Language of document : ECLI:EU:T:2014:1039

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

9 dicembre 2014(*)

«Concorrenza – Intese – Mercato del tondo per cemento armato in barre o in rotoli – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 65 CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, in base al regolamento (CE) n. 1/2003 – Fissazione dei prezzi e dei termini di pagamento – Limitazione o controllo della produzione o delle vendite – Violazione delle forme sostanziali – Base giuridica – Eccesso di potere e sviamento di procedura – Ammende – Durata dell’infrazione – Proporzionalità – Prescrizione – Ricorso di annullamento – Decisione di modifica – Irricevibilità»

Nelle cause T‑489/09, T‑490/09 e T‑56/10,

Leali SpA, con sede in Odolo (Italia), rappresentata da G. Bellotti, avvocato,

ricorrente nelle cause T‑489/09 e T‑56/10,

Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA, con sede in Brescia (Italia), rappresentata da G. Belotti, avvocato

ricorrente nelle cause T‑490/09 e T‑56/10,

contro

Commissione europea, rappresentata, nelle cause T‑489/09 e T‑490/09, inizialmente da R. Sauer e V. Di Bucci, successivamente da R. Sauer e B. Gencarelli, e infine da R. Sauer e R. Striani, e, nella causa T‑56/10, inizialmente da R. Sauer e B. Gencarelli, successivamente da R. Sauer e R. Striani, in qualità di agenti, assistiti da M. Moretto, avvocato

convenuta,


avente ad oggetto, nelle cause T‑489/09 e T‑490/09, talune domande di annullamento della decisione C (2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa a una violazione dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione) e, in via subordinata, talune domande di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti e, nella causa T‑56/10, una domanda di annullamento della decisione C (2009) 9912 definitivo della Commissione, dell’8 dicembre 2009, che modifica la decisione C (2009) 7492 definitivo,


IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da M.E. Martins Ribeiro (relatore), facente funzione di presidente, A. Popescu e G. Berardis, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1° febbraio 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1.     Disposizioni del Trattato CECA

1        L’articolo 36 CA prevedeva quanto segue:

«La Commissione, prima di adottare una delle sanzioni pecuniarie o di fissare una delle penalità previste dal presente Trattato, deve porre l’interessato in grado di presentare le sue osservazioni. Le sanzioni pecuniarie e le penalità inflitte in virtù delle disposizioni del presente Trattato possono formare oggetto di ricorso di piena giurisdizione. I ricorrenti possono opporre, a sostegno di tale ricorso, nei modi previsti dal primo comma dell’articolo 33 del presente Trattato, l’irregolarità delle decisioni e delle raccomandazioni di cui viene loro addebitata l’inosservanza».

2        L’articolo 47 CA era del seguente tenore:

«La Commissione può raccogliere le informazioni necessarie, per l’adempimento dei suoi compiti. Essa può far compiere le verifiche necessarie.

La Commissione è tenuta a non divulgare le informazioni che, per la loro natura, sono tutelate dal segreto professionale, e in particolare le informazioni relative ad imprese e che concernano le loro relazioni commerciali o gli elementi dei costi. Con tale limitazione deve pubblicare i dati che possano essere utili ai governi o a ogni altro interessato.

La Commissione può applicare, nei confronti delle imprese che avessero a sottrarsi agli obblighi loro risultanti da decisioni prese in applicazione delle disposizioni del presente articolo o che avessero a fornire scientemente false informazioni, ammende, il cui ammontare massimo sarà dell’1% del volume annuo degli affari, e penalità di mora, nella misura massima del 5% del volume degli affari medio giornaliero, per ogni giorno di ritardo.

Qualsiasi violazione del segreto professionale da parte della Commissione, che abbia causato danno a un’impresa, potrà essere oggetto d’azione di indennizzo avanti la Corte, nei modi previsti all’articolo 40».

3        L’articolo 65 CA così disponeva:

«1. Sono proibiti gli accordi tra imprese, le decisioni da parte di associazioni di aziende ed i sistemi concordati che tendano, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o falsare il gioco normale della concorrenza ed in particolare:

a)      a fissare o determinare i prezzi;

b)      a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

c)      a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti d’approvvigionamento;

(...)

4. Gli accordi o le decisioni proibiti in forza del paragrafo 1 del presente articolo sono nulli di pieno diritto e non possono essere invocati dinanzi ad alcuna giurisdizione degli Stati membri.

La Commissione ha competenza esclusiva, salvo i ricorsi avanti la Corte, a pronunciarsi sulla conformità con le disposizioni del presente articolo di detti accordi o decisioni.

5. Alle imprese che:

– abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto;

– abbiano applicato o tentato di applicare per via di arbitrato, disdetta, boicottaggio, o qualsiasi altro mezzo, un accordo o una decisione nulli di pieno diritto o un accordo la cui approvazione sia stata rifiutata o revocata;

– abbiano ottenuto il beneficio di una autorizzazione per mezzo di informazioni scientemente false o deformate;

– abbiano messo in atto sistemi contrari alle disposizioni del paragrafo 1;

la Commissione può infliggere ammende e penalità non superiori al doppio della cifra d’affari realizzata coi prodotti che sono stati oggetto dell’accordo, della decisione o dei sistemi contrari alle disposizioni del presente articolo, con la possibilità, se il loro scopo è stato quello di restringere la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, di un aumento del limite massimo così determinato fino al 10% della cifra d’affari annua delle imprese in causa, per quanto riguarda l’ammenda, ed al 20% della cifra d’affari giornaliera, per quanto riguarda le penalità».

4        Ai sensi dell’articolo 97 CA, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002.

2.     Disposizioni del Trattato CE

5        L’articolo 305, paragrafo 1, CE recitava:

«Le disposizioni del presente trattato non modificano quelle del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri, i poteri delle istituzioni di tale Comunità e le norme sancite da tale trattato per il funzionamento del mercato comune del carbone e dell’acciaio».

3.     Regolamento (CE) n. 1/2003

6        A termini dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), ai fini «dell’applicazione degli articoli 81 [CE] e 82 [CE], alla Commissione sono attribuite le competenze previste dal presente regolamento».

7        L’articolo 7 del regolamento n. 1/2003, rubricato «Constatazione ed eliminazione delle infrazioni», così dispone:

«1. Se la Commissione constata, in seguito a denuncia o d’ufficio, un’infrazione all’articolo 81 [CE] o all’articolo 82 [CE], può obbligare, mediante decisione, le imprese e associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata. (…) Qualora la Commissione abbia un legittimo interesse in tal senso, essa può inoltre procedere alla constatazione di un’infrazione già cessata.

(...)».

8        L’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 recita:

«La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 81 [CE] o dell’articolo 82 [CE] (...)».

4.     Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

9        Il 18 giugno 2002, la Commissione delle Comunità europee ha adottato la comunicazione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA (GU C 152, pag. 5; in prosieguo: la «comunicazione del 18 giugno 2002»).

10      Al punto 2 della comunicazione del 18 giugno 2002 viene precisato che essa si prefigge:

«(...)

–        (...) di sintetizzare per gli operatori economici e gli Stati membri, nella misura in cui essi sono interessati dal trattato CECA e dalla relativa legislazione secondaria, i più importanti cambiamenti che il passaggio al regime CE comporta relativamente alle norme sostanziali e procedurali applicabili,

–        (...) di spiegare come la Commissione intende affrontare questioni specifiche sollevate dal passaggio dal regime CECA al regime CE nei settori dell’antitrust (…), del controllo delle concentrazioni (…) e del controllo degli aiuti di Stato».

11      Il punto 31 della comunicazione del 18 giugno 2002, che figura nella sezione relativa alle questioni specifiche che sorgono con il passaggio dal regime del Trattato CECA al regime del Trattato CE, è così formulato:

«Se la Commissione, nell’applicare il diritto di concorrenza comunitario alle intese, individua una violazione in un settore rientrante nel campo di applicazione del trattato CECA, il diritto sostanziale applicabile sarà, indipendentemente dal momento in cui tale applicazione ha luogo, quello in vigore nel momento in cui si sono verificati i fatti che hanno costituito la violazione. In ogni caso, per quanto riguarda la procedura, dopo la scadenza del Trattato CECA, si applicherà il diritto CE (…)».

 Oggetto delle controversie

12      Le cause in esame hanno ad oggetto, da un lato, talune domande di annullamento della decisione C (2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa a una violazione dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione) (in prosieguo: la «prima decisione») e, in via subordinata, talune domande di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla Leali SpA e alle Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA, in liquidazione (in prosieguo: le «AFLL») (in prosieguo, queste due società saranno congiuntamente denominate: «Leali-AFLL» o le «ricorrenti») (cause T‑489/09 e T‑490/09) e, dall’altro, una domanda di annullamento della decisione C (2009) 9912 definitivo della Commissione, dell’8 dicembre 2009, che modifica la prima decisione (in prosieguo: la «decisione di modifica») (causa T‑56/10).

13      Nella prima decisione, la Commissione ha dichiarato che le seguenti società avevano violato l’articolo 65 CA:

–        Alfa Acciai SpA (in prosieguo: l’«Alfa»);

–        Feralpi Holding SpA (in prosieguo: la «Feralpi»);

–        Ferriere Nord SpA;

–        IRO Industrie Riunite Odolesi SpA (in prosieguo: la «IRO»);

–        le ricorrenti;

–        Lucchini SpA e SP SpA, in liquidazione (in prosieguo, queste due società verranno denominate congiuntamente: la «Lucchini-SP»);

–        Riva Fire SpA (in prosieguo: la «Riva»);

–        Valsabbia Investimenti SpA e Ferriera Valsabbia SpA (in prosieguo, queste due società verranno denominate congiuntamente: la «Valsabbia»).

14      Nella decisione di modifica, la Commissione ha apportato modifiche alla motivazione della prima decisione.

 Presentazione delle ricorrenti

15      Le ricorrenti sono nate dalla scissione, il 25 novembre 1998, delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA, la quale si è resa necessaria al fine di consentire a tale società di beneficiare di un pubblico sussidio allo smantellamento degli impianti siderurgici previsto da una disposizione di diritto italiano. In tale contesto, la Leali, i cui azionisti sono identici a quelli delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi, ha ripreso le attività di quest’ultima società che non erano state smantellate (punti da 91 a 93 della prima decisione), subentrandole in tutti i rapporti giuridici relativi al laminatoio sito in provincia di Brescia (Italia), presso il quale viene prodotto il tondo per cemento armato.

16      Le AFLL sono state poste in liquidazione a far data dal 4 dicembre 1998 e le loro attività si sono limitate allo smantellamento degli impianti ai soli fini della liquidazione.

 Fatti

17      Dall’ottobre al dicembre 2000 la Commissione ha effettuato, conformemente all’articolo 47 CA, accertamenti presso imprese italiane produttrici di tondo per cemento armato e presso un’associazione d’imprese siderurgiche italiane. Essa ha anche trasmesso loro richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 47 CA (punto 114 della prima decisione).

18      Il 26 marzo 2002, la Commissione ha avviato il procedimento amministrativo e formulato addebiti ai sensi dell’articolo 36 CA (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti») (punto 114 della prima decisione). Le ricorrenti hanno presentato osservazioni scritte sulla comunicazione degli addebiti. Un’audizione si è svolta il 13 giugno 2002 (punto 118 della prima decisione).

19      Il 12 agosto 2002, la Commissione ha formulato addebiti supplementari (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti supplementari»), trasmessa ai destinatari della comunicazione degli addebiti. Nella comunicazione degli addebiti supplementari, fondata sull’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), la Commissione ha chiarito la sua posizione quanto alla prosecuzione del procedimento dopo la scadenza del Trattato CECA. Alle imprese interessate è stato assegnato un termine per la presentazione delle loro osservazioni e, il 30 settembre 2002, si è svolta una seconda audizione in presenza dei rappresentanti degli Stati membri (punto 119 della prima decisione).

20      In esito al procedimento, la Commissione ha adottato la decisione C (2002) 5087 definitivo, del 17 dicembre 2002, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 CA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione del 2002»), nella quale essa ha constatato che le imprese destinatarie di quest’ultima avevano posto in essere un’intesa unica, complessa e continuata sul mercato italiano del tondo per cemento armato in barre o in rotoli, che aveva per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e aveva altresì dato luogo ad una limitazione o ad un controllo concordati della produzione o delle vendite, in contrasto con l’articolo 65, paragrafo 1, CA (punto 121 della prima decisione). In tale decisione, la Commissione ha inflitto alle ricorrenti in solido un’ammenda di un importo pari a EUR 6,093 milioni.

21      In data 11 e 20 febbraio 2003 le ricorrenti hanno proposto un ricorso dinanzi al Tribunale avverso la decisione del 2002. Con sentenza del 25 ottobre 2007, SP e a./Commissione (T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03, Racc. pag. II‑4331), il Tribunale ha annullato la decisione del 2002. Il Tribunale ha rilevato che, tenuto conto in particolare del fatto che la decisione del 2002 non conteneva alcun riferimento all’articolo 3 e all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17, tale decisione era fondata unicamente sull’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA (sentenza SP e a./Commissione, cit., punto 101). Poiché tali disposizioni erano giunte a scadenza il 23 luglio 2002, la Commissione non poteva più trarre da esse, estinte al momento dell’adozione della decisione del 2002, alcuna competenza a constatare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA e ad infliggere ammende alle imprese che avrebbero partecipato a tale infrazione (sentenza SP e a./Commissione, cit., punto 120).

22      Con lettera del 30 giugno 2008, la Commissione ha informato le ricorrenti e le altre imprese interessate della sua intenzione di riadottare una decisione, modificando la base giuridica rispetto a quella prescelta per la decisione del 2002. Essa ha inoltre precisato che, tenuto conto della portata limitata della sentenza SP e a./Commissione, citata supra al punto 21, la decisione riadottata sarebbe stata fondata sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari. Alle imprese interessate è stato assegnato un termine per presentare le loro osservazioni (punti 6 e 123 della prima decisione).

 Prima decisione

23      Il 30 settembre 2009 la Commissione ha adottato la prima decisione, la quale è stata notificata alle ricorrenti con lettere del 1° ottobre 2009.

24      Nella prima decisione, la Commissione ha constatato che le restrizioni della concorrenza in essa riscontrate traevano origine in un’intesa tra produttori italiani di tondo per cemento armato e tra questi ultimi e la loro associazione, che aveva avuto luogo nel periodo tra il 1989 e il 2000 e che aveva avuto per oggetto o per effetto di fissare o di determinare i prezzi e di limitare o di controllare la produzione o le vendite tramite lo scambio di un ampio numero di informazioni relative al mercato del tondo per cemento armato in Italia (punti 7 e 399 della prima decisione).

25      Per quanto riguarda la valutazione giuridica dei comportamenti di cui trattasi nel caso di specie, in primo luogo, ai punti da 353 a 369 della prima decisione, la Commissione ha sottolineato che il regolamento n. 1/2003 doveva essere interpretato nel senso che esso le consentiva di constatare e di sanzionare, dopo il 23 luglio 2002, le intese nei settori rientranti ratione materiae e ratione temporis nell’ambito di applicazione del Trattato CECA. Al punto 370 della prima decisione, essa ha indicato che la medesima decisione era stata adottata conformemente alle norme procedurali del Trattato CE e del regolamento n. 1/2003. Ai punti da 371 a 376 della prima decisione, la Commissione ha peraltro ricordato che i principi disciplinanti la successione delle norme nel tempo potevano condurre all’applicazione di disposizioni sostanziali non più in vigore al momento dell’adozione di un atto da parte di un’istituzione dell’Unione europea, fatta salva l’applicazione del principio generale della lex mitior, in forza del quale una persona non può essere sanzionata per un fatto che non costituisce un illecito ai sensi della legislazione entrata in vigore successivamente. Essa è giunta alla conclusione che, nel caso di specie, il Trattato CE non era in concreto più favorevole del Trattato CECA e che, di conseguenza, il principio della lex mitior non avrebbe comunque potuto essere validamente invocato per contestare l’applicazione del Trattato CECA ai comportamenti in esame nella specie.

26      In secondo luogo, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, anzitutto, la Commissione ha rilevato che l’intesa aveva per oggetto la fissazione dei prezzi in funzione della quale era stata concordata anche la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite. Secondo la Commissione, per quanto riguarda la fissazione dei prezzi, l’intesa si era concretizzata essenzialmente negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti il prezzo base nel periodo dal 15 aprile 1992 al 4 luglio 2000 (e, fino al 1995, negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti i termini di pagamento) e negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti gli «extra» nel periodo dal 6 dicembre 1989 al 1º giugno 2000 (punti 399 e 400 della prima decisione).

27      Per quanto riguarda, poi, gli effetti sul mercato delle pratiche restrittive di cui trattasi, la Commissione ha indicato che, trattandosi di un’intesa il cui obiettivo era quello di impedire, limitare o alterare il gioco normale della concorrenza, non era necessario verificare se essa avesse prodotto effetti sul mercato (punto 512 della prima decisione). Essa ha nondimeno ritenuto che l’intesa avesse avuto effetti concreti sul mercato (punti da 513 a 518 della prima decisione). In particolare, la Commissione ha concluso che l’intesa aveva influenzato il prezzo di vendita praticato dai produttori di tondo per cemento armato in Italia, sebbene le misure adottate nell’ambito dell’intesa non avessero sempre prodotto immediatamente i risultati auspicati dalle imprese che vi partecipavano. Inoltre, secondo la Commissione, possono esserci stati fenomeni con effetti differiti. Peraltro, le imprese di cui trattasi rappresentavano all’incirca il 21% del mercato italiano del tondo per cemento armato nel 1989, il 60% nel 1995 e all’incirca l’83% nel 2000, il che indicherebbe un effetto crescente sul mercato degli aumenti di prezzi concordati. Infine, la Commissione ha sottolineato che il fatto che, dal 1989, le iniziative adottate in tale settore fossero comunicate a tutti i produttori di tondo per cemento armato aveva accresciuto l’importanza di tali effetti anche nei primi anni dell’intesa (punto 519 della prima decisione).

28      In terzo luogo, la Commissione ha individuato i destinatari della prima decisione. Per quanto riguarda le ricorrenti, ai punti da 535 a 537 della prima decisione, la Commissione ha indicato che essa aveva deciso di imputare loro la responsabilità dell’infrazione, poiché la Leali e le AFLL erano le due società risultanti dalla scissione, nel 1998, delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi che avevano proseguito l’attività di quest’ultima società nel settore del tondo per cemento armato. Da un lato, le AFLL avrebbero proseguito tale attività unicamente per talune unità produttive di tondo per cemento armato e unicamente allo scopo di smantellare gli impianti produttivi di cui trattasi. Dall’altro, la Leali avrebbe continuato l’attività per quanto riguarda le altre unità produttive di tondo per cemento armato.

29      La Commissione ha quindi ritenuto che la Leali e le AFLL avessero continuato, con finalità diverse (rispettivamente la prosecuzione dell’attività di produzione o lo smantellamento degli impianti), a gestire le unità di produzione di tondo per cemento armato delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi e che, di conseguenza, dovessero essere ritenute responsabili in solido dei comportamenti illeciti di quest’ultima società fino alla sua messa in liquidazione. Per contro, la Commissione ha indicato che la Leali era l’unica responsabile dei comportamenti da essa tenuti a partire dal 25 novembre 1998, data della sua costituzione. La Commissione ha aggiunto che, da un lato, gli azionisti della Leali erano gli stessi delle AFLL e che, dall’altro, le AFLL non erano coinvolte nei comportamenti tenuti dopo la costituzione della Leali (punti 535 e 536 della prima decisione).

30      In quarto luogo, la Commissione ha dichiarato che l’articolo 65, paragrafo 2, CA e l’articolo 81, paragrafo 3, CE non erano applicabili al caso di specie (punti da 567 a 570 della prima decisione). Essa ha altresì sottolineato che le norme in materia di prescrizione enunciate all’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 non le impedivano di adottare la prima decisione (punti da 571 a 574 della prima decisione).

31      In quinto luogo, per quanto riguarda il calcolo dell’importo delle ammende inflitte nel caso di specie, la Commissione ha indicato che, in forza dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, essa poteva infliggere ammende alle imprese che avevano violato le norme sulla concorrenza. Poiché il massimale delle ammende previsto dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 è diverso da quello fissato dall’articolo 65, paragrafo 5, CA, la Commissione ha indicato che avrebbe applicato il massimale più basso, conformemente al principio della lex mitior (punto 576 della prima decisione). Essa ha altresì indicato che, conformemente a quanto da essa comunicato alle imprese interessate con lettera del 30 giugno 2008 aveva deciso di applicare, nel caso di specie, gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998»). Essa ha aggiunto che, nel caso di specie, tuttavia, avrebbe tenuto conto del fatto che, al momento dell’adozione della decisione del 2002, essa aveva già deciso in ordine all’importo delle ammende che intendeva infliggere alle imprese interessate (punti 579 e 580 della prima decisione).

32      Anzitutto, la Commissione ha considerato che un’intesa avente per oggetto la fissazione dei prezzi, attuata in vari modi, segnatamente facendo ricorso alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite, costituiva un’infrazione molto grave al diritto della concorrenza dell’Unione (punto 591 della prima decisione). La Commissione ha respinto gli argomenti delle imprese interessate secondo cui la gravità dell’infrazione sarebbe attenuata alla luce dei limitati effetti concreti sul mercato e del contesto economico in cui le suddette imprese operavano (punti da 583 a 596 della prima decisione). Secondo la Commissione, nonostante il carattere molto grave dell’infrazione, essa ha tenuto conto, nel fissare l’importo di base dell’ammenda, delle caratteristiche specifiche di questo caso, segnatamente del fatto che esso riguardava un mercato nazionale soggetto, all’epoca dei fatti, alla particolare normativa del Trattato CECA e del quale le imprese destinatarie della prima decisione rappresentavano, nel primo periodo dell’infrazione, una parte limitata (punto 599 della prima decisione).

33      Successivamente, la Commissione ha considerato il peso specifico di ciascuna impresa e ha classificato le medesime in funzione della loro importanza relativa sul mercato in questione. Dato che le quote di mercato relative ottenute dalle destinatarie della prima decisione nel corso dell’ultimo anno intero dell’infrazione (1999) non erano state considerate dalla Commissione come rappresentative della presenza effettiva di queste ultime sul mercato rilevante nel periodo di riferimento, la Commissione ha distinto, sulla base delle quote di mercato medie nel periodo 1990‑1999, tre gruppi d’imprese, ossia, in primo luogo, la Feralpi e la Valsabbia, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 5 milioni, in secondo luogo, la Lucchini-SP, l’Alfa, la Riva e la Leali-AFLL, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 3,5 milioni, e, in terzo luogo, la IRO e la Ferriere Nord, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 1,75 milioni (punti da 599 a 602 della prima decisione).

34      Al fine di assicurare all’ammenda un effetto sufficientemente dissuasivo, la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda della Lucchini‑SP del 200% e quello della Riva del 375% (punti 604 e 605 della prima decisione).

35      Inoltre, la Commissione ha ritenuto che l’intesa si fosse protratta dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000. Per quanto riguarda la partecipazione della ricorrente all’infrazione, la Commissione ha rilevato che essa si era protratta dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000 (punto 606 della prima decisione).

36      Poiché l’infrazione è durata oltre dieci anni e sei mesi per l’insieme delle imprese, ad eccezione della Ferriere Nord, l’importo di partenza dell’ammenda è stato aumentato del 105% per tutte le imprese, ad eccezione della Ferriere Nord, il cui importo di partenza è stato maggiorato del 70%. Gli importi di base delle ammende sono quindi stati fissati nel seguente modo:

–        Feralpi: EUR 10,25 milioni;

–        Valsabbia: EUR 10,25 milioni;

–        Lucchini-SP: EUR 14,35 milioni;

–        Alfa: EUR 7,175 milioni;

–        Riva: EUR 26,9 milioni;

–        Leali-AFLL: EUR 7,175 milioni;

–        IRO: 3,58 milioni di EUR;

–        Ferriere Nord: EUR 2,97 milioni (punti 607 e 608 della prima decisione).

37      Per quanto concerne poi le circostanze aggravanti, la Commissione ha rilevato che la Ferriere Nord era già stata destinataria di una decisione della Commissione, adottata il 2 agosto 1989, per la sua partecipazione ad un’intesa riguardante la fissazione dei prezzi e la limitazione delle vendite nel settore delle reti e ha aumentato del 50% l’importo di base della sua ammenda. La Commissione non ha applicato alcuna circostanza attenuante (punti da 609 a 623 della prima decisione).

38      In seguito, quanto alla determinazione dell’importo massimo dell’ammenda, conformemente all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, la Commissione ha ritenuto che l’importo dell’ammenda inflitta alle imprese in questione non eccedesse il massimale del 10% del fatturato realizzato con i prodotti CECA sul territorio dell’Unione nel 2007. Quanto, più in particolare, alle ricorrenti, la Commissione ha sottolineato che il fatto che le AFLL fossero in liquidazione non le impediva di infliggere loro un’ammenda, in quanto esse dovevano essere considerate responsabili in solido con la Leali, atteso che esse formavano insieme una stessa ed unica impresa (punti da 630 a 632 della prima decisione).

39      Infine, per quanto riguarda l’applicazione della comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 1996»), la Commissione ha indicato che la Ferriere Nord le aveva fornito indicazioni utili che le avevano consentito di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa prima dell’invio della comunicazione degli addebiti, sicché le aveva concesso una riduzione del 20% dell’importo della sua ammenda. La Commissione ha considerato che le altre imprese interessate non avevano soddisfatto le condizioni della suddetta comunicazione (punti da 633 a 641 della prima decisione).

40      Il dispositivo della prima decisione è così formulato:

«Articolo 1

Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 65, paragrafo 1 [CA] partecipando, nei periodi indicati, a un accordo continuato e/o pratiche concertate riguardanti il tondo per cemento armato in barre o in rotoli, aventi per oggetto e/o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione e/o il controllo della produzione o delle vendite nel mercato comune:

–        [Leali/AFLL], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Alfa], dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000;

–        [Ferriera Valsabbia e Valsabbia Investimenti], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Feralpi], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [IRO], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Lucchini‑SP], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Riva], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Ferriere Nord], dal 1° aprile 1993 al 4 luglio 2000;

Articolo 2

Le seguenti ammende sono inflitte per le infrazioni di cui all’articolo 1:

–        [Alfa]: 7,175 milioni di EUR;

–        [Feralpi]: 10,25 milioni di EUR;

–        [Ferriere Nord]: 3,57 milioni di EUR;

–        [IRO]: 3,58 milioni di EUR;

–        [Leali e AFLL], solidalmente: 6,093 milioni di EUR.

–        [Leali]: 1,082 milioni di EUR;

–        [Lucchini e SP], solidalmente: 14,35 milioni di EUR.

–        [Riva]: 26,9 milioni di EUR;

–        [Valsabbia Investimenti e Ferriera Valsabbia], solidalmente: 10,25 milioni di EUR;

(...)».

 Sviluppi successivi alla notifica della prima decisione

41      Con lettere inviate tra il 20 e il 23 novembre 2009, otto delle undici società destinatarie della prima decisione, ovvero la Riva, la Feralpi, la Ferriere Nord, la Lucchini, l’Alfa, la Ferriera Valsabbia, la Valsabbia Investimenti e l’IRO, hanno indicato alla Commissione che l’allegato della prima decisione, quale notificata ai suoi destinatari, non conteneva le tabelle che illustravano le variazioni di prezzo.

42      Il 24 novembre 2009 i servizi della Commissione hanno informato i suddetti destinatari che avrebbero provveduto affinché una decisione contenente le suddette tabelle fosse loro notificata. Essi hanno altresì precisato che i termini applicabili al pagamento dell’ammenda e ad un eventuale ricorso giurisdizionale avrebbero iniziato a decorrere dalla data di notifica della «decisione completa».

 Decisione di modifica

43      L’8 dicembre 2009 la Commissione ha adottato la decisione di modifica, che integrava nel suo allegato le tabelle mancanti e correggeva i riferimenti numerati alle suddette tabelle in otto note a piè di pagina.

44      Il dispositivo della decisione di modifica recava modifica delle note a piè di pagina nn. 102, 127, 198, 264, 312, 362, 405 e 448 della prima decisione. Le tabelle contenute in allegato della decisione di modifica sono state aggiunte come allegati della prima decisione.

 Procedimento e conclusioni delle parti

45      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale l’8 dicembre 2009 le ricorrenti hanno proposto i ricorsi nelle cause T‑489/09 e T‑490/09.

46      La ricorrente nella causa T‑489/09 conclude che il Tribunale voglia:

–        in via principale e di merito, annullare la prima decisione a) perché incompleta e inficiata da violazioni delle forme sostanziali; b) per mancanza di base giuridica; (c) per difetto di motivazione; (d) per travisamento dei fatti; (e) per violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa; (f) per violazione dei diritti della difesa;

–        in via subordinata e di merito, ridurre l’importo dell’ammenda;

–        condannare la Commissione all’integralità delle spese.

47      La ricorrente nella causa T‑490/09, conclude che il Tribunale voglia:

–        in via principale e di merito, annullare la prima decisione a) per violazione delle forme sostanziali, giacché è stata approvata e notificata in forma incompleta; b) per mancanza di idonea base giuridica; c) per difetto di motivazione; d) per travisamento dei fatti; e) per violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa; f) per violazione dei suoi diritti della difesa;

–        in via subordinata, annullare l’articolo 2 della prima decisione nella parte in cui la Commissione l’ha sanzionata in violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n 1/2003;

–        in via di estremo subordine, ridurre l’importo dell’ammenda inflitta;

–        se reputato opportuno, chiedere al Consiglio un’interpretazione autentica del regolamento n. 1/2003, affinché dica, in particolare, se quest’ultimo, segnatamente alla luce dei lavori preparatori, debba essere inteso in modo tale da coprire anche le sanzioni inflitte per violazione del Trattato CECA;

–        condannare la Commissione all’integralità delle spese.

48      Nelle cause T‑489/09 e T‑490/09, la Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere integralmente il ricorso,

–        condannare le ricorrenti alle spese.

49      Con lettera dell’8 gennaio 2010, la Commissione ha chiesto al Tribunale di ordinare, a titolo di misura di organizzazione del procedimento, che le ricorrenti fossero invitate ad esaminare l’opportunità di completare e di modificare le loro conclusioni alla luce della decisione di modifica, loro notificata dopo la presentazione dei ricorsi nelle cause T‑489/09 e T‑490/09. Le ricorrenti si sono opposte a tale richiesta. Il Tribunale non ha accolto la richiesta della Commissione.

50      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 febbraio 2010, le ricorrenti hanno proposto ricorso nella causa T‑56/10.

51      Nella causa T‑56/10, le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        in via principale e di merito, annullare la decisione di modifica, in primo luogo, per mancanza di base giuridica; in secondo luogo, in quanto la Commissione non ha il potere di regolarizzare una precedente decisione, qualora il testo e il contenuto di quest’ultima siano incompleti, ed essa sia dunque gravemente e manifestamente viziata; in terzo luogo, per violazione del principio di buona amministrazione;

–        qualora la Commissione dovesse contestare i fatti quali riferiti al punto I del ricorso, ordinare a quest’ultima di produrre i verbali delle riunioni del 30 settembre 2009 e dell’8 dicembre 2009, unitamente ai loro allegati;

–        condannare la Commissione all’integralità delle spese.

52      Nella causa T‑56/10, la Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere in toto il ricorso,

–        condannare le ricorrenti alle spese.

53      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di avviare la fase orale nelle presenti cause e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 64 del suo regolamento di procedura, ha chiesto alle ricorrenti nelle cause T‑489/09 e T‑490/09 di produrre un documento. Esse vi hanno ottemperato entro il termine impartito.

54      Con ordinanza del 14 dicembre 2012 il presidente dell’Ottava Sezione, dopo aver raccolto le osservazioni delle parti, ha deciso di riunire le cause T‑489/09, T‑490/09 e T‑56/10 ai fini della fase orale conformemente all’articolo 50 del regolamento di procedura.

55      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza del 1° febbraio 2013.

 In diritto

56      Poiché le parti hanno affermato in udienza di non avere obiezioni da formulare in merito alla riunione delle presenti cause ai fini della sentenza, il Tribunale decide di riunire tali cause ai fini della sentenza, conformemente all’articolo 50 del regolamento di procedura.

1.     Cause T‑489/09 e T‑490/09

57      In via preliminare va rilevato che il ricorso nella causa T‑489/09 contiene due capi di conclusioni, ossia, in via principale, una domanda di annullamento della prima decisione e, in via subordinata, una domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente. Il ricorso nella causa T‑490/09 contiene tre capi di conclusioni, ossia, in via principale, una domanda di annullamento della prima decisione nel suo insieme e, in via subordinata, una domanda di annullamento dell’articolo 2 della prima decisione e, in via di estremo subordine, una domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente.

58      A sostegno del loro ricorso nelle cause T‑489/09 e T‑490/09, le ricorrenti deducono vari motivi, di cui alcuni identici, cosicché occorre esaminarli congiuntamente. In primo luogo, le ricorrenti deducono un motivo vertente sulla violazione delle forme sostanziali (primo motivo nella causa T‑489/09 e primo motivo nella causa T‑490/09). In secondo luogo, le ricorrenti deducono un motivo vertente sull’incompetenza della Commissione e su un errore di diritto per quanto riguarda la base giuridica dell’infrazione e della sanzione (secondo e quarto motivo nella causa T‑489/09 e secondo motivo nella causa T‑490/09). In terzo luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 sostiene di essere priva di «legittimazione passiva» (terzo motivo nella causa T‑489/09). In quarto luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 deduce un motivo vertente sulla violazione dell’articolo 65 CA e sul difetto di motivazione (quinto motivo nella causa T‑489/09). In quinto luogo, le ricorrenti fanno valere un travisamento dei fatti, un difetto di motivazione e la mancata presa in considerazione delle specificità del mercato siderurgico e delle norme del Trattato CECA [settimo motivo, prima parte, nella causa T‑489/09 e quarto motivo, lettera a), nella causa T‑490/09]. In sesto luogo, la ricorrente nella causa T‑490/09 deduce un motivo vertente sulla mancata presa in considerazione adeguata dei fattori propri del mercato rilevante [quarto motivo, lettera a) nella causa T‑490/09]. In settimo luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 invoca l’infondatezza degli addebiti mossi nei suoi confronti (settimo motivo, dalla seconda alla quarta parte, nella causa T‑489/09). In ottavo luogo, le ricorrenti nella causa T‑489/09 e T‑490/09 deducono un motivo vertente sulla violazione del principio di buona amministrazione e su un difetto di motivazione [sesto motivo, prima parte, nella causa T‑489/09 e quarto motivo, lettera b), nella causa T‑490/09]. In nono luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 contesta la valutazione della sua cooperazione e la disparità di trattamento rispetto alla Ferriere Nord (sesto motivo, seconda parte, nella causa T‑489/09). In decimo luogo, le ricorrenti invocano una violazione dei loro diritti della difesa [ottavo motivo nella causa T‑489/09, quarto motivo, lettera c), nella causa T‑490/09]. In undicesimo luogo, la ricorrente nella causa T‑490/09 fa valere un difetto di motivazione, la violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e la violazione del principio della parità di trattamento nella quantificazione dell’ammenda (terzo motivo nella causa T‑490/09). In dodicesimo luogo, le ricorrenti invocano errori di diritto e un eccesso di potere nella determinazione dell’importo dell’ammenda [nono motivo nella causa T‑489/09 e quarto motivo, lettera d), nella causa T‑490/09]. Infine, in tredicesimo luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 deduce un motivo vertente sulla prescrizione dell’infrazione (decimo motivo nella causa T‑489/09).

59      Invitate dal Tribunale, in udienza, a presentare le proprie osservazioni in merito alla portata esatta della loro argomentazione, le ricorrenti hanno precisato che gli unici motivi che erano stati sollevati a sostegno dei capi delle conclusioni volti ad ottenere l’annullamento dell’articolo 2 della prima decisione o la riduzione dell’importo dell’ammenda erano, nella causa T‑489/09, il sesto motivo, seconda parte, nonché il nono motivo, e nella causa T‑490/09, il terzo motivo e il quarto motivo, lettera d).

 Sulle domande volte ad ottenere l’annullamento della prima decisione

 Sul motivo vertente sulla violazione delle forme sostanziali (primo motivo nella causa T‑489/09 e primo motivo nella causa T‑490/09)

60      Con il presente motivo, le ricorrenti deducono l’esistenza di diverse violazioni delle forme sostanziali per incompletezza della prima decisione, dovuta all’assenza delle tabelle che avrebbero dovuto esserle allegate. Da un lato, la prima decisione non consentirebbe alle ricorrenti di comprendere i termini esatti degli addebiti per i quali esse sono state sanzionate, in quanto la Commissione non avrebbe corroborato sufficientemente le sue accuse. Dall’altro, sarebbe ragionevole considerare che il collegio dei commissari sia stato chiamato a pronunciarsi su una «decisione incompleta». La ricorrente nella causa T‑489/09 aggiunge che la Commissione non può tentare di sanare i vizi della prima decisione riferendosi, da una parte, alla decisione di modifica e, dall’altra, alla comunicazione degli addebiti, che le sarebbe stata inviata otto anni prima, poiché la legittimità di una decisione non può essere valutata in riferimento ad un’altra misura, anteriore o successiva.

61      In via preliminare, va rilevato che, nella sua replica, la ricorrente nella causa T‑489/09 ha sollevato la presunta inesistenza della prima decisione. Nella sua controreplica, la Commissione ha fatto valere che un siffatto «motivo» non era stato dedotto nel ricorso e doveva essere dichiarato irricevibile a norma dell’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura.

62      Dal combinato disposto degli articoli 44, paragrafo 1, lettera c), e 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura risulta che il ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti e che è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Un motivo che costituisca un’estensione di un motivo precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio, e che sia strettamente connesso con questo, va considerato ricevibile (v. sentenza del Tribunale del 24 maggio 2011, NLG/Commissione, T‑109/05 e T‑444/05, Racc. pag. II‑2479, punto 149, e la giurisprudenza ivi citata).

63      Occorre necessariamente constatare che il «motivo» vertente sull’inesistenza della prima decisione per violazione delle forme sostanziali non è stato enunciato, né espressamente né implicitamente, nel ricorso nella causa T‑489/09. Esso non costituisce neppure un’estensione di un motivo enunciato nel ricorso e, di conseguenza, è irricevibile.

64      Per quanto attiene alla fondatezza del presente motivo, in primo luogo, le ricorrenti affermano che la prima decisione non consente loro di comprendere i termini esatti degli addebiti per i quali sono state sanzionate e non consente alla Commissione di corroborare sufficientemente le sue accuse, facendo a tal proposito espresso riferimento ai punti 496, 515, 516 e alla nota a piè di pagina n. 102 della prima decisione

65      Interrogate a tal proposito in udienza, le ricorrenti hanno precisato che la presente censura era unicamente volta a criticare la violazione, da parte della Commissione, dell’obbligo di motivazione.

66      Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la motivazione deve essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità di motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto si deve accertare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 15 CA alla luce non solo del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 24 settembre 1996, NALOO/Commissione, T‑57/91, Racc. pag. II‑239, punto 298, e del 13 dicembre 2001, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, T‑45/98 e T‑47/98, Racc. pag. II‑3757, punto 129; v., altresì, in senso analogo, sentenze della Corte del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc. pag. I‑1719, punto 63, e del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P, Racc. pag. I‑9555, punto 131, e la giurisprudenza ivi citata).

67      Peraltro, nel contesto delle decisioni individuali, da una giurisprudenza costante emerge che l’obbligo di motivare una decisione di tale natura ha lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per sapere se la decisione è eventualmente affetta da un vizio che consente di contestarne la validità (v. sentenza della Corte del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 148, e la giurisprudenza ivi citata).

68      In linea di principio, la motivazione deve dunque essere comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio (sentenza Elf Aquitaine/Commissione, cit. al punto 67 supra, punto 149).

69      Si deve constatare che la prima decisione non conteneva i suoi allegati, fra i quali figuravano parecchie tabelle alle quali era fatto rinvio ai punti 451 (tabella 13), 513 (tabelle 1 e 3), 515 (tabelle da 1 a 3), 516 (tabelle 9, da 11 a 14 e 16) e 518 (tabelle 11, 12 e 14) nonché nelle note a piè di pagina n. 102 (tabelle da 15 a 17), 127 (tabelle da 18 a 21), 198 (tabelle 22 e 23), 264 (tabelle 24 e 25), 312 (tabella 26), 362 (tabella 27), 405 (tabella 28), 448 (tabelle 29 e 30) e 563 (insieme delle tabelle allegate alla decisione) della prima decisione. La Commissione afferma a tal riguardo che si trattava di tabelle realizzate per rendere più facile e più immediata la lettura delle variazioni di prezzo menzionate nella prima decisione che si limitavano a riprodurre in modo schematico informazioni e dati presenti nel fascicolo.

70      Occorre pertanto verificare se, indipendentemente dalla mancanza delle tabelle allegate alla prima decisione, citate supra al punto 69, i punti pertinenti di tale decisione, a sostegno dei quali le suddette tabelle sono state menzionate, facciano apparire in modo chiaro e non equivoco il ragionamento seguito dalla Commissione e abbiano consentito alle ricorrenti di conoscere le ragioni della misura adottata.

71      Occorre preliminarmente rilevare, al pari della Commissione, che tutte le tabelle mancanti erano state allegate alla comunicazione degli addebiti e che le ricorrenti ne conoscevano il contenuto, avendo la ricorrente nella causa T‑489/09 peraltro allegato le medesime al suo ricorso ed avendovi fatto riferimento ai punti 73, 88, 91, 92 e 160 di quest’ultimo.

72      Inoltre, occorre sottolineare che, nella decisione di modifica, la Commissione non ha modificato l’insieme dei rinvii alle tabelle mancanti nella prima decisione, ma unicamente i rinvii compiuti alle note a piè di pagina nn. 102, 127, 198, 264, 312, 362, 405 e 448 di quest’ultima.

73      In primo luogo, riguardo alle tabelle da 15 a 17 (menzionate nella nota a piè di pagina n. 102 della prima decisione), si deve constatare che esse riproducono, secondo tale nota a piè di pagina, i «dati riguardanti le modifiche dei prezzi degli “extra di dimensione” che hanno caratterizzato l’industria del tondo per cemento armato in Italia dal dicembre 1989 al giugno 2000». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno della prima frase del punto 126 della prima decisione, formulato come segue:

«Nella prima riunione della quale è a conoscenza la Commissione (quella del 6 dicembre 1989 presso l’[Associazione Industriale Bresciana], i partecipanti hanno deciso all’unanimità di aumentare, dal lunedì 11 dicembre 1989, i prezzi degli “extra di dimensione” del tondo per cemento armato sia in barre che in rotoli destinato al mercato italiano (+10 ITL/Kg per gli “extra” da 14 a 30 mm, +15 ITL/Kg per quelli da 8 a 12 mm, +20 ITL/Kg per quelli da 6 mm; tutti aumentati di 5 ITL/Kg per il materiale in rotoli)».

74      Si deve rilevare che la Commissione ha espressamente indicato, nel suddetto punto, gli aumenti dei prezzi degli «extra di dimensione» del tondo per cemento armato che erano stati decisi dai partecipanti alla riunione del 6 dicembre 1989 nonché la loro data di entrata in vigore. Inoltre, per quanto riguarda gli ulteriori aumenti che, secondo la nota a piè di pagina n. 102 della prima decisione, sono indicati anche in tali tabelle (dato che esse riguardano il periodo dal 1989 al 2000), deve rilevarsi che essi non sono oggetto del capitolo 4.1 della prima decisione, al quale si riferisce il punto 126, relativo al comportamento delle imprese fra il 1989 e il 1992. In ogni caso, tali aumenti sono menzionati, fra l’altro, anche ai punti da 126 a 128 e 133 (per gli anni 1989‑1992), 93 e 94 (per gli anni 1993‑1994), da 149 a 151, 162 e 163 (per il 1995), 184 e 185 (per il 1996), 199, 200 e 213 (per il 1997), 269 (per il 1999), e da 296 a 304 (per il 2000) nonché ai punti 439 e 515 della prima decisione.

75      In secondo luogo, riguardo alle tabelle da 18 a 21, citate nella nota a piè di pagina n. 127 della prima decisione, si deve rilevare che esse riproducono, secondo tale nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti riguardanti il periodo fine 1989/fine 1992 dei quali [era] in possesso la Commissione». Tali tabelle sono menzionate dalla Commissione a sostegno del punto 131 della prima decisione, che enuncia quanto segue:

«Per quel che riguarda i prezzi base per il tondo per cemento armato applicati durante il periodo di vigenza del suddetto accordo, si rileva che la IRO e la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A. hanno applicato, a partire dal 16 aprile 1992, quello di ITL/Kg 210 e, a partire dal 1°/6 maggio 1992, quello di ITL/Kg 225. Dal 1°/8 giugno 1992, la IRO, la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A., la Acciaieria di Darfo S.p.A. e la Acciaierie e Ferriere Leali Luigi S.p.A. hanno applicato quello di ITL/Kg 235».

76      Occorre pertanto constatare che, pur basandosi su cinque pagine del fascicolo amministrativo, menzionate nella nota a piè di pagina n. 126 della prima decisione, la Commissione ha espressamente indicato, al suddetto punto, i prezzi base che erano stati fissati dalle imprese ivi menzionate, nonché la data a partire dalla quale essi erano applicati. Inoltre, si deve rilevare che, al punto 419 della prima decisione, la Commissione ha osservato che il primo comportamento relativo alla fissazione del prezzo base si era verificato al più tardi il 16 aprile 1992. Gli eventuali dati figuranti nelle tabelle da 18 a 21 della prima decisione, relativi ai prezzi base per il periodo compreso, secondo la nota a piè di pagina n. 127 della prima decisione, tra la «fine [del] 1989» e il 16 aprile 1992, sono dunque privi di rilevanza ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione indicati al punto 131 della prima decisione.

77      In terzo luogo, riguardo alle tabelle 22 e 23, citate nella nota a piè di pagina n. 198 della prima decisione, si deve constatare che esse riproducono, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti riguardanti il 1993 ed il 1994 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno del punto 145 della prima decisione, così formulato:

«Come previsto nel telefax della Federacciai del 25 novembre 1994, il 1° dicembre 1994 si è svolta a Brescia una ulteriore riunione, dove sono state prese le decisioni precisate in un altro telefax della Federacciai, ricevuto dalle imprese il 5 dicembre 1994. Dette decisioni riguardavano:

–        i prezzi del tondo per cemento armato (320 ITL/Kg base partenza Brescia, con decorrenza immediata);

–        i pagamenti (dal 1° gennaio 1995 la dilazione massima sarà di 60/90 giorni fine mese, dal 1° marzo 1995 la dilazione sarà contenuta nei 60 giorni) e gli sconti;

–        la produzione (obbligo, per ciascuna impresa di comunicare alla Federacciai, entro il 7 dicembre 1994, le tonnellate di tondo per cemento armato prodotte in settembre, ottobre e novembre 1994).

La Alfa Acciai S.R.L. ha adottato il nuovo prezzo base il 7 dicembre 1994. Il 21 dicembre 1994 lo ha adottato anche la Acciaieria di Darfo S.p.A., e l’Alfa Acciai S.R.L. ha riconfermato il medesimo prezzo. Anche il prezzo base della [Lucchini‑SP] relativo al gennaio 1995 era di ITL/Kg 320».

78      A tal riguardo, si deve sottolineare che le tabelle indicate nella nota a piè di pagina n. 198 della prima decisione sono state menzionate dalla Commissione a sostegno della sua affermazione secondo cui «la Alfa Acciai S.R.L. [avev]a adottato il nuovo prezzo base il 7 dicembre 1994», «[i]l 21 dicembre 1994 lo [avev]a adottato anche la Acciaieria di Darfo S.p.A., e l’Alfa Acciai S.R.L. [avev]a riconfermato il medesimo prezzo». Ora, il «nuovo prezzo base» e il «medesimo prezzo» a cui si faceva riferimento erano il prezzo di 320 lire italiane al chilo (ITL/kg) indicato al primo trattino del suddetto punto. Gli eventuali dati figuranti nelle tabelle 22 e 23 della prima decisione, relative ai prezzi base per il periodo tra il 1993 e il 7 dicembre 1994 sono pertanto privi di rilevanza ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione indicati al punto 145 della prima decisione.

79      In quarto luogo, riguardo alle tabelle 24 e 25, menzionate nella nota a piè di pagina n. 264 della prima decisione, si deve rilevare che esse riproducono, secondo tale nota «i dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica S.p.A., anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1995 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno del punto 174 della prima decisione, che è formulato come segue:

«Successivamente, in un documento dei primi giorni di ottobre del 1995, in possesso della Federacciai (manoscritto dalla segretaria del Direttore generale facente funzione) è affermato che:

–        la clientela rimetteva in discussione i pagamenti (da cui la necessità di una comunicazione che ribadisse la fermezza sui pagamenti);

–        dalla settimana precedente il prezzo del tondo per cemento armato era sceso di ulteriori 5/10 ITL/Kg, collocandosi tra le 260/270 ITL/Kg in zona Brescia, con quotazioni al di sotto delle 250 ITL/Kg fuori di detta zona;

–        la situazione del mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo; e

–        si dovevano richiedere alle imprese i dati riguardanti gli ordini della 39ma (dal 25 al 29 settembre 1995) e 40ma (dal 2 al 6 ottobre 1995) settimana».

80      Deve pertanto essere rilevato che, al punto 174 della prima decisione, la Commissione si è limitata a prendere atto del contenuto di un documento manoscritto della segretaria del direttore generale facente funzione, redatto nell’ottobre 1995. A tal riguardo, la Commissione ha rinviato alle tabelle 24 e 25 unicamente a sostegno dell’affermazione contenuta in tale documento, secondo cui «la situazione di mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo». Le tabelle 24 e 25 appaiono dunque prive di rilevanza ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione indicati al punto 174 della prima decisione.

81      In quinto luogo, riguardo alla tabella 26, menzionata nella nota a piè di pagina n. 312 della prima decisione, si deve constatare che essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica S.p.A., anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1996 dei quali [era] in possesso la Commissione». Tale tabella è citata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione, contenuta al punto 200 della prima decisione, secondo cui «[d]urante il periodo che va dal 22 ottobre 1996 al 17 luglio 1997 c[’erano] state almeno dodici riunioni dei responsabili commerciali delle imprese, svoltesi […in particolare] martedì 22 ottobre 1996, data in cui [era] stato riconfermato per il mese di novembre 1996 il prezzo di ITL/Kg 230 base partenza Brescia e il mantenimento della quotazione di ITL/Kg 210 esclusivamente per le consegne di ottobre».

82      Si deve pertanto constatare che, nonostante l’assenza della tabella 26 nella prima decisione, la Commissione ha espressamente citato, al punto 200 della stessa, i prezzi base del periodo in questione nonché il momento della loro entrata in vigore.

83      In sesto luogo, per quanto riguarda la tabella 27, menzionata nella nota a piè di pagina n. 362 della prima decisione, essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica S.p.A., anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1997 dei quali [era] in possesso la Commissione». Detta tabella è menzionata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione, contenuta al punto 216 della prima decisione, secondo cui:

«Comunque, la [Lucchini‑SP…], l’Acciaieria di Darfo S.p.A., l’Alfa Acciai S.R.L., la Feralpi Siderurgica S.R.L., la IRO, la Riva Prodotti Siderurgici S.p.A. e la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A. sono le sette imprese destinatarie di una comunicazione (datata 24 novembre 1997) del Dott. Pierluigi Leali, avente ad oggetto l’“Accordo prezzo-consegne” (…). “Il prezzo di ITL 270/Kg è stato solo chiesto, senza risultato – continuava la comunicazione – da un paio di ferriere mentre in realtà, come dichiarato da più parti nel corso dell’ultima riunione dei commerciali, la quotazione è assestata a ITL 260/Kg con punte al di sotto. Rileviamo tuttavia con parziale soddisfazione che la caduta si è arrestata grazie al contingentamento delle consegne che tutti stiamo rispettando e che, come da accordi, sarà verificato da ispettori esterni all’uopo nominati”. “In questo fine mese – continuava sempre la comunicazione – che ormai si sta trascinando per inerzia, è indispensabile intervenire con immediato irrigidimento sulla quotazione minima di ITL 260/Kg (che non andrebbe sicuramente ad incidere sulle scarse acquisizioni del periodo). Con la pianificazione delle consegne di dicembre concordate (- 20% sulla quota di novembre) siamo sicuramente nella condizione di mantenere il livello di prezzo concordato; è però indispensabile – concludeva il Dott. Pierluigi Leali – che nessuno accetti deroghe sul prezzo minimo stabilito (ITL 260/Kg)».

84      Dalla formulazione del suddetto punto si evince quindi che la Commissione si è limitata a riprodurre il testo della comunicazione del 24 novembre 1997 ivi menzionata. La tabella 27 risulta pertanto priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al punto 216 della prima decisione.

85      In settimo luogo, riguardo alla tabella 28, menzionata nella nota a piè di pagina n. 405 della prima decisione, si deve constatare che essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e per la Lucchini/Siderpotenza anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1998 dei quali [era] in possesso la Commissione». Detta tabella è citata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione contenuta al punto 241 della prima decisione, che enuncia quanto segue:

«L’11 settembre 1998 il Dott. Pierluigi Leali ha inviato una comunicazione (…) nella quale, facendo riferimento all’intenzione espressa (in un incontro avvenuto il 9 settembre 1998) di mantenere la quotazione minima, a ITL “170 [base di partenza]”???, si rilevavano “comportamenti anomali, ovvero quotazioni mediamente inferiori [di ITL] 5/Kg al livello stabilito, che in alcune zone del sud diventavano ancora maggiori”. “Per parte nostra – scriveva il Dott. Pierluigi Leali – il livello minimo concertato viene mantenuto con conseguente riduzione del flusso di ordini”. “Ci auguriamo – terminava la comunicazione – che nell’incontro tra i responsabili commerciali di martedì 15 c.m. venga riscontrata una sostanziale tenuta dei prezzi, valida per un eventuale recupero della quotazione».

86      Risulta, pertanto, dalla stessa formulazione di tale punto che la Commissione si è limitata a riprodurre il contenuto della comunicazione dell’11 settembre 1998 ivi menzionato. La tabella 28 appare dunque priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al punto 241 della prima decisione.

87      In ottavo luogo, riguardo alle tabelle 29 e 30, citate nella nota a piè di pagina n. 448 della prima decisione, si deve constatare che esse riproducono, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini/Siderpotenza, anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1999 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno dell’affermazione contenuta al punto 276 della prima decisione, che è così formulato:

«Ulteriori informazioni, sulla situazione del mercato del tondo per cemento armato in Italia in questo periodo, sono contenute in un documento redatto dalla Leali il 10 novembre 1999, e in particolare nella sezione intitolata “Benefici e limiti dell’accordo commerciale anno 1999” in cui si legge: “L’accordo base raggiunto tra i produttori nazionali ha consentito, durante i1 1999, di invertire la situazione di debolezza dei prezzi che aveva caratterizzato i due precedenti esercizi 1997 e 1998 e di recuperare oltre 50 ITL/Kg di margine lordo. Durante l’anno 1998 il margine lordo medio (prezzo di vendita – costo materie prime) era risultato di ITL/Kg 70, e per ben 5 mesi era sceso al di sotto di tale soglia”. (…) “L’accordo raggiunto ha consentito di stabilizzare i prezzi di vendita in corso di anno, ed i produttori hanno potuto beneficiare della situazione dei costi della materia prima, incrementando il margine lordo di oltre 50 ITL il Kg, portandolo a ITL/Kg 122 nette».

88      Risulta pertanto dalla formulazione del punto 276 della prima decisione che la Commissione si è limitata a riprodurre il contenuto della comunicazione del 10 novembre 1999 ivi menzionato. La mancanza delle tabelle 29 e 30 è quindi priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al punto 276 della prima decisione.

89      In nono luogo, la tabella 13, menzionata al punto 451 della prima decisione, è citata a sostegno dell’affermazione secondo cui «[p]er quel che riguarda il 1997, occorre constatare che esso è stato caratterizzato, nel suo primo semestre, da un aumento costante del prezzo base fissato dall’intesa anticoncorrenziale: ITL/Kg 190, fissato nella riunione del 30 gennaio; ITL/Kg 210, fissato nella riunione del 14 febbraio; ITL/Kg 250, fissato nella riunione del 10 luglio (punto 200)» e secondo cui «[n]ello stesso periodo, il prezzo base medio di mercato è anch’esso costantemente aumentato, passando dalle 170 ITL/Kg di gennaio alle 240 ITL/Kg di luglio (Tabella n. 13, in allegato); a settembre dello stesso anno, il prezzo base medio di mercato è ulteriormente aumentato, raggiungendo le 290 ITL/Kg (Tabella n. 13, in allegato)». Occorre pertanto constatare che la Commissione ha espressamente indicato, nel suddetto punto, gli aumenti del prezzo base relativi all’anno 1997, con la conseguenza che la suddetta tabella non risulta indispensabile ai fini della comprensione del ragionamento della Commissione.

90      In decimo luogo, occorre rilevare che, al punto 496 della prima decisione (nota a piè di pagina n. 563 della prima decisione), la Commissione si è riferita, in modo globale, alle «tabelle allegate alla presente decisione», al fine di avvalorare l’affermazione secondo cui «[d]alle informazioni (…) risulta[va] che tutte le imprese coinvolte nel presente procedimento [avevano] pubblicato listini prezzi base nel periodo in esame». Occorre tuttavia sottolineare che il punto 496 della prima decisione rinvia altresì ai punti da 419 a 433 di quest’ultima, i quali «elencano tutte le occasioni documentate in cui il prezzo base è stato oggetto di discussione tra le imprese (ivi compresa l’associazione)». A tal riguardo, la Commissione ha precisato che «[t]ra esse alcune [erano] già state menzionate quando si [era] parlato di concorso di volontà (si vedano i punti (473)-(475))», che «[p]er le altre occasioni, tra il 1993 e il 2000, si [doveva] ricorrere alla nozione di concertazione» e che «[l]’oggetto di questa concertazione era influire sul comportamento dei produttori sul mercato e rendere manifesto il comportamento che ciascuno di loro si proponeva di tenere sul mercato, in pratica, sulla determinazione del prezzo base». L’insieme delle tabelle allegate alla prima decisione non appare dunque indispensabile ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione.

91      In undicesimo luogo, riguardo ai riferimenti alle tabelle da 1 a 3, 9, da 11 a 14 e 16 operati ai punti 513, 515, 516 e 518 della prima decisione, occorre sottolineare che i suddetti punti si inseriscono nella parte della prima decisione relativa agli effetti sul mercato delle pratiche restrittive e che dall’analisi del loro contenuto risulta che le tabelle ivi menzionate o si limitano a riprendere le cifre citate in tali punti, oppure non sono indispensabili ai fini della comprensione del ragionamento della Commissione riguardo agli effetti dell’intesa.

92      Alla luce delle considerazioni che precedono, non si può ritenere che l’assenza delle tabelle allegate alla prima decisione citate al punto 69 supra abbia impedito alle ricorrenti di comprendere gli addebiti contenuti nella prima decisione.

93      Sotto un secondo profilo, le ricorrenti sostengono che, vista l’assenza delle tabelle citate, è lecito considerare che il collegio dei commissari sia stato chiamato a pronunciarsi senza una piena cognizione di causa degli elementi su cui era fondata la misura, di modo che la prima decisione dovrebbe essere annullata.

94      Occorre considerare che l’assenza, in allegato alla prima decisione, delle tabelle menzionate al punto 69, supra, può comportare l’illegittimità di quest’ultima solo qualora una simile assenza non abbia consentito al collegio dei commissari di sanzionare la condotta citata all’articolo 1 della prima decisione con piena cognizione di causa, vale a dire senza essere stato indotto in errore su un punto essenziale da inesattezze o omissioni (v., per analogia, sentenze del Tribunale del 10 luglio 1991, RTE/Commissione, T‑69/89, Racc. pag. II‑485, punti da 23 a 25; del 27 novembre 1997, Kaysersberg/Commissione, T‑290/94, Racc. pag. II‑2137, punto 88; del 15 marzo 2000, Cimenteries CBR e a./Commissione, T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Racc. pag. II‑491, punto 742). [V. altresì sentenza del Tribunale del 17 febbraio 2011, Zhejiang Xinshiji Foods e Hubei Xinshiji Foods/Consiglio, T‑122/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 104 e 105].

95      Atteso che, indipendentemente dall’assenza delle tabelle citate, gli elementi su cui si basa la prima decisione sono sufficientemente riportati nel testo stesso di quest’ultima (v. punti da 61 a 92, supra), non si può affermare che il collegio dei commissari non aveva, al momento dell’adozione della prima decisione, una piena cognizione di causa degli elementi su cui si basava la misura. Una siffatta omissione, quindi, non è tale da aver viziato l’iter di adozione della prima decisione e da mettere pertanto in discussione la legittimità di quest’ultima.

96      Pertanto, la censura delle ricorrenti non può essere accolta. Il primo motivo deve dunque essere respinto.

 Sul motivo vertente sull’incompetenza della Commissione, su un errore di diritto quanto alla base giuridica dell’infrazione e dell’ammenda, su un eccesso di potere e su uno sviamento della procedura (secondo e quarto motivo nella causa T‑489/09 nonché secondo motivo nella causa T‑490/09)

97      Occorre esaminare congiuntamente il secondo motivo nelle cause T‑489/09 e T‑490/09, attinente all’incompetenza della Commissione e ad un errore di diritto quanto alla base giuridica dell’infrazione e dell’ammenda, e il quarto motivo nella causa T‑489/09 attinente ad un eccesso di potere e ad uno sviamento della procedura, i quali sollevano sostanzialmente la questione della competenza della Commissione ad adottare la prima decisione.

98      Le ricorrenti fanno valere, nel secondo motivo di ricorso, che la prima decisione deve essere annullata, in quanto con essa la Commissione avrebbe irrogato un’ammenda senza fondamento giuridico, ciò che contrasterebbe tanto con il principio di legalità dei delitti e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege), quanto con l’architettura istituzionale su cui poggerebbero i trattati e in forza della quale la Commissione avrebbe poteri autonomi solamente nel contesto preciso delle competenze che le sono state attribuite. Il Trattato CECA sarebbe scaduto il 23 luglio 2002 e la Commissione avrebbe pertanto perso la sua competenza non solo ad imporre sanzioni in virtù dell’articolo 65 CA, ma anche ad accertare violazioni della stessa norma, ormai non più in vigore.

99      Innanzitutto, conformemente al principio di legalità dei delitti nessuno potrebbe essere punito per un atto che non costituisce più un illecito al momento in cui interviene il giudizio. Infatti, tale principio comporterebbe che potrebbe essere sanzionato soltanto un atto che costituiva un illecito non solo al momento della sua commissione, ma anche al momento della sua formale sanzione. La Commissione, quindi, non avrebbe potuto sanzionare le ricorrenti sulla base dell’articolo 65 CA.

100    In forza del principio della legalità delle pene e, secondo la ricorrente nella causa T‑490/09, in forza del principio di attribuzione delle competenze sancito all’articolo 5, primo comma, CE, poi, la Commissione non potrebbe fondare l’irrogazione di ammende in base all’applicazione «asimmetrica» dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 65 CA, poiché quest’ultima disposizione non è menzionata nel suddetto regolamento.

101    Infine, la legittimità degli atti dell’Unione dovrebbe essere valutata alla luce del diritto internazionale, e segnatamente dell’articolo 70 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969, in forza della quale, dopo essersi estinta, una convenzione tra Stati non può più fondare alcun obbligo per chi vi era parte o vi era sottoposto, o ancora, competenza per i suoi organi. Pertanto, la Commissione avrebbe potuto applicare retroattivamente l’articolo 65 CA solo in presenza di una disposizione transitoria sulle norme in materia di concorrenza del Trattato CECA, la quale manca. Contrariamente a quanto sosterrebbe la Commissione, i Trattati CE e CECA costituirebbero ordinamenti giuridici distinti.

102    Peraltro, la Commissione non potrebbe fondarsi sul «principio giuridico generale della gerarchia delle norme dalla lex generalis alla lex specialis», né sulla comunicazione del 18 giugno 2002.

103    Nel suo quarto motivo di ricorso, la ricorrente nella causa T‑489/09 sostiene che il procedimento che ha portato all’adozione della prima decisione è stato condotto prima sulla base del regolamento n. 17, successivamente del regolamento n. 1/2003. Tuttavia, tali regolamenti non disciplinerebbero in alcun modo l’ipotesi di una continuazione di un procedimento fondato sul Trattato CECA nell’ambito di un procedimento fondato sul Trattato CE, né permetterebbero l’adozione di una decisione basata su infrazioni al Trattato CECA, non contemplate dai regolamenti medesimi. In assenza di qualsiasi norma giuridica a tal fine, la continuazione del procedimento, come l’utilizzazione nell’ambito di un procedimento fondato sul Trattato CE di documenti acquisiti sulla base delle disposizioni del Trattato CECA costituirebbero un eccesso di potere ed uno sviamento di procedura.

 – Sulla scelta della base giuridica della prima decisione

104    Va ricordato che i trattati comunitari hanno instaurato un ordinamento giuridico di nuovo genere, a favore del quale gli Stati hanno limitato, in settori sempre più ampi, i loro poteri sovrani e che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini (v., in tal senso, sentenze della Corte del 5 febbraio 1963, van Gend & Loos, 26/62, Racc. pag. 3, e del 15 luglio 1964, Costa, 6/64, Racc. pagg. 1141, 1144; parere della Corte 1/91, del 14 dicembre 1991, Racc. pag. I‑6079, punto 21; sentenze del Tribunale SP e a./Commissione, cit. al punto 21 supra, punto 70, e del 1° luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione, T‑24/07, Racc. pag. II‑2309, punto 63).

105    In tale ordinamento giuridico le istituzioni dispongono soltanto di competenze di attribuzione. Per questo motivo nel preambolo degli atti comunitari viene indicata la base giuridica che abilita l’istituzione di cui trattasi ad agire nel settore considerato. La scelta della base giuridica appropriata riveste, infatti, un’importanza di natura costituzionale (v. sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 21 supra, punto 71, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 64, e la giurisprudenza ivi citata).

106    Nel caso di specie, va constatato che il preambolo della prima decisione contiene riferimenti a disposizioni del Trattato CECA, ossia gli articoli 36 CA, 47 CA e 65 CA, ma anche la menzione del Trattato CE, del regolamento n. 17, in particolare del suo articolo 11, del regolamento n. 1/2003, ossia del suo articolo 7, paragrafo 1, del suo articolo 18 e del suo articolo 23, paragrafo 2, e quella del regolamento (CE) n. 2842/98 della Commissione, del 22 dicembre 1998, relativo alle audizioni in taluni procedimenti a norma dell’articolo [81 CE] e dell’articolo [82 CE] (GU L 354, pag. 18).

107    Si deve inoltre rilevare che, nella motivazione della prima decisione, la Commissione ha indicato, al punto 1, che «[l]a presente decisione constata un’infrazione dell’articolo 65, paragrafo 1 [CA] ed è adottata sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1/2003». Al punto 3 della prima decisione, la Commissione ha aggiunto che «[c]on la presente decisione, [… essa] irroga[va] ammende alle imprese destinatarie della stessa, sulla base dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003».

108    Al punto 350 della prima decisione, la Commissione ha quindi affermato di ritenere che «l’articolo 7, paragrafo 1 e l’articolo 23, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003 rappresenta[vano] le basi giuridiche appropriate che l’autorizza[vano] ad adottare la presente decisione» e che «[s]ulla base dell’articolo 7, paragrafo l, [essa …] constata[va] un’infrazione dell’articolo 65, paragrafo l [CA] e obbliga[va] le destinatarie della presente decisione a porvi fine, mentre sulla base dell’articolo 23, paragrafo 2 infligge[va] loro ammende» (v. anche il punto 361 della prima decisione).

109    In tale contesto, si deve ritenere che la prima decisione, con cui la Commissione ha accertato un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA ed inflitto alle ricorrenti un’ammenda, ha la sua base giuridica nell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 per l’accertamento dell’infrazione e nell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, per l’imposizione dell’ammenda.

–       Sulla competenza della Commissione a constatare e a sanzionare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, sulla base del regolamento n. 1/2003

110    In primo luogo, occorre ricordare che la disposizione che costituisce la base giuridica di un atto e legittima l’istituzione dell’Unione ad adottare l’atto medesimo dev’essere in vigore al momento dell’adozione di quest’ultimo (sentenze della Corte del 4 aprile 2000, Commissione/Consiglio, C‑269/97, Racc. pag. I‑2257, punto 45; del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, Racc. pag. I‑2239, punto 75, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C‑352/09 P, Racc. pag. I‑2359, punto 88; sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 21 supra, punto 118, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 74), ciò che incontestabilmente vale per l’articolo 7, paragrafo 1, e per l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, che costituiscono la base giuridica della prima decisione.

111    In secondo luogo, si deve sottolineare, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, che i trattati comunitari hanno istituito un ordinamento giuridico unico, nel cui contesto, come emerge dall’articolo 305, paragrafo 1, CE, il Trattato CECA costituiva un regime specifico, che derogava alle norme di carattere generale fissate dal Trattato CE (v. sentenze del Tribunale del 31 marzo 2009, ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, T‑405/06, Racc. pag. II‑771, punto 57, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 75, e la giurisprudenza ivi citata).

112    Contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, il Trattato CECA costituiva quindi, ai sensi dell’articolo 305, paragrafo 1, CE, una lex specialis che derogava alla lex generalis rappresentata dal Trattato CE (sentenza della Corte del 24 ottobre 1985, Gerlach, 239/84, Racc. pag. 3507, punti da 9 a 11; parere della Corte 1/94, del 15 novembre 1994, Racc. pag. I‑5267, punti da 25 a 27; sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 21 supra, punto 111, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 76, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punti 70 e 73).

113    Ne consegue che, per quel che riguarda il funzionamento del mercato comune, le norme del Trattato CECA e tutte le disposizioni adottate per la sua attuazione sono rimaste in vigore, nonostante l’entrata in vigore del Trattato CE (sentenze della Corte Gerlach, cit. al punto 112 supra, punto 9, e del 24 settembre 2002, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, C‑74/00 P e C‑75/00 P, Racc. pag. I‑7869, punto 100; sentenza ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 77, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punti 70 e 73).

114    Nondimeno, nei limiti in cui determinate questioni non fossero disciplinate dal Trattato CECA o da una regolamentazione adottata in forza di esso, il Trattato CE e le disposizioni emanate per la sua attuazione potevano essere applicati a prodotti rientranti nell’ambito del Trattato CECA già prima della scadenza del relativo trattato (sentenze della Corte del 15 dicembre 1987, Deutsche Babcock, 328/85, Racc. pag. 5119, punto 10, e Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, cit. al punto 113 supra, punto 100; sentenze del Tribunale del 25 ottobre 2007, Ferriere Nord/Commissione, T‑94/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 83, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 78, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punti 70 e 73).

115    In forza del suo articolo 97, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002. Di conseguenza, il 24 luglio 2002 l’ambito di applicazione del regime generale istituito dal Trattato CE si è esteso ai settori che erano inizialmente disciplinati dal Trattato CECA (sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, punto 58, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 79, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 110 supra, punti 59 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punti 70 e 73).

116    Se è pur vero che il passaggio dal quadro normativo del Trattato CECA a quello del Trattato CE ha comportato, a partire dal 24 luglio 2002, una modifica delle basi giuridiche, delle procedure e delle norme sostanziali applicabili, quest’ultima si inserisce tuttavia nel contesto dell’unità e della continuità dell’ordinamento giuridico comunitario e dei suoi obiettivi (sentenze del Tribunale del 12 settembre 2007, González y Díez/Commissione, T‑25/04, Racc. pag. II‑3121, punto 55; ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, punto 59, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 80, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 110 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punti 71 e 73).

117    A questo proposito va rilevato che l’istituzione e il mantenimento di un regime di libera concorrenza, nel cui ambito siano garantite le normali condizioni di concorrenza, e che è in particolare all’origine delle norme in materia di aiuti di Stato e di intese tra imprese, costituiscono uno degli obiettivi essenziali sia del Trattato CE che del Trattato CECA (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, punto 60, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 81, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 110 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punti 71 e 73).

118    In questo contesto, per quanto le norme dei Trattati CECA e CE che disciplinano la materia delle intese divergano in una certa misura, occorre sottolineare che le nozioni di accordo e di pratica concordata sotto la vigenza dell’articolo 65, paragrafo 1, CA corrispondono a quelle di accordo e di pratiche concordate ai sensi dell’articolo 81 CE e che entrambe tali disposizioni vengono interpretate allo stesso modo dal giudice dell’Unione. Pertanto, il perseguimento dell’obiettivo di una concorrenza non falsata nei settori inizialmente rientranti nel mercato comune del carbone e dell’acciaio non subisce interruzione a seguito della scadenza del Trattato CECA, poiché questo obiettivo è parimenti perseguito nell’ambito del Trattato CE e dalla medesima istituzione, la Commissione, autorità amministrativa incaricata dell’attuazione e dello sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse generale della Comunità europea (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, punto 61, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 82, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 110 supra, punti 61 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punti 71 e 73).

119    La continuità dell’ordinamento giuridico comunitario e degli obiettivi che presiedono al suo funzionamento richiede, pertanto, che la Comunità, in quanto subentrata alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio, e nel suo proprio quadro procedurale, assicuri, nei riguardi delle situazioni sorte sotto la vigenza del Trattato CECA, il rispetto dei diritti e degli obblighi che a suo tempo si imponevano sia agli Stati membri, sia pure ai singoli, in forza del Trattato CECA e delle norme adottate per la sua applicazione. Tale esigenza si afferma a maggior ragione in quanto la distorsione della concorrenza risultante dal mancato rispetto delle norme in materia di intese può estendere i propri effetti nel tempo successivamente alla scadenza del Trattato CECA, sotto la vigenza del Trattato CE (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, punto 63, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 83, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 110 supra, punti 62 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punti 72 e 73).

120    La Corte ha altresì ricordato che la successione dei Trattati CECA, CE e FUE assicurava, al fine di garantire la libera concorrenza, che qualsiasi comportamento corrispondente alla fattispecie contemplata dall’articolo 65, paragrafo 1, CA, indipendentemente dal fatto che si fosse verificato prima o dopo il 23 luglio 2002, potesse essere sanzionato dalla Commissione e possa continuare ad esserlo (sentenze ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punti da 65 a 67 e 77, e ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 110 supra, punti da 55 a 57 e 65).

121    Inoltre, dalla giurisprudenza emerge, da un lato, che, conformemente ad un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le cui origini risalgono al diritto romano, qualora venga mutata la legge ed il legislatore non esprima una volontà contraria, è opportuno assicurare la continuità degli istituti giuridici e, dall’altro, che tale principio si applica alle modifiche del diritto primario dell’Unione (sentenze della Corte del 25 febbraio 1969, Klomp, 23/68, Racc. pag. 43, punto 13, e ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 110 supra, punto 63).

122    Orbene, non sussiste alcun indizio del fatto che il legislatore dell’Unione abbia inteso sottrarre i comportamenti collusivi vietati sotto la vigenza del Trattato CECA all’applicazione di qualsivoglia sanzione successivamente alla scadenza di quest’ultimo (sentenza ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 110 supra, punto 74).

123    Infatti, da un lato, la Corte ha rilevato che il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri avevano affermato di essere disposti ad adottare tutte le misure necessarie per far fronte alle conseguenze derivanti dalla scadenza del suddetto Trattato. Dall’altro, la Corte ha sottolineato che la Commissione aveva precisato di dover sottoporre proposte di disposizioni transitorie solamente nel caso in cui tale passo fosse stato ritenuto necessario e che, alla luce dei principi generali di diritto applicabili, essa riteneva che nel settore del diritto delle intese non sussistesse una siffatta necessità (sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punto 75).

124    Ne consegue che le ricorrenti non possono trarre alcun valido argomento dall’assenza di disposizioni transitorie in materia (v., in tal senso, sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punto 76).

125    Da quanto precede risulta che, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il regolamento n. 1/2003 e, più in particolare, il suo articolo 7, paragrafo 1, e il suo articolo 23, paragrafo 2, devono essere interpretati nel senso che essi consentono alla Commissione di constatare e di sanzionare, successivamente al 23 luglio 2002, le intese realizzate nei settori ricompresi nell’ambito di applicazione del Trattato CECA ratione materiae e ratione temporis, e questo benché le citate disposizioni di detto regolamento non menzionino espressamente l’articolo 65 CA (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, punto 64, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 84, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 110 supra, punto 74, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punti 72, 73 e 87).

126    A tal riguardo, va considerato che l’argomentazione delle ricorrenti relativa alla comunicazione del 18 giugno 2002, che non sarebbe stata idonea a fondare la competenza della Commissione ad applicare l’articolo 65 CA, è inoperante in quanto la competenza della Commissione non si fonda, nel caso di specie, sulla suddetta comunicazione, bensì sui citati articoli del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenza ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 71). Vanno altresì respinti, inoltre, gli argomenti formulati dalla ricorrente nella causa T‑489/09 e diretti a dimostrare che la «continuazione automatica ed informale (…) di una procedura C[EC]A in un procedimento CE» costituirebbe un eccesso di potere ed uno sviamento di procedura.

127    Si deve, inoltre, rilevare che l’applicazione, in seno all’ordinamento giuridico dell’Unione, delle norme del Trattato CE in un settore inizialmente regolato dal Trattato CECA deve avvenire nel rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo. A questo proposito, secondo costante giurisprudenza, benché le norme di procedura si ritengano generalmente applicabili a tutte le controversie pendenti al momento in cui entrano in vigore, altrettanto non vale per le norme sostanziali. Infatti, queste ultime devono essere interpretate, onde garantire il rispetto dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, nel senso che non riguardano situazioni maturate anteriormente alla loro entrata in vigore a meno che non emerga chiaramente dai loro termini, dalle loro finalità o dalla loro economia che si deve attribuire loro questo effetto (sentenze della Corte del 12 novembre 1981, Meridionale Industria Salumi e a., da 212/80 a 217/80, Racc. pag. 2735, punto 9, e del 10 febbraio 1982, Bout, 21/81, Racc. pag. 381, punto 13; sentenze del Tribunale del 19 febbraio 1998, Eyckeler & Malt/Commissione, T‑42/96, Racc. pag. II‑401, punto 55; ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, punto 65, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 85, confermata a seguito di impugnazione con sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punto 79).

128    In questa ottica, per quanto riguarda la questione delle disposizioni sostanziali applicabili ad una situazione giuridica definitivamente maturata anteriormente alla scadenza del Trattato CECA, la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione e i dettami dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento impongono l’applicazione delle disposizioni sostanziali adottate in applicazione del Trattato CECA ai fatti rientranti nel loro ambito di applicazione ratione materiae e ratione temporis. La circostanza che, a causa della scadenza del Trattato CECA, il quadro normativo di cui trattasi non sia più in vigore al momento in cui viene compiuta la valutazione della situazione di fatto, non modifica tale considerazione perché tale valutazione verte su una situazione giuridica definitivamente maturata in un’epoca in cui erano applicabili le disposizioni sostanziali adottate ai sensi del Trattato CECA (sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, punto 66, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 86, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punto 79; v. inoltre, nello stesso senso, sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 114 supra, punto 96).

129    Nel caso in esame, per quanto riguarda le norme di merito, si deve osservare che la prima decisione riguarda una situazione giuridica definitivamente maturata anteriormente alla scadenza del Trattato CECA, il 23 luglio 2002, e che il periodo dell’infrazione è compreso tra il 6 dicembre 1989 e il 4 luglio 2000 (v. punto 35 supra). Mancando qualsiasi efficacia retroattiva al diritto sostanziale della concorrenza applicabile dal 24 luglio 2002, si deve rilevare che l’articolo 65, paragrafo 1, CA costituisce la norma sostanziale applicabile, e di fatto applicata, dalla Commissione nella prima decisione, fermo restando che proprio dalla natura di lex generalis del Trattato CE rispetto al Trattato CECA, sancita dall’articolo 305 CE, risulta che il regime specifico istituito dal Trattato CECA e dalle norme adottate per la sua applicazione è, in forza del principio lex specialis derogat legi generali, l’unico applicabile alle situazioni maturate prima del 24 luglio 2002 (v., in tal senso, sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, punto 68, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 89, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 110 supra, punto 77, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punto 79).

130    Pertanto, le ricorrenti non possono sostenere che, conformemente al principio della legalità dei reati e delle pene, potrebbe essere sanzionato soltanto un atto che costituiva un illecito non solo al momento della sua commissione, ma anche al momento della sua formale sanzione. Esse non possono neanche affermare che la Commissione avrebbe potuto eventualmente sanzionare le imprese in questione in applicazione dell’articolo 81 CE, dopo aver dimostrato che erano soddisfatte, in fatto e in diritto, le condizioni di applicazione di tale disposizione.

131    Peraltro, la Corte ha ricordato che il principio della legalità dei reati e delle pene, quale sancito, segnatamente, all’articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, esigeva che una normativa dell’Unione definisse chiaramente le infrazioni e le sanzioni (v. sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punto 80, e la giurisprudenza ivi citata).

132    Considerato che i Trattati definivano chiaramente, già prima della data dei fatti, le infrazioni nonché la natura e l’entità delle sanzioni che potevano essere inflitte a tal titolo, i suddetti principi non sono volti a garantire alle imprese che successive modifiche delle basi giuridiche e delle disposizioni procedurali assicurino loro di sfuggire a qualsivoglia sanzione relativa ai loro comportamenti illeciti tenuti in passato (sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 110 supra, punto 70, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punto 83).

133    Si deve rilevare che un’impresa diligente, nella situazione delle ricorrenti, non poteva in alcun momento ignorare le conseguenze del proprio comportamento, né fare affidamento sul fatto che il passaggio dal contesto normativo del Trattato CECA a quello del Trattato CE avrebbe prodotto la conseguenza di sottrarla a qualsiasi sanzione per le infrazioni all’articolo 65 CA commesse in passato (sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 110 supra, punto 73, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punto 86 e la giurisprudenza ivi citata).

134    Peraltro, la prima decisione è stata adottata sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, a seguito di un procedimento esperito conformemente al regolamento n. 17 ed al regolamento n. 1/2003. Le disposizioni relative alla base giuridica e al procedimento seguito fino all’adozione della prima decisione rientrano nelle norme di procedura ai sensi della giurisprudenza di cui al precedente punto 127. Dato che la prima decisione è stata adottata dopo la scadenza del Trattato CECA, correttamente la Commissione ha applicato disposizioni contenute nel regolamento n. 1/2003 (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, punto 67, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 87, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 110 supra, punti 74 e 77, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punto 90).

135    Ne consegue che i presenti motivi devono essere respinti senza che sia necessario accogliere la domanda di misure di organizzazione del procedimento e di mezzi istruttori presentata dalla ricorrente nella causa T‑490/09.

 Sul motivo vertente sul difetto di «legittimazione passiva» della ricorrente nella causa T‑489/09 (terzo motivo nella causa T‑489/09)

136    La ricorrente nella causa T‑489/09 sostiene che, nella prima decisione, la Commissione ha omesso di considerare che prima della sua costituzione essa era priva di «legittimazione passiva». La motivazione riportata ai punti 535 e seguenti della prima decisione, a tal riguardo, sarebbe «palesemente erronea ed illogica».

137    A giudizio della ricorrente nella causa T‑489/09, la Commissione ha considerato a torto che le AFLL ed essa stessa, nate dalla scissione delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi, costituissero un’impresa unica, poiché nessuna delle due imprese avrebbe controllato l’altra. La ricorrente nella causa T‑489/09 non avrebbe ripreso la totalità delle attività delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi, poiché le AFLL avrebbero conservato e poi smantellato più del 50% degli impianti, e non potrebbe essere considerata l’avente causa di tale società.

138    In una simile ipotesi, a norma dell’articolo 2504 decies del codice civile italiano, ciascuna società sarebbe solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto trasferito o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società che ne è debitrice. Inoltre, se la finalità della giurisprudenza del giudice dell’Unione, secondo la quale dev’essere accertata una continuità tra i soggetti sotto il profilo giuridico, caratterizzata da una comunanza di risorse materiali ed umane, era quella di evitare che gli autori di violazioni sfuggano alla sanzione, sarebbe evidente che l’applicazione di tale principio presuppone l’accertamento concreto dell’intento fraudolento. Orbene, nella presente fattispecie, la scissione intervenuta nel 1998 non sarebbe stata manifestamente caratterizzata da un intento del genere.

139    La ricorrente nella causa T‑489/09 sostiene altresì che, nell’ipotesi in cui il Tribunale dovesse ravvisare la sussistenza di una continuità tra le imprese e venisse confermata la prima decisione, la sua solidarietà passiva con le AFLL dovrebbe essere circoscritta ai rapporti e alle attività cui è succeduta a quest’ultima e non riguardare il complesso delle attività delle AFLL.

140    In via preliminare, occorre considerare che l’argomento relativo all’articolo 2504 decies del codice civile italiano è privo di rilevanza nel caso di specie, in quanto, come rilevato giustamente dalla Commissione, il diritto della concorrenza dell’Unione non può dipendere, senza rimettere in causa l’applicazione uniforme dei suoi principi, dalle norme del diritto nazionale (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Rozès relative alla sentenza della Corte del 28 marzo 1984, Compagnie royale asturienne des mines e Rheinzink/Commissione, 29/83 e 30/83, Racc. pag. 1679, 1718).

141    Giova ricordare che il diritto della concorrenza dell’Unione riguarda le attività delle imprese e che la nozione di impresa abbraccia qualsiasi soggetto che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico del soggetto stesso e dalle sue modalità di finanziamento (sentenze della Corte dell’11 dicembre 2007, ETI e a., C‑280/06, Racc. pag. I‑10893, punto 38; del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, Racc. pag. I‑8237, punti 54 e 55, e Elf Aquitaine/Commissione, cit. al punto 67 supra, punto 53).

142    Il giudice dell’Unione ha parimenti precisato che la nozione di impresa, nell’ambito di tale contesto, doveva essere intesa nel senso che essa si riferisce ad un’unità economica anche qualora, sotto il profilo giuridico, tale unità economica sia costituita da più persone, fisiche o giuridiche (sentenze della Corte del 14 dicembre 2006, Confederación Española de Empresarios de Estaciones de Servicio, C‑217/05, Racc. pag. I‑11987, punto 40, e Elf Aquitaine/Commissione, cit. al punto 67 supra, punto 53).

143    Esso ha dunque sottolineato che, ai fini dell’applicazione delle norme sulla concorrenza, la formale separazione tra due società, conseguente alla loro personalità giuridica distinta, non era decisiva, mentre è decisiva l’unità o meno del loro comportamento sul mercato. Può quindi risultare necessario accertare se due società aventi personalità giuridiche distinte formino ovvero appartengano ad una sola ed unica impresa o soggetto economico che attui un comportamento unitario sul mercato (sentenza della Corte del 14 luglio 1972, Imperial Chemical Industries/Commissione, 48/69, Racc. pag. 619, punto 140, e sentenza del Tribunale del 15 settembre 2005, DaimlerChrysler/Commissione, T‑325/01, Racc. pag. II‑3319, punto 85).

144    Qualora un tale soggetto economico violi le norme sulla concorrenza, esso è tenuto, secondo il principio della responsabilità personale, a rispondere di tale infrazione (v. sentenze ETI e a., cit. al punto 141 supra, punto 39; Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 141 supra, punto 56, e Elf Aquitaine/Commissione, cit. al punto 67 supra, punto 53, e la giurisprudenza ivi citata).

145    Pertanto, secondo una giurisprudenza costante, in via di principio, la responsabilità per l’infrazione incombe alla persona fisica o giuridica che dirigeva l’impresa interessata al momento in cui l’infrazione è stata commessa, pur se, alla data di adozione della decisione che ha constatato l’infrazione, la gestione dell’impresa non era più posta sotto la sua responsabilità (sentenze della Corte del 16 novembre 2000, KNP BT/Commissione, C‑248/98 P, Racc. pag. I‑9641, punto 71; Cascades/Commissione, C‑279/98 P, Racc. pag. I‑9693, punto 78; Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, C‑286/98 P, Racc. pag. I‑9925, punto 37, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punto 143).

146    Quanto alla questione dell’individuazione delle circostanze in presenza delle quali un soggetto, che non sia l’autore dell’infrazione, possa nondimeno essere sanzionato per quest’ultima, occorre constatare che rientra in un caso del genere la situazione in cui il soggetto che ha commesso l’infrazione abbia cessato di esistere giuridicamente o economicamente. A tal riguardo, va considerato che una sanzione inflitta a un’impresa che continua a esistere giuridicamente ma non svolge più attività economiche, rischia di essere priva di efficacia dissuasiva (sentenza ETI e a., cit. al punto 141 supra, punto 40, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 110 supra, punto 143).

147    Occorre poi rilevare che, qualora non fosse prevista nessun’altra possibilità di imposizione della sanzione ad un soggetto diverso da quello che ha commesso l’infrazione, alcune imprese potrebbero sfuggire alle sanzioni per il semplice fatto che la loro identità è stata modificata a seguito di ristrutturazioni, cessioni o altre modifiche di natura giuridica o organizzativa. Lo scopo di reprimere i comportamenti contrari alle norme sulla concorrenza e di prevenirne il ripetersi mediante sanzioni dissuasive sarebbe così compromesso (v. sentenza ETI e a., cit. al punto 141 supra, punto 41, e la giurisprudenza ivi citata).

148    Pertanto, da un lato, qualora, tra il momento in cui viene commessa l’infrazione e il momento in cui l’impresa deve risponderne, la persona responsabile della gestione di tale impresa abbia cessato di esistere giuridicamente, occorre dapprima localizzare l’insieme degli elementi materiali ed umani che hanno concorso alla commissione dell’infrazione per poi identificare la persona che è divenuta responsabile della gestione di detto insieme, allo scopo di evitare che, a seguito della scomparsa della persona che era responsabile della sua gestione al momento in cui è stata commessa l’infrazione, l’impresa possa non rispondere di quest’ultima (sentenza del Tribunale del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Racc. pag. II‑931, punto 953; v. altresì, in tal senso, sentenza della Corte del 16 novembre 2000, SCA Holding/Commissione, C‑297/98 P, Racc. pag. I‑10101, punto 27).

149    Dall’altro, in caso di trasferimento della totalità o di parte delle attività economiche da un’entità giuridica a un’altra, la responsabilità dell’infrazione commessa dal gestore iniziale, nell’ambito delle attività in questione, è imputabile al nuovo gestore se esso costituisce con il primo un medesimo soggetto economico ai fini dell’applicazione delle norme in materia di concorrenza, anche se il gestore iniziale esiste ancora in quanto soggetto giuridico (v., in tal senso, sentenze della Corte del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punti da 354 a 359; del Tribunale del 27 settembre 2006, Jungbunzlauer/Commissione, T‑43/02, Racc. pag. II‑3435, punti da 131 a 133, e ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, punto 109).

150    Una tale configurazione della sanzione è ammissibile segnatamente qualora tali soggetti siano stati sotto il controllo della stessa persona e, considerati gli stretti legami che li uniscono sul piano economico e organizzativo, abbiano applicato in sostanza le stesse direttive commerciali. Ciò vale in particolare per i casi di ristrutturazione nell’ambito di un gruppo di imprese, qualora il gestore iniziale non cessi necessariamente di esistere giuridicamente, ma non svolga più alcuna attività economica significativa sul mercato di cui trattasi. Qualora, infatti, tra il gestore iniziale e il nuovo gestore dell’impresa coinvolta nell’intesa sussista un nesso strutturale, gli interessati possono sottrarsi alla loro responsabilità in materia di concorrenza grazie alle possibilità di riconfigurazioni giuridiche loro consentite, a prescindere dal fatto che ciò sia avvenuto intenzionalmente o no (v. sentenza ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, punto 110, e la giurisprudenza ivi citata).

151    Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nella causa T‑489/09, una siffatta configurazione non richiede la prova di un intento fraudolento. Come emerge dalla giurisprudenza, qualora tra il gestore iniziale e il nuovo gestore dell’impresa coinvolta nell’intesa sussista un nesso strutturale, gli interessati possono sottrarsi alla loro responsabilità in materia di concorrenza grazie alle possibilità di riconfigurazioni giuridiche loro consentite, a prescindere dal fatto che ciò sia avvenuto intenzionalmente o no. In tal modo, a titolo di esempio, il gestore iniziale potrebbe, a seguito di una ristrutturazione interna del gruppo, ridursi ad una «scatola vuota» (v. sentenza ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, punto 110, e la giurisprudenza ivi citata).

152    Nella specie, innanzitutto, è pacifico che la Leali e le AFLL sono le due società nate dalla scissione, nel 1998, delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi, che hanno continuato l’attività di quest’ultima società nel settore del tondo per cemento armato. Da un lato, le AFLL hanno continuato tale attività unicamente per talune unità produttive di tondo per cemento armato e unicamente allo scopo di smantellare gli impianti produttivi di cui trattasi. Dall’altro, per quanto riguarda le altre unità produttive di tondo per cemento armato, la Leali ha protratto l’attività negli impianti che hanno continuato e che, al momento dell’adozione della prima decisione, continuavano ad essere attivi (punto 535 della prima decisione) (v. punto 28 supra).

153    Come rilevato dalla Commissione, poi, senza essere contraddetta dalla ricorrente nella causa T‑489/09, quest’ultima ha assorbito tutta la capacità produttiva che non era stata ritirata dal mercato, nonché i membri chiave del personale delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi, sicché vi è stata continuità delle risorse umane.

154    Infine, occorre sottolineare che, come emerge dal punto 92 della prima decisione, la ricorrente nella causa T‑489/09 ha continuato le attività di produzione di tondo per cemento armato delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi, che i suoi azionisti sono i medesimi di quest’ultima società mentre pure la sede della società è rimasta invariata.

155    Alla luce di tali elementi, conformemente alla giurisprudenza ricordata ai punti da 141 a 151, supra, la Commissione ha correttamente ritenuto, ai punti 535 e 536 della prima decisione, che la Leali e le AFLL avessero continuato, con finalità diverse (rispettivamente il proseguimento dell’attività di produzione o lo smantellamento degli impianti), a gestire le unità di produzione di tondo per cemento armato delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi e, di conseguenza, che esse fossero responsabili in solido dei comportamenti illeciti di queste ultime fino alla loro messa in liquidazione.

156    Poiché dai punti da 152 a 155, supra, emerge che la Commissione ha giustamente considerato che la ricorrente nella causa T‑489/09 fosse anche responsabile dei comportamenti illeciti delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi fino alla loro messa in liquidazione e, poiché dal punto 536 della prima decisione emerge che la stessa ricorrente non è stata ritenuta responsabile dei comportamenti tenuti dalla Leali a partire dalla data della sua costituzione, essa non può sostenere che la sua responsabilità solidale con le AFLL dovrebbe essere circoscritta ai rapporti e alle attività cui essa è subentrata. La solidarietà sembra, infatti, una normale conseguenza dell’imputazione della responsabilità del comportamento di una società ad un’altra, in particolare ove queste due società costituiscano un’unica impresa (sentenza ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 110 supra, punto 117).

157    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il terzo motivo nella causa T‑489/09 dev’essere respinto.

 Sul motivo vertente sulla violazione dell’articolo 65 CA e sul difetto di motivazione (quinto motivo nella causa T‑489/09)

158    La ricorrente nella causa T‑489/09 sostiene che la prima decisione è viziata da una violazione dell’articolo 65 CA e da un difetto di motivazione.

159    In primo luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 fa valere che malgrado le analogie esistenti tra l’articolo 65 CA e l’articolo 81 CE tali disposizioni non sono interscambiabili. Mentre un accordo anticoncorrenziale, in forza dell’articolo 81 CE, è perseguibile purché vi sia quantomeno un tentativo d’accordo, un accordo che non abbia un riflesso sul mercato, fosse pure come mera tendenza, non sembrerebbe rientrare nella sfera di applicazione dell’articolo 65 CA. Orbene, nella prima decisione, la Commissione non avrebbe fornito prove di effetti oggettivi sul mercato del tondo per cemento armato.

160    Tale argomentazione va respinta. Dalla giurisprudenza emerge infatti che l’articolo 65, paragrafo 1, CA vieta gli accordi che «tendano» a impedire, limitare o falsare il gioco normale della concorrenza. Ne consegue che è vietato, ai sensi di detta disposizione, un accordo che abbia lo scopo di restringere la concorrenza, ma i cui effetti anticoncorrenziali non siano stati dimostrati. Poiché al punto 399 della prima decisione la Commissione ha constatato che l’intesa aveva per oggetto la fissazione dei prezzi in funzione della quale è stata anche decisa la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite, essa non era tenuta a dimostrare l’esistenza di un effetto pregiudizievole sulla concorrenza per dimostrare una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA (sentenza della Corte del 2 ottobre 2003, Ensidesa/Commissione, C‑198/99 P, Racc. pag. I‑11111, punti 59 e 60, e sentenza del Tribunale dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, Racc. pag. II‑347, punto 277) (v. altresì, punto 463 della prima decisione). Ad ogni modo, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nella causa T‑489/09, la Commissione ha esaminato, per motivi di completezza, gli effetti dell’intesa e ha considerato, in base ad un complesso di elementi esposti ai punti da 513 a 524 della prima decisione, che l’intesa avesse avuto effetti concreti. Orbene, per contestare tale conclusione, la ricorrente nella causa T‑489/09 si limita a fare valere, nel presente motivo, che gli acquirenti di tondo per cemento armato, in particolare l’associazione nazionale sagomatori ferro (in prosieguo: l’«Ansfer»), non hanno mai constatato né sospettato una simile intesa. Tuttavia, la mancata conoscenza dell’intesa da parte degli acquirenti di tondo per cemento armato non è tale da dimostrare l’asserita assenza di effetti dell’intesa sul mercato fatta valere dalla ricorrente nella causa T‑489/09.

161    In secondo luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 sostiene anzitutto che nella prima decisione la Commissione non si è pronunciata sulla distinzione tra un accordo e una pratica concordata. Tale distinzione sarebbe di importanza vitale, in quanto se sarebbe superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di un rinvenuto accordo anticoncorrenziale, la situazione sarebbe diversa per quanto riguarda una pratica concordata, che presupporrebbe che la concertazione si traduca in fatti concreti delle imprese sospettate di essere parti di un’intesa sul mercato.

162    I presunti accordi invocati nella prima decisione, poi, non possono in alcun caso essere considerati accordi che riflettono la comune e fedele volontà dei partecipanti all’intesa, compresa la ricorrente nella causa T‑489/09, di comportarsi in un modo determinato e predefinito nell’accordo stesso. Infatti, nessun elemento del fascicolo della Commissione consentirebbe di dimostrare l’esistenza di un accordo, sottoscritto o meno, che coinvolgerebbe, fosse pure indirettamente, anche la ricorrente nella causa T‑489/09.

163    Infine, per quanto riguarda le pratiche concordate, affinché si configuri infrazione, sarebbe richiesto un elemento oggettivo, ossia un comportamento concordato delle imprese partecipanti all’intesa sul mercato comune. Occorrerebbe distinguere i due elementi costitutivi della pratica concordata, ossia il comportamento o la pratica sul mercato e la previa concertazione. A tal riguardo, l’infrazione sarebbe concretizzata solo qualora gli effetti restrittivi dell’accordo si manifestassero sulla concorrenza; in mancanza di ciò si avrebbe un mero tentativo di pratica concordata, estraneo tanto all’articolo 81 CE quanto all’articolo 65 CA.

164    Nella prima decisione, la Commissione non si sarebbe interessata al comportamento concreto delle imprese sul mercato, come se fossa stata in presenza di un accordo formale anziché di una presunta concertazione informale. Orbene, nella specie, non vi sarebbero né un accordo scritto né prove indirette circa l’esistenza del cartello.

165    Anzitutto, per quanto attiene all’argomento della ricorrente nella causa T‑489/09 secondo cui la Commissione non si sarebbe pronunciata sulla distinzione, a suo avviso «di importanza vitale», tra un accordo e una pratica concordata, va rilevato che, nella prima decisione, la Commissione ha indicato che l’intesa si era concretizzata essenzialmente negli accordi o pratiche concordate riguardanti il prezzo base nel periodo dal 15 aprile 1992 al 4 luglio 2000 (e, fino al 1995, negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti i termini di pagamento) e negli accordi o pratiche concordate riguardanti i «supplementi» nel periodo dal 6 dicembre 1989 al 1º giugno 2000 (punto 400 della prima decisione).

166    Ai punti 403 e 405 della prima decisione, essa ha chiarito le nozioni di «accordo» e di «pratica concordata», ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, pur precisando, al punto 407 di quest’ultima, che non era necessario, soprattutto nel caso di un’infrazione complessa e di lunga durata, che la Commissione qualificasse la condotta come appartenente esclusivamente all’una o all’altra forma di comportamento illecito. Fondandosi sulla giurisprudenza, la Commissione ha concluso, ai punti 409 e 410 della prima decisione, che un’intesa poteva dunque costituire allo stesso tempo un accordo e una serie di pratiche concordate e che l’articolo 65 CA non stabiliva alcuna categoria particolare per un’infrazione complessa come quella riscontrata nel caso di specie.

167    La Commissione ha altresì ricordato la possibilità che comportamenti aventi lo stesso oggetto anticoncorrenziale, e ciascuno dei quali, preso isolatamente, rientra nella nozione di «accordo», di «pratica concordata» o di «decisione di associazione di imprese», siano qualificati come costitutivi di una sola infrazione (punto 437 della prima decisione).

168    In ogni caso, come risulta dalla giurisprudenza, sebbene le nozioni di accordo e di pratica concordata presentino elementi costitutivi parzialmente diversi, esse non sono reciprocamente incompatibili. Pertanto, la Commissione non era tenuta a qualificare come accordo o pratica concordata ognuno dei comportamenti accertati, ma ha potuto correttamente qualificare taluni dei comportamenti, in via principale, come «accordi» e altri, in via subordinata, come «pratiche concordate» (v., in tal senso, sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, Racc. pag. I‑4125, punto 132).

169    Dalle considerazioni che precedono risulta che la prima decisione è sufficientemente motivata in ordine alla distinzione tra le nozioni di «accordo» e di «pratica concordata».

170    In secondo luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 sostiene che nessun elemento del fascicolo della Commissione consente di dimostrare l’esistenza di un accordo, sottoscritto o meno, che la coinvolga, fosse pure indirettamente. Per quanto riguarda l’esistenza di pratiche concordate, la Commissione non si sarebbe neppure interessata al comportamento concreto delle imprese sul mercato.

171    Occorre rammentare che la nozione di accordo ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA risulta dall’espressione, da parte delle imprese partecipanti, della comune volontà di comportarsi sul mercato in una determinata maniera (v., per quanto riguarda l’articolo 81, paragrafo 1, CE, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 168 supra, punto 130; v., per quanto riguarda l’articolo 65, paragrafo 1, CA, sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 160 supra, punto 262) (v. altresì punto 403 della prima decisione).

172    Peraltro, come rilevato dalla Commissione ai punti 491 e 492 della prima decisione, la nozione di pratica concordata ai sensi di tale disposizione corrisponde ad una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere stata spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una pratica collaborazione fra le stesse ai rischi della concorrenza (sentenze della Corte del 16 dicembre 1975, Suiker Unie e a./Commissione, da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Racc. pag. 1663, punto 26; del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, C‑89/85, C‑104/85, C‑114/85, C‑116/85, C‑117/85 e da C‑125/85 a C‑129/85, Racc. pag. I‑1307, punto 63; Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 168 supra, punto 115, e dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione, C‑199/92 P, Racc. pag. I‑4287, punto 158; sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 160 supra, punto 266).

173    La Corte ha aggiunto che i criteri del coordinamento e della collaborazione dovevano essere intesi alla luce della concezione inerente alle norme del Trattato in materia di concorrenza, secondo la quale ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta ch’egli intende seguire sul mercato comune (sentenze Suiker Unie e a./Commissione, cit. al punto 172 supra, punto 173; Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, cit. al punto 172 supra, punto 63; Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 168 supra, punto 116, e sentenza della Corte del 2 ottobre 2003, Corus UK/Commissione, C‑199/99 P, Racc. pag. I‑11177, punto 106).

174    Secondo questa stessa giurisprudenza, se è vero che la suddetta esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti, essa vieta però rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti che possano influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, o rivelare a tale concorrente la condotta che essi hanno deciso o intendono seguire sul mercato quando tali contatti abbiano lo scopo o l’effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato di cui trattasi, tenuto conto della natura dei prodotti o delle prestazioni fornite, dell’importanza e del numero delle imprese e del volume di detto mercato (sentenze Suiker Unie e a./Commissione, cit. al punto 172 supra, punto 174; Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 168 supra, punto 117; Hüls/Commissione, cit. al punto 172 supra, punto 160, e Corus UK/Commissione, cit. al punto 173 supra, punto 107).

175    Occorre inoltre presumere, fatta salva la prova contraria il cui onere incombe agli operatori interessati, che le imprese partecipanti alla concertazione e che rimangono presenti sul mercato tengano conto degli scambi di informazioni con i loro concorrenti per decidere il proprio comportamento sul mercato. Ciò varrà tanto più quando la concertazione abbia luogo regolarmente per un lungo periodo (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 168 supra, punto 121; v. altresì, in tal senso, sentenza Hüls/Commissione, cit. al punto 172 supra, punto 162, e la giurisprudenza citata).

176    Occorre peraltro ricordare che il paragone tra la nozione di accordo e quella di pratica concordata dimostra che, dal punto di vista soggettivo, esse ricomprendono forme di collusione che condividono la stessa natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme con cui si manifestano (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 168 supra, punto 131).

177    Nella specie, per quanto riguarda l’esistenza di accordi, la ricorrente nella causa T‑489/09 non può sostenere che nessun elemento del fascicolo della Commissione consente di dimostrare l’esistenza di un accordo che la coinvolga, fosse pure indirettamente.

178    Come rileva giustamente la Commissione, quest’ultima ha sottolineato, al punto 473 della prima decisione, il quale ricorda le riunioni per le quali un accordo tra i partecipanti ha dato luogo alla redazione di documenti e i punti pertinenti della prima decisione, l’esistenza di accordi espressi dai partecipanti alle riunioni e confermati da documenti relativi a 27 riunioni svoltesi tra il 6 dicembre 1989 ed il 4 luglio 2000. Orbene, la ricorrente nella causa T‑489/09 non presenta nel suo motivo alcun elemento diretto ad inficiare gli elementi di prova raccolti dalla Commissione nei suddetti punti (v. segnatamente punti 126, 142, 146 e 147, 154, 158, 160, 165, 168, 183, 200, da 212 a 214, 216, da 283 a 287, da 290 a 296, 299, 300 e 305 della prima decisione).

179    Un’identica conclusione si impone con riferimento alle riunioni, menzionate al punto 474 della prima decisione, per le quali l’esistenza di un accordo risulta dal fatto che, secondo la Federacciai, un determinato prezzo sarebbe «emerso» (v. segnatamente punti 137, 141, 201, 210, 282 della prima decisione) nonché con riferimento ai casi in cui un prezzo è stato «indicato» (v. segnatamente punti 138, 200, 210 e 289 della prima decisione).

180    Inoltre, al punto 475 della prima decisione, la Commissione ha altresì menzionato nove accordi per i quali essa disponeva di bozze o di proposte di accordi i cui elementi fattuali dimostravano che erano stati messi in esecuzione o che le imprese li avevano approvati successivamente alla loro discussione.

181    A titolo di esempio, come emerge dal fascicolo, il coinvolgimento della ricorrente nella causa T‑489/09 riguardo a questi ultimi risulta, anzitutto, dal progetto di accordo di aprile-maggio 1992, avente principalmente ad oggetto il rispetto dei prezzi minimi di vendita (punti da 129 a 132 della prima decisione), che menziona espressamente la Leali, la quale, secondo la prima decisione, costituisce un’unica impresa con la ricorrente. Come la Commissione sottolinea giustamente al punto 130 della prima decisione, il fatto che otto imprese che non avevano aderito a tale accordo intendessero aderire, a partire dal 1° giugno 1992, «allo spirito ed alle condizioni dell’accordo in essere» dimostra che tale progetto di accordo era effettivamente entrato in vigore (v. altresì punto 314 della prima decisione).

182    Quanto all’accordo del 27-30 settembre 1996, poi, avente ad oggetto la ripartizione del mercato italiano del tondo per cemento armato per i mesi di ottobre, novembre e dicembre 1996 (e, eventualmente, per i mesi di gennaio, febbraio e marzo 1997) (punto 196 della prima decisione), il coinvolgimento della ricorrente nella causa T‑489/09 risulta altresì dallo stesso progetto di accordo, il quale menziona anche espressamente la Leali, nonché la data e l’ora della sua adesione a quest’ultimo. Come indicato al medesimo punto, l’effettiva adesione all’accordo delle imprese in questione è confermata dall’esistenza di due tabelle in possesso delle AFLL che riguardano le suddette imprese e che contengono i dati relativi alla quota di mercato di ottobre e di novembre 1996 di ciascuna di esse (identiche a quelle stabilite nell’accordo), il portafoglio ordini e le giacenze alla fine di settembre e alla fine di ottobre 1996 e gli ordini acquisiti durante ciascuna settimana di ottobre e di novembre 1996 da ciascuna di dette imprese. Al punto 555 della prima decisione, la Commissione ha anche sottolineato che, nel 1996, la Leali aveva continuato a partecipare all’intesa e a svolgere un ruolo nel coordinamento di questa, che è culminato nella designazione, pure formale, del suo membro delegato del consiglio di amministrazione come coordinatore dell’accordo di settembre 1996 (v. altresì punto 196 della prima decisione).

183    Infine, per quanto riguarda l’accordo di settembre-novembre 1998, relativo all’osservanza delle quote di vendita sul mercato italiano (punti da 245 a 254 della prima decisione), la partecipazione della ricorrente nella causa T‑489/09 risulta da vari documenti tra i quali lo stesso progetto di accordo, che menziona espressamente la Leali. L’attuazione dell’accordo, risulta invece, anzitutto, dal telefax inviato il 23 novembre 1998 dalla Valsabbia alla Leali, con il quale la Valsabbia chiedeva l’attribuzione di una quota di mercato maggiore rispetto a quella indicata nell’accordo, poi dalle tabelle trovate presso la Ferriere Nord relative alle previsioni per febbraio 1999 e all’andamento durante l’ultimo quadrimestre, nonché dalle tabelle trovate presso la Leali, le quali indicano per ciascuna impresa la percentuale delle quote di consegna attribuite nonché i «recuperi», il che corrisponde al sistema delle compensazioni previsto nell’accordo (v. altresì punto 251 della prima decisione) e, infine, dai telefax del 22 febbraio e del 15 giugno 1999 (v. altresì il punto 248 della prima decisione).

184    La ricorrente nella causa T‑489/09 non può neppure validamente sostenere che nessuno dei comportamenti ai quali avrebbe partecipato potrebbe essere qualificato come pratica concordata.

185    Da un lato, quanto agli aumenti di supplementi, come risulta dal punto 493 della prima decisione, le informazioni in possesso della Commissione dimostrano che nel periodo in questione sono almeno 19 gli aumenti di supplementi realizzati e che per 9 di essi esistono prove dirette relative agli accordi o pratiche concordate riguardanti tali aumenti (v. punto 439 della prima decisione). Secondo il suddetto punto, l’esistenza di una pratica concordata quanto alla fissazione dei supplementi di prezzo per il tondo per cemento armato è stata constatata anche negli altri dieci casi di aumento, dato che esisteva un comune convincimento che, qualora un produttore avesse aumentato i prezzi degli extra di dimensione, tutti gli altri produttori avrebbero automaticamente proceduto nello stesso modo (v. punti 440 e 489 della prima decisione).

186    Dall’altro, per quanto riguarda i prezzi base, risulta dai punti 494 e 495 della prima decisione che le imprese hanno pubblicato listini dei prezzi base nel periodo in esame. La Commissione ha altresì sottolineato, al punto 496 della prima decisione, che i punti da 419 a 433 di quest’ultima elencavano tutte le occasioni documentate in cui il prezzo base era stato oggetto di discussione tra le imprese (v. altresì punto 90, supra). Essa ha anche rilevato che, per le altre occasioni, tra il 1993 ed il 2000, si doveva ricorrere alla nozione di concertazione, il cui oggetto era di influire sul comportamento dei produttori sul mercato e rendere manifesto il comportamento che ciascuno di loro si proponeva di tenere, in pratica, sulla determinazione del prezzo base.

187    Del resto, quanto all’argomento della ricorrente nella causa T‑489/09 secondo il quale la nozione di «pratica concordata» ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA presuppone che le imprese abbiano partecipato alle pratiche oggetto della loro concertazione e che gli effetti delle pratiche si manifestino sulla concorrenza, risulta dalla giurisprudenza che, per concludere nel senso dell’esistenza di una pratica concordata, non è necessario che la concertazione abbia avuto, nel senso inteso dalla ricorrente nella causa T‑489/09, ripercussioni sul comportamento dei concorrenti sul mercato. È sufficiente constatare, se del caso, che ciascuna impresa ha dovuto necessariamente tener conto, direttamente o indirettamente, delle informazioni ottenute nel corso dei suoi contatti con i suoi concorrenti. A tal riguardo, non è necessario che la Commissione dimostri che gli scambi di informazioni di cui trattasi abbiano raggiunto un risultato specifico o siano stati concretamente posti in atto sul mercato considerato (sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 160 supra, punti da 269 a 271).

188    Ne consegue che giustamente la Commissione ha considerato che le imprese in questione avevano sostituito ai rischi della normale concorrenza considerata dal Trattato una cooperazione pratica tra di esse e ha qualificato le pratiche in questione come «pratiche concordate».

189    La ricorrente nella causa T‑489/09 afferma inoltre che l’assenza di intesa è dimostrata dal fatto che i prezzi di listino erano differenti per tutte le imprese concorrenti (il che risulterebbe dalle tabelle allegate alla decisione del 2002) e che le fatture da essa prodotte dimostrano che negli stessi giorni erano stati praticati prezzi diversi, per i diversi clienti, per gli stessi quantitativi di tondo per cemento armato.

190    Tuttavia, alla luce della giurisprudenza riportata al punto 175, supra, un siffatto argomento non può essere accolto. Infatti, le fatture prodotte non possono costituire la prova del fatto che la ricorrente nella causa T‑489/09 non ha tenuto conto delle informazioni scambiate con gli altri operatori, poiché, come ha rilevato la Commissione al punto 494 della prima decisione, sulla base di campioni di fatture, non è possibile verificare se il prezzo medio praticato corrisponda o diverga da quello dei listini, non essendo possibile determinare, per esempio, quali fatture corrispondono a clienti normali o preferenziali. Pertanto, si può soltanto affermare che per le transazioni documentate i prezzi erano diversi, ma ciò non dimostra affatto che i prezzi praticati per l’insieme delle transazioni realizzate nei giorni o periodi successivi agli aumenti fossero diversi da quelli dei listini. Del resto, come sottolineato al punto 160, supra, gli accordi e le pratiche concordate sono vietati dall’articolo 81 CE e dall’articolo 65 CA, indipendentemente da qualsivoglia effetto, quando hanno un oggetto anticoncorrenziale (v., in tal senso, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 168 supra, punti 122 e 123).

191    Tenuto conto del complesso delle considerazioni che precedono, il motivo in esame dev’essere respinto.

 Sul motivo vertente su un travisamento dei fatti, sul difetto di motivazione e sulla mancata presa in considerazione delle specificità del mercato siderurgico e delle norme del Trattato CECA [settimo motivo, prima parte, nella causa T‑489/09 e quarto motivo, lettera a), nella causa T‑490/09]

192    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha dato una lettura parziale dei fatti relativi alla specificità del mercato siderurgico nell’ambito delle norme del Trattato CECA e delle condizioni del mercato. Essa non avrebbe sufficientemente indicato i motivi per cui le condotte contestate sarebbero state diverse dalla prassi imposta dall’articolo 60, paragrafo 2, CA che prevedeva esplicitamente che i listini prezzi e le condizioni di vendita praticate dalle imprese sul mercato siderurgico dovessero essere rese pubblici e fossero, quanto più possibile, trasparenti, pena le sanzioni previste dall’articolo 64 CA.

193    La ricorrente nella causa T‑490/09 aggiunge che il settore siderurgico sarebbe stato caratterizzato, negli anni ‘70 e ‘80, da una politica regolatrice della Commissione in considerazione della grave crisi economica in cui versava tale industria. A tal riguardo, dai programmi previsionali redatti dalla Commissione per il periodo in esame nel caso di specie emergerebbero dati allarmanti per quanto riguarda il settore del tondo per cemento armato. Alla luce di tali elementi, la Commissione avrebbe dovuto esaminare se i comportamenti contestati alle imprese interessate fossero stati imposti da uno stato di necessità, al fine di consentire alle suddette imprese di rimanere sul mercato. Orbene, nella prima decisione la Commissione avrebbe omesso di svolgere qualsiasi argomentazione in merito a siffatte considerazioni. Inoltre, la Commissione non avrebbe mai invitato le imprese di cui trattasi ad osservare il sistema di pubblicità sancito dall’articolo 60 CA.

194    In primo luogo, si deve respingere l’argomento delle ricorrenti relativo alla mancata presa in considerazione delle specificità del regime previsto dal Trattato CECA, applicabile negli anni oggetto del presente procedimento e ad una carenza di motivazione della prima decisione a tal riguardo. Occorre infatti constatare che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione ha tenuto conto del contesto giuridico derivante dal Trattato CECA e ha specificamente sottolineato, ai punti da 67 a 74 e 442 della prima decisione, le differenze esistenti tra le pratiche vietate a norma dell’articolo 65 CA e gli obblighi sanciti all’articolo 60, paragrafo 2, CA.

195    Così, la Commissione ha anzitutto indicato che, sebbene il Trattato CECA abbia creato condizioni di concorrenza particolari nei settori che rientrano nel suo ambito di applicazione, le disposizioni in esso contenute non sono contraddittorie tra di loro. In particolare, l’obbligo di pubblicità dei prezzi previsto dall’articolo 60, paragrafo 2, CA non autorizza alcuna impresa a mettere in atto comportamenti contrari all’articolo 65, paragrafo 1, CA (punto 70 della prima decisione).

196    La Commissione ha poi sottolineato che, secondo la giurisprudenza, i prezzi che compaiono nei listini devono essere stabiliti per ciascuna impresa in maniera indipendente, senza accordo, sia pur tacito, tra di esse. In particolare, la circostanza che le disposizioni dell’articolo 60 CA tendano a limitare la concorrenza non impedisce l’applicazione del divieto delle intese di cui all’articolo 65, paragrafo 1, CA. Inoltre, essa ha ricordato che l’articolo 60 CA non prevedeva alcun contatto tra le imprese, precedente la pubblicazione dei listini, ai fini di una reciproca informazione sui loro futuri prezzi (punto 71 della prima decisione).

197    Infine, la Commissione ha sottolineato che accordi tra produttori non possono essere equiparati al sistema dell’articolo 60 CA, quanto meno per il fatto che essi non consentono agli acquirenti di tenersi esattamente informati sui prezzi né di partecipare alla vigilanza sulle discriminazioni (punto 73 della prima decisione).

198    Al punto 442 della prima decisione, la Commissione ha concluso che qualora, nell’ambito di una concertazione regolare, imprese concorrenti pongano in essere un comportamento continuato tendente ad eliminare, sia mediante accordi sia mediante pratiche concordate, l’incertezza relativa, in particolare, ai prezzi che esse applicheranno sul mercato, detto comportamento costituisce un’intesa vietata ai sensi dell’articolo 65 CA.

199    Ne consegue che dalla prima decisione emerge che la Commissione ha tenuto conto delle specificità del regime previsto dal Trattato CECA e che, conformemente alla giurisprudenza ricordata ai punti da 66 a 68, supra, la prima decisione è sufficientemente motivata per quanto attiene alle ragioni per cui i comportamenti controversi differivano dalla pratica imposta dall’articolo 60, paragrafo 2, CA. Poiché le ricorrenti non illustrano maggiormente le ragioni per cui la Commissione avrebbe proceduto ad una lettura parziale dei fatti concernenti la specificità del mercato siderurgico, la loro censura non può essere accolta.

200    In secondo luogo, occorre respingere l’argomento della ricorrente nella causa T‑490/09 secondo cui la Commissione non avrebbe tenuto conto della grave crisi economica che ha colpito il mercato siderurgico nel periodo di cui trattasi, nonché della circostanza che il regime della pubblicazione obbligatoria non veniva più rispettato dalle imprese interessate, con l’assenso della Commissione.

201    Anzitutto, non può essere accolto il suo argomento attinente al fatto che, nella prima decisione, la Commissione non avrebbe esposto le ragioni per cui i comportamenti di cui trattasi non erano giustificati da uno stato di necessità riconducibile alle condizioni economiche difficili del settore.

202    Se, da un lato, in forza dell’articolo 15 CA, la Commissione è tenuta a menzionare i dati di fatto dai quali dipende la giustificazione della decisione e le considerazioni giuridiche che l’hanno indotta ad adottarla, tale disposizione non prescrive che la Commissione discuta tutti i punti di fatto e di diritto eventualmente trattati durante il procedimento amministrativo, anche supponendo che ciò fosse il caso nella fattispecie (v., in tal senso, sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 160 supra, punto 119).

203    Dall’altro, ad ogni modo, al punto 64 della prima decisione, la Commissione ha indicato che essa conosceva il contesto economico del settore dell’acciaio nell’Unione e del tondo per cemento armato in particolare. Al punto 68 della prima decisione, la Commissione ha anche considerato, in merito alle condizioni di crisi manifesta nel settore siderurgico, che il tondo per cemento armato, che dal 1° gennaio 1986 non rientra più nel campo di applicazione del sistema di quote, era stato escluso dal «regime di sorveglianza» in ragione del fatto che il tondo per cemento armato era prodotto per più dell’80% da piccole imprese a bassi costi le quali normalmente non conoscono difficoltà. Non può essere quindi accolto l’argomento della ricorrente nella causa T‑490/09 fondato su un presunto stato di necessità causato da una presunta grave crisi economica che caratterizza il mercato italiano del tondo per cemento armato.

204    Per quanto concerne, poi, il presunto assenso tacito della Commissione alla mancata pubblicazione dei listini prezzi, va considerato che, anche supponendolo fondato, un siffatto argomento sarebbe inconferente, poiché, come sottolineato a giusto titolo dalla Commissione al punto 70 della prima decisione, l’obbligo di pubblicità dei prezzi previsto dall’articolo 60, paragrafo 2, CA non autorizza nessuna impresa ad adottare comportamenti contrari all’articolo 65, paragrafo 1, CA (v. punto 195 supra). Dev’essere altresì ricordato al riguardo che una tolleranza o un lassismo amministrativo non possono inficiare il carattere illecito di una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA (v. sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 160 supra, punto 554, e la giurisprudenza ivi citata).

205    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il presente motivo dev’essere respinto.

 Sul motivo vertente sulla mancata adeguata considerazione dei fattori fondamentali propri del mercato pertinente [quarto motivo, lettera a), nella causa T‑490/09]

206    La ricorrente nella causa T‑490/09 sostiene che, nella prima decisione, la Commissione non ha preso adeguatamente in considerazione i fattori fondamentali propri del mercato rilevante, quali la sostituibilità dei prodotti e il mercato geografico, il che le avrebbe consentito di valutare diversamente il contesto di cui trattasi.

207    In primo luogo, la ricorrente nella causa T‑490/09 fa valere che la Commissione ha sottovalutato la sostituibilità, dal lato della domanda, di prodotti quali la rete elettrosaldata, le travi, il tondo in rotoli e il tondo raddrizzato per cemento armato. Essa sottolinea anche la possibilità di ricorrere a soluzioni quali le strutture in ferro con travi di acciaio.

208    Un siffatto argomento non può essere accolto. Da un lato, come giustamente sottolineato dalla Commissione, dalla prima decisione emerge che il tondo per cemento armato in rotoli e il tondo per cemento armato raddrizzato fanno parte del mercato del prodotto preso in considerazione dalla Commissione (punto 28 della prima decisione). Dall’altro, la ricorrente nella causa T‑490/09 non adduce alcun elemento volto a contestare i motivi, esposti nella prima decisione (punti da 29 a 46 della prima decisione), per cui la Commissione ha considerato che la rete elettrosaldata, le travi e le strutture in ferro con travi di acciaio non facessero parte dello stesso mercato del prodotto. D’altronde, essa non ha suffragato il suo argomento con alcun elemento probatorio.

209    In secondo luogo, la ricorrente nella causa T‑490/09 sostiene che la Commissione non ha neppure tenuto conto della sostituibilità dal lato dell’offerta, né del fatto che non sussisterebbero barriere per accedere al mercato. Inoltre, la Commissione non avrebbe preso in considerazione l’elevata elasticità del prezzo del tondo per cemento armato, che impedisce a qualsiasi impresa isolata di aumentare il prezzo di vendita oltre il suo valore concorrenziale.

210    Anche questo argomento deve essere respinto. Da una parte, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la Commissione ha effettivamente tenuto conto della sostituibilità dal lato dell’offerta al punto 34 della prima decisione e in particolare del fatto che i vari diametri della sezione circolare del tondo nervato per cemento armato in barre o in rotoli, benché caratterizzino prodotti non sostituibili dal punto di vista del consumatore, devono essere considerati come appartenenti al medesimo mercato a causa delle loro condizioni di produzione molto simili. Dall’altra, per quanto riguarda la mancata presa in considerazione, da parte della Commissione, della presunta elevata elasticità dei prezzi del tondo per cemento armato, occorre sottolineare che un siffatto argomento è privo di rilevanza ai fini della valutazione della sostituibilità dal lato dell’offerta [v. anche, a tal riguardo, i paragrafi da 20 a 23 della comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU 1997, C 372, pag. 5; in prosieguo: la «comunicazione sulla definizione del mercato»)].

211    In terzo luogo, la ricorrente nella causa T‑490/09 sottolinea che la Commissione non ha definito correttamente il mercato geografico rilevante. Infatti, per determinare che il mercato geografico rilevante corrisponda al territorio italiano, la Commissione si sarebbe fondata unicamente, e senza basarsi su elementi di prova, sul fatto che i costi di produzione del tondo per cemento armato sarebbero stati ivi nettamente inferiori a quelli praticati in altri paesi.

212    Tuttavia, è giocoforza constatare che l’argomento della ricorrente nella causa T‑490/09 è fondato su una premessa erronea. Come emerge dai punti da 47 a 60 della prima decisione, ai fini della definizione del mercato geografico, la Commissione si sarebbe riferita al fatto che il prodotto proveniente da altre aree geografiche aveva rappresentato, in base ai dati Eurostat (Ufficio statistico delle Comunità europee) (punto 26 della prima decisione), tra lo 0 e il 6% del totale delle vendite sul territorio italiano, sicché i flussi di prodotto verso l’Italia sono stati molto limitati nel periodo di cui trattasi, e alla mancanza strutturale di interesse economico per le imprese degli altri Stati membri a vendere tondo per cemento armato in Italia (punto 50 della prima decisione).

213    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nella causa T‑490/09, il criterio determinante su cui si è basata la Commissione ai fini della delimitazione del mercato geografico non è l’inferiorità dei costi di produzione del tondo per cemento armato in Italia, ma il fatto che, nel periodo considerato, i flussi di prodotto verso l’Italia sono stato molto limitati (punti 47 e 48 della prima decisione). Se è certamente vero che la Commissione ha avanzato l’ipotesi di costi di produzione più bassi in Italia, rimane comunque il fatto che questa non ha costituito un elemento determinante nella delimitazione del mercato geografico rilevante.

214    In quarto luogo, la ricorrente nella causa T‑490/09 sostiene che, sebbene la Commissione abbia identificato nel territorio italiano il mercato geografico rilevante, essa ha affermato che i comportamenti addebitati alle imprese coinvolte avevano pregiudicato gli scambi tra Stati membri. Orbene, una siffatta motivazione sarebbe contraddittoria.

215    Un tale argomento è privo di fondamento, in quanto il fatto che l’intesa abbia pregiudicato il commercio tra Stati membri non è in contraddizione con la definizione del mercato geografico rilevante come corrispondente al territorio italiano. A tal riguardo, da un lato, la definizione del mercato geografico consente di individuare il perimetro all’interno del quale si svolge la concorrenza tra le imprese e di determinare se esistono concorrenti reali, capaci di pesare sul comportamento delle imprese di cui trattasi o di impedire loro di agire indipendentemente dalle pressioni esercitate da un’effettiva concorrenza (paragrafo 2 della comunicazione sulla definizione del mercato). Dall’altro, secondo una giurisprudenza costante, ricordata al punto 374 della prima decisione, perché un accordo possa pregiudicare il commercio fra Stati membri, deve consentire, in base ad un complesso di elementi obiettivi di diritto o di fatto, di ritenere con un grado sufficiente di probabilità, che esso possa esercitare un’influenza diretta o indiretta, attuale o potenziale, sulle correnti di scambio fra Stati membri in un modo che possa nuocere al conseguimento degli scopi di un mercato unico fra Stati.

216    Orbene, come indicato dalla Commissione ai punti da 373 a 375 della prima decisione, a) l’intesa di cui trattasi ha riguardato tutto il territorio italiano in cui, nel periodo in cui è durata l’intesa, è stato fabbricato tra il 29 e il 43% del tondo per cemento armato prodotto nella Comunità, b) l’incidenza delle esportazioni (dall’Italia) rispetto alle consegne totali (consegne Italia e esportazioni) è stata sempre importante (tra il 6 e il 34% durante il periodo dell’infrazione), c) almeno due importanti imprese partecipanti all’intesa sono state anche attive come produttori in almeno un altro mercato geografico del tondo per cemento armato e d) l’intesa è stata anche caratterizzata dal fatto di avere ad oggetto, come misura equivalente alla riduzione temporanea e concordata della produzione, l’esportazione concordata al di fuori del territorio italiano.

217    Tenuto conto del complesso delle considerazioni che precedono, il presente motivo dev’essere respinto.

 Sull’infondatezza degli addebiti mossi nei confronti della Leali (settimo motivo, dalla seconda alla quarta parte, nella causa T‑489/09)

218    La ricorrente nella causa T‑489/09 ricorda che la Commissione le addebita di aver partecipato ad un’intesa anticoncorrenziale unica fino al 27 giugno 2000, vertente sugli extra di dimensione (a decorrere dal 6 dicembre 1989), sui prezzi base (a decorrere dal 15 aprile 1992), sulla limitazione della produzione (probabilmente a decorrere dal 13 giugno 1995, con una sospensione dal 9 giugno al 30 novembre 1998) (punti 560 e 606 della prima decisione) nonché ad un’intesa sulle condizioni di pagamento.

–       Sulla «natura» dell’infrazione

219    In primo luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 sostiene che la Commissione non ha dimostrato che le imprese di cui trattasi avevano dato esecuzione ai presunti accordi del 7 febbraio (punto 138 della prima decisione), 30 agosto (punto 140 della prima decisione), 13 settembre (punto 142 della prima decisione) e 25 novembre 1994 (punto 143 della prima decisione), del 13 giugno (punto 153 della prima decisione), 4 luglio (punto 160 della prima decisione) e 29 agosto 1995 (punto 168 della prima decisione), del 23 febbraio (punto 186 della prima decisione), 2 aprile (punto 191 della prima decisione), 25 luglio (punto 192 della prima decisione) e 22 ottobre 1996, del 30 gennaio, 14 febbraio e 10 luglio 1997 (punto 200 della prima decisione), del 18 febbraio (punti 220 e 222 della prima decisione) e 9 giugno 1998 (punto 233 della prima decisione).

220    Come si è ricordato al punto 160, supra, l’articolo 65, paragrafo 1, CA vieta gli accordi che «tendano» a impedire, limitare o falsare il gioco normale della concorrenza. È pertanto vietato, ai sensi di tale disposizione, un accordo avente per oggetto la limitazione della concorrenza. Di conseguenza, nel caso di accordi che si manifestino in occasione di riunioni di imprese concorrenti, si verifica un’infrazione a detta disposizione qualora tali riunioni abbiano un oggetto siffatto e mirino in tal modo ad organizzare artificialmente il funzionamento del mercato. In un caso del genere, la responsabilità di una determinata impresa per l’infrazione in questione risulta validamente accertata allorché tale impresa ha partecipato a queste riunioni conoscendone l’oggetto, anche se non ha poi attuato l’una o l’altra delle misure concordate in occasione delle riunioni stesse. La presenza più o meno assidua dell’impresa alle riunioni, nonché l’attuazione più o meno completa delle misure concordate non hanno conseguenze sul sussistere della responsabilità dell’impresa stessa, bensì sull’ampiezza di tale responsabilità e dunque sull’entità della sanzione (v., per analogia, sentenze della Corte del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Racc. pag. I‑8375, punti da 508 a 510, e del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 145). È quindi irrilevante la presunta mancata esecuzione di accordi aventi un oggetto anticoncorrenziale, come quelli menzionati al punto 219.

221    Ad ogni modo, per quanto riguarda la fissazione del prezzo base, come sottolineato dalla Commissione ai punti da 419 a 433 e da 460 a 462 della prima decisione, senza essere contraddetta a tal riguardo in modo specifico dalla ricorrente nella causa T‑489/09, dal fascicolo amministrativo emerge che la Leali ha aderito all’accordo di aprile-maggio 1992 e alla parte dell’intesa avente ad oggetto la fissazione del prezzo base fino al giugno 2000. Tale adesione è provata dalla riunione del 25 gennaio 1993, dal telefax di pari data della Federacciai (punto 135 della prima decisione) e dal prezzo base adottato dalle imprese di cui trattasi e segnatamente dalla Leali (punto 316 della prima decisione). Come sottolineato dalla Commissione, la Leali ha continuato la sua partecipazione a tale parte dell’intesa ricevendo comunicazioni dalla Federacciai (punti 138, 140, 142, 143, 145, 149 e 160 della prima decisione) e svolgendovi anche un ruolo di coordinamento.

222    Inoltre, come sottolineato dalla Commissione nelle sue memorie, senza essere contraddetta dalla ricorrente nella causa T‑489/09, essa ha riunito prove documentali che dimostrano la partecipazione delle imprese di cui trattasi alle riunioni del 13 febbraio 1996 (punto 183 della prima decisione), del 16 ottobre 1997 (punti da 204 a 210 della prima decisione), del 9 giugno 1998 (punto 233 della prima decisione), dell’11 (punto 280 della prima decisione) e 25 gennaio (punto 282 della prima decisione), del 1° (punto 283 della prima decisione) e 9 febbraio (punto 285 della prima decisione), del 10 marzo (punto 289 della prima decisione), dell’8 (punto 297 della prima decisione), 16 (punto 298 della prima decisione) e del 23 maggio (punto 299 della prima decisione) e del 27 giugno 2000 (punto 304 della prima decisione). Essa ha inoltre dimostrato che la Leali aveva partecipato ad almeno dieci di tali riunioni, svoltesi tra il 1996 ed il 1998 e nel 2000 (punti 183, 204, 205, 233, 280, 282, 283, 289, 297 e 304 della prima decisione).

223    Orbene, secondo costante giurisprudenza, affinché sia sufficientemente provata la partecipazione di un’impresa ad un’intesa, è sufficiente dimostrare che l’impresa interessata abbia partecipato a riunioni in occasione delle quali siano stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale, senza esservisi manifestamente opposta. Ove sia stata dimostrata la partecipazione a riunioni siffatte, spetta a tale impresa dedurre indizi atti a dimostrare che la sua partecipazione a dette riunioni era priva di qualunque spirito anticoncorrenziale, dimostrando che essa aveva dichiarato alle sue concorrenti di partecipare alle riunioni in un’ottica diversa dalla loro (sentenze della Corte Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 168 supra, punto 96; Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 149 supra, punto 81, e del 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑510/06 P, Racc. pag. I‑1843, punto 119). La ricorrente nella causa T‑489/09 non deduce indizi credibili in tal senso. Al contrario, oltre alla sua partecipazione a tali riunioni, la suddetta ricorrente ha svolto un ruolo come coordinatrice tra alcune di esse (punti 183, 204, 205, 233 e 304 della prima decisione).

224    Per quanto riguarda le altre riunioni, organizzate dalla Federacciai sui prezzi e sui termini di pagamento, per le quali le prove disponibili non consentivano di identificare chiaramente i partecipanti, tutti i produttori italiani di tondo per cemento armato vi erano invitati e ricevevano il resoconto redatto dalla Federacciai che li informava dei risultati di tali riunioni (punti 465 e 466 della prima decisione).

225    La Commissione ha altresì sottolineato, senza essere contraddetta dalla ricorrente nella causa T‑489/09, che tali riunioni erano collegate tra loro, atteso che, a più riprese, vi erano state riunioni in cui venivano valutati gli effetti di quanto stabilito in precedenza in base a un continuo monitoraggio del mercato o di riunioni in cui si adottavano misure correttive rispetto a quanto già stabilito (punto 468 della prima decisione).

226    In secondo luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 fa valere che la pratica sistematica di prezzi differenziati da parte delle imprese interessate confuterebbe la teoria dell’attuazione della concertazione tra imprese. Tuttavia, tale argomento deve essere respinto per i motivi esposti supra al punto 190.

–       Sugli extra di dimensione

227    Per quanto riguarda la fissazione degli extra di dimensione, la ricorrente nella causa T‑489/09 sostiene che la fissazione, da parte della Commissione, di prezzi minimi per gli extra di dimensione e la pubblicazione di prezzi di orientamento e di prezzi consigliati, validi anche per il tondo per cemento armato, avrebbero contribuito a togliere o a limitare l’autonomia decisionale delle imprese relativamente al loro prezzo di vendita. Gli extra di dimensione e gli altri supplementi sarebbero sostanzialmente identici nell’Unione, al fine di facilitare le trattative tra produttori ed acquirenti. Peraltro, il fatto che vi sia un normale allineamento sugli extra costituirebbe «una realtà incontrovertibile di mercato, consolidata nel tempo, a tutte le latitudini e longitudini».

228    Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la pubblicità obbligatoria dei prezzi prevista all’articolo 60, paragrafo 2, CA aveva lo scopo, anzitutto, di impedire, per quanto possibile, le pratiche vietate, in secondo luogo, di permettere agli acquirenti di essere esattamente informati dei prezzi e di partecipare, inoltre, all’accertamento delle discriminazioni e, infine, di consentire alle imprese di conoscere esattamente i prezzi praticati dai concorrenti, in modo da potervisi allineare (v. sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 160 supra, punto 308, e la giurisprudenza ivi citata).

229    Secondo giurisprudenza costante, inoltre, i prezzi che compaiono nei listini devono essere stabiliti per ciascuna impresa in maniera indipendente, senza accordo, sia pur tacito, tra di esse. In particolare, il fatto che le disposizioni dell’articolo 60 CA tendano a limitare la concorrenza non impedisce l’applicazione del divieto delle intese previsto all’articolo 65, paragrafo 1, CA. Peraltro, l’articolo 60 CA non prevede alcun contatto tra le imprese, precedente la pubblicazione dei listini, ai fini di una reciproca informazione sui loro futuri prezzi. Orbene, poiché detti contatti impediscono che tali listini siano fissati in modo indipendente, essi possono falsare il gioco normale della concorrenza, ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA (v. sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 160 supra, punti 312 e 313, e la giurisprudenza ivi citata).

230    Alla luce di tale giurisprudenza, la Commissione ha giustamente ritenuto, al punto 442 della prima decisione, che quando, nell’ambito di una concertazione regolare, imprese concorrenti pongono in essere un comportamento continuato tendente ad eliminare, sia mediante accordi sia mediante pratiche concordate, l’incertezza relativa, in particolare, agli extra di dimensione che esse applicheranno sul mercato, tale comportamento costituisse un’intesa vietata ai sensi dell’articolo 65 CA. Orbene, siffatti comportamenti sono stati identificati dalla Commissione segnatamente ai punti da 438 a 441 della prima decisione.

231    A tal riguardo, la ricorrente nella causa T‑489/09 non può sostenere che tale uniformità risulti dalla specificità del mercato e della produzione, in forza della quale, sotto un primo profilo, la concorrenza sul mercato poggerebbe sulle differenze tra i prezzi base praticati dalle varie imprese, sotto un secondo profilo, le imprese meno importanti seguirebbero sistematicamente l’andamento degli extra determinato autonomamente dalle imprese siderurgiche più rappresentative ed importanti e, sotto un terzo profilo, tutti gli operatori converrebbero sulla necessità di extra uniformi per facilitare le negoziazioni tra produttori e acquirenti, che si concentrerebbero sul solo prezzo base di un determinato prodotto, il quale consentirebbe di percepire immediatamente i vantaggi rispettivi dei diversi produttori.

232    Va infatti sottolineato che l’allineamento al rialzo dei prezzi degli extra di dimensione è il frutto di un comune accordo talora tacito, talora esplicito, a non farsi concorrenza (punto 440 della prima decisione) e che, dal 6 dicembre 1989 fino al 2000, sono stati decisi e posti in essere almeno 19 aumenti dei suddetti extra (punto 439 della prima decisione). Pertanto, la tesi di un allineamento intelligente a seguito dell’iniziativa di un produttore importante non può essere accolta, in quanto la Commissione ha fornito la prova di concertazioni in materia di aumento dei supplementi di prezzo e del fatto che esisteva un comune convincimento riguardante il presupposto secondo cui gli extra dovessero sempre essere uniformi tra i produttori (punti 441, 489 e nota a piè di pagina n. 542 della prima decisione). Peraltro, come la Commissione ha giustamente sottolineato al punto 440 della prima decisione, qualora l’allineamento dei prezzi degli extra di dimensione fosse stato il frutto del normale andamento del mercato, riuscirebbe difficile comprendere perché le parti dell’intesa abbiano avvertito l’esigenza di riunirsi regolarmente per accordarsi su tali aumenti.

–       Sulle condizioni di vendita e i termini di pagamento

233    La ricorrente nella causa T‑489/09 ricorda che, ai punti 435 e seguenti della prima decisione, la Commissione ha considerato che le imprese in questione avevano concluso un’intesa riguardante le condizioni ed i termini di pagamento, quantomeno tra il 15 aprile 1992 ed il 30 settembre 1995. Orbene, la Leali non si sarebbe mai accordata con gli altri produttori e la sua politica, su tale punto, sarebbe stata del tutto autonoma. Peraltro, i termini di pagamento indicati (da 60 a 90 giorni) sarebbero correnti nelle vendite tra operatori professionali nel settore siderurgico.

234    Si deve rilevare che dalla prima decisione risulta che l’intesa ha riguardato anche i termini di pagamento, almeno fino al 30 settembre 1995 (punto 435 della prima decisione). Per fondare tale conclusione, la Commissione ha sottolineato che la regola generale del pagamento a 90 giorni, corredata di limitate e regolamentate eccezioni, era stata fissata nell’accordo di aprile 1992, relativo alla fissazione dei prezzi base minimi (punti 129 e 130 della prima decisione). Nuove decisioni relative ai termini di pagamento sono state adottate nel 1993 (punto 135 della prima decisione), nel 1994 (punto 145 della prima decisione) e nel 1995 (punti 161, da 163 a 168 e 174 della prima decisione).

235    A tal proposito, la ricorrente non può sostenere di non aver mai convenuto la fissazione di termini di pagamento con gli altri produttori e che la sua politica, su tale punto, è stata del tutto autonoma.

236    Sotto un primo profilo, come rileva giustamente la Commissione, risulta dal fascicolo che la Leali ha aderito all’accordo di aprile 1992, che stabiliva segnatamente la regola del pagamento a 90 giorni fine mese (punti 129 e 130 della prima decisione).

237    Sotto un secondo profilo, anche supponendo che la ricorrente non abbia partecipato alla riunione del 25 gennaio 1993, va sottolineato che la Federacciai ha informato tutti i produttori di tondo per cemento armato che, durante la suddetta riunione, era istituito, a partire dal 26 gennaio 1993, il pagamento a 60 giorni fine mese (punto 135 della prima decisione).

238    Sotto un terzo profilo, durante una riunione del 1° dicembre 1994, facendo seguito ad un telefax della Federacciai del 25 novembre 1994, sono state adottate segnatamente decisioni aventi per oggetto i termini di pagamento e gli sconti (punto 145 della prima decisione). Orbene, risulta altresì dal fascicolo che il contenuto di tali decisioni è stato indirizzato alla Leali.

239    Sotto un quarto profilo, con telefax del 21 luglio 1995, la Federacciai ha inviato ai produttori di tondo per cemento armato un modulo da firmare contenente l’impegno ad applicare, a decorrere dalle consegne del 1° settembre 1995, dilazioni di pagamento di massimo 60/90 giorni dalla data di spedizione a tutta la clientela, e di tempistiche di pagamento al 10, 20 o 30/31 di ogni mese in funzione della data di spedizione effettiva. Tale modulo era preceduto da una dichiarazione del direttore generale facente funzione della Federacciai, diretta a confermare la volontà di ridurre i termini di pagamento e di applicare la nuova ripartizione temporale di tali termini (punto 164 della prima decisione). Peraltro, il 26 luglio 1995, la Federacciai aveva inviato un telefax alle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi per informarle che, per quel che riguardava il sistema dei «60/90 giorni fine mese», l’accordo era unanime, mentre per quel che riguardava le tre cadenze mensili, ad esse si erano per il momento opposte la Riva e la Lucchini (punto 165 della prima decisione). Il 28 luglio 1995 le ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi hanno diramato una comunicazione con la quale informavano che, per le consegne di tondo per cemento armato, sarebbe stata applicata, dal 1° settembre 1995, senza eccezione alcuna, la condizione di pagamento a 60/90 giorni fine mese, peraltro già applicata (punto 166 della prima decisione).

240    Sotto un quinto profilo, il 31 luglio 1995, la Federacciai ha elaborato una comunicazione all’attenzione dei produttori di tondo per cemento armato in cui si affermava che esistevano le condizioni per una severa applicazione delle condizioni di pagamento a «60/90 giorni fine mese» (punto 167 della prima decisione). Durante una riunione del 29 agosto 1995 è stata decisa la conferma unanime dell’applicazione del pagamento a «60/90 giorni» agli ordini a partire dal 1° settembre 1995 (punto 168 della prima decisione).

241    Alla luce dell’insieme di tali elementi, la ricorrente nella causa T‑489/09 non può far valere di aver determinato autonomamente la propria politica commerciale per quanto riguarda le condizioni di vendita ed i termini di pagamento, né che i termini di pagamento indicati (da 60 a 90 giorni) sono correnti nelle vendite tra operatori professionali nel settore siderurgico.

242    Tenuto conto del complesso delle considerazioni che precedono, il presente motivo dev’essere respinto.

 Sul motivo vertente sulla violazione del principio di buona amministrazione e su un difetto di motivazione [sesto motivo, prima parte, nella causa T‑489/09 e quarto motivo, lettera b), nella causa T‑490/09]

243    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato il principio di buona amministrazione ed ha dato prova di parzialità. Esse contestano infatti alla Commissione di non aver tenuto conto di talune circostanze che si sarebbero rivelate essenziali per verificare la fondatezza degli addebiti formulati nei confronti delle imprese che hanno partecipato all’intesa. Esse fanno altresì valere un difetto di motivazione della prima decisione.

244    In via preliminare, va ricordato che il considerando 37 del regolamento n. 1/2003 precisa che quest’ultimo «ottempera ai diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare nella Carta dei diritti fondamentali» e che esso «dovrebbe essere interpretato e applicato in relazione a detti diritti e principi».

245    L’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali, rubricato «Diritto ad una buona amministrazione», al suo paragrafo 1, dispone che «[o]gni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione».

246    Secondo la giurisprudenza del giudice dell’Unione relativa al principio di buona amministrazione, allorché le istituzioni dell’Unione dispongono di un potere discrezionale, è di ancor più fondamentale importanza il rispetto, nei procedimenti amministrativi, delle garanzie offerte dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Fra tali garanzie figura, in particolare, l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi pertinenti della fattispecie (sentenza della Corte del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, Racc. pag. I‑5469, punto 14; sentenze del Tribunale del 15 dicembre 2010, E.ON Energie/Commissione, T‑141/08, Racc. pag. II‑5761, punto 65, e del 22 marzo 2012, Slovak Telekom/Commissione, T‑458/09 e T‑171/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 68).

247    Peraltro, come ha giustamente rilevato la Commissione al punto 468 della prima decisione, le prove devono essere valutate nel loro complesso, tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti (v. sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 160 supra, punto 175, e la giurisprudenza ivi citata).

248    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha tenuto conto di tre circostanze oggettive e dimostrate che risulterebbero essenziali per verificare la fondatezza degli addebiti formulati nei confronti delle imprese che hanno partecipato al presunto cartello, il che dimostrerebbe la parzialità che avrebbe caratterizzato la sua indagine. Anzitutto, l’Ansfer, che rappresenterebbe circa il 65% degli acquirenti di tondo per cemento armato in Italia, non sarebbe mai stata a conoscenza del fatto che le imprese pre‑sagomatrici avessero rilevato comportamenti anticompetitivi (punto 63 della prima decisione). Le imprese in questione avrebbero poi volontariamente prodotto varie fatture di vendita al fine di permettere alla Commissione di verificare l’assenza di similitudini di prezzo dei diversi produttori. Peraltro, la ricorrente nella causa T‑490/09 aggiunge che quando c’è omogeneità dei prezzi, questa risulta spesso dal fatto che un produttore abbia adeguato i propri prezzi a quelli di un altro, il che sarebbe lecito. Pertanto, per quanto riguarda il meccanismo di adeguamento dei prezzi praticati, indicato nei punti da 149 a 151 della prima decisione, sarebbe più aderente alla realtà ritenere che vi fosse uno scambio lecito d’informazioni, in seguito al quale le imprese avrebbero liberamente allineato i loro prezzi. Infine, la Commissione non avrebbe tenuto conto dello studio Lear (Laboratorio di economia, antitrust, regolamentazione), intitolato «L’industria del tondo per cemento armato in Italia dal 1989 al 2000», commissionato dalle imprese Alfa, Feralpi, IRO, SP e Valsabbia (in prosieguo: lo «studio Lear»), che dimostrerebbe l’assenza di effetti sul mercato derivanti dal presunto cartello. Nella prima decisione, la Commissione non avrebbe tenuto affatto conto di tali elementi e non avrebbe fornito alcuna spiegazione al riguardo, il che dimostrerebbe la parzialità della sua indagine. Secondo la ricorrente nella causa T‑489/09, in forza del principio di buona amministrazione, la Commissione sarebbe anche stata tenuta a chiedere alle altre imprese, che hanno partecipato al presunto cartello, le loro fatture per le vendite degli stessi quantitativi negli stessi periodi.

249    Sotto un primo profilo, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la Commissione ha debitamente tenuto conto della posizione dell’Ansfer ai punti 55, da 63 a 66 e 524 della prima decisione. Essa ha infatti sottolineato, al punto 524 della prima decisione, che la dichiarazione dell’Ansfer non poteva cancellare un dato di fatto incontrovertibile, ovvero l’esistenza di prove documentali dell’infrazione.

250    Sotto un secondo profilo, la Commissione ha effettivamente preso in considerazione, ai punti da 481 a 487 e da 494 a 496 della prima decisione, le fatture di vendita prodotte dalle imprese di cui trattasi per dimostrare la mancanza di allineamento sui prezzi convenuti.

251    Quanto agli accordi in questione, al punto 481 della prima decisione, la Commissione ha segnatamente ricordato la giurisprudenza del Tribunale secondo la quale la circostanza che un’impresa non si adegui ai risultati delle riunioni aventi un oggetto manifestamente anticoncorrenziale non è atta a privarla della sua piena responsabilità per la partecipazione all’intesa, qualora essa non abbia preso pubblicamente le distanze dall’oggetto delle riunioni. Essa ha aggiunto che era irrilevante il fatto che la Commissione non dimostrasse che tutte le imprese coinvolte avevano dato attuazione all’accordo o che tutte gli avevano dato attuazione con le stesse modalità. Al punto 486 della prima decisione, la Commissione ha altresì sottolineato che, nel caso di un accordo, risultava irrilevante la questione di un comportamento divergente, non identico o non contemporaneo, rispetto alla comune volontà espressa di tenere un determinato comportamento sul mercato, la quale però potrebbe essere eventualmente esaminata nel quadro della valutazione dell’esistenza di una pratica concordata. Peraltro, al punto 487 della prima decisione, la Commissione ha osservato che il fatto che, per tutti i produttori, le fermate produttive avevano luogo in periodi festivi e che ciò costituiva una pratica abituale o che i termini di pagamento erano quelli abitualmente praticati, sarebbe rilevante soltanto in mancanza di una precedente concertazione.

252    Per quanto riguarda le pratiche concordate oggetto della prima decisione, la Commissione ha rilevato, ai punti da 494 a 496 della prima decisione, con riferimento ai prezzi base, che la giurisprudenza richiede che un comportamento sia stato effettivamente messo in atto. Orbene, la pubblicazione di listini prezzi sarebbe considerata un comportamento ai sensi della giurisprudenza. Essa ha aggiunto che l’oggetto della concertazione era di influire sul comportamento dei produttori sul mercato e di rendere manifesto il comportamento che ciascuno di loro si proponeva di tenere, in pratica, sulla determinazione del prezzo base. A tal proposito, la distinzione tra prezzi di listino e prezzi effettivamente applicati sul mercato, sottolineata dalle parti dell’intesa, non sarebbe apparsa determinante, atteso che i campioni di fatture relativi ai periodi in cui gli aumenti di prezzi erano decisi, forniti dalle parti dell’intesa, non avrebbero consentito di verificare se il prezzo medio praticato corrispondesse o divergesse da quello dei listini. Peraltro, anche nei casi in cui sono stati forniti i prezzi medi, non si sarebbe potuto escludere che la divergenza fosse legata alla congiuntura del mercato o alla volontà di sfruttare l’intesa a proprio vantaggio.

253    A tal proposito, si è anche rammentato al punto 175 supra, che spetta agli operatori interessati rovesciare la presunzione secondo la quale le imprese che partecipano alla concertazione e che restano attive sul mercato tengono conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti per determinare il proprio comportamento su tale mercato. Ne consegue che la ricorrente nella causa T‑489/09 non può neppure validamente sostenere che spettava alla Commissione, in forza del principio di buona amministrazione, chiedere alle altre imprese che hanno partecipato al presunto cartello le loro fatture per le vendite degli stessi quantitativi negli stessi periodi.

254    La ricorrente nella causa T‑490/09 non può validamente sostenere a tal riguardo che qualora sussista omogeneità dei prezzi, questa risulta spesso dal fatto che un produttore ha adeguato i suoi prezzi a quelli di un altro, il che sarebbe lecito, né che, per quanto riguarda il meccanismo di adeguamento dei prezzi praticati, indicato ai punti da 149 a 151 della prima decisione, sarebbe più aderente alla realtà ritenere che vi fosse uno scambio lecito di informazioni, in seguito al quale le imprese avrebbero liberamente allineato i loro prezzi. Infatti, un argomento del genere è fondato sul presupposto che le imprese abbiano allineato liberamente i propri prezzi, il quale è errato poiché la Commissione ha raccolto numerosi elementi di prova che gli aumenti di prezzi riscontrati nella specie sono il frutto di contatti collusivi tra le imprese interessate. A tal riguardo, occorre sottolineare che la ricorrente nella causa T‑490/09 non ha contestato detti elementi di prova, contenuti nel fascicolo amministrativo e prodotti dalla Commissione in allegato al suo controricorso, i quali dimostrano siffatta cronologia tra i contatti collusivi e gli aumenti di prezzo.

255    Sotto un terzo profilo, la Commissione ha debitamente tenuto conto dello studio Lear ai punti 42, da 50 a 56, 62, 513, 521 e 585 della prima decisione. Per quanto riguarda in particolare le conclusioni dello studio Lear sugli effetti dell’intesa, al punto 513 della prima decisione la Commissione ha segnatamente rilevato che, «prendendo come punti di riferimento i prezzi medi degli extra di dicembre 1989-gennaio 1990 e maggio-giugno 2000 (...) [essa] stima[va] un aumento del prezzo degli extra di circa 40% in termini reali». Secondo la Commissione, «[c]iò significa[va] che anche volendo considerare importanti riduzioni del prezzo base in termini reali, i dati non sembra[va]no supportare la tesi dello studio Lear di una riduzione del prezzo totale del 32% in termini reali» e che, «[d]el resto, lo studio Lear si basa[va] su ipotesi necessarie alla ricostruzione di una parte dei dati (relativi al periodo iniziale) che non erano disponibili». Inoltre, al punto 521 della prima decisione, la Commissione ha ricordato la giurisprudenza del Tribunale secondo la quale un’analisi economica non poteva cancellare un dato di fatto incontrovertibile consistente in prove documentali (sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 1088).

256    Alla luce delle considerazioni svolte ai punti da 249 a 255, supra, la ricorrente nella causa T‑489/09 non può validamente sostenere che la Commissione si è astenuta dal tener conto degli elementi menzionati al punto 243, supra, né che la Commissione si è astenuta dal fornire una spiegazione al riguardo.

257    In secondo luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 fa valere che anche gli elementi di prova riportati nella decisione del 2002 e nei suoi allegati sui listini, che mancherebbero nella prima decisione, non sono stati correttamente presi in considerazione dalla Commissione. Il tondo per cemento armato rappresenterebbe una materia prima (commodity), per la quale la sola possibilità di concorrenza risiederebbe nei prezzi. Orbene, i prezzi annunciati dai diversi produttori, oltre ad essere quasi sempre indicati come «obiettivo», avrebbero spesso avuto variazioni di 10‑15 ITL/kg, talvolta anche di 10‑20 ITL/kg, il che si rivelerebbe una differenza notevole. A tal proposito, la pubblicazione di listini prezzi diversi, da parte dei produttori di tondo per cemento armato in Italia, avrebbe dovuto costituire per la Commissione la prova evidente di una dissociazione sostanziale da parte di ciascun imprenditore nell’eventuale ipotesi di una presunta intesa.

258    Un siffatto argomento deve, tuttavia, essere respinto, atteso che dalla giurisprudenza del Tribunale, rammentata al punto 481 della prima decisione (v. punto 250, supra), risulta che la circostanza che un’impresa non si adegui ai risultati delle riunioni aventi un oggetto manifestamente anticoncorrenziale non è atta a privarla della sua piena responsabilità per la sua partecipazione all’intesa, qualora essa non abbia preso pubblicamente le distanze dall’oggetto delle riunioni. Anche supponendo che il comportamento sul mercato della ricorrente e degli altri produttori, che avrebbero annunciato obiettivi di prezzo diversi, non fosse conforme al comportamento convenuto, ciò non incide in nulla sulla loro responsabilità (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 14 maggio 1998, Sarrió/Commissione, T‑334/94, Racc. pag. II‑1439, punto 118, confermata in sede di impugnazione con sentenza della Corte del 16 novembre 2000, Sarrió/Commissione, C‑291/98 P, Racc. pag. I‑9991, punti 43 e 49), dato che essi hanno semplicemente potuto tentare di utilizzare l’intesa a loro vantaggio (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 15 giugno 2005, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 74, e la giurisprudenza ivi citata).

259    La ricorrente nella causa T‑490/09 aggiunge che, nell’omettere gli allegati della prima decisione, la Commissione avrebbe avuto la volontà di ridurre o persino di eliminare tutti gli elementi che avrebbero potuto, in qualche modo, andare contro le sue accuse. Un tale argomento tuttavia non può essere condiviso, posto che l’omissione degli allegati è stata corretta con la decisione di modifica.

260    In terzo luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 sostiene che molti punti della prima decisione dedicati ai fatti (punti da 124 a 341 della prima decisione) costituiscono valutazioni soggettive che non possono essere presentate come fatti da cui partire per valutare il caso.

261    Da un lato, al punto 130 della prima decisione, la Commissione avrebbe osservato che «[era] certo che l’accordo descritto al punto (129) [fosse] stato effettivamente messo in esecuzione». Infatti, secondo la Commissione, «otto imprese che al detto accordo non avevano aderito (...), intendevano aderire (...) “allo spirito ed alle condizioni dell’accordo in essere”», il che rappresenterebbe una valutazione della Commissione e non un dato di fatto.

262    Occorre sottolineare che, al punto 129 della prima decisione, la Commissione ha menzionato l’accordo di aprile-maggio 1992 diretto a fissare i prezzi minimi di vendita del tondo per cemento armato. Tale accordo è attestato dal documento ritrovato dalla Commissione nei locali della Federacciai. Al punto 130 della prima decisione, la Commissione ha considerato che, poiché otto imprese avevano inteso aderire all’accordo il 1° giugno 1992, l’accordo era dunque «certamente applicato il 31 maggio 1992 (data immediatamente precedente a quella a partire dalla quale intendevano aderirvi le altre otto imprese)». Orbene, una deduzione fattuale del genere, fondata su documenti contenuti nel fascicolo, non può essere considerata una valutazione soggettiva della Commissione. Si deve peraltro rilevare che la valutazione giuridica del suddetto accordo non figura nel titolo «Contesto fattuale» della prima decisione, bensì nel titolo «Valutazione giuridica» di quest’ultima, e segnatamente ai punti 419, 478 e 479 della suddetta decisione.

263    Dall’altro, la Commissione avrebbe considerato accertato il fatto che talune imprese intendessero aderire ad un accordo sui prezzi, tra l’aprile e il luglio 1992, con la previsione di fermate produttive, sulla sola base di un documento ritrovato, che non menzionerebbe alcuna impresa in particolare. L’origine di tale documento sarebbe sconosciuta, e sebbene un siffatto documento abbia potuto servire da bozza per l’elaborazione di un altro documento, esso non sarebbe stato firmato, né siglato. Si deve tuttavia constatare che il documento cui fa riferimento la Commissione al punto 132 della prima decisione, rinvenuto nei locali della Federacciai, menziona, oltre a 19 imprese interessate, talune date che attestano la sua adozione tra il 13 aprile 1992 e il mese di luglio 1992, nonché talune fermate produttive di una durata di tre settimane nei mesi di luglio e di agosto e di una settimana al mese dal settembre 1992 al febbraio 1993. Alla luce, segnatamente, del contesto descritto ai punti da 124 a 134 della prima decisione, è irrilevante l’argomento della ricorrente secondo il quale la suddetta bozza non sarebbe né siglata né firmata. Infatti, essendo notori tanto il divieto di partecipare a pratiche e accordi anticoncorrenziali quanto le sanzioni che possono essere irrogate ai contravventori, di norma la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo (v., in tal senso, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 149 supra, punto 55).

264    Di conseguenza, gli argomenti della ricorrente nella causa T‑489/09 non possono essere accolti.

265    In quarto luogo, nella replica, la ricorrente nella causa T‑489/09 ha sottolineato, da un lato, che nessuna considerazione era stata tratta dalla Commissione dalla circostanza che, nonostante il cartello ultradecennale, il numero di imprese inizialmente partecipanti si era ridotto di 4/5, con la chiusura e lo smantellamento di molti impianti, e, dall’altro, che i prezzi in termini reali del tondo per cemento armato erano scesi del 30% durante tale periodo.

266    Poiché l’addebito menzionato al punto 265, supra, è stato dedotto solo nella fase della replica e non costituisce neppure l’estensione di un motivo dedotto nel ricorso, esso deve essere dichiarato irricevibile, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 62, supra.

267    In ogni caso, si deve constatare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente nella causa T‑489/09, la Commissione, da un lato, ha effettivamente preso in considerazione, ai punti 551, 552 e 585, la riduzione del numero di imprese attive sul mercato e, dall’altro, ha confutato l’argomento attinente al presunto calo dei prezzi in termini reali al punto 513 della prima decisione. L’argomento della ricorrente nella causa T‑489/09 non può quindi essere accolto.

268    Ne consegue che il presente motivo deve essere respinto.

 Sul motivo vertente sulla violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti [ottavo motivo nella causa T‑489/09 e quarto motivo, lettera c), nella causa T‑490/09]

–       Osservazioni preliminari

269    Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento all’esito del quale possano essere inflitte sanzioni, specialmente ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa (sentenze della Corte del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione, 85/76, Racc. pag. 461, punto 9, e del 3 settembre 2009, Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, Racc. pag. I‑7191, punto 34).

270    Va ricordato che sono la comunicazione degli addebiti, da un lato, e l’accesso al fascicolo, dall’altro, i mezzi che consentono alle imprese oggetto di un’indagine di prendere conoscenza degli elementi di prova di cui dispone la Commissione e di conferire ai diritti della difesa la loro piena effettività (sentenze della Corte del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 220 supra, punti 315 e 316; Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 149 supra, punti 66 e 67, e del 10 maggio 2007, SGL Carbon/Commissione, C‑328/05 P, Racc. pag. I‑3921, punto 55).

271    Corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, il diritto di accesso al fascicolo implica che la Commissione deve dare all’impresa interessata la possibilità di procedere ad un esame di tutti i documenti del fascicolo d’istruzione che potrebbero essere rilevanti per la sua difesa. Questi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti commerciali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e altre informazioni riservate (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 149 supra, punto 68).

272    L’omessa comunicazione di un documento a carico configura una violazione dei diritti della difesa solo se l’impresa interessata dimostra, da un lato, che la Commissione si è basata su tale documento per suffragare il suo addebito relativo all’esistenza di un’infrazione e, dall’altro, che l’addebito possa essere provato solo facendo riferimento al documento stesso. In presenza di altre prove documentali, di cui i partecipanti all’intesa abbiano preso conoscenza durante il procedimento amministrativo, che sostengano specificamente le conclusioni della Commissione, l’eliminazione dai mezzi di prova del documento a carico non comunicato non inficerebbe la fondatezza degli addebiti accertati nella decisione contestata. All’impresa interessata spetta pertanto dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se dai mezzi di prova a carico avesse dovuto essere eliminato un documento non comunicato sul quale la Commissione si è basata per incriminare tale impresa (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 149 supra, punti da 71 a 73).

273    Per contro, per quanto riguarda la mancata comunicazione di un documento a discarico, l’impresa interessata deve solo provare che la sua mancata divulgazione abbia potuto influenzare, a suo discapito, lo svolgimento del procedimento ed il contenuto della decisione della Commissione. È sufficiente che l’impresa dimostri che essa avrebbe potuto utilizzare tale documento a discarico per la propria difesa, nel senso che, se essa avesse potuto avvalersene durante il procedimento amministrativo, avrebbe potuto far valere elementi non concordanti con le deduzioni operate in quello stadio dalla Commissione e avrebbe potuto, pertanto, influenzare, in una qualsiasi maniera, le valutazioni svolte da quest’ultima nella decisione eventuale, quanto meno con riguardo alla gravità e alla durata del comportamento contestatole e, di conseguenza, all’entità dell’ammenda (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 149 supra, punti 74 e 75).

274    È alla luce delle suddette considerazioni che occorre rispondere agli argomenti delle ricorrenti.

–       Sulla prima parte, attinente alla mancata comunicazione di nuovi addebiti

275    Le ricorrenti fanno valere che la prima decisione non è stata preceduta da una comunicazione degli addebiti supplementari, successiva all’annullamento della decisione del 2002, bensì da una semplice lettera datata 30 giugno 2008. Orbene, in tale lettera, si sarebbe fatto riferimento a fatti nuovi e ad una giurisprudenza successiva alla comunicazione degli addebiti. Poiché le imprese interessate non avrebbero avuto la possibilità di prendere adeguatamente posizione sui nuovi elementi di fatto e giurisprudenziali citati dalla Commissione, sarebbero stati violati i loro diritti della difesa. Peraltro, taluni addebiti formulati nella decisione del 2002 non comparirebbero più nella prima decisione.

276    La Commissione sostiene in via preliminare che, nella misura in cui tale motivo si fonda sul contenuto asseritamente nuovo della lettera del 30 giugno 2008, esso deve essere dichiarato irricevibile, poiché le ricorrenti non indicherebbero i fatti nuovi e la giurisprudenza successiva alla comunicazione degli addebiti cui esse fanno riferimento.

277    È giocoforza constatare che sebbene, di certo, nei loro ricorsi le ricorrenti non abbiano dedotto, in via generale, una violazione dei loro diritti della difesa per mancanza di una comunicazione degli addebiti supplementari, esse si sono anche espressamente basate sugli elementi nuovi contenuti nei punti 134 in fine, 208, 214, 473 e 478 della prima decisione e sull’eliminazione dei punti 98, 175 e 176 della decisione del 2002, dal testo della prima decisione. Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza ricordata al punto 62 supra e nei limiti in cui riguardano gli elementi citati, figuranti espressamente nei ricorsi, la parte in esame dev’essere dichiarata ricevibile.

278    Per quanto riguarda la fondatezza delle affermazioni delle ricorrenti, giova ricordare che la comunicazione degli addebiti costituisce la garanzia procedurale che applica il principio fondamentale del diritto dell’Unione che esige il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento. Tale principio impone, in particolare, che la comunicazione degli addebiti inviata dalla Commissione ad un’impresa alla quale essa intende infliggere una sanzione per violazione delle norme sulla concorrenza contenga gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova sui quali si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico (sentenza della Corte del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, Racc. pag. I‑7415, punti da 26 a 28; v. altresì, in tal senso, sentenza Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, cit. al punto 269 supra, punti da 34 a 36, e la giurisprudenza ivi citata).

279    Il rispetto dei diritti della difesa esige, infatti, che l’impresa interessata sia stata messa in condizione, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita sussistenza di un’infrazione a suo carico (v. sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 149 supra, punto 66, e la giurisprudenza ivi citata).

280    Va inoltre ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, l’annullamento di un atto dell’Unione non incide necessariamente sugli atti preparatori, poiché, in linea di principio, il procedimento diretto a sostituire l’atto annullato può ripartire dal punto preciso in cui l’illegittimità si è verificata (sentenze della Corte del 12 novembre 1998, Spagna/Commissione, C‑415/96, Racc. pag. I‑6993, punti 31 e 32, e del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 220 supra, punto 73; sentenza del Tribunale del 25 giugno 2010, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑66/01, Racc. pag. II‑2631, punto 125).

281    Peraltro, secondo la giurisprudenza, allorché, in seguito all’annullamento di una decisione in materia di concorrenza, la Commissione sceglie di rimediare all’illegittimità od alle illegittimità accertate e di adottare una decisione identica non viziata da tali illegittimità, quest’ultima decisione riguarda i medesimi addebiti in merito ai quali le imprese si sono già pronunciate (sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 220 supra, punto 98).

282    Nel caso di specie, è giocoforza constatare che, al momento dell’annullamento della decisione del 2002, gli atti preparatori compiuti dalla Commissione permettevano un’analisi esaustiva del comportamento delle imprese di cui trattasi alla luce dell’articolo 65, paragrafo 1, CA.

283    Poiché, come ricordato al punto 21, supra, la decisione del 2002 è stata annullata a causa del fatto che l’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA era scaduto il 23 luglio 2002 e che la Commissione non poteva quindi più fondare la propria competenza sulle suddette disposizioni, estinte al momento dell’adozione della decisione in parola, per constatare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA e per infliggere ammende alle imprese che avrebbero partecipato alla suddetta infrazione, l’esecuzione della sentenza SP e a./Commissione, cit. al punto 21 supra, imponeva alla Commissione di far ripartire il procedimento dal punto preciso in cui l’illegittimità si era verificata, vale a dire dal momento dell’adozione della decisione del 2002. Pertanto, la Commissione non era obbligata ad indirizzare alle ricorrenti una nuova comunicazione degli addebiti.

284    Per quanto riguarda le presunte modifiche operate tra la decisione del 2002 e la prima decisione, dev’essere sottolineato che l’annullamento della decisione del 2002 con la sentenza SP e a./Commissione, cit. al punto 21 supra, ha comportato il suo venir meno nell’ordinamento giuridico dell’Unione. Inoltre, come ricordato al punto 270 supra, sono la comunicazione degli addebiti, da un lato, e l’accesso al fascicolo, dall’altro, a conferire piena effettività ai diritti della difesa, sicché i paragoni tracciati dalle ricorrenti tra la decisione del 2002 e la prima decisione sono privi di qualsiasi rilevanza.

285    In primo luogo, le ricorrenti affermano che con la prima decisione sono stati mossi nuovi addebiti. A tal riguardo, anzitutto, l’argomento delle ricorrenti secondo cui il punto 134 in fine della prima decisione, il quale enuncia che «[s]uccessivamente, è stata presa in considerazione anche la limitazione della produzione di questo prodotto», aggiungerebbe un fatto nuovo rispetto alla decisione del 2002 e determinante per qualificare l’intesa come «molto grave» è privo di fondamento, poiché tale affermazione ricorre al punto 63 della comunicazione degli addebiti.

286    Le ricorrenti sostengono poi che il punto 208 della prima decisione, che precisa che «[i]l termine “ulteriore” mostra infatti che alla limitazione programmata per novembre è stata data esecuzione» e che «[t]ale decisione (di ulteriore limitazione) è stata presa», sembra contenere elementi nuovi rispetto al punto 193 della decisione del 2002, sui quali le ricorrenti non avrebbero mai potuto pronunciarsi. Tuttavia, è giocoforza constatare che la menzione del termine «ulteriore» compariva già al punto 139 della comunicazione degli addebiti, dove era stato persino sottolineato dalla Commissione.

287    Peraltro, le ricorrenti affermano che il punto 214 della prima decisione introdurrebbe un elemento nuovo rispetto al punto 199 della decisione del 2002, in quanto si farebbe riferimento al fatto che la «Lucchini/Siderpotenza aveva informato il 13 novembre 1997 il Dott. Pierluigi Leali che il suo rappresentante, (...), non avrebbe potuto partecipare alla riunione». Tuttavia, come rilevato dalla Commissione, tale affermazione figurava già al punto 139 della comunicazione degli addebiti.

288    Inoltre, il punto 473 della prima decisione introdurrebbe un elemento nuovo, secondo cui il «29 agosto 1995: sono state prese decisioni circa i termini di pagamento, i prezzi e la comunicazione di previsioni di produzione». Occorre nondimeno rilevare che tale indicazione figurava già, in particolare, ai punti 97 e 284 della comunicazione degli addebiti.

289    Infine, il punto 478 della prima decisione farebbe riferimento a un «protocollo di adesione», che non sarebbe mai stato menzionato prima, perlomeno in un siffatto contesto. Occorre tuttavia necessariamente constatare che il suddetto protocollo veniva già menzionato nella nota a piè di pagina n. 35 della comunicazione degli addebiti.

290    In secondo luogo, le ricorrenti affermano che non vengono più formulati taluni addebiti. Tuttavia, oltre all’irrilevanza dei paragoni tracciati dalle ricorrenti tra la decisione del 2002 e la prima decisione (v. punto 284 supra), le ricorrenti non indicano in alcun modo le ragioni per cui la mancata formulazione, nella prima decisione, di addebiti contenuti nella decisione del 2002 abbia potuto costituire una violazione dei loro diritti della difesa. Nelle loro memorie, le ricorrenti non hanno neppure contestato l’affermazione della Commissione secondo cui tali punti non contenevano alcun elemento a discarico delle imprese di cui trattasi, sicché la loro censura non può essere accolta.

291    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che la prima parte del presente motivo deve essere respinta.

–       Sulla seconda parte, attinente all’inosservanza della «pienezza» dei diritti della difesa della ricorrente nella causa T‑490/09

292    La ricorrente nella causa T‑490/09 osserva che, nel corso del procedimento conclusosi con l’adozione della prima decisione, la Commissione non ha rispettato sufficientemente la pienezza dei suoi diritti della difesa. Innanzitutto, nel notificare alle imprese la comunicazione degli addebiti, la Commissione avrebbe omesso di allegarvi il CD‑ROM contenente l’insieme dei documenti accessibili relativi al comportamento in oggetto. In seguito, la Commissione non avrebbe accolto le domande di proroga dei termini assegnati per presentare osservazioni, in particolare in occasione della comunicazione degli addebiti supplementari. Infine, la Commissione sarebbe incorsa in svariati errori ed omissioni nella trasmissione dei documenti del fascicolo alle imprese coinvolte. Pertanto, ci sarebbero state numerose imprecisioni in ordine alla classificazione dei documenti in funzione del loro grado di accessibilità, «tali da impedire alla ricorrente [nella causa T‑490/09] l’effettiva estrinsecazione del proprio diritto di difesa».

293    In primo luogo, per quanto riguarda l’omissione del CD‑ROM dai documenti notificati alle imprese, di cui trattasi, con la comunicazione degli addebiti, va ricordato che, secondo la giurisprudenza, la circostanza che un documento sia menzionato in una comunicazione degli addebiti senza esservi allegato non costituisce, in linea di principio, una violazione dei diritti della difesa purché i destinatari di detta comunicazione possano accedervi prima di dover rispondere alla stessa (sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, Dalmine/Commissione, T‑50/00, Racc. pag. II‑2395, punto 60).

294    Nel caso di specie, la comunicazione degli addebiti, notificata il 26 marzo 2002 (v. punto 18 supra), è pervenuta ai suoi destinatari il 28 marzo 2002, mentre il CD‑ROM contenente i documenti del fascicolo è stato loro recapitato in data 4 aprile 2002. Il termine assegnato dalla Commissione alle imprese di cui trattasi per presentare osservazioni, inizialmente fissato in sei settimane, è stato prorogato di quattro giorni supplementari (nonché di ulteriori tre giorni per tenere conto del fatto che durante il periodo così prorogato si situavano giorni festivi) (punto 116 della prima decisione). Non si può quindi considerare che i diritti della difesa della ricorrente nella causa T‑490/09 siano stati violati a causa di una comunicazione tardiva del CD-ROM contenente il fascicolo d’istruzione.

295    In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente nella causa T‑490/09 relativo alla mancata proroga dei termini che le sono stati impartiti per presentare osservazioni, al punto 294 supra è stato sottolineato che una prima proroga del termine per rispondere alla comunicazione degli addebiti era stata concessa in seguito al ritardo nell’invio del CD-ROM di cui trattasi. Emerge inoltre dal punto 116 della prima decisione, non contestato dalla ricorrente nella causa T‑490/09, che, contrariamente ad altre imprese, essa non ha chiesto al consigliere auditore una seconda proroga del termine che le era stato concesso per presentare eventuali osservazioni scritte alla Commissione. In seguito alla rettifica, da parte della Commissione, della comunicazione degli addebiti per la presenza di rinvii inesatti e per il fatto che taluni documenti del fascicolo erano inaccessibili, essa ha concesso ai suoi destinatari un termine supplementare per pronunciarsi in merito ai suddetti addebiti. Per quanto concerne la comunicazione degli addebiti supplementari, inviata ai suoi destinatari il 13 agosto 2002, il termine che era stato fissato per consentire alle imprese di presentare osservazioni e che scadeva il 13 settembre 2002, è stato prorogato dal consigliere auditore fino al 20 settembre 2002. È stata inoltre organizzata una seconda audizione in presenza dei rappresentanti degli Stati membri il 30 settembre 2002 (punto 119 della prima decisione). In considerazione di tali elementi, è privo di fondamento l’argomento della ricorrente nella causa T‑490/09 relativo al presunto rigetto di «ogni istanza di proroga».

296    In terzo luogo, per quanto riguarda le presunte imprecisioni ed errori nella classificazione, in funzione del loro grado di accessibilità, dei documenti trasmessi alle imprese interessate, è sufficiente constatare che la ricorrente nella causa T‑490/09 omette di citare i documenti ai quali non avrebbe avuto accesso o i documenti riservati ad essa relativi che sarebbero stati divulgati e di esporre le ragioni per le quali tali circostanze abbiano potuto integrare una violazione dei suoi diritti della difesa.

297    Ne consegue che la seconda parte del presente motivo deve essere respinta.

–       Sulla terza parte, attinente al «sequestro» illegittimo di documenti

298    La ricorrente nella causa T‑490/09 afferma che, nel corso del procedimento amministrativo, la Commissione ha violato i suoi diritti della difesa in quanto, durante gli accertamenti effettuati nella sede della Leali, gli agenti della Commissione avrebbero «sequestrato» documenti relativi alle AFLL, che si trovavano presso la suddetta sede, mentre invece le AFLL non sarebbero state destinatarie della decisione della Commissione del 16 ottobre 2000 che ingiungeva alla Leali e alla Sideria srl e al complesso delle loro controllate di sottoporsi ad un accertamento in applicazione dell’articolo 47 CA (caso COMP/E‑1/37.956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione di accertamento»). Orbene, la decisione di accertamento non avrebbe autorizzato la ricerca o il sequestro di documenti relativi ad imprese che non fossero destinatarie della medesima. A tal riguardo, solo con lettera del 14 febbraio 2002 la Commissione avrebbe chiesto alla ricorrente nella causa T‑490/09 informazioni ai sensi dell’articolo 47 CA.

299    In forza dell’articolo 47 CA:

«La Commissione può raccogliere le informazioni necessarie per l’adempimento della sua missione. Essa può far compiere gli accertamenti necessari».

300    Va ricordato che, conformemente all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione n. 379/84/CECA della Commissione, del 15 febbraio 1984 che definisce i poteri degli agenti e dei mandatari della Commissione incaricati degli accertamenti previsti dal trattato CECA e dalle decisioni adottate per la sua applicazione (GU L 46, pag. 23), «[g]li agenti e i mandatari della Commissione incaricati di svolgere nei confronti delle imprese gli accertamenti previsti dall’articolo 47, primo comma, [CA], sono investiti dei seguenti poteri: a) effettuare i controlli dei libri e degli altri documenti aziendali e finanziari, necessari per adempiere allo scopo dell’accertamento (...); b) prendere copia, fotocopia o estratti dei libri e documenti aziendali e finanziari». La Commissione poteva dunque, a buon diritto, prendere copia di documenti presso la sede delle imprese espressamente menzionate all’articolo 3 della decisione di accertamento.

301    La ricorrente nella causa T‑490/09 a tal riguardo non può sostenere che la decisione di accertamento non autorizzava la Commissione a ricercare o a sequestrare documenti relativi a società che non fossero la Leali, la Sideria o le loro controllate. Da un lato, dal decimo considerando della decisione n. 379/84 emerge che «la raccolta delle informazioni necessarie deve essere limitata unicamente dallo scopo dell’accertamento». Dall’altro, come risulta dall’articolo 1, primo comma, della decisione di accertamento, la Leali, la Sideria e le altre filiali erano tenute a sottoporsi ad un accertamento «in merito sia all’esistenza di eventuali accordi, pratiche concordate e/o decisioni di associazioni di imprese contrari all’articolo 65 [CA] nel settore del tondo per cemento armato e aventi per oggetto, in particolare, la fissazione dei prezzi, l’attribuzione di quote e la riduzione della produzione, che all’identità di tutte le imprese e associazioni di imprese interessate».

302    Ne consegue che la Commissione poteva, a buon diritto, effettuare controlli e prendere copia di documenti relativi alla ricorrente nella causa T‑490/09, depositati nei locali della Leali, riguardanti l’esistenza di eventuali accordi, pratiche concordate o decisioni di associazioni di imprese contrari all’articolo 65 CA nel settore del tondo per cemento armato e aventi ad oggetto, in particolare, la fissazione dei prezzi, l’attribuzione di quote e la riduzione della produzione, nonché l’identità di tutte le imprese interessate, conformemente all’articolo 1 della decisione di accertamento.

303    Ne consegue che la terza parte del presente motivo deve essere respinta.

–       Sulla quarta parte, attinente alla mancata comunicazione dei documenti relativi alla cooperazione della Ferriere Nord

304    La ricorrente nella causa T‑489/09 fa valere che i suoi diritti della difesa sono stati violati in quanto la Commissione non le avrebbe consentito di prendere conoscenza dei documenti che le erano stati presentati dalla Ferriere Nord nell’ambito della sua cooperazione ai sensi della comunicazione sulla cooperazione del 1996.

305    Secondo il punto 636 della prima decisione, la «Ferriere Nord ha fornito alla Commissione indicazioni utili che hanno permesso alla Commissione di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa». Al punto 637 della prima decisione, la Commissione ha aggiunto che la «Ferriere Nord [era] stata l’unica a comunicar[le] (...) informazioni che le [avevano] permesso di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa». La Commissione ha precisato, nella nota a piè di pagina n. 685 della prima decisione, che la «Ferriere Nord [aveva] comunicato delle precisazioni sui documenti ritrovati presso la sua sede» e che essa le aveva comunicato spontaneamente la tabella menzionata al punto 251 della prima decisione, che essa aveva completato aggiungendovi i nomi delle imprese, criptati nel documento in suo possesso. Così, secondo la Commissione, il contributo della Ferriere Nord le ha consentito di stabilire un nesso con il documento «Ipotesi di lavoro», di cui al punto 247 della prima decisione, confermando che il codice e la chiave di lettura erano identici. Essa ha altresì sottolineato che il parziale accoglimento delle richieste delle due imprese che avevano chiesto un aumento delle loro quote, oggetto dell’accordo della fine del 1998, aveva contribuito a dimostrare come l’ipotesi di lavoro non fosse rimasta tale e che all’accordo di settembre-novembre 1998 era stata data esecuzione.

306    La ricorrente nella causa T‑489/09 rileva che la Ferriere Nord ha cooperato con i servizi della Commissione, producendo le memorie del 14 febbraio e del 13 luglio 2001 e un corrigendum del 30 luglio 2001 (punto 114 della prima decisione), i quali avrebbero permesso alla Commissione di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa. La Ferriere Nord avrebbe così beneficiato di una riduzione del 20% dell’importo della sua ammenda. La Commissione, tuttavia, non avrebbe indicato alle altre imprese coinvolte nell’intesa che essa considerava la cooperazione della Ferriere Nord utile per comprendere meglio il funzionamento dell’intesa (punto 152 della comunicazione degli addebiti) e non avrebbe reso accessibili tali memorie alle suddette imprese prima dell’adozione della prima decisione, violando così i loro diritti della difesa. La ricorrente nella causa T‑489/09 fa valere che, poiché la Ferriere Nord sembra riconoscere fatti per il periodo successivo al 1997, si pone il problema di sapere come la Commissione possa mantenere addebiti per un periodo precedente al 1997, in mancanza di cooperazione decisiva per comprendere il funzionamento dell’intesa.

307    In via preliminare, va sottolineato che, al punto 52 della comunicazione degli addebiti, la Commissione ha chiaramente identificato le memorie che le erano state comunicate dalla Ferriere Nord nonché i numeri delle pagine corrispondenti del suo fascicolo.

308    In primo luogo, deve essere respinto l’argomento della ricorrente nella causa T‑489/09, attinente al fatto che la Commissione non avrebbe indicato alle altre imprese coinvolte nell’intesa, fino alla comunicazione degli addebiti, che essa considerava utile la cooperazione della Ferriere Nord. Risulta infatti dal punto E, paragrafo 2, della comunicazione sulla cooperazione del 1996 che è solo al momento dell’adozione della decisione che la Commissione valuta una siffatta utilità.

309    In secondo luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 non può sostenere che la Commissione ha violato i suoi diritti della difesa non rendendo accessibili le memorie di cui al punto 306, supra. Infatti, l’argomento della ricorrente nella causa T‑489/09 secondo il quale la Commissione non poteva mantenere taluni addebiti per un periodo precedente al 1997, in assenza di cooperazione decisiva per comprendere il funzionamento dell’intesa, non può essere accolto poiché, come si è ricordato al punto 305, supra, il contributo della Ferriere Nord ha soltanto consentito alla Commissione di dimostrare un nesso con il documento «Ipotesi di lavoro», di cui al punto 247 della prima decisione, relativo all’accordo di settembre‑novembre 1998. Risulta inoltre dall’insieme degli elementi menzionati segnatamente ai punti da 419 a 459 della prima decisione che la Commissione non si è fondata unicamente sulla domanda di cooperazione della Ferriere Nord per accertare l’infrazione nel periodo precedente al 1997.

310    In ogni caso, da un lato, occorre sottolineare che, con la memoria del 14 febbraio 2001, la Ferriere Nord ha comunicato alla Commissione informazioni e documenti relativi al verbale di verifica di ottobre 2000, nonché una copia della tabella sequestrata durante gli accertamenti, debitamente completata con l’aggiunta dei nomi delle imprese interessate, i quali erano criptati nel documento in possesso della Commissione. Tale documento faceva parte del fascicolo della Commissione ed era accessibile.

311    Dall’altro, riguardo alla memoria del 13 luglio 2001, va rilevato che si tratta del documento riservato con il quale la Ferriere Nord ha formalmente chiesto di poter beneficiare della comunicazione sulla cooperazione del 1996. L’esistenza di tale memoria (come del corrigendum del 30 luglio 2001) era nota alla ricorrente nella causa T‑489/09, in quanto essa è menzionata al punto 52 della comunicazione degli addebiti e il contenuto della suddetta memoria e del corrigendum del 30 luglio 2001 era stato brevemente descritto in un documento versato al fascicolo, anch’esso accessibile.

312    Interrogata sul punto in udienza, la ricorrente nella causa T‑489/09 ha d’altronde confermato al Tribunale di non aver chiesto, durante il procedimento amministrativo, l’accesso ai documenti presentati alla Commissione dalla Ferriere Nord nell’ambito della sua cooperazione ai sensi della comunicazione sulla cooperazione del 1996, riportati nel fascicolo di istruzione, e di non aver neanche lamentato la riservatezza della memoria del 13 luglio 2001 e del suo corrigendum, fatta valere dalla Commissione. Pertanto, la sua censura non può essere accolta.

313    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere la quarta parte del presente motivo nonché il motivo nel suo complesso e, di conseguenza, occorre respingere le domande volte ad ottenere l’annullamento della prima decisione.

 Sulle domande volte ad ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda

 Sul motivo vertente su un difetto di motivazione, sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e sulla violazione del principio della parità di trattamento nell’irrogazione di un’ammenda alla ricorrente nella causa T‑490/09 (terzo motivo nella causa T‑490/09)

314    La ricorrente nella causa T‑490/09 sostiene che l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 non permette di sanzionare imprese che non abbiano un fatturato, il che sarebbe il suo caso in quanto essa sarebbe stata posta in liquidazione e non avrebbe realizzato alcun fatturato né svolto alcuna attività nell’anno precedente l’adozione della prima decisione. La Commissione non avrebbe minimamente motivato l’inosservanza dell’obbligo previsto in tale disposizione, poiché si sarebbe limitata a fare riferimento, al punto 632 della prima decisione, al fatturato complessivo delle società che compongono l’impresa unica al fine di eludere il divieto di cui all’articolo 23, paragrafo 2, tramite l’artificio della responsabilità solidale.

315    In primo luogo, alla luce della giurisprudenza costante richiamata al punto 66, supra, occorre respingere la censura della ricorrente nella causa T‑490/09 attinente ad una violazione dell’obbligo di motivazione.

316    Infatti, al punto 632 della prima decisione, la Commissione ha osservato che, «[p]er quanto riguarda, in particolare, S.P. S.p.A. e Acciaierie e Ferriere Leali in liquidazione, si [doveva notare] che il fatto che esse [fossero in quel momento] in liquidazione non [le] impedi[va] (...) di [infliggere] loro ammende, dal momento che dette società [erano] responsabili in solido con, rispettivamente, Lucchini S.p.A. e Leali S.p.A.». La Commissione ha ricordato a tal proposito che, «essendo tali società parti di un’impresa unica, per giurisprudenza costante [era] il fatturato globale delle società che [componevano] tale impresa unica che rileva[va] ai fini del rispetto del massimale imposto dall’articolo 23, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003». Ai punti da 535 a 537 della prima decisione, la Commissione ha altresì illustrato le ragioni per cui la ricorrente nella causa T‑490/09 faceva parte della stessa impresa della Leali. Ne consegue che la prima decisione è sufficientemente motivata in ordine alla presa in considerazione del fatturato globale dell’impresa unica costituita dalla ricorrente nella causa T‑490/09 e dalla Leali ai fini del calcolo dell’importo massimo dell’ammenda.

317    In secondo luogo, la ricorrente nella causa T‑490/09 sostiene che la Commissione non poteva sanzionarla in quanto essa non avrebbe avuto un fatturato o un’attività nell’anno precedente l’adozione della prima decisione.

318    A tal riguardo, da un lato, per giurisprudenza costante, la circostanza che più società siano solidalmente tenute al pagamento di un’ammenda in quanto costituiscono un’impresa ai sensi dell’articolo 65 CA non implica, quanto all’applicazione del massimale previsto dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, che l’obbligo di ciascuna si limiti al 10% del fatturato da essa realizzato durante l’ultimo esercizio sociale. Infatti, il massimale del 10%, ai sensi di tale disposizione, dev’essere calcolato sulla base del fatturato complessivo di tutte le società che costituiscono il soggetto economico unico che agisce in qualità di impresa ai sensi dell’articolo 65 CA, poiché solo il fatturato complessivo di tali società può costituire un’indicazione delle dimensioni e del potere economico dell’impresa di cui trattasi (v., per analogia, sentenze del Tribunale del 20 marzo 2002, HFB e a./Commissione, T‑9/99, Racc. pag. II‑1487, punti 528 e 529, e del 12 dicembre 2007, Akzo Nobel e a./Commissione, T‑112/05, Racc. pag. II‑5049, punto 90).

319    Dall’altro, dalla giurisprudenza risulta parimenti che le ammende inflitte per violazioni dell’articolo 65 CA, come previste dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, hanno lo scopo di reprimere gli atti illeciti delle imprese interessate, nonché di dissuadere sia le imprese in questione sia altri operatori economici dal violare, in futuro, le norme del diritto della concorrenza dell’Unione. Orbene, il nesso tra, da un lato, le dimensioni e le risorse globali delle imprese e, dall’altro, la necessità di assicurare all’ammenda un effetto dissuasivo è incontestabile. Pertanto, in sede di calcolo dell’importo dell’ammenda, la Commissione può tener conto, segnatamente, delle dimensioni e della potenza economica dell’impresa interessata (v., per analogia, sentenza della Corte del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, Racc. pag. I‑5361, punto 102, e la giurisprudenza ivi citata).

320    Poiché la ricorrente nella causa T‑490/09 non ha validamente contestato le conclusioni della Commissione di cui ai punti da 535 a 537 della prima decisione (v. altresì punti da 136 a 157 supra), secondo cui essa e la Leali fanno parte della stessa impresa, essa non può fare valere che il massimale del 10% di cui all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 avrebbe dovuto essere calcolato unicamente in base al suo fatturato realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

321    In terzo luogo, la ricorrente nella causa T‑490/09 afferma di avere subito una disparità di trattamento in quanto, per ragioni di opportunità, la Commissione avrebbe deciso di non sanzionare altre società in liquidazione nella presente causa.

322    Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento di procedura, l’atto introduttivo di ricorso deve contenere un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno. L’atto introduttivo di ricorso deve pertanto chiarire in cosa consiste il motivo su cui è basato il ricorso, sicché la sua semplice enunciazione astratta non soddisfa i requisiti del regolamento di procedura. Requisiti analoghi vanno rispettati quando viene formulata una censura a sostegno di un motivo dedotto (sentenza del Tribunale del 14 maggio 1998, Mo och Domsjö/Commissione, T‑352/94, Racc. pag. II‑1989, punto 333).

323    Nel caso di specie, la formulazione della censura della ricorrente è troppo imprecisa in quanto non vengono menzionate né le società in liquidazione di cui trattasi né i punti pertinenti della prima decisione. Tale censura è quindi irricevibile.

324    Ad ogni modo, per giurisprudenza costante, la circostanza che un operatore, che si sia trovato in una situazione simile a quella della ricorrente nella causa T‑490/09, non sia stato oggetto di alcuna constatazione di infrazione da parte della Commissione non può consentire di cancellare l’infrazione contestata in capo a quest’ultima, dal momento che l’infrazione è stata correttamente accertata (v., in tal senso, sentenza Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, cit. al punto 172 supra, punto 146; sentenze del Tribunale del 20 marzo 2002, KE KELIT/Commissione, T‑17/99, Racc. pag. II‑1647, punto 101, e Tokai Carbon e a./Commissione, cit. al punto 258 supra, punto 397).

325    Di conseguenza, occorre respingere il terzo motivo nella causa T‑490/09.

 Sul motivo vertente su errori di diritto e su un eccesso di potere nella determinazione dell’importo dell’ammenda [nono motivo nella causa T‑489/09 e quarto motivo, lettera d), nella causa T‑490/09]

326    Il presente motivo è suddiviso in cinque parti, di cui quattro vengono dedotte unicamente dalla ricorrente nella causa T‑489/09. La prima parte riguarda la valutazione della gravità dell’infrazione ed attiene alla mancata presa in considerazione del contesto economico e dell’assenza di impatto economico dell’intesa. La seconda parte attiene all’erronea ripartizione delle imprese interessate in categorie. La terza parte attiene all’applicazione «illogica» della maggiorazione del 105% per la durata dell’infrazione. La quarta parte attiene alla mancata presa in considerazione della circostanza attenuante fondata sulla specificità del mercato siderurgico. Infine, la quinta parte attiene alla scissione delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi.

327    Mentre nelle proprie memorie la ricorrente nella causa T‑489/09 aveva anche dedotto una parte relativa alla mancata presa in considerazione della propria incapacità di pagare, essa vi ha rinunciato in udienza.

–       Osservazioni preliminari

328    Occorre rammentare che da una costante giurisprudenza risulta che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo dell’importo delle ammende. Tale metodo, delimitato dagli orientamenti del 1998, prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità al disposto dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenza Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, cit. al punto 269 supra, punto 112, e la giurisprudenza ivi citata).

329    La gravità delle infrazioni al diritto della concorrenza dell’Unione deve essere accertata in funzione di numerosi elementi, quali, segnatamente, le particolari circostanze della causa, il suo contesto e la portata dissuasiva delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (sentenze Archer Daniels Midland/Commissione, cit. al punto 223 supra, punto 72, e Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 278 supra, punto 54).

330    Come esposto al punto 31, supra, nella fattispecie la Commissione ha determinato l’importo delle ammende applicando il metodo definito negli orientamenti del 1998.

331    Sebbene gli orientamenti del 1998 non possano essere qualificati come norme giuridiche che l’amministrazione deve rispettare in ogni caso, essi enunciano pur sempre una regola di condotta indicativa della prassi da seguire da cui l’amministrazione non può discostarsi, in un’ipotesi specifica, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 220 supra, punto 209, e la giurisprudenza ivi citata, e sentenza del Tribunale dell’8 ottobre 2008, Carbone‑Lorraine/Commissione, T‑73/04, Racc. pag. II‑2661, punto 70).

332    Adottando siffatte regole di condotta ed annunciando, con la loro pubblicazione, che essa le applicherà da quel momento in avanti ai casi a cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali regole, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi generali del diritto, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 220 supra, punto 211, e la giurisprudenza ivi citata, nonché sentenza Carbone‑Lorraine/Commissione, cit. al punto 331 supra, punto 71).

333    Inoltre, gli orientamenti del 1998 stabiliscono, in modo generale ed astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’importo delle ammende e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto nei confronti delle imprese (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 220 supra, punti 211 e 213).

334    Secondo gli orientamenti del 1998, la metodologia applicabile per la determinazione dell’importo dell’ammenda si basa sulla fissazione di un importo di base al quale si applicano maggiorazioni, per tener conto delle circostanze aggravanti, e diminuzioni per tener conto delle circostanze attenuanti.

335    Secondo il punto 1 degli orientamenti del 1998, l’importo di base viene determinato in funzione della gravità e della durata dell’infrazione.

336    Per quanto attiene alla valutazione della gravità dell’infrazione, gli orientamenti del 1998, al punto 1 A, primo e secondo comma, indicano quanto segue:

«Per valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante. Le infrazioni saranno pertanto classificate in tre categorie, in modo tale da distinguere tra infrazioni poco gravi, infrazioni gravi e infrazioni molto gravi».

337    Dagli orientamenti del 1998 emerge che le infrazioni poco gravi possono, per esempio, consistere in «restrizioni, per lo più verticali, intese a limitare gli scambi, ma il cui impatto sul mercato resta circoscritto e che riguardano inoltre una parte sostanziale ma relativamente ristretta del mercato comunitario» (punto 1 A, secondo comma, primo trattino, degli orientamenti del 1998). Quanto alle infrazioni gravi, la Commissione precisa che «trattasi per lo più di restrizioni orizzontali o verticali della medesima natura che nel caso [delle infrazioni poco gravi], ma applicate in maniera più rigorosa, il cui impatto sul mercato è più vasto e che sono atte a produrre effetti su ampie zone del mercato comune». Essa osserva inoltre che può «trattarsi di abusi di posizione dominante» (punto 1 A, secondo comma, secondo trattino, degli orientamenti del 1998). Per quanto riguarda le infrazioni molto gravi, la Commissione precisa che «trattasi essenzialmente di restrizioni orizzontali, quali “cartelli di prezzi” e di ripartizione dei mercati, o di altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento del mercato interno, ad esempio quelle miranti a compartimentare i mercati nazionali, o di abusi incontestabili di posizione dominante da parte di imprese in situazione di quasi-monopolio» (punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

338    La Commissione precisa parimenti che, da un lato, nell’ambito di ciascuna di tali categorie, ed in particolare per le categorie di infrazioni cosiddette «gravi» e «molto gravi», la forcella di sanzioni previste consentirà di differenziare il trattamento da riservare alle imprese in funzione della natura delle infrazioni commesse e, dall’altro, è necessario valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e fissare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, terzo e quarto comma, degli orientamenti del 1998).

339    Secondo gli orientamenti del 1998, per le infrazioni «molto gravi», l’importo di partenza prevedibile delle ammende è di oltre EUR 20 milioni; per le infrazioni «gravi», esso può oscillare da EUR 1 milione a EUR 20 milioni; infine, per le infrazioni «poco gravi», l’importo di partenza prevedibile delle ammende è compreso fra EUR 1 000 e EUR 1 milione (punto 1 A, secondo comma, dal primo al terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

340    Per quanto concerne la durata dell’infrazione, secondo il punto 1 B degli orientamenti del 1998, essa dovrebbe essere presa in considerazione in modo da distinguere:

–        le infrazioni di breve durata (in generale per periodi inferiori a 1 anno), per le quali non è prevista nessuna maggiorazione;

–        le infrazioni di media durata (in generale per periodi da 1 a 5 anni), per le quali la maggiorazione può arrivare fino al 50% dell’ammenda applicabile in funzione della gravità dell’infrazione;

–        le infrazioni di lunga durata (in generale per periodi superiori a 5 anni), per le quali la maggiorazione applicabile per ciascun anno può essere pari al 10% dell’ammenda applicabile in funzione della gravità dell’infrazione.

341    A tal riguardo, come ricordato dalla Corte nelle sue sentenze dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione (C‑389/10 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 129), e KME e a./Commissione (C‑272/09 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 102), spetta al giudice dell’Unione effettuare il controllo di legittimità ad esso incombente in base agli elementi forniti dalla ricorrente a sostegno dei motivi dedotti. In occasione di tale controllo, il giudice non può basarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione, né per quanto riguarda la scelta degli elementi presi in considerazione in sede di applicazione dei criteri indicati negli orientamenti del 1998 né per quanto riguarda la valutazione di tali elementi, al fine di rinunciare ad esercitare un controllo approfondito tanto in diritto quanto in fatto.

342    È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre esaminare il presente motivo.

–       Sulla valutazione della gravità dell’infrazione e sulla mancata presa in considerazione del contesto economico e dell’assenza di impatto economico dell’intesa

343    La ricorrente nella causa T‑489/09 sottolinea che dagli orientamenti e dalla prassi decisionale della Commissione nonché dalla giurisprudenza del Tribunale risulta che, ai fini della valutazione della gravità di un’infrazione, debba tenersi conto del suo impatto concreto sul mercato nonché del contesto economico in cui operano le imprese.

344    In via preliminare, per quanto riguarda l’obbligo o meno per la Commissione di provare, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, l’esistenza di un impatto concreto dell’infrazione sul mercato, occorre ricordare che, se anche tale impatto è un elemento da prendere in considerazione per valutare la gravità dell’infrazione, si tratta di uno tra più criteri, quali la natura propria dell’infrazione e l’estensione del mercato geografico. Del pari, dal punto 1 A, primo comma, degli orientamenti del 1998 emerge che tale impatto deve essere preso in considerazione unicamente quando è misurabile (sentenze della Corte del 9 luglio 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑511/06 P, Racc. pag. I‑5843, punto 125, e Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 278 supra, punto 74; sentenze del Tribunale del 9 luglio 2003, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, T‑224/00, Racc. pag. II‑2597, punto 143, e del 13 luglio 2011, ThyssenKrupp Liften Ascenseurs/Commissione, T‑144/07, da T‑147/07 a T‑150/07 e T‑154/07, Racc. pag. II‑5129, punto 207).

345    Per quanto riguarda la presa in considerazione degli effetti dell’intesa per la determinazione dell’importo dell’ammenda inflitta alle imprese di cui trattasi, in primo luogo, la Commissione ha ricordato, ai punti 589 e 595 della prima decisione, che l’effetto che ha potuto avere un accordo o una pratica concordata sul normale gioco della concorrenza non era un criterio determinante nella valutazione dell’importo adeguato dell’ammenda e che elementi riconducibili all’aspetto intenzionale, e quindi allo scopo di un comportamento, potevano di fatto avere maggiore rilevanza di quelli relativi ai suoi effetti soprattutto qualora riguardino infrazioni intrinsecamente gravi, quali la fissazione dei prezzi e la ripartizione dei mercati. Orbene, l’infrazione riscontrata nel caso di specie costituirebbe un’infrazione decisamente «molto grave» al diritto dell’Unione (punto 591 della prima decisione).

346    In secondo luogo, la Commissione ha considerato, al punto 520 della prima decisione, che non poteva essere accolta l’affermazione delle parti dell’intesa secondo cui l’intesa non aveva avuto alcun effetto. A tal riguardo, la Commissione si è riferita ai punti da 513 a 524 della prima decisione, in cui ha esaminato gli effetti concreti dell’intesa ed è giunta alla conclusione che essa aveva influenzato il prezzo di vendita praticato dai produttori di tondo per cemento armato in Italia, sebbene le misure adottate nell’ambito dell’intesa non avessero sempre prodotto immediatamente i risultati auspicati dalle imprese che vi partecipavano. La Commissione ha parimenti rilevato che l’insufficiente incidenza di alcune iniziative riguardanti i prezzi ha anche indotto le imprese in questione a combinarle con altre misure sui volumi o a modificare quelle prese sui prezzi. Peraltro, la Commissione ha sottolineato che le imprese in questione rappresentavano all’incirca il 21% del mercato italiano del tondo per cemento armato nel 1989, il 60% nel 1995 e l’83% nel 2000, rendendo sempre più rilevante l’effetto sul mercato di aumenti di prezzo concordati. Infine, la Commissione ha aggiunto che il fatto che, dal 1989, le iniziative adottate in tale settore fossero comunicate a tutti i produttori di tondo per cemento armato aveva accresciuto l’importanza di tali effetti nei primi anni dell’intesa (punto 519 della prima decisione).

347    In terzo luogo, la Commissione ha sottolineato che la circostanza che l’intesa avesse prodotto effetti su una parte limitata del mercato comune, nella specie la totalità del territorio italiano, non attenuava la gravità dell’infrazione, in considerazione dell’importanza della produzione italiana (punto 592 della prima decisione). La Commissione ha tuttavia tenuto conto, in sede di determinazione dell’importo di base dell’ammenda, del fatto che l’intesa avesse riguardato un mercato nazionale soggetto, all’epoca dei fatti, ad una particolare normativa del Trattato CECA e del quale le imprese interessate rappresentavano, nel primo periodo dell’infrazione, una parte limitata (punto 599 della prima decisione) (v. punto 32 supra).

348    Anzitutto, la ricorrente nella causa T‑489/09 fa valere che, siccome l’intesa sarebbe consistita nella fissazione di prezzi inferiori o quantomeno nella media con quelli praticati nelle aree limitrofe a quelle in cui ha avuto luogo la presunta infrazione, la Commissione avrebbe dovuto ridurre l’importo dell’ammenda in considerazione del suo impatto limitato.

349    Va rilevato che sebbene la ricorrente nella causa T‑489/09 affermi che i prezzi del tondo per cemento armato in Italia per la durata dell’intesa erano inferiori o quantomeno nella media con quelli praticati nelle aree limitrofe, essa non fornisce alcun elemento di prova a sostegno di tale affermazione. Il suo argomento non può pertanto essere accolto.

350    Ad ogni modo, come sottolineato dalla Commissione al punto 591 della prima decisione (v. punti 32 e 345 supra), l’infrazione constatata nella specie costituisce un’infrazione molto grave al diritto dell’Unione. Inoltre, essa ha giustamente considerato che la limitazione degli effetti al mercato italiano non consentiva di ridurre la gravità dell’infrazione da molto grave a grave, in considerazione dell’importanza della produzione italiana, della circostanza che il fatturato delle imprese destinatarie della prima decisione rappresentava all’incirca l’80% del mercato (nel 2000) e si aggirava intorno a EUR 900 milioni nel 2000‑2001 (punto 592 della prima decisione).

351    La ricorrente nella causa T‑489/09 sottolinea poi il carattere regionale dell’intesa.

352    Un siffatto argomento non può essere accolto. Come affermato dalla Commissione al punto 592 della prima decisione, senza essere contestata sul punto dalla ricorrente nella causa T‑489/09, l’Italia era il primo produttore di tondo per cemento armato della Comunità. Inoltre, il fatturato delle imprese destinatarie della prima decisione rappresentava più dell’80% del mercato nel 2000.

353    A tal riguardo, dalla giurisprudenza si evince che l’estensione del mercato geografico costituisce solo uno dei tre criteri rilevanti ai sensi degli orientamenti del 1998 ai fini della valutazione globale della gravità dell’infrazione. Tra tali criteri interdipendenti, la natura dell’infrazione assume un ruolo preminente. Per contro, l’estensione del mercato geografico non è un criterio autonomo nel senso che solo infrazioni concernenti più Stati membri potrebbero essere qualificate come «molto gravi». Né il Trattato CE, né il regolamento n. 1/2003, né gli orientamenti del 1998 e neppure la giurisprudenza consentono di ritenere che solo restrizioni geograficamente molto estese possano essere qualificate come tali (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 14 dicembre 2006, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Racc. pag. II‑5169, punto 311, e la giurisprudenza ivi citata). Inoltre, l’intero territorio di uno Stato membro, anche se relativamente piccolo rispetto agli altri Stati membri, costituisce ad ogni modo una parte sostanziale del mercato comune (sentenza della Corte del 9 novembre 1983, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, 322/81, Racc. pag. 3461, punto 28; v. sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit., punto 312, e la giurisprudenza ivi citata).

354    La ricorrente nella causa T‑489/09 afferma inoltre che l’importo dell’ammenda inflittale è sproporzionato in quanto l’infrazione sarebbe stata qualificata come «molto grave» mentre, secondo il punto 597 della prima decisione, nel periodo 1989-1995, l’intesa sarebbe stata soltanto «grave».

355    Si deve necessariamente constatare che, al punto 597 della prima decisione, la Commissione ha considerato che, sebbene certamente prima del 1995 si possa considerare che l’intesa fosse «relativamente meno grave» poiché i comportamenti erano meno strutturati e quindi relativamente meno pericolosi per la concorrenza, la gravità dell’infrazione è aumentata successivamente, quando sono state introdotte nuove misure restrittive, quali il controllo o la riduzione della produzione o delle vendite. Tale comportamento, che nei fatti era sempre collegato all’aumento del prezzo, ha reso l’intesa ancora più strutturata. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nella causa T‑489/09, la Commissione non ha qualificato l’infrazione come solamente «grave» al suddetto punto. Inoltre, come ricordato al punto 337 supra, la forcella delle sanzioni previste dalla Commissione consente di differenziare il trattamento da riservare alle imprese secondo la natura delle infrazioni commesse. Orbene, nel caso di specie, la Commissione ha reputato opportuno fissare l’importo di partenza dell’ammenda inflitta alla ricorrente in EUR 3,5 milioni, ossia meno di un quinto della soglia minima di EUR 20 milioni normalmente prevista dagli orientamenti del 1998 per tale tipo di infrazione molto grave (v. punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti del 1998). La censura vertente sulla mancanza di proporzionalità dell’importo di partenza dell’ammenda della ricorrente non può quindi essere accolta.

356    Infine, la ricorrente nella causa T‑489/09 fa valere che la Commissione non ha preso in considerazione il contesto economico dell’infrazione. È giocoforza constatare che tale censura non viene affatto esplicitata nelle memorie ed è dunque irricevibile, conformemente alla giurisprudenza menzionata al punto 322 supra.

357    Ad ogni modo, occorre sottolineare che la Commissione ha indicato, al punto 64 della prima decisione, che essa conosceva il contesto economico del settore dell’acciaio nell’Unione e del tondo per cemento armato in particolare. Al punto 68 della prima decisione, la Commissione ha anche considerato, senza essere contraddetta dalla ricorrente nella causa T‑489/09, che, riguardo alle condizioni di crisi manifesta nel settore siderurgico, il tondo per cemento armato, che dal 1° gennaio 1986 non rientra più nell’ambito di applicazione del sistema di quote, era stato escluso dal «regime di sorveglianza» in ragione del fatto che il tondo per cemento armato era prodotto per più dell’80% da piccole imprese a bassi costi, che normalmente non conoscono difficoltà. L’argomento della ricorrente nella causa T‑489/09 non può quindi essere accolto.

358    Dalle considerazioni svolte risulta che la prima parte del presente motivo deve essere respinta.

–       Sull’erronea ripartizione delle imprese interessate in categorie

359    La ricorrente nella causa T‑489/09 contesta la ripartizione delle imprese interessate in categorie ai fini della fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda. A suo avviso, una siffatta ripartizione in categorie sarebbe lecita soltanto «se non vi è possibilità di fare altrimenti o il farlo richiederebbe ingenti energie investigative o intellettuali».

360    Dagli orientamenti del 1998 risulta che, in primo luogo, essi prevedono la valutazione della gravità dell’infrazione in quanto tale, sulla base della quale può essere fissato un importo di partenza generale (punto 1 A, secondo comma, degli orientamenti del 1998). In secondo luogo, la gravità viene esaminata in relazione alla natura delle infrazioni commesse e alle caratteristiche dell’impresa interessata, in particolare le sue dimensioni e la sua posizione sul mercato rilevante, il che può comportare la ponderazione dell’importo di partenza, la classificazione delle imprese in categorie e la fissazione di un importo di partenza specifico (punto 1 A, dal terzo al settimo comma, degli orientamenti del 1998).

361    Sotto un primo profilo, le ricorrenti affermano che una ripartizione in categorie delle imprese è lecita «se non vi è possibilità di fare altrimenti o il farlo richiederebbe ingenti energie investigative o intellettuali».

362    Un siffatto argomento deve essere respinto. Infatti, occorre rammentare che, nell’ambito del calcolo dell’importo delle ammende inflitte ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, un trattamento differenziato tra le imprese interessate rientra nell’esercizio dei poteri spettanti alla Commissione in forza di tale disposizione. Invero, nell’ambito del suo margine di discrezionalità, la Commissione è chiamata a individualizzare la sanzione in funzione dei comportamenti e delle caratteristiche propri delle imprese interessate, al fine di garantire, in ogni caso di specie, la piena efficacia delle norme dell’Unione in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenze della Corte del 7 giugno 1983, Musique Diffusion française e a./Commissione, da 100/80 a 103/80, Racc. pag. 1825, punto 109, e del 7 giugno 2007, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, C‑76/06 P, Racc. pag. I‑4405, punto 44).

363    Infatti, gli orientamenti del 1998 dispongono che, per un’infrazione di una determinata gravità, può essere opportuno, nei casi che coinvolgono più imprese, come i cartelli, ponderare l’importo di partenza generale per stabilire un importo di partenza specifico tenendo conto del peso e dunque dell’impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nella dimensione delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione (punto 1 A, sesto comma degli orientamenti del 1998). In particolare, è necessario valutare l’effettiva capacità economica degli autori dell’infrazione di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori (punto 1 A, quarto comma, degli orientamenti del 1998).

364    Gli orientamenti del 1998 precisano altresì che il principio di parità della sanzione per un medesimo comportamento può dar luogo, in determinate circostanze, all’applicazione di importi differenziati per le imprese interessate, senza che tale differenziazione derivi da un calcolo rigorosamente aritmetico (punto 1 A, settimo comma, degli orientamenti del 1998).

365    Sotto un secondo profilo, le ricorrenti fanno valere che sono state sanzionate con un’ammenda di un importo sproporzionato rispetto alla loro quota media di mercato detenuta durante il presunto periodo del cartello, di cui al punto 94 della prima decisione. La ricorrente nella causa T‑489/09 fa altresì valere una sproporzione dell’importo dell’ammenda rispetto al suo fatturato.

366    Anzitutto, per quanto riguarda la presunta sproporzione dell’importo di partenza dell’ammenda della ricorrente nella causa T‑489/09 rispetto al suo fatturato, è giocoforza constatare che essa non è affatto documentata non avendo la suddetta ricorrente d’altronde comunicato al Tribunale tale fatturato. Una siffatta censura è dunque irricevibile, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 322 supra.

367    Le ricorrenti affermano poi che la Commissione avrebbe dovuto operare una riduzione più coerente e più proporzionata alle quote di mercato detenute da ciascuna delle altre sette imprese rispetto all’importo di partenza più elevato fissato per la Feralpi, leader sul mercato, ossia EUR 5 milioni. Ne conseguirebbe che, secondo i dati della Commissione relativi alle quote di mercato, l’importo dell’ammenda della Leali avrebbe dovuto essere fissato in EUR 3,10 milioni in ragione della gravità. Inoltre, la quota di mercato della Leali non sarebbe stata del 6,4%, come indicato dalla Commissione, bensì del 5,99%, sicché l’importo di partenza della sua ammenda avrebbe dovuto essere di EUR 2,905 milioni.

368    Anche tale argomento deve essere respinto. Conformemente al punto 1 A, settimo comma, degli orientamenti del 1998 la differenziazione tra imprese che hanno partecipato ad una stessa infrazione non deve derivare da un calcolo rigorosamente aritmetico (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 220 supra, punto 266, e sentenza del Tribunale del 15 marzo 2006, BASF/Commissione, T‑15/02, Racc. pag. II‑497, punto 149).

369    Di conseguenza, per verificare se una ripartizione in categorie dei partecipanti di un’intesa sia conforme ai principi di parità di trattamento e di proporzionalità, occorre verificare se la ripartizione operata dalla Commissione sia coerente ed obiettivamente giustificata (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 19 marzo 2003, CMA CGM e a./Commissione, T‑213/00, Racc. pag. II‑913, punti 406 e 416; BASF/Commissione, cit. al punto 368 supra, punto 157, e dell’8 ottobre 2008, Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, T‑69/04, Racc. pag. II‑2567, punto 184).

370    Nel caso di specie, come rilevato al punto 33 supra, la Commissione ha individuato tre gruppi di imprese in base alle quote medie di mercato nel periodo 1990‑1999, le quali sono state calcolate nel seguente modo (punti 79, 82, 85, 87, 89, 94, da 98 a 100, 104, 107, da 599 a 602 della prima decisione): la Feralpi (10,31%) e la Valsabbia (10,03%) sono state collocate nel primo gruppo, la Lucchini (7,92%), l’Alfa (7,87%), la Riva (7%) e la Leali (6,4%) sono state collocate nel secondo gruppo (con una quota media di mercato pari a circa il 70% della quota media di mercato del primo gruppo) e la IRO (4,99%) e la Ferriere Nord (3,65%) sono state collocate nel terzo gruppo (con una quota media di mercato pari a circa il 35% della quota media di mercato delle imprese del primo gruppo).

371    Va constatato che la prima categoria comprende le imprese con una quota media di mercato superiore al 10%; la seconda categoria comprende le imprese con una quota media di mercato tra il 6% e l’8%; infine, la terza categoria comprende le imprese con una quota di mercato inferiore al 5%. La ripartizione operata dalla Commissione risulta quindi coerente ed obiettivamente giustificata.

372    A tal riguardo, non convince l’argomento addotto dalla ricorrente nella causa T‑489/09 secondo cui la quota di mercato della Leali sul mercato in esame non sarebbe stata del 6,4%, bensì del 5,99%. Oltre al fatto che la suddetta ricorrente si è limitata a produrre una tabella realizzata a propria cura in base ad alcuni dati che deriverebbero da Eurostat senza tuttavia produrre i dati ivi contenuti, essa non fornisce la minima spiegazione in ordine alle ragioni per le quali sarebbero erronei i dati ad essa relativi utilizzati dalla Commissione e che non nega di avere comunicato essa stessa alla Federacciai, e che comparivano già al punto 36 della comunicazione degli addebiti.

–       Sull’applicazione «illogica» della maggiorazione del 105% in funzione della durata dell’infrazione

373    La ricorrente nella causa T‑489/09 ricorda che la Commissione ha considerato che l’infrazione sia continuata per una durata di dieci anni e mezzo, con conseguente maggiorazione dell’importo dell’ammenda del 105%. Tuttavia, ciò che continuò non sarebbe stata l’intesa, bensì i tentativi sterili di realizzare un’armonizzazione del mercato. Ad ogni modo, persino secondo la Commissione, soltanto la parte dell’intesa sugli extra di dimensione risalirebbe al 1989, sicché la maggiorazione del 105% in funzione della durata dovrebbe essere applicabile unicamente alla parte della sanzione di base calcolata per la sola parte dell’intesa relativa ai supplementi, ad esclusione delle altre due parti dell’intesa.

374    Come rammentato al punto 335 supra, conformemente all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, la durata dell’infrazione costituisce uno degli elementi da prendere in considerazione per determinare l’importo dell’ammenda da infliggere alle imprese responsabili di infrazioni alle norme sulla concorrenza. Nel caso di specie, dal punto 606 della prima decisione emerge che la Leali ha partecipato all’intesa nel periodo dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000, ovvero per una durata dell’infrazione di dieci anni e sei mesi, corrispondenti ad un’infrazione di lunga durata. La Commissione ha quindi aumentato del 105% l’importo dell’ammenda in funzione della durata dell’infrazione in applicazione delle norme che essa si è autoimposta negli orientamenti del 1998 (v. punto 340 supra).

375    È giocoforza constatare che l’argomento della ricorrente nella causa T‑489/09, in sostanza, non è diretto a contestare la durata dell’infrazione sanzionata, ma si fonda sulla presunta insussistenza di effetti sul mercato dell’intesa e sull’insussistenza di un carattere unico, complesso e continuato dell’infrazione constatata nei suoi confronti.

376    Orbene, da un lato, per quanto riguarda l’insussistenza di effetti sul mercato dell’intesa, l’argomentazione della suddetta ricorrente si confonde sostanzialmente con le censure respinte ai punti da 218 a 242 e da 343 a 357 supra.

377    Dall’altro, la ricorrente nella causa T‑489/09 si limita ad affermare che solo la parte dell’intesa sugli extra di dimensione risalirebbe al 1989, ma non formula alcun argomento diretto specificamente a rimettere in discussione la natura unica, complessa e continuata dell’intesa.

378    A tal riguardo, come giustamente ricordato dalla Commissione ai punti 414 e 415 della prima decisione, una violazione dell’articolo 81 CE (e, per analogia, dell’articolo 65 CA), può derivare non solamente da un atto isolato, bensì anche da una serie di atti o anche da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contestata sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero altresì costituire di per sé stessi una violazione delle suddette disposizioni (v., per analogia, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 168 supra, punto 81).

379    Orbene, dalla prima decisione risulta che i comportamenti riguardanti la fissazione del prezzo base e i termini di pagamento sono apparsi come momenti di attuazione di un medesimo disegno teso alla fissazione di un prezzo minimo concordato, poiché ognuno di detti comportamenti (fatta eccezione per l’accordo iniziale dell’aprile 1992) si è concretizzato in modalità, più o meno simili nel tempo, mediante le quali è stato fissato il prezzo minimo concordato (punto 437 della prima decisione). Per quanto riguarda gli extra di dimensione, la Commissione ha rilevato, al punto 442 della prima decisione, la completa identità dell’oggetto dei comportamenti configuranti infrazione reiterati nel tempo, che consisteva nella fissazione di prezzi uniformi per i suddetti extra, il che conferma che tutti i comportamenti descritti erano l’attuazione di un medesimo disegno.

380    Peraltro, come sottolineato dalla Commissione al punto 510 della prima decisione, i medesimi comportamenti sono stati messi in atto in materia di prezzi base, di supplementi, di termini di pagamento e di controllo o limitazione della produzione o delle vendite, per lunghi anni. Sussistono inoltre prove di riunioni di verifica dei comportamenti concordati, ciò che mostra che la situazione sul mercato era continuamente monitorata e che quindi si adottavano nuove iniziative quando le imprese coinvolte lo ritenevano necessario.

381    Ne consegue che a giusto titolo la Commissione ha maggiorato l’importo di partenza dell’ammenda del 105% in funzione della durata dell’infrazione e non ha considerato che la maggiorazione era unicamente applicabile alla parte della sanzione di base calcolata per la sola parte dell’intesa sui supplementi, ad esclusione delle altre due parti dell’intesa.

–       Sulla circostanza attenuante fondata sulla specificità del mercato siderurgico

382    Le ricorrenti sostengono che l’ammenda dovrebbe essere ridotta alla luce della circostanza attenuante inerente alla specificità del mercato siderurgico nell’ambito del Trattato CECA, con l’istituzionalizzazione di prassi e comportamenti commerciali che sarebbero spesso derivati dall’attivismo della Commissione stessa.

383    Come già rilevato al punto 32, supra, dalla prima decisione emerge che, nonostante il carattere molto grave dell’infrazione, la Commissione ha effettivamente tenuto conto, in sede di determinazione dell’importo di base dell’ammenda, delle caratteristiche specifiche del presente caso, nella specie del fatto che esso riguarda un mercato nazionale soggetto, all’epoca dei fatti, alla particolare normativa del Trattato CECA e del quale le imprese destinatarie della suddetta decisione rappresentavano, nel primo periodo dell’infrazione, una parte limitata (punto 599 della prima decisione).

384    Orbene, le ricorrenti non adducono nessun argomento volto a dimostrare che tale circostanza dovrebbe essere presa in considerazione anche come circostanza attenuante.

385    Occorre quindi respingere la presente parte del motivo.

–       Sulla scissione delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi

386    La ricorrente nella causa T‑489/09 chiede al Tribunale di procedere, in applicazione del principio di proporzionalità, ad una riduzione sostanziale dell’importo dell’ammenda in considerazione delle attività riprese in seguito alla scissione delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi.

387    Un siffatto argomento non può essere accolto, poiché è fondato sull’erronea premessa secondo cui le AFLL e la Leali non formano un’unità economica. Deve quindi essere respinto per i motivi esposti ai punti da 152 a 155 supra.

 Sulla valutazione della cooperazione della Leali e sulla disparità di trattamento rispetto alla Ferriere Nord (sesto motivo, seconda parte, nella causa T‑489/09)

388    Nell’ambito del presente motivo, la ricorrente nella causa T‑489/09 fa valere che, nel fissare l’importo dell’ammenda, la Commissione non ha tenuto debitamente conto del fatto che, durante la sua audizione del 4 marzo 2002, essa le aveva comunicato informazioni di primaria importanza, contenute in una memoria prodotta in tale occasione, e l’avrebbe informata di fatti indubitabilmente nuovi, relativi all’esistenza di supplementi di prezzi uniformi per il tondo per cemento armato in altri paesi dell’Unione (punto 59 della prima decisione).

389    Come affermato dalla Commissione al punto 633 della prima decisione, va preliminarmente rilevato che, sebbene essa abbia pubblicato, il 19 febbraio 2002 (GU C 45, pag. 3) e l’8 dicembre 2006 (GU C 298, pag. 17), nuove comunicazioni relative all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese, nel caso di specie è stata applicata la comunicazione sulla cooperazione del 1996.

390    Nella comunicazione sulla cooperazione del 1996, la Commissione ha definito le condizioni alle quali le imprese che cooperano con essa nel corso della sua indagine relativa ad un’intesa potranno evitare l’imposizione di ammende che altrimenti sarebbero loro inflitte, o beneficiare di riduzioni del loro ammontare (punto A, paragrafo 3, della comunicazione sulla cooperazione del 1996).

391    Conformemente al punto D, paragrafo 1, della comunicazione sulla cooperazione del 1996, «[u]n’impresa che coopera senza che siano soddisfatte tutte le condizioni di cui ai punti B [relativo alla non imposizione o notevole riduzione delle ammende] o C [relativo ad un’importante riduzione dell’ammontare dell’ammenda] beneficia di una riduzione dal 10% al 50% dell’ammontare dell’ammenda che le sarebbe stata inflitta in assenza di cooperazione». Secondo il paragrafo 2 di tale disposizione, «[c]iò può verificarsi in particolare: se, prima dell’invio di una comunicazione degli addebiti, un’impresa fornisce alla Commissione informazioni, documenti o altri elementi probatori che contribuiscano a confermare la sussistenza dell’infrazione se, prima dell’invio di una comunicazione degli addebiti, un’impresa fornisce alla Commissione informazioni, documenti o altri elementi probatori che contribuiscano a confermare la sussistenza dell’infrazione, [o], se, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti, un’impresa informa la Commissione che non contesta i fatti materiali sui quali la Commissione fonda le sue accuse».

392    Come rilevato dalla Commissione al punto 634 della prima decisione, nessuna delle imprese di cui trattasi nel presente caso di specie ha potuto pretendere la non imposizione, una notevole riduzione o un’importante riduzione dell’importo dell’ammenda secondo quanto previsto dai punti B e C della comunicazione sulla cooperazione del 1996.

393    Per quanto riguarda l’applicazione del punto D della comunicazione sulla cooperazione del 1996, la Commissione ha esaminato i casi della Ferriere Nord e della Leali, che hanno chiesto di beneficiare di tale comunicazione prima dell’invio della comunicazione degli addebiti (punto 635 della prima decisione).

394    Da un lato, riguardo alla cooperazione della Leali, il 4 marzo 2002, tale impresa ha trasmesso alla Commissione una memoria in cui essa ha indicato in particolare che, secondo il punto 115 della prima decisione, dal 1996 al 2000, avrebbero avuto luogo vari incontri tra alcune imprese produttrici di tondo per cemento armato, nel corso dei quali tali imprese si comunicavano reciprocamente i listini prezzi e le condizioni di vendita che ognuna di esse intendeva applicare, impegnandosi a rispettare i prezzi base preannunciati per il tondo per cemento armato e che, nell’ambito di tali riunioni, le imprese di cui trattasi hanno talvolta evocato intese sui prezzi e i quantitativi di produzione, che essa aveva sistematicamente rispettato gli extra di diametro praticati in Italia dai produttori di tondo per cemento armato, che essa aveva dato il proprio assenso, nel 1998, a far intervenire consulenti al fine di verificare la possibilità di razionalizzare la produzione di altre imprese e che essa aveva partecipato a due accordi che avevano comportato la chiusura di due concorrenti e la ripresa di una parte dei clienti di questi (punto 115 della prima decisione).

395    Per quanto riguarda la valutazione della cooperazione della Leali da parte della Commissione, quest’ultima ha indicato, al punto 639 della prima decisione, che nell’incontro del 4 marzo 2002, i suoi servizi, dopo aver esaminato il materiale da essa consegnato, avevano informato la società che la loro comunicazione era del tutto insufficiente per beneficiare di una riduzione significativa dell’importo dell’ammenda, poiché essa era già in possesso di elementi di prova che dimostravano la partecipazione di tale società a comportamenti configuranti infrazione che essa non riconosceva nella sua memoria o che avevano avuto luogo ben prima delle date menzionate in detta memoria. La Leali è stata quindi invitata a fornire un contributo più completo entro un termine di due settimane. Secondo la Commissione essa non ha tuttavia dato seguito a tale domanda.

396    Al punto 640 della prima decisione, la Commissione ha aggiunto che, nella migliore delle ipotesi, si poteva ritenere che la Leali avesse riconosciuto in modo generico alcuni fatti, riguardanti solamente il periodo successivo al 1996. La Leali non avrebbe tuttavia fornito alcun elemento materiale a sostegno della sua posizione, né avrebbe confermato il contenuto dei documenti già in possesso della Commissione. La Commissione ha pertanto concluso che la Leali non soddisfaceva i requisiti del punto D della comunicazione sulla cooperazione del 1996. Di conseguenza, essa non ha beneficiato di una riduzione dell’importo della sua ammenda.

397    Dall’altro, per quanto concerne la cooperazione della Ferriere Nord, la Commissione ha indicato, al punto 636 della prima decisione, che quest’ultima le «a[veva] fornito (…) indicazioni utili che avevano permesso alla Commissione di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa». Al punto 637 della prima decisione, la Commissione ha aggiunto che la «Ferriere Nord [era] stata l’unica a comunicar[le] (...) informazioni che le [avevano] permesso di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa». La Commissione ha precisato, nella nota a piè di pagina n. 685 della prima decisione, che la «Ferriere Nord [aveva] comunicato delle precisazioni sui documenti ritrovati presso la sua sede» e che essa le aveva comunicato spontaneamente la tabella di cui al punto 251 della prima decisione, che essa ha completato aggiungendovi i nomi delle imprese, criptati nel documento in suo possesso. Pertanto, secondo la Commissione, il contributo della Ferriere Nord le ha permesso di stabilire un nesso con il documento «Ipotesi di lavoro» di cui al punto 247 della prima decisione, confermando che il codice e la chiave di lettura erano identici. Essa ha anche sottolineato che il parziale accoglimento delle richieste delle due imprese che avevano chiesto un aumento delle loro quote, oggetto dell’accordo della fine del 1998, aveva contribuito a dimostrare come l’ipotesi di lavoro non fosse rimasta tale e che all’accordo di settembre‑novembre 1998 era stata data esecuzione. Tale impresa ha dunque beneficiato di una riduzione del 20% dell’importo della sua ammenda (punto 638 della prima decisione).

398    In primo luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 sostiene che l’invito che le è stato rivolto durante l’audizione (v. punto 395 supra) era manifestamente contraddittorio, poiché la Commissione avrebbe evidenziato che le informazioni ad essa fornite si erano rivelate insufficienti per «beneficiare di una riduzione significativa dell’ammenda», negandole al contempo qualsiasi riduzione del suo importo. Un siffatto argomento deve essere respinto in quanto l’affermazione della Commissione non può essere interpretata come un’indicazione, fosse anche implicita, che la cooperazione della suddetta ricorrente avrebbe giustificato una riduzione, anche non significativa, dell’importo della sua ammenda.

399    In secondo luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 ritiene che l’affermazione di cui al punto 639 della prima decisione, secondo cui la Leali non avrebbe ritenuto opportuno dare seguito alla richiesta di una descrizione più precisa dei comportamenti di cui trattasi (v. punto 395 supra), è contraddetta dal fatto che, in data 14 marzo 2002, essa avrebbe trasmesso alla Commissione una comunicazione in cui avrebbe nuovamente riconosciuto l’esistenza di extra di diametro praticati in modo uniforme in numerosi paesi dell’Unione.

400    Tuttavia, è giocoforza constatare che, in tale lettera, la ricorrente nella causa T‑489/09 ha minimizzato il suo ruolo di coordinatore delle riunioni. Peraltro, la suddetta ricorrente non chiarisce in che modo il riconoscimento dell’esistenza di extra di diametro praticati in modo uniforme in numerosi paesi dell’Unione abbia contribuito a confermare l’esistenza dell’infrazione commessa nella presente fattispecie, conformemente al punto D della comunicazione sulla cooperazione del 1996, e ad ogni modo non ha fornito elementi atti a dimostrare che tale uniformità fosse il frutto di un accordo o di una pratica concordata.

401    A tal riguardo, si deve ricordare che non costituisce una cooperazione rientrante nell’ambito di applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 1996 né, a maggior ragione, del punto D di quest’ultima il fatto che un’impresa metta a disposizione della Commissione, nell’ambito della sua indagine su un’intesa, informazioni relative ad atti per i quali, in ogni caso, a detta impresa non avrebbe potuto essere inflitta un’ammenda in forza del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenze del Tribunale Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, cit. al punto 344 supra, punto 297, e del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, Racc. pag. II‑4407, punto 452).

402    La ricorrente nella causa T‑489/09 non può neppure affermare che la motivazione esposta al punto 640 della prima decisione è illogica ed erronea in quanto la Commissione avrebbe riconosciuto che essa aveva dato prova di una condotta collaborativa, affermando al contempo che ciò non costituiva un motivo che giustifica l’applicazione di una sanzione ridotta, dal momento che le informazioni comunicate erano generiche e parziali.

403    Infatti, secondo la giurisprudenza, la semplice volontà di un’impresa di cooperare è priva di significato. Il punto D, paragrafo 2, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 1996 prevede una riduzione solo per l’impresa che «fornisce alla Commissione informazioni, documenti o altri elementi probatori che contribuiscano a confermare la sussistenza dell’infrazione» e non per l’impresa che ha solo la volontà di cooperare o si limita a cooperare con la Commissione (sentenza del Tribunale del 18 luglio 2005, Scandinavian Airlines System/Commissione, T‑241/01, Racc. pag. II‑2917, punto 212). Pertanto, un’impresa che fornisca soltanto un resoconto dei fatti incompleto, confermativo e che non presenta alcun valore aggiunto, non può invocare un siffatto comportamento (v., in tal senso, sentenza della Corte del 24 settembre 2009, Erste Group Bank e a./Commissione, C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P e C‑137/07 P, Racc. pag. I‑8681, punto 283).

404    In terzo luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09 sottolinea l’incomprensibilità delle affermazioni della Commissione circa la presunta genericità delle informazioni da essa comunicate in considerazione dei fatti specificamente riconosciuti da essa ed esposti al punto 115 della prima decisione. Secondo detta ricorrente, da tale punto emergerebbe l’importanza della sua cooperazione e che essa avrebbe dovuto beneficiare di una riduzione significativa dell’importo della sua ammenda.

405    Giova ricordare che, sebbene la Commissione sia tenuta ad esporre le ragioni per le quali ritiene che determinati elementi forniti dalle imprese nel quadro della comunicazione sulla cooperazione del 1996 costituiscano un contributo che giustifica o meno una riduzione dell’ammenda inflitta, spetta però alle imprese che desiderino contestare la decisione della Commissione a tale proposito dimostrare che quest’ultima, in mancanza di tali informazioni, da esse fornite volontariamente, non sarebbe stata in grado di provare l’infrazione nelle sue componenti essenziali e dunque di adottare una decisione che infligge ammende (sentenza Erste Group Bank e a./Commissione, cit. al punto 403 supra, punto 297).

406    A tal fine, la ricorrente nella causa T‑489/09 afferma che dal punto 115 della prima decisione risulta che la sua cooperazione è stata importante sicché la Commissione avrebbe dovuto concederle una riduzione significativa dell’importo dell’ammenda. Pertanto, oltre al fatto che, a suo avviso, le sue dichiarazioni avrebbero consentito alla Commissione di conoscere fatti nuovi che oltrepassavano il mercato italiano (v. punti da 399 a 401 supra), esse avrebbero anche consentito alla Commissione «di poter corroborare certamente alcune delle sue risultanze istruttorie» e di scoprire fatti nuovi e rilevanti, relativi alle intese tra alcuni produttori nell’ambito dell’«accordo Darfo», cui sarebbe fatto riferimento ai punti 245 e seguenti della prima decisione.

407    Va ricordato che una riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo di collaborazione nell’ambito del procedimento amministrativo è giustificata solo se il comportamento dell’impresa in questione abbia consentito alla Commissione di accertare l’esistenza dell’infrazione con minore difficoltà ed eventualmente di porvi fine (sentenza SCA Holding/Commissione, cit. al punto 148 supra, punto 36; sentenza del Tribunale del 14 maggio 1998, BPB de Eendracht/Commissione, T‑311/94, Racc. pag. II‑1129, punto 325; v. altresì, in tal senso, sentenza Erste Group Bank e a./Commissione, cit. al punto 403 supra, punto 305).

408    Secondo una giurisprudenza costante, la Commissione dispone di un potere discrezionale per valutare se le informazioni o i documenti volontariamente forniti dalle imprese abbiano facilitato il suo compito e se sia necessario riconoscere alle imprese una riduzione ai sensi del punto D, paragrafo 2, della comunicazione sulla cooperazione del 1996 (sentenze Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 220 supra, punto 394, e Erste Group Bank e a./Commissione, cit. al punto 403 supra, punto 248).

409    A tal riguardo, una riduzione sulla base della comunicazione sulla cooperazione del 1996 è giustificabile solo ove le informazioni fornite e, più in generale, il comportamento dell’impresa interessata possano essere considerati, al riguardo, una prova di un’effettiva cooperazione da parte sua (sentenze della Corte Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 220 supra, punto 395; del 29 giugno 2006, Commissione/SGL Carbon, C‑301/04 P, Racc. pag. I‑5915, punto 68, e Erste Group Bank e a./Commissione, cit. al punto 403 supra, punto 281).

410    Nel caso di specie, da un lato, come sottolineato dalla Commissione al punto 639 della prima decisione, essa era già in possesso di elementi di prova che dimostravano la partecipazione della Leali a comportamenti di infrazione che essa non riconosceva nella sua memoria e che avevano avuto luogo ben prima delle date menzionate in detta memoria. Orbene, secondo la giurisprudenza, la Commissione non può non tener conto dell’utilità dell’informazione fornita, la quale deve necessariamente dipendere dagli elementi di prova già in suo possesso (v., in tal senso, sentenza Carbone-Lorraine/Commissione, cit. al punto 331 supra, punto 279).

411    Dall’altro, occorre considerare che nella sua memoria del 4 marzo 2002 la ricorrente nella causa T‑489/09 [riservato] (1).

412    Tenuto conto di tali elementi, occorre considerare che gli elementi addotti dalla ricorrente nella causa T‑489/09 non hanno contribuito a confermare l’esistenza dell’infrazione commessa e che dunque, al punto 640 della prima decisione, la Commissione ha giustamente ritenuto che, nella migliore delle ipotesi, la Leali avesse riconosciuto taluni fatti in modo parziale, ma non avesse tuttavia fornito alcun elemento materiale a sostegno della sua posizione e che essa non soddisfacesse i requisiti di cui al punto D della comunicazione sulla cooperazione del 1996.

413    In quarto luogo, la ricorrente nella causa T‑489/09, la quale ha dichiarato in udienza di non contestare la riduzione dell’importo dell’ammenda concessa alla Ferriere Nord, sostiene di avere subito una disparità di trattamento rispetto a tale impresa. A tal riguardo, secondo detta ricorrente, sembrerebbe emergere dalla decisione del 2002 [punto 98, lettere a), b) e c)] che la Commissione fosse già in possesso di tutte le informazioni fornite dalla Ferriere Nord nell’ambito della propria memoria di cooperazione.

414    Si deve ricordare che, per giurisprudenza costante, nell’ambito della sua valutazione della cooperazione fornita dalle parti di un’intesa, la Commissione non può disattendere il principio della parità di trattamento (sentenze del Tribunale Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, cit. al punto 66 supra, punto 237; del 20 marzo 2002, ABB Asea Brown Boveri/Commissione, T‑31/99, Racc. pag. II‑1881, punto 240, e Groupe Danone/Commissione, cit. al punto 401 supra, punto 453).

415    Dev’essere sottolineato, come risulta dal punto 636 della prima decisione, che la Ferriere Nord è stata l’unica a fornire alla Commissione, spontaneamente e prima della comunicazione degli addebiti, informazioni che le hanno consentito di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa e, in particolare, le ha fornito spontaneamente la tabella di cui al punto 251 della prima decisione, da essa completata con l’aggiunta dei nomi delle imprese, criptati nel documento in possesso della Commissione, ciò che ha permesso a quest’ultima di stabilire un nesso con il documento «Ipotesi di lavoro», di cui al punto 247 della prima decisione. Essa ha parimenti sottolineato che l’accoglimento parziale delle richieste delle due imprese che avevano chiesto un aumento delle loro quote, oggetto dell’accordo della fine del 1998, aveva contribuito a dimostrare come l’ipotesi di lavoro non fosse rimasta tale e che all’accordo di settembre-novembre 1998 era stata data esecuzione. Contrariamente alla ricorrente nella causa T‑489/09, tale impresa ha dunque effettivamente comunicato alla Commissione informazioni che le hanno permesso di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa.

416    Poiché la Commissione ha correttamente ritenuto che la ricorrente nella causa T‑489/09 non potesse beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda ai sensi della comunicazione sulla cooperazione del 1996, la situazione di quest’ultima e quella della Ferriere Nord non sono paragonabili.

417    Tenuto conto del complesso delle considerazioni che precedono, il presente motivo dev’essere respinto.

 Sul motivo vertente sulla prescrizione dell’infrazione (decimo motivo nella causa T‑489/09)

418    La ricorrente nella causa T‑489/09 fa valere che la tesi del carattere continuato dell’infrazione è smentita dal fatto che le riunioni ripetute tra produttori, ammesso che abbiano avuto luogo, non avrebbero prodotto alcun risultato concreto sul mercato, poiché il prezzo base nel corso del decennio era sceso del 30% in termini reali. Poiché l’infrazione non presenterebbe carattere di continuità, tutti i fatti addebitati anteriori al 19 ottobre 1996 sarebbero prescritti.

419    È giocoforza constatare che l’unico argomento invocato dalla ricorrente nella causa T‑489/09 al fine di smentire il carattere continuato dell’infrazione è infondato (v. punto 160 supra), sicché il suo motivo deve essere respinto.

420    Ad ogni modo, come sottolineato dalla Commissione, il termine di prescrizione quinquennale previsto dall’articolo 25, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, e dall’articolo 1, paragrafo 1, della decisione n. 715/78/CECA della Commissione, del 6 aprile 1978, relativa alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel campo di applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (GU L 94, pag. 22), non è scaduto.

421    Dall’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (e dall’articolo 1, paragrafo 2, della decisione n. 715/78) risulta infatti che per le infrazioni continuate o ripetute, la prescrizione decorre dal giorno in cui ha preso fine l’infrazione, ovvero, nel caso di specie, il 5 luglio 2000, data in cui è cessata l’infrazione (punto 606 della prima decisione).

422    Conformemente all’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e all’articolo 2, paragrafo 3, della decisione n. 715/78, la prescrizione è interrotta, in particolare, da qualsiasi atto della Commissione concernente l’istruzione o la repressione dell’infrazione. Ne consegue che nel presente caso la prescrizione è stata interrotta dall’invio della comunicazione degli addebiti nel marzo 2002, nonché dall’invio della comunicazione degli addebiti supplementari nell’agosto 2002.

423    Inoltre, secondo l’articolo 25, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, che corrisponde all’articolo 3 della decisione n. 715/78, la prescrizione rimane sospesa per il tempo in cui pende dinanzi alla Corte un procedimento avente ad oggetto la decisione della Commissione, vale a dire, nel caso di specie, fino al 25 ottobre 2007.

424    La Commissione ha dunque correttamente sottolineato, al punto 572 della prima decisione, che erano trascorsi soltanto sette mesi tra la notifica della comunicazione degli addebiti supplementari, nell’agosto 2002, e l’avvio del procedimento dinanzi al Tribunale, mentre un anno e undici mesi erano trascorsi tra la pronuncia delle sentenze del 25 ottobre 2007 e la data di notifica della prima decisione. Ne consegue che il termine di prescrizione quinquennale non era scaduto al momento in cui è stata adottata la prima decisione.

425    Tenuto conto del complesso delle considerazioni che precedono, il presente motivo dev’essere respinto.

426    Considerato quanto precede, occorre respingere in toto le domande di annullamento. Inoltre, per quanto riguarda le domande, presentate in via subordinata, dirette alla modificazione dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti, non sussistono, segnatamente alla luce delle suesposte considerazioni, i presupposti perché il Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, accolga tale domanda.

2.     Causa T‑56/10

427    Il ricorso nella causa T‑56/10 ha per oggetto una domanda di annullamento della decisione di modifica.

428    A sostegno del loro ricorso nella causa T‑56/10, nelle loro memorie, le ricorrenti deducono tre motivi. Il primo attiene all’illegittimità della regolarizzazione ex post di un atto inficiato da gravi vizi. Il secondo attiene alla violazione del principio di buona amministrazione. Infine, il terzo motivo attiene alla mancanza di un’idonea base giuridica della decisione di modifica.

429    In udienza le ricorrenti hanno rinunciato al primo motivo di ricorso nella causa T‑56/10.

430    In via preliminare, occorre statuire sulla ricevibilità del ricorso nella causa T‑56/10.

431    In base ad una giurisprudenza costante, il ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove il ricorrente abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un siffatto interesse presuppone che l’annullamento dell’atto possa, di per sé, produrre conseguenze giuridiche (sentenza della Corte del 24 giugno 1986, AKZO Chemie e AKZO Chemie UK/Commissione, 53/85, Racc. pag. 1965, punto 21; v., altresì sentenza del Tribunale del 14 settembre 1995, Antillean Rice Mills e a./Commissione, T‑480/93 e T‑483/93, Racc. pag. II‑2305, punti 59 e 60, e la giurisprudenza citata, e sentenza del Tribunale del 20 giugno 2001, Euroalliages/Commissione, T‑188/99, Racc. pag. II‑1757, punto 26) o, secondo un’altra formulazione, il ricorso possa, grazie al suo risultato, procurare un beneficio alla parte che l’ha intentato (sentenze della Corte del 13 luglio 2000, Parlamento/Richard, C‑174/99 P, Racc. pag. I‑6189, punto 33, e del 25 luglio 2002, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, C‑50/00 P, Racc. pag. I‑6677, punto 21; sentenza del Tribunale del 28 settembre 2004, MCI/Commissione, T‑310/00, Racc. pag. II‑3253, punto 44).

432    Nel caso di specie, va constatato che, con la decisione di modifica, la Commissione ha aggiunto alla prima decisione varie tabelle che non erano allegate alla medesima e ha corretto i rinvii numerati alle suddette tabelle in varie note a piè di pagina di quest’ultima.

433    Tuttavia, come illustrato ai punti 43 e 44 supra e come risulta dall’esame del primo motivo nelle cause T‑489/09 e T‑490/09 (v. punti da 60 a 96 supra), la decisione di modifica si limita ad aggiungere alla prima decisione varie tabelle che non erano allegate alla medesima e a correggere i rinvii numerati alle suddette tabelle in varie sue note a piè di pagina, senza che tale modifica della motivazione della prima decisione muti la sostanza di quanto deciso nel suo dispositivo. Ne consegue che le ricorrenti non possono trarre alcun beneficio dal mero annullamento della decisione di modifica. Del resto, se è vero che le ricorrenti cercano di ottenere, nell’ambito del ricorso nella causa T‑56/10, una decisione del Tribunale che in realtà incide sulla prima decisione, si deve constatare che una siffatta domanda si confonde sostanzialmente con quelle formulate nei ricorsi delle cause T‑489/09 e T‑490/09.

434    Di conseguenza, il ricorso nella causa T‑56/10 è irricevibile e deve quindi essere respinto in toto.

 Sulle spese

435    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

436    Considerato che le ricorrenti sono rimaste soccombenti nell’ambito della loro conclusioni, esse devono essere condannate alle spese conformemente alla domanda formulata dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Le cause T‑489/09, T‑490/09 e T‑56/10 sono riunite ai fini della presente sentenza.

2)      I ricorsi sono respinti.

3)      Nella causa T‑489/09, la Leali SpA è condannata alle spese.

4)      Nella causa T‑490/09, le Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA sono condannate alle spese.

5)      Nella causa T‑56/10, la Leali e le Acciaierie e Ferriere Leali Luigi sono condannate alle spese.

Martins Ribeiro

Popescu

Berardis

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 dicembre 2014.

Firme

Indice


Contesto normativo

1.  Disposizioni del Trattato CECA

2.  Disposizioni del Trattato CE

3.  Regolamento (CE) n. 1/2003

4.  Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

Oggetto delle controversie

Presentazione delle ricorrenti

Fatti

Prima decisione

Sviluppi successivi alla notifica della prima decisione

Decisione di modifica

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1.  Cause T‑489/09 e T‑490/09

Sulle domande volte ad ottenere l’annullamento della prima decisione

Sul motivo vertente sulla violazione delle forme sostanziali (primo motivo nella causa T‑489/09 e primo motivo nella causa T‑490/09)

Sul motivo vertente sull’incompetenza della Commissione, su un errore di diritto quanto alla base giuridica dell’infrazione e dell’ammenda, su un eccesso di potere e su uno sviamento della procedura (secondo e quarto motivo nella causa T‑489/09 nonché secondo motivo nella causa T‑490/09)

– Sulla scelta della base giuridica della prima decisione

–  Sulla competenza della Commissione a constatare e a sanzionare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, sulla base del regolamento n. 1/2003

Sul motivo vertente sul difetto di «legittimazione passiva» della ricorrente nella causa T‑489/09 (terzo motivo nella causa T‑489/09)

Sul motivo vertente sulla violazione dell’articolo 65 CA e sul difetto di motivazione (quinto motivo nella causa T‑489/09)

Sul motivo vertente su un travisamento dei fatti, sul difetto di motivazione e sulla mancata presa in considerazione delle specificità del mercato siderurgico e delle norme del Trattato CECA [settimo motivo, prima parte, nella causa T‑489/09 e quarto motivo, lettera a), nella causa T‑490/09]

Sul motivo vertente sulla mancata adeguata considerazione dei fattori fondamentali propri del mercato pertinente [quarto motivo, lettera a), nella causa T‑490/09]

Sull’infondatezza degli addebiti mossi nei confronti della Leali (settimo motivo, dalla seconda alla quarta parte, nella causa T‑489/09)

–  Sulla «natura» dell’infrazione

–  Sugli extra di dimensione

–  Sulle condizioni di vendita e i termini di pagamento

Sul motivo vertente sulla violazione del principio di buona amministrazione e su un difetto di motivazione [sesto motivo, prima parte, nella causa T‑489/09 e quarto motivo, lettera b), nella causa T‑490/09]

Sul motivo vertente sulla violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti [ottavo motivo nella causa T‑489/09 e quarto motivo, lettera c), nella causa T‑490/09]

–  Osservazioni preliminari

–  Sulla prima parte, attinente alla mancata comunicazione di nuovi addebiti

–  Sulla seconda parte, attinente all’inosservanza della «pienezza» dei diritti della difesa della ricorrente nella causa T‑490/09

–  Sulla terza parte, attinente al «sequestro» illegittimo di documenti

–  Sulla quarta parte, attinente alla mancata comunicazione dei documenti relativi alla cooperazione della Ferriere Nord

Sulle domande volte ad ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda

Sul motivo vertente su un difetto di motivazione, sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e sulla violazione del principio della parità di trattamento nell’irrogazione di un’ammenda alla ricorrente nella causa T‑490/09 (terzo motivo nella causa T‑490/09)

Sul motivo vertente su errori di diritto e su un eccesso di potere nella determinazione dell’importo dell’ammenda [nono motivo nella causa T‑489/09 e quarto motivo, lettera d), nella causa T‑490/09]

–  Osservazioni preliminari

–  Sulla valutazione della gravità dell’infrazione e sulla mancata presa in considerazione del contesto economico e dell’assenza di impatto economico dell’intesa

–  Sull’erronea ripartizione delle imprese interessate in categorie

–  Sull’applicazione «illogica» della maggiorazione del 105% in funzione della durata dell’infrazione

–  Sulla circostanza attenuante fondata sulla specificità del mercato siderurgico

–  Sulla scissione delle ex Acciaierie e Ferriere Leali Luigi

Sulla valutazione della cooperazione della Leali e sulla disparità di trattamento rispetto alla Ferriere Nord (sesto motivo, seconda parte, nella causa T‑489/09)

Sul motivo vertente sulla prescrizione dell’infrazione (decimo motivo nella causa T‑489/09)

2.  Causa T‑56/10

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.


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