Language of document : ECLI:EU:T:2023:15

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

25 gennaio 2023 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti relativi a una procedura legislativa in corso – Gruppi di lavoro del Consiglio – Documenti riguardanti una proposta legislativa avente ad oggetto la modifica della direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese – Rifiuto parziale di accesso – Ricorso di annullamento – Interesse ad agire – Ricevibilità – Articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 – Eccezione relativa alla tutela del processo decisionale»

Nella causa T‑163/21,

Emilio De Capitani, residente in Bruxelles (Belgio), rappresentato da O. Brouwer, avvocato, e S. Gallagher, solicitor,

ricorrente,

sostenuto da

Regno del Belgio, rappresentato da C. Pochet, L. Van den Broeck e M. Jacobs, in qualità di agenti,

da

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato da M. Bulterman, M.H.S. Gijzen e J. Langer, in qualità di agenti,

da

Repubblica di Finlandia, rappresentata da M. Pere, in qualità di agente,

e da

Regno di Svezia, rappresentato da C. Meyer-Seitz e R. Shahsavan Eriksson, in qualità di agenti,

intervenienti

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da J. Bauerschmidt e K. Pavlaki, in qualità di agenti,

convenuto,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata),

composto, al momento della deliberazione, da A. Kornezov (relatore), presidente, E. Buttigieg, K. Kowalik-Bańczyk, G. Hesse e D. Petrlík, giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 22 settembre 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, il sig. Emilio De Capitani, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione SGS 21/000067 del Consiglio dell’Unione europea, del 14 gennaio 2021, con la quale quest’ultimo gli ha negato l’accesso a taluni documenti, recanti il codice «WK», scambiati in seno ai gruppi di lavoro del Consiglio nell’ambito della procedura legislativa 2016/0107 (COD), aventi ad oggetto la modifica della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio (GU 2013, L 182, pag. 19) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Fatti

2        Il 15 ottobre 2020 il ricorrente ha presentato, ai sensi del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), una domanda di accesso a taluni documenti scambiati in seno al gruppo di lavoro «Diritto delle società» del Consiglio relativi alla procedura legislativa 2016/0107 (COD) in corso al momento della domanda.

3        Il 10 novembre 2020 il Consiglio ha accolto parzialmente tale domanda, comunicando al ricorrente sette documenti e negando l’accesso a tutti gli altri sette, ossia quelli recanti i riferimenti WK 6662/18, WK 14969/17 REV 1, WK 14969/17 INIT, WK 5230/17, WK 12197/17, WK 12197/17 REV1 e WK 10931/17 (in prosieguo: i «documenti controversi»), con la motivazione, in sostanza, che la loro divulgazione avrebbe pregiudicato gravemente il processo decisionale del Consiglio ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001.

4        Il 25 novembre 2020 il ricorrente ha presentato al Consiglio una domanda di conferma nella quale ha reiterato la sua domanda di accesso ai documenti controversi.

5        Il 14 gennaio 2021 il Consiglio ha adottato la decisione impugnata con la quale ha confermato il suo rifiuto di concedere l’accesso ai documenti controversi sulla base dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001.

 Conclusioni delle parti

6        Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare il Consiglio alle spese.

7        Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile o, in subordine, in quanto infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese.

8        Gli intervenienti, il Regno del Belgio, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia, dichiarano di sostenere le conclusioni del ricorrente.

 In diritto

 Sulla persistenza dellinteresse ad agire del ricorrente

9        Senza sollevare formalmente, con atto separato, un’eccezione di non luogo a statuire, il Consiglio sostiene che l’interesse ad agire del ricorrente è venuto meno in corso di causa in quanto, con lettera del 14 giugno 2021, esso gli ha comunicato la totalità dei documenti controversi. Pertanto, il ricorso non può più procurare, con il suo esito, un beneficio al ricorrente e sarebbe quindi divenuto privo di oggetto.

10      Il ricorrente, sostenuto al riguardo dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia e dal Regno di Svezia, contesta il venir meno del suo interesse ad agire in corso di causa. Da un lato, egli fa valere di non aver avuto accesso ai documenti controversi in tempo utile, vale a dire in una fase che gli avrebbe consentito di esercitare pienamente ed effettivamente i suoi diritti di cittadino europeo in una società democratica per quanto riguardava la procedura legislativa in questione. Dall’altro, egli ritiene di conservare un interesse ad agire consistente nell’evitare che l’illegittimità commessa dal Consiglio si ripeta in futuro.

11      Si deve rammentare, in proposito, che l’interesse ad agire di un ricorrente deve sussistere, alla luce dell’oggetto del ricorso, al momento della presentazione di quest’ultimo, a pena di irricevibilità. Tale oggetto della controversia deve perdurare, così come l’interesse ad agire, fino alla pronuncia della decisione del giudice, pena il non luogo a statuire, il che presuppone che il ricorso possa procurare, con il suo esito, un beneficio alla parte che l’ha proposto (v. sentenza del 21 gennaio 2021, Leino-Sandberg/Parlamento, C‑761/18 P, EU:C:2021:52, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

12      Nel caso di specie, è pacifico che i documenti controversi sono stati trasmessi dal Consiglio al ricorrente il 14 giugno 2021, vale a dire in seguito alla proposizione del presente ricorso. Tuttavia, la decisione impugnata non è stata formalmente ritirata dal Consiglio, cosicché la controversia ha mantenuto il suo oggetto (v., in tal senso, sentenze del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 45, e del 21 gennaio 2021, Leino-Sandberg/Parlamento, C‑761/18 P, EU:C:2021:52, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

13      Pertanto, conformemente alla giurisprudenza della Corte citata nel precedente punto 11, occorre esaminare se, nonostante tale divulgazione, il ricorrente potesse ancora invocare un interesse ad agire, il che richiede di stabilire se il ricorrente, mediante tale divulgazione, abbia ottenuto piena soddisfazione in relazione agli obiettivi da lui perseguiti con la sua domanda di accesso ai documenti in questione, il che significa che occorre determinare se tale divulgazione sia avvenuta in tempo utile (v., in tal senso, sentenze del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 47 e giurisprudenza ivi citata, e del 21 gennaio 2021, Leino-Sandberg/Parlamento, C‑761/18 P, EU:C:2021:52, punto 34).

14      In proposito, come affermano, in sostanza, il ricorrente e la Repubblica di Finlandia, con la sua domanda iniziale del 15 ottobre 2020 e la sua domanda di conferma del 25 novembre 2020, il ricorrente ha cercato di ottenere l’accesso ai documenti controversi al fine di conoscere le posizioni espresse dagli Stati membri in seno al Consiglio in quanto colegislatore e di poter eventualmente informarne la società e avviare un dibattito al riguardo prima che tale istituzione adottasse la sua posizione nella procedura legislativa in questione.

15      Orbene, nel caso di specie, la divulgazione dei documenti controversi ha avuto luogo solo dopo l’adozione da parte del Consiglio, il 3 marzo 2021, della sua posizione negoziale in detta procedura e dopo l’accordo concluso il 1º giugno 2021 nell’ambito dei triloghi interistituzionali.

16      Pertanto, la divulgazione dei documenti controversi non è avvenuta in tempo utile in relazione agli obiettivi di informare la società e di avviare un dibattito perseguiti dal ricorrente con la sua domanda di accesso a detti documenti, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 13 supra (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 59, e del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 33). Infatti, al momento di tale divulgazione, il Consiglio aveva adottato la propria posizione ed era stato raggiunto un accordo interistituzionale nell’ambito dei triloghi. Sebbene, in tale momento, la procedura legislativa non fosse ancora formalmente conclusa, resta il fatto che, nella maggior parte dei casi, gli accordi raggiunti nell’ambito dei triloghi sono in seguito adottati dai colegislatori senza modifiche sostanziali (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 72).

17      Pertanto, con la divulgazione dei documenti controversi, il ricorrente non ha ottenuto piena soddisfazione in relazione agli obiettivi da egli perseguiti con la sua domanda di accesso a detti documenti.

18      Di conseguenza, occorre respingere l’argomento del Consiglio vertente sul venir meno dell’interesse ad agire del ricorrente in corso di causa.

 Nel merito

19      A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce due motivi in via principale, relativi, il primo, ad una violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 e ad un difetto di motivazione concernente la questione se la divulgazione dei documenti controversi pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale e, il secondo, ad una violazione della medesima disposizione e ad un difetto di motivazione riguardante l’assenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione di detti documenti. Egli solleva altresì, in subordine, un terzo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001 e su un difetto di motivazione.

20      Il primo motivo si compone, in sostanza, di due parti, riguardanti, la prima, l’applicabilità dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 ai documenti legislativi e, la seconda, l’applicazione nel caso di specie di tale eccezione.

 Sull’applicabilità dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 ai documenti legislativi

21      Il ricorrente fa valere che, negando l’accesso ai documenti controversi, che sarebbero sostanzialmente documenti legislativi, sulla base dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, il Consiglio ha violato la nuova dimensione costituzionale in materia di accesso ai documenti redatti nell’ambito delle procedure legislative, istituita dal Trattato FUE e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Pertanto, contrariamente al precedente articolo 207, paragrafo 3, CE, che autorizzava il Consiglio a determinare i casi in cui si doveva considerare che esso deliberasse in qualità di legislatore onde consentire, in tali casi, un maggiore accesso ai documenti, preservando nel contempo l’efficacia del suo processo decisionale, il Trattato FUE e la Carta non menzionerebbero più alcuna eccezione relativa alla tutela del processo decisionale nell’ambito delle procedure legislative. Esisterebbero quindi tensioni giuridiche tra, da un lato, l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, che sarebbe stato adottato sulla base di precedenti interpretazioni del principio di trasparenza ai sensi dal Trattato CE, e, dall’altro, l’articolo 15, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 42 della Carta. Il Consiglio sarebbe quindi tenuto a conformarsi direttamente agli obblighi ad esso imposti dal Trattato FUE e dalla Carta, che non gli conferirebbero alcun potere discrezionale che lo autorizzi a rifiutare l’accesso a documenti elaborati nell’ambito di una procedura legislativa.

22      Il ricorrente precisa, nella replica, che l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 non sarebbe più applicabile ai dibattiti legislativi e ai relativi documenti. Egli aggiunge che altre eccezioni, come quelle previste all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1049/2001, rimarrebbero invece rilevanti per quanto riguarda l’accesso ai documenti legislativi e che l’articolo 15, paragrafo 3, TFUE deve essere inteso come riferito a questo tipo di eccezioni.

23      Il Consiglio replica che il ricorrente confonde due diverse dimensioni della trasparenza legislativa, vale a dire, da un lato, quella riguardante le riunioni del Parlamento europeo e del Consiglio nelle quali i rispettivi membri deliberano su progetti di atti legislativi e, dall’altro, quella concernente l’accesso ai documenti relativi alle procedure legislative. L’articolo 15, paragrafo 2, TFUE riguarderebbe questa prima dimensione e sarebbe quindi irrilevante nel caso di specie. Infatti, tale disposizione dovrebbe essere intesa come riferita al Consiglio nella sua composizione comprendente i rappresentanti a livello ministeriale, autorizzati ad impegnare il governo dello Stato membro che rappresentano e ad esercitare il diritto di voto, conformemente all’articolo 16, paragrafo 2, TUE. Per contro, la seconda dimensione della trasparenza legislativa, ossia quella di cui all’articolo 15, paragrafo 3, TFUE, non prevedrebbe un diritto incondizionato di accesso ai documenti, anche legislativi.

24      Nella controreplica, il Consiglio sostiene che l’argomento del ricorrente secondo cui l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 non potrebbe più applicarsi ai documenti elaborati nell’ambito di una procedura legislativa dopo l’entrata in vigore del Trattato FUE e della Carta costituirebbe una «nuova eccezione di illegittimità» sollevata per la prima volta in fase di replica e, pertanto, un motivo nuovo, che deve essere dichiarato irricevibile. Inoltre, nell’ipotesi in cui questo «nuovo motivo» debba essere considerato ricevibile, esso chiede l’adozione di una misura di organizzazione del procedimento ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, al fine di invitare il Parlamento e la Commissione europea a prendere posizione sulla presunta illegittimità di detta disposizione.

25      Il ricorrente, interrogato su tale punto nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, contesta l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Consiglio, facendo valere, in sostanza, che il ricorso esponeva già chiaramente l’argomento secondo cui, dall’entrata in vigore del Trattato FUE e della Carta, esisterebbe una tensione giuridica tra l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 e il diritto primario, in particolare l’articolo 15, paragrafo 2, TFUE, e che il Consiglio doveva quindi conformarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto primario rendendo i documenti legislativi accessibili al pubblico.

–       Sull’eccezione di irricevibilità sollevata dal Consiglio

26      Secondo una giurisprudenza costante relativa all’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Cionondimeno, un motivo che costituisca un’estensione di un motivo precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio e che sia strettamente connesso con quest’ultimo deve essere dichiarato ricevibile. Per poter essere considerato un ampliamento di un motivo o di una censura precedentemente dedotti, un nuovo argomento deve avere un nesso sufficientemente stretto con i motivi o le censure inizialmente esposti nel ricorso da poter essere considerato come il risultato del normale svolgimento del dibattito nell’ambito di un procedimento contenzioso [v. sentenza del 5 ottobre 2020, HeidelbergCement e Schwenk Zement/Commissione, T‑380/17, EU:T:2020:471, punto 87 (non pubblicata) e giurisprudenza ivi citata].

27      Nel caso di specie, occorre constatare che il ricorrente ha chiaramente sostenuto nel ricorso che l’articolo 15, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 42 della Carta dovevano essere interpretati nel senso che non conferivano al Consiglio «alcun potere discrezionale» per rifiutare l’accesso ai documenti redatti nell’ambito di una procedura legislativa, che tale istituzione era tenuta a conformarsi «direttamente» ai suoi obblighi derivanti dai trattati e che, pertanto, detta istituzione aveva, nella fattispecie, interpretato in modo eccessivamente ampio l’eccezione relativa alla tutela del processo decisionale di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Egli ha inoltre fatto valere l’esistenza di una «tensione giuridica» tra, da un lato, quest’ultima disposizione e, dall’altro, il Trattato FUE e la Carta.

28      Nella replica, il ricorrente si limita a sviluppare ulteriormente questa parte della sua argomentazione in risposta agli argomenti dedotti dal Consiglio nel controricorso. Egli sostiene, in particolare, che l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 «non può più applicarsi» ai documenti legislativi, poiché l’articolo 15, paragrafo 2, TFUE impone «direttamente» al legislatore dell’Unione europea un obbligo di trasparenza riguardo al processo legislativo.

29      Ne consegue che, nella replica, il ricorrente ha effettuato, tutt’al più, un’estensione di un motivo enunciato nel ricorso, che deve essere ammessa dal giudice dell’Unione.

30      Inoltre, contrariamente a quanto afferma il Consiglio, il ricorrente non solleva alcuna eccezione di illegittimità dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, come ha peraltro confermato lui stesso in udienza. Infatti, con il suo argomento, il ricorrente non ritiene che l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 sia illegittimo in quanto tale, poiché contrario al Trattato FUE e alla Carta, ma che questa disposizione debba essere interpretata alla luce del Trattato FUE e della Carta nel senso che essa non si applica ai documenti legislativi, pur restando pienamente applicabile ad altri tipi di documenti.

31      Per il resto, occorre rilevare che, conformemente all’articolo 82 del regolamento di procedura, una copia del ricorso e del controricorso è stata trasmessa al Parlamento e alla Commissione per consentire loro di accertare se fosse invocata l’inapplicabilità di un loro atto ai sensi dell’articolo 277 TFUE. Dato che l’argomentazione del ricorrente era già stata chiaramente esposta nel ricorso, occorre ritenere che il Parlamento e la Commissione abbiano deciso di non intervenire nel presente procedimento con piena cognizione di causa. Pertanto, la richiesta del Consiglio di adottare una misura di organizzazione del procedimento al riguardo non deve essere accolta.

32      Di conseguenza, l’eccezione di irricevibilità e la richiesta del Consiglio di adottare una misura di organizzazione del procedimento devono essere respinte.

–       Nel merito

33      Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, l’accesso a un documento elaborato per uso interno da un’istituzione o da essa ricevuto, relativo ad una questione su cui la stessa non abbia ancora adottato una decisione, viene rifiutato nel caso in cui la divulgazione di tale documento pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale della stessa istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente a detta divulgazione.

34      Come ricordato nei precedenti punti 21 e 22, il ricorrente fa valere, in sostanza, che l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 non può essere applicato per rifiutare l’accesso ai documenti scambiati in seno ai gruppi di lavoro del Consiglio nell’ambito di una procedura legislativa successiva all’entrata in vigore del Trattato FUE e della Carta.

35      Si deve osservare, in proposito, che il Consiglio non contesta la natura legislativa dei documenti controversi.

36      Ciò premesso, occorre sottolineare che il diritto primario dell’Unione stabilisce un intimo nesso di principio che vincola le procedure legislative ai principi di pubblicità e di trasparenza (sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 77).

37      È proprio la trasparenza nel processo legislativo che, nel consentire che i diversi punti di vista vengano apertamente discussi, contribuisce a conferire alle istituzioni una maggiore legittimità agli occhi dei cittadini dell’Unione e ad accrescere la loro fiducia. Di fatto, è piuttosto la mancanza di informazioni e di dibattito che può suscitare dubbi nei cittadini, non solo circa la legittimità di un singolo atto, ma anche circa la legittimità del processo decisionale nel suo complesso (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 59).

38      I principi di pubblicità e di trasparenza sono quindi inerenti alle procedure legislative dell’Unione (sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 81).

39      Tuttavia, ciò non significa che il diritto primario dell’Unione preveda un diritto incondizionato di accesso ai documenti legislativi.

40      Occorre ricordare, al riguardo, che l’articolo 42 della Carta enuncia che ogni cittadino dell’Unione nonché ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, a prescindere dal loro supporto.

41      Le spiegazioni relative alla Carta, pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 14 dicembre 2007 (GU 2007, C 303, pag. 17), che devono essere prese in debita considerazione in sede di interpretazione della Carta da parte dei giudici dell’Unione (v. quinto considerando del preambolo della Carta), indicano quanto segue:

«Il diritto sancito da[ll’articolo 42] è stato ripreso dall’articolo 255 del trattato CE, in applicazione del quale è stato adottato il regolamento (...) n. 1049/2001. La Convenzione europea ha esteso tale diritto ai documenti delle istituzioni, degli organi e delle agenzie in generale, indipendentemente dalla forma in cui sono prodotti (v. articolo 15, paragrafo 3[,] del trattato sul funzionamento dell’Unione europea). Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 2 della Carta, il diritto di accesso ai documenti si esercita alle condizioni e nei limiti definiti all’articolo 15, paragrafo 3, del trattato [FUE]».

42      Ne consegue che il diritto di accesso ai documenti, sancito all’articolo 42 della Carta, si esercita «alle condizioni e nei limiti definiti all’articolo 15, paragrafo 3», TFUE.

43      Tale interpretazione è inoltre conforme all’articolo 52, paragrafo 2, della Carta, ai sensi del quale i diritti riconosciuti dalla Carta per i quali i trattati prevedono disposizioni si esercitano alle condizioni e nei limiti dagli stessi definiti.

44      Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, primo comma, TFUE, qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, a prescindere dal loro supporto, «secondo i principi e alle condizioni da definire a norma del presente paragrafo». Il secondo comma di detto paragrafo precisa che «[i] principi generali e le limitazioni a tutela di interessi pubblici o privati applicabili al diritto di accesso ai documenti sono stabiliti mediante regolamenti dal Parlamento europeo e dal Consiglio, che deliberano secondo la procedura legislativa ordinaria».

45      L’articolo 15, paragrafo 3, quinto comma, TFUE enuncia che il Parlamento e il Consiglio assicurano la pubblicità dei documenti relativi alle procedure legislative «nel rispetto delle condizioni previste dai regolamenti di cui al secondo comma» di detto paragrafo. Sebbene tale disposizione metta così in evidenza il principio di pubblicità dei documenti legislativi, essa non prevede tuttavia che questi ultimi debbano essere resi pubblici in tutti i casi e senza eccezioni, come attesta il riferimento alle «condizioni» che i regolamenti possono prevedere a tal fine.

46      Ne consegue che il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni, compresi i documenti legislativi, dei cittadini dell’Unione e di qualsiasi persona che risieda o abbia sede nel territorio dell’Unione si esercita secondo i principi generali, le limitazioni e le condizioni stabiliti mediante regolamenti. Infatti, l’articolo 15, paragrafo 3, TFUE non esclude i documenti legislativi dal suo ambito di applicazione.

47      Pertanto, le disposizioni del Trattato FUE e della Carta che disciplinano il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione prevedono che l’esercizio di tale diritto possa essere soggetto a limiti e condizioni, stabiliti mediante regolamenti, anche per quanto riguarda l’accesso ai documenti legislativi.

48      Tale conclusione non è rimessa in discussione dagli argomenti addotti dal ricorrente.

49      In primo luogo, l’argomento del ricorrente secondo cui il regolamento n. 1049/2001 sarebbe in qualche modo diventato obsoleto perché adottato sulla base del Trattato CE e non terrebbe quindi conto delle modifiche apportate dal Trattato FUE e dalla Carta non può essere accolto. Infatti, come ricordato nel precedente punto 41, le spiegazioni relative alla Carta precisano che il diritto sancito dall’articolo 42 «è stato ripreso dall’articolo 255 del trattato CE, in applicazione del quale è stato adottato [detto regolamento]». Tale precisazione rende nota quindi la continuità che esiste in materia tra il Trattato CE e il Trattato FUE nonché la continua rilevanza di tale regolamento a seguito dell’entrata in vigore del Trattato FUE e della Carta. Se gli autori della Carta avessero voluto disciplinare il diritto di accesso ai documenti in modo sostanzialmente diverso da quello in vigore ai sensi del Trattato CE, essi lo avrebbero indicato nelle relative spiegazioni.

50      In secondo luogo, il ricorrente fa valere che l’articolo 15, paragrafo 3, secondo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che le «limitazioni» al diritto di accesso ai documenti oggetto di tale disposizione sono applicabili ad altri tipi di eccezioni, come quelli di cui all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1049/2001, ma non ai fini della tutela del processo decisionale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del medesimo regolamento.

51      Tuttavia, l’articolo 15, paragrafo 3, secondo comma, TFUE fa riferimento alle «limitazioni a tutela di interessi pubblici o privati applicabili al diritto di accesso ai documenti», senza fornire ulteriori precisazioni o distinzioni riguardo alla natura di tali limitazioni. Pertanto, nulla consente di concludere che le disposizioni del Trattato FUE e della Carta escludano per principio che l’accesso ai documenti legislativi possa essere rifiutato per il motivo che la loro divulgazione pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale dell’istituzione di cui trattasi, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001.

52      In terzo luogo, il ricorrente invoca l’articolo 15, paragrafo 2, TFUE a sostegno della sua tesi. Ai sensi di tale disposizione, «[i]l Parlamento europeo si riunisce in seduta pubblica, così come il Consiglio allorché delibera e vota in relazione ad un progetto di atto legislativo».

53      Dal termine «seduta pubblica» emerge che l’articolo 15, paragrafo 2, TFUE sancisce il principio di pubblicità dei dibattiti legislativi durante le sessioni del Parlamento e del Consiglio. Per contro, questa disposizione non concerne il diritto di accesso ai documenti né le limitazioni e le condizioni per l’esercizio di tale diritto, che sono disciplinati dall’articolo 15, paragrafo 3, TFUE e dall’articolo 42 della Carta.

54      Il contesto normativo in cui si inserisce il diritto di accesso ai documenti avvalora la conclusione di cui al punto 47 supra.

55      Infatti, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 1 TUE, tale trattato «segna una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini». L’articolo 10, paragrafo 3, TUE prevede, a sua volta, che ogni cittadino abbia il diritto di partecipare alla vita democratica dell’Unione e che le decisioni siano prese nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini. Parimenti, l’articolo 15, paragrafo 1, TFUE enuncia che, «[a]l fine di promuovere il buon governo e garantire la partecipazione della società civile, le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione operano nel modo più trasparente possibile».

56      L’insieme di tali disposizioni conferma che il principio di trasparenza, pur essendo di fondamentale importanza per l’ordinamento giuridico dell’Unione, non è tuttavia assoluto.

57      Infine, il giudice dell’Unione ha già avuto occasione di precisare che alle istituzioni dell’Unione resta consentito negare, sulla base dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, l’accesso a taluni documenti di natura legislativa in casi debitamente motivati (sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 112).

58      Del pari, nella sua sentenza del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe (C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punti da 36 a 40 e 62), la Corte ha dichiarato, in sostanza, che l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 era applicabile ai documenti legislativi e che, nell’applicazione di tale disposizione, il Tribunale doveva tener conto dell’equilibrio tra il principio di trasparenza e la preservazione dell’efficacia del processo decisionale del Consiglio.

59      Quanto all’argomento del ricorrente secondo cui la giurisprudenza relativa all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 si basava sul Trattato CE e sarebbe quindi stata superata dal Trattato FUE, è sufficiente constatare che la sentenza citata nel precedente punto 57 è stata a sua volta pronunciata in relazione ad una decisione adottata ben dopo l’entrata in vigore del Trattato FUE.

60      Infine, sebbene il ricorrente menzioni anche l’articolo 41 della Carta, tale disposizione è irrilevante ai fini della soluzione della presente controversia, dal momento che essa concerne il diritto di ogni persona di accedere «al fascicolo che la riguarda». Orbene, è pacifico che i documenti controversi non si riferiscono specificamente al ricorrente.

61      Per concludere, sebbene l’accesso ai documenti legislativi debba essere il più ampio possibile, ciò non toglie che le disposizioni dei trattati e della Carta invocate dal ricorrente non possano essere interpretate nel senso che esse escludono, per principio, che l’accesso a siffatti documenti possa essere rifiutato per il motivo che la loro divulgazione pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale dell’istituzione di cui trattasi, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001.

62      Alla luce di quanto precede, occorre respingere la prima parte del primo motivo in quanto infondata.

 Sull’applicazione al caso di specie dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001

63      Il ricorrente, sostenuto da tutti gli intervenienti, fa valere, in sostanza, che il Consiglio non ha dimostrato che la divulgazione dei documenti controversi avrebbe pregiudicato in modo concreto ed effettivo il suo processo decisionale e che il rischio di un siffatto pregiudizio era ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico.

64      Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente, riprendendo, in sostanza, i motivi esposti nella decisione impugnata.

65      Occorre rammentare al riguardo che, conformemente al suo considerando 1, il regolamento n. 1049/2001 è riconducibile all’intento di creare un’Unione in cui le decisioni siano adottate nel modo più trasparente possibile e più vicino possibile ai cittadini. Come ricorda il considerando 2 di detto regolamento, il diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni è collegato al carattere democratico di queste ultime.

66      A tale fine, il regolamento n. 1049/2001, come indicano il suo considerando 4 e il suo articolo 1, mira a conferire al pubblico un diritto di accesso che sia il più ampio possibile (v. sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

67      Tale diritto è comunque sottoposto a determinate limitazioni fondate su ragioni di interesse pubblico o privato. Più specificamente, e conformemente al suo considerando 11, il regolamento n. 1049/2001 prevede, all’articolo 4, un regime di eccezioni che autorizza le istituzioni a rifiutare l’accesso ad un documento nel caso in cui la divulgazione del medesimo arrechi pregiudizio ad uno degli interessi tutelati da tale articolo (v. sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

68      Dato che tali eccezioni derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, esse devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo (v. sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

69      Qualora un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione investito di una domanda di accesso a un documento decida di respingere questa domanda sulla base di una delle eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, spetta ad esso, in linea di principio, spiegare in che modo l’accesso a tale documento potrebbe arrecare un pregiudizio concreto ed effettivo all’interesse tutelato da detta eccezione, e il rischio di tale pregiudizio deve essere ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico (sentenze del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 51, e del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punti da 63 a 65).

70      Secondo la giurisprudenza, il pregiudizio al processo decisionale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 è «grave» quando, in particolare, la divulgazione dei documenti considerati ha un impatto sostanziale sul processo decisionale. La valutazione della gravità dipende dall’insieme delle circostanze del caso di specie, in particolare dagli effetti negativi sul processo decisionale invocati dall’istituzione in ordine alla divulgazione dei documenti considerati (sentenze del 18 dicembre 2008, Muñiz/Commissione, T‑144/05, non pubblicata, EU:T:2008:596, punto 75; del 7 giugno 2011, Toland/Parlamento, T‑471/08, EU:T:2011:252, punto 71, e del 9 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, T‑516/11, non pubblicata, EU:T:2014:759, punto 62).

71      Nel caso di specie, i documenti controversi sono documenti scambiati all’interno del gruppo di lavoro «Diritto delle società» del Consiglio. In particolare, i documenti WK 5230/17, dell’8 maggio 2017, WK 10931/17, del 6 ottobre 2017, WK 12197/17, del 27 ottobre 2017 e WK 12197/17 REV1, del 18 luglio 2018, contengono osservazioni e modifiche testuali concrete proposte dalle delegazioni degli Stati membri riguardanti l’intera proposta legislativa in questione, sotto forma di tabelle riassuntive. I documenti WK 14969/17, del 19 dicembre 2017, e WK 14969/17 REV 1, dell’8 gennaio 2018, contengono note della presidenza del Consiglio rivolte al gruppo di lavoro in questione, in cui quest’ultima ha rilevato, in particolare, la presenza di riferimenti incrociati errati nella proposta legislativa, ha suggerito modifiche volte a chiarire il testo di una disposizione e ha segnalato una questione che doveva essere ancora discussa, ossia la ricerca di una formulazione più adeguata per alcune disposizioni al fine di evitare il rischio di elusione dell’applicazione della direttiva da parte di determinate imprese. Il documento WK 6662/18 del 1° giugno 2018 contiene, a sua volta, un invito della presidenza ad una riunione del gruppo di lavoro per proseguire i lavori sulla proposta legislativa in questione, il quale precisa che le delegazioni sono chiamate a prendere posizione, segnatamente, sulle proposte contenute nei documenti precedenti.

72      Nella decisione impugnata il Consiglio ha giustificato il proprio diniego di accesso ai documenti controversi con diverse considerazioni.

73      In primo luogo, al punto 9 della decisione impugnata, il Consiglio ha sottolineato che l’argomento della trasparenza fiscale delle imprese multinazionali era «altamente sensibile» da un punto di vista politico.

74      In proposito, dalla versione integrale dei documenti controversi, attualmente divulgati, risulta che essi contengono proposte ed emendamenti di testi normativi che si inseriscono nella normale dinamica del processo legislativo. Orbene, né nella decisione impugnata né dinanzi al Tribunale il Consiglio individua un aspetto concreto e specifico di tali documenti che sia di natura particolarmente sensibile.

75      Occorre rilevare inoltre, come del resto ricorda lo stesso Consiglio nella decisione impugnata, che, nelle sue conclusioni del 18 dicembre 2014, il Consiglio europeo ha ritenuto «urgente intensificare gli sforzi nella lotta contro l’evasione fiscale e la pianificazione fiscale aggressiva sia a livello mondiale sia a livello dell’Unione europea» e che il 16 dicembre 2015 il Parlamento aveva adottato una risoluzione recante raccomandazioni alla Commissione su come promuovere la trasparenza, il coordinamento e la convergenza nelle politiche sulle imposte societarie nell’Unione [2015/2010(INL)]. Tali documenti testimoniano la grande importanza per i cittadini europei del tema della trasparenza fiscale delle imprese multinazionali, il che depone piuttosto a favore del più ampio accesso possibile ai relativi documenti legislativi, e non a favore di un accesso limitato. Infatti, l’accesso all’insieme delle informazioni che costituiscono il fondamento dell’azione legislativa dell’Unione è un presupposto per l’esercizio effettivo, da parte dei cittadini dell’Unione, dei loro diritti democratici, riconosciuti in particolare dall’articolo 10, paragrafo 3, TUE (v., in tal senso, sentenza del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 92).

76      Di conseguenza, sebbene il contenuto dei documenti controversi riguardi questioni di una certa importanza, eventualmente caratterizzate da difficoltà sia politiche sia giuridiche, nulla nella decisione impugnata consente di ritenere che esso avesse un carattere particolarmente sensibile, nel senso che un interesse fondamentale dell’Unione o degli Stati membri sarebbe messo a repentaglio in caso di divulgazione (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 97 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, dinanzi al Tribunale, il Consiglio non precisa nemmeno gli aspetti concreti del contenuto di tali documenti che abbiano un carattere particolarmente sensibile.

77      In secondo luogo, al punto 21 della decisione impugnata, il Consiglio ha fatto valere che la proposta legislativa in questione era oggetto di discussioni in corso e che i documenti controversi non erano esaustivi e non riflettevano necessariamente le posizioni definitive degli Stati membri.

78      Occorre ricordare, in proposito, che il carattere preliminare delle discussioni relative alla proposta legislativa di cui trattasi non consente di giustificare, in quanto tale, l’applicazione dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Infatti, tale disposizione non opera alcuna distinzione a seconda dello stato di avanzamento delle discussioni. Essa prende in considerazione in maniera generale i documenti che riguardano una questione su cui l’istituzione interessata «non abbia ancora adottato una decisione», a differenza dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, che disciplina il caso in cui l’istituzione interessata abbia adottato una decisione. Nel caso di specie, il carattere preliminare delle discussioni in corso e il fatto che su tali proposte non sia stato ancora raggiunto un consenso o un compromesso in seno al Consiglio non consentono quindi di configurare un grave pregiudizio al processo decisionale (v., in tal senso, sentenze del 22 marzo 2011, Access Info Europe/Consiglio, T‑233/09, EU:T:2011:105, punti 75 e 76, e del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 100).

79      Del pari, secondo la giurisprudenza, una proposta è, per sua natura, fatta per essere discussa e non è destinata a rimanere invariata dopo tale discussione. L’opinione pubblica è perfettamente in grado di comprendere che l’autore di una proposta possa modificarne successivamente il contenuto. Proprio per le stesse ragioni, l’autore di una domanda di accesso a documenti legislativi nell’ambito di una procedura in corso sarà pienamente consapevole del carattere provvisorio delle informazioni ivi contenute e del fatto che queste ultime possono essere modificate durante le discussioni nel quadro dei lavori preparatori del gruppo di lavoro del Consiglio fino a quando non si raggiunga un accordo sull’insieme del testo (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 102 e giurisprudenza ivi citata). Ciò è dimostrato, in particolare, dall’obiettivo perseguito nella fattispecie dalla domanda di accesso, in quanto il ricorrente ha cercato di conoscere le posizioni espresse dagli Stati membri in seno al Consiglio proprio al fine di avviare un dibattito al riguardo prima che tale istituzione adottasse la propria posizione nell’ambito della procedura legislativa in questione (v. punto 14 supra).

80      In terzo luogo, al punto 22 della decisione impugnata, il Consiglio ha rilevato che gli elementi contenuti nei documenti controversi erano il risultato di «difficili negoziati» tra gli Stati membri e facevano emergere le difficoltà che esso doveva ancora risolvere prima di poter giungere ad un accordo.

81      Nella decisione impugnata, tuttavia, il Consiglio non precisa quali «elementi» concreti e specifici dei documenti controversi avrebbero causato difficoltà tali che la loro divulgazione avrebbe potuto pregiudicare gravemente il suo processo decisionale. Inoltre, il motivo per cui alcune proposte di modifica riportate nei documenti controversi dovevano ancora essere discusse prima di raggiungere un accordo è troppo generico e potrebbe applicarsi a qualsiasi documento di natura legislativa elaborato o scambiato nell’ambito di un gruppo di lavoro del Consiglio.

82      In quarto luogo, al punto 23 della decisione impugnata, il Consiglio ha fatto valere che i documenti controversi contenevano discussioni libere e franche tra gli Stati membri, la cui divulgazione in tale fase dei «negoziati» avrebbe compromesso la fiducia reciproca su cui si basano i lavori dei gruppi di lavoro del Consiglio.

83      Tuttavia, il Consiglio non ha prodotto alcun elemento tangibile idoneo a dimostrare che, per quanto riguarda la procedura legislativa in questione, l’accesso ai documenti controversi avrebbe pregiudicato la leale cooperazione a cui sono tenuti gli Stati membri. Il rischio invocato sembra quindi ipotetico. Inoltre, poiché, nell’ambito dei gruppi di lavoro del Consiglio, gli Stati membri esprimono le rispettive posizioni su una determinata proposta legislativa e sull’evoluzione che accettano quest’ultima possa avere, il fatto che tali elementi siano, su richiesta, successivamente comunicati non è di per sé idoneo ad ostacolare la leale cooperazione che gli Stati membri e le istituzioni sono obbligati ad esercitare tra loro in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE (v., per analogia, sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punti 103 e 104).

84      Sebbene, con il motivo dedotto al punto 23 della decisione impugnata, il Consiglio abbia alluso ad un rischio di pressioni pubbliche, come esso sostiene nel controricorso, occorre ricordare che, in un sistema fondato sul principio della legittimità democratica, i colegislatori devono rispondere dei loro atti nei confronti del pubblico. L’esercizio da parte dei cittadini dei loro diritti democratici presuppone la possibilità di seguire in dettaglio il processo decisionale all’interno delle istituzioni partecipando alle procedure legislative e di avere accesso a tutte le informazioni pertinenti (sentenza del 22 marzo 2011, Access Info Europe/Consiglio, T‑233/09, EU:T:2011:105, punto 69). Inoltre, l’articolo 10, paragrafo 3, TUE stabilisce che ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell’Unione e che le decisioni sono prese nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini. Pertanto, la manifestazione dell’opinione pubblica riguardo a una data proposta legislativa è parte integrante dell’esercizio dei diritti democratici dei cittadini dell’Unione (sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 98).

85      Sebbene la giurisprudenza riconosca che il rischio di pressioni esterne possa costituire un motivo legittimo di limitazione dell’accesso ai documenti relativi al processo decisionale, occorre tuttavia che sia accertata la presenza di siffatte pressioni esterne e l’esistenza di un rischio ragionevolmente prevedibile che tali pressioni esterne influenzino sostanzialmente la decisione da adottare. Orbene, non vi è alcun elemento tangibile nel fascicolo che consenta di accertare, in caso di divulgazione dei documenti controversi, la presenza di siffatte pressioni esterne. Pertanto, non vi è nulla nel fascicolo di cui dispone il Tribunale che suggerisca che, per quanto riguarda la procedura legislativa in questione, il Consiglio potesse ragionevolmente aspettarsi una reazione eccessiva rispetto a quella che qualsiasi membro di un organo legislativo che presenti un emendamento di un progetto di legge può ragionevolmente aspettarsi dal pubblico (v., in tal senso, sentenze del 22 marzo 2011, Access Info Europe/Consiglio, T‑233/09, EU:T:2011:105, punto 74, e del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 99).

86      In quinto luogo, ai punti 23 e 24 della decisione impugnata, il Consiglio ha spiegato che la divulgazione dei documenti controversi pregiudicherebbe gravemente l’efficacia del suo processo decisionale e ridurrebbe le probabilità di giungere ad un accordo.

87      Tuttavia, la motivazione invocata ai punti 23 e 24 della decisione impugnata rimane troppo generica, in quanto il Consiglio non spiega in che modo l’accesso ai documenti controversi pregiudicherebbe gravemente, in modo concreto, effettivo e non ipotetico, le possibilità di pervenire ad un accordo sulla proposta legislativa in questione.

88      In sesto luogo, ai punti 25 e 27 della decisione impugnata, il Consiglio ha sottolineato che l’interesse pubblico legittimo che giustifica la divulgazione dei documenti controversi non prevaleva sulla necessità altrettanto legittima di tutelare il processo decisionale.

89      Con il motivo dedotto ai punti 25 e 27 della decisione impugnata, il Consiglio sembra confondere, come sostiene il ricorrente, due fasi distinte nell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Infatti, solo nel caso in cui l’istituzione interessata ritenga che la divulgazione di un documento pregiudichi concretamente ed effettivamente il processo decisionale di cui trattasi, essa è tenuta a verificare, in un secondo tempo, se un interesse pubblico prevalente non giustifichi, nonostante tutto, la divulgazione del documento in questione. In altri termini, è solo in questo contesto che spetta al Consiglio bilanciare l’interesse specifico da tutelare impedendo la divulgazione del documento di cui trattasi con, in particolare, l’interesse generale all’accessibilità a tale documento, tenendo conto dei vantaggi derivanti, come rileva il considerando 2 di detto regolamento, da una maggiore trasparenza, vale a dire una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (v., per analogia, sentenza del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 45).

90      In settimo luogo, al punto 26 della decisione impugnata, il Consiglio ha affermato che il rifiuto di divulgare un numero limitato di documenti oggetto della domanda del ricorrente non equivarrebbe a negare ai cittadini la possibilità di essere informati del processo decisionale in questione.

91      Al riguardo, al pari del ricorrente, e come ammesso inoltre dal Consiglio, la motivazione invocata al punto 26 della decisione impugnata non è un criterio rilevante al fine di valutare se siano soddisfatte le condizioni di diniego di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Infatti, la mera circostanza che sia stato consentito l’accesso a taluni documenti relativi alla stessa procedura legislativa non può giustificare il diniego di accesso ad altri documenti.

92      In ottavo luogo, il Consiglio fa valere, al punto 28 della decisione impugnata, che, «a seguito di una valutazione specifica del contenuto e del contesto» dei documenti controversi, esso ha concluso che vi erano ragioni obiettive che dimostravano l’esistenza di un rischio ragionevolmente prevedibile che la divulgazione di detti documenti pregiudicasse gravemente il processo decisionale in questione.

93      Tuttavia, tale asserita «valutazione specifica del contenuto e del contesto» dei documenti controversi non risulta dalla decisione impugnata, cosicché il rischio di un grave pregiudizio al processo decisionale non è suffragato da alcun elemento tangibile, concreto e specifico.

94      Infine, nei suoi atti scritti dinanzi al Tribunale, il Consiglio aggiunge che occorre distinguere i documenti elaborati nell’ambito dei triloghi oggetto della sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento (T‑540/15, EU:T:2018:167), dai documenti controversi. A suo avviso, i primi intervengono in una fase della procedura legislativa in cui esso ha già adottato la sua posizione su una proposta legislativa, mentre i secondi si riferiscono a discussioni all’interno dei gruppi di lavoro tra funzionari delle delegazioni degli Stati membri che intervengono a «livello tecnico». Nel caso di specie, i documenti controversi riguarderebbero lavori preparatori e non comporterebbero alcun impegno politico fintantoché non siano sottoposti, in quanto tali, al Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) o, successivamente, ad una delle formazioni ministeriali del Consiglio.

95      Sebbene, con tale argomento, il Consiglio cerchi di giustificare un accesso meno ampio ai documenti redatti dai suoi gruppi di lavoro a causa del loro presunto carattere «tecnico», è giocoforza anzitutto rilevare che il carattere «tecnico» o meno di un documento non è un criterio rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Poi, e in ogni caso, il contenuto stesso dei documenti controversi dimostra che essi contengono proposte normative di diversi testi legislativi e che, pertanto, si inseriscono nella normale dinamica del processo legislativo. I documenti controversi non hanno quindi alcun carattere «tecnico». Infine, i membri dei gruppi di lavoro del Consiglio sono investiti di un mandato dagli Stati membri che rappresentano e, durante le deliberazioni su una determinata proposta legislativa, esprimono la posizione del loro Stato membro in seno al Consiglio quando quest’ultimo agisce in qualità di colegislatore. Il fatto che detti gruppi di lavoro non siano autorizzati ad adottare la posizione definitiva di tale istituzione non significa tuttavia che i loro lavori non rientrino nella normale dinamica del processo legislativo, circostanza peraltro non contestata dal Consiglio, né che i documenti che redigono siano di ordine «tecnico».

96      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve concludere che nessuno dei motivi accolti dal Consiglio nella decisione impugnata consente di ritenere che la divulgazione dei documenti controversi pregiudicherebbe gravemente, in modo concreto, effettivo e non ipotetico, il processo legislativo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001.

97      Pertanto, occorre accogliere la seconda parte del primo motivo e, di conseguenza, annullare la decisione impugnata, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi e censure dedotti a sostegno del ricorso.

 Sulle spese

98      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio è rimasto soccombente, occorre condannarlo a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal ricorrente, conformemente alla domanda di quest’ultimo.

99      Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Regno del Belgio, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione SGS 21/000067 del Consiglio dell’Unione europea, del 14 gennaio 2021, è annullata.

2)      Il Consiglio sopporterà le proprie spese e quelle sostenute dal sig. Emilio De Capitani.

3)      Il Regno del Belgio, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia sopporteranno le proprie spese.

Kornezov

Buttigieg

Kowalik-Bańczyk

Hesse

 

      Petrlík

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 gennaio 2023.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.