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva quadro in materia di acque, entro il 22 dicembre 2004 doveva sussistere per ciascun distretto idrografico un’analisi delle caratteristiche dello stesso, un esame dell’impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e delle acque sotterranee e un’analisi economica dell’utilizzo idrico. Anche i programmi per il monitoraggio dello stato delle acque di cui all’articolo 8 nonché i calendari e i programmi di lavoro per la presentazione dei piani di gestione a norma dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), dovevano già essere stati ampiamente predisposti, in quanto il relativo termine di scadenza era il 22 dicembre 2006. Solo nel caso in cui fossero necessarie conoscenze più ampie ai fini di una giustificazione, esse avrebbero dovuto essere elaborate anticipatamente rispetto all’ulteriore attuazione della direttiva quadro in materia di acque.

120. Peraltro, come discusso nel contesto della terza parte della terza questione (43), nel caso di questa giustificazione rilevano gli obiettivi della misura.

121. In sintesi, occorre risolvere la quarta questione nel senso che una normativa nazionale, adottata entro il termine per la predisposizione di piani di gestione o di programmi di misure, con cui si autorizza il trasferimento di acqua da un determinato bacino idrografico ad un altro, pregiudica seriamente gli obiettivi della direttiva quadro in materia di acque quando il trasferimento comporta uno stato delle acque incompatibile con l’articolo 4 della direttiva in modo duraturo e di non lieve entità. A questo proposito, anche nel contesto dell’efficacia preliminare dell’articolo 4 è possibile una giustificazione per interessi generali rilevanti; i piani di gestione non sono indispensabili, ma la normativa nazionale deve essere stata adottata sulla base di dati sufficienti.

 7. Sulla quinta questione – Partecipazione del pubblico

122. Con la quinta questione il Consiglio di Stato intende sapere se sia conforme alla direttiva quadro in materia di acque una disciplina normativa adottata dal parlamento nazionale e con la quale vengono approvati i piani di gestione dei bacini idrografici, qualora le norme nazionali pertinenti non prevedano una fase di consultazione del pubblico nel corso della procedura dinanzi al parlamento nazionale e qualora dagli elementi del fascicolo non risulti che l’amministrazione abbia seguito la procedura di consultazione prevista dalla direttiva.

123. L’amministrazione provinciale della Magnesia e la DEI ritengono che la suddetta questione sia certamente ipotetica, in quanto al momento dell’emanazione della legge controversa non vi era ancora alcun obbligo di predisporre piani di gestione. Ciononostante la causa principale verte anche su due piani di gestione che sono stati approvati con la legge 3481/2006 e che, a quanto è dato rilevare, sono rimasti ancora – ossia dopo la scadenza del termine transitorio – in vigore. È inoltre probabile che il Consiglio di Stato ritenga che i suddetti piani di gestione fossero indispensabili secondo la normativa ellenica, che esso intenderebbe applicare già in modo conforme ai requisiti procedurali della direttiva, in previsione del futuro. Non si può pertanto escludere che una soluzione della presente questione sia necessaria ai fini del giudizio nella causa principale.

124. La mancanza di una consultazione potrebbe essere contraria all’articolo 14 della direttiva quadro in materia di acque, che mira a conferire ai privati e alle parti interessate il diritto di partecipare attivamente all’attuazione della direttiva, in particolare all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrografici (44).

125. A tale scopo l’articolo 14 della direttiva quadro in materia di acque prescrive la pubblicazione di diversi documenti con una certa cadenza anteriormente all’inizio del periodo cui il piano si riferisce. Il calendario per l’elaborazione del piano deve essere presentato almeno tre anni prima che questo entri in vigore, una valutazione globale provvisoria dei relativi problemi di gestione delle acque importanti almeno due anni prima, mentre copie del progetto del piano di gestione devono essere disponibili almeno un anno prima dell’entrata in vigore dello stesso. Su richiesta, devono essere consegnati altri documenti di riferimento. Per garantire l’attiva partecipazione e la consultazione, gli Stati membri concedono, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti in questione.

126. Nel caso della predisposizione di piani di gestione di bacini idrografici non è prevista alcuna deroga a questi requisiti. In particolare, non esistono eccezioni per gli atti legislativi, come quelle di cui all’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva VIA.

127. Diversamente da quanto ritenuto dall’amministrazione provinciale della Larissa, non sussiste alcuna lacuna normativa che dovrebbe essere colmata facendo ricorso in via analogica alla direttiva VIA (45). Si deve invece ritenere che il legislatore dell’Unione abbia consapevolmente evitato di prevedere un’eccezione analoga per la procedura legislativa. Questa ipotesi è corroborata soprattutto dalla sentenza WWF e a. (46) – pronunciata prima dell’adozione della direttiva quadro in materia di acque – e dalla causa Linster (47) – a quell’epoca pendente – che vertevano entrambe sui requisiti dell’esenzione per la procedura legislativa di cui alla direttiva VIA, nonché dalla direttiva VAS, adottata poco dopo, che prevede espressamente il coinvolgimento dell’opinione pubblica nella valutazione ambientale di strumenti legislativi.

128. L’amministrazione provinciale della Larissa è in torto anche quando asserisce che, in assenza di un’esenzione per la procedura legislativa, agli Stati membri sarebbe preclusa l’approvazione di piani di gestione sotto forma di leggi. Al contrario, essi possono senz’altro optare per questo modus operandi laddove inseriscano gli adempimenti previsti dall’articolo 14 della direttiva quadro in materia di acque nella propria procedura legislativa o nella fase preparatoria di quest’ultima da parte dell’amministrazione.

129. Si deve pertanto risolvere la quinta questione affermando che la definizione di piani di gestione senza la prevista partecipazione del pubblico è incompatibile con l’articolo 14 della direttiva quadro in materia di acque.

B –    Sulla direttiva VIA

130. La sesta questione riguarda la direttiva VIA. Non sembra che prima dell’adozione della legge 3481/2006 sia stata effettuata una nuova valutazione di impatto ambientale relativamente alla costruzione di dighe e al trasferimento di acqua. Si è invece fatto riferimento allo studio di impatto ambientale già svolto su cui si basava la delibera autorizzativa del progetto del 2003, annullata nel 2005. Il Consiglio di Stato chiede di sapere se questo modus operandi soddisfi i requisiti di cui alla direttiva VIA.

131. Al riguardo il Consiglio di Stato ritiene che la valutazione di impatto ambientale della delibera autorizzativa annullata contenesse tutte le informazioni necessarie a norma della direttiva VIA. La partecipazione del pubblico, tuttavia, si sarebbe limitata alla pubblicazione dell’autorizzazione del 2003, successivamente annullata.

132. I requisiti di cui alla direttiva VIA assumono rilievo solo qualora la direttiva sia effettivamente applicabile. Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, tuttavia, essa non si applica ai progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo nazionale specifico. Al riguardo, la suddetta norma stabilisce espressamente che gli obiettivi perseguiti dalla direttiva, incluso l’obiettivo della disponibilità delle informazioni, devono essere raggiunti tramite la procedura legislativa.

133. Da tale disposizione risulta che i progetti contemplati dalla direttiva VIA sono dispensati dalla procedura di valutazione se sono soddisfatte due condizioni. La prima è che il progetto sia adottato nei dettagli mediante un atto legislativo specifico; la seconda è che gli obiettivi della direttiva, incluso quello della disponibilità delle informazioni, vengano raggiunti tramite la procedura legislativa (48).

134. Gli obiettivi della direttiva possono ritenersi raggiunti per mezzo di una procedura legislativa solamente quando il legislatore disponga di informazioni equivalenti a quelle che verrebbero sottoposte all’autorità competente nell’ambito di una procedura ordinaria di autorizzazione del progetto (49).

135. La Corte ha già avuto modo di affermare, in tale contesto, che non può essere considerata come recante adozione dettagliata d’un progetto ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva VIA una legge che, da una parte, non comprenda gli elementi necessari per la valutazione d’impatto ambientale del progetto, prescrivendo invece l’ulteriore realizzazione d’uno studio a tal fine, e, dall’altra, richieda l’adozione di altri atti per conferire al committente il diritto di realizzare il progetto (50).

136. A tale proposito, l’avvocato generale Sharpston ha recentemente chiarito che la direttiva VIA non riguarda questioni formali, ma che, al contrario, essa mira a garantire valutazioni di impatto ambientale effettive per tutti i più importanti progetti ed è diretta ad assicurare una partecipazione pubblica adeguata nel processo decisionale (51). A patto che il legislatore disponga del materiale necessario e svolga correttamente ed effettivamente la sua funzione democratica, ossia che i rappresentanti eletti del popolo siano stati adeguatamente in grado di esaminare e discutere il progetto proposto, la procedura legislativa raggiungerà gli obiettivi della direttiva VIA (52). Per contro, una procedura legislativa che si limiti ad avallare formalmente un precedente procedimento amministrativo, che di fatto abbia già adottato le decisioni rilevanti, non offrirà le stesse garanzie di quelle richieste dalla direttiva VIA (53).

137. Conseguentemente, nella causa principale occorre chiarire in primo luogo se il legislatore disponesse di tutto il materiale necessario nella procedura di cui alla direttiva VIA e, in secondo luogo, se sia stato adeguatamente in grado di esaminare e discutere le ripercussioni del progetto sull’ambiente.

138. La direttiva VIA non contiene requisiti specifici circa l’attualità delle informazioni. Le ripercussioni di un progetto sull’ambiente possono tuttavia essere valutate correttamente solo sulla base delle migliori conoscenze, disponibili al momento dell’approvazione del progetto. A questo proposito, l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva VIA in particolare contiene elementi che depongono a favore della necessità di presentare informazioni più aggiornate, qualora ciò risulti dalle circostanze del caso in questione.

139. Così, l’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della direttiva VIA prescrive che l’entità delle informazioni che il committente è tenuto a fornire deve essere stabilita tenendo conto delle conoscenze disponibili. Solitamente si tratta delle conoscenze disponibili all’inizio di una procedura di autorizzazione, atteso che in tale momento si deve stabilire quali informazioni sia tenuto a fornire il committente. Tuttavia l’entità di queste informazioni dipende anche, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della direttiva VIA, dall’appropriatezza delle informazioni ad una determinata fase della procedura di autorizzazione ed alle caratteristiche peculiari d’un progetto specifico o d’un tipo di progetto e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio.

140. Pertanto, qualora in una fase successiva della procedura di autorizzazione si rendano necessarie informazioni più aggiornate per poter valutare correttamente le ripercussioni di un progetto sull’ambiente, queste informazioni devono essere richieste (54).

141. Il Consiglio di Stato, pertanto, deve verificare se le informazioni che erano sufficienti nel 2003 per valutare gli effetti del progetto sull’ambiente lo fossero anche nel 2006. In caso affermativo, era legittimo riutilizzare la documentazione pertinente nella procedura legislativa.

142. A questo riguardo occorre esaminare, in particolare, se le informazioni fossero ancora sufficientemente aggiornate e – come evidenziano correttamente l’amministrazione provinciale dell’Etolia‑Akarnania e a. –, con riguardo a questo aspetto, se il progetto sia stato modificato rispetto alla precedente verifica degli effetti sull’ambiente in modo tale da rendere più incisive le ripercussioni sullo stesso (55). La suddetta amministrazione provinciale e altri sollevano anche la questione, di evidente rilievo, se sia sufficiente corroborare la valutazione degli effetti ambientali del 2006 con informazioni raccolte in gran parte prima del 1995 e semplicemente integrate prima del 2003. Nella stessa domanda di pronuncia pregiudiziale il Consiglio di Stato pone l’accento sull’assenza di dati attendibili e aggiornati sull’avifauna nelle zone di protezione interessate (56).

143. Secondo quanto affermano l’amministrazione provinciale dell’Etolia‑Akarnania e a. con riferimento al procedimento parlamentare in occasione dell’emanazione degli articoli 9 e 13 della legge 3481/2006, anche questa procedura dovrebbe pertanto essere esaminata più attentamente. Nel caso in cui i deputati non fossero effettivamente informati circa il contenuto delle suddette disposizioni nonché circa il progetto approvato (57), è estremamente dubbio che essi potessero esaminare e discutere in modo adeguato gli effetti sull’ambiente.

144. La sesta questione, pertanto, deve essere risolta nel senso che uno studio di impatto ambientale presentato all’approvazione del parlamento nazionale dopo l’annullamento giudiziale dell’atto con cui era già stato approvato dall’amministrazione, soddisfa i requisiti di cui all’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva VIA se, in primo luogo ha fornito al legislatore il materiale necessario – ossia sufficientemente aggiornato e completo – nella procedura di cui alla direttiva e, in secondo luogo, se il legislatore ha potuto esaminare e discutere in modo adeguato su questa base gli effetti sull’ambiente.

C –    Sulla direttiva VAS

145. Con la settima, ottava e nona questione il Consiglio di Stato intende anche chiarire se la legge 3481/2006 soddisfi i requisiti della direttiva VAS. A tale proposito chiede se i progetti rientrino, ratione materiae ed eventualmente anche ratione temporis, nel campo d’applicazione della direttiva VAS [al riguardo, vedi infra sub 1) e 2)]. In caso affermativo intende sapere se, oltre alle valutazioni di cui alla direttiva quadro in materia di acque e alla direttiva VIA, sia necessaria una valutazione ambientale distinta ai sensi della direttiva VAS [al riguardo, v. sub 3)].

1.      Sulla settima questione – Il campo d’applicazione ratione materiae della direttiva VAS

146. Con la settima questione il Consiglio di Stato intende sapere se la direttiva VAS sia applicabile ad un piano di deviazione di un fiume, quando il suddetto piano prevede la costruzione di dighe e il trasferimento di acqua da un distretto idrografico ad un altro, rientra nel campo d’applicazione della direttiva quadro in materia di acque, riguarda opere previste dalla direttiva VIA e può avere un impatto ambientale su zone di cui alla direttiva «habitat».

147. Per stabilire se un siffatto piano rientri nel campo d’applicazione ratione materiae della direttiva VAS, occorre verificare in primo luogo se esso sia un piano o un programma di cui all’articolo 2, lettera a), della suddetta direttiva e, in secondo luogo, se sia sussumibile sotto l’articolo 3, paragrafi  2 ‑ 4.

a)      Sulla nozione di «piani e programmi»

148. Ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva VAS l’espressione «piani e programmi» di cui alla medesima designa quelli che sono elaborati e/o adottati da un’autorità oppure predisposti per essere approvati, mediante una procedura legislativa e che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative.

149. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non si evince se un «piano di deviazione di un fiume» sia previsto da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative. Laddove un piano sia sviluppato indipendentemente da un obbligo, esso non necessita di una verifica di impatto ambientale a norma della direttiva VAS (58).

150. Secondo quanto dedotto dalla DEI, sebbene sia possibile che un piano che comporti una deviazione sia oggetto di un piano di assetto territoriale previsto in forza del diritto greco, un siffatto piano non è tuttavia il thema decidendi della domanda di pronuncia pregiudiziale: esso, al contrario, secondo la ricostruzione della DEI, è stato ritenuto non indispensabile dal Consiglio di Stato in una pronuncia precedente.

151. Anche nel caso i cui progetti concreti necessitino di un’approvazione, non sarebbe di norma necessaria una valutazione di impatto ambientale ai sensi delle direttiva VAS. L’approvazione del progetto in quanto tale, infatti, non è né un piano né un programma.

152. La questione, tuttavia, riguarda anche i piani di gestione per i distretti idrografici dei fiumi Acheloo e Peneo, facenti parte della legge 3481/2006. È fuori di dubbio che questi siano piani nell’accezione della direttiva VAS. Essi sono previsti all’articolo 13 della direttiva quadro in materia di acque ed inoltre sono stati elaborati da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento.

b)      Sull’obbligo di valutazione dei piani di gestione

153. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva VAS i piani e i programmi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, che possono avere effetti significativi sull’ambiente, sono soggetti ad una valutazione ambientale ai sensi degli articoli da 4 a 9.

154. In forza dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva VAS sono soggetti ad una valutazione ambientale i piani che sono elaborati per i settori della gestione delle acque e che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva VIA.

155. I piani di gestione definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti, ad esempio, per il trasferimento di risorse idriche in forza dell’allegato I, punto 12, della direttiva VIA e dei progetti per la costruzione di dighe di cui all’allegato I, punto 15. Non si tratta primariamente di autorizzazioni di piani parziali del progetto di deviazione, atteso che i piani di gestione non erano comunque ancora vincolanti sotto il profilo del diritto dell’Unione. Tuttavia, una volta scaduto il termine per la predisposizione dei piani di gestione, qualsiasi ulteriore autorizzazione per le relative opere è tenuta a rispettare il quadro di riferimento da essi definito.

156. Inoltre – quanto meno nel caso di specie – vi sono molti elementi che depongono a favore della sussistenza di un obbligo di valutazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva VAS. La suddetta disposizione riguarda programmi per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 o 7 della direttiva «habitat». Nella sfera di applicazione dei piani di gestione rientrano le zone di protezione ai sensi della menzionata direttiva. Queste ultime possono subire pregiudizi dall’attuazione dei piani, soprattutto qualora tali piani prevedano il trasferimento di acque su vasta scala (59).

157. Si deve pertanto affermare che i piani di gestione di cui all’articolo 13 della direttiva quadro in materia di acque devono essere, in linea di principio, sottoposti ad una valutazione ambientale di cui alla direttiva VAS.

2.      Sull’ottava questione – Applicabilità della direttiva VAS ratione temporis

158. Occorre pertanto risolvere anche l’ottava questione, ossia se possano essere considerati atti formali preparatori adottati prima del 21 luglio 2004, in modo che non vi sia l’obbligo di elaborazione di uno studio di valutazione ambientale strategica, atti che riguardavano l’opera controversa e che sono stati annullati retroattivamente con decisioni giudiziali.

159. La suddetta questione si riferisce all’articolo 13, paragrafo 3, prima frase, della direttiva VAS che, con riferimento al termine di trasposizione di cui all’articolo 13, paragrafo 1, determina la fattispecie ordinaria per l’applicazione della direttiva: i piani e programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo al 21 luglio 2004 devono essere sottoposti alla verifica ambientale.

160. Le autorizzazioni annullate in via giudiziale non ne sono toccate già solo perché rappresentano il risultato (provvisorio) di una procedura di autorizzazione. Sono considerati atti preparatori solo le attività introduttive di tale procedura. Non assume pertanto alcun rilievo il fatto se l’autorizzazione sia stata annullata con effetto retroattivo.

161. Ai fini della causa principale, invece, è rilevante se l’avvio della procedura di autorizzazione possa essere considerato un atto preparatorio per i piani di gestione o se possa costituire un atto preparatorio per un piano di deviazione del fiume Acheloo.

a)      Sulla preparazione dei piani di gestione

162. Sebbene la direttiva VAS non definisca la nozione di «atto preparatorio formale», questa è tuttavia chiaramente finalizzata a fissare un criterio affidabile per definire il momento iniziale di un procedimento. In tal modo, essa giova alla certezza del diritto e contribuisce all’effetto utile della direttiva (60). Un atto preparatorio formale di un procedimento nell’accezione della direttiva VAS, pertanto, deve essere chiaramente finalizzato alla predisposizione del piano o del programma soggetto alla direttiva.

163. A tale riguardo, nel contesto della direttiva VIA la Corte di giustizia ha affermato che contatti e incontri informali tra l’autorità competente e il committente non sono sufficienti per determinare l’inizio della procedura (61).

164. Nel contesto della direttiva VAS non può nondimeno essere sufficiente avviare determinate procedure relative ad opere che sarebbero interessate da un piano di gestione, ad esempio procedure per l’autorizzazione al trasferimento di acque. Queste procedure, infatti, non consentono di dedurne la finalità (anche) ad un piano di gestione.

165. Inoltre un piano di gestione non dovrebbe affatto essere soggetto ratione temporis ad una valutazione ambientale qualora procedure di autorizzazione delle opere interessate – iniziate prima del 21 luglio 2004 – debbano essere considerate come atti preparatori formali di piani di gestione successivi. Nella sfera di applicazione di qualsiasi piano di gestione, infatti, rientrano una molteplicità di opere in corso che, a causa del divieto di deterioramento e degli obblighi di risanamento ai sensi dell’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque, possono essere potenzialmente interessate da tale piano.

166. Nella causa principale, infine, anche la sequenza temporale depone a sfavore della tesi secondo cui prima del 21 luglio 2004 sarebbero stati adottati primi atti preparatori formali dei piani di gestione. L’assenza di piani di gestione per i distretti idrografici dei fiumi Acheloo e Peneo è stata lamentata per la prima volta nella sentenza 1688/2005 del Consiglio di Stato, e dunque dopo il 21 luglio 2004. Ciò è indice del fatto che le attività preparatorie per la loro adozione sono anch’esse cominciate solo successivamente a tale data.

b)      Sulla preparazione di un piano per la deviazione del fiume Acheloo

167. La situazione sarebbe diversa se – contrariamente alla soluzione suggerita per la settima questione – esistesse un piano relativo alla deviazione parziale del fiume Acheloo, soggetto in linea di principio all’obbligo di valutazione.

168. La normativa in materia di atti preparatori è intesa a facilitare la conclusione delle procedure in corso senza che queste siano pregiudicate da requisiti procedurali che introducano novità sostanziali. Essa non è, invece, finalizzata ad escludere la valutazione ambientale dei piani solo perché precedentemente sono state adottate talune misure amministrative sulla medesima materia.

169. Determinante sarebbe pertanto se la procedura di autorizzazione del piano si fosse svolta in modo continuativo. In questo caso, le pronunce giudiziarie non dovrebbero essere considerate come interruzione laddove le autorità competenti abbiano adottato tempestivamente i provvedimenti necessari per sanare i vizi riscontrati in sede giudiziaria. Neanche il passaggio da una procedura amministrativa ad una procedura giurisdizionale dovrebbe essere considerato come interruzione.

170. L’avvio della procedura di autorizzazione delle opere di deviazione, pertanto, potrebbe essere un atto preparatorio formale per la predisposizione di un piano relativo a tali opere, soggetto a valutazione obbligatoria.

171. A titolo di integrazione occorre evidenziare che nella causa principale non vi è un obbligo di valutazione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva VAS. Esso è applicabile ai piani e ai programmi il cui primo atto preparatorio formale è precedente al 21 luglio 2004, che sono stati approvati o sottoposti all’iter legislativo più di ventiquattro mesi da tale data. Secondo la domanda di pronuncia pregiudiziale, tuttavia, le disposizioni controverse di cui alla legge 3481/2006 sono state presentate al parlamento greco già il 6 luglio 2006 (62).

c)      Conclusione sull’ottava questione

172. L’ottava questione deve essere pertanto risolta nel senso che, a norma dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva VAS, né le autorizzazioni annullate relative alle opere di deviazione di un fiume né l’avvio delle relative procedure autorizzative possono essere considerati come atti preparatori formali di piani di gestione di distretti idrografici nell’accezione della direttiva quadro in materia di acque. L’avvio di una procedura di autorizzazione, tuttavia, potrebbe essere considerato come un atto preparatorio di un piano di deviazione di un fiume, soggetto a valutazione, qualora tale procedura sia proseguita ininterrottamente senza soluzione di continuità.

3.      Sulla nona questione – Estensione della valutazione ambientale

173. Alla luce della soluzione dell’ottava questione pregiudiziale, è necessario risolvere anche la nona. Il Consiglio di Stato chiede sostanzialmente di sapere se sia necessario effettuare un’autonoma valutazione ambientale strategica qualora siano già state effettuate valutazioni ai sensi della direttiva quadro in materia di acque e della direttiva VIA.

174. La risposta è desumibile dall’articolo 11, paragrafi 1 e 2, della direttiva VAS, già citato dal Consiglio di Stato. Ai sensi del paragrafo 1, la valutazione ambientale effettuata ai sensi della direttiva VAS lascia impregiudicate le disposizioni della direttiva VIA e qualsiasi altra disposizione della normativa comunitaria. Il paragrafo 2, tuttavia, consente agli Stati Membri, per i piani e i programmi in merito ai quali l’obbligo di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale risulta contemporaneamente dalla direttiva VAS e da altre normative dell’Unione, di prevedere procedure coordinate o comuni per soddisfare le prescrizioni della pertinente normativa comunitaria, tra l’altro al fine di evitare duplicazioni della valutazione.

175. Queste disposizioni mostrano che le diverse valutazioni ambientali previste dalla normativa dell’Unione non devono essere portate a termine in modo formalistico. È invece importante che le prescrizioni delle diverse normative ricevano attuazione. Quando ciò si verifica, la denominazione della rispettiva valutazione non assume alcun rilievo (63).

176. È necessario verificare concretamente caso per caso se determinati studi effettuati in forza di altre disposizioni rispettino le prescrizioni della direttiva VAS e questo compito spetta ai giudici nazionali. I suddetti studi devono rispettare le prescrizioni relative sia al contenuto sia alla procedura di cui alla direttiva VAS. In considerazione dell’ampio parallelismo esistente fra le direttive VIA e VAS ciò è possibile, in linea di principio, qualora entrambe le valutazioni abbiano la stessa estensione, ossia qualora il progetto e il piano siano ampiamente convergenti. Sembra anche non potersi escludere che il rispetto delle prescrizioni di un piano di gestione di cui all’articolo 13, paragrafo 4, e all’allegato VII della direttiva quadro in materia di acque soddisfi le prescrizioni dettate per una valutazione ambientale del piano di cui alla direttiva VAS.

177. Con riferimento alle osservazioni svolte sulla direttiva VIA (64), tuttavia, è d’uopo sottolineare che eventuali vizi della valutazione di cui alla suddetta direttiva devono essere considerati con estrema probabilità anche vizi di una valutazione ambientale ai sensi della direttiva VAS. L’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva VAS prescrive, in modo nettamente più chiaro rispetto alla direttiva VIA, che la valutazione deve tenere conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione attuali. L’articolo 8 di entrambe le direttive, inoltre, dispone che gli elementi conoscitivi acquisiti in relazione agli effetti sull’ambiente devono essere tenuti in considerazione nel momento decisionale.

178. La nona questione, pertanto, deve essere risolta nel senso che, in forza dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva VAS, nel caso in cui un piano rientri contemporaneamente nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva, in quello della direttiva quadro in materia di acque e della direttiva VIA, che prevedono anch’esse una valutazione dell’impatto ambientale dell’opera, non è necessario effettuare un autonomo studio di valutazione ambientale strategica qualora gli studi condotti sulla base della direttiva quadro in materia di acque e della direttiva VIA soddisfino, quanto a contenuto e a procedura adottata, i requisiti di cui alla direttiva VAS.

D –    Protezione della natura

179. Occorre infine affrontare alcune questioni relative alla normativa dell’Unione sulla protezione dell’ambiente naturale. Il Consiglio di Stato solleva questioni in merito alla tutela temporanea dei siti proposti come siti di importanza comunitaria (in prosieguo: i «SIC») prima che questi siano stati inseriti nell’elenco comunitario [v., a questo proposito, sub 1)], alla legittimità di un’autorizzazione rilasciata in assenza di dati conoscitivi sull’avifauna interessata [v., a questo proposito, sub 2)], alla giustificazione dell’impatto negativo sui siti attraverso gli obiettivi dell’irrigazione e del fabbisogno idrico per uso domestico [v., a questo proposito, sub 3)], ed in subordine in merito ai possibili provvedimenti finalizzati a garantire la coerenza [v., a questo proposito, sub 4)], nonché in merito alla compatibilità con la direttiva «habitat» di una trasformazione di un ecosistema fluviale naturale in un ecosistema fluviale e lacustre antropizzato [v., a questo proposito, sub 5)].

180. La soluzione delle suddette questioni è fortemente influenzata dal fatto che la procedura di autorizzazione della deviazione parziale del fiume Acheloo è in corso già da molto tempo. Essa ha avuto inizio già prima dell’adozione della direttiva «habitat». Per tale motivo non si può applicare la procedura della valutazione ex ante dei progetti di cui all’articolo 6, paragrafo 3, ma solo il divieto di degrado di cui all’articolo 6, paragrafo 2.

1.      Sulla decima questione – Protezione dei siti proposti al momento dell’emanazione della legge 3481/2006

181. Con la decima questione il Consiglio di Stato intende sapere se le zone che erano comprese negli elenchi nazionali dei siti di importanza comunitaria (SIC) e che, da ultimo, sono state incluse nell’elenco comunitario dei SIC, rientrassero nella sfera di tutela della direttiva «habitat» prima della pubblicazione della decisione della Commissione 2006/613/CE, che adotta un elenco dei siti di importanza comunitaria protetti nell’area biogeografica mediterranea.

182. A tale proposito il Consiglio di Stato si riferisce a cinque SIC (65) che sono stati inseriti nell’elenco con la citata decisione e che sono interessati dalle opere.

183. Nella suddetta questione il Consiglio di Stato rileva che le disposizioni determinanti della legge 3481/2006 – gli articoli 9 e 13 – sono state emanate e sono entrate in vigore il 2 agosto 2006 con la legge, mentre la decisione 2006/613 è stata adottata solo il 21 settembre 2006. Qualora la data della pubblicazione dell’atto comunitario sia determinante ai fini dell’inserimento dei siti interessati nell’elenco comunitario, i paragrafi 2, 3 e 4 dell’articolo 6 della direttiva «habitat» sarebbero applicabili solo a partire dal 21 settembre 2006, a norma dell’articolo 4, paragrafo 5, della medesima direttiva (66), e dunque dopo l’entrata in vigore della legge 3481/2006.

184. In forza dell’allora vigente articolo 254, paragrafo 3, CE (dopo la modifica, ora articolo 297, paragrafo 2, terzo comma, TFUE), la decisione 2006/613, tuttavia, è divenuta efficace già con la notifica ai suoi destinatari, ossia, a norma dell’articolo 2 della stessa, gli Stati membri (67). In questa sede non occorre stabilire se la protezione del sito avrebbe potuto essere opposta ai singoli prima della pubblicazione della decisione. Il Consiglio di Stato sarà tenuto a stabilire la data della notifica, identificata dalla banca dati del diritto dell’Unione (EUR‑Lex) nel giorno dell’adozione della decisione, ossia il 19 luglio 2006 (68).

a)      Sulla protezione provvisoria dei siti proposti

185. Qualora risulti che la decisione della Commissione sia stata notificata alla Grecia solo dopo l’emanazione della legge 3481/2006, la Grecia avrebbe dovuto assicurare la protezione provvisoria dei siti proposti: in forza della direttiva «habitat», gli Stati membri sono tenuti ad adottare, in relazione ai siti identificati al fine dell’iscrizione degli stessi nell’elenco comunitario, misure di protezione appropriate al fine di mantenere le caratteristiche ecologiche dei detti siti. Gli Stati membri non possono pertanto autorizzare interventi che potrebbero compromettere seriamente le caratteristiche ecologiche degli stessi. Ciò avviene, in particolare, allorché un intervento rischia o di ridurre in maniera considerevole la superficie del sito o di comportare la scomparsa di specie prioritarie presenti nel sito, ovvero di avere come risultato la distruzione del sito o l’annientamento delle sue caratteristiche rappresentative (69).

b)      Sulla protezione dei siti successivamente all’iscrizione nell’elenco comunitario

186. Se, invece, la Commissione aveva già notificato la decisione alla Grecia al momento dell’emanazione della legge 3481/2006, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva «habitat» le disposizioni di cui all’ articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4, erano in linea di principio applicabili ai siti inseriti nell’elenco. In prosieguo, tuttavia, illustrerò che la circostanza che la procedura di autorizzazione della deviazione parziale del fiume Acheloo sia in corso già da molto tempo osta all’applicazione della valutazione ex ante di cui all’articolo 6, paragrafo 3. Trova invece applicazione l’articolo 6, paragrafo 2, eventualmente insieme ai requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 4, relativamente alla giustificazione di eventuali incidenze significative sul sito.

Sull’applicabilità dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat»

187. Sarebbe ovvio pretendere una valutazione della deviazione del fiume Acheloo sotto il profilo della compatibilità della stessa con gli obiettivi di conservazione stabiliti per tali siti di cui all’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat». In base a tale norma, i piani o i progetti che possano avere incidenze significative su un sito protetto devono formare oggetto di una valutazione circa la compatibilità con gli obiettivi di conservazione del medesimo.

188. La Corte ha tuttavia già affermato che un progetto, se è stato autorizzato prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva «habitat» o se la procedura di autorizzazione è stata avviata prima dell’adesione all’Unione europea da parte dello Stato membro interessato, non soggiace alle prescrizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» in merito alla valutazione ex ante dei suoi effetti sulla zona interessata (70). Non sarebbe opportuno, infatti, che procedure già complesse a livello nazionale e formalmente avviate prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva siano ulteriormente appesantite e ritardate dalle specifiche prescrizioni imposte da quest’ultima e che situazioni già consolidate ne siano colpite (71).

189. Sebbene la fattispecie non riguardi né un’autorizzazione definitiva concessa prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva «habitat» né una procedura autorizzativa avviata prima dell’adesione all’Unione della Grecia, essa dovrebbe tuttavia essere considerata come tale – quantunque i siti interessati fossero già stati inseriti nell’elenco comunitario al momento dell’emanazione della legge 3481/2006.

190. Le procedure di autorizzazione della deviazione parziale del fiume Acheloo, infatti, sono iniziate già all’inizio degli anni ’90 – dunque probabilmente prima dell’adozione della direttiva «habitat» – e, fino alla notifica della decisione circa l’elenco comunitario relativamente ai SIC interessati, non erano affatto soggetti alla procedura di valutazione ex ante (72). Voler applicare la suddetta procedura poco prima dell’emanazione della legge 3481/2006 potrebbe appesantire e ritardare fortemente l’iter procedurale.

191. Era inoltre difficile prevedere praticamente quando la Commissione avrebbe approvato l’elenco. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva «habitat» l’elenco avrebbe dovuto essere predisposto già nel 1998, mentre altri elenchi parziali erano già stati pubblicati per la regione biogeografica mediterranea ben prima dell’elenco che include la Grecia (73). Quest’ultima, pertanto, non era necessariamente tenuta a ritenere che il regime di protezione di cui alla direttiva «habitat» sarebbe divenuto applicabile prima dell’approvazione del progetto.

192. Non era pertanto necessaria alcuna verifica di compatibilità con riferimento ai SIC ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat».

Sull’applicabilità dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat»

193. La giurisprudenza citata riguarda tuttavia solo gli aspetti procedurali del regime di protezione di cui alla direttiva «habitat». La Corte, invece, ha ripetutamente evidenziato che i requisiti materiali della tutela dei siti di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» non possono di certo essere esclusi da autorizzazioni in vigore. La suddetta disposizione vieta il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nelle zone di protezione speciale nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della citata direttiva.

194. La Corte ha affermato che l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» consente di soddisfare lo scopo essenziale della preservazione e della protezione della qualità dell’ambiente, compresa la conservazione degli habitat naturali nonché della fauna e della flora selvatiche, come enunciato al primo considerando della direttiva, qualora un piano autorizzato ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, o un siffatto progetto, anche in assenza di qualsiasi errore imputabile alle autorità nazionali, si riveli successivamente idoneo a comportare deterioramenti o notevoli perturbazioni (74). Inoltre l’articolo 6, paragrafo 2, può imporre, a tal fine, di esaminare a posteriori un’autorizzazione esistente (75). Pertanto, la realizzazione di un progetto autorizzato prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva «habitat» rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione (76).

195. L’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» impone, di conseguenza, agli Stati membri di adottare, anche per i progetti precedenti, le misure necessarie per impedire il degrado o le perturbazioni delle zone di protezione. Gli interessi legittimi del titolare di autorizzazioni devono essere soddisfatti, all’occorrenza, mediante un indennizzo (77).

196. Tale giurisprudenza non è in contrasto con il divieto di retroattività delle norme giuridiche. Una nuova norma giuridica, in linea di principio, è valida piuttosto dalla sua entrata in vigore. Essa non è applicabile alle situazioni giuridiche sorte e consolidatesi definitivamente in vigenza della precedente normativa, bensì agli effetti futuri delle medesime (78). E dunque progetti che possano degradare o perturbare in modo significativo le zone di protezione possono essere autorizzati solo nella misura in cui siano compatibili con la protezione dei siti, anche qualora le relative procedure di autorizzazione non fossero ancora soggette alle prescrizioni procedurali di cui all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» (79).

197. Se la Commissione ha inserito nell’elenco comunitario i SIC interessati prima dell’emanazione della legge 3481/2006, il Consiglio di Stato è tenuto quindi a verificare la compatibilità della legge con l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat».

Sulla giustificazione di eventuali pregiudizi causati ai SIC

198. Qualora il Consiglio di Stato maturi il convincimento che a causa della legge 3481/2006 gli habitat naturali o gli habitat di specie siano degradati o le specie perturbate in modo significativo nei SIC, si pone la questione della giustificazione di tali pregiudizi.

199. L’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» – al pari della tutela delle zone di protezione di fatto degli uccelli di cui all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «uccelli» – non prevede alcuna giustificazione basata su interessi rilevanti. La protezione del sito di cui alla direttiva «habitat» si fonda, infatti, sull’idea che degrado o perturbazioni significative delle zone di protezione devono essere autorizzati (ed eventualmente giustificati) in conformità dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4. E allorquando una tale autorizzazione sia basata su un’adeguata valutazione dell’impatto, in via di principio, non rimane alcuno spazio per un’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 2 (80).

200. Nel caso di specie, invece, l’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva «habitat» non era nemmeno applicabile. Sarebbe, tuttavia, iniquo negare la possibilità di un’autorizzazione in via di eccezione, quale prevista dall’articolo 6, paragrafo 4, a progetti che, per motivi cronologici, non sono soggetti alla valutazione ex ante di cui all’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva «habitat». Tali progetti verrebbero limitati in modo più incisivo rispetto a quelli successivi, ai quali è complessivamente applicabile l’articolo 6, paragrafi 2‑4 (81).

201. Pertanto, anche in caso di progetti precedenti, in base all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», degrado o perturbazioni significative di zone di protezione devono essere tollerati se sussistono i requisiti sostanziali di cui all’articolo 6, paragrafo 4, vale a dire motivi imperativi di prevalente interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, la mancanza di una soluzione alternativa nonché misure compensative per garantire che sia tutelata la coerenza globale di Natura 2000 (82).

202. I requisiti di una giustificazione devono essere affrontati in dettaglio nella soluzione delle questioni successive.

c)      Conclusione sulla decima questione

203. La decima questione, pertanto, deve essere risolta nel senso che, in forza della direttiva «habitat», precedentemente alla notifica dell’elenco comunitario dei siti di importanza comunitaria (SIC) gli Stati membri dovevano adottare misure di protezione per i siti iscritti negli elenchi nazionali dei SIC e che sono stati poi inseriti nell’elenco comunitario, al fine di mantenere le caratteristiche di detti siti (83). A partire dalla notificazione, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» gli Stati membri devono impedire che progetti le cui procedure di autorizzazione sono state avviate prima della notificazione degradino gli habitat naturali o gli habitat di specie ovvero perturbino gravemente le specie nei SIC, nel caso in cui le eventuali incidenze significative sui siti non siano giustificate.

2.      Sull’undicesima questione

204. Con l’undicesima questione il Consiglio di Stato intende sapere se, ai sensi della direttiva «habitat», le autorità nazionali competenti possano rilasciare un’autorizzazione per la realizzazione di un piano di deviazione di acque in assenza di dati attendibili ed aggiornati sull’avifauna nell’area protetta interessata.

205. L’amministrazione provinciale della Magnesia eccepisce che il Consiglio di Stato non può affatto, in base alle norme procedurali che ne disciplinano il funzionamento, accertare la mancanza di dati sull’avifauna, per cui la questione pregiudiziale sarebbe irricevibile. Non concordo tuttavia con tale obiezione. Nel procedimento pregiudiziale la Corte di giustizia, infatti, è sostanzialmente vincolata ai dati forniti dal giudice a quo e non può verificare se il giudice sia andato oltre le proprie competenze secondo il diritto nazionale (84).

206. Si deve quindi risolvere l’undicesima questione. L’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat» sarebbe di per sé rilevante. Atteso, tuttavia, che il procedimento di autorizzazione è in corso già da lungo tempo, la suddetta disposizione non è applicabile; lo è invece l’articolo 6, paragrafo 2.

a)      Sull’applicabilità dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat»

207. Ai fini dell’autorizzazione di progetti e delle informazioni che devono essere prese in considerazione al riguardo è determinante, in linea di principio, il procedimento della valutazione ex ante di cui all’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat». Una siffatta valutazione dovrebbe fondarsi sulle migliori conoscenze scientifiche in materia di avifauna nel sito interessato (85).

208. L’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat», come già illustrato (86), pur non essendo applicabile ai SIC interessati, potrebbe tuttavia trovare applicazione, in forza della direttiva «uccelli», con riferimento a specifiche zone di protezione speciale individuate già in precedenza. Ai sensi dell’articolo 7 della direttiva «habitat», a queste zone si applica l’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4, a partire dalla data di applicazione della stessa ovvero, successivamente, dalla data in cui il sito interessato viene dichiarato zona di protezione degli uccelli o riconosciuto come tale da uno Stato membro.

209. La direttiva «habitat» è divenuta applicabile, una volta decorso il termine per la sua trasposizione, nel 1994. L’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, pertanto, era applicabile a partire da questo momento fino alla qualificazione successiva della ZPS interessata.

210. La procedura di autorizzazione della deviazione parziale del fiume Acheloo è iniziata, tuttavia, già prima del 1994, in quanto le prime autorizzazioni sono state rilasciate nel 1992. Il Consiglio di Stato le ha annullate, proprio come le autorizzazioni successive, ma vi sono molti elementi che depongono a favore della tesi secondo cui l’autorizzazione del progetto è stata oggetto di una procedura che è proseguita senza soluzione di continuità sino alle disposizioni della legge 3481/2006, attualmente controverse (87).

211. Si deve pertanto ritenere che la procedura di autorizzazione ha avuto inizio prima della data iniziale di applicabilità dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat». La già citata giurisprudenza relativa a procedure di autorizzazione avviate prima dell’introduzione di modifiche gravose del diritto procedurale (88) esclude pertanto un obbligo di effettuare la valutazione di impatto ambientale ai sensi della citata disposizione.

b)      Sull’articolo 6, paragrafi 2 e 4, della direttiva «habitat»

212. È invece applicabile l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» (89).

213. Nel caso delle zone di protezione speciale l’applicazione necessaria di questa norma è ancora più chiara rispetto ai siti protetti in forza della direttiva «habitat», i SIC. Le zone di protezione speciale, infatti, dovevano essere classificate in Grecia sin dalla scadenza del termine per la trasposizione della direttiva «uccelli», ossia il 6 aprile 1981 (90). Anche qualora non abbia avuto luogo la dovuta classificazione, a partire da tale momento le zone interessate erano già soggette alla tutela di cui all’articolo 4, paragrafo 4, prima frase (91).

214. Nella causa principale, pertanto, occorre verificare se il progetto autorizzato determina il degrado degli habitat degli uccelli, per cui è stata classificata la zona speciale di conservazione, o se le suddette specie sono perturbate in modo tale da produrre conseguenze significative con riguardo agli obiettivi della direttiva (92).

215. Qualora si riscontrassero tali perturbazioni o tale degrado, si dovrà anche verificare se questi non siano giustificati in base ai parametri sostanziali di cui all’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat». Come già esposto, una giustificazione presuppone soprattutto una ponderazione, una verifica delle alternative e misure compensative (93).

216. Anche se non è richiesta una formale valutazione dell’incidenza sul sito ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», il potere discrezionale degli Stati membri per fare valere una giustificazione è tuttavia soggetto a limitazioni (94).

217. La Corte di giustizia ha infatti affermato che l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat» trova applicazione solo una volta analizzati gli effetti di un piano o di un progetto a norma dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva. La conoscenza di tali effetti, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del sito, configura una condizione imprescindibile per l’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 4. In mancanza della stessa non può essere valutato nessun presupposto applicativo di tale regime derogatorio. La valutazione di eventuali motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e della questione se sussistano alternative meno dannose richiede, infatti, una ponderazione del pregiudizio che deriverebbe al sito dal piano o dal progetto previsti. Inoltre il pregiudizio del sito dev’essere identificato con precisione, al fine di poter stabilire il tipo delle eventuali misure compensative (95).

218. Conseguentemente, anche nel caso in cui il pregiudizio sia giustificato in forza dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», tutti i punti di vista rilevanti nel singolo caso devono essere esaminati in modo scrupoloso e imparziale e occorre al contempo assicurare che essi possano suffragare le conclusioni da essi dedotte (96). Anche in questo contesto la ponderazione, l’esame delle alternative e le misure compensative presuppongono, quindi, una valutazione adeguata degli effetti che necessitano di giustificazione (97).

219. Gli effetti possono essere valutati adeguatamente solo sulla base di dati attendibili e aggiornati circa l’avifauna nelle zone interessate. In caso contrario, nella ponderazione, nell’esame delle alternative e nella definizione di misure compensative confluirebbe solo un pregiudizio ipotetico. La presa in considerazione del pregiudizio effettivo non sarebbe garantita.

c)      Conclusione circa l’undicesima questione

220. Si deve pertanto risolvere l’undicesima questione nel senso che in forza dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» le autorità nazionali competenti possono rilasciare un’autorizzazione per la realizzazione di un piano di deviazione di acque che deteriora gli habitat degli uccelli per i quali il sito è stato designato come zona di protezione speciale o che perturba le suddette specie in un modo che potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della direttiva solo se tale piano è basato su dati affidabili e aggiornati sull’avifauna nelle ZPS interessate.

3.      Sulla dodicesima questione – motivi imperativi di rilevante interesse pubblico

221. Con la dodicesima questione il Consiglio di Stato chiede di sapere se i motivi per i quali è intrapreso un piano di deviazione di acque, attinenti principalmente all’irrigazione e, in subordine, al fabbisogno idrico per usi domestici, possano giustificare un impatto negativo su una zona di protezione.

222. La dodicesima questione verte sul primo dei requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat», ossia i motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi i motivi di natura sociale o economica. Come già affermato nel contesto della direttiva quadro in materia di acque, l’irrigazione e il fabbisogno idrico per usi domestici possono costituire, in linea di principio, siffatti motivi (98).

223. Qualora, tuttavia, il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, a norma dell’articolo 6, paragrafo 4, secondo comma, della direttiva «habitat», possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.

224. Tre dei SIC citati nella domanda di pronuncia pregiudiziale sono siti in cui si trovano specie o habitat prioritari: «Delta Acheloou, Limnothalassa, Mesologgiou‑Aitolikou, Ekvoles Evinou, Nisoi Echinades, Nisos Petalas» (GR2310001), «Limnes Trichonida kai Lysimachia» (GR2310009) e «Aspropotamos» (GR1440001) (99).

225. Atteso che la Commissione nella fattispecie non ha espresso alcun parere, in base al tenore letterale dell’articolo 6, paragrafo 4, secondo comma, della direttiva «habitat», la cerchia dei possibili interessi in base ai quali è possibile motivare una giustificazione è fortemente limitata. L’irrigazione non costituirebbe pertanto un interesse tale da poter giustificare le opere, in quanto essa non sarebbe necessaria né per la salute dell’uomo né per la sicurezza pubblica o relativa a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente. Il fabbisogno idrico per usi domestici, invece, rappresenterebbe una considerazione connessa alla salute dell’uomo.

226. Sarebbe tuttavia inopportuno applicare i suddetti requisiti più severi relativi alla giustificazione dell’impatto negativo già allorquando gli elementi prioritari delle rispettive zone non subiscano alcun pregiudizio. Poiché la Commissione ha pubblicamente sottoscritto questa tesi (100), in casi siffatti è superfluo ogni suo parere prima che siano fatti valere altri interessi. Il Consiglio di Stato è tenuto ad accertare l’eventuale pregiudizio arrecato ad elementi prioritari dei siti interessati e, pertanto, se debbano essere adottati requisiti più severi per la possibile giustificazione.

227. Peraltro, i motivi relativi ad un progetto sono imperativi e rilevanti solo se ad essi è attribuito un peso maggiore rispetto alle ripercussioni negative che lo stesso ha sui siti protetti dalla direttiva «habitat» (101).

228. La dodicesima questione deve pertanto essere risolta nel senso che sia l’irrigazione sia il fabbisogno idrico per usi domestici costituiscono motivi imperativi di rilevante interesse pubblico ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat» per un progetto di deviazione di acque qualora tali motivi siano prevalenti rispetto alle ripercussioni negative del suddetto progetto sui siti protetti dalla direttiva. Qualora, tuttavia, siano pregiudicati habitat naturali o di specie prioritari, in assenza di un parere della Commissione, rileva esclusivamente il motivo di giustificazione del fabbisogno idrico per usi domestici.

4.      Sulla tredicesima questione – Misure volte ad assicurare la coerenza di Natura 2000

229. Con la tredicesima questione il Consiglio di Stato intende sapere se per determinare l’idoneità delle misure compensative debbano essere prese in considerazione l’estensione della suddetta deviazione e l’entità dei lavori che essa richiede.

230. La presente questione attiene al terzo requisito di una giustificazione del pregiudizio arrecato alle zone di protezione di cui all’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat», ossia alle misure compensative necessarie per garantire che – nonostante l’incidenza sul sito – la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. A questo proposito, contrariamente alla formulazione della tredicesima e della quattordicesima questione, il punto centrale non è la coerenza di singoli siti, bensì la coerenza della rete delle zone di conservazione.

231. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva «habitat», Natura 2000 costituisce una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione. Questa rete è formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II, nonché dalle ZPS per gli uccelli di cui all’allegato I della direttiva «uccelli» e per gli uccelli migratori che tornano regolarmente. Natura 2000 deve garantire il mantenimento e, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale (102).

232. Le misure necessarie possono essere determinate solo in considerazione del deterioramento del rispettivo territorio. Le autorità competenti devono accertare quale contributo a Natura 2000 del sito danneggiato vada perso a causa del progetto e come compensare tale perdita, in modo da assicurare che, come risultato finale, venga garantita la coerenza della rete (103).

233. La Corte di giustizia ha pertanto già affermato che, per determinare la natura di eventuali misure compensative, i danni al relativo sito devono essere individuati con precisione (104). Con riferimento alle misure compensative, conseguentemente, devono essere prese in considerazione l’estensione della deviazione del fiume Acheloo e l’entità dei lavori che essa richiede, qualora essi si ripercuotano negativamente sulle zone di conservazione.

234. Occorre pertanto risolvere la tredicesima questione affermando che, per determinare l’idoneità delle misure compensative necessarie ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat» per garantire la coerenza globale di Natura 2000, si devono prendere in considerazione l’estensione della deviazione di un fiume e l’entità dei lavori che essa richiede, qualora essi si ripercuotano negativamente sulle zone di conservazione di Natura 2000.

5.      Sulla quattordicesima questione – Trasformazione di un ecosistema fluviale naturale

235. Con la quattordicesima questione il Consiglio di Stato chiede di sapere se la direttiva «habitat», interpretata alla luce del principio di sviluppo sostenibile, quale sancito dall’articolo 6 CE (attualmente articolo 11 TFUE) consenta la trasformazione di un ecosistema fluviale naturale in un ecosistema fluviale e lacustre antropizzato.

236. È altamente probabile che la trasformazione di un ecosistema fluviale naturale in un ecosistema fluviale e lacustre antropizzato, ossia in una sequenza di laghi di sbarramento, comporti il deterioramento degli habitat protetti presenti nel sito ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat». Ciò dovrebbe essere dimostrato in dettaglio alla luce dei rispettivi obiettivi di conservazione.

237. Un eventuale deterioramento, tuttavia, non significa che il progetto di deviazione in questione sia comunque illegittimo. Esso, al contrario, potrebbe essere giustificato alla luce dei criteri di cui all’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat».

238. Il principio della sostenibilità deve essere preso in considerazione nel contesto della giustificazione, ossia della valutazione dei motivi di interesse pubblico, del deterioramento e delle alternative. Qualora il progetto non consegua i propri obiettivi o lo faccia solo in modo parzialmente sostenibile, ciò riduce il peso dei suddetti obiettivi nella ponderazione. Del pari, un pregiudizio meramente transitorio ha un peso minore rispetto ad un pregiudizio duraturo.

239. La quattordicesima questione, pertanto, deve essere risolta nel senso che un piano di deviazione di acque all’interno di un sito Natura 2000 che avrebbe come conseguenza la trasformazione di un ecosistema fluviale naturale in un ecosistema fluviale e lacustre antropizzato può essere autorizzato qualora sussistano le condizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat».

V –    Conclusione

240. Suggerisco alla Corte di statuire come segue in merito alla domanda di pronuncia pregiudiziale:

1.      Gli articoli 13, paragrafo 6, e 11, paragrafo 7, della direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, non stabiliscono un termine per la trasposizione dell’articolo 4 della direttiva, ma solo un limite temporale massimo per la predisposizione dei piani di gestione o dei programmi di misure. La direttiva, tuttavia, non impone di applicare l’articolo 4 prima della scadenza di quel limite.

2.      Una normativa nazionale, adottata entro il termine per la predisposizione di piani di gestione o di programmi di misure, con cui si autorizza il trasferimento di acqua da un determinato bacino idrografico ad un altro, pregiudica seriamente gli obiettivi della direttiva 2000/60 quando il trasferimento comporta uno stato delle acque incompatibile con l’articolo 4 della direttiva in modo duraturo e di non lieve entità. A questo proposito, anche nel contesto dell’efficacia preliminare dell’articolo 4 è possibile una giustificazione per interessi generali rilevanti; i piani di gestione non sono indispensabili, ma la normativa nazionale deve essere stata adottata sulla base di dati sufficienti.

3.      La definizione di piani di gestione senza la prevista partecipazione del pubblico è incompatibile con l’articolo 14 della direttiva 2000/60.

4.      Uno studio di impatto ambientale presentato all’approvazione del parlamento nazionale dopo l’annullamento giudiziale dell’atto con cui era già stato approvato dall’amministrazione, soddisfa i requisiti di cui all’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva 2003/35/CE, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale, se, in primo luogo ha fornito al legislatore il materiale necessario – ossia sufficientemente aggiornato e completo – nella procedura di cui alla direttiva e, in secondo luogo, se il legislatore ha potuto verificare e discutere in modo adeguato su questa base gli effetti sull’ambiente.

5.      I piani di gestione di cui all’articolo 13 della direttiva 2000/60 devono essere, in linea di principio, sottoposti ad una valutazione ambientale di cui alla direttiva 2001/42 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente.

6.      A norma dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2001/42 né gli atti autorizzativi relativi ad un progetto isolato di deviazione di un fiume ed annullati retroattivamente in via giudiziale, né l’avvio delle relative procedure autorizzative possono essere considerati come atti preparatori formali di piani di gestione di distretti idrografici nell’accezione della direttiva 2000/60. Essi possono tuttavia essere considerati come atti preparatori di un piano di deviazione di un fiume soggetto a valutazione, qualora la procedura autorizzativa sia proseguita ininterrottamente senza soluzione di continuità.

7.      In forza dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2001/42, nel caso in cui un piano rientri contemporaneamente nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva, in quello della direttiva 2000/60 e della direttiva 85/337, che prevedono anch’esse una valutazione dell’impatto ambientale dell’opera, non è necessario effettuare un autonomo studio di valutazione ambientale strategica qualora gli studi condotti sulla base della direttiva 2000/60 e della direttiva 85/337 soddisfino, quanto a contenuto e a procedura adottata, i requisiti di cui alla direttiva 2001/42.

8.      In forza della direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, precedentemente alla notifica dell’elenco comunitario dei siti di importanza comunitaria (SIC), gli Stati membri dovevano adottare misure di protezione per i siti iscritti negli elenchi nazionali dei SIC e che sono stati poi inseriti nell’elenco comunitario, al fine di mantenere le caratteristiche di detti siti. A partire dalla notificazione, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 92/43, gli Stati membri devono impedire che progetti le cui procedure di autorizzazione sono state avviate prima della notificazione degradino gli habitat naturali o gli habitat di specie ovvero perturbino gravemente le specie nei SIC, nel caso in cui le eventuali incidenze significative sui siti non siano giustificate.

9.      In forza dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 92/43 le autorità nazionali competenti possono rilasciare un’autorizzazione per la realizzazione di un piano di deviazione di acque che deteriora gli habitat degli uccelli per i quali il sito è stato designato come zona di protezione speciale o che perturba le suddette specie in un modo che potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della direttiva solo se tale piano è basato su dati affidabili e aggiornati sull’avifauna nelle zone di protezione speciali interessate.

10.      Sia l’irrigazione sia il fabbisogno idrico per usi domestici costituiscono motivi imperativi di rilevante interesse pubblico ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43 per un progetto di deviazione di acque qualora tali motivi siano prevalenti rispetto alle ripercussioni negative del suddetto progetto sui siti protetti dalla direttiva. Qualora, tuttavia, siano pregiudicati habitat naturali o di specie prioritari, in assenza di un parere della Commissione, rileva esclusivamente il motivo di giustificazione del fabbisogno idrico per usi domestici.

11.      Per determinare l’idoneità delle misure compensative necessarie ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43 per garantire la coerenza globale di Natura 2000, si devono prendere in considerazione l’estensione della deviazione di un fiume e l’entità dei lavori che essa richiede, qualora essi si ripercuotano negativamente sulle zone di conservazione di Natura 2000.

12.      Un piano di deviazione di acque all’interno di un sito Natura 2000 che avrebbe come conseguenza la trasformazione di un ecosistema fluviale naturale in un ecosistema fluviale e lacustre antropizzato può essere autorizzato qualora sussistano le condizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327, pag 1), come modificata dalla decisione del Parlamento europeo e del Consiglio 20 novembre 2001, 2455/2001/CE, relativa all’istituzione di un elenco di sostanze prioritarie in materia di acque (GU L 331, pag. 1).


3 – Direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 maggio 2003, 2003/35/CE, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale (GU L 156, pag. 17).


4 – Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, (GU L 197, pag. 30).


5 – Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7), come modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 settembre 2003, recante adeguamento alla decisione 1999/468/CE del Consiglio delle disposizioni relative ai comitati che assistono la Commissione nell’esercizio delle sue competenze di esecuzione previste negli atti soggetti alla procedura prevista all’articolo 251 del trattato CE (GU L 284, pag. 1).


6 – GU L 103, pag. 1, come modificata dal regolamento (CE) n. 807/2003 del Consiglio, del 14 aprile 2003, recante adeguamento alla decisione 1999/468/CE delle disposizioni relative ai comitati che assistono la Commissione nell’esercizio delle sue competenze di esecuzione previste negli atti del Consiglio adottati secondo la procedura di consultazione (unanimità) (GU L 122, pag. 36), in seguito consolidata dalla direttiva 2009/147/CE del 30 novembre 2009, (GU L 20, pag. 7).


7 – GU L 259, pag. 1.


8 – Nella domanda di pronuncia pregiudiziale il sito è identificato dal codice GR 2310001, presumibilmente per errore.


9 – Http://eur‑lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32006D0613(1):IT:NOT, v. «Date».


10 – FEK A’ 280 del 9 dicembre 2003.


11 – FEK A’ 54 dell’ 8 marzo 2007.


12 – FEK A’ 162 del 2 agosto 2006.


13 – Le osservazioni dell’amministrazione provinciale della Magnesia sono in gran parte identiche a quelle della società DEI.


14 – Le osservazioni dell’amministrazione provinciale della Kardítsa sono in gran parte identiche, tra l’altro, a quelle dell’amministrazione provinciale della Tríkala.


15 – V. infra, A.6, paragrafo 97 e segg.


16 – V. sentenza del 30 novembre 2006, Commissione/Lussemburgo (C‑32/05, Racc. pag. I‑11323, specialmente punto 63), che non ha messo in dubbio la validità di tale termine per la trasposizione delle disposizioni della direttiva quadro in materia di acque.


17 – V., in tal senso, sentenze del 7 settembre 2006, Cordero Alonso (C‑81/05, Racc. pag. I‑7569, punto 29), e del 21 luglio 2011, Azienda Agrozootecnica Franchini ed Eolica di Altamura (C‑2/10, Racc. pag. I-6561, punto 70).


18 – V. paragrafo 27, «Quadro normativo».


19 – V. in tal senso per es. sentenze del 21 settembre 1999, Albany (C‑67/96, Racc. pag. I‑5751, punto 119); dell’11 settembre 2003, Steinicke (C‑77/02, Racc. pag. I‑9027, punto 61); del 22 novembre 2005, Mangold (C‑144/04, Racc. pag. I‑9981, punto 63), e del 12 ottobre 2010, Rosenbladt (C‑45/09, Racc. pag. I-9391, punti 41 e 68), riguardanti obiettivi di politica sociale e occupazionale; riguardo al diritto ambientale v. le conclusioni da me presentate il 13 marzo 2008 nella causa Commune de Mesquer (C‑188/07, Racc. pag. I‑4501, paragrafo 125), e il 23 aprile 2009 nella causa Futura immobiliare e a. (C‑254/08, Racc. pag. I‑6995, paragrafo 58).


20 – V. il tredicesimo considerando del regolamento (CE) n. 1051/2001 del Consiglio, del 22 maggio 2001, relativo all’aiuto alla produzione di cotone (GU L 148, pag. 3 – nel frattempo abrogato): «La coltura del cotone nelle regioni meno idonee rischia di esercitare un effetto negativo sull’ambiente e sull’economia agricola delle regioni per le quali tale coltura è importante... ». V. anche lo studio commissionato dalla Commissione europea ad Alliance Environnement, Évaluation des impacts sur l’environnement des mesures de la PAC relatives au coton (2007), http://ec.europa.eu/agriculture/eval/reports/coton/index_fr.htm – Pagina visitata l’11 luglio 2011.


21 – GU 1979, L 291, pag. 174.


22 – V. regolamento (CE) n. 637/2008 del Consiglio, del 23 giugno 2008, che modifica il regolamento (CE) n. 1782 e che istituisce programmi nazionali per la ristrutturazione del settore del cotone (GU L 178, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 472/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009 (GU L 144, pag. 1).


23 – V. studio cit. supra alla nota 20, pag. 12.


24 – V. supra, paragrafo 53.


25 – V. sentenze del 18 dicembre 1997, Inter Environnement Wallonie (C‑129/96, Racc. pag. I‑7411, punto 45), e del 26 maggio 2011, Stichting Natuur en Milieu e a. (da C‑165/09 a C‑167/09, Racc. pag. I-4599, punto 78 e giurisprudenza ivi cit.).


26 – V. sentenze del 10 novembre 2005, Stichting Zuid Hollandse Milieufederatie (C‑316/04, Racc. pag. I‑9759, punto 42); del 14 settembre 2006, Stichting Zuid Hollandse Milieufederatie (C‑138/05, Racc. pag. I‑8339, punto 42), nonché Stichting Natuur en Milieu e a. (cit. alla nota 25, punto 79).


27 – V. sentenze del 26 aprile 1988, Krücken (316/86, Racc. pag. 2213, punto 22), e dell’11 luglio 2002, Marks & Spencer (C‑62/00, Racc. pag. I‑6325, punto 44 e la giurisprudenza ivi cit.).


28 – V., in tema di diritto alla restituzione dell’imposta versata in eccedenza, sentenza del 12 maggio 2011, Enel Maritsa Iztok 3 (C‑107/10, Racc. pag. I-3873, punto 39 e giurisprudenza ivi cit.).


29 – V. sentenze del 29 gennaio 2002, Pokrzeptowicz-Meyer (C‑162/00, Racc. pag. I‑1049, punto 49), e dell’11 dicembre 2008, Commissione/Freistaat Sachsen (C‑334/07 P, Racc. pag. I‑9465, punto 44).


30 – V. sentenza del 21 gennaio 2003, Germania/Commissione (C‑512/99, Racc. pag. I‑845, punto 45).


31 – V. sentenze del 29 giugno 1999, Butterfly Music (C‑60/98, Racc.I‑3939, punto 25 e la giurisprudenza ivi cit.); Commissione/Freistaat Sachsen (cit. alla nota 29, punto 43), e del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg (C‑226/08, Racc. pag. I‑131, punto 46).


32 – V. sentenza Commissione/Freistaat Sachsen (cit. supra alla nota 29, punto 43 e giurisprudenza ivi cit.).


33 – Sentenza Germania/Commissione (cit. supra alla nota 30, punti 46 e segg.).


34 – V. sentenze del 12 novembre 1981, Meridionale Industria Salumi e a. (da 212/80 a 217/80, Racc. 2735, punto 9); del 1° luglio 2004, Tsapalos e Diamantakis (C‑361/02 e C‑362/02, Racc. pag. I‑6405, punto 19), e del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione (C‑201/09 P e C‑216/09 P, Racc. pag. I-2239, punto 75).


35 – V. sentenze del 18 giugno 1998, Gedeputeerde Staten van Noord-Holland (C‑81/96, Racc. pag. I‑3923, punto 23), e del 23 marzo 2006, Commissione/Austria (C‑209/04, Lauteracher Ried, Racc. I‑2755, punti 56 e segg.) in merito alla direttiva «habitat».


36 – V. sentenza del 5 ottobre 2000, Commissione/Francia (C‑337/98, Racc. pag. I‑8377, punti 35 e segg.).


37 – V. direttiva 93/38/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 199, pag. 84).


38 – V. sentenze cit. alla nota 35, Gedeputeerde Staten van Noord-Holland e Lauteracher Ried.


39 – V., in merito alla direttiva «habitat», le conclusioni da me presentate il 28 giugno 2011 nella causa pendente Commissione/Spagna (C‑404/09, Alto Sil, paragrafi 69 e segg.).


40 – V. supra, paragrafi 75 e segg.


41 – V. al riguardo supra, paragrafi 72 e segg.


42 – V, a questo riguardo infra, paragrafo 125.


43 – V. supra, paragrafi 84 e segg.


44 – Sentenza Commissione/Lussemburgo (cit. supra alla nota 16, punto 80).


45 – In proposito, v. i successivi paragrafi 131 e segg.


46 – Sentenza del 16 settembre 1999, WWF e a. (C‑435/97, Racc. pag. I‑5613).


47 – Sentenza del 19 settembre 2000, Linster (C‑287/98, Racc. pag. I‑6917).


48 – Sentenza WWF e a. (cit. supra alla nota 46, punto 57).


49 – Sentenza Linster (cit. supra alla nota 47, punto 54).


50 – Sentenze WWF e a. (cit. supra alla nota 46, punto 62) e Linster (cit. alla nota 47, punto 57).


51 – Conclusioni presentate il 19 maggio 2011 nelle cause riunite Boxus e Roua e a. (C‑128/09, C‑129/09, C‑130/09, C‑131/09, C‑134/09 e C‑135/09, paragrafo 79).


52 – Conclusioni nella causa Boxus e Roua e a. (cit. supra alla nota 51, paragrafi 84 e 87).


53 – Conclusioni nella causa Boxus e Roua e a. (cit. supra alla nota 51, paragrafo 88).


54 – V. sentenza del 3 marzo 2011, Commissione/Irlanda, (C‑50/09, Racc. pag. I-873, punto 40).


55 – V. sentenza del 6 novembre 2008, Commissione/Germania (C‑247/06, Nivelsteiner Sandwerke, punti 49 e segg.).


56 – V. infra, paragrafo 204.


57 – Punto 44 delle osservazioni dell’amministrazione provinciale dell’Etolia-Akarnania e a.


58 – Il thema decidendi della causa C‑567/10, Inter‑Environnement Bruxelles e a., tuttora pendente, è se anche piani e programmi previsti semplicemente da norme legislative, regolamentari o amministrative rientrino nella direttiva VAS. I piani di gestione non ancora scaduti secondo la direttiva quadro in materia di acque, di cui si discuterà infra sub b), potrebbero essere considerati, a determinate condizioni, come piano «previsto».


59 – V. in particolare, sulla necessità di una valutazione, le conclusioni da me presentate il 4 marzo 2010 nelle cause riunite Terre wallonne (C‑105/09 e C‑110/09, sentenza 17 giugno 2010, Racc. pag. I-5609, paragrafi 87 e segg.).


60 – V., sulla direttiva VIA, sentenza dell’11 agosto 1995, Commissione/Germania (C‑431/92, Großkrotzenburg, Racc. pag. I‑2189, punto 32).


61 – Sentenza Großkrotzenburg, cit. supra alla nota 60.


62 – Punto 29 della domanda di pronuncia pregiudiziale.


63 – Sentenza del 22 settembre 2011, Valčiukienė e a. (C‑295/10, Racc. pag. I-8819, punto 62). V., per la direttiva VIA, le sentenze Großkrotzenburg (cit. supra alla nota 60, punti 41 e segg.), e del 16 settembre 2004, Commissione/Spagna (C‑227/01, Racc. pag. I‑8253, punto 56), nonché le conclusioni da me presentate il 29 novembre 2007 nella causa Abraham e a. (C‑2/07, Racc. pag. I‑1197, paragrafo 84).


64 – V. supra, paragrafi 141 e segg.


65 – I siti sono elencati supra, al paragrafo 22.


66 – Sentenza del 13 gennaio 2005, Dragaggi e a. (C‑117/03, Racc. pag. I‑167, punto 25).


67 – V., sull’efficacia delle decisioni, sentenza del 20 novembre 2008, Foselev Sud‑Ouest (C‑18/08, Racc. pag. I‑8745, punto 18).


68 – V. supra, nota 9.


69 – Sentenze del 14 settembre 2006, Bund Naturschutz in Bayern e a. (C‑244/05, Racc. pag. I‑8445, punti 44 e 46); Stadt Papenburg (cit. supra alla nota 31, punto 49), e del 20 maggio 2010, Commissione/Spagna (C‑308/08, Iberischer Luchs, Racc. pag. I-4281, punto 21).


70 – Sentenze Lauteracher Ried (cit. supra alla nota 35, punti 53‑62), e Stadt Papenburg (cit. supra alla nota 31, punto 48). Ho già accennato a questo principio nella disamina degli effetti preliminari della direttiva quadro in materia di acque durante il periodo transitorio per la predisposizione di piani di gestione e di misure programmatiche, v. supra, paragrafi 107 e segg.


71 – Sentenza Lauteracher Ried (cit. supra alla nota 35, punto 57, con riferimento alla giurisprudenza in materia di direttiva VIA).


72 – Sentenza Dragaggi e a., cit. supra alla nota 66.


73 – Ad esempio, la Commissione ha adottato la decisione 2002/11/CE che stabilisce l’elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica macaronesica, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio (GU 2002, L 5, pag. 16) già il 28 dicembre 2001. Prima della decisione 2006/613 sono state adottate decisioni relativamente ad altre quattro regioni biogeografiche.


74 – Sentenza del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, Racc. pag. I‑7405, punto 37).


75 – Sentenza del 20 ottobre 2005, Commissione/Regno Unito (C‑6/04, Racc. pag. I‑9017, punto 58).


76 – Sentenza Stadt Papenburg (cit. supra alla nota 31, punto 49).


77 – V. le conclusioni da me presentate nella causa Alto Sil (cit. supra alla nota 39, paragrafi 70 e segg.).


78 – Sentenze del 6 luglio 2010, Monsanto Technology (C‑428/08, Racc. pag. I-6765, punto 66), e del 16 dicembre 2010, Stichting Natuur en Milieu (C‑266/09, Racc. pag. I-13119, punto 32). V. anche supra, sugli effetti preliminari della direttiva quadro in materia di acque, paragrafo IV –A –6.b). Per questo, ad esempio, nuove norme giuridiche sulla protezione dei brevetti possono limitare la portata della protezione di brevetti esistenti (v. sentenza Monsanto Technology, punto 69).


79 – V., sull’esercizio di autorizzazioni esistenti, le conclusioni da me presentate nella causa Alto Sil (cit. supra alla nota 39, paragrafo 72).


80 – V. sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (cit. supra alla nota 74, punto 35) e le mie conclusioni nella causa Alto Sil (cit. supra alla nota 39, paragrafo 108).


81 – V. le conclusioni da me presentate nella causa Alto Sil (cit. supra alla nota 39, paragrafo 110).


82 – V. le conclusioni da me presentate nella causa Alto Sil (cit. supra alla nota 39, paragrafo 111).


83 – V. supra, paragrafo 185.


84 – Sentenza WWF e a. (cit. supra alla nota 46, punti 31‑33 e giurisprudenza ivi cit.).


85 – Sentenza del 20 settembre 2007, Commissione/Italia (C‑304/05, Santa Caterina, Racc. pag. I‑7495, punto 59).


86 – V. supra, paragrafi 188 e segg.


87 – V. supra, paragrafo 169.


88 – V. supra, paragrafi 188 e segg.


89 – V. supra, paragrafi 193 e segg.


90 – Sentenza del 25 ottobre 2007, Commissione/Grecia (C‑334/04, Racc. pag. I‑9215, punto 32).


91 – V. le sentenze del 7 dicembre 2000, Commissione/Francia Basses Corbières (C‑374/98, Racc. pag. I‑10799, punti 47 e 57); del 20 settembre 2007, Commissione/Italia (Valloni e steppe pedegarganiche (C‑388/05, Racc. pag. I‑7555, punto 18), e del 18 dicembre 2007, Commissione/Spagna (C‑186/06 Kanal Segarra‑Garrigues, Racc. pag. I‑12093, punto 26).


92 – V,. per una siffatta verifica, la sentenza Santa Caterina (cit. supra alla nota 85, punti 91 e segg.), nonché le conclusioni da me presentate in questa causa il 19 aprile 2007, paragrafi 61 e segg.


93 – V. supra, paragrafi 199 e segg.


94 – V. le conclusioni da me presentate nella sentenza Alto Sil (cit. supra alla nota 39, paragrafo 112).


95 – Sentenza Santa Caterina (cit. supra alla nota 85, punto 83).


96 – V., sul controllo della discrezionalità della Commissione, sentenze del 18 luglio 2007, Industrias Químicas del Vallés/Commissione (C‑326/05 P, Racc. pag. I‑6557, punto 77), e del 6 novembre 2008, Paesi Bassi/Commissione (C‑405/07 P, Racc. pag. I‑8301, punto 55), nonché la giurisprudenza ivi cit.


97 – V. le conclusioni da me presentate nella causa Alto Sil (cit. supra alla nota 39, paragrafo 112).


98 – V. supra, paragrafi 83 e segg.


99 – I suddetti siti sono contrassegnati con un asterisco nella colonna C della decisione 2006/613.


100 – V. la guida generale della Commissione, La gestione dei siti della rete Natura 2000 – Guida all’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva «Habitat» 92/43/CEE, Lussemburgo, 2000, pag. 54.


101 – V. sentenza Santa Caterina, cit. supra alla nota 85.


102 – V. le conclusioni da me presentate il 27 ottobre 2005 nella causa Commissione/Austria (C‑209/04, Lauteracher Ried, Racc. pag. I‑2755, paragrafo 83).


103 – V. le conclusioni da me presentate nella causa Lauteracher Ried (cit. supra alla nota 102, paragrafo 84).


104 – Sentenza Santa Caterina, cit. supra alla nota 85.