Language of document : ECLI:EU:C:2005:676

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

CHRISTINE STIX-HACKL

presentate il 5 ottobre 2006 1(1)

Causa C-292/04

Wienand Meilicke

Heidi Christa Weyde

Marina Stöffler

contro

Finanzamt Bonn-Innenstadt

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Finanzgericht di Colonia (Germania)]

«Restrizione alla libera circolazione dei capitali – Imposta sul reddito – Credito di imposta su dividendi versati da società stabilite in Germania – Effetti nel tempo di una sentenza della Corte – Presupposti per una limitazione di tali effetti»





I –    Introduzione

1.        Con ordinanza depositata il 9 luglio 2004 il Finanzgericht [Tribunale finanziario] di Colonia ha sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale volta in sostanza ad appurare se una normativa tedesca che concede ai contribuenti un credito d’imposta soltanto sui dividendi versati loro da società stabilite in Germania sia compatibile con gli artt. 56 CE e 58 CE.

2.        All’udienza dell’8 settembre 2005 la Corte, Prima Sezione, ha ascoltato le parti intervenute nel procedimento.

3.        Il 10 novembre 2005 l’avvocato generale Tizzano ha presentato le sue conclusioni, proponendo alla Corte di dichiarare che gli artt. 56 CE e 58 CE vanno interpretati nel senso che ostano a una normativa quale quella controversa nel procedimento principale. L’avvocato generale ha inoltre proposto alla Corte di limitare gli effetti nel tempo della sentenza in modo che l’incompatibilità della normativa nazionale controversa con il diritto comunitario prenda effetto soltanto a partire dalla data della pronuncia della sentenza 6 giugno 2000, causa C-35/98, Verkooijen. Tale incompatibilità non potrebbe quindi essere fatta valere per ottenere crediti d’imposta relativi a dividendi percepiti prima della sentenza Verkooijen. Resterebbero salvi tuttavia i diritti di coloro che, entro la data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea della comunicazione dell’ordinanza di rinvio che ha dato origine al presente procedimento – quindi entro l’11 settembre 2004 –, abbiano presentato domanda volta a ottenere quei crediti o impugnato la relativa decisione di rifiuto, purché i loro diritti non siano prescritti in base al diritto nazionale.

4.        In considerazione dell’importanza della questione relativa a un’eventuale limitazione degli effetti nel tempo dell’emananda sentenza, la Prima Sezione ha deciso in data 19 gennaio 2006, a norma dell’art. 44, nn. 3 e 4, del regolamento di procedura della Corte, la rimessione della causa dinanzi alla Corte, la quale l’ha poi rimessa alla Grande Sezione.

5.        Il 7 aprile 2006 la Grande Sezione ha disposto la riapertura della fase orale. Con l’ordinanza di riapertura la data per la nuova trattazione orale è stata fissata al 30 maggio 2006; a tale udienza è stato chiesto alle parti presenti:

a)      di precisare in che modo incida su un’eventuale limitazione degli effetti temporali dell’emananda sentenza il fatto che la Corte abbia già interpretato, in precedenti sentenze, le disposizioni comunitarie applicabili nella presente causa in relazione a normative nazionali quali quella controversa nel caso di specie, ma non abbia limitato gli effetti nel tempo delle dette pronunce;

b)      di presentare le proprie osservazioni sulle conseguenze prodotte a livello economico dall’interpretazione del diritto comunitario della quale si chiede di limitare gli effetti nel tempo.

6.        Alla seconda udienza, tenutasi il 30 maggio 2006, hanno presentato osservazioni dieci Stati membri nonché la Commissione e il sig. Meilicke. Quest’ultimo e i rappresentanti dei governi tedesco, ceco, francese e olandese hanno presentato osservazioni su entrambe le questioni. Gli agenti della Commissione nonché i rappresentanti dei restanti governi – vale a dire dei governi danese, greco, spagnolo, ungherese, austriaco e svedese, nonché del governo del Regno Unito – si sono limitati in sostanza alla prima questione. I predetti Stati membri e la Commissione hanno sostenuto in particolare che la decisione in merito a una limitazione nel tempo può fondarsi unicamente sulla situazione specifica dello Stato membro in questione. Ciò sarebbe tanto più vero alla luce della frequente complessità dei regimi fiscali nazionali. L’eventuale preclusione di una richiesta di limitazione degli effetti nel tempo dovrebbe pertanto essere circoscritta a casi eccezionali.

7.        Nel caso di un’efficacia ex tunc (2) dell’emananda sentenza, il governo tedesco evidenzia il rischio di gravi conseguenze a livello economico a motivo di prevedibili perdite di gettito fiscale. I governi francese, greco e ungherese condividono nel merito tale valutazione.

II – Contesto giuridico‑normativo

8.        L’art. 36, secondo comma, n. 3, dell’Einkommensteuergesetz (3) [legge tedesca sull’imposta sul reddito] (in prosieguo: l’«EStG»), in combinato disposto con l’art. 20 della medesima legge, permette ai contribuenti di detrarre da quanto dovuto al fisco tedesco a titolo di imposta sul reddito i 3/7 dei dividendi loro versati da società stabilite in Germania. La normativa impedisce che tali utili siano tassati una seconda volta quando vengono distribuiti agli azionisti sotto forma di dividendi. Non viene invece riconosciuto tale credito d’imposta per i dividendi pagati da società stabilite in altri Stati membri.

9.        Con una legge del 2000 (4), applicabile dall’anno fiscale 2001, la Repubblica federale di Germania ha abbandonato il descritto sistema per sostituirlo con il cosiddetto metodo d’imposizione del 50%, in base al quale l’imposta sul reddito si applica solo sulla metà dei dividendi percepiti da un azionista. Tale metodo permette di evitare, o quantomeno di limitare fortemente, la doppia imposizione dei dividendi, senza passare attraverso la concessione di crediti d’imposta (5).

III – Sulla questione degli effetti nel tempo dell’emananda sentenza

A –    Principio dell’efficacia ex tunc di una sentenza della Corte in forza dell’art. 234 CE

10.      Per risolvere il primo interrogativo posto dalla Corte con l’ordinanza 7 aprile 2006 occorre anzitutto ricordare brevemente l’attuale giurisprudenza della Corte sulla questione della limitazione degli effetti nel tempo di una sentenza (6).

11.      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito dell’art. 234 CE «l’interpretazione di una norma di diritto comunitario fornita dalla Corte si limita a chiarire e a precisare il significato e la portata della norma stessa, così come essa avrebbe dovuto essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore» (7). Ne deriva che la norma così interpretata può e addirittura deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa. Tali sentenze della Corte producono quindi in linea di principio un’efficacia ex tunc (8).

12.      La Corte ha ammesso eccezioni a tale principio per la prima volta nella causa Defrenne II (9). Pur considerando che le conseguenze pratiche delle pronunce giurisdizionali vanno sempre accuratamente soppesate, la Corte ha nel contempo precisato che non si può di certo spingersi fino a distorcere l’obiettività del diritto o a comprometterne la futura applicazione, per tener conto delle ripercussioni che un provvedimento giurisdizionale può avere per il passato.

13.      In pronunce successive la Corte ha sottolineato che, solo in via eccezionale, il principio della certezza del diritto può indurre a limitare la possibilità di far valere una disposizione del diritto comunitario da essa interpretata onde rimettere in discussione corrispondenti rapporti giuridici (10). Nelle sentenze Edis (11) nonché Bautiaa e Société française maritime (12) la Corte ha evidenziato che la limitazione degli effetti nel tempo di una sentenza deve rimanere assolutamente eccezionale.

14.      Inoltre, se viene disposta una limitazione degli effetti nel tempo di una sentenza, essa è d’applicazione solo per lo Stato membro cui è stata accordata. Ne consegue che le eccezioni all’efficacia ex tunc di una sentenza sono territorialmente circoscritte (13).

15.      In tale contesto occorre ricordare anche la giurisprudenza relativa all’eventuale giustificazione di una restrizione delle libertà fondamentali per motivi economici. Infatti, qualora l’interpretazione delle libertà fondamentali sia oggetto di una domanda di pronuncia pregiudiziale, la consolidata giurisprudenza in materia di giustificazione delle restrizioni delle libertà fondamentali non può essere privata del suo significato per mezzo della limitazione degli effetti nel tempo di una sentenza.

16.      La Corte si è sempre pronunciata sulla limitazione degli effetti nel tempo di una sentenza in accordo con la propria giurisprudenza in materia di giustificazione delle restrizioni delle libertà fondamentali, secondo la quale un obiettivo di natura puramente economica non può mai costituire un motivo imperativo di interesse generale atto a giustificare un ostacolo alle dette libertà. Lo stesso dicasi per la tutela delle entrate di bilancio nazionali (14). Pertanto, coerentemente la Corte ha statuito, riguardo alla limitazione degli effetti nel tempo delle sentenze, che le conseguenze finanziarie che potrebbero derivare per uno Stato membro da una sentenza pronunciata in via pregiudiziale non giustificano, di per sé sole, la limitazione dell’efficacia nel tempo di tale sentenza (15). Se così non fosse, le più gravi violazioni del diritto comunitario potrebbero in ipotesi essere trattate più favorevolmente, dal momento che sono proprio esse che potrebbero comportare le implicazioni finanziarie di maggiore rilevanza per gli Stati membri. Inoltre, limitare nel tempo gli effetti di una sentenza basandosi soltanto su considerazioni di questa natura porterebbe a una sostanziale riduzione della tutela giurisdizionale (16).

17.      Pertanto, in conclusione, occorre ribadire che un’eccezione al principio dell’efficacia ex tunc di una sentenza della Corte viene presa in esame soltanto in via del tutto eccezionale, e le possibili conseguenze finanziarie derivanti da una determinata interpretazione del diritto comunitario non costituiscono, di per sé, né una giustificazione a eventuali ostacoli alle libertà fondamentali né un motivo atto a giustificare la limitazione degli effetti nel tempo della sentenza in questione. Se in via eccezionale la Corte reputa di dover tener conto delle conseguenze derivanti dalla sua interpretazione del diritto comunitario sulle entrate di bilancio nazionali, ciò avviene soltanto qualora con la tutela del gettito di bilancio nazionale si possa far fronte al rischio di gravi conseguenze a livello economico (17).

B –    Eventuale preclusione della richiesta di limitazione degli effetti nel tempo

18.      Nel presente caso una limitazione degli effetti nel tempo potrebbe risultare esclusa già per il fatto che, in precedenti sentenze, la Corte ha già interpretato le disposizioni di diritto comunitario rilevanti nella causa odierna, senza limitare gli effetti nel tempo delle proprie pronunce (18).

19.      Secondo la giurisprudenza della Corte, la declaratoria di limitazione degli effetti nel tempo deve essere pronunciata nella sentenza che statuisce sull’interpretazione richiesta (19). Quindi, se la presente fattispecie verte sulla stessa questione interpretativa oggetto della causa Verkooijen (20) ovvero della causa Manninen (21), la giurisprudenza citata potrebbe essere intesa nel senso che già in tali cause avrebbe dovuto essere presentata una richiesta di limitazione degli effetti nel tempo. In tal caso la richiesta formulata nel presente procedimento dalla Repubblica federale di Germania andrebbe respinta già per questo motivo.

20.      Si pone dunque l’interrogativo se la detta giurisprudenza osti a una limitazione degli effetti nel tempo nel caso qui in esame.

21.      A tale proposito occorre ricordare che la Corte pone requisiti rigorosi per l’esistenza di un’affinità delle questioni interpretative di cui trattasi, la quale costituisce per parte sua un presupposto essenziale per una preclusione di tale natura. Così, per esempio, nelle cause Gravier (22) e Blaizot (23) la Corte ha potuto individuare differenze sufficienti per operare una distinzione. Tali differenze sussistevano malgrado che le domande di pronuncia pregiudiziale riguardassero la stessa disposizione nazionale e le questioni interpretative fossero quindi molto simili.

22.      Alla luce della complessità dei vari sistemi tributari nazionali, più volte menzionata alla seconda udienza tenutasi il 30 maggio 2006, dovrebbe risultare tanto più possibile cogliere le diversità tra le pertinenti disposizioni di Stati membri diversi, nonostante tutte le affinità apparenti. Tuttavia, una tale impostazione potrebbe comportare il rischio di un approccio eccessivamente casistico.

23.      Non va poi dimenticato che anche uno stesso giudice nazionale destinatario di una precedente decisione in via pregiudiziale può nuovamente ottenere una pronuncia della Corte prima di dirimere la lite principale (24). Un – nuovo – rinvio pregiudiziale può infatti essere giustificato se il giudice nazionale sottopone alla Corte una nuova questione giuridica o se egli le sottopone nuovi dati di valutazione atti a indurre la Corte a risolvere altrimenti una questione pregiudiziale che era già stata sollevata (25).

24.      Ciò premesso, anche il governo federale tedesco dovrebbe avere la possibilità di sottoporre al giudizio della Corte aspetti giuridici eccedenti l’ambito delle cause Verkooijen e Manninen con riferimento alla questione della limitazione degli effetti nel tempo di una sentenza.

25.      A tale proposito occorre fare attenzione in particolare al fatto che l’esito incerto o aperto di un procedimento pregiudiziale riguardante una nuova questione giuridica rende difficile per gli Stati membri valutare in maniera sufficientemente precisa e tempestiva la rilevanza del procedimento in questione per la propria legislazione.

26.      Quanto precede vale in special modo per i presupposti, ancora da precisare, per una declaratoria di limitazione degli effetti nel tempo di una sentenza. Nel caso di specie il governo federale tedesco avrebbe infatti dovuto chiarire, in occasione della causa Verkooijen – ovvero nella causa Manninen –, se l’interpretazione del diritto comunitario nella relativa causa determinasse per esso il rischio di gravi conseguenze a livello economico. Alla luce del fatto che fino alla pronuncia della sentenza Verkooijen la questione relativa all’interpretazione del diritto comunitario in relazione a sistemi nazionali di imputazione di imposta non era stata affrontata in maniera definitiva e che tale questione, in particolare in relazione a un regime di credito d’imposta, è stata chiarita quasi completamente solo nella causa Manninen, una siffatta valutazione preliminare appare difficilmente possibile.

27.      Viceversa, la sistematica presentazione da parte degli Stati membri della richiesta di limitazione degli effetti nel tempo di un’emananda sentenza interpretativa – in definitiva ispirata a finalità meramente tuzioristiche – potrebbe essere poco auspicabile anche sotto il profilo dell’economia processuale, così come non a torto sostenuto dagli Stati membri all’udienza del 30 maggio 2006. Infatti in tal caso la Corte dovrebbe esaminare le considerazioni giocoforza astratte di tutti gli Stati membri richiedenti in merito all’efficacia della sentenza nei rispettivi casi.

28.      Alla luce di tali considerazioni, ritengo che la richiesta del governo federale tedesco di limitare gli effetti nel tempo della sentenza non possa considerarsi tardiva.

C –    Onere di allegazione e di prova in relazione all’esistenza dei presupposti per una limitazione degli effetti nel tempo

29.      Prima di esaminare in dettaglio i presupposti per un’eventuale declaratoria di limitazione degli effetti nel tempo di una sentenza, occorre ancora approfondire il tema dell’onere di allegazione e di prova al riguardo.

30.      Secondo una giurisprudenza costante, colui che fa valere una deroga – a lui favorevole – a un principio generale, è tenuto a dimostrare che ricorrono i presupposti per tale deroga (26).

31.      Riguardo alla limitazione degli effetti nel tempo di una sentenza, tale principio traspare anche nelle sentenze Grzelczyk (27), Bautiaa e Société française maritime (28) e Dansk Denkavit (29).

32.      Infatti, nella sentenza Grzelczyk la Corte ha dichiarato che il governo belga, parte in tale procedimento, non aveva addotto, a sostegno della propria domanda di limitazione degli effetti nel tempo dell’emananda decisione, alcun elemento idoneo a dimostrare che un’incertezza obiettiva e determinante circa le disposizioni del Trattato aveva indotto le autorità nazionali a un comportamento non conforme a tali disposizioni (30).

33.      Nella causa Bautiaa e Société française maritime la Corte ha respinto la richiesta di limitazione degli effetti nel tempo della sentenza in quanto il governo francese, parte nel procedimento, non aveva dimostrato che, all’epoca in cui la normativa nazionale controversa era in vigore, si poteva ragionevolmente supporre che il diritto comunitario consentisse di mantenere le disposizioni de quibus (31).

34.      Nella causa Dansk Denkavit la Corte ha dichiarato che il governo danese non aveva dimostrato che, all’epoca dell’introduzione del contributo impugnato, il diritto comunitario poteva ragionevolmente essere interpretato nel senso che autorizzasse tale imposizione. Secondo la Corte, la disposizione controversa conteneva invece un chiaro divieto, la cui portata era già stata da essa precisata in un’altra sentenza significativa per il caso in decisione (32); ciò dimostra anche, con ragionamento a contrario, che evidentemente, nonostante la precedente sentenza applicabile, la Corte non ha preso le mosse da una preclusione in capo allo Stato membro richiedente.

35.      Dei requisiti dell’onere di allegazione incombente agli Stati membri in relazione alla questione della limitazione degli effetti nel tempo di una sentenza emananda si è pure occupato di recente l’avvocato generale Geelhoed nelle conclusioni presentate nella causa Test Claimants in the FII Group Litigation (33). Egli ha sottolineato al riguardo che, allorché una parte presenta domande o eccezioni dinanzi alla Corte, essa deve assicurarsi che i suoi argomenti siano stati sufficientemente esposti e che la Corte disponga di informazioni sufficienti per poter statuire. Ciò è indispensabile per evitare alla Corte di dover statuire su questioni puramente ipotetiche o sulla base di semplici supposizioni che possono risultare imprecise (34). Ciò considerato, l’avvocato generale Geelhoed ha proposto di respingere senz’altro la richiesta dello Stato membro, parte nel procedimento specifico, di limitare gli effetti nel tempo dell’emananda sentenza già per il solo fatto che la sussistenza dei necessari presupposti per una deroga (35) non era stata sufficientemente dimostrata.

36.      Nella presente fattispecie spetta pertanto alla Repubblica federale di Germania chiarire in maniera circostanziata e, se del caso, dimostrare che ricorrono i presupposti qui di seguito esposti per una limitazione degli effetti nel tempo.

D –    Illustrazione dei presupposti per la limitazione degli effetti nel tempo dell’emananda sentenza

37.      Prendendo le mosse dal principio della certezza del diritto affermato nella causa Defrenne II (36), la Corte ha stabilito nella sua giurisprudenza successiva due presupposti per la limitazione degli effetti nel tempo.

38.      Tale limitazione è possibile solo se vi sia il rischio di gravi ripercussioni economiche dovute, in particolare, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa nazionale ritenuta validamente vigente (37). Deve inoltre risultare che i singoli e le autorità nazionali sono stati indotti a un comportamento non conforme alla normativa comunitaria in ragione di un’obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni comunitarie, incertezza alla quale aveva eventualmente contribuito anche il comportamento tenuto da altri Stati membri o dalla Commissione (38).

39.      È ora necessario approfondire questi due presupposti.

1.      Sull’obiettiva e rilevante incertezza del diritto

40.      Riguardo al requisito di un’obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni comunitarie, nelle cause riunite Ampafrance e Sanofi (39) la Corte ha chiarito – seppure in un altro contesto, vale a dire in un procedimento relativo alla validità di un atto comunitario – che tale criterio non può essere interpretato nel senso di una tutela del legittimo affidamento a favore degli Stati membri.

41.      La Corte ha dunque più volte sottolineato che l’incertezza del diritto dev’essere di natura obiettiva, mentre non è sufficiente l’incertezza del diritto percepita come tale in maniera soggettiva da uno Stato membro. Ne consegue che, nell’interesse della parità di trattamento degli Stati membri e di un’applicazione uniforme del diritto comunitario, la Corte è tenuta ad accertare l’eventuale presenza o meno di un’obiettiva incertezza del diritto nel periodo in questione.

42.      La Corte ha così in varie occasioni respinto gli argomenti degli Stati membri relativi al carattere di novità della questione pregiudiziale da risolvere, a motivo del fatto che già esisteva una precedente giurisprudenza che consentiva allo Stato membro interessato di valutare la compatibilità della normativa nazionale controversa con le disposizioni comunitarie (40) (41).

43.      Viceversa, nella causa Barber (42) la Corte ha disposto una limitazione degli effetti nel tempo della sentenza, in quanto, sulla base della norma comunitaria in questione in quel caso relativa all’applicazione nel tempo del principio della parità di trattamento, gli Stati membri e i soggetti interessati avevano potuto ragionevolmente ritenere che nel settore in questione continuassero a essere ammesse eccezioni al principio di parità tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile.

44.      Anche in altre sentenze si rinvengono analoghi giudizi di plausibilità. Ad esempio, nella causa Bosman (43) l’esistenza di un’incertezza del diritto è stata affermata, in relazione agli effetti nel tempo dell’emananda sentenza, sulla base della particolare circostanza costituita dalla presenza di un elevato numero di normative differenti in parte coincidenti (44).

45.      Per quanto riguarda il caso di specie si deve rilevare quanto segue. Come ho già osservato (45), la Corte si è occupata per la prima volta nella causa Verkooijen dell’interpretazione delle disposizioni di diritto comunitario pertinenti in relazione ad un regime di imposta sul reddito applicato a dividendi versati. Nella causa Manninen si è discusso per la prima volta un sistema nazionale di imputazione di imposta (finlandese), che era senz’altro equiparabile alle disposizioni dell’EStG tedesco oggetto del presente procedimento. Pertanto, perlomeno sino al chiarimento fornito dalla sentenza Verkooijen potrebbe essere esistita un’obiettiva e rilevante incertezza del diritto.

46.      Resta da chiarire se e in quale misura, sotto questo aspetto, sia determinante anche il comportamento della Commissione. Tale questione è già stata sollevata dall’avvocato generale Tizzano nelle conclusioni da lui presentate nella presente causa (46).

47.      Con lettera 31 ottobre 1995 la Commissione aveva segnalato al governo federale che riteneva il sistema di deduzione tedesco lesivo delle libertà fondamentali sancite dal Trattato CE. Tuttavia la Commissione non aveva successivamente avviato una procedura d’infrazione. Alla seconda udienza tenutasi il 30 maggio 2006 la Commissione ha dichiarato, dietro domanda, di aver rinunciato ad avviare la procedura d’infrazione a motivo dell’annuncio da parte del governo federale tedesco di una modifica delle normative controverse, e di aver preferito assecondare gli sforzi del detto governo.

48.      Nelle conclusioni presentate il 10 novembre 2005 l’avvocato generale Tizzano considera che il mancato avvio della procedura d’infrazione potrebbe aver determinato un’obiettiva incertezza del diritto (47). Tuttavia, per poter valutare il comportamento della Commissione ai fini del caso di specie – in modo esaustivo, anche in relazione agli argomenti da questa presentati alla seconda udienza –, mi pare d’uopo rammentare innanzitutto la giurisprudenza della Corte sulla rilevanza giuridica dell’avvio di una procedura d’infrazione da parte della Commissione (48).

49.      Secondo tale giurisprudenza, la Commissione non ha il potere di stabilire in modo definitivo, con i pareri formulati ai sensi dell’art. 226 CE o mediante altre prese di posizione nell’ambito di tale procedimento, i diritti e gli obblighi dello Stato membro interessato o di fornire a questo garanzie relative alla compatibilità con il diritto comunitario di un determinato comportamento (49). Piuttosto, ai sensi degli artt. 227 CE e 228 CE, la determinazione dei diritti e degli obblighi degli Stati membri e il giudizio sul loro comportamento risultano unicamente da una sentenza della Corte (50).

50.      Di conseguenza, l’emissione di un parere motivato costituisce parte del procedimento precontenzioso. Lo scopo del procedimento preliminare al processo è di consentire allo Stato membro «di conformarsi volontariamente alle prescrizioni del Trattato o, eventualmente, di offrirgli il destro di giustificare il suo operato» (51). Lo stesso principio deve applicarsi a maggior ragione per quanto riguarda un’eventuale richiesta informale della Commissione allo Stato membro.

51.      La Corte ha inoltre sottolineato che la decisione della Commissione di avviare o meno un procedimento per inadempimento costituisce l’esercizio di un potere discrezionale, che sfugge in definitiva al controllo in sede giurisdizionale (52). Ne consegue che la Commissione, nell’ambito di un procedimento per inadempimento, non deve dimostrare il proprio interesse specifico ad agire. Essa ha piuttosto il compito di vigilare d’ufficio, nell’interesse generale della Comunità, sull’applicazione, da parte degli Stati membri, del Trattato e delle norme adottate dalle istituzioni comunitarie in forza di quest’ultimo e di far dichiarare l’esistenza di eventuali inadempimenti degli obblighi che ne derivano (53). La Commissione è quindi la sola competente a decidere se sia opportuno iniziare un procedimento per la dichiarazione di un inadempimento (54).

52.      Pertanto, la mancata prosecuzione di una procedura d’infrazione in seguito a un procedimento precontenzioso informale spesso può essere dovuta, oltre che a ragioni giuridiche, anche a molti altri motivi, fondati in particolare su considerazioni di opportunità. Anche nel caso di specie è possibile che abbiano giocato un ruolo considerazioni siffatte: ritengo che la Commissione, perlomeno alla seconda udienza, abbia dimostrato in modo senz’altro plausibile di non essere rimasta inattiva, bensì di aver preferito, alla luce di considerazioni di opportunità, attendere in via amichevole l’annunciata modifica delle normative nazionali. In questa prospettiva mi sembra tuttavia difficile considerare separatamente quanto (finora) dichiarato dalla Commissione dinanzi alla Corte, vale a dire di non aver avviato un procedimento per inadempimento in quanto la normativa tedesca sul credito d’imposta era poi stata abrogata (55). I perduranti contatti tra i servizi della Commissione e le autorità tedesche, menzionati dalla Commissione in particolare alla seconda udienza e non contestati dal governo federale tedesco, costituiscono un ulteriore elemento a favore di tale tesi.

53.      In questo modo, tuttavia, a differenza della causa Defrenne II (56), mi sembra difficile che il comportamento della Commissione – segnatamente il fatto di non aver avviato una formale procedura di infrazione contro la Germania – possa aver contribuito ad aggravare una possibile incertezza del diritto riguardo alla questione della compatibilità dell’EStG tedesco con il diritto comunitario.

54.      Anche nel caso in cui tra i contatti suddetti fossero intercorsi lassi di tempo di una certa entità, difficilmente essi potrebbero essere interpretati come una rinuncia all’eventuale avvio di una procedura d’infrazione, idonea a far sorgere un legittimo affidamento. Occorre qui altresì ricordare che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, il mero silenzio osservato dalla Commissione non può essere inteso quale approvazione di un determinato comportamento dello Stato membro (57).

55.      Infine, neanche il comportamento del governo federale tedesco esclude l’esistenza, perlomeno, di una consapevolezza della problematica comunitaria in relazione al metodo di imputazione previsto dall’EStG tedesco. Alla seconda udienza tenutasi il 30 maggio 2006, il governo federale tedesco non ha infatti negato che l’avvio dell’iter di abrogazione del sistema di imputazione controverso nella fattispecie ha preceduto di pochi mesi la sentenza Verkooijen (58). L’obiezione secondo cui ciò sarebbe irrilevante tanto quanto la motivazione reperibile nei materiali legislativi di dover strutturare le nuove disposizioni controverse in conformità del diritto comunitario, in quanto le formulazioni di tale natura sarebbero comuni nei preamboli dei testi legislativi e spesso verrebbero riprese anche senza un concreto riferimento al diritto comunitario (59), appare poco convincente, quanto meno nella misura in cui il governo federale tedesco non ha replicato all’argomento della Commissione relativo al perdurare dei contatti.

56.      Comunque, una valutazione conclusiva dell’esistenza di un’obiettiva e rilevante incertezza del diritto potrebbe rivelarsi superflua nel caso in cui non fosse stata addotta in forma circostanziata l’esistenza di un rischio di gravi conseguenze a livello economico.

2.      Sul rischio di gravi conseguenze a livello economico

57.      Nell’ordinanza di riapertura 7 aprile 2006 le parti intervenute nel procedimento sono state espressamente invitate a presentare osservazioni sulle conseguenze a livello economico dell’interpretazione del diritto comunitario della quale si chiede di limitare gli effetti nel tempo.

58.      Occorre anzitutto sottolineare che nella sentenza Defrenne II(60), che ha aperto la strada a successive pronunce, non è stata affrontata la questione dell’entità delle possibili conseguenze finanziarie di un’efficacia ex tunc. Va altresì richiamata la costante giurisprudenza secondo cui le conseguenze finanziarie che potrebbero derivare per uno Stato membro da una sentenza pronunciata in via pregiudiziale non sono mai di per sé sole idonee a giustificare la limitazione dell’efficacia nel tempo di tale sentenza (61).

59.      Si aggiunga inoltre che una sentenza ha efficacia ex tunc, senza che si debba distinguere fra il caso in cui le disposizioni in questione impongano oneri agli interessati e quello in cui attribuiscano loro vantaggi. In particolare, è irrilevante che si tratti di importi che uno Stato membro ha riscosso violando il diritto comunitario (62).

60.      Da quanto precede emerge che l’entità delle conseguenze finanziarie derivanti da una limitazione degli effetti nel tempo di una sentenza non può essere, di per sé sola, determinante. Il rischio di gravi ripercussioni economiche difficilmente è giustificabile sulla base della sola valutazione dei dati numerici; esso presuppone piuttosto un giudizio di valutazione della Corte sulla base dei fatti dedotti dallo Stato membro che presenta la richiesta. Ritengo dunque che la Corte debba resistere alla tentazione di ricondurre il livello di gravità delle conseguenze a livello economico all’entità delle eventuali ripercussioni finanziarie ovvero degli eventuali importi in gioco. Reputo infatti pericoloso nel lungo termine, anche tenuto conto della diversa forza economica dei vari Stati membri, partire dal presupposto che certi importi (anche se considerevoli) implicano comunque a priori un rischio di gravi ripercussioni economiche (63). Ciò potrebbe persino condurre, nella peggiore delle ipotesi, a una «discussione sui valori di soglia» (64).

61.      Stanti tali premesse, nel caso di specie ritengo di dover analizzare criticamente se il governo federale tedesco abbia adeguatamente dimostrato il rischio di gravi conseguenze a livello economico. Il minor gettito fiscale a tal fine indicato, pari a 5 miliardi di euro, secondo la stima ridotta alla prima udienza, non è sufficiente in quanto, pur potendo implicare le gravi ripercussioni economiche temute, di per sé non vale ancora a dimostrarle. Un importo dell’ordine citato, il cui calcolo era tranquillamente condivisibile in base alle indicazioni fornite dal governo federale tedesco alla seconda udienza del 30 maggio 2006 (65), costituisce un’esplicazione delle conseguenze finanziarie sul bilancio, la quale, secondo una giurisprudenza costante (66), non è di per sé sufficiente a dimostrare in forma adeguata un rischio di gravi conseguenze a livello economico.

62.      In tal senso il rischio di gravi conseguenze a livello economico non emerge neanche da un confronto aritmetico dell’importo di 5 miliardi di euro con il deficit di bilancio tedesco – nonché con la correlata diminuzione dell’importo disponibile per gli investimenti (67), con le entrate derivanti dalla tassazione delle imprese e con altre grandezze di riferimento, in quanto tali indicazioni evidenziano (ulteriormente) le «mere» ripercussioni finanziarie dell’emananda sentenza.

63.      Si aggiunga che l’importo indicato dal governo federale tedesco si riferisce a un periodo di quattro anni (1998-2001), mentre i dati di riferimento riguardano di volta in volta un esercizio finanziario. I 5 miliardi di euro menzionati costituiscono l’entità potenziale dei rischi finanziari nel caso in cui tutti i contribuenti interessati dal sistema di imputazione presentassero ricorso, come espressamente confermato alla seconda udienza dal governo federale tedesco. Sebbene i relativi rischi per il bilancio derivino da una normativa non più in vigore, il governo federale tedesco non è riuscito a illustrare, quanto meno in maniera approssimativa – in relazione al periodo di verifica attualmente rilevante –, quanti contribuenti abbiano effettivamente presentato ricorso. Sotto questo profilo la presente causa si distingue anche dalla causa Banca popolare di Cremona (68), in cui la normativa nazionale controversa è ancora vigente e, stando agli argomenti dedotti dal governo italiano, rimasti incontestati, costituisce una componente fondamentale del finanziamento degli enti autonomi locali.

64.      Mi sembra dunque che ci siano buoni motivi per affermare che il rischio di gravi conseguenze a livello economico non è sufficientemente dimostrato.

65.      Nemmeno è possibile dar seguito all’obiezione sollevata dalla Repubblica federale secondo cui un’efficacia ex tunc dell’emananda sentenza sarebbe sproporzionata e conferirebbe al procedimento pregiudiziale un carattere sanzionatorio non previsto.

66.      Vero è che le finalità dell’ordinamento comunitario e, quindi, anche del procedimento pregiudiziale sono esclusivamente di assicurare e ristabilire il rispetto del diritto. La punizione degli Stati membri è, in linea di principio, estranea alle dette finalità. Inoltre, come osserva l’avvocato generale Tizzano, occorre evitare, ove non sia strettamente necessario, ricadute negative per gli Stati membri (69). Tuttavia ciò non incide sul fatto che le asserite conseguenze costituiscono secondo una costante giurisprudenza un effetto accessorio della sostanziale efficacia ex tunc di una sentenza interpretativa.

67.      Per completezza occorre anche evidenziare la discrezionalità di applicazione degli Stati membri. Nella causa Edis (70) la Corte ha statuito che, benché una sentenza abbia efficacia ex tunc, perché quest’ultima venga applicata dal giudice nazionale a fatti precedenti a tale sentenza occorre inoltre che siano state rispettate le modalità processuali nazionali, di natura sia sostanziale sia formale, stabilite per agire in giudizio (71).

Risulta da una giurisprudenza consolidata che, in mancanza di disciplina comunitaria in materia di ripetizione di tributi nazionali indebitamente riscossi, spetta all’ordinamento giuridico interno dei singoli Stati membri stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario, fermo restando che, com’è noto, le dette modalità non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (72).

Dal punto di vista del diritto comunitario, non potrebbe per esempio censurarsi, in linea di principio, la fissazione di termini d’impugnazione ragionevoli, nell’interesse della certezza del diritto, che tutela, nello stesso tempo, il contribuente e l’amministrazione interessati (73).

IV – Conclusione

68.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di non limitare nel tempo gli effetti della sentenza nella presente causa.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – V., al riguardo, paragrafo 137 delle conclusioni da me presentate il 17 marzo 2006 nella causa C‑475/03, Banca popolare di Cremona, decisa con sentenza 3 ottobre 2006 (Racc. pag. I‑0000).


3 – Nella versione pubblicata nel BGBl. I 1990, pag. 1898. Al momento dei fatti di causa tale legge era in vigore nella versione modificata dall’art. 1 del Gesetz zur Verbesserung der steuerlichen Bedingungen zur Sicherung des Wirtschaftsstandorts Deutschland im Europäischen Binnenmarkt [legge relativa al miglioramento delle condizioni fiscali per il mantenimento della Germania come centro di investimenti nell'ambito del Mercato interno europeo] (Standortsicherungsgesetz – StandOG) (BGBl. I 1993, pag. 1569), e dall’art. 1 del Jahressteuergesetz 1996 [legge tributaria per il 1996] (JStG 1996) (BGBl. 1995, pag. 1250).


4 – Gesetz zur Senkung der Steuersätze und zur Reform der Unternehmensbesteuerung [legge per la riduzione delle aliquote fiscali e la riforma della tassazione delle imprese o legge di sgravio fiscale] (Steuersenkungsgesetz – StSenkG) del 23 ottobre 2000 (BGBI. I 2000, pag. 1433).


5 – V. anche la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo del 19 dicembre 2003 – Tassazione dei dividendi delle persone fisiche nel mercato interno [COM(2003)810 def.].


6 – V. al riguardo più dettagliatamente le conclusioni da me presentate nella causa C‑475/03 (cit. alla nota 2, paragrafi 130 e segg.).


7 – V., ex plurimis, sentenza 15 marzo 2005, causa C-209/03, Bidar (Racc. pag. I-2119, punto 66 con ulteriori rimandi).


8 – V. per esempio anche la sentenza 27 marzo 1980, causa 61/79, Denkavit italiana (Racc. pag. 1205, punti 15 e segg.).


9 – Sentenza 8 aprile 1976, causa 43/75, Defrenne II (Racc. pag. 455, punti 69 e segg.).


10 – Sentenza Denkavit italiana (cit. alla nota 8, punti 15 e segg.); v. anche sentenza Bidar (cit. alla nota 7, punto 67).


11 – Sentenza 15 settembre 1998, causa C-231/96, Edis (Racc. pag. I-4951, punto 16).


12 – Sentenza 13 febbraio 1996, cause riunite C-197/94 e C-252/94, Bautiaa e Société française maritime (Racc. pag. I-505, punto 47).


13 – V. più approfonditamente al riguardo le conclusioni da me presentate nella causa C-475/03 (cit. alla nota 2, paragrafi 178 e segg.). V. in tal senso anche le conclusioni presentate dall’avvocato generale Jacobs il 17 marzo 2005 nella medesima causa, paragrafi 75 e segg..


14 – V., per esempio, sentenza 28 aprile 1998, causa C-158/96, Kohll (Racc. pag. I‑1931, punto 41), nonché sentenza 28 aprile 1998, causa C-120/95, Decker (Racc. pag. I-1831, punto 39); v. inoltre sentenze 27 marzo 1980, cause riunite 66/79, 127/79 e 128/79, Salumi e a. (Racc. pag. 1237, punto 12), e 5 giugno 1997, causa C‑398/95, SETTG (Racc. pag. I-3091, punto 23).


15 – V. in particolare sentenza 19 ottobre 1995, causa C‑137/94, Richardson (Racc. pag. I‑3407, punto 37), nonché sentenza 11 agosto 1995, cause riunite da C-367/93 a C‑377/93, Roders e a. (Racc. pag. I-2229, punto 48).


16 – Sentenze Bidar (cit. alla nota 7, punto 68); 20 settembre 2001, causa C‑184/99, Grzelczyk (Racc. pag. I-6193, punto 52); 23 maggio 2000, causa C-104/98, Buchner e a. (Racc. pag. I‑3625, punto 41); Bautiaa e Société française maritime (cit. alla nota 11, punto 55), e Roders (cit. alla nota 15, punto 48).


17 – V., in particolare, sentenza 9 marzo 2000, causa C-437/97, EKW e Wein & Co (Racc. pag. I‑1157), punto 59: «(…) motivi imperativi di certezza del diritto si oppongono a che siano rimessi in discussione rapporti giuridici che hanno esaurito i loro effetti nel passato, allorché questa rimessa in discussione perturberebbe retroattivamente il sistema di finanziamento dei Comuni austriaci».


18 – Sulla questione della confrontabilità della normativa nazionale controversa nel caso di specie con le normative nazionali oggetto di altri procedimenti, v. le conclusioni presentate dall’avvocato generale Tizzano il 10 novembre 2005 nella presente causa, paragrafi 15 e segg..


19 – Sentenze 4 maggio 1999, causa C-262/96, Sürül (Racc. pag. I-2685, punto 108). V. anche sentenza 24 settembre 1998, causa C-35/97, Commissione/Francia (Racc. pag. I-5325, punto 49), ancorché emessa in un procedimento per inadempimento di uno Stato.


20 – Sentenza 6 giugno 2000, causa C-35/98 (Racc. pag. I-4071).


21 – Sentenza 7 settembre 2004, causa C-319/02 (Racc. pag. I-7477).


22 – Sentenza 13 febbraio 1985, causa 293/83, Gravier (Racc. pag. 593).


23 – Sentenza 2 febbraio 1988, causa 24/86, Blaizot (Racc. pag. 379, punti 25 e segg.).


24 – V., per esempio, la causa C-466/03, Reiss, attualmente pendente.


25 – V. ordinanza 5 marzo 1986, causa 69/85, Wünsche (Racc. pag. 947, punto 15).


26 – V., inter alia, sentenza 12 luglio 1990, causa C-128/89, Commissione/Italia (Racc. pag. I-3239, punto 23), sulla libera circolazione delle merci; sentenza 23 ottobre 1997, causa C-157/94, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I-5699, punto 51), riguardante l’art. 88, n. 2, CE, nonché sentenze 28 marzo 1996, causa C-318/94, Commissione/Germania (Racc. pag. I-1949, punto 13), e 10 aprile 2003, cause riunite C-20/01 e C-28/01, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3609, punto 58).


27 – Cit. alla nota 16.


28 – Cit. alla nota 12.


29 – Sentenza 31 marzo 1992, causa C-200/90, Dansk Denkavit e Poulsen Trading (Racc. pag. I‑2217).


30 – Ibidem, punto 54.


31 – Ibidem, punto 50.


32 – Ibidem, punti 21 e segg.


33 – Conclusioni presentate il 6 aprile 2006 nella causa C‑446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, attualmente pendente.


34 – Paragrafi 140 e segg. in particolare paragrafo 143 delle conclusioni citate.


35 – Paragrafi 144 e segg. delle conclusioni citate.


36 – Cit. alla nota 9, punto 74.


37 – V. anche le conclusioni presentate dall’avvocato generale Tizzano nella presente causa (cit. al paragrafo 3 e alla nota 17, paragrafo 34).


38 – Ibidem.


39 – Sentenza 19 settembre 2000, cause riunite C-177/99 e C-181/99, Ampafrance e Sanofi (Racc. pag. I-7013, punti 65 e segg.): «(...) il principio del legittimo affidamento non può essere invocato da un governo per sfuggire alle conseguenze di una decisione della Corte che dichiari l’invalidità di un atto comunitario, in quanto [ciò] rimetterebbe in discussione la possibilità per i singoli di essere tutelati contro un comportamento dei pubblici poteri che risultasse fondato su norme illegittime».


40 – Sentenza Buchner e a. (cit. alla nota 16, punti 38 e segg.). V. anche sentenze 3 ottobre 2002, causa C‑347/00, Ángel Barreira Pérez (Racc. pag. I-8191, punto 46); Roders e a. (cit. alla nota 15, punto 45), e 17 febbraio 2005, cause riunite C‑453/02 e C-462/02, Linneweber e a. (Racc. pag. I-1131, punto 43), nonché le conclusioni da me presentate l’8 luglio 2004 in queste ultime cause, paragrafo 60.


41 – V. anche sentenza Dansk Denkavit (cit. alla nota 29, punti 21 e segg.).


42 – Sentenza 28 settembre 1994, causa C‑128/93, Barber (Racc. pag. I-4583, punti 40 e segg.). V. anche sentenza Sürül (cit. alla nota 19, punti 109 e segg.).


43 – Sentenza 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman (Racc. pag. I-4921, punti 143 e segg.).


44 – V. anche sentenze 16 luglio 1992, causa C-163/90, Legros e a. (Racc. pag. I-4625, punti 31 e segg.), e 15 gennaio 1986, causa 41/84, Pinna (Racc. pag. 1, punti 26 e segg.).


45 – V. supra, paragrafo 26.


46 – Ibidem, paragrafi 36 e segg.. V. anche le conclusioni da me presentate nella causa Banca popolare di Cremona (cit. alla nota 2, paragrafo 156), in relazione ad un'analoga questione.


47 – Ibidem, paragrafi 36 e segg.


48 – V. già le conclusioni da me presentate nelle cause riunite Linneweber e a. (cit. alla nota 40, paragrafo 60).


49 – Sentenza 20 marzo 2003, causa C‑135/01, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑2837, punto 24). V. in questo senso anche sentenza 27 maggio 1981, cause riunite 142/80 e 143/80, Essevi e Salengo (Racc. pag. 1413, punto 16).


50 – Sentenza 22 febbraio 2001, causa C-393/98, Gomes Valente (Racc. pag. I-1327, punto 18).


51 – Sentenza 29 settembre 1998, causa C-191/95, Commissione/Germania (Racc. pag. I-5449, punto 44).


52 – V. sentenza 21 ottobre 2004, causa C-477/03, Commissione/Germania [non pubblicata nella Raccolta, punto 11 (GU C 300, pag. 23)], con rinvio alla sentenza 14 febbraio 1989, causa 247/87, Star Fruit/Commissione (Racc. pag. 291, punto 11).


53 – V., tra le altre, sentenza 11 agosto 1995, causa C-431/92, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑2189, punto 21).


54 – V. in questo senso sentenza 5 novembre 2002, causa C-476/98, Commissione/Germania (Racc. pag. I-9855, punto 38), con rimando alla sentenza nella causa C-431/92 (cit. alla nota 53, punto 22). V. inoltre la sentenza Star Fruit/Commissione (cit. alla nota 52), secondo cui è irricevibile il ricorso per carenza, proposto da una persona fisica o giuridica, che miri a far accertare che, non avviando nei confronti di uno Stato membro una procedura per inadempimento, la Commissione ha omesso di decidere trasgredendo il Trattato.


55 – V. l’avvocato generale Tizzano nelle sue conclusioni presentate il 10 novembre 2005, a seguito della prima udienza, paragrafo 37.


56 – Sentenza cit. alla nota 9. V. nondimeno le conclusioni presentate dall’avvocato generale Tizzano nella presente causa, paragrafo 38.


57 – Sentenza Richardson (cit. alla nota 15, punto 35), in connessione con la direttiva del Consiglio 79/7/CEE. V. anche sentenze Legros (cit. alla nota 44, punti 31 e segg.); 9 marzo 2000, EKW e Wein & Co (cit. alla nota 17, punti 56 e 58), e Blaizot (cit. alla nota 23, punti 32 e segg.).


58 – 15 febbraio 2000 – Progetto di legge dei gruppi parlamentari SPD e BÜNDNIS 90 /DIE GRÜNEN per la riduzione delle aliquote fiscali e la riforma del sistema di tassazione delle imprese (legge di sgravio fiscale), progetto del governo federale del 30 marzo 2000.


Al riguardo, nelle conclusioni da lui presentate nella presente causa, l’avvocato generale Tizzano parte chiaramente dall'erroneo presupposto che «una volta intervenuta quella sentenza, il governo federale ha immediatamente provveduto a conformarvi la preesistente legislazione» (paragrafo 40).


59 – Tuttavia, nella motivazione della proposta del 15 febbraio 2000 relativa a una legge di sgravio fiscale (Parlamento tedesco – 14a legislatura, atto 14/2683) figura a pag. 95, punto ee), colonna di destra, anche il seguente paragrafo:


«Il sistema di imputazione integrale opera a fronte di ciò solo a livello nazionale e ha pertanto un orientamento interno. Esso pone rimedio unicamente alla doppia imposizione fiscale di un azionista e della sua società all’interno della Germania. L’azionista straniero di una società tedesca trae poco beneficio da tale sgravio, così come l’azionista tedesco di una società straniera. Il raffronto dei sistemi di imposizione tra dividendi tedeschi e stranieri ha pertanto indotto la Commissione europea a contestare la violazione della libera circolazione dei capitali e della libertà di stabilimento a opera del sistema di imputazione integrale tedesco» (il corsivo è mio).


60 – Cit. alla nota 9.


61 – V. le precedenti osservazioni e i relativi argomenti di prova, paragrafi 16 e segg..


62 – Sentenza Salumi e a. (cit. alla nota 14, punto 12).


63 – Al riguardo, v. le conclusioni presentate dall’avvocato generale Tizzano nella presente causa, paragrafo 35 in fine.


64 – Si aggiunga che le gravi conseguenze a livello economico non sempre sono quantificabili, come dimostra, per esempio, la sentenza 7 luglio 2005, causa C‑147/03, Commissione/Austria (Racc. pag. I-5969).


65 – Il governo federale tedesco non precisa tuttavia in che modo valutazioni relative al gettito fiscale basate su indicazioni del Finanzamt di Amburgo si prestino ad essere generalizzate.


66 – V. gli argomenti addotti ai paragrafi 16 e segg..


67 – Per il 2006 il bilancio federale prevede, secondo quanto indicato dall’agenzia di stampa tedesca, investimenti per 23,2 miliardi di euro, con un nuovo indebitamento di 38,2 miliardi di euro e una spesa complessiva di 261,6 milioni di euro.


68 – Cit. alla nota 2.


69 – Conclusioni presentate il 10 novembre 2005 nella presente causa, paragrafo 42.


70 – Sentenza cit. alla nota 11.


71 – Ibidem, punto 17.


72 –      Sentenza Edis (cit. alla nota 11, punto 19). V. anche sentenze 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe (Racc. pag. 1989, punto 5), e causa 45/76, Comet (Racc. pag. 2043, punti 13 e 16).


73 –      Sentenze Rewe (cit. alla nota 72, punto 5), Comet (cit. alla nota 72, punti 17 e 18) e Denkavit italiana (cit. alla nota 8, punto 23).