Language of document : ECLI:EU:T:2005:417

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

24 novembre 2005 (1)

«Dipendenti – Riassegnazione nell’interesse del servizio – Ricorso per annullamento – Motivazione – Dovere di sollecitudine – Diritti della difesa – Sviamento di potere – Artt. 25 e 26 dello Statuto – Errore manifesto di valutazione – Ricorso per risarcimento danni»

Nella causa T‑236/02,

Luigi Marcuccio, dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente in Tricase (Italia), rappresentato dall’avv. L. Garofalo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. E. de March e dalla sig.ra C. Berardis-Kayser, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto, da un lato, una domanda di annullamento della decisione della Commissione 18 marzo 2002 con cui è stata disposta la riassegnazione del ricorrente dalla Direzione generale «Sviluppo», delegazione della Commissione a Luanda (Angola), alla stessa Direzione generale a Bruxelles, di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale, in particolare di quelli inerenti all’eventuale reclutamento di un altro dipendente per ricoprire la sua posizione, nonché delle note della Commissione 13 e 14 novembre 2001 e del parere, ovvero dei pareri, del Comitato di direzione del servizio estero e, dall’altro, una domanda diretta alla concessione delle indennità connesse alle sue funzioni in Angola nonché un indennizzo per il danno subito,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dalle sig.re M. E. Martins Ribeiro e K. Jürimäe, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 10 maggio 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1       Lo Statuto del personale delle Comunità europee, nella versione applicabile alla presente fattispecie (in prosieguo: lo «Statuto»), dispone, all’art. 25, secondo comma:

«Ogni decisione individuale presa in applicazione del presente Statuto deve essere immediatamente comunicata per iscritto al funzionario interessato; quelle prese a suo carico devono essere motivate».

2       L’art. 26, primo comma, lett. a), dello Statuto prevede che il fascicolo personale del dipendente deve contenere tutti i documenti relativi alla sua posizione amministrativa e tutti i rapporti concernenti la sua competenza, il suo rendimento e il suo comportamento.

3       L’art. 26, secondo comma, dello Statuto precisa che ogni documento deve essere registrato, numerato e classificato senza discontinuità e che l’istituzione non può opporre a un dipendente, né produrre contro di lui, documenti di cui all’art. 26, primo comma, lett. a), che non gli siano stati comunicati prima dell’inserimento nel fascicolo personale.

4       L’art. 26, quarto comma, dello Statuto, che riguarda il fascicolo personale del dipendente, precisa che «[n]el fascicolo non può figurare alcuna indicazione relativa alle opinioni politiche, filosofiche o religiose del funzionario».

5       L’allegato X dello Statuto, intitolato «[d]isposizioni particolari e derogatorie applicabili ai funzionari con sede di servizio in un paese terzo», recita, all’art. 2:

«Con decisione dell’autorità che ha il potere di nomina presa nell’interesse del servizio, si procede periodicamente alla mobilità dei funzionari, se necessario indipendentemente da qualsiasi vacanza di posto.

I posti destinati ad essere occupati da funzionari che esercitano le loro funzioni fuori dal territorio della Comunità possono essere dichiarati vacanti solo una volta conclusa la procedura di trasferimento di cui al primo comma, in appresso denominata “procedura di mobilità”».

6       Ai sensi dell’art. 3 dell’allegato X dello Statuto:

«Per permettere corsi di riqualificazione professionale di durata limitata nel quadro della mobilità prevista all’articolo 2, l’autorità che ha il potere di nomina può decidere di assegnare un funzionario che esercita le sue funzioni fuori del territorio della Comunità ad un posto la cui sede di servizio si trovi in uno Stato membro delle Comunità; detta assegnazione, che non è preceduta da un avviso di posto vacante, non può superare i quattro anni. In deroga all’articolo 1, primo comma, l’autorità che ha il potere di nomina può decidere, sulla base di disposizioni generali d’esecuzione, che durante detta assegnazione temporanea al funzionario si continuino ad applicare talune disposizioni del presente allegato, ad esclusione degli articoli 5, 10 e 12».

 Fatti all’origine della controversia

7       Il ricorrente, dipendente di grado A 7 presso la Direzione generale (in prosieguo: la «DG») «Sviluppo» della Commissione è stato messo a diposizione della direzione «Servizio esterno» della DG «Relazioni esterne» e assegnato presso la delegazione della Commissione a Luanda (Angola), dal 16 giugno 2000, come dipendente in prova e, dal 16 marzo 2001, come dipendente di ruolo.

8       I fatti all’origine della controversia riguardano, da un lato, i rapporti tra il ricorrente e il capo delegazione della Commissione a Luanda, il sig. C., e le decisioni di riassegnazione che lo hanno interessato e, dall’altro, il controllo medico del carattere giustificato dell’assenza per malattia del ricorrente.

1.     Rapporti tra il ricorrente e il capo delegazione e decisioni di riassegnazione

9       I difficili rapporti del ricorrente con il sig. C. hanno indotto il ricorrente stesso a informare l’amministrazione centrale della situazione conflittuale nella quale si trovava. Inizialmente, egli ha fatto presente tale situazione in occasione di una missione a Bruxelles il 30 gennaio 2001, poi mediante comunicazioni telefoniche del 26 e 27 aprile 2001 nonché mediante un messaggio di posta elettronica inviato il 4 maggio 2001 ai sigg. Bo., Br. e W. e, infine, in occasione di nuovi colloqui a Bruxelles nel giugno 2001.

10     Nel suo messaggio di posta elettronica del 4 maggio 2001, il ricorrente descrive alcune situazioni conflittuali con il sig. C. verificatesi in data 1° dicembre 2000, 19 febbraio 2001 e 23 aprile 2001. Il ricorrente vi osserva tra l’altro:

«4. Questi tre episodi sono solo i più sorprendenti di una lunga serie di comportamenti inadeguati e inaccettabili del sig. C. nei miei riguardi (…)

8. (…) Non sono pertanto disposto ad accettare il suggerimento del sig. C. di chiedere il trasferimento presso un’altra unità, da questi formulato il 25 aprile 2001, durante i suddetti spiacevoli contatti tra noi intercorsi (…)

11. In ragione di quanto sopra descritto, vi invito a considerare la possibilità di un intervento al fine di risolvere tale problema (…)».

11     Con nota 14 agosto 2001, figurante in allegato alla sua lettera del medesimo giorno indirizzata alla sig.ra G., il sig. C. ha descritto i problemi di natura professionale da lui incontrati con il ricorrente nonché le iniziative da lui intraprese al fine di ovviare a tale situazione. Egli ha affermato inoltre di avere attirato l’attenzione del ricorrente sulla sua condotta professionale fin dai primi mesi del suo arrivo a Luanda. Infine, egli ha precisato di aver avuto un colloquio con il ricorrente in quello stesso giorno, per discutere in merito a problemi di natura professionale e alla predisposizione del suo programma di lavoro, colloquio che si sarebbe svolto in uno spirito costruttivo.

12     Con nota 29 agosto 2001, il ricorrente ha contestato punto per punto le affermazioni espresse dal sig. C. nella nota 14 agosto 2001 in merito alla sua condotta professionale. Egli ha segnatamente fatto valere che i compiti attribuitigli erano più numerosi di quelli affidati al suo predecessore, cosicché aveva dovuto sporadicamente lavorare fino a tarda sera e anche alcuni fine settimana. Egli ha ricordato che il capo delegazione aveva nutrito dubbi sulle sue competenze sin dal loro primo contatto e che lo aveva aggredito verbalmente in numerose occasioni, in particolare nel contesto della locazione della sua abitazione, del ritiro in dogana della sua autovettura e dei suoi effetti personali o dei suoi vari compiti. Il ricorrente ha posto l’accento, in particolare, sull’aggressione verbale del 6 agosto 2001 che sostiene di aver subito ad opera del suo capo delegazione. Il ricorrente ha concluso riconoscendo che il colloquio del 14 agosto 2001 si era svolto in uno spirito costruttivo.

13     Con nota 13 novembre 2001, inviata presso la sede della Commissione e indirizzata al capo unità «Risorse umane e informatica» della direzione «Sostegno operativo» della DG «Sviluppo», il sig. C. ha rilevato, riferendosi alla sua nota 14 agosto 2001, che quest’ultima era stata redatta in seguito ad un colloquio con il ricorrente tenutosi nel corso della prima mattinata del 14 agosto 2001, che il relativo testo era stato sottoposto al ricorrente e che aveva formato oggetto di modifiche redazionali proposte da quest’ultimo. Il sig. C. ha aggiunto che, poiché partiva in ferie il 14 agosto 2001, il ricorrente era tornato nel suo ufficio per augurargli buone vacanze. Infine, egli ha precisato di non aver avuto alcun contatto diretto o indiretto con il ricorrente fino al suo ritorno in Angola nel settembre 2001.

14     Con nota 14 novembre 2001 il capo unità «Risorse umane e informatica» della DG «Sviluppo», riferendosi alle difficoltà del ricorrente nei suoi rapporti professionali con il capo delegazione, nonché alla nota di quest’ultimo del 14 agosto 2001 e alla nota del ricorrente del 29 agosto 2001, ha proposto alla DG «Relazioni esterne» il trasferimento del ricorrente «(…) presso la sede della DG “Sviluppo” nell’interesse del servizio con effetto dagli inizi [del mese] di gennaio 2002». In tale nota si osserva che «il sig. Marcuccio è stato informalmente messo al corrente di tale proposta e ha manifestato la sua opposizione al riguardo (…)».

15     L’11 gennaio 2002 l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») ha adottato una decisione comportante la riassegnazione del ricorrente alla DG «Sviluppo» a Bruxelles, nell’ambito dell’art. 3 dell’allegato X dello Statuto, con effetto dall’inizio del 2002.

16     Con lettera 31 gennaio 2002, la Commissione ha inviato la decisione 11 gennaio 2002, nonché una nota 21 gennaio 2002 redatta dal direttore generale della DG «Sviluppo», al domicilio del ricorrente in Italia con l’intestazione recante quale destinatario «Mr M. Marcuccio».

17     Nella suddetta nota 21 gennaio 2002 si osserva segnatamente quanto segue:

«Mi riferisco ai contatti che Lei ha avuto con l’unità delle risorse umane [e dell’informatica della direzione “Sostegno operativo”] della Direzione generale “Sviluppo” riguardante la proposta relativa al Suo trasferimento presso la sede centrale nell’interesse del servizio.

(…)

Ho il piacere di informarLa che la Sua futura assegnazione sarà la direzione [«Corno d’Africa, Africa orientale e australe, Oceano Indiano e Pacifico»] della Direzione generale (…)

La prego di adottare gli immediati provvedimenti in vista del suo trasloco e del trasferimento da Luanda al fine di poter subentrare nel nuovo posto di lavoro a Bruxelles entro un mese dal ricevimento della suddetta nota. (…)».

18     Questa nota del 21 gennaio 2002 è stata nuovamente inviata al ricorrente con lettera della Commissione 5 marzo 2002, mediante la quale gli è stato anche chiesto di accusarne ricevuta.

19     Con lettera 14 marzo 2002, il ricorrente ha risposto informando la Commissione che, contrariamente a quanto essa asseriva, la sua lettera 5 marzo 2002 consisteva in un solo foglio e non conteneva alcun allegato.

20     Il 18 marzo 2002 l’APN ha adottato una decisione che annulla e sostituisce la decisione 11 gennaio 2002 (in prosieguo: la «decisione impugnata»). La decisione impugnata, comunicata al ricorrente con lettera raccomandata pervenuta a quest’ultimo il 28 marzo 2002, ne prevede la riassegnazione alla DG «Sviluppo» a Bruxelles, nell’interesse del servizio, e precisa che essa ha effetto dal 1° aprile 2002.

21     Il 3 giugno 2002 il ricorrente, ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto, ha presentato un reclamo all’APN contro la decisione impugnata. Tale reclamo è stato registrato il 18 giugno 2002 con il riferimento R/322/02.

22     Con decisione 7 ottobre 2002, l’APN ha respinto il reclamo del ricorrente.

2.     Controllo medico del carattere giustificato dell’assenza per malattia

23     Dal 4 gennaio 2002 il ricorrente si trova presso il suo domicilio a Tricase (Lecce) in congedo malattia.

24     Con lettera 22 gennaio 2002, il Dr S., consulente medico della Commissione incaricato del controllo delle assenze per malattia, ha chiesto al ricorrente di recarsi a Bruxelles, il 31 gennaio 2002, per sottoporsi a controllo medico.

25     Con lettera 28 gennaio 2002, il ricorrente ha informato il Dr S. che non si sarebbe potuto sottoporre alla visita medica prevista per il 31 gennaio 2002 per ragioni di salute. Egli ha accluso un certificato medico stilato il 26 gennaio 2002 dal suo medico, il Dr E. A. Ullucci, in cui quest’ultimo concludeva che era «sconsigliabile, per le condizioni cliniche del paziente, che lo stesso si impegni in attività, compresi viaggi a lunga distanza, che possano interferire con il necessario riposo, già prescritto».

26     Con lettera 6 febbraio 2002 il Dr S., facendo riferimento a un colloquio telefonico intercorso quello stesso giorno con il ricorrente, ha informato quest’ultimo del fatto che doveva recarsi a Bruxelles il 18 febbraio seguente per essere sottoposto a una visita medica, in quanto non si trovava nell’incapacità di spostarsi. Il Dr S. ha aggiunto che l’assenza del ricorrente era dichiarata ingiustificata dal 31 gennaio 2002.

27     Con lettera 7 febbraio 2002 il ricorrente ha inviato al Dr S. un nuovo certificato medico redatto il 6 febbraio 2002 dal Dr Ullucci. In tale certificato, il Dr Ullucci constatava un aggravamento dei sintomi presentati dal ricorrente rispetto al controllo precedente, riteneva che detto aggravamento avesse impedito al ricorrente di sottoporsi al controllo medico previsto per il 31 gennaio 2002 e concludeva che le condizioni cliniche del ricorrente «[erano] tali da escludere la possibilità che [egli] possa impegnarsi in attività stressanti a livello fisico e psichico, compresi viaggi a lunga distanza, fino a quando non si [fosse] manifest[ato] un sensibile miglioramento della sintomatologia soggettiva».

28     Con lettera 13 febbraio 2002 al ricorrente è stato ricordato che la sua assenza era considerata ingiustificata a partire dal 31 gennaio 2002 e che era convocato per essere sottoposto ad un controllo medico a Bruxelles il 18 febbraio seguente. La Commissione ha altresì osservato che, a giudizio del suo servizio medico, la relazione medica presentata dal ricorrente non certificava l’impossibilità per quest’ultimo di recarsi a Bruxelles per sottoporsi al suddetto controllo.

29     Con fax 18 febbraio 2002 il ricorrente ha inoltrato al Dr S. due certificati medici, l’uno datato 11 febbraio 2002 e firmato dal Dr E. M. Ragusa, l’altro datato 16 febbraio 2002 e firmato dal Dr Ullucci. In quest’ultimo certificato il Dr Ullucci ha in particolare constatato che «la persistenza e, anzi, l’ulteriore peggioramento della sintomatologia [del ricorrente] sembra[va]no ancora di più da mettere in relazione con il perdurante stato ansioso connesso con i reiterati inviti a presentarsi in sede di Commissione Medica a Bruxelles, nonostante il più che giustificato impedimento rappresentato dalle condizioni cliniche del paziente». Il Dr Ullucci concludeva che «[t]ale situazione, che ha già reso impossibile al paziente di essere presente a Bruxelles il 31 gennaio 2002, appare, al momento, ancora di più di rilevanza clinica tale da condizionare in senso negativo ogni possibilità di lunghi spostamenti» e sottolineava «l’ulteriore effetto negativo sul decorso della malattia nel caso di ulteriori sollecitazioni in tal senso da parte del datore di lavoro».

30     Con lettera 20 febbraio 2002 il Dr S. ha informato il ricorrente che, a seguito del nuovo certificato del suo psichiatra del 16 febbraio 2002 «da cui risultava chiaramente, questa volta, la [sua] totale incapacità a spostarsi, su un piano sia fisico sia psichiatrico, la [sua] assenza [era stata] riconosciuta, sotto il profilo medico, a partire dall’inizio del [suo] congedo di malattia». Il direttore generale della DG «Sviluppo», con lettera 5 marzo 2002, ha confermato al ricorrente tale informazione.

31     Il 20 giugno 2002 il Dr S. ha visitato il ricorrente presso la sua residenza in Italia. Con nota risalente a quello stesso giorno il Dr S. ha accertato che il ricorrente era inabile al lavoro e che non era prevedibile una ripresa dell’attività a breve termine.

 Procedimento

32     Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 agosto 2002 il ricorrente ha proposto il ricorso in esame.

33     Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale in pari data, il ricorrente ha presentato una domanda mirante, da un lato, alla sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata e, dall’altro, alla sua immediata reintegrazione nelle funzioni precedentemente esercitate presso la delegazione della Commissione in Angola.

34     Conformemente all’art. 91, n. 4, dello Statuto, con decisione del cancelliere 21 agosto 2002 il procedimento di merito è stato sospeso fino all’adozione di una decisione esplicita o implicita di rigetto del reclamo presentato dal ricorrente contro la decisione impugnata.

35     La menzionata domanda di provvedimenti urgenti è stata respinta mediante ordinanza del presidente del Tribunale 27 settembre 2002, causa T-236/02 R, Marcuccio/Commissione (Racc. PI pagg. I-A-181 e II-941), e le spese sono state riservate.

36     Con lettera 28 ottobre 2002 la Commissione ha comunicato al Tribunale copia della decisione 7 ottobre 2002 di rigetto del reclamo del ricorrente.

37     Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte l’11 novembre 2002 il ricorrente ha presentato un ricorso contro l’ordinanza Marcuccio/Commissione, di cui sopra, al punto 35. Detto ricorso è stato respinto con ordinanza del presidente della Corte 12 febbraio 2003, causa C‑399/02 P(R), Marcuccio/Commissione (Racc. pag. I‑1417), e il ricorrente è stato condannato alle spese.

38     Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 16 luglio 2003, il ricorrente ha chiesto che la presente causa venisse decisa con priorità, conformemente all’art. 55, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale.

39     Con decisione 29 luglio 2003 del presidente della Prima Sezione del Tribunale tale domanda è stata respinta.

40     Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 29 agosto 2003, il ricorrente ha presentato una domanda di misure di organizzazione del procedimento ai sensi dell’art. 64, n. 4, del regolamento di procedura, diretta a far sì che il Tribunale accetti, in primo luogo, la presentazione di ulteriori argomenti prima della fase orale del procedimento, in secondo luogo, che taluni documenti siano acquisiti agli atti o immediatamente o, in subordine, in sede di udienza e, in terzo luogo, l’audizione di alcuni testimoni in udienza.

41     Con decisione 10 ottobre 2003, il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha deciso di acquisire agli atti gli allegati A e B della domanda, di respingere l’allegato C e il resto della domanda. Esso ha altresì deciso che il ricorrente avrebbe potuto far valere i propri argomenti in sede di udienza.

42     Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 16 febbraio 2004 il ricorrente ha chiesto a quest’ultimo di rilevare d’ufficio una asserita violazione della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303, pag. 16).

43     Con decisione 20 febbraio 2004 il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha deciso di rifiutare la memoria presentata dal ricorrente e di restituirgliela.

44     Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Quinta Sezione, a cui è stata di conseguenza attribuita la presente causa.

45     Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale senza procedere a misure istruttorie preventive. Tuttavia, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, esso ha invitato la Commissione a produrre un documento e a rispondere ad un quesito scritto. La Commissione ha ottemperato a tale domanda entro il termine impartito.

46     Il 18 aprile 2005, è stata trasmessa alle parti la relazione d’udienza nella presente causa.

47     Il 28 aprile 2005, il ricorrente ha depositato un documento a titolo di osservazioni sulla relazione di udienza. Il giorno precedente egli aveva proposto una domanda di organizzazione del procedimento ai sensi dell’art. 64 del regolamento di procedura per veder acquisire agli atti una lettera da lui indirizzata alla Commissione il 14 marzo 2002.

48     Con due decisioni del 4 maggio 2005, il Tribunale ha deciso, da una parte, di non acquisire agli atti il documento depositato dal ricorrente a titolo di osservazioni sulla relazione d’udienza e, dall’altra, di comunicare alla Commissione la lettera 14 marzo 2002 del ricorrente, precisandole che essa avrebbe potuto presentare osservazioni orali in udienza, in seguito al che, durante la medesima udienza, il Tribunale avrebbe adottato una decisione su tale domanda.

49     Le parti sono state sentite all’udienza che ha avuto luogo il 10 maggio 2005. Durante tale udienza, il Tribunale, dopo aver ascoltato le osservazioni della Commissione sulla lettera 14 marzo 2002 del ricorrente, ha deciso di acquisirla agli atti.

 Conclusioni delle parti

50     Nel suo ricorso, il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–       anullare la decisione impugnata;

–       annullare ogni atto presupposto, connesso e/o conseguenziale e, in particolare, quelli inerenti all’eventuale reclutamento di un altro funzionario per ricoprire la posizione del sig. Marcuccio in Angola;

–       condannare la Commissione al risarcimento del danno morale, esistenziale, biologico, fisico e psichico del ricorrente nella misura di EUR 100 000 o di quella somma maggiore o minore che il Tribunale riterrà giusta ed equa;

–       condannare la Commissione al pagamento di tutte le indennità stipendiali connesse alle funzioni del sig. Marcuccio in Angola con decorrenza dalla data di efficacia del trasferimento (1° aprile 2002); somma da maggiorarsi degli interessi nella misura del 10% all’anno e con capitalizzazione annuale;

–       condannare la Commissione alle spese ed onorari di giudizio;

–       in via istruttoria si chiede disporsi:

–       l’acquisizione del fascicolo personale del ricorrente;

–       l’acquisizione, presso il Servizio medico della Commissione e presso il Regime comune di assicurazione contro le malattie della Commissione, di tutta la documentazione medica relativa al ricorrente;

–       l’acquisizione degli atti indicati nel provvedimento di trasferimento e, in particolare, delle decisioni della Commissione, del parere del Comitato di direzione del servizio esterno (in prosieguo: il «comitato») e dell’annullato provvedimento dell’11 gennaio 2002;

–       perizia medico-legale al fine di valutare lo stato patologico del ricorrente, il suo rapporto causale con i fatti denunciati e le conseguenze invalidanti. 

51     Nella sua replica, il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–       annullare, oltre alla decisione controversa, a) la nota 14 novembre 2001; b) la nota 13 novembre 2001, della cui esistenza ma non del contenuto egli è a conoscenza; c) il parere, ovvero i pareri, del comitato menzionato nelle due decisioni inerenti al suo trasferimento, vale a dire quella sostituita e quella controversa non essendo egli, purtroppo, ancora a conoscenza se si tratti di due pareri o di un parere ed in quale data sia ovvero siano stati emessi ed ignorando egli, altresì, il suo, ovvero il loro contenuto; d) tutti gli atti et similia inerenti all’eventuale reclutamento ovvero trasferimento di altro funzionario per ricoprire il suo posto in Angola, vale a dire tutto quanto inerente al reclutamento ovvero al trasferimento presso la delegazione di un amministratore di grado A 7/A 6 per ricoprirvi le funzioni di consigliere economico;

–       condannare la convenuta a versargli, oltre alle indennità definite nel ricorso, a titolo di indennizzo per la diminuzione della sua capacità lavorativa, gli 8/5 del suo stipendio annuo base calcolato in base agli stipendi mensili attribuitigli nei dodici mesi tra l’aprile 2001 ed il marzo 2002 inclusi, somma questa da maggiorarsi degli interessi nella misura del 10% all’anno con capitalizzazione annuale a partire dalla data della presente replica;

–       determinare la capitalizzazione annuale menzionata nel ricorso a partire dalla data in cui egli avrebbe dovuto ricevere le indennità controverse, comprendere nelle spese ed onorari di giudizio gli onorari professionali inerenti alla perizia medica del 13 febbraio 2003, somma questa da maggiorarsi degli interessi nella misura del 10% all’anno con capitalizzazione annuale a partire dalla data di redazione della stessa.

52     La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–       dichiarare infondato il ricorso;

–       statuire sulle spese come di diritto.

 Sulla ricevibilità del controricorso

1.     Argomenti delle parti

53     Il ricorrente ritiene che il controricorso non sia conforme all’art. 46, n. 2, del regolamento di procedura, in quanto non è stato corredato del reclamo presentato ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto e della decisione 7 ottobre 2002 di rigetto del suddetto reclamo e non menziona le date di proposizione del primo e di notifica della seconda. Il controricorso dovrebbe, pertanto, essere dichiarato irricevibile.

54     La Commissione rileva che non era necessario il deposito del reclamo, in quanto quest’ultimo risultava già in allegato al ricorso e sostiene che nessuna norma prevede l’irricevibilità del controricorso a tale titolo.

2.     Giudizio del Tribunale

55     Occorre ricordare che l’art. 46, n. 2, del regolamento di procedura dispone che «[n]elle controversie tra le Comunità e i loro dipendenti il controricorso dev’essere corredato del reclamo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello [Statuto] e della decisione di rigetto con l’indicazione delle date di proposizione e di notifica».

56     È pacifico che, nella fattispecie, il controricorso non è stato corredato né del reclamo proposto dal ricorrente il 5 giugno 2002 né della decisione 7 ottobre 2002 recante rigetto del reclamo né conteneva l’indicazione delle date di proposizione e di notifica di tali atti, contrariamente a quanto disposto dall’art. 46, n. 2, del regolamento di procedura.

57     Tale irregolarità non può tuttavia comportare l’irricevibilità del controricorso.

58     Infatti, da una parte, occorre constatare che nessuna disposizione del regolamento di procedura prescrive l’irricevibilità del controricorso come sanzione per l’inosservanza delle condizioni previste dall’art. 46, n. 2, del regolamento di procedura (v., per analogia, per quanto riguarda l’inosservanza dell’art. 37, nn. 1 e 4, del regolamento di procedura della Corte, che prevede che ogni atto processuale dev’essere «corredato di tutti gli allegati in esso menzionati» e che «[a]d ogni atto processuale dev’essere allegato un fascicolo degli atti e documenti invocati a sostegno, corredato di un indice di tali atti e documenti», sentenza della Corte 24 ottobre 2002, causa C‑82/01 P, Aéroports de Paris/Commissione, Racc. pag. I‑9297, punto 10).

59     Dall’altra, il mancato rispetto dell’obbligo soprammenzionato può comportare l’irricevibilità del controricorso solo qualora sia tale da ostacolare le altre parti nella preparazione dei loro argomenti (v., in tal senso e per analogia, sentenza Aéroports de Paris/Commissione, cit. sopra al punto 58, punto 11, e, quanto all’inosservanza dell’art. 43, n. 4, del regolamento di procedura del Tribunale, sentenza del Tribunale 5 marzo 2003, causa T‑293/01, Ineichen/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑83 e II‑441, punto 32).

60     Orbene, nella fattispecie, è giocoforza constatare non solo che il ricorrente ha presentato una replica particolarmente dettagliata, circostanza che dimostra che non è stato affatto ostacolato dall’inosservanza da parte della Commissione dell’art. 46, n. 2, del regolamento di procedura, ma anche che il reclamo del ricorrente figura in allegato al suo stesso ricorso e che la decisione di rigetto di tale reclamo è stata depositata nella cancelleria del Tribunale dalla Commissione il 28 ottobre 2002.

61     Dalle considerazioni che precedono risulta che non vi è motivo di dichiarare irricevibile il controricorso per inosservanza delle disposizioni dell’art. 46, n. 2, del regolamento di procedura.

 Sulle domande di annullamento

1.     Sulla domanda di annullamento della decisione impugnata

62     A sostegno della sua domanda di annullamento della decisione impugnata, il ricorrente solleva undici motivi, relativi, in primo luogo, al difetto o all’insufficienza di motivazione della decisione impugnata, in secondo luogo, alla contraddittorietà della motivazione della decisione impugnata, in terzo luogo, alla violazione del dovere di sollecitudine e del principio di buona amministrazione, in quarto luogo, alla violazione del diritto alla difesa, in quinto luogo, allo sviamento di potere, in sesto luogo, alla violazione del «principio del contrarius actus», in settimo luogo, alla violazione del «principio della trasparenza», in ottavo luogo, alla violazione dell’art. 25, secondo comma, dello Statuto, in nono luogo, alla violazione dell’art. 26, quarto comma, dello Statuto, in decimo luogo, alla violazione dell’art. 26, secondo comma, dello Statuto e, in undicesimo luogo, ad un manifesto errore di valutazione.

 Sul primo motivo, relativo a un difetto o a un’insufficienza di motivazione della decisione impugnata

 Argomenti delle parti

63     Il ricorrente constata che la decisione impugnata è stata adottata ai sensi dell’art. 7, n. 1, dello Statuto nonché degli artt. 2 e 3 dell’allegato X del suddetto Statuto; essa farebbe riferimento ad alcune decisioni della Commissione e sarebbe motivata dall’interesse del servizio. Tale decisione, considerata la sua diretta incidenza sulla sua posizione giuridica soggettiva, avrebbe dovuto pertanto essere congruamente motivata, in conformità all’art. 25 dello Statuto e ai principi generali di diritto comunitario ribaditi all’art. 41, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU 2000, C 364, pag. 1; in prosieguo: la «Carta dei diritti fondamentali»).

64     In primo luogo, la motivazione della decisione impugnata non consentirebbe di comprendere se quest’ultima comporta un trasferimento di posto o un trasferimento del dipendente.

65     In secondo luogo, la decisione impugnata non illustrerebbe in alcun modo i motivi della revoca della decisione 11 gennaio 2002, che, peraltro, non sarebbe mai stata comunicata al ricorrente, e della sostituzione di quest’ultima decisione con la decisione impugnata.

66     A tale proposito il ricorrente contesta di aver ricevuto la lettera 31 gennaio 2002 che, a giudizio della Commissione, conteneva la decisione 11 gennaio 2002, la quale gli sarebbe stata inviata presso il suo domicilio di Luanda e presso quello di Tricase. Egli afferma di non comprendere perché la Commissione gli abbia inviato la suddetta lettera a Luanda, sapendo, sin dal 3 gennaio 2002, che il ricorrente non era in grado di riprendere servizio in tale località per motivi di salute. Inoltre, il ricorrente sostiene di avere difficoltà a comprendere perché tale lettera gli sia stata inviata presso il suo domicilio in Italia senza ricevuta di ritorno e con un’erronea formulazione (ossia Mr M. Marcuccio e non Mr Luigi Marcuccio) e perché la Commissione si meravigli tuttavia di non disporre della prova dell’avvenuto ricevimento.

67     Il ricorrente osserva altresì che la decisione impugnata costituisce, nei suoi confronti, una reformatio in peius della decisione 11 gennaio 2002, che non è identica alla prima, in quanto la decisione impugnata decorre dal quarto giorno successivo alla sua notifica e non fa riferimento all’art. 3 di cui all’allegato X dello Statuto. La brevità di tale periodo non l’autorizzava pertanto a ritornare in Angola, non poteva non determinare un peggioramento delle sue condizioni di salute e un danno alla sua reputazione presso la comunità diplomatica in Angola. Inoltre, la decisione impugnata, a differenza della decisione 11 gennaio 2002, non menzionerebbe la durata della sua assegnazione alla sede centrale della Commissione. Ora, le ragioni di tale reformatio non sarebbero a tutt’oggi note, essendo destituita di qualsiasi fondamento la motivazione addotta dalla Commissione per giustificarla.

68     In terzo luogo, la sintetica motivazione della decisione impugnata non avrebbe consentito al ricorrente di venire a conoscenza delle reali ragioni che hanno condotto alla sua adozione, nonché della portata della misura presa nei suoi confronti (sentenza della Corte 7 marzo 1990, cause riunite C-116/88 e C-149/88, Hecq/Commissione, Racc. pag. I-599; sentenza del Tribunale 6 luglio 1995, causa T-36/93, Ojha/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-161 e II-497).

69     Il ricorrente fa valere che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, non conosceva il contesto in cui la decisione impugnata è stata adottata. Egli rileva che il fatto che il 28 marzo 2002, data di ricevimento della decisione impugnata, egli abbia constatato di essere stato oggetto, fino all’agosto 2001, di un atteggiamento ostile da parte del sig. C. non consentirebbe di affermare che, in mancanza di informazioni chiare e precise da parte della Commissione in ordine all’adozione della decisione impugnata, egli abbia potuto invero stabilire con certezza un nesso causale tra quest’ultima ed avvenimenti verificatisi un anno prima, avvenimenti che peraltro non avevano avuto alcun seguito.

70     A tal riguardo, egli precisa di essersi chiesto più volte se la decisione impugnata non potesse essere stata adottata o in relazione all’incidente sul lavoro di cui era stato vittima in data 29 ottobre 2001, consistente nell’esposizione, nei locali della delegazione, e tramite contatto con le proprie mani, ad una sostanza di natura sconosciuta pervenutagli tramite la valigia diplomatica, o ai congedi malattia da lui presi per un periodo di circa 15 giorni nell’agosto 2001, nonché a partire dal 4 gennaio 2002.

71     Egli aggiunge inoltre che, nella sentenza Hecq/Commissione, cit. sopra al punto 68, la Corte ha statuito che una decisione di nuova assegnazione risulta emanata in un contesto noto al dipendente interessato quando la suddetta decisione è stata preceduta da colloqui nel corso dei quali il direttore generale dell’amministrazione e del personale ha esposto all’interessato le ragioni della nuova assegnazione considerata. Orbene, nella fattispecie, sarebbe evidente che il ricorrente non ha avuto alcun colloquio con il direttore generale competente o con una persona designata da quest’ultimo.

72     Per quanto riguarda le affermazioni contenute nelle note 14 novembre 2001 e 21 gennaio 2002, secondo cui egli sarebbe stato informalmente edotto della proposta di trasferimento e sarebbero stati instaurati contatti tra quest’ultimo e l’unità «Risorse umane e informatica» della direzione «Sostegno operativo» della DG «Sviluppo», il ricorrente osserva, innanzi tutto, che la nota 14 novembre 2001 non ha data certa di redazione, in quanto tale data risulta solo ed esclusivamente dal testo della nota e non da altro qualsiasi elemento. Inoltre, il riferimento a contatti informali sarebbe solo ed esclusivamente de relato e non sarebbe indicato alcun elemento identificativo dell’autore o delle modalità di tali contatti. In merito a quest’ultimo punto, il ricorrente rileva che, tra l’inizio di luglio e la fine di novembre 2001, egli non si è recato in Europa e che la nota 14 novembre 2001 gli è stata comunicata solo con il controricorso. Infine, il ricorrente rileva che una nota firmata dal sig. C. in data 13 novembre 2001 e che sarebbe stata allegata alla lettera 14 novembre 2001 non gli era stata ancora notificata il giorno del deposito della replica.

73     La Commissione nega di essere venuta meno all’obbligo di motivazione ad essa incombente.

 Giudizio del Tribunale

74     Va rilevato che, secondo costante giurisprudenza, l’obbligo di motivazione sancito dall’art. 25, secondo comma, dello Statuto, che si limita a riprodurre l’obbligo generale enunciato all’art. 253 CE, è diretto, da un lato, a fornire all’interessato indicazioni sufficienti per valutare la fondatezza dell’atto che gli arreca pregiudizio e l’opportunità di proporre un ricorso dinanzi al Tribunale e, dall’altro, a consentire a quest’ultimo di esercitare il proprio sindacato sulla legittimità dell’atto. Ne consegue che l’obbligo di motivazione così enunciato costituisce un principio essenziale del diritto comunitario a cui può essere derogato solo per ragioni imperative (sentenze della Corte 26 novembre 1981, causa 195/80, Michel/Parlamento, Racc. pag. 2861, punto 22, e 23 settembre 2004, causa C‑150/03 P, Hectors/Parlamento, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 39; sentenze del Tribunale 20 marzo 1991, causa T‑1/90, Pérez‑Mínguez Casariego/Commissione, Racc. pag. II‑143, punto 73, e 6 luglio 2004, causa T‑281/01, Huygens/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 105).

75     Da una parte, va anche ricordato che una decisione comportante lo spostamento di un dipendente contro la sua volontà è un atto che arreca pregiudizio ai sensi dell’art. 25 dello Statuto e deve pertanto essere motivata (sentenze della Corte 27 giugno 1973, causa 35/72, Kley/Commissione, Racc. pag. 679, punti 4 e 8, e Hecq/Commissione, cit. sopra al punto 68, punto 26; sentenze del Tribunale Ojha/Commissione, cit. sopra al punto 68, punto 42, e 23 novembre 1999, causa T‑129/98, Sabbioni/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑223 e II‑1139, punto 28).

76     Dall’altra, secondo una costante giurisprudenza, l’estensione dell’obbligo di motivazione deve, in ogni singolo caso, essere valutata in funzione delle circostanze concrete (sentenze della Corte 14 luglio 1977, causa 61/76, Geist/Commissione, Racc. pag. 1419, punto 28, e 13 dicembre 1989, causa C‑169/88, Prelle/Commissione, Racc. pag. 4335, punto 9; sentenza Ojha/Commissione, cit. sopra al punto 68, punto 60). In particolare, una decisione è sufficientemente motivata quando l’atto impugnato è stato emanato in un contesto noto al dipendente interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenze della Corte 29 ottobre 1981, causa 125/80, Arning/Commissione, Racc. pag. 2539, punto 13, e 12 novembre 1996, causa C‑294/95 P, Ojha/Commissione; Racc. pag. I‑5863, punto 35; sentenze del Tribunale Ojha/Commissione, cit. sopra al punto 68, punto 60, e 1º aprile 2004, causa T‑198/02, N/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 70).

77     Orbene, come emerge dalla giurisprudenza della Corte e del Tribunale, una decisione è stata emanata in un contesto noto al dipendente interessato, e soddisfa quindi i requisiti di motivazione dell’art. 25 dello Statuto, qualora le circostanze in cui l’atto in questione è stato adottato, nonché le note di servizio e le altre comunicazioni che lo corredano, consentano di conoscere gli elementi essenziali che hanno guidato l’amministrazione nella sua decisione (sentenze Geist/Commissione, cit. sopra al punto 76, punto 23; 12 novembre 1996, Ojha/Commissione, cit. sopra al punto 76, punti 35‑37, e Sabbioni/Commissione, cit. sopra al punto 75, punto 30). Il Tribunale ha precisato che anche colloqui con l’amministrazione consentivano al dipendente interessato di conoscere il contesto in cui la decisione di riassegnazione era stata adottata (sentenza 6 luglio 1995, Ojha/Commissione, cit. sopra al punto 68, punto 61).

78     Nella fattispecie, è pacifico che la decisione impugnata, adottata contro la volontà del ricorrente, gli arreca pregiudizio, per cui essa doveva essere motivata.

79     Considerando che la decisione impugnata non è stata adeguatamente motivata, in primo luogo, il ricorrente sostiene che la medesima non specifica se essa comporta un trasferimento del posto o un trasferimento del dipendente.

80     A tal proposito, quanto alla qualificazione giuridica della decisione impugnata, va ricordato che dal sistema dello Statuto risulta che vi è trasferimento interno, nell’accezione propria del termine, solo in caso di trasferimento di un dipendente ad un posto vacante; ne consegue che qualsiasi trasferimento interno propriamente detto è soggetto alle formalità previste dagli artt. 4 e 29 dello Statuto. Al contrario, tali formalità non vanno osservate in caso di riassegnazione del dipendente, in quanto tale operazione non dà luogo ad alcuna vacanza di posto (sentenze della Corte 24 febbraio 1981, cause riunite 161/80 e 162/80, Carbognani e Coda Zabetta/Commissione, Racc. pag. 543, punto 19, e 9 agosto 1994, causa C‑398/93 P, Rasmussen/Commissione, Racc. pag. I‑4043, punto 11; sentenze del Tribunale 8 giugno 1993, causa T‑50/92, Fiorani/Parlamento, Racc. pag. II‑555, punto 27, e 6 marzo 2001, causa T‑100/00, Campoli/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑71 e II‑347, punto 29).

81     Orbene, dalla decisione impugnata emerge espressamente che essa, da una parte, è stata adottata nell’ambito degli artt. 2 e 3 dell’allegato X dello Statuto e, dall’altra, ha modificato l’assegnazione sia dell’impiego A 7/A 6 occupato dal ricorrente sia di quest’ultimo, trasferendoli alla DG «Sviluppo» della Commissione a Bruxelles.

82     Di conseguenza, è giocoforza constatare che la decisione impugnata, specificando di comportare il trasferimento del titolare del posto in questione e del suo impiego alla sede della Commissione e non precisando che tale trasferimento abbia dato luogo ad un posto vacante, contiene una motivazione che dimostra adeguatamente che non si tratta di una decisione di trasferimento ai sensi dello Statuto, ma di un provvedimento di riassegnazione.

83     In secondo luogo, per quanto riguarda la censura mossa dal ricorrente in ordine all’assenza di motivazione della revoca della decisione 11 gennaio 2002 e della sostituzione della medesima con la decisione impugnata, basata sulla circostanza che quest’ultima lederebbe maggiormente i suoi interessi rispetto alla decisione 11 gennaio 2002, da una parte, occorre rilevare che tale censura è inoperante, poiché quest’ultima decisione è stata revocata e non abrogata, per cui non può aver prodotto alcun effetto.

84     Dall’altra, anche supponendo che tale censura venga ritenuta pertinente, il Tribunale potrebbe solo constatare che essa è priva di fondamento, poiché tali due decisioni differiscono solo nei tre punti seguenti: innanzitutto, mentre la decisione 11 gennaio 2002, nella rubrica «Nuova assegnazione», contiene la frase «[a]ssegnazione nell’ambito dell’art. 3 dell’allegato X» che figura dopo il luogo della nuova assegnazione del ricorrente, la decisione impugnata non contiene tale frase; poi, mentre la decisione 11 gennaio 2001 indica che essa «ha effetto alla data effettiva di assunzione della funzioni [del ricorrente], prevista per l’inizio del 2002», la decisione impugnata precisa che essa «ha effetto dal 1º aprile 2002» e che «[e]ssa annulla e sostituisce [la decisione] 11 gennaio 2002»; infine, mentre la decisione 11 gennaio 2002 reca, per definizione, quest’ultima data, la decisione impugnata è datata 18 marzo 2002.

85     Tali differenze non possono tuttavia essere considerate sostanziali e non permettono sicuramente di concludere che la decisione impugnata leda maggiormente gli interessi del ricorrente rispetto a quella che l’ha preceduta.

86     Così, quanto, innanzitutto, alla frase che figura nella decisione 11 gennaio 2002 secondo cui l’assegnazione del ricorrente è avvenuta nell’ambito dell’art. 3 dell’allegato X dello Statuto, va rilevato che, come emerge dalla constatazione operata al precedente punto 81, il provvedimento di riassegnazione adottato nell’ambito della decisione impugnata è parimenti fondato su tale disposizione. Pertanto, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, sia la decisione 11 gennaio 2002 sia la decisione impugnata comportano la riassegnazione del ricorrente presso la sede della Commissione a Bruxelles per un periodo di quattro anni, conformemente all’art. 3 dell’allegato X dello Statuto.

87     Per quanto riguarda, poi, le date di decorrenza previste nelle due decisioni, esse sono equivalenti, poiché la decisione impugnata prevede come decorrenza della medesima la data del 1º aprile 2002 e la decisione 11 gennaio 2002 l’inizio del 2002. Va inoltre precisato che, nella nota 21 gennaio 2002, che si riferisce alla decisione 11 gennaio 2002, inviata al ricorrente in allegato alla lettera 31 gennaio 2002, era previsto che il ricorrente avrebbe preso il suo nuovo posto a Bruxelles entro il mese successivo al ricevimento della detta nota, vale a dire all’inizio del mese di marzo 2002. Tra la data di assunzione delle funzioni da parte del ricorrente prevista dalla decisione 11 gennaio 2002 (in combinato disposto con la nota 21 gennaio 2002) e quella prevista dalla decisione impugnata vi è dunque una differenza di circa un mese. Inoltre, la perfetta conoscenza da parte del ricorrente del contesto che ha preceduto la decisione impugnata (v. infra, punti 89‑108) porta a considerare che egli doveva normalmente aspettarsi non solo una decisione del tenore della decisione impugnata, ma anche una decorrenza immediata del provvedimento controverso. La circostanza che la Commissione, nello scrupolo di perfetta notifica della decisione che essa intendeva adottare nei confronti del ricorrente, abbia scelto di differirne la data di decorrenza di circa un mese non può quindi avergli arrecato alcun pregiudizio, ma al contrario gli è stata favorevole.

88     Peraltro, l’argomento invocato dal ricorrente secondo cui dalla data di decorrenza prevista nella decisione impugnata risultava che gli era impossibile tornare in Angola per occuparsi del suo trasloco e accomiatarsi dai suoi interlocutori istituzionali non può essere accolto, poiché è pacifico che, dal 4 gennaio 2002, il ricorrente è in congedo di malattia presso il suo domicilio in Italia e che egli era, secondo le sue stesse parole, nell’assoluta incapacità di spostarsi. Se il ricorrente non poteva spostarsi dall’Italia per recarsi a Bruxelles al fine di sottoporsi ad un controllo medico, lo stesso doveva necessariamente valere per un viaggio dall’Italia verso Luanda per procedere al trasferimento dei suoi effetti personali e per accomiatarsi dai suoi interlocutori.

89     In terzo luogo, per quanto riguarda l’indicazione dei motivi per cui il provvedimento di riassegnazione è stato adottato, va rilevato che la decisione impugnata si limita a rinviare, nei suoi ‘visto’, a talune disposizioni dello Statuto e a talune decisioni della Commissione nonché al parere del comitato e a precisare, nella sua motivazione, che la precedente assegnazione del ricorrente era la direzione generale «Sviluppo» a Luanda e che la nuova sarà questa medesima direzione a Bruxelles. Viene infine osservato che la decisione impugnata decorre dal 1º aprile 2002 e annulla e sostituisce quella dell’11 gennaio 2002.

90     Orbene, quando, come nella fattispecie, la motivazione della decisione impugnata è molto succinta, occorre determinare se, conformemente alla giurisprudenza menzionata sopra ai punti 76 e 77, la detta decisione sia stata emanata in un contesto noto al dipendente, che gli consenta di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti.

91     È giocoforza constatare che dagli atti emerge in maniera sufficiente che il ricorrente, durante la sua assegnazione alla delegazione della Commissione a Luanda, ha intrattenuto rapporti conflittuali con il capo delegazione e che tali rapporti, iniziati sin dalla prima sistemazione a Luanda nell’agosto del 2000 (v. nota 14 agosto 2001 e nota 29 agosto 2001), costituiscono il contesto in cui la decisione impugnata è stata adottata.

92     A tale riguardo va anzitutto rilevato che nel suo ricorso il ricorrente inizia con il ricordare che «[l]’ambiente di lavoro (…) non era dei più sereni per l’atteggiamento ostile e persecutorio posto in essere (…) dal capo delegazione» e prosegue indicando che ha rappresentato tale situazione alla sua direzione a Bruxelles sia mediante messaggi di posta elettronica sia attraverso incontri alla sede centrale di Bruxelles. Egli termina osservando che «[t]ale situazione ha determinato una sindrome ansioso-depressiva da stress, con varie somatizzazioni, che [l’]ha costretto (…) a sottoporsi a cure mediche». In tal modo, secondo il ricorrente, egli «ha subito un aggravamento del suo stato clinico tanto da renderlo incapace, a tutt’oggi, di riprendere l’attività lavorativa» e che egli «versa nello stato patologico denunziato in chiaro rapporto causale con gli eventi qui descritti».

93     Secondo lo stesso ricorrente, poi, il sig. C., solo pochi giorni dopo il loro primo incontro alla delegazione della Commissione a Luanda, avrebbe espresso pubblicamente i dubbi che nutriva sulle sue capacità professionali.

94     Infine, il ricorrente ha informato l’amministrazione centrale della Commissione, in particolare in occasione degli spostamenti effettuati a Bruxelles il 30 gennaio 2001 e nel giugno 2001, con comunicazioni telefoniche del 26 e 27 aprile 2001, con un messaggio di posta elettronica del 4 maggio 2001 nonché con nota 29 agosto 2001, dei diversi conflitti verificatisi con il capo delegazione.

95     Va in particolare rilevato che nel suo messaggio di posta elettronica del 4 maggio 2001, il cui stesso oggetto riguarda i suoi «seri e persistenti problemi relazionali [con il] capo delegazione», messaggio successivo alla conversazione telefonica del ricorrente della fine del mese di gennaio 2001 e alle telefonate del 26 e 27 aprile 2001, quest’ultimo ha tenuto ad attirare l’attenzione della Commissione sui rapporti difficili esistenti tra lui e il capo delegazione, poiché vi menziona diversi episodi di natura conflittuale verificatisi tra di loro.

96     Il primo episodio si è verificato il 1º dicembre 2000, incidente durante il quale il capo delegazione l’avrebbe accusato di svolgere male il proprio lavoro. Il secondo episodio si è verificato il 19 febbraio 2001, quando il medesimo si sarebbe pubblicamente adirato con il ricorrente accusandolo di non svolgere il proprio lavoro. Il terzo episodio si è verificato il 23 aprile 2001 quando il capo delegazione sarebbe entrato più volte nell’ufficio del ricorrente esprimendosi ad alta voce e minacciandolo di sanzioni disciplinari a causa di un ritardo di una settimana nella redazione di un documento. Il ricorrente precisa che «questi tre episodi sono solo i più sorprendenti di una lunga serie di comportamenti inadeguati e inaccettabili del sig. C. nei [suoi] riguardi». Infine il ricorrente menziona un nuovo conflitto sopravvenuto il 25 aprile 2001.

97     Non si può quindi contestare che i rapporti conflittuali tra il ricorrente e il capo delegazione non erano semplicemente occasionali ma che, al contrario, perduravano dal mese di agosto 2000, data della prima sistemazione del ricorrente in Angola, e costituiscono il contesto, perfettamente noto al ricorrente, in cui la decisione impugnata è stata adottata.

98     Tale conclusione non può essere inficiata dalla circostanza che il ricorrente contesta di aver ricevuto le note 14 novembre 2001 e 31 gennaio 2002 della Commissione, di modo che non esisterebbero documenti scambiati tra il ricorrente e la Commissione che dimostrino la persistenza di rapporti conflittuali dopo il 29 agosto 2001, rapporti i quali, a suo avviso, si sarebbero normalizzati successivamente a tale ultima data, sino al 4 gennaio 2002, data di inizio del suo congedo di malattia.

99     A tal proposito occorre constatare, in primo luogo, che dalla lunghezza, dai termini e dal contenuto della risposta del ricorrente del 29 agosto 2001 alla nota 14 agosto 2001 nonché dal contesto in cui è stata redatta la nota 29 agosto 2001 emerge chiaramente che i rapporti conflittuali non sono cessati in seguito al colloquio svoltosi il 14 agosto 2001 tra il ricorrente ed il sig. C.

100   Al contrario, a tale riguardo, una semplice lettura della nota del ricorrente del 29 agosto 2001, estremamente lunga e dettagliata, con cui quest’ultimo contesta fermamente, punto per punto, la nota del sig. C. del 14 agosto 2001 permette di constatare che essa non può segnare la fine di rapporti conflittuali esistenti. La nota in questione non può nemmeno essere stata idonea a normalizzare una situazione perlomeno estremamente tesa tra il ricorrente ed il sig. C. come emerge segnatamente dalla frase introduttiva di diversi paragrafi di tale nota, il cui n. 1, in cui egli osserva di dover «contestare fermamente, assolutamente e totalmente il contenuto del primo paragrafo della nota» e dal paragrafo scritto in neretto, che figura all’ultima pagina della detta nota, in cui il ricorrente scrive che egli «spera di aver fatto capire al sig. C. ciò che egli si aspetta da un capo delegazione (…) d) evitare di gridare, minacciare, umiliare e insultare; vale a dire evitare di molestare moralmente il personale».

101   Peraltro, il contesto in cui è intervenuta la nota 29 agosto 2001 evidenzia il fatto che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, i rapporti conflittuali tra quest’ultimo ed il sig. C. si sono protratti. Infatti, le circostanze in cui è stata redatta la nota 14 agosto 2001 avrebbero potuto condurre a pensare che fosse stato posto un termine ai detti rapporti conflittuali poiché, come emerge dalle note 13 e 14 novembre 2001, il sig. C., da una parte, ha trasmesso al ricorrente la nota 14 agosto 2001, prima di inviarla alla sig.ra G., affinché gli comunicasse le sue osservazioni e, dall’altra, ha accettato talune modifiche di redazione proposte dal ricorrente, circostanza che quest’ultimo d’altra parte non contesta. Tuttavia, il modo in cui il ricorrente ha replicato a tale nota dimostra, al contrario, la persistenza di rapporti conflittuali che il colloquio del 14 agosto 2001 non ha appunto consentito di risolvere.

102   In secondo luogo, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, non si può validamente sostenere che i rapporti conflittuali tra lui ed il sig. C. fossero cessati tra il 29 agosto 2001 e il 4 gennaio 2002, dato che proprio in tale periodo, durante il quale, a quanto egli asserisce, i detti rapporti sarebbero stati normali, si è alterato il suo stato di salute, che, come osservato dal ricorrente stesso, presenta un nesso di causalità manifesto con la situazione conflittuale in questione.

103   Ciò emerge in particolare dall’attestato del Dr Ullucci, del 13 febbraio 2003, presentato dal ricorrente, secondo cui, durante la sua prima visita, avvenuta il 17 giugno 2002, il ricorrente l’ha informato che soffriva, almeno dal mese di dicembre 2000 e con progressione costante, di una serie di sintomi che sarebbero apparsi nel contesto delle sue funzioni. Il Dr Ullucci scrive, in particolare, che il ricorrente l’ha «informato di lamentare, sin dal [mese di] dicembre 2000 e con intensità progressivamente crescente, una serie di sintomi». Questo stato, secondo tale medico, si sarebbe aggravato dal mese di febbraio 2002, e ciò nonostante la terapia prescritta ed il rispetto scrupoloso della stessa da parte del ricorrente. Il Dr Ullucci osserva anche che «la negativa evoluzione di tale sindrome [deve] essere post[a] con ragionevole certezza, in relazione causale, (…) con l’ambiente di lavoro del sig. Marcuccio, in assenza di altre concause, anche solo favorenti, identificabili». Egli aggiunge peraltro che «l’iniziale ipotesi eziologica, vale a dire la natura professionale dell’affezione del sig. Marcuccio, è stata confermata in toto anche dal successivo decorso clinico nonché dalla stretta correlazione positiva sul piano temporale osservata tra le variazioni della sintomatologia positiva e la comparsa di nuovi sintomi, da un lato, ed i successivi eventi inerenti le relazioni del sig. Marcuccio con la Commissione Europea dall’altro».

104   In terzo luogo, è pacifico che la nota del 14 novembre 2001, in cui è ricordata l’esistenza dei rapporti conflittuali descritti nella nota del sig. C. del 14 agosto 2001, è stata redatta in tempore non suspecto e che il ricorrente non ha prodotto alcun elemento idoneo a mettere in dubbio le affermazioni ivi contenute.

105   In quarto luogo, il ricorrente non può sostenere che la decisione di riassegnazione non fosse connessa a tale contesto e fosse inattesa in quanto, come emerge dal suo messaggio di posta elettronica del 4 maggio 2001, il capo delegazione della Commissione a Luanda gli avrebbe suggerito, il 25 aprile 2001, di chiedere il trasferimento ad un’altra unità, suggerimento che è stato rifiutato dal ricorrente, secondo quanto dallo stesso asserito. Inoltre, il capo delegazione avrebbe comunicato al ricorrente, il 6 agosto 2001, come emerge dalla nota di quest’ultimo del 29 agosto 2001, che sarebbe auspicabile che egli lasciasse le istituzioni comunitarie. Anche tali proposte si inserivano quindi nell’ambito dei controversi rapporti conflittuali esistenti.

106   Del resto, anche supponendo che tale motivazione sia considerata insufficiente, va ricordato che secondo una costante giurisprudenza, in caso d’insufficienza di motivazione, precisazioni integrative possono essere fornite in proposito in corso di causa (sentenza della Corte 19 novembre 1998, causa C‑316/97 P, Parlamento/Gaspari, Racc. pag. I‑7597, punto 29; sentenze del Tribunale 20 settembre 1990, causa T‑37/89, Hanning/Parlamento, Racc. pag. II‑463, punto 44; 3 marzo 1993, causa T‑25/92, Vela Palacios/CES, Racc. pag. II‑201, punto 26, e 26 gennaio 2000, causa T‑86/98, Gouloussis/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑5 e II‑23, punti 73‑77).

107   Orbene, nella fattispecie, la motivazione è stata ancora integrata nella decisione 7 ottobre 2002, recante rigetto del reclamo (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 2 aprile 1998, causa T‑86/97, Apostolidis/Corte di giustizia, Racc. PI pagg. I‑A‑167 e II‑521, punto 76).

108   In tale decisione, l’APN ha ricordato che il ricorrente conosceva il contesto in cui era stata adottata la decisione impugnata ed ha rinviato, in particolare, alla nota del ricorrente 29 agosto 2001. Essa ha ricordato che la decisione di riassegnazione era stata adottata in ragione del «comportamento professionale» del ricorrente e di «una serie di fatti connessi al lavoro» e ha menzionato i rapporti conflittuali a pag. 4 di tale decisione.

109   Alla luce di tutto quanto precede, il primo motivo deve essere respinto.

 Sul secondo motivo, relativo alla contraddittorietà della motivazione della decisione impugnata

 Argomenti delle parti

110   Secondo il ricorrente, la motivazione è contraddittoria giacché, nella sua nota 14 novembre 2001, la Commissione sosterrebbe che il ricorrente aveva rapporti conflittuali con il capo delegazione laddove, nella decisione 7 ottobre 2002, recante rigetto del reclamo e nel controricorso, la Commissione sosterrebbe che lo stesso aveva un rapporto conflittuale con diverse persone – vale a dire con i suoi superiori gerarchici – senza peraltro identificarle.

111   La Commissione conclude per il rigetto di questo motivo.

 Giudizio del Tribunale

112   A tal riguardo, basta constatare che, ad eccezione della decisione 7 ottobre 2002, recante rigetto del reclamo, la Commissione menziona solo i difficili rapporti con il ricorrente e la sua gerarchia, circostanza che non può essere contestata, in quanto il capo delegazione era il superiore gerarchico del ricorrente.

113   Orbene, il ricorrente stesso osserva, nella sua replica, che la decisione di riassegnazione avrebbe potuto non essere idonea a porre fine ai rapporti conflittuali con il capo delegazione, che era il suo unico superiore gerarchico a Luanda. La riassegnazione in questione avrebbe inoltre potuto comportare, a suo avviso, «il rischio di acuire le [sue] difficoltà relazionali (…) con gli altri superiori gerarchici». Peraltro, egli osserva, nell’ambito della sua domanda di risarcimento, che il suo danno risulta da «comportamenti illegittimi di agenti della convenuta nell’esercizio delle loro funzioni».

114   Non si può dunque escludere che, come emerge dalle memorie del ricorrente, quest’ultimo lasci egli stesso intendere che le sue difficoltà relazionali avrebbero potuto non essere esclusivamente legate al solo rapporto conflittuale con il capo delegazione della Commissione a Luanda.

115   Ne consegue che il secondo motivo deve essere respinto.

 Sul terzo motivo, relativo ad una violazione del dovere di sollecitudine e del principio di buona amministrazione

 Argomenti delle parti

116   Il ricorrente rileva che la Commissione ha violato il dovere di sollecitudine nonché il principio di buona amministrazione nei confronti dei suoi dipendenti (sentenze del Tribunale 20 giugno 1990, causa T‑133/89, Burban/Parlamento, Racc. pag. II-245; 15 settembre 1998, causa T-3/96, Haas e a./Commissione, Racc. PI pagg. I-A-475 e II-1395, punti 52‑54, e 6 luglio 1999, cause riunite T‑112/96 e T‑115/96, Séché/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑115 e II‑623). Egli rinvia parimenti all’art. 41, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali.

117   In primo luogo, il ricorrente ritiene che la decisione impugnata non sia stata adottata con la necessaria diligenza e la cura particolare richieste dalle circostanze del caso di specie, segnatamente prendendo in considerazione i suoi interessi personali (sentenza 12 novembre 1996, Ojha/Commissione, cit. sopra al punto 76, punto 22).

118   A questo riguardo, egli sostiene che dalla decisione impugnata non risulta che la Commissione l’abbia sufficientemente istruita e che essa abbia tenuto conto dell’insieme degli elementi che devono concorrere per la sua adozione, ossia non solo dell’interesse dell’istituzione, ma anche dell’interesse del ricorrente (sentenza Séché/Commissione, cit. sopra al punto 116), il quale trae grave danno alla propria professionalità dalla decisione impugnata. Il ricorrente osserva altresì che l’asserzione della Commissione secondo cui i suoi interessi sono stati presi in considerazione nell’adozione della decisione impugnata è manifestamente infondata, in quanto egli sarebbe l’unico in grado di conoscere il suo interesse in relazione a una decisione che lo riguarda, interesse che non si può esaurire in prospettive di carriera. Inoltre, la Commissione non poteva, secondo il ricorrente, conoscere il suo interesse poiché non gli ha mai richiesto di manifestare il proprio punto di vista in merito alla sua riassegnazione.

119   Quanto all’argomento secondo cui difficoltà relazionali interne potrebbero giustificare il trasferimento di un dipendente nell’interesse del servizio, il ricorrente ritiene che sia irrilevante in quanto, a differenza della presente situazione, il ricorrente nella causa in cui è stata emanata l’ordinanza del presidente del Tribunale 21 maggio 2001, causa T‑52/01 R, Schaefer/Commissione (Racc. PI pagg. I-A‑115 e II‑543), avrebbe avuto difficoltà nei rapporti con le autorità del paese in cui era assegnato e non con il suo superiore gerarchico. Inoltre, il ricorrente afferma che il danno da lui subito risulta anche dalle illegittime modalità di istruzione e di comunicazione della decisione impugnata nonché dalle conseguenze pratiche di tale decisione, vale a dire il suo sradicamento subitaneo dall’Angola ed il suo trasferimento da un continente ad un altro senza congruo preavviso (quattro giorni dopo la notifica).

120   In secondo luogo, il ricorrente ritiene che la violazione del dovere di sollecitudine e del principio di buona amministrazione derivi dall’omessa notifica da parte della Commissione della decisione 11 gennaio 2002. Da un lato, anche supponendo che tale decisione sia stata inviata al ricorrente mediante nota del 31 gennaio 2002, quest’ultima non sarebbe stata correttamente redatta, giacché la Commissione ha omesso il nome del destinatario e ha anche aggiunto, prima della menzione del suo cognome, la lettera «M» seguita da un punto, ossia «Mr M. Marcuccio». A suo parere, il fatto che una decisione di un’istituzione comunitaria sia rivolta a un destinatario il cui nome risulti formulato in forma abbreviata potrebbe costituire un’irregolarità.

121   Dall’altro lato, detta lettera gli sarebbe stata inviata per posta ordinaria. Ora, dalla giurisprudenza emergerebbe che l’invio tramite lettera raccomandata con ricevuta di ritorno costituisce un modo di notificazione appropriato (sentenza del Tribunale 29 maggio 1991, causa T‑12/90, Bayer/Commissione, Racc. pag. II‑219). La Commissione avrebbe pertanto violato, da una parte, il suo dovere di sollecitudine nei confronti del ricorrente, posto che il modo di comunicazione utilizzato non garantiva il ricevimento della decisione 11 gennaio 2002 da parte del suo destinatario e, dall’altro, il principio di buona amministrazione, considerata l’importanza di tale decisione.

122   In terzo luogo il ricorrente contesta alla Commissione il fatto che la decisione impugnata decorra dal 1° aprile 2002, ovvero il quarto giorno successivo alla sua notifica, mentre era in congedo di malattia e la Commissione disponeva di un certificato medico dallo stesso presentato, che prevedeva la sua assenza dal lavoro oltre tale data. Egli contesta altresì alla Commissione il fatto che essa sia rimasta silente di fronte alle sue istanze volte a conoscere le modalità del ritiro dei propri effetti personali dall’Angola.

123   In ultimo luogo, il ricorrente ritiene che la Commissione abbia adottato un comportamento persecutorio nei suoi riguardi, insistendo perché egli si recasse a Bruxelles al fine di sottoporsi a un controllo medico, e questo malgrado i contrari certificati medici del 26 gennaio 2002, del 6 febbraio 2002, dell’11 e del 16 febbraio 2002, invece di chiedere l’intervento delle autorità sanitarie italiane, che, ben più celermente ed efficacemente, avrebbero potuto effettuare gli opportuni controlli (v. sentenze della Corte 27 giugno 1991, causa C‑344/89, Martínez Vidal, Racc. pag. I‑3245, e 10 dicembre 1998, causa C‑279/97, Voeten e Beckers, Racc. pag. I‑8293).

124   Peraltro, già il certificato medico del 26 gennaio 2002 sarebbe stato perfettamente idoneo a giustificare la sua assenza al controllo medico organizzato dal servizio medico della Commissione e non gli si potrebbe quindi contestare il fatto di aver seguito il parere del suo medico curante e di aver esercitato, in tal modo, il proprio «diritto alla salute». A tale proposito, il ricorrente si fonda sulla sentenza 12 marzo 1987, causa 22/86, Rindone (Racc. pag. 1339, punto 21), nella quale la Corte ha dichiarato che il lavoratore incapace di lavorare per malattia non può essere obbligato a ritornare nello Stato dell’istituzione competente per sottoporsi a controllo medico, in quanto un tale obbligo sarebbe incompatibile con il rispetto dovuto al suo stato di salute. Egli ne conclude che tale rispetto è dovuto anche ai dipendenti comunitari, essendo ogni altra posizione a tale riguardo illogica e discriminatoria (v. sentenza della Corte 19 giugno 1992, causa C‑18/91 P, V./Parlamento, Racc. pag. I‑3997).

125   Inoltre, il ricorrente contesta alla Commissione il fatto di aver considerato, nella sua lettera 13 febbraio 2002, che la relazione medica del 6 febbraio 2002 non attestava la sua impossibilità di recarsi a Bruxelles onde sottoporsi a un controllo medico, mentre il certificato in questione, come d’altronde quello del 26 gennaio 2002, attestava tale impossibilità. Il ricorrente aggiunge che gli sembra strano che la lettera 20 febbraio 2002 del Dr S. non si riferisca al certificato medico del 6 febbraio 2002, mentre quest’ultimo certificava chiaramente che il ricorrente non era in grado di presentarsi al controllo medico.

126   Inoltre, il ricorrente fa valere che, contrariamente a quanto assume la Commissione, quest’ultima non ha immediatamente declinato la domanda da essa formulata affinché lo stesso si presentasse a un controllo medico a Bruxelles, in quanto solo mediante lettera 5 marzo 2002, vale a dire un mese dopo il ricevimento da parte della Commissione del certificato medico del 6 febbraio 2002, quest’ultima ha ritenuto che la sua assenza fosse giustificata. Il ricorrente addebita quindi alla Commissione di aver dimostrato una fretta molto minore nello spedire la lettera 5 marzo 2002 rispetto a quanto avvenuto per la lettera 13 febbraio 2002, in cui la sua assenza era considerata ingiustificata, in quanto la prima è stata inoltrata con posta ordinaria, la seconda invece per corriere espresso.

127   Egli ritiene altresì che il Dr S. abbia violato il segreto professionale e, di conseguenza, la sua sfera privata avendo fatto espresso riferimento, nella sua lettera 20 febbraio 2002, al fatto che il ricorrente era in cura da uno psichiatra, consentendo quindi di individuare la natura della sua affezione. Infatti tale lettera sembrerebbe essere stata acquisita al fascicolo personale del ricorrente, o comunque il suo contenuto sarebbe stato reso noto ad una pluralità di individui, visto che la Commissione la cita nel suo controricorso.

128   La Commissione contesta di aver tenuto in non cale gli interessi del ricorrente e di aver commesso una violazione del dovere di sollecitudine e del principio di buona amministrazione.

 Giudizio del Tribunale

129   Secondo una costante giurisprudenza, il dovere di sollecitudine dell’amministrazione nei confronti dei suoi dipendenti riflette l’equilibrio dei diritti e degli obblighi reciproci che lo Statuto ha creato nei rapporti tra l’autorità pubblica e i dipendenti del pubblico impiego, ma le esigenze derivanti da tale dovere non possono impedire all’APN di adottare le misure che essa ritiene necessarie nell’interesse del servizio, poiché l’assegnazione di ogni impiego deve fondarsi innanzitutto sul detto interesse. Alla luce dell’estensione del potere discrezionale di cui godono le istituzioni per valutare l’interesse del servizio, il Tribunale deve limitarsi alla questione di sapere se l’APN si sia tenuta entro limiti ragionevoli e non abbia usato il suo potere discrezionale in modo manifestamente errato (sentenza della Corte 25 novembre 1976, causa 123/75, Küster/Parlamento, Racc. pag. 1701, punto 10; sentenze del Tribunale 13 dicembre 1990, causa T‑20/89, Moritz/Commissione, Racc. pag. II‑769, punto 39, e 26 novembre 2002, causa T‑103/01, Cwik/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑229 e II‑1137, punto 52).

130   Certo, una decisione di nuova assegnazione di un dipendente comportante il suo trasferimento in un’altra sede di servizio, contro la sua volontà, dev’essere adottata con la diligenza necessaria e con una cura particolare, segnatamente prendendo in considerazione l’interesse personale del dipendente (sentenze Hecq/Commissione, cit. sopra al punto 68, punto 23; 12 novembre 1996, Ojha/Commissione, cit. sopra al punto 76, punto 47, e 6 luglio 1995, Ojha/Commissione, cit. sopra al punto 68, punto 83).

131   Tuttavia, la presa in considerazione dell’interesse personale del ricorrente non può giungere a vietare all’APN di riassegnare un dipendente senza il consenso di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza Carbognani e Coda Zabetta/Commissione, cit. sopra al punto 80, punto 28).

132   In particolare, secondo una costante giurisprudenza, quando siano causa di tensioni nocive al buon funzionamento del servizio, talune difficoltà nelle relazioni interne possono giustificare il trasferimento di un dipendente nell’interesse del servizio. Un provvedimento del genere può persino essere adottato a prescindere dalla questione della responsabilità degli incidenti intervenuti (sentenze della Corte 12 luglio 1979, causa 124/78, List/Commissione, Racc. pag. 2499, punto 13, e 12 novembre 1996, Ojha/Commissione, cit. sopra al punto 76, punto 41; sentenze del Tribunale 28 maggio 1998, cause riunite T‑78/96 e T-170/96, W/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-239 e II‑745, punto 88; ordinanza Schaefer/Commissione, cit. sopra al punto 119, punto 42).

133   Questa giurisprudenza si impone a maggior ragione nell’ambito delle relazioni esterne di un servizio (sentenza W/Commissione, cit. sopra al punto 132, punto 88). Il carattere specifico delle funzioni diplomatiche consiste infatti nel prevenire ogni tensione e nel sedare quelle che possano nondimeno verificarsi. Esse necessitano imperativamente della fiducia degli interlocutori. Una volta che quest’ultima sia scossa, per una qualsiasi ragione, il dipendente coinvolto non è più in grado di svolgerle per cui, per il buon andamento dell’amministrazione, è opportuno che l’istituzione adotti nei suoi confronti, nel più breve tempo possibile, un provvedimento di allontanamento (sentenza 12 novembre 1996, Ojha/Commissione, cit. sopra al punto 76, punto 42; v. anche ordinanza Schaefer/Commissione, cit. sopra al punto 119, punto 42).

134   Nella fattispecie, è pacifico che vi siano stati rapporti conflittuali, riassunti sopra ai punti 91‑97, tra il ricorrente e il capo delegazione. Inoltre, tali rapporti conflittuali esistono, secondo quanto dichiarato dal ricorrente stesso, da quando egli si è stabilito a Luanda, vale a dire nell’agosto 2000. Del resto, il conflitto esistente tra il ricorrente e il capo delegazione sembra costante e profondo, come emerge, in particolare, dal contenuto della nota 14 agosto 2001 del sig. C. e da quella del ricorrente 29 agosto 2001 in risposta alla prima, circostanza che poteva compromettere le condizioni di funzionamento della delegazione della Commissione a Luanda e pregiudicare la salute del ricorrente.

135   Ciò premesso, non si può rimproverare all’amministrazione di aver adottato i provvedimenti opportuni per evitare che la situazione continuasse a deteriorarsi ulteriormente e finisse, eventualmente, col nuocere all’immagine esterna dell’istituzione, tenuto conto del fatto che la delegazione svolgeva fra l’altro funzioni diplomatiche (v., in tal senso, sentenza W/Commissione, cit. sopra al punto 132, punto 95).

136   Con riferimento a tali circostanze e all’ampio potere discrezionale di cui dispone la Commissione in materia, non sembra che quest’ultima sia venuta meno al suo dovere di sollecitudine. Al contrario, occorre considerare che la decisione di riassegnazione del ricorrente, che si imponeva in ragione dell’esistenza di rapporti conflittuali, quali quelli descritti sopra, è stata adottata nell’interesse del servizio.

137   Quanto alla presa in considerazione dell’interesse del ricorrente, va ricordato che, come risulta da una giurisprudenza costante, il cambiamento della sede di servizio, benché possa provocare all’interessato inconvenienti familiari e disagi economici, non costituisce un avvenimento anormale ed imprevedibile nella carriera del dipendente, quando le sedi di lavoro cui egli può essere assegnato sono distribuite in diversi Stati e l’APN può trovarsi per esigenze di servizio nella necessità di disporre detto trasferimento (sentenze della Corte, Geist/Commissione, cit. sopra al punto 76, punto 34, e 14 luglio 1988, cause riunite 23/87 e 24/87, Aldinger e a./Parlamento, Racc. pag. 4395, punto 17).

138   Inoltre, se è vero che l’amministrazione ha tutto l’interesse ad assegnare i dipendenti in base alle loro attitudini specifiche e alle loro preferenze personali, non si può per questo riconoscere ad un dipendente il diritto di continuare ad esercitare funzioni specifiche (sentenza W/Commissione, cit. sopra al punto 132, punto 105).

139   Ora, non si può ammettere che, nelle circostanze del caso di specie, la Commissione abbia tenuto in non cale l’interesse del ricorrente. Infatti, come emerge dalla nota 14 novembre 2001, la Commissione, dopo aver constatato l’esistenza di una situazione conflittuale che caratterizzava i rapporti tra il capo delegazione ed il ricorrente, ha ritenuto che la riassegnazione di quest’ultimo potesse apportare un beneficio considerevole alle sue prospettive di carriera.

140   Inoltre, come emerge dagli atti, la malattia del ricorrente non può giustificare la sua permanenza a Luanda poiché l’effetto di tale permanenza sarebbe, al contrario, quello di rimetterlo in una situazione professionale identica a quella all’origine del deterioramento del suo stato di salute (ordinanza 27 settembre 2002, Marcuccio/Commissione, cit. sopra al punto 35, punto 39).

141   Anche supponendo che il ricorrente contesti, con tale censura, il fatto di non essere stato invitato ad esprimere la sua opinione prima dell’adozione della decisione impugnata, circostanza che dimostrerebbe la noncuranza della Commissione nei confronti del suo interesse personale, va constatato che tale censura rientra nel quarto motivo, relativo ad una violazione dei diritti della difesa, che verrà esaminato nel prosieguo, ai punti 156‑173.

142   Per quanto attiene alla censura relativa al fatto che la decisione impugnata ha acquistato effetto quattro giorni dopo la sua notifica, allorché il ricorrente era in congedo di malattia, va rilevato che, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, la Commissione poteva legittimamente procedere alla riassegnazione del ricorrente. A tal riguardo, come correttamente rilevato dalla Commissione, quest’ultima doveva riorganizzare efficacemente la delegazione in Angola, cosa che certo non poteva essere fatta mantenendo formalmente un posto per un dipendente in congedo di malattia e la cui data di guarigione non poteva essere prevista, tanto più che il ricorrente beneficia ancora, secondo quanto da lui stesso dichiarato in udienza, di un congedo di malattia.

143   Quanto alla mancata notifica della decisione 11 gennaio 2002, alle sue modalità di notifica e all’errore relativo al nome del destinatario che la lettera di trasmissione contiene, va rilevato che tale censura, in quanto riguarda una decisione che è stata revocata dalla Commissione e che non è oggetto del presente ricorso è, nella fattispecie, ininfluente.

144   La censura del ricorrente riguardante l’asserito comportamento persecutorio della Commissione, in quanto avrebbe insistito affinché egli si recasse a Bruxelles per sottoporsi ad un controllo medico, deve essere respinta in quanto emerge sufficientemente dagli atti che la Commissione non ha affatto tenuto un tale comportamento.

145   Infatti, non appena è risultato chiaro che il ricorrente non era in grado di recarsi a Bruxelles, la Commissione ha informato lo stesso che la sua assenza era riconosciuta sotto il profilo medico dall’inizio del suo congedo di malattia. Come emerge dai fatti della presente causa, con lettera 22 gennaio 2002, al ricorrente è stato chiesto di recarsi a Bruxelles presso il Dr S., consulente medico incaricato del controllo riguardante le assenze per malattia, al fine di sottoporsi a visita medica. Il 20 febbraio seguente, vale a dire meno di un mese dopo, tale consulente medico ha informato il ricorrente che, in seguito ad un nuovo certificato del suo medico che constatava chiaramente la sua incapacità totale di spostarsi, la sua assenza era riconosciuta sotto il profilo medico dall’inizio del suo congedo malattia. Peraltro, è a causa dell’incapacità del ricorrente di spostarsi che il 20 giugno 2002 il consulente medico l’ha esaminato nella sua località di residenza in Italia.

146   La censura relativa alla mancata risposta della Commissione alle domande del ricorrente volte a conoscere le modalità con cui egli avrebbe potuto recuperare i suoi effetti personali non può, in ogni caso, avere la minima incidenza sulla legittimità della decisione impugnata, poiché tali domande sono successive all’adozione della detta decisione. Essa deve dunque essere considerata ininfluente.

147   Per quanto riguarda, infine, la censura secondo cui il Dr S. avrebbe violato il segreto medico e avrebbe così pregiudicato la vita privata del ricorrente avendo espressamente menzionato, nella sua lettera 20 febbraio 2002, che egli era seguito da uno psichiatra, consentendo in tal modo di determinare la natura della sua affezione, basti constatare che tale lettera è scritta dal consulente medico stesso ed è indirizzata esclusivamente al ricorrente. Ne consegue che tale censura è priva di fondamento in fatto.

148   Del resto, tale censura deve essere considerata ininfluente.

149   Ne consegue che il terzo motivo dev’essere respinto.

 Sul quarto motivo, relativo ad una violazione dei diritti della difesa

 Argomenti delle parti

150   Il ricorrente fa valere che la Commissione ha violato i suoi diritti della difesa, il cui rispetto costituisce un principio fondamentale di diritto comunitario ed è stato riaffermato all’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali (sentenze della Corte 10 luglio 1986, causa 234/84, Belgio/Commissione, Racc. pag. 2263, punto 27, e Hecq/Commissione, cit. sopra al punto 68; sentenze del Tribunale 23 aprile 2002, causa T‑372/00, Campolargo/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑49 e II‑223, punto 31, e 15 gennaio 2003, cause riunite T‑377/00, T‑379/00, T‑380/00, T‑260/01 e T‑272/01, Philip Morris International/Commissione, Racc. pag. II‑1, punto 122).

151   In primo luogo, il ricorrente contesta la posizione sostenuta dalla Commissione nelle sue osservazioni, presentate nell’ambito del procedimento sommario, secondo la quale nella fattispecie non si è verificata alcuna violazione dei diritti della difesa giacché la decisione impugnata non presenta carattere disciplinare trattandosi di una decisione, presa nell’interesse del servizio, di riassegnazione a Bruxelles di un dipendente precedentemente in servizio presso una Delegazione in un paese terzo. Il ricorrente sostiene, al riguardo, che la previa audizione dell’interessato rappresentava un presupposto essenziale per la validità della procedura di adozione di qualsiasi atto che, come nel caso di specie, arrechi pregiudizio all’interessato (sentenza Hecq/Commissione, cit. sopra al punto 54, punto 26) e non solo per la validità della procedura di irrogazione dei provvedimenti disciplinari.

152   In secondo luogo, il ricorrente imputa alla Commissione di non averlo informato in modo chiaro e preciso di ogni atto e fatto inerente alla decisione impugnata e dei suoi antecedenti, impedendogli in tal modo di esporre le proprie ragioni fino all’adozione di questa decisione. Infatti, il procedimento avrebbe avuto un diverso esito se egli fosse stato in grado di essere previamente sentito o, quantomeno, autorizzato a presentare le proprie argomentazioni.

153   A tale proposito egli precisa che è plausibile che la Commissione abbia iniziato a istruire la procedura di riassegnazione, quanto meno, nell’ottobre 2001, dal momento che la proposta ad essa afferente era contenuta nella nota 14 novembre 2001. Orbene, nell’ottobre 2001, mentre era egli ancora in servizio presso la delegazione della Commissione a Luanda, la Commissione avrebbe potuto informarlo in merito all’esistenza di una procedura di riassegnazione che lo riguardava e invitarlo a presentare le sue osservazioni, giacché, a quell’epoca, egli rientrava in Italia, di modo che si sarebbe potuto facilmente convocato a Bruxelles per consentirgli di essere sentito. Per contro, proprio nell’ottobre 2001, il capo delegazione avrebbe annullato, per insufficienza di fondi, una domanda di missione del ricorrente presso la sede della Commissione da effettuare, nel novembre 2001, in connessione con le sue ferie annuali, conformemente a una prassi consolidata dei dipendenti delle delegazioni. Tale annullamento sarebbe intervenuto dopo l’accettazione iniziale della domanda di missione in questione da parte della persona facente funzioni di capo delegazione. Ora, secondo il ricorrente, supponendo che la ragione dell’annullamento addotta fosse quella reale, la delegazione della Commissione di Luanda avrebbe dovuto, in forza del principio di buona amministrazione, chiedere un aumento della relativa voce di bilancio.

154   In terzo luogo, poiché la Commissione, in base alla decisione 7 ottobre 2002 di rigetto del reclamo, avrebbe constatato l’asserita esistenza di un rapporto causale tra la condotta del ricorrente e la relazione conflittuale di quest’ultimo con il capo delegazione o con una pluralità di persone, essa avrebbe dovuto garantirgli la possibilità di rappresentare le proprie ragioni in merito.

155   La Commissione considera infondato tale motivo. Infatti, il ricorrente sarebbe stato informato dell’intenzione della Commissione di trasferirlo a Bruxelles, trasferimento che il ricorrente avrebbe rifiutato. In ogni caso lo Statuto non avrebbe predisposto, in tutti i settori, un procedimento contraddittorio, nell’ambito del quale ogni dipendente dovrebbe essere consultato dall’amministrazione prima dell’adozione di qualunque provvedimento che lo riguardi, e, in mancanza di una disposizione espressa dello Statuto, un’obbligazione del genere da parte dell’amministrazione non esisterebbe (sentenze Arning/Commissione, cit. sopra al punto 76, punto 17; e Fiorani/Parlamento, cit. sopra al punto 80, punto 36).

 Giudizio del Tribunale

156   Va ricordato che, secondo una costante giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa in ogni procedimento aperto a carico di una persona e che può portare all’adozione di un atto recante pregiudizio alla medesima costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario e dev’essere garantito anche in mancanza di una disposizione espressa prevista a tale scopo dalla normativa che disciplina il procedimento in questione (sentenze della Corte 23 ottobre 1974, causa 17/74, Transocean Marine Paint/Commissione, Racc. pag. 1063, punto 15, e Belgio/Commissione, cit. sopra al punto 150, punto 27; sentenze del Tribunale 6 maggio 1997, causa T‑169/95, Quijano/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑91 e II‑273, punto 44; 15 giugno 2000, causa T‑211/98, F/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑107 e II‑471, punto 28, e Campolargo/Commissione, cit. sopra al punto 150, punto 30).

157   Tale principio, che risponde alle esigenze di buona amministrazione, esige che qualsiasi persona nei cui confronti sia stata adottata una decisione per essa lesiva sia posta in grado di far conoscere utilmente la sua posizione in relazione agli elementi accertati a suo carico per fondare la detta decisione (v. sentenza F/Commissione, cit. sopra al punto 156, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

158   Tale principio, il quale prescrive di regola che l’interessato sia sentito dall’autorità competente prima dell’adozione dell’atto recante pregiudizio, si applica sia in materia disciplinare sia nelle altre materie ricomprese nell’ambito del pubblico impiego comunitario (v. sentenza Campolargo/Commissione, cit. sopra al punto 150, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

159   Risulta anche da una costante giurisprudenza che una decisione che implica lo spostamento di un dipendente contro la sua volontà è un atto che arreca pregiudizio ai sensi dell’art. 25 dello Statuto (sentenze Kley/Commissione, cit. sopra al punto 75, punto 8, e Hecq/Commissione, cit. sopra al punto 68, punto 26; sentenza del Tribunale 22 gennaio 1998, causa T‑98/96, Costacurta/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑21 e II‑49, punto 86).

160   Infatti, una decisione di nuova assegnazione produce necessariamente effetti sulla posizione amministrativa del dipendente interessato, poiché modifica il luogo e le condizioni di esercizio delle funzioni, nonché la loro natura. Essa può parimenti avere un’incidenza sulla carriera di detto dipendente, in quanto è in grado di esercitare un’influenza sulle sue prospettive di sviluppo professionale, dal momento che talune funzioni possono, a parità di inquadramento, condurre meglio di altre ad una promozione, a causa della natura delle responsabilità esercitate (sentenza 12 novembre 1996, Ojha/Commissione, cit. sopra al punto 76, punto 58).

161   Nella fattispecie, occorre constatare, da una parte, che il ricorrente ha formato oggetto di un trasferimento contro la sua volontà e, dall’altra, che la decisione impugnata comporta, in particolare, la perdita dell’indennità di condizioni di vita percepita dal ricorrente per la sua assegnazione in Angola, indennità a cui il ricorrente avrebbe diritto, almeno finché, nell’ambito della procedura di mobilità prevista all’art. 2 dell’allegato X dello Statuto, non venga assegnato ad altra sede.

162   Alla luce di tutto quanto precede, vanno respinti gli argomenti della Commissione relativi all’assenza di una disposizione esplicita dello Statuto che richieda che il ricorrente sia preventivamente sentito e al fatto che la decisione impugnata non pregiudica la sua posizione statutaria né modifica i diritti sostanziali conferiti a quest’ultimo dallo Statuto. Ne consegue che il ricorrente doveva essere posto in grado di far valere il suo punto di vista sulla decisione di riassegnazione progettata.

163   Poiché le parti non concordano sull’applicazione di tale misura nel caso di specie, occorre determinare, alla luce degli elementi che figurano agli atti e dei documenti che sono stati prodotti, se il ricorrente abbia potuto far valere il suo punto di vista prima dell’adozione della decisione impugnata.

164   A tal riguardo, risulta innanzitutto dal messaggio di posta elettronica del ricorrente del 4 maggio 2001 diretto alla Commissione che quest’ultimo ha espressamente affermato che«[egli non era] disposto ad accettare il suggerimento del sig. C. di chiedere un trasferimento [verso] un’altra unità, espresso il 25 aprile 2001» e che egli «[pregava la sua direzione] di considerare la possibilità di un intervento per risolvere tale problema».

165   Tale proposta di trasferimento verso un’altra unità formulata dal sig. C. si inserisce nell’ambito dei rapporti conflittuali esistenti tra quest’ultimo e il ricorrente, rapporti iniziati sin dal momento in cui il ricorrente si è stabilito a Luanda. Infatti, il ricorrente stesso ha osservato nella sua nota 29 agosto 2001 che il sig. C. aveva pubblicamente espresso dubbi sulla sua competenza in occasione del loro primo incontro.

166   Così, dal 25 aprile 2001, il ricorrente era informato dal sig. C. della possibilità di chiedere il suo trasferimento presso un’altra unità e ha potuto, in tale occasione, prendere posizione, manifestando il suo disaccordo riguardo a tale possibilità.

167   Tali rapporti conflittuali si sono protratti e, in particolare, il 6 agosto 2001, ha avuto luogo un vivace alterco tra il ricorrente ed il sig. C., in seguito al quale sono state redatte la nota del sig. C. del 14 agosto 2001 e la risposta del ricorrente del 29 agosto 2001, le quali, come emerge dagli accertamenti operati dal Tribunale ai precedenti punti 100‑104, dimostrano la persistenza di rapporti conflittuali fra il ricorrente ed il sig. C.

168   La nota della Commissione 14 novembre 2001, in cui viene osservato che il ricorrente, informato della proposta di riassegnazione che lo riguarda, vi si è opposto, si inserisce in tale contesto.

169   Dalla data in cui tale nota è stata redatta risulta che essa è intervenuta in tempore non suspecto. A tal riguardo, lo svolgimento dei fatti consente di verificare la costanza dei rapporti conflittuali esistenti tra il ricorrente ed il sig. C., ragione per la quale il ricorrente è stato informato della proposta con cui si progettava la sua riassegnazione.

170   Lo stesso vale per la lettera 21 gennaio 2002, in cui viene asserito che il ricorrente si era messo in contatto con l’unità «Risorse umane e informatica» della direzione «Sostegno operativo» della DG «Sviluppo» in relazione alla proposta relativa al suo trasferimento in sede nell’interesse del servizio.

171   Semplici affermazioni, non suffragate da elementi pertinenti, come quelle formulate dal ricorrente, non possono, nelle circostanze del caso di specie, consentire di rimettere in discussione le asserzioni formulate dalla Commissione in due occasioni, vale a dire nelle lettere 14 novembre 2001 e 21 gennaio 2002, dalle quali risulta che il ricorrente era stato informato di una proposta di trasferimento in sede e che egli aveva manifestato la sua opposizione a tale progetto.

172   Da tutte le considerazioni che precedono risulta che occorre considerare che il ricorrente ha potuto prendere posizione ed esprimere il suo disaccordo sulla proposta di riassegnazione che lo riguardava e che è culminata nell’adozione della decisione impugnata. Poiché tale decisione era, per di più, intervenuta in un contesto che, come è già stato statuito, gli era perfettamente noto, il ricorrente non può validamente sostenere che la detta decisione è stata adottata in violazione dei suoi diritti della difesa.

173   Il quarto motivo deve quindi essere respinto.

 Sul quinto motivo, relativo ad uno sviamento di potere

 Argomenti delle parti

174   In primo luogo, il ricorrente ritiene che la decisione impugnata sia inficiata da sviamento di potere dal momento che il provvedimento adottato nei suoi confronti non è evidentemente necessario per conseguire gli scopi che la Commissione sostiene di essersi prefissata e che quest’ultima si riferisce a una «condotta» del ricorrente lasciando quindi presumere una colpa, pur sostenendo, al contempo, che la decisione controversa non ha carattere disciplinare.

175   Dal contesto complessivo in cui è stata adottata la decisione impugnata emergerebbe che la finalità perseguita dalla Commissione non era meramente organizzativa, bensì di allontanare il ricorrente dall’Angola e dalle funzioni da lui ivi rivestite, senza il rispetto delle necessarie guarentigie previste per situazioni del genere.

176   Ciò sarebbe confermato dai fatti successivi al deposito del ricorso, in particolare dalla decisione 7 ottobre 2002, di rigetto del reclamo, in cui si osserva che «(…) serie differenze di opinioni erano sorte tra il [ricorrente] ed i suoi superiori culminando in una relazione conflittuale, almeno in parte come risultato della sua propria condotta (…)». Quindi, l’asserita relazione conflittuale sarebbe attribuita, almeno in parte, ad una non ben precisata e presunta condotta del ricorrente.

177   Inoltre, il provvedimento adottato nei suoi confronti, anziché porre termine alla suddetta relazione conflittuale, sarebbe stato tale da acuirla, in quanto i suoi superiori gerarchici, a parte il capo delegazione, sarebbero in servizio presso la sede della Commissione a Bruxelles.

178   Infine, tale relazione conflittuale, che il ricorrente considera piuttosto come manifestazione di un atteggiamento persecutorio nei suoi confronti da parte del suo superiore gerarchico, sarebbe cessata il 29 agosto 2001, laddove la decisione impugnata sarebbe stata emanata circa sette mesi dopo tale data. Il ricorrente aggiunge che la Commissione era a conoscenza della imminente cessazione delle funzioni del sig. C. quale capo delegazione, nell’ambito della normale procedura di avvicendamento in seno all’istituzione, nel momento in cui essa ha adottato la decisione impugnata.

179   In secondo luogo, il ricorrente ritiene che lo sviamento di potere risulti dall’inopportunità della decisione impugnata. Infatti, il provvedimento di riassegnazione adottato nei suoi confronti, qualora contribuisse al potenziamento della Direzione generale a Bruxelles, sarebbe in aperto contrasto con le direttive impartite dalla Commissione nella sua relazione al Consiglio sull’applicazione dell’allegato X dello Statuto [regolamento (Euratom, CECA, CEE) del Consiglio 5 ottobre 1987, n. 3019, che stabilisce disposizioni particolari e derogatorie applicabili ai funzionari delle Comunità europee con sede di servizio in un paese terzo (GU L 286, pag. 3), anno 2000] [COM (2001) 497 def.], il cui art. 2 prevede una redistribuzione del personale con la quale «si intende (…) riequilibrare le risorse e potenziare le delegazioni che presentano maggiori necessità in termini di funzioni dei pubblici poteri». Inoltre, la Commissione non avrebbe tenuto conto del mutamento della situazione politica in Angola e del prossimo trasferimento di due dipendenti la cui anzianità di permanenza in Angola sarebbe stata più elevata di quella del ricorrente.

180   La Commissione contesta di aver commesso uno sviamento di potere.

 Giudizio del Tribunale

181   Va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, la nozione di sviamento di potere ha una portata ben definita che si riferisce all’utilizzo dei propri poteri da parte di un’autorità amministrativa per uno scopo diverso da quello per il quale le sono stati conferiti. Una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottata allo scopo di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati (v. sentenza della Corte 5 giugno 2003, causa C‑121/01 P, O’Hannrachain/Parlamento, Racc. pag. I‑5539, punto 46; sentenze del Tribunale 11 giugno 1996, causa T‑118/95, Anacoreta Correia/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-283 e II‑835, punto 25, Séché/Commissione, cit. sopra al punto 116, punto 139; Campoli/Commissione, cit. sopra al punto 80, punto 62, e 14 ottobre 2004, causa T‑389/02, Sandini/Corte, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 123).

182   Va altresì ricordato che, qualora una decisione non sia stata giudicata in contrasto con l’interesse del servizio, non si può parlare di sviamento di potere (sentenza 14 luglio 1983, causa 176/82, Nebe/Commissione, Racc. pag. 2475, punto 25; sentenze del Tribunale 10 luglio 1992, cause riunite T‑59/91 e T‑79/91, Eppe/Commissione, Racc. pag. II‑2061, punto 57; 17 novembre 1998, causa T‑131/97, Gómez de Enterría y Sanchez/Parlamento, Racc. PI pagg. I-A-613 e II‑1855, punto 62, e Campoli/Commissione, cit. sopra al punto 80, punto 63).

183   Orbene, come è stato precedentemente accertato nell’ambito dell’esame del motivo relativo alla violazione del dovere di sollecitudine e del principio di buona amministrazione, la decisione di riassegnazione è stata adottata nell’interesse del servizio.

184   Ne consegue che il quinto motivo deve essere respinto.

 Sul sesto motivo, relativo ad una violazione del «principio del contrarius actus»

 Argomenti delle parti

185   Il ricorrente rileva che, in forza del «principio del contrarius actus», per adottare un atto che annulla una decisione precedente, si deve osservare una procedura identica a quella prevista per l’adozione dell’atto annullato. Dal momento che le tradizioni costituzionali degli Stati membri sono basate su tale principio, quest’ultimo farebbe pertanto parte del diritto comunitario.

186   A tale proposito, egli contesta alla Commissione il fatto di non averlo invitato a esporre le sue ragioni nell’ambito della procedura di adozione della decisione impugnata mentre era in congedo di malattia in Italia, tanto più che quest’ultima gli è maggiormente pregiudizievole della decisione annullata. Quindi, il fatto che egli si trovasse in Italia al momento dell’adozione della decisione impugnata non può aver impedito alla Commissione di invitarlo, per iscritto, a esporre le sue ragioni, poiché tale fatto non le ha impedito di notificargli la decisione impugnata, come essa avrebbe del resto ammesso.

187   Inoltre, egli osserva che la Commissione era tenuta a chiedere due pareri al comitato, il primo anteriormente all’adozione della decisione 11 gennaio 2002 e il secondo tra la data di adozione di tale decisione e quella di adozione della decisione impugnata, il 18 marzo 2002. Orbene, ciascuna di tali decisioni si riferirebbe a un parere del suddetto comitato senza che sia precisata la data della relativa emanazione. Pertanto, non vi sarebbero elementi da cui risulti che questi due pareri siano stati richiesti dalla Commissione.

188   La Commissione contesta tutte le censure sollevate dal ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

189   Va ricordato che l’art. 254, n. 3, CE dispone che «le decisioni sono notificate ai loro destinatari e hanno efficacia in virtù di tale notificazione».

190   Inoltre, risulta da una giurisprudenza costante, da una parte, che un vizio procedurale concernente esclusivamente le modalità dell’adozione definitiva di una decisione non vizia la validità delle misure preparatorie di tale decisione precedenti alla fase nella quale il vizio è stato accertato (sentenze della Corte 13 novembre 1990, causa C‑331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I‑4023, punto 34, e 12 novembre 1998, causa C‑415/96, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑6993, punto 32; sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. II‑931, punti 189 e 250) e, dall’altra, che le irregolarità nel procedimento di notificazione di una decisione sono esterne all’atto e non possono viziarlo (sentenza della Corte 14 luglio 1972, causa 52/69, Geigy/Commissione, Racc. pag. 787, punto 18; sentenze del Tribunale 24 gennaio 1991, causa T‑27/90, Latham/Commissione, Racc. pag. II‑35, punto 29, e W/Commissione, cit. sopra al punto 132, punto 183).

191   Ne consegue che, anche supponendo che la notifica della decisione 11 gennaio 2002 fosse viziata, spettava alla Commissione riprendere il procedimento a partire dalla fase in cui è stata commessa l’irregolarità. Procedendo in tal modo, la Commissione non può vedersi contestata alcuna illegittimità.

192   Ciò premesso, la Commissione non doveva sollecitare un secondo parere del comitato sul provvedimento di riassegnazione deciso poiché, secondo la giurisprudenza menzionata sopra al punto 190, la revoca della decisione 11 gennaio 2002 non ha inficiato le sue misure preparatorie, tra cui la consultazione di tale comitato.

193   Per quanto riguarda la censura relativa al fatto che la Commissione non ha invitato il ricorrente ad esporre i suoi argomenti al momento dell’adozione della decisione impugnata, è giocoforza constatare che tale censura rientra nel motivo relativo alla violazione dei diritti della difesa, che è stato respinto ai precedenti punti 156-173.

194   Risulta da quanto precede che il sesto motivo deve essere respinto.

 Sul settimo motivo, relativo ad una violazione del «principio di trasparenza»

 Argomenti delle parti

195   Il ricorrente fa valere, in primo luogo, che la Commissione non ha indicato in modo chiaro se il conflitto esistesse esclusivamente con il capo delegazione o se riguardasse una pluralità di persone e, in caso affermativo, quali fossero.

196   In secondo luogo, per quanto attiene alla nota 14 novembre 2001, il ricorrente rileva che vi figura un appunto scritto a mano, da cui risulta che il capo delegazione sarebbe stato informato per telefono. Egli aggiunge di ignorare quando, da chi e di che cosa il capo delegazione sarebbe stato informato, nonché l’identità della persona che avrebbe effettuato la detta annotazione e il momento in cui quest’ultima sarebbe stata apposta sul documento.

197   In terzo luogo, nella nota 14 novembre 2001, si fa riferimento a una nota del 13 novembre 2001 che non sarebbe mai stata notificata al ricorrente né portata a sua conoscenza.

198   In quarto luogo, la Commissione non gli avrebbe mai comunicato se essa avesse chiesto al comitato di emanare uno o due pareri né l’avrebbe informato in merito al suo o al loro contenuto.

199   In ultimo luogo, egli sostiene che la Commissione non gli ha ancora fornito una spiegazione plausibile in merito alle differenze esistenti tra la decisione impugnata e quella dell’11 gennaio 2002, differenze che costituirebbero per lui un ulteriore pregiudizio.

200   La Commissione chiede al Tribunale di dichiarare tale motivo irricevibile, in quanto si tratta di un motivo nuovo che non può essere invocato in tale fase del procedimento e, in via subordinata, di dichiararlo infondato.

 Giudizio del Tribunale

–       Sulla ricevibilità

201   Va ricordato che un motivo dedotto per la prima volta nella replica dev’essere dichiarato ricevibile alla luce dell’art. 48, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura solo nella misura in cui sia fondato su elementi emersi soltanto durante il procedimento (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 9 febbraio 1994, causa T‑109/92, Lacruz Bassols/Corte di giustizia, Racc. PI pagg. I‑A‑31 e II‑105, punto 67).

202   A tale riguardo, anche se è vero che il ricorrente non ha espressamente fatto riferimento, nel suo ricorso, alla violazione di un «principio di trasparenza», va constatato che tutti questi argomenti si riferiscono a elementi che sono emersi dopo la proposizione del ricorso.

203   Infatti, da una parte, l’affermazione secondo cui il ricorrente era in rapporti conflittuali con altri superiori gerarchici è stata enunciata solo nella decisione esplicita di rigetto del reclamo del 7 ottobre 2002, che è stata comunicata al Tribunale dalla Commissione con lettera 28 ottobre 2002, e che quindi è successiva alla proposizione del ricorso in esame. D’altra parte, la nota 14 novembre 2001 nonché la decisione 11 gennaio 2002 sono state comunicate dalla Commissione in allegato al controricorso, mentre la nota 13 novembre 2001 è stata allegata alla controreplica.

204   Ne consegue che la censura di irricevibilità sollevata dalla Commissione deve essere respinta.

–       Nel merito

205   In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento del ricorrente secondo cui la Commissione avrebbe violato il «principio di trasparenza» considerando che egli aveva rapporti difficili con persone diverse dal sig. C., esso va respinto per le medesime ragioni esposte ai precedenti punti 113 e 114.

206   In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui il ricorrente non sarebbe stato informato dalla Commissione delle circostanze in cui l’annotazione manoscritta «Il sig. [C.] informato telefonicamente» è stata apposta sulla nota 14 novembre 2001, basta constatare che, come emerge dai precedenti punti 89-105, la decisione impugnata era basata su elementi di cui la Commissione disponeva al momento della sua adozione, vale a dire l’esistenza di rapporti conflittuali, che il ricorrente conosceva, ed è stata adottata nell’interesse del servizio. L’osservazione scritta a mano figurante sulla detta nota non può quindi avere alcuna incidenza sulla legittimità della decisione impugnata.

207   In terzo luogo, per quanto riguarda la nota 13 novembre 2001, va constatato che la Commissione l’ha allegata alla sua controreplica.

208   Tuttavia, è giocoforza constatare anche che questa nota si limita a menzionare le circostanze in cui la nota 14 agosto 2001 del sig. C. è stata redatta, e a precisare segnatamente che il ricorrente desiderava far apportare talune modifiche a tale nota, da lui proposte al sig. C. con nota 29 agosto 2001. Peraltro, il ricorrente non ha precisato, durante la trattazione orale, in che modo egli sarebbe pregiudicato dalla mancata comunicazione della nota interna 13 novembre 2001.

209   In quarto luogo, quanto all’asserito obbligo della Commissione di sollecitare un secondo parere del comitato, è giocoforza constatare che, per le ragioni indicate ai precedenti punti 191 e 192, alla Commissione non incombeva alcun obbligo in tal senso.

210   Infine, quanto alla censura relativa alle differenze esistenti tra la decisione impugnata e la decisione 11 gennaio 2002, differenze che avrebbero causato un ulteriore danno al ricorrente, essa va respinta per la medesima ragione esposta al precedente punto 83.

211   Alla luce delle considerazioni che precedono, il settimo motivo dev’essere respinto.

 Sull’ottavo motivo, relativo ad una violazione dell’art. 25, secondo comma, dello Statuto

 Argomenti delle parti

212   Il ricorrente contesta alla Commissione il fatto di non avergli notificato la decisione 11 gennaio 2002, essendo venuto in possesso di una copia di quest’ultima solo quando gli è stato notificato il controricorso.

213   La Commissione reputa che ciò che rileva ai fini del presente procedimento sia unicamente la decisione impugnata, non presentando quest’ultima alcuna differenza rispetto alla decisione 11 gennaio 2002 con riferimento alla posizione del ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

214   A tale riguardo, basti constatare che questo motivo riguarda una decisione che è stata revocata dalla Commissione, che non può quindi avere prodotto alcun effetto e che non è oggetto del presente ricorso.

215   L’ottavo motivo deve quindi essere respinto.

 Sul nono motivo, relativo ad una violazione dell’art. 26, quarto comma, dello Statuto

 Argomenti delle parti

216   In primo luogo, il ricorrente censura la Commissione per aver essa fatto esplicito riferimento, nella nota 14 novembre 2001, all’organizzazione sindacale alla quale egli ha inviato la nota 29 agosto 2001, il che costituirebbe un gravissimo attentato alla sua riservatezza. Infatti, con tale comportamento, la Commissione avrebbe divulgato le sue opinioni al destinatario della nota 14 novembre 2001 nonché a chiunque possa aver letto quest’ultima senza che tale divulgazione fosse necessaria ad un’esauriente esposizione degli eventi, il che sarebbe del resto vietato dall’art. 26, quarto comma, dello Statuto.

217   In secondo luogo, egli ritiene che il fatto di non aver ricevuto la decisione 11 gennaio 2002, che la Commissione dichiara di aver inviato presso la sua dimora in Italia, costituisca un gravissimo danno per la sua riservatezza. Infatti, dal momento che il ricorrente non l’ha ricevuta e il destinatario della nota 31 gennaio 2002, a cui era allegata la detta decisione, risultava essere «Mr M. Marcuccio», il ricorrente ritiene che il danno alla riservatezza risulti dal fatto che tali documenti possano esser caduti in mani estranee.

218   La Commissione sostiene che tale asserita violazione avrebbe eventualmente dovuto essere rilevata in un’autonoma impugnazione della nota 14 novembre 2001.

219   Quanto al merito, essa sostiene che la menzione contenuta nella nota 14 novembre 2001 non costituisce una violazione dell’obbligo di riservatezza, posto che detta nota si limiterebbe a menzionare il fatto che il ricorrente avesse dato pubblicità alla sua situazione inviandola a vari destinatari, fra cui diverse direzioni generali della Commissione e un’organizzazione sindacale, tra l’altro senza precisare, in particolare, se il ricorrente vi aderisse.

 Giudizio del Tribunale

220   Secondo l’art. 26, quarto comma, dello Statuto, nel fascicolo personale del dipendente non può figurare alcuna indicazione relativa alle opinioni politiche, filosofiche o religiose di quest’ultimo.

221   Nella fattispecie, è giocoforza constatare, tuttavia, che, anche supponendo che le censure relative alla circostanza che la Commissione abbia identificato, nella nota 14 novembre 2001, l’organizzazione sindacale a cui il ricorrente aveva inviato la sua nota 29 agosto 2001 nonché al fatto che la decisione 11 gennaio 2001 possa esser caduta in mani estranee, abbiano potuto costituire una violazione della vita privata, tali censure non possono avere alcuna conseguenza circa la legittimità della decisione impugnata.

222   Ne consegue che tale motivo deve essere considerato ininfluente.

223   Di conseguenza, tale motivo dev’essere respinto.

 Sul decimo motivo, relativo ad una violazione dell’art. 26, secondo comma, dello Statuto

 Argomenti delle parti

224   Il ricorrente fa valere, nella sua replica, che la Commissione ha violato l’art. 26, secondo comma, dello Statuto non avendogli notificato la nota 13 novembre 2001 e non avendola prodotta, quando invece tale nota riguarda indiscutibilmente la sua condotta, è stata chiaramente alla base della decisione di riassegnazione adottata nei suoi confronti ed è stata quindi utilizzata contro di lui (sentenza 12 novembre 1996, Ojha/Commissione, cit. sopra al punto 76, punto 60).

225   La Commissione sostiene che la nota 13 novembre 2001, da essa allegata alla sua controreplica, è una comunicazione confidenziale del sig. C. al capo unità, il cui contenuto è riassunto nella nota 14 novembre 2001. Poiché la nota 13 novembre 2001 si limiterebbe a segnalare che il ricorrente aveva formulato alcune osservazioni alla nota del 14 agosto 2001 e che le stesse erano state accolte dal sig. C., il fax in questione non può costituire, come sostiene il ricorrente, un documento a carico di quest’ultimo.

 Giudizio del Tribunale

226   Occorre ricordare che, in ossequio al principio del rispetto dei diritti della difesa, il dipendente deve avere la possibilità di pronunciarsi su ogni documento che l’istituzione intenda utilizzare a suo sfavore (sentenza della Corte 1º ottobre 1991, causa C‑283/90 P, Vidrányi/Commissione, Racc. pag. I‑4339, punto 20).

227   Siffatto principio è sancito in particolare nell’art. 26, secondo comma, dello Statuto, in forza del quale l’istituzione non può opporre a un dipendente né produrre contro di lui documenti che interessino la sua posizione amministrativa o relativi alla sua competenza, al suo rendimento o al suo comportamento che non gli siano stati preventivamente comunicati (sentenza Vidrányi/Commissione, cit. sopra al punto 226, punto 21).

228   Inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte e del Tribunale, lo scopo dell’art. 26 è quello di garantire il diritto alla difesa del dipendente evitando che decisioni adottate dall’APN ed incidenti sulla sua posizione amministrativa e sulla sua carriera si basino su fatti concernenti il suo comportamento non menzionati nel fascicolo personale. Da tali disposizioni risulta che una decisione basata su siffatti elementi non è conforme alle garanzie dello Statuto e dev’essere annullata in quanto adottata in seguito ad un procedimento viziato da illegittimità (v. sentenza del Tribunale 28 settembre 1993, causa T‑84/92, Nielsen e Møller/CES, Racc. pag. II‑949, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

229   Occorre, tuttavia, constatare che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, la nota 13 novembre 2001 non menziona assolutamente fatti precisi relativi al suo comportamento, ma si limita a descrivere le circostanze in cui la nota 14 agosto 2001, comunicata al ricorrente, è stata redatta, di modo che essa non doveva essergli comunicata (v., in tal senso, sentenza Nielsen e Møller/CES, cit. sopra al punto 228, punto 62). Infatti, il sig. C. osserva, nella nota 13 novembre 2001, che la nota 14 agosto 2001 è stata redatta in seguito ad un colloquio svoltosi il medesimo giorno tra lui e il ricorrente e che egli gli ha sottoposto il progetto della detta nota 14 agosto, a cui il ricorrente ha proposto modifiche, alcune delle quali sono state accettate dal sig. C.

230   Inoltre, come risulta dai precedenti punti 132‑136, la decisione impugnata, che non fa alcun riferimento, in alcuna forma, alla nota 13 novembre 2001, è basata solo sull’interesse del servizio. Pertanto non è corretto sostenere che la decisione impugnata è basata su tale nota (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 5 marzo 1997, causa T‑96/95, Rozand-Lambiotte/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑35 e II‑97, punti 45 e 46).

231   Di conseguenza, questo motivo dev’essere respinto.

 Sull’undicesimo motivo, relativo a un manifesto errore di valutazione

 Argomenti delle parti

232   Il ricorrente assume che la Commissione ha commesso un manifesto errore di valutazione affermando, nella sua nota 14 novembre 2001, che le difficoltà nelle sue relazioni con il capo delegazione sono perdurate anche dopo il 29 agosto 2001. Infatti, sarebbe indubbio che le sue relazioni professionali con il capo delegazione si sono svolte senza alcuna difficoltà dopo tale data.

233   La Commissione osserva che questo motivo è irricevibile, in quanto si tratta di un motivo nuovo, che non può essere invocato in fase di replica, e, in ogni caso, infondato.

 Giudizio del Tribunale 

–       Sulla ricevibilità

234   Va ricordato che, per le ragioni menzionate sopra ai punti 201 e 202, gli argomenti relativi alla nota 14 novembre 2001 sono stati dichiarati ricevibili.

–       Nel merito

235   Va rilevato che, nell’ambito di tale motivo, il ricorrente si basa esclusivamente sul fatto che l’APN avrebbe erroneamente considerato che i suoi rapporti difficili con il sig. C. si sono protratti oltre il 29 agosto 2001.

236   Orbene, come è stato statuito nell’ambito dell’esame del motivo relativo alla violazione del dovere di sollecitudine, la Commissione, alla luce dei rapporti conflittuali esistenti tra il ricorrente ed il suo superiore gerarchico, poteva legittimamente adottare la decisione impugnata.

237   Inoltre, è stato altresì constatato che la lettera 14 novembre 2001 era stata redatta in tempore non suspecto e che gli elementi del fascicolo consentivano al Tribunale di verificare il protrarsi di tali rapporti conflittuali.

238   Infine, poiché è stato concluso che la Commissione aveva adottato la decisione impugnata nell’interesse del servizio, ne consegue che essa non può aver commesso un errore manifesto di valutazione.

239   Da quanto precede deriva che l’undicesimo motivo è infondato.

2.     Sulla domanda di annullamento delle note 13 e 14 novembre 2001

 Argomenti delle parti

240   Il ricorrente fa valere che le note 13 e 14 novembre 2001 dovrebbero essere annullate.

241   Per quanto riguarda la nota 13 novembre 2001, il ricorrente osserva, nella sua replica, che essa non gli è stata comunicata e che, essendo inerente alla sua condotta, fonderebbe la decisione di riassegnazione e sarebbe stata quindi utilizzata contro di lui.

242   Quanto alla nota 14 novembre 2001, il ricorrente rileva anche che quest’ultima non gli è stata comunicata prima della presentazione del ricorso in esame e che essa farebbe riferimento all’organizzazione sindacale cui il ricorrente ha inviato la nota 29 agosto 2001.

243   La Commissione conclude per il rigetto di questa domanda.

 Giudizio del Tribunale

 Sulla ricevibilità

244   Occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 113 del regolamento di procedura, il Tribunale può in qualsiasi momento rilevare d’ufficio l’irricevibilità per motivi di ordine pubblico. L’esistenza di un atto impugnabile con ricorso per annullamento ai sensi dell’art. 230 CE costituisce un presupposto essenziale di ricevibilità, il cui difetto è stato più volte rilevato (v. sentenza del Tribunale 10 luglio 1990, causa T-64/89, Automec/Commissione, Racc. pag. II-367, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

245   Secondo una costante giurisprudenza, costituiscono atti o decisioni che possono essere oggetto di un’azione di annullamento, ai sensi dell’art. 230 CE, i provvedimenti destinati a produrre effetti giuridici vincolanti idonei ad incidere sugli interessi di chi li impugna, modificando in misura rilevante la situazione giuridica di questo. A questo proposito, si deve osservare che, quando si tratta di atti o di decisioni elaborati in più fasi, costituiscono, in via di principio, atti impugnabili solo i provvedimenti che stabiliscono in modo definitivo la posizione dell’istituzione al termine di tale procedura, ad esclusione dei provvedimenti intermedi che hanno lo scopo di preparare la decisione finale (sentenza della Corte 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639, punti 8 e segg.; sentenze del Tribunale Automec/Commissione, cit. sopra al punto 244, punto 42; 18 dicembre 1992, cause riunite da T-10/92 a T-12/92 e T-15/92, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II-2667, punto 28, e 22 marzo 2000, cause riunite T-125/97 e T-127/97, Coca-Cola/Commissione, Racc. pag. II‑1733, punto 77).

246   Più specificamente, il Tribunale ha dichiarato che, in materia di ricorso di dipendenti, gli atti preparatori di una decisione non arrecano pregiudizio ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto e non possono quindi essere impugnati se non in via incidentale, in occasione di un ricorso contro gli atti impugnabili (v. sentenze del Tribunale 15 giugno 1994, causa T-6/93, Pérez Jiménez/Commissione, Racc. PI pag. I-A-155 e II‑497, punto 34, e 22 marzo 1995, causa T‑586/93, Kotzonis/CES, Racc. pag. II‑665, punto 29).

247   Nella fattispecie, la nota 13 novembre 2001 si limita a valutazioni di carattere fattuale relative, in particolare, alle circostanze in cui è stata redatta la nota 14 agosto 2001.

248   Quanto alla nota 14 novembre 2001, in cui il capo unità «Risorse umane e informatica» della direzione «Sostegno operativo» della DG «Sviluppo» ha proposto alla DG «Relazioni esterne» il trasferimento del ricorrente alla sede della Commissione, va constatato che essa non ha alcun carattere decisionale. Infatti, essa costituisce solo una proposta e quindi un atto preparatorio della decisione di riassegnazione del ricorrente, ma certamente non l’atto decisionale stesso, costituito dalla decisione impugnata.

249   Ne consegue che le note 13 e 14 novembre 2001, poiché non producono alcun effetto giuridico obbligatorio idoneo a ledere gli interessi del ricorrente, non modificando la sua situazione giuridica in modo grave, non possono essere considerate atti arrecanti pregiudizio al ricorrente.

250   La domanda di annullamento delle note 13 e 14 novembre 2001 deve pertanto essere dichiarata irricevibile.

3.     Sulla domanda di annullamento del parere o dei pareri del comitato

 Argomenti delle parti

251   Il ricorrente chiede l’annullamento del parere o dei pareri del comitato, menzionato nel testo sia della decisione 11 gennaio 2002 sia della decisione impugnata, sostenendo di ignorare se si tratti di due pareri o di uno solo ed in quale data sia stato ovvero siano stati emessi, e d’ignorare, altresì, il suo ovvero il loro contenuto.

252   La Commissione chiede il rigetto di tale domanda.

 Giudizio del Tribunale

 Sulla ricevibilità

253   Ai sensi della giurisprudenza, gli atti preparatori di una decisione non sono atti arrecanti pregiudizio in virtù dell’art. 90, n. 2, dello Statuto, e possono, quindi, essere impugnati solo in via incidentale, in occasione di un ricorso avverso gli atti annullabili (v. sentenza Costacurta/Commissione, cit. sopra al punto 159, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

254   Al riguardo è sufficiente constatare, come emerge peraltro dal preambolo della decisione impugnata, in cui si specifica che questa decisione è stata adottata «previo parere del comitato», che un tale parere non costituisce la decisione definitiva, che rientra unicamente nella competenza dell’APN. Il parere del comitato costituisce quindi solo un atto preparatorio e non un atto che arrechi pregiudizio ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto. Ne consegue che la domanda di annullamento di tale parere è irricevibile.

255   Quanto alla censura secondo cui la Commissione avrebbe dovuto chiedere un secondo parere, non si può che constatare che al precedente punto 192 è già stato risposto in senso negativo.

256   Pertanto, la domanda di annullamento del parere o dei pareri del comitato deve essere respinta.

 Sulla domanda di risarcimento danni

1.     Argomenti delle parti

257   Il ricorrente chiede il risarcimento dei danni morali e materiali che ritiene di aver subito.

258   Per quanto riguarda, in primo luogo, il danno morale, il ricorrente lo scompone in psichico, biologico, esistenziale e morale in senso stretto e chiede che la Commissione sia condannata a pagargli la somma di EUR 75 000 a titolo di risarcimento dei danni di natura psichica (EUR 25 000), fisica (EUR 25 000) ed esistenziale (EUR 25 000) e la somma di EUR 15 000 a titolo di risarcimento del danno morale stricto sensu.

259   Per quanto riguarda, in secondo luogo, il danno materiale, il ricorrente chiede, nel suo ricorso introduttivo, il pagamento delle indennità connesse alle sue funzioni in Angola, che non gli sono più state versate dalla data di efficacia del suo trasferimento, il 1° aprile 2002, somma da maggiorarsi degli interessi capitalizzati nella misura del 10% all’anno.

260   Il ricorrente aggiunge, nella sua replica, che il suddetto danno materiale deriva inoltre, in primo luogo, dalla perdita, a partire dal 1° aprile 2001, delle indennità stipendiali e dei benefit connessi con le sue funzioni in Angola (messa a disposizione di un alloggio e rimborso nella misura del 100% delle spese mediche), in secondo luogo, dal mancato godimento, a partire dal 1° aprile 2002, della sua automobile e dei suoi effetti personali rimasti in Angola, in terzo luogo, dalla diminuzione della sua capacità lavorativa.

261   La Commissione contesta che ricorrano, nella fattispecie, le condizioni per far sorgere la sua responsabilità.

2.     Giudizio del Tribunale

262   Occorre ricordare che da una giurisprudenza costante in materia di pubblico impiego risulta che il sorgere della responsabilità della Comunità presuppone il coesistere di un insieme di condizioni relative all’illegittimità del comportamento ascritto all’istituzione, alla realtà del danno e all’esistenza di un nesso di causalità tra l’asserito comportamento e il danno lamentato (sentenze del Tribunale 16 settembre 1998, causa T‑234/97, Rasmussen/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑507 e II‑1533, punto 71; 7 maggio 2003, causa T‑327/01, Lavagnoli/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑143 e II‑691, punto 47, e Huygens/Commissione, cit. sopra al punto 74, punto 51).

263   Quanto all’illegittimità del comportamento contestato all’istituzione interessata, va constatato che, poiché la domanda di annullamento della decisione impugnata non è fondata, la domanda del ricorrente di risarcimento dei pretesi danni morali e materiali subiti a causa dell’adozione della decisione stessa deve essere respinta (sentenze del Tribunale Rasmussen/Commissione, cit. sopra al punto 262, punto 72, e 2 marzo 2004, causa T‑14/03, Di Marzio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 107).

264   Ne consegue che la domanda di risarcimento danni deve essere respinta.

 Sulla domanda di produzione di documenti

1.     Argomenti delle parti

265   Il ricorrente chiede che il Tribunale ingiunga alla Commissione di produrre il suo fascicolo personale, tutta la documentazione medica a lui relativa – di cui sarebbero in possesso il Servizio medico e il Regime comune di assicurazione contro le malattie – nonché tutti gli atti menzionati nella decisione impugnata, in particolare la decisione 11 gennaio 2002, la decisione impugnata e il parere del comitato.

266   La Commissione precisa che essa rimane a disposizione del Tribunale per qualsiasi produzione di documenti.

2.     Giudizio del Tribunale

267   Come risulta da quanto in precedenza esposto, il Tribunale ha potuto statuire utilmente sul ricorso in base a conclusioni, motivi e argomenti esposti in corso di causa e alla luce dei documenti depositati dalle parti (v., in questo senso, sentenze del Tribunale 19 settembre 2001, causa T‑152/00, E/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑179 e II‑813, punto 86, e Huygens/Commissione, cit. sopra al punto 74, punto 145).

268   Occorre dunque respingere la domanda del ricorrente volta ad ottenere che alla Commissione venga ordinato di fornire documenti diversi da quelli già prodotti su richiesta del Tribunale (v., in tal senso, sentenze E/Commissione, cit. sopra al punto 267, punto 87, e Huygens/Commissione, cit. sopra al punto 74, punto 146).

 Sulla domanda di mezzi istruttori

1.     Argomenti delle parti

269   Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia disporre una perizia medico legale al fine di valutare il suo stato patologico, il rapporto causale tra quest’ultimo e i fatti denunciati e le conseguenze invalidanti.

270   Il ricorrente propone, nella sua replica, che il Tribunale voglia disporre la nomina di un perito medico al fine di confermare, limitatamente a quanto di sua competenza, la sussistenza di un nesso causale tra la decisione impugnata ed i danni subiti, ed altresì di quantificarli.

271   La Commissione ritiene che le misure istruttorie richieste dal ricorrente non si rivelino necessarie nel caso di specie.

2.     Giudizio del Tribunale

272   Basti ricordare che spetta al Tribunale valutare l’utilità di mezzi istruttori (sentenze del Tribunale 10 luglio 1992, causa T‑53/91, Mergen/Commissione, Racc. pag. II‑2041, punto 26, e 20 settembre 2001, causa T‑344/99, Recalde Langarica/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑183 e II‑833, punto 34). Nella fattispecie, le domande formulate dal ricorrente devono essere respinte, in quanto gli elementi del fascicolo sono sufficienti per consentire al Tribunale di statuire.

 Sulle spese

273   Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell’art. 88 del medesimo regolamento, nelle cause tra le Comunità e i loro dipendenti le spese sostenute dalle istituzioni restano a loro carico. Ciascuna delle parti sopporterà quindi le proprie spese, comprese quelle relative al procedimento sommario dinanzi al Tribunale.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:


1)      Il ricorso è respinto.











2)      Ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese, comprese quelle relative al procedimento sommario dinanzi al Tribunale.




Vilaras

Martins Ribeiro

Jürimäe

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 novembre 2005.


Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Vilaras











Indice


Contesto normativo

Fatti all’origine della controversia

1.  Rapporti tra il ricorrente e il capo delegazione e decisioni di riassegnazione

2.  Controllo medico del carattere giustificato dell’assenza per malattia

Procedimento

Conclusioni delle parti

Sulla ricevibilità del controricorso

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

Sulle domande di annullamento

1.  Sulla domanda di annullamento della decisione impugnata

Sul primo motivo, relativo a un difetto o a un’insufficienza di motivazione della decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul secondo motivo, relativo alla contraddittorietà della motivazione della decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul terzo motivo, relativo ad una violazione del dovere di sollecitudine e del principio di buona amministrazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul quarto motivo, relativo ad una violazione dei diritti della difesa

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul quinto motivo, relativo ad uno sviamento di potere

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul sesto motivo, relativo ad una violazione del «principio del contrarius actus»

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul settimo motivo, relativo ad una violazione del «principio di trasparenza»

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

–  Sulla ricevibilità

–  Nel merito

Sull’ottavo motivo, relativo ad una violazione dell’art. 25, secondo comma, dello Statuto

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul nono motivo, relativo ad una violazione dell’art. 26, quarto comma, dello Statuto

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul decimo motivo, relativo ad una violazione dell’art. 26, secondo comma, dello Statuto

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sull’undicesimo motivo, relativo a un manifesto errore di valutazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

–  Sulla ricevibilità

–  Nel merito

2.  Sulla domanda di annullamento delle note 13 e 14 novembre 2001

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla ricevibilità

3.  Sulla domanda di annullamento del parere o dei pareri del comitato

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla ricevibilità

Sulla domanda di risarcimento danni

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

Sulla domanda di produzione di documenti

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

Sulla domanda di mezzi istruttori

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

Sulle spese



1 Lingua processuale: l'italiano