Language of document : ECLI:EU:T:2009:362

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

28 settembre 2009 (*)

«Impugnazione – Funzione pubblica – Funzionari – Richiesta di informazioni sugli effetti personali spediti dalla sede di servizio al luogo di residenza – Ricorso in parte manifestamente irricevibile e in parte manifestamente infondato»

Nel procedimento T‑46/08 P,

avente ad oggetto un ricorso di impugnazione diretto all’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 6 dicembre 2007, causa F‑40/06, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta),

Luigi Marcuccio, ex dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente a Tricase, rappresentato dall’avv. G. Cipressa,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra C. Berardis‑Kayser, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta in primo grado,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Sezione delle impugnazioni),

composto dal sig. M. Jaeger, presidente, dalla sig.ra V. Tiili, dai sigg. J. Azizi, O. Czúcz (relatore) e dalla sig.ra I. Pelikánová, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con la presente impugnazione, proposta ai sensi dell’art. 9 dell’allegato I dello Statuto della Corte di giustizia, il ricorrente, sig. Luigi Marcuccio, chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 6 dicembre 2007, causa F‑40/06, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), con la quale il giudice comunitario, da un lato, ha dichiarato di non dover più statuire sulla domanda di annullamento della decisione implicita della Commissione che rigetta la richiesta del ricorrente di ricevere copia della lettera di vettura relativa alla spedizione dei suoi effetti personali dall’Angola in Italia e, dall’altro, ha respinto come manifestamente infondata la domanda di quest’ultimo di risarcimento danni.

 Fatti all’origine della controversia e procedimento di primo grado

2        I fatti all’origine della controversia sono esposti, ai punti 2-12 dell’ordinanza impugnata, nei termini seguenti:

«2      Il ricorrente era dipendente di ruolo di grado A7 presso la direzione generale (DG) “Sviluppo” della Commissione delle Comunità europee, dal 16 giugno 2000 al 30 maggio 2005.

3      Il ricorrente è stato assegnato alla delegazione della Commissione a Luanda, in Angola, ove ha svolto le sue mansioni sino alla sua riassegnazione a Bruxelles nell’interesse del servizio con decisione 18 marzo 2002. Con tale decisione il ricorrente è stato riassegnato col suo posto A7/A6 dalla DG “Sviluppo”, delegazione della Commissione a Luanda, alla stessa direzione generale a Bruxelles con effetto al 1° aprile successivo.

4      Il ricorrente ha chiesto con procedimento sommario, da un lato, la sospensione dell’esecuzione della decisione della Commissione 18 marzo 2002 e, dall’altro, che venisse disposta la sua immediata reintegrazione nelle mansioni precedentemente svolte presso la suddetta delegazione. Con ordinanza del presidente del Tribunale di primo grado 27 settembre 2002, causa T‑236/02 R, Marcuccio/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A‑181 e II‑941), la domanda di provvedimenti provvisori è stata respinta. Il ricorso del ricorrente contro tale ordinanza è stato anch’esso respinto con ordinanza del presidente della Corte 12 febbraio 2003, causa C‑399/02 P(R), Marcuccio/Commissione (Racc. pag. I‑1417).

5      Parallelamente il ricorrente ha impugnato la decisione della Commissione 18 marzo 2002 con ricorso dinanzi al Tribunale di primo grado delle Comunità europee respinto con sentenza 24 novembre 2005, causa T‑236/02, Marcuccio/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A‑365 e II‑1621). (…)

6      Con decisione del 15 ottobre 2002, la Commissione ha ordinato il trasloco, sotto la sua responsabilità, degli effetti personali del ricorrente che si trovavano ancora nell’alloggio da lui occupato a Luanda (in prosieguo: la “decisione del 15 ottobre 2002”). Un ricorso proposto dal ricorrente contro tale decisione è stato respinto con ordinanza del Tribunale di primo grado 17 maggio 2006, causa T‑241/03, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta).

7      In esecuzione della decisione del 15 ottobre 2002, la Commissione ha organizzato il trasloco dei beni del ricorrente, effettuato tra il 30 aprile ed il 2 maggio 2003. I suddetti beni sono stati quindi depositati in magazzino a Luanda.

8      Con lettera del 12 agosto 2003 la Commissione ha informato il ricorrente in merito ai dettagli dell’operazione di trasloco, dettagli riferiti nei documenti allegati a tale lettera. Quest’ultima era già allegata al controricorso depositato nella citata causa T‑241/03, Marcuccio/Commissione.

9      Con nota del 16 febbraio 2005, ricevuta dal ricorrente nel corso dello stesso mese, quindi quasi due anni dopo il trasloco, quest’ultimo è stato segnatamente informato dell’invio dei suoi effetti personali e della sua autovettura in Italia (in prosieguo: la “nota del 16 febbraio 2005”).

10      Con lettera del 1° marzo 2005 il ricorrente ha chiesto l’invio “di un elenco dettagliato di quanto [gli] sar[ebbe] consegnato, con ovvia riserva di verificare se ed in quale misura il dichiarato corrisponda all’effettivo, nonché copia conforme all’originale della lettera di vettura relativa ai beni oggetto della consegna” (in prosieguo: la “richiesta del 1° marzo 2005”).

11      Non avendo ottenuto risposta alla sua richiesta del 1° marzo 2005, il ricorrente ha presentato un reclamo il 2 settembre 2005.

12      Il 17 novembre 2005 la Commissione ha inviato al ricorrente una polizza di carico (“bill of lading”) datata 11 gennaio 2005 ed un elenco dei suoi beni personali spediti da Luanda».

3        Con atto introduttivo pervenuto alla cancelleria del Tribunale della funzione pubblica l’8 aprile 2006 il ricorrente ha proposto un ricorso che è stato registrato sotto il numero di causa F‑40/06.

4        Il ricorrente ha chiesto, in primo grado, al Tribunale della funzione pubblica di voler:

–        annullare la decisione implicita di rigetto della sua richiesta del 1° marzo 2005 (in prosieguo: la «decisione implicita di rigetto della richiesta del 1° marzo 2005» o la «decisione controversa»), con la quale aveva chiesto all’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») di inviargli copia conforme all’originale della lettera di vettura inerente al presunto invio dei suoi effetti personali dall’Angola in Italia;

–        condannare la Commissione a corrispondergli, a titolo di risarcimento del danno derivante dall’adozione della decisione controversa, la somma di EUR 10 000 o qualunque altra somma, inferiore o superiore, che il Tribunale della funzione pubblica avesse ritenuto adeguata a tale titolo;

–        condannare la Commissione alle spese.

5        La Commissione ha chiesto al Tribunale della funzione pubblica di voler:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile e/o infondato;

–        statuire secondo giustizia sulle spese e, in ogni caso, condannare il ricorrente, ai sensi dell’art. 87, n. 3, secondo comma, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, alle spese sostenute dopo la notifica del controricorso.

 Sull’ordinanza impugnata

6        Con l’ordinanza impugnata il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato di non dover più statuire sulle conclusioni di annullamento presentate dal ricorrente, in applicazione dell’art. 75 del suo regolamento di procedura, per i motivi seguenti:

«14      Il 20 luglio 2006 la Commissione ha depositato il suo controricorso cui sono stati allegati, tra l’altro, copia della polizza di carico dell’11 gennaio 2005 (allegato B.7), copia della lettera del 17 novembre 2005 (allegato B.11), copia di un elenco dei beni depositati in custodia del 2 maggio 2003 (allegato B.12) e copia della nota del 12 agosto 2003 cui erano uniti numerosi allegati, in particolare l’inventario dettagliato e con indicazione del valore dei beni personali del ricorrente (allegato B.1).

(…)

26      Come ha giustamente rilevato la Commissione, la domanda di annullamento è diventata priva di oggetto e non vi è più luogo a statuire. Infatti il ricorrente ha ottenuto in sostanza tutto quello che aveva chiesto alla Commissione, al più tardi alla data della notifica del controricorso, il quale comprende tutti gli elementi menzionati al punto 14 della presente ordinanza.

27      Tale constatazione non è infirmata dalla formulazione letterale utilizzata dal ricorrente nelle sue conclusioni dirette all’annullamento per designare i documenti di cui richiede comunicazione alla Commissione.

28      In primo luogo, il ricorrente chiede l’invio di una copia della “lettera di vettura inerente il presunto invio dei propri effetti personali dall’Angola verso l’Italia”. È certo che il ricorrente non ha ricevuto nessun documento letteralmente così intitolato. Orbene, occorre interpretare la sua domanda al fine di determinare se uno o più dei documenti da lui effettivamente ottenuti vadano sostanzialmente considerati come la “lettera di vettura” richiesta.

29      Si deve necessariamente constatare al riguardo che, nel ricorso, il ricorrente formula a più riprese l’auspicio di poter anzitutto controllare i suoi beni personali nel luogo del loro deposito. Infatti egli motiva la sua domanda, tra l’altro, col timore di essere “impedi[to] (…) di effettuare alcun controllo in relazione [al luogo di deposito] dei beni”. Egli sostiene altresì che le informazioni richieste sarebbero “indispensabili al fine di esercitare validamente un controllo almeno in ordine alla corrispondenza tra quanto spedito e quanto ricevuto in consegna”. Pertanto egli chiede, in sostanza, un documento affidabile che precisi in dettaglio tutti i suoi beni personali che sono stati immagazzinati ed in seguito trasportati dall’Angola in Italia affinché egli possa controllare facilmente la consegna dei suoi beni personali.

30      Il documento effettivamente ricevuto dal ricorrente, in allegato alla lettera della Commissione del 17 novembre 2005, è una polizza di carico (“bill of lading”). Tuttavia tale documento fa riferimento a 167 articoli costituiti da beni personali (“167 items personal effects”) ed all’autovettura del ricorrente. Tale documento è integrato dall’elenco completo dei suoi effetti personali che menziona anch’esso un totale di 167 colli, elenco ugualmente ricevuto dall’interessato. Pertanto si deve necessariamente constatare la corrispondenza tra, da un lato, gli oggetti cui si riferisce la polizza di carico e, dall’altro, l’elenco dei beni personali del ricorrente, in quanto tali documenti gli permettono di controllare i suddetti beni in maniera esatta.

31      Occorre inoltre ricordare che il ricorrente ha ricevuto copia anche della nota del 12 agosto 2003, menzionata al punto 8 della presente ordinanza, contenente una descrizione molto dettagliata del trasloco dei suoi effetti personali, in particolare un resoconto delle operazioni di prelievo dei suddetti effetti dall’abitazione del ricorrente a Luanda e del loro deposito in magazzino nella stessa città, datato 6 maggio 2003, due dichiarazioni delle persone responsabili del trasloco, datate 5 maggio 2003, ed un inventario di 167 colli con descrizione dettagliata del loro contenuto nonché l’indicazione del valore di ciascun collo in dollari statunitensi. La ricezione di tali documenti da parte del ricorrente è già stata constatata dal Tribunale di primo grado al punto 16 della citata ordinanza 17 maggio 2006, Marcuccio/Commissione.

32      Ne consegue che il ricorrente ha di fatto ottenuto tutte le informazioni utili che gli permettono di esaminare e di verificare i suoi beni personali che la Commissione ha spedito dall’Angola in Italia. La sua domanda è stata quindi effettivamente soddisfatta al riguardo.

33      In secondo luogo, il ricorrente chiede una “copia conforme all’originale” del documento che constata il presunto invio dei suoi effetti personali. Anche supponendo che tale domanda venga interpretata come diretta alla consegna di una copia “certificata” conforme, si dovrebbe constatare che la Commissione ha accolto la domanda del ricorrente. Infatti, copie allegate ad una memoria di un’istituzione possono essere assimilate a copie certificate conformi salvo indizi contrari che, nel caso di specie, né sono stati invocati né risultano dagli atti del fascicolo.

34      Dato quanto precede, va constatato che la domanda del ricorrente è stata soddisfatta, al più tardi alla data della notifica del controricorso al ricorrente. Così la domanda di annullamento è diventata priva di oggetto e, di conseguenza, non vi è più luogo a statuire sulle conclusioni dirette all’annullamento.

35      Ad abundantiam, va rilevato come emerga da una costante giurisprudenza che, perché un dipendente possa esperire un ricorso diretto all’annullamento di una decisione dell’[APN], occorre che conservi, anche dopo la presentazione del ricorso, un interesse personale all’annullamento della decisione presa nei suoi confronti (v., in tal senso, sentenze del Tribunale di primo grado 29 maggio 1997, causa T‑6/96, Contargyris/Consiglio, Racc. PI pagg. I‑A‑119 e II‑357, punto 32; 24 aprile 2001, causa T‑159/98, Torre e a./Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑83 e II‑395, punti 28‑31, e 7 febbraio 2007, causa T‑339/03, Clotuche/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 39).

36      Occorre ricordare in proposito il contenuto delle informazioni comunicate al ricorrente (v. punti 14, 30 e 31 della presente ordinanza) nonché le ripetute richieste della Commissione al ricorrente di mettersi in contatto col trasportatore per risolvere qualsiasi questione pratica concernente il trasporto dei suoi beni personali. A tale proposito il ricorrente ammette di aver ricevuto la nota del 16 febbraio 2005 che l’informava dell’invio in Italia dei suoi effetti personali e della sua autovettura e l’invitava a mettersi d’urgenza in contatto col trasportatore indicatovi in modo da definire con lui le modalità di consegna dei suoi beni. Ne consegue che il ricorrente aveva già la possibilità di venire a conoscenza di tali informazioni prima della presentazione del ricorso.

37      Alla luce di tali considerazioni il ricorrente non ha fornito la prova del suo interesse originario e attuale ad ottenere l’annullamento della decisione controversa al più tardi al momento della ricezione del controricorso (v. punto 14). Ad abundantiam, le conclusioni dirette all’annullamento dovrebbero quindi essere dichiarate manifestamente irricevibili.

38      Dato tutto quanto precede, occorre concludere che le conclusioni dirette all’annullamento sono diventate prive di oggetto e, conformemente all’art. 75 del regolamento di procedura del Tribunale, non vi è più luogo a statuire. Ad abundantiam, tali conclusioni sono manifestamente irricevibili, poiché il ricorrente non ha più interesse ad agire».

7        Per quanto concerne la domanda di risarcimento danni, il Tribunale della funzione pubblica l’ha respinta come manifestamente infondata, in applicazione dell’art. 76 del suo regolamento di procedura, per i motivi seguenti:

«44      Secondo una giurisprudenza consolidata, il riconoscimento di una responsabilità in capo alla Comunità è subordinato alla presenza di un insieme di condizioni concernenti l’illiceità del comportamento addebitato alle istituzioni comunitarie, la presenza effettiva del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento dell’istituzione e il danno lamentato. Basta che una di queste condizioni non sia soddisfatta perché il ricorso per risarcimento danni debba essere integralmente respinto, senza che occorra esaminare gli altri presupposti di tale responsabilità (v. sentenza del Tribunale di primo grado 10 novembre 2004, causa T‑165/03, Vonier/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑343 e II‑1575, punto 78).

45      Nel caso di specie, quanto al danno morale lamentato dal ricorrente, è giocoforza constatare, come sostiene fondatamente la Commissione, che il ricorrente non ha assolto l’onere della prova ad esso incombente circa l’esistenza sia del danno in parola sia del nesso di causalità tra quest’ultimo ed il comportamento censurato. Peraltro le sue spiegazioni non permettono di verificare, foss’anche in maniera approssimativa, l’entità del preteso danno subìto.

46      Ne consegue che le conclusioni dirette ad ottenere il risarcimento del danno vanno dichiarate manifestamente infondate».

8        Per quanto concerne le spese, il Tribunale della funzione pubblica le ha addossate interamente al ricorrente per i motivi seguenti:

«47      Ai sensi dell’art. 122 del regolamento di procedura, le disposizioni del capo VIII del titolo secondo di tale regolamento, relative alle spese, si applicano esclusivamente alle cause intentate dinanzi al Tribunale dalla data dell’entrata in vigore dello stesso regolamento di procedura, vale a dire il 1° novembre 2007. Le disposizioni del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado pertinenti in materia restano applicabili mutatis mutandis alle cause pendenti dinanzi al Tribunale anteriormente a tale data.

48      Conformemente all’art. 87, n. 6, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, in caso di non luogo a provvedere il Tribunale decide sulle spese in via equitativa. Ai sensi dell’art. 87, n. 3, secondo comma, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, il Tribunale può condannare una parte, anche se non soccombente, a rimborsare all’altra le spese che le ha causato e che siano riconosciute come superflue o defatigatorie.

49      Nella fattispecie occorre tener conto del fatto che il ricorrente, anche prima della presentazione del presente ricorso, era in possesso delle informazioni precise e dettagliate concernenti il trasloco dei suoi effetti, in particolare dell’elenco dei suoi beni personali trasportati. Pertanto egli aveva già ottenuto, al momento della presentazione del ricorso, l’essenziale della sua attuale domanda, cioè i mezzi per controllare se l’insieme dei suoi effetti personali era stato effettivamente spedito dall’Angola in Italia.

50      In considerazione delle circostanze del caso di specie e segnatamente del fatto che il ricorrente si è ostinato a far prova di ostruzionismo nei confronti della Commissione rifiutando di cooperare con essa, quando invece quest’ultima ha continuamente agito nei suoi riguardi con sollecitudine e benevolenza, ed optando per la via contenziosa senza alcuna giustificazione, sarà operata una giusta valutazione dei fatti di causa decidendo che il ricorrente sopporta, oltre alle proprie spese, le spese della Commissione».

 Sull’impugnazione

 Procedimento

9        Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 28 gennaio 2008 il ricorrente ha proposto il presente ricorso di impugnazione. Il 28 aprile 2008 la Commissione ha depositato il suo controricorso.

10      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 14 maggio 2008 il ricorrente ha chiesto, conformemente all’art. 143, n. 1, del regolamento di procedura, di poter depositare una memoria di replica. Con decisione del 3 giugno 2008 il presidente della Sezione delle impugnazioni ha accolto la sua domanda. Il ricorrente ha depositato la replica il 30 agosto 2008. La Commissione ha depositato la sua controreplica il 14 ottobre 2008.

11      Con lettera dell’11 novembre 2008 il ricorrente, ai sensi dell’art. 146 del regolamento di procedura, ha chiesto al Tribunale di aprire la fase orale del procedimento.

 Conclusioni delle parti

12      Il ricorrente chiede, in sostanza, al Tribunale di voler:

–        in via principale, annullare l’ordinanza impugnata in quanto il Tribunale della funzione pubblica respinge le sue conclusioni di annullamento per qualunque motivo diverso dalla carenza di interesse ad agire, rigetta la sua domanda di risarcimento danni e lo condanna alle spese; dall’altro lato, dichiarare il ricorso ricevibile;

–        accogliere la sua domanda di risarcimento e condannare la Commissione alle spese, comprese quelle della presente impugnazione;

–        in subordine, rinviare la causa al Tribunale della funzione pubblica.

13      La Commissione chiede al Tribunale di voler:

–        dichiarare l’impugnazione irricevibile o infondata;

–        condannare il ricorrente alle spese, comprese quelle del procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica.

 In diritto

14      Ai sensi dell’art. 145 del regolamento di procedura, il Tribunale può, quando l’impugnazione è manifestamente infondata, respingerla in ogni momento con ordinanza motivata e ciò anche se una parte gli ha chiesto la fissazione di un’udienza (ordinanza del Tribunale 24 settembre 2008, causa T‑105/08 P, Van Neyghem/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 21). Nel caso di specie il Tribunale si ritiene sufficientemente informato dagli atti di causa e decide, in applicazione del suddetto articolo, che non occorre proseguire il procedimento.

15      Il ricorrente adduce sei motivi contro l’ordinanza impugnata. Il primo motivo attiene a un difetto di motivazione, alla violazione dell’obbligo del clare loqui nonché a uno snaturamento e travisamento dei fatti (punti 10, 12, 26-38 e 42-46 dell’ordinanza impugnata). Il secondo motivo ha ad oggetto un’erronea interpretazione della normativa applicabile e della giurisprudenza comunitaria in materia di risarcimento danni (punti 42-46 dell’ordinanza impugnata). Il terzo motivo concerne un difetto di motivazione, lo snaturamento della realtà fattuale relativamente alla regolamentazione delle spese nonché il carattere «irragionevole e arbitrario» dell’ordinanza (punti 49 e 50 dell’ordinanza impugnata). Il quarto motivo è tratto da un difetto di motivazione della decisione implicita di rigetto della richiesta del 1° marzo 2005 (punti 26-38 dell’ordinanza impugnata). Il quinto motivo verte su una violazione dei diritti della difesa e delle norme sostanziali (punto 24 dell’ordinanza impugnata), mentre il sesto su una violazione delle norme sul giusto processo, specialmente quelle previste dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 (punti 24 e 26-38 dell’ordinanza impugnata).

16      Si deve constatare che gli addebiti mossi nell’ambito del quarto motivo coincidono con taluni addebiti sollevati nell’ambito del primo. Occorre pertanto esaminare insieme tali due motivi. Allo stesso modo, anche il quinto e il sesto motivo si prestano ad un esame congiunto.

17      Il Tribunale ritiene utile esaminare innanzitutto il primo e il quarto motivo insieme, poi il secondo, quindi – congiuntamente – il quinto e il sesto e, infine, il terzo motivo.

 Sul primo motivo, attinente a un difetto di motivazione, alla violazione dell’obbligo del clare loqui nonché a uno snaturamento e travisamento dei fatti, e sul quarto motivo, attinente a un difetto di motivazione della decisione controversa

–       Argomenti delle parti

18      Nell’ambito del primo e del quarto motivo il ricorrente muove, in sostanza, cinque addebiti.

19      In primo luogo, egli lamenta che l’affermazione al punto 26 dell’ordinanza impugnata, secondo la quale egli aveva «ottenuto in sostanza tutto quello che aveva chiesto alla Commissione» intra litem, è viziata da un difetto di motivazione e da mancanza di chiarezza e di logicità. Ricorda che, nel procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, aveva chiesto segnatamente l’annullamento della decisione implicita di rigetto della sua richiesta del 1° marzo 2005. Ebbene, il Tribunale della funzione pubblica non si sarebbe pronunciato in maniera chiara e inequivocabile circa il momento in cui tale richiesta sarebbe stata soddisfatta. Esso non avrebbe neppure precisato in che forma la Commissione avrebbe evaso la richiesta del 1° marzo 2005 né per quale motivo la nota del 12 agosto 2003 e quella del 16 febbraio 2005 potrebbero essere considerate succedanee della lettera di vettura. L’impiego della locuzione «in sostanza» sottintenderebbe che il Tribunale della funzione pubblica ritiene che la richiesta del 1° marzo 2005 non sia stata interamente soddisfatta.

20      L’affermazione secondo cui, al momento della presentazione del ricorso, il ricorrente aveva già ottenuto l’essenziale della sua domanda, cioè i mezzi per controllare se l’insieme dei suoi effetti personali fosse stato effettivamente spedito dall’Angola verso l’Italia (punto 49 dell’ordinanza impugnata), non corrisponderebbe a verità. Dal fascicolo emergerebbe, infatti, che il ricorrente, quantomeno fino al momento della presentazione dell’atto introduttivo del primo grado, non aveva ricevuto né la lettera di vettura né la polizza di carico né alcun documento da cui risultassero, foss’anche in nuce, tutti gli elementi contenuti in una lettera di vettura.

21      Il ricorrente sottolinea, inoltre, che la polizza di carico di cui ha ricevuto copia nell’ambito del presente procedimento è un documento privo di valore legale perché, essendo un titolo di credito, vale solo ed esclusivamente in originale e, per di più, non sarebbe mai nella disponibilità del trasportatore.

22      Peraltro né la nota del 12 agosto 2003 o i suoi allegati né la nota del 16 febbraio 2005 né il coacervo di questi documenti conterrebbero tutte le informazioni che una lettera di vettura dovrebbe obbligatoriamente contenere.

23      La nota del 12 agosto 2003 e i suoi allegati conterrebbero unicamente dichiarazioni della Commissione sulla natura, l’importanza e il valore dei beni, ma nessuna informazione precisa su cosa sia stato effettivamente spedito dall’Angola verso l’Italia. Riguardo, poi, al fatto che l’inventario dei beni allegato alla nota del 12 agosto 2003 troverebbe un riscontro nella polizza di carico, consentendogli così di verificare la corrispondenza tra i suoi beni e quanto è stato spedito dall’Angola in Italia, il ricorrente rileva che sia l’una sia l’altra di dette note, inclusi i loro allegati, presenterebbero un livello di dettaglio insufficiente. La circostanza che entrambe le note facciano riferimento allo stesso numero di «colli» di effetti personali (167) non permetterebbe di inferire che il contenuto di ognuno dei colli menzionati nella nota del 12 agosto 2003 sia identico a quello di ognuno dei colli menzionati nella polizza di carico, tanto più che la descrizione del contenuto di ogni singolo collo sarebbe estremamente imprecisa e non consentirebbe di identificare gli effetti personali raccolti in ognuno dei medesimi.

24      Con la nota del 16 febbraio 2005 il ricorrente sarebbe stato informato dalla Commissione dell’invio in Italia dei suoi effetti personali e della sua autovettura e sarebbe stato invitato a mettersi d’urgenza in contatto con il trasportatore per definire con lui le modalità di consegna dei suoi beni. Questa nota non indicherebbe, però, che il trasportatore avrebbe potuto fornire al ricorrente gli elementi obbligatoriamente compresi nella lettera di vettura. L’affermazione al punto 36 dell’ordinanza impugnata, secondo cui «il ricorrente aveva già la possibilità di venire a conoscenza di tali informazioni prima della presentazione del ricorso», sarebbe, dunque, falsa.

25      In secondo luogo, il ricorrente allega che il Tribunale della funzione pubblica ha commesso un «errore logico» affermando, al punto 37 dell’ordinanza impugnata, che egli non aveva fornito la prova del suo interesse originario e attuale all’annullamento della decisione controversa, atteso che quest’ultima esisteva al momento del deposito del ricorso e gli recava pregiudizio. Peraltro la valutazione dell’interesse d’agire del ricorrente non potrebbe essere effettuata alla data di ricezione del controricorso, che si situa tra il momento in cui il ricorrente ha depositato l’atto introduttivo e quello in cui l’ordinanza impugnata è stata pronunciata. Il ricorrente fa valere anche che, quando ha presentato il ricorso, non disponeva di alcuna informazione sui motivi sottesi alla decisione implicita di rigetto della richiesta del 1° marzo 2005. Alla luce di ciò, a suo avviso, il Tribunale della funzione pubblica non poteva esimersi dal giudicare del difetto di motivazione della decisione controversa.

26      Al riguardo il ricorrente adduce che, nell’omettere di rilevare il difetto assoluto di motivazione della decisione controversa, il Tribunale della funzione pubblica ha commesso un errore di diritto. Il motivo, formulato dal ricorrente sia in primo grado che in questo giudizio d’appello, inerente al difetto di motivazione della decisione controversa, sarebbe tutt’uno con quello, formulato nell’atto introduttivo, concernente l’error in iudicando in cui il Tribunale della funzione pubblica sarebbe incorso nel ritenere la decisione controversa congruamente motivata. Peraltro il difetto di motivazione sarebbe un motivo di ordine pubblico, rilevabile in ogni stadio e grado di causa.

27      In terzo luogo, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe commesso un errore di diritto dichiarando, al punto 38 dell’ordinanza impugnata, da un lato, che non vi era più luogo a statuire e, dall’altro, ad abundantiam, che le conclusioni di annullamento del ricorrente erano «manifestamente irricevibili, poiché il ricorrente non [aveva] più interesse ad agire». In realtà, per costante giurisprudenza, la ricevibilità di una conclusione deve essere valutata in relazione alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui la conclusione medesima è stata presentata.

28      In quarto luogo, il Tribunale della funzione pubblica sarebbe incorso in un errore di diritto nell’interpretare ed applicare le norme inerenti alla formazione e all’onere della prova, poiché negli atti di causa non vi sarebbe il benché minimo elemento di prova a sostegno dell’affermazione, resa al punto 12 dell’ordinanza impugnata, secondo cui la Commissione aveva inviato al ricorrente, il 17 novembre 2005, la polizza di carico dell’11 gennaio 2005 e un elenco dei suoi effetti personali spediti da Luanda. Al contrario, il ricorrente non avrebbe mai ricevuto detta polizza extra hanc litem.

29      In quinto luogo, i vizi dirimenti l’ordinanza impugnata, elencati ai punti precedenti, si riverberebbero sul ragionamento del Tribunale della funzione pubblica in merito alle conclusioni inerenti al risarcimento del danno e a quelle inerenti alla condanna del ricorrente alle spese. Perché le conclusioni del Tribunale della funzione pubblica sul risarcimento del danno e sulle spese fossero congruamente motivate e scevre da errori di diritto, detto Tribunale si sarebbe dovuto pronunciare diversamente sulla questione dell’accertamento del momento in cui il ricorrente avrebbe ottenuto, in sostanza, tutto quello che aveva chiesto alla Commissione.

30      La Commissione ribatte che il primo motivo è irricevibile perché si traduce in argomentazioni di carattere meramente fattuale. Esso sarebbe altresì infondato, giacché il Tribunale della funzione pubblica avrebbe chiaramente precisato in quale momento il ricorrente aveva ottenuto le informazioni richieste, vale a dire, al più tardi, alla data della notifica del controricorso. Quanto al quarto motivo, la Commissione lo ritiene irricevibile in quanto consiste nel ripetere uno dei motivi esposti nel ricorso in primo grado. Esso sarebbe pure infondato perché, da un lato, una domanda presentata da un funzionario ai sensi dell’art. 90 dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto») potrebbe essere respinta in maniera implicita, essendo possibile apportare precisazioni complementari in corso di giudizio, e, dall’altro, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe constatato a giusto titolo che non occorreva più pronunciarsi.

–       Giudizio del Tribunale

31      Occorre esaminare anzitutto gli argomenti della Commissione vertenti sulla ricevibilità del primo e del quarto motivo in quanto riguarderebbero constatazioni di fatto del Tribunale della funzione pubblica e implicherebbero una nuova valutazione dei fatti.

32      A tale riguardo si deve ricordare che sono ricevibili in sede di impugnazione addebiti relativi alla constatazione dei fatti e alla loro valutazione nella decisione controversa allorché il ricorrente allega che il Tribunale della funzione pubblica ha effettuato constatazioni la cui inesattezza materiale risulta dal fascicolo oppure ha snaturato elementi di prova a lui sottoposti (v. sentenza del Tribunale 19 settembre 2008, causa T‑253/06 P, Chassagne/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 57 e la giurisprudenza ivi citata).

33      Si deve rilevare che, nell’ambito del primo e del quarto motivo, il ricorrente, da un lato, sostiene che il Tribunale della funzione pubblica ha snaturato gli elementi di prova concludendo che, al più tardi alla data della notifica del controricorso, egli avesse ottenuto in sostanza tutto quello che aveva chiesto alla Commissione e, dall’altro, contesta le conseguenze giuridiche tratte dal medesimo Tribunale da questa valutazione dei fatti.

34      Riguardo, poi, all’argomento della Commissione secondo cui il quarto motivo è irricevibile poiché il ricorrente si limita a ripetere uno dei motivi di ricorso in primo grado senza contestare la legittimità dell’ordinanza impugnata, si deve rilevare che, nonostante la diversa intitolazione, il quarto motivo si confonde sostanzialmente con il primo e mira a rimettere in discussione la legittimità dell’ordinanza impugnata in quanto il Tribunale della funzione pubblica ha deciso che non occorreva più statuire sul ricorso e non si è pronunciato sull’asserito difetto di motivazione della decisione controversa, laddove – secondo il ricorrente – la richiesta del 1° marzo 2005 sarebbe stata ancora inevasa al momento dell’introduzione del ricorso.

35      Nel loro complesso il primo e il quarto motivo non possono, dunque, essere considerati irricevibili e vanno esaminati nel merito. Ciò non anticipa, tuttavia, una risposta sulla ricevibilità di singoli argomenti esposti nell’ambito di questi due motivi, il cui esame sarà unito a quello del merito.

36      Con riferimento alla questione se il Tribunale della funzione pubblica abbia potuto legittimamente concludere che non occorresse più statuire sulle conclusioni di annullamento del ricorrente, è importante verificare anzitutto che esso non abbia snaturato gli elementi di prova dichiarando che, al più tardi alla data della notifica del controricorso, il ricorrente aveva in sostanza ottenuto tutto quello che aveva chiesto alla Commissione (primo addebito), prima di esaminare la legittimità delle conseguenze giuridiche che ne ha tratto (secondo addebito).

37      Per quanto concerne il primo addebito, si deve ricordare che, al punto 28 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha definito l’oggetto della controversia come la richiesta del ricorrente di ricevere l’invio di una copia della «lettera di vettura inerente il presunto invio dei propri effetti personali dall’Angola verso l’Italia», ciò che è confermato dal ricorrente nell’ambito della presente impugnazione (v. punto 19 supra). Nel constatare che il ricorrente non aveva ricevuto nessun documento letteralmente così intitolato, il Tribunale della funzione pubblica ha proceduto ad un’interpretazione della sua istanza per stabilire se uno o più documenti da lui effettivamente ottenuti fossero da considerare in sostanza come la «lettera di vettura» richiesta.

38      Al punto 29 dell’ordinanza impugnata il Tribunale della funzione pubblica conclude, partendo da un esame dell’argomentazione svolta nel ricorso, che il ricorrente aveva chiesto, in sostanza, un documento affidabile che precisasse nel dettaglio tutti i suoi effetti personali immagazzinati e successivamente trasportati dall’Angola in Italia affinché egli potesse facilmente verificare la consegna degli stessi.

39      È giocoforza constatare che, relativamente alla valutazione del Tribunale della funzione pubblica sopra espressa, il ricorrente non allega alcuno snaturamento del contenuto del suo ricorso quanto alla finalità della sua richiesta di ottenere una copia conforme della lettera di vettura.

40      Occorre inoltre respingere gli argomenti del ricorrente vertenti sulla mancanza di chiarezza e su un difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata quanto alla questione del modo e della forma in cui la Commissione avrebbe evaso la richiesta del 1° marzo 2005. Come risulta dai punti 14, 26, 30 e 31 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha esposto con precisione che il ricorrente ha potuto verificare quali fossero i suoi effetti personali spediti dalla Commissione dall’Angola in Italia sulla base della polizza di carico allegata alla lettera della Commissione del 17 novembre 2005 e sulla base altresì dell’elenco dei suoi effetti personali in deposito a Luanda, anch’esso allegato a detta lettera, in uno con la nota del 12 agosto 2003 e relativi allegati, fra i quali un inventario dei colli prelevati dall’abitazione di servizio del ricorrente. Così, nessuna violazione dell’obbligo di motivazione o dell’obbligo del clare loqui è stata dimostrata al riguardo.

41      Non solo: contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica si è pronunciato in maniera chiara ed inequivocabile sulla questione dell’accertamento del momento in cui la sua domanda sarebbe stata soddisfatta. Risulta, infatti, dal punto 26 dell’ordinanza impugnata che il ricorrente ha ottenuto ciò che aveva chiesto al più tardi alla data della notifica del controricorso; anzi, il Tribunale della funzione pubblica non esclude che egli abbia potuto disporre delle informazioni controverse già prima di tale momento. È tuttavia quella della notifica dei detti documenti, con il controricorso, che il Tribunale della funzione pubblica ha ritenuto essere la data certa a partire dalla quale non poteva dubitarsi che il ricorrente avesse conoscenza delle informazioni suddette. Se ne ricava che l’ordinanza impugnata non manca di chiarezza ed è sufficientemente motivata sul punto.

42      Quanto all’allegazione del ricorrente a termini della quale, utilizzando la locuzione «in sostanza», il Tribunale della funzione pubblica avrebbe riconosciuto che non era stata evasa l’intera sua domanda, il Tribunale ritiene evidente che, per mezzo di tale espressione, il Tribunale della funzione pubblica ha considerato che la volontà del ricorrente di controllare il trasferimento dei suoi beni, quale sottesa alla richiesta del 1° marzo 2005, era stata soddisfatta sebbene costui non avesse ricevuto una lettera di vettura vera e propria. Peraltro si deve rilevare che la Commissione non era tenuta a fornire tale lettera, dato che aveva rimesso un documento che poteva assolvere la medesima funzione.

43      Il ricorrente avanza diversi argomenti sulla natura e il contenuto di documenti sui quali il Tribunale della funzione pubblica ha fondato la conclusione che la richiesta del 1° marzo 2005 era stata soddisfatta. Fa valere, per esempio, che la sua domanda non potrebbe essere soddisfatta da un documento diverso da una copia conforme di una lettera di vettura e che una polizza di carico non contiene le stesse informazioni di una tale lettera. Fa valere altresì che la copia di una polizza di carico è un documento privo di qualunque valore legale perché, essendo un titolo di credito, può valere solo in originale e non può mai essere affidato al trasportatore. Riguardo alla nota del 12 agosto 2003, il ricorrente afferma che essa e i suoi allegati contengono unicamente dichiarazioni della Commissione sulla natura, l’importanza e il valore dei beni, ma nessuna informazione precisa su quanto è stato effettivamente inviato dall’Angola. Tanto la nota del 12 agosto 2003, e relativi allegati, quanto la polizza di carico allegata alla lettera della Commissione del 17 novembre 2005 mancherebbero, inoltre, di precisione.

44      A tale proposito si deve ricordare che il Tribunale della funzione pubblica è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo nei casi in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti del fascicolo sottoposti al suo giudizio, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Salvo il caso dello snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, la valutazione dei fatti non costituisce, quindi, una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato del Tribunale (v., per analogia, sentenze della Corte 2 ottobre 2001, causa C‑449/99 P, BEI/Hautem, Racc. pag. I‑6733, punto 44, e 19 gennaio 2006, causa C‑240/03 P, Comunità montana della Valnerina/Commissione, Racc. pag. I‑731, punto 63).

45      Un siffatto snaturamento deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo, senza che sia necessario effettuare una nuova valutazione dei fatti né delle prove (v., per analogia, sentenze della Corte 28 maggio 1998, causa C‑8/95 P, New Holland Ford/Commissione, Racc. pag. I‑3175, punto 72; 6 aprile 2006, causa C‑551/03 P, General Motors/Commissione, Racc. pag. I‑3173, punto 54, e 21 settembre 2006, causa C‑167/04 P, JCB Service/Commissione, Racc. pag. I‑8935, punto 108).

46      Nel caso di specie è giocoforza constatare che gli aspetti dell’ordinanza impugnata che il ricorrente critica formulando i suoi argomenti tratti dalla natura e dal contenuto dei documenti in causa riguardano alcune conclusioni che il Tribunale della funzione pubblica ha dedotto dall’esame delle prove e che si situano nei limiti di una valutazione normale dei fatti, senza far sospettare uno snaturamento degli elementi di prova. Il ricorrente, infatti, se è vero che offre una valutazione dei documenti in questione diversa da quella del Tribunale della funzione pubblica quanto alla loro idoneità a permettere a quest’ultimo di verificare se i beni trasportati dall’alloggio di servizio in Angola corrispondano a quelli consegnati in Italia, non allega nessuna inesattezza materiale nella lettura che il giudice comunitario ha fatto dei documenti a lui sottoposti. Tali argomenti sono pertanto irricevibili.

47      Infine, si deve constatare che l’argomento del ricorrente vertente sul fatto che l’affermazione al punto 49 dell’ordinanza impugnata, secondo cui al momento dell’introduzione del ricorso di primo grado egli aveva già ottenuto l’essenziale della sua domanda, sarebbe errata, attiene alla motivazione dell’ordinanza impugnata quanto alla regolamentazione delle spese. Esso è dunque strettamente legato all’argomentazione sviluppata nell’ambito del terzo motivo, sicché occorre esaminarlo insieme a quest’ultima.

48      Risulta da quanto precede che il primo addebito deve essere respinto come in parte manifestamente irricevibile e in parte manifestamente infondato.

49      Per quanto concerne il secondo addebito, a termini del quale il Tribunale della funzione pubblica, da un lato, non avrebbe potuto concludere a buon diritto per la carenza di interesse ad agire del ricorrente, alla data della notifica del controricorso, né dichiarare, su tale base, di non dover più statuire sulle sue conclusioni di annullamento, atteso che la decisione controversa esisteva al momento dell’introduzione del ricorso e gli recava pregiudizio, e, dall’altro, non avrebbe potuto omettere di pronunciarsi sull’asserito difetto di motivazione della decisione controversa, si deve esaminare innanzitutto la questione della legittimità del non luogo a procedere.

50      Ebbene, è giurisprudenza costante che, perché un funzionario possa proseguire un ricorso di annullamento di una decisione dell’APN, occorre che questi conservi un interesse personale all’annullamento della decisione controversa anche dopo l’introduzione del ricorso (v. sentenza del Tribunale 7 febbraio 2007, causa T‑339/03, Clotuche/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).

51      Contrariamente a quanto afferma il ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica non ha dunque commesso alcun «errore logico», tanto meno di diritto, riferendo la valutazione dell’esistenza dell’interesse ad agire del ricorrente ad un momento successivo all’introduzione del ricorso, più esattamente quello della notifica del controricorso, perché, nell’interesse di un’equa amministrazione della giustizia, il Tribunale della funzione pubblica può dichiarare d’ufficio che non vi è più luogo a statuire sul ricorso qualora il ricorrente che inizialmente aveva interesse ad agire abbia perduto qualsiasi interesse personale all’annullamento della decisione controversa a causa di un evento verificatosi successivamente alla presentazione del detto ricorso (v., in tale senso e per analogia, ordinanza del Tribunale 17 ottobre 2005, causa T‑28/02, First Data e a./Commissione, Racc. pag. II‑4119, punti 36 e 37). L’argomento del ricorrente relativo al fatto di avere ancora interesse all’annullamento al momento della presentazione del ricorso è, dunque, inconferente.

52      Riguardo all’argomento del ricorrente secondo cui il Tribunale della funzione pubblica avrebbe dovuto pronunciarsi sul preteso difetto di motivazione della decisione controversa, fatto valere nell’ambito del ricorso di primo grado, si deve rilevare che dalla constatazione di non luogo a procedere su un ricorso introdotto dinanzi al Tribunale della funzione pubblica risulta che quest’ultimo non può decidere il merito del ricorso di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza della Corte 7 giugno 2007, causa C‑362/05 P, Wunenburger/Commissione, Racc. pag. I‑4333, punto 39). L’argomento è dunque manifestamente infondato.

53      Risulta da quanto precede che il secondo addebito è manifestamente infondato.

54      Per quanto concerne il terzo addebito, secondo cui l’ordinanza impugnata sarebbe viziata da un errore di diritto in quanto il Tribunale della funzione pubblica ha concluso, al punto 38, da un lato, che non occorreva più decidere e, dall’altro, ad abundantiam, che le conclusioni di annullamento del ricorrente erano «manifestamente irricevibili, poiché il ricorrente non [aveva] più interesse ad agire», si evince dalla seconda frase del detto punto che, come lo stesso ricorrente constata in sede di impugnazione, la conclusione del Tribunale della funzione pubblica quanto all’irricevibilità del ricorso è ultronea, giacché il giudice comunitario era già arrivato al termine del proprio ragionamento nella prima fase di tale punto, dove afferma che le conclusioni di annullamento erano divenute prive di oggetto e che, conformemente all’art. 75 del suo regolamento di procedura, non vi era più luogo a statuire.

55      Alla luce di quanto precede, i vizi che potrebbero eventualmente inficiare la seconda frase del punto 38 dell’ordinanza impugnata sono in ogni caso ininfluenti sul suo dispositvo e non possono, pertanto, comportarne l’annullamento (v., in tal senso, ordinanza della Corte 26 gennaio 2007, causa C‑57/06 P, Righini/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 62). La censura è dunque inconferente.

56      È giocoforza constatare che è inconferente anche il quarto addebito, vertente sul fatto che il Tribunale della funzione pubblica avrebbe commesso un errore di diritto nell’interpretare ed applicare le regole relative alla formazione e all’onere della prova, atteso che il fascicolo di causa non fornirebbe il minimo elemento di prova o indizio a sostegno dell’affermazione, formulata al punto 12 dell’ordinanza impugnata, secondo cui era chiaro che la Commissione avesse inviato al ricorrente, il 17 novembre 2005, una polizza di carico datata 11 gennaio 2005 e un elenco dei suoi effetti personali spediti da Luanda e che, al contrario, il ricorrente non avrebbe mai ricevuto tale polizza extra hanc litem.

57      Emerge, infatti, dal punto 41 della presente ordinanza che il Tribunale della funzione pubblica non ha fondato la sua conclusione secondo cui il ricorrente non aveva più interesse ad agire sull’invio, di cui al punto 12 dell’ordinanza impugnata, da parte della Commissione, il 17 novembre 2005, della polizza di carico e di un elenco dei suoi effetti personali spediti da Luanda, bensì sulla sopravvenuta carenza di interesse ad agire del ricorrente alla data in cui gli sono stati notificati detta polizza e taluni altri documenti, insieme al controricorso, durante il procedimento di primo grado.

58      Per quanto concerne il quinto addebito, ancora una volta deve ritenersi inconferente l’argomentazione del ricorrente a termini della quale le conclusioni del Tribunale della funzione pubblica relative al risarcimento del danno e alle spese sarebbero viziate da un errore di diritto e da una violazione dell’obbligo di motivazione in quanto esso avrebbe dovuto statuire diversamente sulla questione dell’accertamento del momento in cui il ricorrente avrebbe ottenuto, in sostanza, tutto quello che aveva chiesto alla Commissione. Risulta, infatti, da quanto precede che il Tribunale della funzione pubblica ha potuto legittimamente concludere che la richiesta del ricorrente era stata sostanzialmente soddisfatta al più tardi alla data della notifica del controricorso, che il suo interesse d’agire era pertanto venuto meno e che non c’era più motivo di decidere il suo ricorso, altresì nella parte vertente sul presunto difetto di motivazione della decisione controversa.

59      Risulta da quanto precede che il primo e il quarto motivo devono essere respinti come in parte manifestamente irricevibili e in parte manifestamente infondati.

 Sul secondo motivo, attinente a un’erronea interpretazione della normativa applicabile e della giurisprudenza comunitaria in materia di risarcimento danni

–       Argomenti delle parti

60      Il ricorrente allega che, se ha ottenuto in sostanza tutto quello che aveva chiesto alla Commissione solo intra hanc litem (punto 26 dell’ordinanza impugnata), ciò implica che la decisione controversa era viziata da un difetto di motivazione. Il mero fatto di averne subìto gli effetti, in quanto suo destinatario, gli avrebbe perciò causato un danno. Ebbene, risulterebbe dalla giurisprudenza che l’obbligo di risarcire i danni cagionati ai singoli non può essere subordinato ad una condizione tratta da una nozione di colpa che vada oltre la violazione grave e manifesta del diritto comunitario (sentenza della Corte 5 marzo 1996, cause riunite C‑46/93 e C‑48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame, Racc. pag. I‑1029, punto 79).

61      Peraltro, sarebbe «palesemente illogico» il ragionamento del Tribunale della funzione pubblica allorché dichiara che il ricorrente non ha assolto l’onere della prova. Il ricorrente avrebbe addotto elementi sufficientemente concreti e dettagliati a sostegno delle sue pretese inerenti sia alla sussistenza del danno subìto sia al nesso di causalità tra la decisione controversa e detto danno, invero entrambi pacifici. Sarebbe d’altronde spettato alla Commissione provare, a fronte delle legittime critiche del ricorrente, che quest’ultimo non avesse subìto alcun danno in conseguenza della decisione controversa. Quanto, poi, all’affermazione del Tribunale della funzione pubblica secondo cui il ricorrente non l’ha posto in condizione di verificare, neanche in modo approssimativo, l’entità del danno de quo, il ricorrente fa valere di aver chiesto la quantificazione del danno subìto «pro bono et ex aequo» e di essersi rimesso al prudente apprezzamento del giudice al riguardo. Inoltre, un danno di natura eminentemente morale ed «esistenziale» non sarebbe oggettivamente riscontrabile e, pertanto, a fortiori, quantificabile, ma dovrebbe essere apprezzato dal giudice sulla base dei comuni scienza, «esperienza e sentire».

62      Nella replica il ricorrente contesta l’argomentazione della Commissione a termini della quale, relativamente al pregiudizio subìto, il motivo sarebbe diretto a censurare la valutazione delle prove effettuata dal Tribunale della funzione pubblica. Il Tribunale della funzione pubblica avrebbe ragionato «in modo illogico ed irragionevole» in relazione sia all’an che al quantum del danno causato dalla Commissione e misconosciuto i criteri inerenti all’onere e all’essenza della prova e quelli ermeneutici in ordine alla valutazione di quest’ultima. Difatti, esclusi casi eccezionali, l’allegazione spetterebbe a chi ha compiuto l’illecito.

63      La Commissione è dell’avviso che il motivo sia parzialmente irricevibile e, in ogni caso, parzialmente infondato.

–       Giudizio del Tribunale

64      Si deve innanzitutto ricordare che, ai punti 42-46 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha, sul fondamento dell’art. 76 del proprio regolamento di procedura, respinto le conclusioni di risarcimento del danno avanzate dal ricorrente come manifestamente infondate in diritto, poiché quest’ultimo non ha assolto l’onere della prova che gli incombeva relativamente alla sussistenza del pregiudizio e al nesso di causalità tra quest’ultimo e l’illegittimità lamentata; le spiegazioni del ricorrente non permetterebbero, peraltro, di verificare, sia pure approssimativamente, l’ampiezza del danno.

65      Il ricorrente adduce, in sostanza, che dall’ordinanza impugnata risulta che la decisione controversa è viziata da un difetto assoluto di motivazione e che il mero fatto di esserne stato destinatario gli ha causato un danno. Occorre constatare che tale censura si fonda sull’erronea premessa che dall’ordinanza impugnata risulti che la decisione controversa è viziata da un difetto assoluto di motivazione, laddove da quanto precede emerge che, nell’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica non si è pronunciato sul merito del ricorso.

66      In ogni caso, contrariamente a quanto sembra sostenere il ricorrente, il fatto che una decisione sia viziata da illegittimità, per esempio da un difetto di motivazione, non è una condizione sufficiente per far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità per atti illeciti dei suoi organi, giacché l’impegno di una tale responsabilità presuppone che sia soddisfatta tutta una serie di condizioni cumulative relative all’illegittimità del comportamento contestato all’istituzione convenuta, alla realtà del danno asserito e all’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento criticato e il pregiudizio fatto valere (v. sentenza del Tribunale 8 giugno 2006, causa T‑156/03, Pérez-Díaz/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑2‑135 e II‑A‑2‑649, punto 72 e la giurisprudenza ivi citata). L’addebito è dunque manifestamente infondato.

67      Non solo: il ricorrente lamenta un presunto errore di diritto nell’applicazione delle norme relative all’onere della prova quanto all’esistenza e all’ampiezza del danno. A tal riguardo si deve osservare che l’interpretazione del ricorrente secondo cui spettava alla Commissione provare che egli non aveva subìto danno a causa della decisione controversa non può essere accolta. La Commissione rileva, infatti, a giusto titolo, che il carattere morale e assertivamente «esistenziale» del presunto danno subìto non è idoneo a invertire l’onere della prova dell’an e del quantum del danno, che, come il Tribunale della funzione pubblica afferma al punto 45 dell’ordinanza impugnata, incombe al ricorrente. La responsabilità della Comunità sorge, infatti, solo se il ricorrente è pervenuto a dimostrare l’effettività del danno (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 9 novembre 2004, causa T‑116/03, Montalto/Consiglio, Racc. PI pagg. I‑A‑339 e II‑1541, punto 126 e la giurisprudenza ivi citata).

68      Il ricorrente contesta, inoltre, che le prove offerte nel ricorso siano insufficienti per valutare il danno e il nesso di causalità tra quest’ultimo e l’illegittimità lamentata, tanto più che il danno in questione, che sarebbe di natura eminentemente morale ed «esistenziale», non si manifesta in maniera oggettiva. Egli avrebbe offerto elementi sufficientemente concreti e dettagliati dell’esistenza del pregiudizio e del nesso di causalità tra l’illegittimità asserita e il pregiudizio, i quali sarebbero del resto evidenti. Quanto al pregiudizio, fa valere di aver chiesto che la sua portata fosse calcolata dal Tribunale della funzione pubblica ex aequo et bono.

69      Formulando gli addebiti esposti al punto precedente, il ricorrente chiede al Tribunale di procedere ad una nuova valutazione dei fatti, quali sono stati constatati dal Tribunale della funzione pubblica, riguardo alla questione se il ricorrente abbia dimostrato adeguatamente l’esistenza del danno, la sua ampiezza e il nesso di causalità tra detto danno e un comportamento illegittimo.

70      A tale proposito risulta dalla giurisprudenza ricordata al precedente punto 44 che la valutazione dei fatti non costituisce, salvo il caso di snaturamento degli elementi di prova prodotti dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al controllo del Tribunale.

71      Inoltre, stabilire se l’importo dell’indennizzo richiesto dal ricorrente sia stato sufficientemente giustificato da quest’ultimo necessita un esame dei fatti che sfugge alla competenza del Tribunale, la quale si riferisce unicamente al controllo del rispetto, da parte del Tribunale della funzione pubblica nell’ordinanza impugnata, delle regole di diritto (v., in tal senso e per analogia, sentenza della Corte 15 febbraio 1996, causa C‑209/94 P, Buralux e a./Consiglio, Racc. pag. I‑615, punto 21).

72      È giocoforza constatare che, nell’ambito dei presenti addebiti, da un lato, il ricorrente non allega la violazione di nessuna regola di diritto concreta e, dall’altro, non fa valere che gli atti di causa siano stati snaturati. Occorre concludere, pertanto, che, formulando i detti addebiti, il ricorrente chiede al Tribunale di procedere ad una nuova valutazione dei fatti, ciò che rende tali censure irricevibili.

73      Alla luce di quanto precede, si deve respingere il secondo motivo come in parte manifestamente irricevibile e in parte manifestamente infondato.

 Sul quinto motivo, attinente a una violazione dei diritti della difesa e delle norme sostanziali, e sul sesto motivo, attinente a una violazione delle norme sul giusto processo, specialmente quelle previste dalla CEDU

–       Argomenti delle parti

74      Nell’ambito del quinto motivo il ricorrente lamenta che il Tribunale della funzione pubblica abbia travisato e snaturato i fatti affermando che il ricorrente non ha presentato la replica nei termini impartiti (punto 24 dell’ordinanza impugnata). Invero, il ricorrente, non avendo ricevuto alcun invito a presentare una memoria di replica, era a fortiori ignaro dei termini allegatamente decisi dal Tribunale della funzione pubblica per la presentazione della stessa, termini che del resto non risulterebbero dal testo dell’ordinanza impugnata. Il ricorrente sarebbe stato anzi leso nel suo diritto alla difesa poiché, per effetto del mancato ricevimento di detto invito, non avrebbe potuto presentare una memoria di replica.

75      Nell’ambito del sesto motivo il ricorrente sostiene che la violazione delle norme sul giusto processo, specie le disposizioni pertinenti della CEDU, deriva in modo ineluttabile dalla violazione del suo diritto alla difesa, quale si evince dall’argomentazione sviluppata nel contesto del quinto motivo, e dal difetto assoluto di motivazione dell’ordinanza impugnata, quale risulta – in particolare – dall’argomentazione sviluppata nel contesto del primo motivo.

76      La Commissione conclude per il rigetto del quinto e del sesto motivo in quanto irricevibili e, in ogni caso, in quanto infondati.

–       Giudizio del Tribunale

77      Per prima cosa emerge dal fascicolo di causa che il cancelliere del Tribunale della funzione pubblica ha comunicato all’avvocato del ricorrente, all’indirizzo presso il quale quest’ultimo aveva eletto domicilio per le necessità della causa in prima istanza, il termine per il deposito della memoria di replica, fissato al 16 aprile 2007, con fax del 12 marzo 2007. Il rapporto di trasmissione indica che detto fax è giunto a destinazione. Dal fascicolo di causa risulta altresì che il ricorrente non ha depositato la replica entro i termini. Ciò considerato, si deve concludere che il Tribunale della funzione pubblica non ha snaturato gli elementi di prova e, pertanto, non è dimostrata alcuna violazione dei diritti della difesa o del diritto al giusto processo del ricorrente.

78      Per quanto attiene, infine, all’argomento del ricorrente, avanzato nell’ambito del sesto motivo, secondo il quale la violazione del diritto a un giusto processo risulterebbe dal difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata, quale allegato nell’ambito del primo motivo, esso è infondato perché, come risulta dalla risposta offerta al primo motivo, l’ordinanza impugnata è sufficientemente motivata.

79      Ne consegue che il quinto e il sesto motivo devono essere respinti in quanto manifestamente infondati.

 Sul terzo motivo, attinente a un difetto di motivazione e ad uno snaturamento della realtà fattuale relativamente alla regolamentazione delle spese e al carattere «irragionevole e arbitrario» di tale regolamentazione

–       Argomenti delle parti

80      Il ricorrente fa valere che, se ha ottenuto in sostanza tutto quello che aveva chiesto alla Commissione solo intra hanc litem (punto 26 dell’ordinanza impugnata), allora sarebbe «chiaramente arbitrario, illogico ed irragionevole» condannarlo a sopportare la totalità delle spese, visto che egli è stato costretto a rivolgersi al Tribunale per ottenere soddisfazione in merito alla richiesta del l° marzo 2005.

81      Peraltro, a suo avviso, le considerazioni che si leggono al punto 49 dell’ordinanza impugnata, a termini delle quali, già prima della proposizione del presente ricorso egli sarebbe stato in possesso di informazioni precise e dettagliate sul trasloco dei suoi effetti, ragion per cui avrebbe già ottenuto l’essenziale della sua domanda, cioè i mezzi per controllare se tutti i suoi effetti personali fossero stati realmente spediti dall’Angola in Italia, sarebbero «chiaramente illogiche, arbitrarie, inconferenti e fondate su di un travisamento ed uno snaturamento della realtà fattuale». Basterebbe in proposito fare riferimento all’argomentazione sviluppata nell’ambito del quarto motivo.

82      Infine, il ricorrente dichiara di non comprendere quale sarebbe l’«ostruzionismo nei confronti della Commissione» (punto 50 dell’ordinanza impugnata) di cui avrebbe dato prova e, a fortiori, in che modo ciò inerirebbe alla presente controversia. Sic et simpliciter, egli avrebbe introdotto una domanda, il l° marzo 2005, pacificamente qualificabile come domanda ex art. 90 dello Statuto, la quale non sarebbe stata evasa dalla Commissione ed in relazione al cui rigetto egli sarebbe stato perciò costretto ad introdurre un ricorso dinanzi al Tribunale della funzione pubblica. Sarebbe quindi evidente che è stata la Commissione a dare prova di ostruzionismo nei confronti del ricorrente, opponendo il mero silenzio alla richiesta del l° marzo 2005 e al suo reclamo. Nella replica il ricorrente aggiunge che gli unici comportamenti che rilevano in questo contesto sono quelli che hanno influito sul sorgere e sul perdurare della controversia. Ma l’allegazione fatta dalla Commissione nel controricorso secondo cui il ricorrente si sarebbe disinteressato della spedizione, e poi del ritiro, dei suoi beni in Italia, quod non, non avrebbe influito sul sorgere e sul perdurare della presente controversia, la quale deriverebbe dal mancato invio al ricorrente della lettera di vettura. Anzi, il fatto che la Commissione non abbia aderito ai petita del ricorrente avrebbe fatto sì che quest’ultimo nulla abbia finora potuto fare per rientrare in possesso dei beni, non disponendo dei documenti necessari.

83      La Commissione considera il motivo irricevibile e, in ogni caso, infondato.

–       Giudizio del Tribunale

84      Ai sensi dell’art. 11, n. 2, dell’allegato I dello Statuto della Corte, l’impugnazione non può avere ad oggetto unicamente l’onere e l’importo delle spese. Se ne ricava che, nell’ipotesi in cui tutti gli altri motivi di impugnazione siano stati respinti, le conclusioni riguardanti l’asserita irregolarità della decisione del Tribunale della funzione pubblica sulle spese devono essere dichiarate irricevibili (v., per analogia, sentenza della Corte 26 maggio 2005, causa C‑301/02 P, Tralli/BCE, Racc. pag. I‑4071, punto 88 e la giurisprudenza ivi citata).

85      Ne consegue che il terzo motivo deve essere respinto come manifestamente irricevibile.

86      Tutto ciò considerato, il presente ricorso deve essere respinto come in parte manifestamente irricevibile e in parte manifestamente infondato.

 Sulle spese

87      Conformemente all’art. 148, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione non è fondata, il Tribunale statuisce sulle spese.

88      A termini dell’art. 87, n. 2, primo comma, del medesimo regolamento, applicabile alle impugnazioni in virtù dell’art. 144 dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi dell’art. 148, secondo comma, del regolamento di procedura, l’art. 88 del regolamento si applica unicamente alle impugnazioni proposte dalle istituzioni.

89      Poiché il ricorrente è risultato soccombente nelle sue conclusioni e la Commissione ha chiesto che fosse condannato alle spese, comprese quelle sostenute nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, il ricorrente sopporterà le proprie spese e quelle sostenute dalla Commissione nell’ambito del presente giudizio.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

così provvede:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il signor Luigi Marcuccio sopporterà le proprie spese e quelle sostenute dalla Commissione nel corso del presente giudizio.

Lussemburgo, 28 settembre 2009

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Jaeger

Indice


Fatti all’origine della controversia e procedimento di primo grado

Sull’ordinanza impugnata

Sull’impugnazione

Procedimento

Conclusioni delle parti

In diritto

Sul primo motivo, attinente a un difetto di motivazione, alla violazione dell’obbligo del clare loqui nonché a uno snaturamento e travisamento dei fatti, e sul quarto motivo, attinente a un difetto di motivazione della decisione controversa

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sul secondo motivo, attinente a un’erronea interpretazione della normativa applicabile e della giurisprudenza comunitaria in materia di risarcimento danni

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sul quinto motivo, attinente a una violazione dei diritti della difesa e delle norme sostanziali, e sul sesto motivo, attinente a una violazione delle norme sul giusto processo, specialmente quelle previste dalla CEDU

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sul terzo motivo, attinente a un difetto di motivazione e ad uno snaturamento della realtà fattuale relativamente alla regolamentazione delle spese e al carattere «irragionevole e arbitrario» di tale regolamentazione

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.