Language of document : ECLI:EU:T:2009:519

Causa T‑57/01

Solvay SA

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Abuso di posizione dominante — Mercato della soda nella Comunità (ad eccezione del Regno Unito e dell’Irlanda) — Decisione che accerta una violazione dell’art. 82 CE — Accordi di fornitura per un periodo eccessivamente lungo — Sconto di fedeltà — Prescrizione del potere della Commissione di infliggere ammende o sanzioni — Termine ragionevole — Forme sostanziali — Mercato geografico rilevante — Sussistenza di posizione dominante — Abuso della posizione dominante — Diritto di accesso al fascicolo — Ammenda — Gravità e durata dell’infrazione — Circostanze aggravanti — Recidiva — Circostanze attenuanti»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Prescrizione in materia di azioni — Sospensione — Decisione della Commissione che costituisce oggetto di un procedimento pendente dinanzi alla Corte di giustizia — Portata

(Regolamento del Consiglio n. 2988/74, art. 3)

2.      Diritto comunitario — Principi — Osservanza di un termine ragionevole — Ambito di applicazione — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Procedimento giurisdizionale — Distinzione ai fini della valutazione dell’osservanza di un termine ragionevole

(Regolamento del Consiglio n. 17)

3.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Obblighi della Commissione — Osservanza di un termine ragionevole

(Regolamento del Consiglio n. 17)

4.      Commissione — Principio di collegialità — Portata — Decisione in materia di concorrenza

(Trattato di fusione, art. 17)

5.      Eccezione di illegittimità — Portata — Atti di cui può essere eccepita l’illegittimità — Regolamento interno di un’istituzione

(Art. 241 CE)

6.      Atti delle istituzioni — Autenticazione degli atti adottati — Modalità

(Regolamento interno della Commissione del 1999, art. 16, primo comma)

7.      Diritto comunitario — Principi — Diritti della difesa — Ambito di applicazione — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Portata del principio dopo l’annullamento di una prima decisione della Commissione

(Art. 81, n. 1, CE)

8.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Poteri di accertamento della Commissione — Portata — Accesso ai locali delle imprese

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 14)

9.      Concorrenza — Posizione dominante — Mercato rilevante — Delimitazione geografica

(Art. 82 CE)

10.    Concorrenza — Posizione dominante — Qualificazione di una posizione come dominante a causa della detenzione di una quota di mercato molto cospicua

(Art. 82 CE)

11.    Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Sconti aventi effetto di preclusione sul mercato — Sconti di fedeltà

(Art. 82 CE)

12.    Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Sconti per quantitativo — Ammissibilità — Presupposti — Carattere abusivo del sistema di sconti

(Art. 82 CE)

13.    Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Clausole di fornitura esclusiva — Sconti di fedeltà

(Art. 82 CE)

14.    Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Sconti per quantitativo — Ammissibilità — Presupposti — Modalità di calcolo

(Art. 82, secondo comma, CE)

15.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Accesso al fascicolo — Portata — Diniego di comunicazione di un documento — Conseguenze

16.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Accesso al fascicolo — Oggetto — Negata divulgazione di documenti in possesso della Commissione — Giudizio del Tribunale alla luce del rispetto dei diritti della difesa nel caso di specie

17.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Violazione dei diritti della difesa — Accesso irregolare al fascicolo — Accesso assicurato nel corso del procedimento giudiziario — Regolarizzazione — Esclusione

18.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione — Decisione che constata un’infrazione e infligge un’ammenda — Annullamento per vizio di procedura

(Regolamento del Consiglio n. 17)

19.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Infrazioni di particolare gravità

(Art. 82 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

20.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze aggravanti — Recidiva — Nozione di infrazioni dello stesso tipo — Infrazioni agli artt. 81 CE e 82 CE — Esclusione

(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

21.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Circostanze attenuanti — Insussistenza di recidiva — Esclusione

(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

22.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Circostanze attenuanti — Collaborazione dell’impresa nel corso degli accertamenti da parte degli agenti della Commissione — Esclusione

(Art. 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 14)

23.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Fatturato preso in considerazione per calcolare il limite massimo dell’ammenda

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

24.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Carattere dissuasivo

(Art. 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

1.      Ai sensi dell’art. 3 del regolamento n. 2988/74, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto della concorrenza, la prescrizione dell’azione rimane sospesa per il tempo in cui «pende dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee» un ricorso contro la decisione della Commissione. Tale riferimento dev’essere inteso, dopo la creazione del Tribunale di primo grado, come riguardante anzitutto un ricorso pendente dinanzi a quest’ultimo, dal momento che i procedimenti che vertono su sanzioni o ammende nel settore del diritto della concorrenza rientrano nella sua competenza.

La prescrizione è altresì sospesa per tutto il tempo di un’impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia. Dato che l’art. 60 dello Statuto della Corte di giustizia e l’art. 3 del regolamento n. 2988/74 hanno un ambito di applicazione diverso, la mancanza di effetto sospensivo di un’impugnazione non può privare di ogni effetto l’art. 3 del detto regolamento, che riguarda situazioni in cui la Commissione deve attendere la decisione del giudice comunitario. Inoltre, l’art. 3 del regolamento n. 2988/74 tutela la Commissione contro gli effetti della prescrizione in situazioni in cui essa deve attendere la decisione del giudice comunitario, nell’ambito di procedimenti sul cui svolgimento essa non ha il controllo, per sapere se l’atto impugnato è viziato o no da illegittimità. L’argomento secondo cui l’istituzione di un doppio grado di giurisdizione non permette di estendere il periodo di sospensione della prescrizione non può quindi essere accolto. La sospensione della prescrizione permette alla Commissione solo di adottare eventualmente una nuova decisione nell’ipotesi in cui sia respinta l’impugnazione proposta contro una sentenza del Tribunale che annulla una decisione della Commissione. Questa sospensione della prescrizione non produce alcun effetto sulla decisione annullata dalla sentenza del Tribunale. In caso di impugnazione, alla Commissione non viene certo formalmente impedito di agire e di adottare una nuova decisione in seguito all’annullamento da parte del Tribunale della decisione iniziale. Tuttavia, un ricorso contro la decisione che infligge sanzioni sospende la prescrizione in materia di azioni fino a che il giudice comunitario abbia definitivamente statuito sul detto ricorso. Se la Commissione dovesse adottare una nuova decisione in seguito all’annullamento di una decisione da parte del Tribunale senza attendere la pronuncia della Corte vi sarebbe il rischio di coesistenza di due decisioni aventi lo stesso oggetto nell’ipotesi in cui la Corte annullasse la sentenza del Tribunale. Appare contrario alle esigenze di economia del procedimento amministrativo imporre alla Commissione, al solo scopo di evitare che la prescrizione maturi, di adottare una nuova decisione prima di sapere se la decisione iniziale sia o meno viziata da illegittimità.

Infine, dato che la prescrizione resta sospesa, conformemente all’art. 3 del regolamento n. 2988/74, per tutta la durata dell’impugnazione dinanzi alla Corte, non si può accusare la Commissione di aver violato il principio della ragionevolezza dei termini solo per aver atteso che la Corte statuisse nell’ambito di siffatta impugnazione prima di adottare una nuova decisione.

(v. punti 90, 97-98, 102-103, 105-108, 121)

2.      In sede di esame di un addebito relativo alla violazione del principio della ragionevolezza dei termini, occorre distinguere tra il procedimento amministrativo condotto in materia di concorrenza ai sensi del regolamento n. 17 e il procedimento giurisdizionale in caso di ricorso contro la decisione della Commissione. Il periodo durante il quale il giudice comunitario esamina la legittimità della decisione e, in caso d’impugnazione, la validità della sentenza pronunciata in primo grado, non può essere preso in considerazione per determinare la durata del procedimento dinanzi alla Commissione.

(v. punto 124)

3.      La violazione del principio della ragionevolezza dei termini al momento dell’adozione di una decisione in esito ad un procedimento amministrativo in materia di concorrenza giustifica l’annullamento di una decisione presa da parte della Commissione solo qualora comporti anche una violazione dei diritti della difesa dell’impresa interessata. Infatti, quando non è dimostrato che il decorso di un lasso di tempo eccessivo abbia pregiudicato la capacità delle imprese interessate di difendersi in modo efficace, il mancato rispetto del principio della ragionevolezza dei termini non incide sulla validità del procedimento amministrativo.

(v. punto 132)

4.      Il principio di collegialità si fonda sull’eguaglianza dei membri della Commissione nella partecipazione all’adozione di una decisione e, in particolare, implica che le decisioni siano deliberate in comune e che tutti i membri del collegio siano collettivamente responsabili, sul piano politico, del complesso delle decisioni adottate. Il rispetto di tale principio, e in particolare la necessità che le decisioni siano deliberate in comune, interessa necessariamente i soggetti di diritto toccati dagli effetti giuridici che queste producono, nel senso che essi devono poter essere certi che tali decisioni siano state effettivamente adottate dal collegio e corrispondano esattamente alla sua volontà. Ciò vale, in particolare, per gli atti espressamente qualificati come decisioni, che la Commissione si trova a dover adottare nei confronti delle imprese o delle associazioni di imprese per garantire il rispetto delle norme sulla concorrenza e che hanno per oggetto di constatare una violazione delle predette norme, di emettere ingiunzioni nei confronti di tali imprese e di infliggere loro sanzioni pecuniarie.

Il semplice fatto che un comunicato stampa che non proviene dalla Commissione ed è assolutamente privo di carattere ufficiale menzioni una dichiarazione fatta da un portavoce della Commissione che precisa il giorno in cui verrà adottata una decisione in materia di concorrenza ed il suo tenore, non può essere sufficiente per ritenere che la Commissione abbia violato il principio di collegialità. Non essendo vincolato ad una siffatta dichiarazione, il collegio dei commissari può decidere, al termine di una deliberazione collegiale, di non adottare una siffatta decisione.

(v. punti 151-155)

5.      L’ambito di applicazione dell’art. 241 CE deve comprendere in particolare le disposizioni di un regolamento interno di un’istituzione che, pur non costituendo il fondamento giuridico della decisione impugnata e non producendo effetti analoghi a quelli di un regolamento ai sensi di questo articolo del Trattato, determinano le forme sostanziali richieste ai fini dell’adozione della decisione stessa e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto dei soggetti che ne sono i destinatari. Occorre infatti che i destinatari di una decisione possano contestare in via incidentale la legittimità dell’atto che condiziona la validità formale della decisione stessa, nonostante che l’atto in questione non costituisca il fondamento giuridico di quest’ultima, allorché non sono stati in condizione di chiedere l’annullamento di tale atto prima di aver ricevuto notifica della decisione controversa. Di conseguenza, le disposizioni del regolamento interno della Commissione possono costituire oggetto di un’eccezione di illegittimità in quanto garantiscono la tutela degli individui. L’eccezione di illegittimità dev’essere limitata a quanto indispensabile per la soluzione della controversia. Dato che l’art. 241 CE non ha lo scopo di consentire a una parte di contestare l’applicabilità di qualsiasi atto di portata generale a sostegno di qualsiasi ricorso, l’atto generale di cui si eccepisce l’illegittimità deve inoltre essere applicabile, direttamente o indirettamente, alla fattispecie oggetto del ricorso e deve esistere un nesso giuridico diretto fra la decisione individuale impugnata e l’atto generale in questione.

(v. punti 165-167)

6.      L’art. 16, primo comma, del regolamento interno della Commissione del 1999 prevede che gli atti adottati in riunione devono essere allegati, nella o nelle lingue in cui fanno fede, ad una nota sommaria elaborata al termine della riunione della Commissione nel corso della quale sono stati adottati, formando con questa nota un tutto inscindibile, e che tali atti sono autenticati dalle firme del presidente e del segretario generale apposte sull’ultima pagina della predetta nota. Tale disposizione non è viziata da illegittimità. Le formalità di autenticazione che essa stabilisce sono conformi al principio di certezza del diritto.

(v. punti 170, 175-176)

7.      Qualora la Commissione, dopo l’annullamento di una decisione che infligge sanzioni ad imprese che hanno violato l’art. 81, n. 1, CE a causa di un vizio procedurale concernente esclusivamente le modalità della sua adozione definitiva da parte del collegio dei commissari, adotti una nuova decisione dal contenuto sostanzialmente identico e fondata sugli stessi addebiti, non è necessaria una nuova audizione delle imprese di cui trattasi.

Essa non è neppure vincolata a procedere ad una nuova consultazione del comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti, anche se, tra la consultazione del detto comitato e l’adozione della nuova decisione, vari Stati membri hanno aderito alla Comunità europea e la composizione di tale comitato è stata conseguentemente modificata. Infatti, il cambiamento della composizione di un’istituzione non intacca la continuità dell’istituzione stessa, i cui atti definitivi o preparatori conservano, in linea di principio, tutti i loro effetti. Inoltre, non esiste alcun principio generale di diritto comunitario che imponga la continuità della composizione dell’organo amministrativo investito di un procedimento che può dar luogo all’irrogazione di un’ammenda.

Neppure le altre questioni di diritto che possono porsi in sede di applicazione dell’art. 233 CE, come quelle riguardanti il tempo trascorso, la possibilità di una riapertura dei procedimenti sanzionatori, l’accesso al fascicolo che conseguirebbe alla riapertura del procedimento, l’intervento del consigliere auditore, nonché eventuali implicazioni dell’art. 20 del regolamento n. 17, impongono nuove audizioni, in quanto non modificano il contenuto degli addebiti, essendo soltanto suscettibili, se del caso, di un successivo controllo giurisdizionale.

(v. punti 184-185, 202, 207-209)

8.      Tanto dallo scopo del regolamento n. 17 quanto dall’elenco, all’art. 14 dello stesso, dei poteri attribuiti agli agenti della Commissione emerge che gli accertamenti possono avere una portata molto ampia.

A questo proposito, il diritto di accedere a tutti i locali, terreni o mezzi di trasporto delle imprese riveste particolare importanza in quanto deve consentire alla Commissione di raccogliere le prove delle violazioni delle norme sulla concorrenza nei luoghi in cui queste di regola si trovano, vale a dire nei locali commerciali delle imprese.

Questo diritto di accesso sarebbe inutile se gli agenti della Commissione dovessero limitarsi a chiedere la produzione di documenti o di fascicoli che siano già in grado di identificare con precisione fin dall’inizio. Esso implica, invece, la facoltà di ricercare elementi di informazione diversi ancora ignoti o non completamente identificati. Senza siffatta facoltà sarebbe impossibile per la Commissione acquisire gli elementi d’informazione necessari all’accertamento qualora le fosse opposto un rifiuto di collaborazione o le imprese interessate facessero ostruzionismo.

L’esercizio degli estesi poteri investigativi di cui dispone la Commissione è tuttavia soggetto a condizioni idonee a garantire il rispetto dei diritti delle imprese interessate. A questo proposito l’obbligo imposto alla Commissione di indicare l’oggetto e lo scopo dell’accertamento risponde all’esigenza fondamentale non solo di evidenziare la ratio dell’azione prevista all’interno delle imprese interessate, ma anche di consentire a queste ultime di comprendere la portata del loro dovere di collaborazione, facendo salvi al contempo i loro diritti di difesa.

Ne consegue che la portata dell’obbligo di motivazione delle decisioni di accertamento non può essere limitata in base a considerazioni relative all’efficacia dell’indagine. A questo proposito la Commissione, anche se non è tenuta a comunicare al destinatario di una decisione di accertamento tutte le informazioni di cui è in possesso quanto ad asserite infrazioni, né a procedere ad una rigorosa qualificazione giuridica delle infrazioni stesse, deve però chiaramente indicare le presunzioni che intende verificare.

Dato che la Commissione non è tenuta a procedere ad una rigorosa qualificazione giuridica delle infrazioni, il fatto che una decisione di accertamento richiami solamente l’art. 81 CE e non citi espressamente l’art. 82 CE non può, di per sé, far concludere che la Commissione ha violato l’art. 14 del regolamento n. 17. Infatti, anche se dal testo della decisione di accertamento emerge che la Commissione mira espressamente a verificare soltanto se un’impresa abbia partecipato ad accordi e/o pratiche concordate, mentre nessun elemento consente di ritenere che ci sia anche il sospetto di un abuso di posizione dominante, la raccolta di documenti non supera i limiti di legalità rappresentati dalla decisione di accertamento, allorché una parte dei fatti per i quali gli agenti della Commissione hanno ricevuto incarico di cercare prove nel senso di una violazione dell’art. 81 CE coincidono con quelli che costituiscono il fondamento delle accuse di abuso di posizione dominante mosse all’impresa interessata e la decisione di accertamento contiene gli elementi essenziali prescritti dall’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17.

(v. punti 218-222, 225-226)

9.      Nell’economia dell’art. 82 CE, il mercato geografico può essere definito come il territorio nel quale tutti gli operatori economici si trovano in condizioni di concorrenza analoghe con riferimento ai prodotti considerati. Non è affatto necessario che le condizioni obiettive di concorrenza tra gli operatori economici siano perfettamente omogenee. È sufficiente che esse siano analoghe o abbastanza omogenee. Conseguentemente, soltanto le zone nelle quali le condizioni obiettive di concorrenza sono eterogenee non possono essere considerate costituire un mercato uniforme.

Se è vero che il giudice comunitario esercita, in generale, un sindacato pieno in merito alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle norme sulla concorrenza, il sindacato che esso esercita sulle valutazioni economiche complesse operate dalla Commissione deve tuttavia limitarsi alla verifica dell’osservanza delle regole di procedura e di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussistenza d’errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere.

(v. punti 249-250)

10.    La posizione dominante ex art. 82 CE riguarda una posizione di potenza economica detenuta da un’impresa tale da conferire a quest’ultima il potere di impedire la sussistenza di una concorrenza effettiva sul mercato in questione, fornendole la possibilità di comportamenti notevolmente indipendenti nei confronti dei propri concorrenti, dei propri clienti e, in ultimo, dei consumatori. Siffatta posizione, a differenza di una situazione di monopolio o di quasi monopolio, non esclude l’esistenza di una certa concorrenza, ma pone l’impresa che la detiene in grado, se non di decidere, almeno di influire notevolmente sul modo in cui si svolgerà detta concorrenza e, comunque, di comportarsi sovente senza doverne tener conto e senza che, per questo, una simile condotta le arrechi pregiudizio.

L’esistenza di una posizione dominante deriva in generale dalla concomitanza di più fattori che, presi isolatamente, non sarebbero necessariamente decisivi. Per stabilire l’esistenza di una posizione dominante sul mercato di cui trattasi occorre esaminare anzitutto la sua struttura, indi la situazione concorrenziale su di esso.

Quote di mercato estremamente elevate costituiscono di per sé, e salvo circostanze eccezionali, la prova dell’esistenza di una posizione dominante. In effetti, una quota di mercato particolarmente cospicua pone l’impresa che la detiene per un certo periodo, dato il volume di produzione e di offerta che essa rappresenta – senza che i detentori di quote notevolmente inferiori siano in grado di soddisfare rapidamente la domanda che vorrebbe orientarsi verso imprese diverse da quella che detiene la quota maggiore – in una posizione di forza che la rende controparte obbligatoria e che, già solo per questo fatto, le garantisce, quanto meno per periodi relativamente lunghi, l’indipendenza di comportamento che caratterizza la posizione dominante.

Così, una quota di mercato compresa tra il 70 e l’80% costituisce di per sé un chiaro indizio dell’esistenza di una posizione dominante. Parimenti, una quota di mercato del 50% costituisce di per sé, salvo circostanze eccezionali, la prova dell’esistenza di una posizione dominante.

(v. punti 275-279)

11.    Un sistema di sconti avente un effetto di preclusione sul mercato sarà considerato contrario all’art. 82 CE se è applicato da un’impresa in posizione dominante. È quanto avviene nel caso di uno sconto di fedeltà concesso in cambio di un impegno del cliente a rifornirsi esclusivamente o quasi da un’impresa in posizione dominante. Un tale sconto, infatti, mira a impedire, mediante la concessione di vantaggi finanziari, l’approvvigionamento dei clienti presso produttori concorrenti.

(v. punti 316-317)

12.    In genere si ritiene che i sistemi di sconti per quantitativi, che dipendono solo dal volume degli acquisti effettuati presso un’impresa in posizione dominante, non comportino un effetto di preclusione vietato dall’art. 82 CE. Se l’aumento della quantità fornita si traduce in un costo inferiore per il fornitore, quest’ultimo ha in effetti il diritto di far beneficiare il suo cliente di tale riduzione tramite una tariffa più vantaggiosa. Si presume quindi che gli sconti per quantitativi riflettano guadagni in termini di efficienza ed economie di scala realizzate dall’impresa in posizione dominante.

Ne consegue che un sistema di sconti nell’ambito del quale la percentuale di sconto aumenta in funzione del volume acquistato non viola l’art. 82 CE, a meno che i criteri e le modalità di concessione dello sconto facciano risultare che il sistema non si fonda su una contropartita economicamente giustificata, ma tende, analogamente a uno sconto di fedeltà e di obiettivo, a impedire l’approvvigionamento dei clienti presso produttori concorrenti.

Per stabilire l’eventuale illiceità di un sistema di sconti per quantitativi, bisogna dunque valutare tutte le circostanze, in particolare i criteri e le modalità di concessione degli sconti, e accertare se gli sconti mirino, mediante un vantaggio non basato su alcuna prestazione economica che lo giustifichi, a sopprimere o a limitare la possibilità dell’acquirente di scegliere la fonte di rifornimento, a chiudere l’accesso del mercato ai concorrenti, ad applicare a controparti commerciali condizioni dissimili per prestazioni equivalenti o a rafforzare la posizione dominante mediante una concorrenza falsata.

(v. punti 318-320)

13.    Il fatto che un’impresa che si trovi in posizione dominante su un mercato vincoli – sia pure a loro richiesta – taluni acquirenti con l’obbligo o la promessa di rifornirsi per tutto o gran parte del loro fabbisogno esclusivamente presso la detta impresa, costituisce abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE, tanto se l’obbligo in questione è imposto sic et simpliciter, quanto se ha come contropartita la concessione di sconti. Lo stesso dicasi se detta impresa, senza vincolare gli acquirenti con un obbligo formale, applica, o in forza di accordi stipulati con gli acquirenti o unilateralmente, un sistema di sconti di fedeltà, cioè sconti subordinati alla condizione che il cliente si rifornisca esclusivamente per la totalità o per una parte considerevole del suo fabbisogno presso l’impresa in posizione dominante. In effetti, gli impegni d’approvvigionamento esclusivo di questo tipo, con o senza contropartita di sconti o concessioni di sconti di fedeltà onde stimolare l’acquirente a rifornirsi unicamente presso l’impresa in posizione dominante, sono incompatibili con lo scopo che la concorrenza nel mercato comune non venga falsata, in quanto non si fondano su una prestazione economica che giustifichi questo onere o questo vantaggio, bensì mirano a togliere, o a ridurre, all’acquirente la possibilità di scegliere le sue fonti di approvvigionamento ed a precludere ai produttori l’accesso al mercato.

(v. punto 365)

14.    Un’impresa in posizione dominante ha il diritto di concedere ai suoi clienti sconti per quantitativi, che dipendono solo dal volume degli acquisti effettuati presso di essa. Tuttavia, le modalità di calcolo di tali sconti non devono tradursi nell’applicazione, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, di condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, in violazione dell’art. 82, secondo comma, lett. c), CE.

A questo proposito, è un elemento essenziale di un sistema di sconti per quantitativi il fatto che i maggiori acquirenti o utilizzatori di un prodotto o di un servizio beneficino di prezzi medi unitari più contenuti o, ciò che è lo stesso, di percentuali medie di sconto superiori a quelle concesse agli acquirenti o agli utilizzatori meno importanti di tale prodotto o servizio. Anche in caso di progressione lineare delle percentuali di sconto in funzione delle quantità con una riduzione massima, la percentuale media di sconto aumenta (o il prezzo medio diminuisce) matematicamente, in un primo tempo, in una proporzione superiore all’aumento degli acquisti e, in un secondo tempo, in una proporzione inferiore all’aumento degli acquisti, prima di tendere a stabilizzarsi verso la percentuale massima di riduzione. Il fatto che il risultato di un sistema di sconti per quantitativi porti a che certi clienti beneficino, su date quantità, di una percentuale media di sconto proporzionalmente più alta di altri clienti rispetto alla differenza del loro volume di acquisti rispettivi è intrinseco a quel tipo di sistema e non può di per sé consentire di dedurne che il sistema è discriminatorio.

Tuttavia, quando le soglie di passaggio tra i diversi scaglioni di sconti, relativi alle percentuali praticate, portano a riservare il beneficio dello sconto, o di riduzioni supplementari, a determinate controparti commerciali, conferendo loro un vantaggio economico non giustificato dal volume d’affari da esse apportato e dalle eventuali economie di scala che esse consentono al fornitore di realizzare rispetto ai loro concorrenti, un sistema di sconti per quantitativi comporta l’applicazione di condizioni dissimili per prestazioni equivalenti.

In mancanza di giustificazioni oggettive, può rappresentare l’indizio di un tale trattamento discriminatorio la fissazione, perché scatti il sistema, di soglie elevate, che possono riguardare solo alcune controparti commerciali particolarmente importanti dell’impresa in posizione dominante, ovvero un aumento non lineare delle percentuali di sconto in ragione delle quantità.

(v. punto 396)

15.    Corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, il diritto di accesso al fascicolo implica, in un procedimento amministrativo in materia di applicazione delle norme sulla concorrenza, che la Commissione dia all’impresa interessata la possibilità di procedere ad esaminare tutti i documenti contenuti nel fascicolo istruttorio che potrebbero essere rilevanti ai fini della sua difesa. Questi ultimi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti commerciali di altre imprese, i documenti interni alla Commissione e ogni altra informazione riservata o confidenziale.

Per quanto riguarda i documenti a carico, all’impresa interessata spetta dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se un documento non comunicato sul quale la Commissione si è basata per incriminarla avesse dovuto essere stralciato dai mezzi di prova a carico. Quanto ai documenti a discarico, l’impresa interessata deve provare che la loro mancata divulgazione ha potuto influenzare, a suo discapito, lo svolgimento del procedimento e il contenuto della decisione della Commissione. È sufficiente che l’impresa dimostri che avrebbe potuto utilizzare detti documenti a discarico per la sua difesa, nel senso che, se essa avesse potuto avvalersene durante il procedimento amministrativo, avrebbe potuto produrre elementi che non concordavano con le deduzioni operate a quello stadio dalla Commissione e avrebbe potuto quindi influenzare, in qualche maniera, le valutazioni svolte da quest’ultima nell’eventuale decisione, almeno per quanto riguarda la gravità e la durata del comportamento contestatole e, di conseguenza, l’entità dell’ammenda. Che la mancata divulgazione di un documento abbia potuto influire sullo svolgimento del procedimento e sul contenuto della decisione della Commissione può essere accertato solo dopo un esame provvisorio di taluni mezzi di prova dal quale emerga che il documento non divulgato avrebbe potuto avere, alla luce di tali mezzi di prova, un’importanza che non avrebbe dovuto essere trascurata.

Una violazione del diritto di accesso al fascicolo potrebbe comportare l’annullamento totale o parziale di una decisione della Commissione solo se l’accesso irregolare al fascicolo istruttorio durante il procedimento amministrativo avesse impedito all’impresa o alle imprese interessate di prendere conoscenza di documenti che avrebbero potuto essere utili alla loro difesa e avesse in tal modo violato i loro diritti della difesa. Ciò si verificherebbe qualora la divulgazione di un documento avesse avuto una possibilità, anche minima, di far giungere il procedimento amministrativo ad un risultato diverso nell’ipotesi in cui l’impresa interessata avesse potuto avvalersene nel corso del detto procedimento.

(v. punti 405-407)

16.    L’accesso al fascicolo appartiene alle garanzie procedurali dirette a tutelare i diritti della difesa e la violazione del diritto di accesso al fascicolo della Commissione nel corso del procedimento preliminare all’adozione della decisione può, in linea di principio, comportare l’annullamento di tale decisione quando siano stati lesi i diritti della difesa dell’impresa interessata.

Una violazione dei diritti della difesa dev’essere esaminata in relazione alle peculiarità del caso di specie, in quanto è sostanzialmente legata agli addebiti di cui la Commissione ha tenuto conto per dimostrare l’infrazione contestata all’impresa interessata. Si deve dunque procedere ad un esame sommario degli addebiti di merito formulati dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti e nella decisione impugnata e tener conto degli argomenti in concreto invocati dall’impresa interessata contro la decisione impugnata.

In una situazione in cui, durante il procedimento amministrativo preliminare all’adozione della decisione che sanziona un’impresa, la Commissione non abbia stilato un elenco dei documenti che componevano il fascicolo e non abbia trasmesso all’impresa interessata tutti i documenti del fascicolo che le erano accessibili, ma solo i documenti a carico, senza invitarla a venire a consultare nei suoi locali tutti i documenti, il procedimento amministrativo è irregolare. Tuttavia, non vi è motivo di annullare la decisione definitiva se non è stato dimostrato che l’impresa non ha avuto la possibilità di procedere ad un esame di tutti i documenti che figurano nel fascicolo che possono essere pertinenti per la sua difesa, anche se, nell’ambito del ricorso giurisdizionale proposto contro la decisione, in seguito a misure di organizzazione del procedimento volte a garantire un accesso completo al fascicolo, emerge che una parte del fascicolo manca.

(v. punti 450, 454, 456, 458, 465, 467-468, 481-482)

17.    Nell’ambito di un ricorso giurisdizionale proposto contro la decisione della Commissione che sanziona un’impresa per infrazione alle norme comunitarie sulla concorrenza, il Tribunale può ordinare misure di organizzazione del procedimento volte a garantire un accesso completo al fascicolo, per valutare se il rifiuto della Commissione di divulgare un documento o di comunicare un elemento abbia potuto nuocere alla difesa dell’impresa incriminata. Limitandosi ad un controllo giurisdizionale dei motivi sollevati, tale esame non ha né per oggetto né per effetto di sostituire un’istruzione completa della causa nell’ambito di un procedimento amministrativo. La conoscenza tardiva di taluni documenti del fascicolo non ricolloca l’impresa che ha proposto un ricorso nella situazione che sarebbe stata la sua se essa avesse potuto basarsi sugli stessi documenti per presentare le proprie osservazioni scritte ed orali dinanzi a tale istituzione. Inoltre, qualora l’accesso al fascicolo sia stato reso possibile nella fase del procedimento giurisdizionale, l’impresa interessata non deve dimostrare che, se essa avesse avuto accesso ai documenti non forniti, la decisione della Commissione avrebbe avuto un contenuto differente, ma soltanto che tali documenti avrebbero potuto esserle utili per difendersi.

(v. punti 458-459)

18.    Qualora una decisione della Commissione in materia di concorrenza sia annullata a causa di un vizio procedurale, la Commissione ha il diritto di adottare una nuova decisione senza che venga avviato un nuovo procedimento amministrativo. Qualora il contenuto della nuova decisione sia quasi identico a quello della decisione precedente ed entrambe le decisioni siano fondate sugli stessi motivi, la nuova decisione è soggetta, per quanto riguarda la fissazione dell’importo dell’ammenda, alle regole in vigore al momento della precedente decisione. Infatti, la Commissione riprende il procedimento a partire dalla fase in cui è stato commesso l’errore di procedura e adotta una nuova decisione, senza effettuare una nuova valutazione del caso alla luce di regole che non esistevano all’epoca dell’adozione della prima decisione.

(v. punti 492-494)

19.    Nel valutare la gravità delle infrazioni alle norme comunitarie sulla concorrenza imputabili a un’impresa, al fine di determinare un’ammenda proporzionata, la Commissione può tener conto della durata particolarmente lunga di talune trasgressioni, del numero e della diversità di tali trasgressioni, che abbiano interessato la totalità o quasi dei prodotti dell’impresa considerata e delle quali talune siano state poste in essere in tutti gli Stati membri, della particolare gravità delle trasgressioni inerenti a una strategia deliberata e coerente volta, mediante una serie di pratiche eliminatorie poste in essere nei confronti dei concorrenti e una politica di fidelizzazione dei clienti, a mantenere artificiosamente o a rafforzare la posizione dominante dell’impresa su mercati nei quali la concorrenza era già ristretta, degli effetti di abusi particolarmente nefasti per la concorrenza e del vantaggio tratto dall’impresa dagli illeciti commessi.

La Commissione può, a buon diritto, qualificare come estremamente gravi le pratiche di un’impresa in posizione dominante che, concedendo sconti sul tonnellaggio marginale ai propri clienti e concludendo con essi accordi di fidelizzazione, mantiene artificialmente o rafforza la sua posizione dominante sul mercato rilevante, nel quale la concorrenza è già ristretta.

(v. punti 498-500)

20.    L’analisi della gravità di un’infrazione alle norme comunitarie di concorrenza deve tenere conto di un’eventuale recidiva. La nozione di recidiva, come viene intesa in un certo numero di ordinamenti giuridici nazionali, implica che un soggetto abbia commesso nuove infrazioni dopo essere stato sanzionato per infrazioni simili. Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA vanno nello stesso senso riferendosi ad un’«infrazione dello stesso tipo». La Commissione non può quindi applicare una circostanza aggravante per recidiva contro un’impresa che sfrutta in modo abusivo la posizione dominante che detiene su un mercato ai sensi dell’art. 82 CE a motivo di pratiche collusive anteriori che si ricollegano all’art. 81 CE, oltretutto molto differenti da quelle che danno luogo alla violazione dell’art. 82 CE.

(v. punti 507-511)

21.    L’analisi della gravità di un’infrazione alle norme comunitarie sulla concorrenza deve tenere conto di un’eventuale recidiva, che può giustificare un aumento dell’importo dell’ammenda. Per contro, l’assenza di recidiva non può costituire una circostanza attenuante poiché, per principio, un’impresa è tenuta a non commettere violazioni alle norme comunitarie sulla concorrenza.

(v. punti 522-523)

22.    La cooperazione di un’impresa con la Commissione durante le ispezioni effettuate nei suoi locali rientra tra gli obblighi incombenti all’impresa e non può quindi costituire una circostanza attenuante che giustifichi una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta per infrazione alle regole comunitarie di concorrenza.

(v. punti 527, 529)

23.    In materia di fissazione dell’importo delle ammende in procedimenti in materia di concorrenza, il volume d’affari di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, a titolo di limite massimo dell’ammenda che può essere inflitta, si intende riferito al fatturato complessivo dell’impresa interessata, che fornisce soltanto un’indicazione approssimativa dell’importanza e dell’influenza che quest’ultima ha sul mercato. La disposizione sopra menzionata del regolamento n. 17 non contiene alcun limite territoriale relativo al fatturato realizzato. Rispettando il limite stabilito da tale ultima disposizione, la Commissione può fissare l’ammenda basandosi sul fatturato di sua scelta, in termini di base geografica e di prodotti pertinenti.

(v. punto 548)

24.    Nel determinare l’ammontare delle ammende inflitte per violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza, la Commissione deve tener conto non solo della gravità dell’infrazione e delle circostanze particolari del caso, ma anche del contesto in cui la detta infrazione è stata commessa e adoperarsi affinché la sua azione abbia carattere dissuasivo, soprattutto per i tipi di trasgressioni particolarmente nocivi per il conseguimento degli scopi della Comunità. Un’ammenda non può quindi perdere il suo carattere punitivo e dissuasivo, quando sia accertato che l’impresa interessata ha violato il diritto della concorrenza, in particolare commettendo un’infrazione di estrema gravità, anche se essa viene imposta da una decisone adottata, dopo un certo lasso di tempo, in seguito all’annullamento di una prima decisione.

(v. punti 554-555)