Language of document : ECLI:EU:T:2020:313

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

8 luglio 2020 (*)

«Politica economica e monetaria – Vigilanza prudenziale degli enti creditizi – Articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1024/2013 – Sanzione pecuniaria amministrativa imposta dalla BCE a un ente creditizio per violazione dell’articolo 77, lettera a), del regolamento (UE) n. 575/2013 – Modalità di pubblicazione sul sito Internet della BCE – Articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 e articolo 132, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 468/2014»

Nella causa T‑203/18,

VQ, rappresentata da G. Cahill, barrister,

ricorrente,

contro

Banca centrale europea (BCE), rappresentata da E. Koupepidou, E. Yoo e M. Puidokas, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da I. Gurov e J. Bauerschmidt, in qualità di agenti,  

e da

Commissione europea, rappresentata da L. Armati, A. Steiblytė, K.-P. Wojcik e A. Nijenhuis, in qualità di agenti,

intervenienti

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione ECB-SSM-2018-ESSAB-4, SNC‑2016-0026 della BCE, del 14 marzo 2018, adottata in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63), nella parte in cui essa, da un lato, ha inflitto alla ricorrente una sanzione pecuniaria amministrativa di EUR 1 600 000 e, dall’altro, ha deciso la pubblicazione di tale sanzione, senza rendere anonimo il nominativo della ricorrente, sul sito Internet della BCE,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata),

composto da S. Papasavvas, presidente, V. Tomljenović, F. Schalin, P. Škvařilová-Pelzl e I. Nõmm (relatore), giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ricorrente, VQ, è un ente creditizio sottoposto, tenuto conto della sua importanza, alla vigilanza prudenziale della Banca centrale europea (BCE).

2        Il 27 dicembre 2016, l’unità di indagine della BCE ha inviato alla ricorrente una comunicazione degli addebiti ai sensi dell’articolo 126, paragrafi 1 e 2, del regolamento (UE) n. 468/2014 della BCE, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico tra la BCE, le autorità nazionali competenti e le autorità nazionali designate (il «regolamento quadro sull’MVU», GU 2014, L 141, pag. 1). Alla ricorrente veniva contestato il fatto di aver effettuato operazioni di riacquisto delle proprie azioni, tra il 1° gennaio 2014 e il 7 novembre 2016, senza aver chiesto la previa autorizzazione dell’autorità competente, in violazione dell’articolo 77, lettera a), del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento, e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1, e rettifiche in GU 2013, L 208, pag. 68, e GU 2013, L 321, pag. 6). Conformemente all’articolo 521, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 575/2013, tale disposizione, entrata in vigore il 28 giugno 2013, è divenuta applicabile solo a decorrere dal 1° gennaio 2014.

3        Il 10 febbraio 2017 la ricorrente ha formulato le proprie osservazioni scritte sulla comunicazione degli addebiti.

4        Il 29 giugno 2017, l’unità di indagine della BCE ha trasmesso alla ricorrente un progetto di decisione, al fine di consentirle di presentare osservazioni scritte sull’importo della sanzione pecuniaria amministrativa prevista di EUR 1 600 000.

5        Il 17 e il 18 luglio 2017 la ricorrente ha presentato osservazioni scritte su tale progetto di decisione.

6        Il 23 novembre 2017 la BCE ha adottato una decisione, basata sull’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla BCE compiti specifici riguardanti le politiche relative alla vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63), con la quale la BCE, in primo luogo, ha ritenuto che la ricorrente avesse commesso una violazione consistente nella violazione dell’obbligo di cui all’articolo 77, lettera a), del regolamento n. 575/2013 di ottenere l’autorizzazione preventiva dell’autorità competente prima di riacquistare strumenti di fondi propri di base di classe 1, avendo acquistato azioni proprie tra il 1° gennaio 2014 e il 7 novembre 2016, in secondo luogo, le ha inflitto una sanzione amministrativa pecuniaria di EUR 1 600 000 e, in terzo luogo, ha deciso di pubblicare tale sanzione amministrativa pecuniaria sul proprio sito internet, senza rendere anonimo il nome della ricorrente.

7        Il 22 dicembre 2017, la ricorrente ha chiesto il riesame di tale decisione ai sensi dell’articolo 24, paragrafi 1, 5 e 6, del regolamento n. 1024/2013, in combinato disposto con l’articolo 7 della decisione 2014/360/UE della BCE, del 14 aprile 2014, relativa all’istituzione di una Commissione amministrativa del riesame e alle relative norme di funzionamento (GU 2014, L 175, pag. 47). Il 25 gennaio 2018 si è tenuta un’audizione dinanzi alla commissione amministrativa del riesame.

8        Il 21 febbraio 2018 la commissione amministrativa del riesame ha emesso un parere che ha affermato la legittimità della decisione della BCE.

9        Il 14 marzo 2018 la BCE ha adottato la decisione ECB-SSM-2018-ESSAB-4, SNC‑2016-0026, presa in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013, la quale, in applicazione dell’articolo 24, paragrafo 7, del medesimo regolamento, ha abrogato e sostituito la decisione del 23 novembre 2017, pur conservando un contenuto identico (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

10      In primo luogo, la BCE ha rilevato l’esistenza di un comportamento illecito della ricorrente. Essa ha ricordato che, a partire dall’entrata in vigore del regolamento n. 575/2013, il 1° gennaio 2014, dall’articolo 77, lettera a), di tale regolamento, nonché dall’articolo 29, paragrafo 1, e dall’articolo 31, paragrafo 1, del regolamento delegato (UE) n. 241/2014 della Commissione, del 7 gennaio 2014, che integra il regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione sui requisiti di fondi propri per gli enti (GU 2014, L 74, pag. 8), derivava che un ente creditizio che intendesse riacquistare strumenti di fondi propri di base di classe 1 doveva ottenere l’autorizzazione preventiva da parte dell’autorità competente. Essa ha ricordato che essa costituiva l’autorità competente ai sensi di tale regolamento, a partire dal 4 novembre 2014, dal momento che tale funzione era precedentemente esercitata, nei confronti della ricorrente, dal Banco de España (Banca di Spagna).

11      La BCE ha rilevato che la ricorrente aveva proceduto a riacquisti di azioni proprie, senza chiedere la previa autorizzazione all’autorità competente, ai sensi del regolamento n. 575/2013. Essa ha ricordato che, il 16 marzo 2016, la ricorrente aveva chiesto al gruppo di vigilanza congiunto un chiarimento sull’applicabilità dell’articolo 77 del regolamento n. 575/2013 alle operazioni relative alle sue azioni proprie, a cui detto gruppo aveva risposto in senso affermativo il 23 marzo 2016. Essa ha sottolineato che la ricorrente aveva tuttavia continuato ad effettuare operazioni di acquisto di azioni proprie, senza autorizzazione, dal 24 marzo al 7 novembre 2016.

12      La BCE ne ha dedotto che la ricorrente non aveva rispettato l’articolo 77, lettera a), del regolamento n. 575/2013, in combinato disposto con l’articolo 29, paragrafo 1, e l’articolo 31, paragrafo 1, del regolamento delegato n. 241/2014, dal 1° º gennaio 2014 al 7 novembre 2016 e che tale infrazione era stata commessa almeno per negligenza dal 1° º gennaio 2014 al 23 marzo 2016 e intenzionalmente dal 24 marzo al 7 novembre 2016.

13      In secondo luogo, la BCE ha inflitto alla ricorrente una sanzione pecuniaria amministrativa di EUR 1 600 000 a causa del suo comportamento illecito. Essa ha sottolineato di essere legittimata, in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013, ad infliggere una sanzione pecuniaria amministrativa in caso di violazione di un requisito derivante da atti pertinenti direttamente applicabili del diritto dell’Unione per la quale le autorità competenti avevano la facoltà di imporre sanzioni pecuniarie amministrative in forza delle disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione. Essa ha ricordato che, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del medesimo regolamento, le sanzioni applicate dovevano essere «efficaci, proporzionate e dissuasive».

14      A titolo di circostanze attenuanti, la BCE ha preso in considerazione il fatto che la ricorrente stessa aveva informato il gruppo di vigilanza congiunto del comportamento costitutivo dell’infrazione e che essa aveva, dopo il 7 novembre 2016, rispettato i suoi obblighi ai sensi dell’articolo 77, lettera a), del regolamento n. 575/2013. Essa ha altresì preso in considerazione il fatto che, durante il periodo dell’infrazione, la ricorrente, nelle sue dichiarazioni relative ai suoi requisiti in materia di fondi propri, aveva correttamente dedotto le sue acquisizioni di azioni.

15      Essa ha ritenuto che una sanzione pecuniaria amministrativa di EUR 1 600 000, pari allo 0,03% del fatturato annuo della ricorrente, costituisse una sanzione proporzionata.

16      In terzo luogo, la BCE ha deciso di pubblicare sul suo sito Internet la sanzione pecuniaria amministrativa inflitta, senza rendere anonimo il nome della ricorrente. Essa ha ricordato, in sostanza, che dal considerando 38 della direttiva n. 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338), e dall’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 risultava che il principio era quello della pubblicazione delle sanzioni amministrative, al fine di preservare il loro effetto dissuasivo. Essa ha considerato che la ricorrente non aveva dimostrato di soddisfare le condizioni di cui all’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU, il quale consentiva la pubblicazione in forma anonima di una sanzione pecuniaria amministrativa.

17      Il 15 marzo 2018 la ricorrente ha informato la BCE che intendeva proporre un ricorso di annullamento e una domanda di provvedimenti provvisori dinanzi al Tribunale relativamente alla pubblicazione della sanzione inflitta.

18      Il 20 marzo 2018 la BCE ha informato la ricorrente che intendeva pubblicare la sanzione pecuniaria amministrativa tra il mercoledì 21 marzo 2018 alla sera e il giovedì 22 marzo 2018 al mattino.

19      Il mattino del 22 marzo 2018, la ricorrente ha informato la BCE della sua intenzione di proporre un ricorso di annullamento della decisione impugnata e una domanda di provvedimenti provvisori. Lo stesso giorno, la BCE le ha dato tempo fino alle ore 12:00 del 23 marzo 2018 per presentare la suddetta domanda, in mancanza della quale essa avrebbe pubblicato la sanzione sul suo sito Internet il 26 marzo 2018.

20      L’8 maggio 2018 la sanzione pecuniaria inflitta alla ricorrente è stata pubblicata sul sito Internet della BCE.

 Procedimento e conclusioni delle parti

21      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 23 marzo 2018, la ricorrente ha proposto il ricorso in esame. Con lettera depositata nella cancelleria del Tribunale lo stesso giorno, la ricorrente ha presentato una domanda diretta ad ottenere l’anonimato.

22      Con atto separato depositato nella cancelleria del Tribunale il 26 marzo 2018, la ricorrente ha presentato una domanda di provvedimenti provvisori, ai sensi degli articoli 278 e 279 TFUE, nella quale essa ha, in sostanza, chiesto al presidente del Tribunale, in via principale, di sospendere l’esecuzione del punto 5 della decisione impugnata, vertente sulla pubblicazione della sanzione pecuniaria amministrativa inflitta, e, in subordine, di sospendere l’esecuzione di detto punto 5 nella parte in cui prevedeva la pubblicazione di tale sanzione senza anonimizzare il nome della ricorrente.

23      La domanda della ricorrente è stata respinta con l’ordinanza del 3 maggio 2018, VQ/BCE (T‑203/18 R, non pubblicata, EU:T:2018:261), e le spese sono state riservate.

24      Con decisione dell’8 giugno 2018, il presidente della Seconda Sezione (vecchia composizione) ha accolto la richiesta di anonimato presentata dalla ricorrente.

25      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 15 giugno e il 9 luglio 2018, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della BCE. Con decisioni del 27 luglio e del 17 agosto 2018, il presidente della Seconda Sezione del Tribunale (vecchia composizione) ha ammesso l’intervento del Consiglio e della Commissione a sostegno delle conclusioni della BCE.

26      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del suo regolamento di procedura, ha invitato la BCE a rispondere ad un quesito e le altre parti a far valere il loro punto di vista. Le parti hanno ottemperato a tale richiesta entro i termini impartiti.

27      A seguito della modifica delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Seconda Sezione alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

28      Su proposta della Seconda Sezione del Tribunale, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura del Tribunale, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

29      Le parti non hanno depositato alcuna domanda di essere ascoltate nel corso di un’udienza di discussione, ai sensi dell’articolo 106 del regolamento di procedura, entro il termine impartito.

30      Il Tribunale (Seconda Sezione ampliata) ha deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura, di statuire senza la fase orale del procedimento.

31      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        dichiarare, ai sensi dell’articolo 277 TFUE, che l’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 è illegittimo e, di conseguenza, annullare la decisione impugnata;

–        condannare la BCE alle spese.

32      La BCE e la Commissione chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

33      Il Consiglio chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia respingere l’eccezione di illegittimità presentata dalla ricorrente nei confronti dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013, in quanto manifestamente infondata.

 In diritto

34      In via preliminare, occorre osservare che la ricorrente chiede al Tribunale, con il secondo capo della sua domanda, di dichiarare, conformemente all’articolo 277 TFUE, che l’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 è illegittimo e, di conseguenza, di annullare la decisione impugnata.

35      Tale domanda deve essere intesa come diretta a constatare, in via incidentale, l’illegittimità dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013. Pertanto, è solo nell’ambito dell’esame del capo della domanda della ricorrente diretto all’annullamento della decisione impugnata che occorrerà esaminare l’eccezione di illegittimità presentata dalla ricorrente ai sensi dell’articolo 277 TFUE.

36      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce tre motivi, vertenti, il primo, su una violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») nonché del principio di proporzionalità, il secondo, su una violazione dell’articolo 132, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del regolamento quadro sull’MVU e, il terzo, in sostanza, su una violazione dell’articolo 263, sesto comma, TFUE e dell’articolo 47 della Carta. Nell’ambito di tale terzo motivo, la ricorrente eccepisce altresì l’illegittimità dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013, nell’ambito di una censura vertente, in sostanza, su un difetto di base giuridica della decisione impugnata.

 Sul primo motivo, vertente su una violazione dellarticolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013 e dellarticolo 49, paragrafo 1, della Carta nonché del principio di proporzionalità

37      Nell’ambito del suo primo motivo, la ricorrente deduce, in sostanza, due censure, vertenti, la prima, su una violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 49, paragrafo 1, della Carta e, la seconda, su una violazione del principio di proporzionalità.

 Sulla prima censura, relativa ad una violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 49, paragrafo 1, della Carta

38      Nella decisione impugnata, la BCE ha rilevato, a carico della ricorrente, un’infrazione all’articolo 77, lettera a), del regolamento n. 575/2013, consistente nell’acquisto di taluni strumenti di fondi propri di base di classe 1 senza l’ottenimento di una preventiva autorizzazione dell’autorità competente, per la quale essa ha inflitto una sanzione amministrativa ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013.

39      La ricorrente sostiene, in sostanza, che essa non era tenuta a rispettare l’articolo 77, lettera a), del regolamento n. 575/2013 fintantoché l’insieme dei requisiti in materia di fondi propri previsti all’articolo 78, paragrafo 1, del medesimo regolamento non fosse stato applicabile. Essa ne deduce che, poiché il requisito del possesso delle riserve di conservazione dei fondi propri previsto dalla direttiva 2013/36, cui rinvia l’articolo 78, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013, è applicabile in Spagna solo dal 1° gennaio 2016, essa non ha potuto commettere una violazione dell’articolo 77, lettera a), del regolamento n. 575/2013 prima di tale data. Ne deriverebbe, in sostanza, che la BCE, imponendole una sanzione pecuniaria amministrativa per tale comportamento, si sarebbe basata su disposizioni non ancora applicabili della direttiva 2013/36 e avrebbe violato sia l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013 sia il principio di legalità dei reati e delle pene garantito dall’articolo 49, paragrafo 1, della Carta.

40      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta gli argomenti della ricorrente.

41      Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013, «Ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento, in caso di violazione dolosa o colposa, da parte degli enti creditizi, delle società di partecipazione finanziaria o delle società di partecipazione finanziaria mista, degli obblighi previsti dai pertinenti atti del diritto dell’Unione direttamente applicabili in relazione alle quali vengono messe a disposizione delle autorità competenti sanzioni amministrative pecuniarie conformemente al pertinente diritto dell’Unione, la BCE può imporre sanzioni amministrative pecuniarie».

42      Ne consegue che, affinché la BCE possa imporre una sanzione pecuniaria amministrativa, devono essere soddisfatte due condizioni cumulative. La prima condizione attiene all’origine della violazione, che deve riguardare un pertinente atto del diritto dell’Unione direttamente applicabile. La seconda condizione è che le autorità competenti devono avere la facoltà di imporre una sanzione pecuniaria amministrativa per tale violazione in forza delle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione.

43      Nell’ambito del presente motivo, la ricorrente si limita a contestare che la prima condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013 sia soddisfatta, sulla base dell’argomentazione esposta al precedente punto 39.

44      Tale argomento non può essere accolto.

45      È pacifico tra le parti che la ricorrente, tra il 1° gennaio 2014 e il 7 novembre 2016, ha effettuato riacquisti di azioni proprie classificate tra i suoi strumenti di fondi propri di base di classe 1, senza chiedere previamente l’autorizzazione dell’autorità competente, vale a dire la Banca di Spagna, e successivamente, a partire dal 4 novembre 2014, la BCE.

46      Ai sensi dell’articolo 77 del regolamento n. 575/2013, intitolato «Condizioni per ridurre i fondi propri», è previsto quanto segue:

«1. Un ente chiede la preventiva autorizzazione all’autorità competente per una o entrambe le seguenti alternative:

a)      riacquistare integralmente o parzialmente o rimborsare gli strumenti del capitale primario di classe 1 emessi dall’ente in maniera consentita dalla normativa nazionale applicabile;

b)      effettuare il rimborso, anche anticipato, il ripagamento o il riacquisto degli strumenti aggiuntivi di classe 1 o degli strumenti di classe 2, a seconda dei casi, prima della loro scadenza contrattuale».

47      L’articolo 77 del regolamento n. 575/2013 costituisce, pertanto, una disposizione di un atto direttamente applicabile del diritto dell’Unione che impone agli enti creditizi l’obbligo di ottenere la previa autorizzazione dell’autorità competente prima di rimborsare o di riacquistare, in particolare, strumenti di fondi propri di base di classe 1.

48      Inoltre, l’articolo 77 del regolamento n. 575/2013 dispone di una formulazione univoca che impone agli enti creditizi l’obbligo di chiedere la previa autorizzazione dell’autorità competente, obbligo che è subordinato solo al verificarsi delle ipotesi previste alle lettere a) e b), della medesima disposizione, e non dall’applicazione delle disposizioni di altri atti dell’Unione.

49      Tale conclusione non è inficiata dall’argomento della ricorrente relativo al fatto che l’autorità competente non poteva esercitare il suo controllo ai sensi dell’articolo 78 del regolamento n. 575/2013.

50      È vero che l’articolo 77 del regolamento n. 575/2013 mira a consentire all’autorità competente di esercitare la missione, che l’articolo 78 del medesimo regolamento le conferisce, di controllo dell’incidenza di una riduzione dei fondi propri prevista da un ente sul rispetto dei suoi requisiti minimi in materia di fondi propri. Tuttavia, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, l’autorità competente era in grado di effettuare un siffatto controllo nei suoi confronti, e ciò già prima dell’entrata in vigore delle disposizioni della direttiva 2013/36 relative alle riserve di fondi propri.

51      Ai sensi dell’articolo 78, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 575/2013, intitolato «Autorizzazione delle autorità di vigilanza a ridurre i fondi propri», è previsto quanto segue:

«1. L’autorità competente autorizza un ente a riacquistare integralmente o parzialmente o a rimborsare, anche anticipatamente, strumenti del capitale primario di classe 1, strumenti aggiuntivi di classe 1 o strumenti di classe 2 nei casi in cui è soddisfatta una delle condizioni seguenti:

(…)

b)      l’ente ha dimostrato, con piena soddisfazione dell’autorità competente, che i suoi fondi propri, in seguito all’intervento in questione, superano i requisiti di cui all’articolo 92, paragrafo 1, del presente regolamento e il requisito combinato di riserva di capitale quale definito all’articolo 128, punto 6, della direttiva 2013/36/UE di un margine che l’autorità competente può ritenere necessario ai sensi dell’articolo 104, paragrafo 3, della direttiva 2013/36/UE».

52      Pertanto, la valutazione dell’incidenza di una riduzione dei fondi propri prevista da un ente si effettua alla luce del livello minimo di fondi propri che un ente creditizio deve possedere sulla base non solo della direttiva 2013/36, ma anche del regolamento n. 575/2013.

53      Pertanto, nella misura in cui i requisiti in materia di fondi propri enunciati all’articolo 92, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 erano in vigore sin dall’applicazione di tale regolamento, l’autorità competente era in grado di verificare le incidenze delle acquisizioni di azioni proprie della ricorrente sul rispetto dei suoi requisiti minimi in materia di fondi propri, quali risultanti da tale disposizione.

54      Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la BCE non ha violato l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013 e il principio di legalità dei reati e delle pene sancito dall’articolo 49, paragrafo 1, della Carta.

 Sulla censura relativa alla violazione del principio di proporzionalità

–       Sulla ricevibilità della censura

55      La BCE ritiene che la censura relativa ad una violazione del principio di proporzionalità debba essere respinta in quanto irricevibile, in quanto è stata presentata per la prima volta in sede di replica.

56      In proposito, occorre rammentare che, a norma dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Tuttavia, deve essere dichiarato ricevibile un motivo che costituisca un’estensione di un motivo precedentemente dedotto, esplicitamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio e che presenti una connessione stretta con quest’ultimo. Perché possa essere considerato un’estensione di un motivo o di una censura precedentemente indicati, occorre che il nuovo argomento presenti, con i motivi o le censure inizialmente dedotti nel ricorso, un nesso sufficientemente stretto perché possa essere considerato derivante dalla normale evoluzione del contraddittorio nell’ambito di un procedimento giurisdizionale (v. sentenza del 20 novembre 2017, Petrov e a./Parlamento, T‑425/15, non pubblicata, EU:T:2017:822, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

57      Nella replica, la ricorrente sostiene che la BCE ha violato il principio di proporzionalità imponendole una sanzione pecuniaria amministrativa alla luce, da un lato, dei dubbi quanto alla portata dell’articolo 77, lettera a), del regolamento n. 575/2013, della sua buona fede, del carattere trasparente dei suoi comportamenti, del suo rispetto dei requisiti in materia di fondi propri e del carattere corrente della prassi di riacquisto delle azioni proprie in Spagna e, dall’altro, dell’esistenza di altri mezzi meno restrittivi a sua disposizione.

58      Occorre rilevare che, nell’atto introduttivo, la ricorrente, in primo luogo, ha evidenziato, al punto 48, il fatto che la BCE disponeva di una serie di strumenti a sua disposizione, in secondo luogo, ha fatto valere, in particolare ai punti 49, 59 e 60, che sussistevano dubbi quanto alla portata esatta dell’articolo 77, lettera a), e dell’articolo 78 del regolamento n. 575/2013 e che non era stata fornita alcuna spiegazione sul modo in cui tali disposizioni dovevano essere interpretate e, in terzo luogo, ha sostenuto, al punto 64, che, per quanto riguarda l’imposizione di una sanzione pecuniaria amministrativa, la BCE non avrebbe potuto applicare nei suoi confronti un’interpretazione ad essa sfavorevole.

59      Pertanto, sebbene, nel ricorso, la ricorrente non si sia espressamente basata su una violazione del principio di proporzionalità a causa dell’irrogazione di una sanzione nei suoi confronti, la sostanza della sua argomentazione conteneva già una siffatta critica. Di conseguenza, la censura vertente su una violazione del principio di proporzionalità contenuta nella replica deve essere considerata come l’ampliamento di una censura contenuta nel ricorso, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 56.

60      Alla luce di quanto precede, la presente censura è pertanto ricevibile.

–       Nel merito della censura

61      Secondo giurisprudenza costante, il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non eccedano i limiti di quanto è necessario alla realizzazione di tali obiettivi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere eccessivi rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza del 4 maggio 2016, Philip Morris Brands e a., C‑547/14, EU:C:2016:325, punto 165 e giurisprudenza citata).

62      A tal riguardo, è vero che, in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013, la BCE «può» imporre sanzioni pecuniarie amministrative e non è quindi tenuta a farlo. Pertanto, la BCE deve rispettare il principio di proporzionalità non solo in sede di determinazione dell’importo della sanzione, al fine di rispettare l’articolo 18, paragrafo 3, del medesimo regolamento, il quale precisa che le sanzioni applicate sono «proporzionate», ma anche quando decide se l’infrazione commessa giustifichi l’imposizione di una sanzione.

63      Tuttavia, è giocoforza constatare che la scelta della BCE di infliggere una sanzione pecuniaria amministrativa alla ricorrente non ha il carattere sproporzionato asserito dalla ricorrente.

64      In primo luogo, per le ragioni esposte ai punti da 46 a 54 supra, si deve ritenere che la portata degli obblighi della ricorrente potesse essere chiaramente desunta dal testo dell’articolo 77, lettera a), del regolamento n. 575/2013. Non esistevano, dunque, ragionevoli dubbi nell’interpretazione della normativa che avrebbe potuto rendere smisurata l’imposizione di una sanzione pecuniaria amministrativa da parte della BCE nei confronti dell’infrazione commessa dalla ricorrente.

65      In secondo luogo, tale conclusione è rafforzata dalla circostanza che la ricorrente ha mantenuto il suo comportamento illecito dopo essere stata informata dal gruppo di vigilanza congiunto della portata dei suoi obblighi ai sensi dell’articolo 77, lettera a), del regolamento n. 575/2013, il 23 marzo 2016, il che ha indotto la BCE a concludere che l’infrazione, a partire da tale data, era stata realizzata non più per negligenza, ma intenzionalmente.

66      Peraltro, la BCE osserva correttamente nelle sue memorie che le alternative all’imposizione di una sanzione pecuniaria amministrativa evidenziate dalla ricorrente, come l’esercizio dei poteri che le derivano dall’articolo 16, paragrafo 2, del regolamento n. 1024/2013, sono irrilevanti nell’ambito della presente censura, dal momento che esse non possono costituire misure appropriate ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 61. Infatti, la finalità per le quali tali poteri sono stati delegati alla BCE consiste nel consentire a quest’ultima di garantire il rispetto dei requisiti prudenziali da parte degli enti creditizi e non di sanzionare i suddetti enti (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2017, Crédit mutuel Arkéa/BCE, T‑712/15, EU:T:2017:900, punto 212).

67      Pertanto, la BCE ha deciso di infliggere una sanzione pecuniaria amministrativa alla ricorrente nel caso di specie senza violare il principio di proporzionalità.

68      Alla luce di quanto precede, occorre respingere la seconda censura e, di conseguenza, il primo motivo.

 Sul secondo motivo, vertente su una violazione dellarticolo 132, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del regolamento quadro sullMVU 

69      Nella decisione impugnata, la BCE ha ritenuto di essere tenuta a pubblicare le sanzioni amministrative che imponeva senza anonimizzazione, a meno che non ricorressero le condizioni di cui all’articolo 132, paragrafo 1, primo comma, lettere a) o b), del regolamento quadro sull’MVU. Essa ha ritenuto che la ricorrente non avesse dimostrato che il danno che avrebbe potuto causarle la pubblicazione del suo nome associato alla sanzione impostale sarebbe stato di portata superiore a quella inerente a questo tipo di pubblicazione.

70      La ricorrente sostiene che la BCE, decidendo sulla pubblicazione della sanzione pecuniaria inflitta senza anonimizzazione del suo nome, ha violato l’articolo 132, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del regolamento quadro sull’MVU, in quanto essa ha erroneamente concluso che una siffatta pubblicazione non era tale da arrecarle un danno sproporzionato.

71      La BCE, sostenuta dalla Commissione, contesta gli argomenti della ricorrente.

72      Conformemente all’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013, «[l]a BCE pubblica le sanzioni di cui al paragrafo 1, impugnate o meno, nei casi e alle condizioni di cui al pertinente diritto dell’Unione».

73      Ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU, è previsto quanto segue:

«1. La BCE pubblica sul proprio sito Internet ufficiale, senza indebito ritardo, dopo la notifica della decisione al soggetto vigilato interessato, qualsiasi decisione con cui irroga una sanzione amministrativa, come definita all’articolo 120, nei confronti di un soggetto vigilato in uno Stato membro partecipante, nonché le informazioni sul tipo e la natura della violazione e sull’identità del soggetto vigilato interessato, salvo i casi in cui la pubblicazione in tal modo effettuata:

(…)

b)      sia suscettibile di provocare, nella misura in cui ciò si possa prevedere, danni sproporzionati al soggetto vigilato interessato.

In tali circostanze, le decisioni relative a sanzioni amministrative sono pubblicate in modo anonimo. In alternativa, se è probabile che tali condizioni vengano meno entro un periodo di tempo ragionevole, la pubblicazione ai sensi del presente paragrafo può essere rinviata per il periodo di tempo corrispondente».

74      È in discussione, in primo luogo, il senso che occorre attribuire alla condizione secondo cui la pubblicazione dell’identità dell’entità alla quale è stata inflitta una sanzione deve arrecargli un «danno sproporzionato» affinché detta pubblicazione venga effettuata in modo anonimo, in applicazione dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU.

75      Secondo la ricorrente, tale condizione dovrebbe essere interpretata nel senso che implica una ponderazione della gravità del comportamento in questione rispetto, da un lato, agli effetti della pubblicazione, tenuto conto della natura repressiva di una siffatta pubblicazione e, dall’altro, alla finalità di rispettare la presunzione di innocenza dell’entità interessata.

76      La BCE, sostenuta dalla Commissione, fa valere, in sostanza, che la gravità dell’infrazione non è una considerazione pertinente in sede di applicazione dell’articolo 132, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del regolamento quadro sull’MVU.

77      Per determinare il significato dell’articolo 132, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del regolamento quadro sull’MVU, si deve tener conto non soltanto della lettera dello stesso, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui esso fa parte (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2005, VEMW e a., C‑17/03, EU:C:2005:362, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

78      Inoltre, da una giurisprudenza parimenti consolidata risulta che un regolamento di esecuzione deve formare oggetto, se possibile, di un’interpretazione conforme alle disposizioni del regolamento di base (sentenza del 19 luglio 2012, Pie Optiek, C‑376/11, EU:C:2012:502, punto 34 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, poiché il regolamento quadro sull’MVU è stato adottato sul fondamento dell’articolo 33, paragrafo 2, del regolamento n. 1024/2013, esso deve essere interpretato alla luce di quest’ultimo.

79      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’interpretazione letterale dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU, dal suo tenore letterale risulta che quest’ultimo erige a titolo di principio la pubblicazione di qualsiasi decisione che infligge una sanzione pecuniaria amministrativa – senza alcun riferimento alla gravità dell’infrazione di cui trattasi – e che, tra le informazioni rese pubbliche, figura l’identità del soggetto vigilato in questione. Pertanto, è solo a titolo di eccezione e in due ipotesi tassativamente elencate che le decisioni relative alle sanzioni pecuniarie amministrative sono pubblicate in modo anonimo o che la loro pubblicazione può essere ritardata.

80      Inoltre, l’articolo 132, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del regolamento quadro sull’MVU non menziona il grado di gravità dell’infrazione di cui trattasi come una considerazione che può essere pertinente in sede di concessione del beneficio di tale eccezione.

81      Risulta, pertanto, dall’interpretazione letterale dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU che la gravità dell’infrazione commessa da un ente creditizio non è una considerazione pertinente quando la BCE deve decidere sulla concessione del beneficio della deroga di cui all’articolo 132, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del medesimo regolamento.

82      In secondo luogo, occorre rilevare che tale conclusione è confermata dalla formulazione dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013, secondo il quale «la BCE pubblica le sanzioni di cui al paragrafo 1, impugnate o meno». Ne deriva necessariamente che ogni sanzione deve, in linea di principio, essere pubblicata, indipendentemente dalla gravità dell’infrazione di cui trattasi.

83      In terzo luogo, tale conclusione è altresì corroborata dalla presa in considerazione della direttiva 2013/36.

84      Infatti, poiché la direttiva 2013/36 determina il regime delle sanzioni applicabili alle infrazioni al regolamento n. 575/2013, essa fa parte del contesto giuridico in cui si inserisce l’articolo 18 del regolamento n. 1024/2013, come attestato dai riferimenti operati da tale articolo al «pertinente diritto dell’Unione».

85      Secondo il considerando 38 della direttiva 2013/36, «[p]er assicurare che tali sanzioni amministrative abbiano un effetto dissuasivo, esse dovrebbero essere normalmente pubblicate, ad eccezione di determinate circostanze ben definite». Ne consegue che il legislatore ha inteso che, in linea di principio, qualsiasi sanzione fosse pubblicata, e ciò al fine di garantire un effetto dissuasivo alle suddette sanzioni.

86      Inoltre, occorre rilevare che l’articolo 68 della direttiva 2013/36, il quale verte sulle modalità di pubblicazione delle sanzioni amministrative da parte delle autorità competenti, segue su tale punto un approccio analogo a quello dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU, dal momento che, da un lato, anche tale disposizione stabilisce un principio di pubblicazione di tutte le sanzioni inflitte, senza riferimento al grado di gravità dell’infrazione di cui trattasi, e, dall’altro, nessuna menzione di detto grado di gravità figura nelle eccezioni a tale principio.

87      Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la valutazione della condizione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del regolamento quadro sull’MVU relativa al carattere «sproporzionato» del danno causato da una pubblicazione senza anonimizzazione dell’ente in questione deve essere svolta sulla sola base di una valutazione delle conseguenze di una siffatta mancanza di anonimizzazione sulla situazione di quest’ultimo, senza tener conto del livello di gravità dell’infrazione accertata nei suoi confronti.

88      Tale conclusione non è inficiata dal risalto dato dalla ricorrente alla necessità di interpretare tale disposizione alla luce del principio della presunzione d’innocenza.

89      È vero che, in applicazione di una giurisprudenza costante, le disposizioni del diritto dell’Unione devono essere interpretate alla luce dei diritti fondamentali che formano parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce l’osservanza e che sono ormai iscritti nella Carta (v. sentenza del 25 maggio 2016, Meroni, C‑559/14, EU:C:2016:349, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

90      Tuttavia, alla luce del significato molto chiaro tanto dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU quanto dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013, non è possibile discostarsi dall’interpretazione che discende dai precedenti punti da 79 a 87. Se così fosse, infatti, il principio di interpretazione conforme delle norme di diritto dell’Unione derivato servirebbe da fondamento ad un’interpretazione contra legem di tale disposizione, il che non è ammissibile (v., in tal senso, ordinanza del 17 luglio 2015, EEB/Commissione, T‑685/14, non pubblicata, EU:T:2015:560, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). Nei confronti di una disposizione il cui significato sia chiaro e privo di ambiguità, spetta soltanto al Tribunale, nel caso in cui sia fatta valere un’eccezione di illegittimità ai sensi dell’articolo 277 TFUE, controllarne la conformità con le disposizioni del Trattato e con i principi generali del diritto dell’Unione.

91      Orbene, se è vero che la ricorrente ha sollevato un’eccezione di illegittimità nei confronti dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013, ciò non è dovuto al fatto che tale disposizione prevede, in linea di principio, la pubblicazione delle sanzioni pecuniarie amministrative, indipendentemente dalla gravità dell’infrazione, ma unicamente, nell’ambito del terzo motivo, in quanto tale disposizione prevede la pubblicazione di dette sanzioni prima della scadenza del termine di proposizione di un ricorso dinanzi al Tribunale.

92      In secondo luogo, occorre verificare se la BCE abbia correttamente considerato, nella decisione impugnata, che la pubblicazione della sanzione, senza anonimizzazione, non avrebbe causato un «danno sproporzionato» alla ricorrente ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del regolamento quadro sull’MVU.

93      A tal riguardo, occorre respingere, in via preliminare, l’argomento della ricorrente secondo cui il Tribunale dovrebbe esercitare un controllo esteso al merito sulla proporzionalità della pubblicazione della sanzione che gli è stata inflitta.

94      Infatti, anche supponendo, come sostiene la ricorrente, che il Tribunale disponga di una competenza estesa al merito, sulla base dell’articolo 261 TFUE, nei confronti delle sanzioni inflitte dalla BCE, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013, la portata di tale competenza estesa al merito è strettamente limitata, a differenza del controllo di legittimità previsto all’articolo 263 TFUE, alla determinazione dell’importo della sanzione (v., per analogia, sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

95      Il Tribunale può quindi esercitare solo un controllo di legittimità sull’applicazione, da parte della BCE, dell’articolo 132, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del regolamento quadro sull’MVU.

96      La ricorrente ritiene che la pubblicazione della sanzione sia sproporzionata alla luce dell’entità delle sue conseguenze, rispetto alla minore gravità dell’infrazione e alla sua breve durata. A tal riguardo, in primo luogo, essa sottolinea la sua buona fede, il carattere trasparente della sua azione sul mercato e la sua cooperazione nel corso del procedimento amministrativo. In secondo luogo, essa ritiene che l’importo della sanzione pecuniaria amministrativa sia, di per sé, sufficiente a garantire il suo effetto dissuasivo. In terzo luogo, essa sottolinea la severità degli effetti di una pubblicazione, che comporterebbe un danno alla sua reputazione che si tradurrebbe in una diminuzione del valore di mercato delle sue azioni. Riferendosi ad uno studio dell’Università di Oxford (Regno Unito) sul risultato di danni alla reputazione causati da un campione di misure di esecuzione della normativa, essa fa valere che le conseguenze negative sulla reputazione sono ampiamente superiori, se non addirittura prive di nesso, con l’importo della sanzione. Sarebbe pertanto sproporzionato pubblicare una sanzione che è stata limitata al 0,03% del fatturato. La ricorrente fa riferimento, inoltre, alle conseguenze della pubblicazione di una sanzione inflitta dalla BCE a un altro ente creditizio sul valore delle azioni di quest’ultimo.

97      Per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente vertenti sull’asserita minore gravità dell’infrazione da essa commessa, per le ragioni esposte ai precedenti punti da 74 a 91, essi non sono pertinenti nell’ambito del controllo di legittimità del rifiuto della BCE di concedere alla ricorrente il beneficio dell’articolo 132, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del regolamento quadro sull’MVU.

98      Per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente relativi agli effetti della pubblicazione della sanzione inflittale, ne risulta soltanto che la pubblicazione delle sanzioni amministrative inflitte agli istituti di credito può avere un’incidenza negativa sulla loro reputazione. Tuttavia, per le ragioni esposte al precedente punto 85, si deve ritenere che si tratti di una circostanza che è stata presa in considerazione, se non addirittura ricercata, dal legislatore, quando ha deciso il principio della pubblicazione delle sanzioni imposte agli enti creditizi, al fine di garantire a queste ultime un carattere dissuasivo.

99      Pertanto, affinché la BCE sia tenuta ad applicare l’articolo 132, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del regolamento quadro sull’MVU, occorrerebbe che gli effetti di una pubblicazione, senza anonimizzazione, della sanzione siano tali da eccedere quelli derivanti dal danno alla reputazione inerente a tale pubblicazione. Orbene, è giocoforza constatare che la ricorrente non deduce alcun elemento diretto a dimostrare che ciò abbia potuto verificarsi nel caso di specie.

100    Occorre quindi respingere il secondo motivo.

 Sul terzo motivo, vertente, in sostanza, su una violazione dellarticolo 263, sesto comma, TFUE e dellarticolo 47 della Carta

101    La ricorrente sostiene, in sostanza, che la BCE, prevedendo la pubblicazione della decisione impugnata prima della scadenza del termine di ricorso di cui all’articolo 263, sesto comma, TFUE, ha violato tale disposizione nonché l’articolo 47 della Carta. In proposito, essa fa valere due censure. Nell’ambito di una prima censura, essa solleva un’eccezione di illegittimità dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013, in quanto esso sarebbe contrario all’articolo 263, sesto comma, TFUE e all’articolo 47 della Carta. Nell’ambito di una seconda censura, essa contesta, in sostanza, alla BCE di non aver interpretato e applicato l’espressione «senza indebito ritardo» contenuta all’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU in modo da rendere tale disposizione conforme all’articolo 263, sesto comma, TFUE e all’articolo 47 della Carta.

 Sulla prima censura, vertente, mediante eccezione, sull’illegittimità dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013

102    Secondo la ricorrente, l’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013, nella parte in cui prevede una norma di pubblicazione obbligatoria delle sanzioni pecuniarie amministrative, che l’ente creditizio sanzionato intenti o meno un ricorso, è in contrasto con l’articolo 263, sesto comma, TFUE e con il diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta.

103    A tal riguardo, essa fa valere che il rifiuto della BCE di accogliere una pubblicazione anonima della sanzione deve poter essere oggetto di un ricorso giurisdizionale e che tale ricorso diviene privo di oggetto in caso di pubblicazione della sanzione pecuniaria prima del ricorso. Essa ne deduce che la BCE non può pubblicare la sanzione pecuniaria prima della scadenza del termine di ricorso previsto dall’articolo 263, sesto comma, TFUE.

104    La BCE, sostenuta dal Consiglio e dalla Commissione, contesta gli argomenti della ricorrente.

105    Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013, «[l]a BCE pubblica le sanzioni di cui al paragrafo 1, impugnate o meno».

106    È giocoforza constatare che l’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013, prevedendo la pubblicazione della decisione sanzionatoria, anche nel caso in cui essa sia oggetto di un ricorso si limita ad applicare l’articolo 278, prima frase, TFUE, secondo il quale i «ricorsi proposti alla Corte di giustizia dell’Unione europea non hanno effetto sospensivo».

107    Pertanto, l’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente non può essere accolta.

 Sulla seconda censura, vertente, in sostanza, su una violazione dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU come interpretati conformemente all’articolo 263 TFUE e all’articolo 47 della Carta

–       Sulla ricevibilità della censura

108    La BCE e la Commissione sostengono che la seconda censura deve essere respinta in quanto irricevibile, in applicazione dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura, in quanto è stata presentata, per la prima volta, nella replica.

109    Occorre rilevare che, nelle considerazioni dedicate al terzo motivo di ricorso, la ricorrente non si è limitata a far valere che l’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 era contrario all’articolo 263, sesto comma, TFUE e all’articolo 47 della Carta. Ai punti da 117 a 122 del ricorso, essa ha altresì criticato l’interpretazione e l’applicazione che la BCE aveva privilegiato dell’espressione «senza indebito ritardo» contenuta all’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU.

110    Pertanto, le argomentazioni svolte nella replica, con le quali la ricorrente sostiene che la BCE ha violato l’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 e l’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU, come interpretati conformemente all’articolo 263 TFUE e all’articolo 47 della Carta, devono essere considerate l’ampliamento di una censura contenuta nel ricorso, in applicazione della giurisprudenza citata al precedente punto 56.

111    La presente censura è, pertanto, ricevibile.

–       Nel merito della censura

112    La ricorrente fa valere che l’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 e l’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU devono essere interpretati conformemente all’articolo 263 TFUE e all’articolo 47 della Carta. Ne conseguirebbe che la BCE, qualora fosse informata da un ente creditizio della sua intenzione di proporre un ricorso di annullamento avverso una decisione da essa adottata, dovrebbe consentirgli di beneficiare pienamente del termine di ricorso di annullamento prima di procedere alla pubblicazione di tale decisione sul suo sito Internet.

113    La ricorrente ricorda di aver informato la BCE il 15 marzo 2018, ossia il giorno successivo all’adozione della decisione impugnata, della sua volontà di proporre un ricorso e di chiedere una sospensione dell’esecuzione di detta decisione. Essa contesta alla BCE di averla informata, in un primo momento, ossia il 20 marzo 2018, che la pubblicazione avrebbe avuto luogo tra la sera del 21 marzo 2018 e il 22 marzo 2018. Solo in un secondo momento la BCE avrebbe deciso che tale pubblicazione avrebbe avuto luogo solo il 26 marzo 2018, a condizione che fosse stato proposto un ricorso dinanzi al Tribunale prima del 23 marzo 2018. In sostanza, la ricorrente sostiene che la BCE, limitando il termine entro il quale essa ha potuto proporre il suo ricorso di annullamento e impartendo istruzioni contraddittorie quanto al momento in cui avrebbe avuto luogo la pubblicazione della sanzione pecuniaria amministrativa, ha violato il principio della tutela giurisdizionale effettiva di cui all’articolo 47 della Carta nonché all’articolo 263, sesto comma, TFUE.

114    Al punto 5.10 della decisione impugnata, la BCE ha deciso che la sanzione inflitta alla ricorrente sarebbe stata pubblicata, senza anonimizzazione, sul suo sito Internet, come richiesto dall’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU.

115    Come indicato al precedente punto 73, l’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU prevede che la BCE pubblichi sul suo sito Internet «senza indebito ritardo (...) qualsiasi decisione con cui irroga una sanzione amministrativa (...) nei confronti di un soggetto vigilato in uno Stato membro partecipante, nonché le informazioni sul tipo e la natura della violazione e sull’identità del soggetto vigilato interessato».

116    Inoltre, come già menzionato al precedente punto 72, l’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 dispone che, «[l]a BCE pubblica le sanzioni di cui al paragrafo 1, impugnate o meno, nei casi e alle condizioni di cui al pertinente diritto dell’Unione».

117    Come ricordato al precedente punto 89, le disposizioni del diritto dell’Unione devono essere interpretate alla luce dei diritti fondamentali che formano parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce l’osservanza e che sono ormai iscritti nella Carta.

118    Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che, nella decisione impugnata, la BCE avrebbe dovuto applicare l’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 e l’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU interpretandoli, in modo conforme al principio della tutela giurisdizionale effettiva di cui all’articolo 47 della Carta, nel senso che la pubblicazione, senza anonimizzazione, sul sito Internet della BCE, della decisione sanzionatoria adottata nei suoi confronti non poteva avvenire prima della scadenza del termine di ricorso di annullamento avverso detta decisione, quale previsto dall’articolo 263, sesto comma, TFUE.

119    Dal combinato disposto dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU risulta che l’obbligo che essi impongono alla BCE di pubblicare, in linea di principio senza anonimizzazione, le decisioni sanzionatorie deve essere eseguito «senza indebito ritardo» e che [la] sanzione sia stata «impugnat[a] o meno», ossia indipendentemente dall’esistenza di un eventuale ricorso.

120    Come già rilevato al precedente punto 106, l’obbligo che incombe quindi alla BCE si limita ad applicare la presunzione di legittimità che si ricollega, in generale, agli atti delle istituzioni e degli organi dell’Unione e al carattere obbligatorio di tali atti.

121    A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 297, paragrafo 2, ultimo comma, TFUE, «le decisioni che designano i destinatari sono notificate ai destinatari e hanno efficacia in virtù di tale notificazione». Inoltre, in applicazione della presunzione di legittimità connessa agli atti delle istituzioni e degli organi dell’Unione, di cui il principio del carattere non sospensivo dei ricorsi, sancito dall’articolo 278, prima frase, TFUE, è una manifestazione, detti atti producono effetti giuridici finché non siano stati revocati o annullati nel contesto di un ricorso di annullamento ovvero dichiarati invalidi a seguito di un rinvio pregiudiziale o di un’eccezione di illegittimità (sentenze del 15 giugno 1994, Commissione/BASF e a., C‑137/92 P, EU:C:1994:247, punto 48, e del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 74).

122    L’obbligo incombente alla BCE di pubblicare le decisioni sanzionatorie, in linea di principio senza anonimizzazione, senza indebito ritardo e indipendentemente dall’esistenza di un eventuale ricorso discende in modo sufficientemente chiaro e preciso dal combinato disposto dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU nonché, più in generale, dalla presunzione di legittimità e dal carattere obbligatorio degli atti delle istituzioni e degli organi dell’Unione per non poter essere oggetto di un’interpretazione conforme, del tipo di quella richiesta dalla ricorrente, senza giungere ad un’interpretazione contra legem vietata dalla giurisprudenza (v. supra, punto 90).

123    In tali circostanze, l’interpretazione conforme difesa dalla ricorrente, secondo la quale la BCE avrebbe dovuto attendere la scadenza del termine del ricorso di annullamento prima di pubblicare, senza anonimizzazione, la decisione sanzionatoria che le era stata inflitta, non può essere accolta, in quanto contrasta con la formulazione chiara e precisa del combinato disposto dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU, che fungono da base giuridica alla decisione impugnata.

124    Se una siffatta interpretazione fosse ammessa, la semplice minaccia di un ricorso di annullamento, proposto sul fondamento dell’articolo 263 TFUE, contro le decisioni adottate dalla BCE sulla base del combinato disposto dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU implicherebbe che quest’ultima ne revochi l’esecuzione dopo la scadenza del termine previsto dall’articolo 263, sesto comma, TFUE, pregiudicando così la presunzione di legittimità e il carattere obbligatorio di dette decisioni. Orbene, risulta dalla giurisprudenza che il diritto di ricorso dinanzi al giudice dell’Unione non pregiudica, in linea di principio, la presunzione di legittimità e il carattere obbligatorio degli atti delle istituzioni e degli organi dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 27 giugno 2000, Commissione/Portogallo, C‑404/97, EU:C:2000:345, punto 57; del 22 marzo 2001, Commissione/Francia, C‑261/99, EU:C:2001:179, punto 26, e del 13 dicembre 2001, Commissione/Francia, C‑1/00, EU:C:2001:687, punto 84).

125    Tenuto conto di quanto precede, occorre respingere la seconda censura e il terzo motivo nonché, di conseguenza, il ricorso nel suo complesso.

 Sulle spese

126    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese sostenute dalla BCE, conformemente alla domanda di quest’ultima, comprese quelle relative al procedimento sommario.

127    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Pertanto, il Consiglio e la Commissione sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      VQ sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Banca centrale europea (BCE), comprese quelle relative al procedimento sommario.

3)      Il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea sopporteranno le loro spese.

Papasavvas

Tomljenović

Schalin

Škvařilová-Pelzl

 

      Nõmm

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 luglio 2020.

Firme


Indice


Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sul primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 49, paragrafo 1, della Carta nonché del principio di proporzionalità

Sulla prima censura, relativa ad una violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 49, paragrafo 1, del regolamento n. 73/2009

Sulla censura relativa alla violazione del principio di proporzionalità

– Sulla ricevibilità della censura

– Nel merito della censura

Sul secondo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 132, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del regolamento quadro sull’MVU

Sul terzo motivo, vertente, in sostanza, su una violazione dell’articolo 263, sesto comma, TFUE e dell’articolo 47 della Carta

Sulla prima censura, vertente, mediante eccezione, sull’illegittimità dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013

Sulla seconda censura, vertente, in sostanza, su una violazione dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU come interpretati conformemente all’articolo 263 TFUE e all’articolo 47 della Carta

– Sulla ricevibilità della censura

– Nel merito della censura

Sulle spese



*      Lingua processuale: l’inglese.