Language of document : ECLI:EU:T:2009:306

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

4 settembre 2009 (*)

«Responsabilità extracontrattuale – Indagini dell’OLAF riguardanti irregolarità nelle restituzioni all’esportazione di carne bovina destinata alla Giordania – Comunicazione ad autorità nazionali di informazioni su fatti penalmente rilevanti – Decisione nazionale di recupero delle restituzioni – Costituzione di garanzie – Ricorso per risarcimento danni – Termine di prescrizione – Carattere continuativo del danno – Irricevibilità parziale – Nesso causale»

Nella causa T‑174/06,

Inalca SpA – Industria Alimentari Carni, con sede in Castelvetro,

Cremonini SpA, con sede in Castelvetro,

rappresentate dagli avv.ti F. Sciaudone e C. D’Andria,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. M. Nolin e V. Di Bucci, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso a titolo di responsabilità extracontrattuale diretto ad ottenere il risarcimento del danno che le ricorrenti asseriscono di aver subito in seguito alla comunicazione alle autorità italiane delle conclusioni, implicanti le ricorrenti, derivanti da un’inchiesta condotta dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) allo scopo di verificare la legalità di talune restituzioni all’esportazione di carne bovina destinata alla Giordania,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Sesta Sezione),

composto dai sigg. A.W.H. Meij (relatore), presidente, V. Vadapalas, nonché dalla sig.ra K. Jürimäe, giudici

cancelliere: sig. E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

 Fatti

1        Le ricorrenti, la Cremonini SpA (anteriormente la Inalca SpA; in prosieguo: la «Cremonini») e la Inalca SpA – Industria Alimentari Carni (anteriormente la Ultrocchi Carni SpA; in prosieguo: la «Inalca»), appartengono ad un gruppo di società attivo nella produzione e distribuzione di prodotti destinati alla ristorazione e nella ristorazione. La Cremonini è la società capogruppo. La Inalca, per parte sua, è una controllata della Cremonini e svolge le sue attività nel settore della macellazione e della lavorazione delle carni bovine.

2        In seguito ad un’inchiesta condotta in Giordania nei mesi di febbraio e marzo 1998, nell’ambito del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli, le cui modalità erano disciplinate, all’epoca dei fatti, dal regolamento (CEE) della Commissione 27 novembre 1987, n. 3665, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli (GU L 351, pag. 1), l’Unità di coordinamento della lotta antifrode (UCLAF), precursore dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), con lettera del 6 luglio 1998 ha informato le autorità italiane che, su un totale di t 37 978 di carne bovina esportata al di fuori della Comunità europea senza alcuna dichiarazione doganale di immissione sul mercato giordano, t 2 272 provenivano dall’Italia.

3        In tale lettera, l’UCLAF rilevava che le relative restituzioni «[erano] state percepite indebitamente dagli esportatori sulla base di prove di arrivo e destinazione non valide, quali dichiarazioni di transito o dichiarazioni di riesportazione (senza immissione in consumo preliminare), oltre che sulla base di attestati di immissione in consumo emessi da società di sorveglianza, per le quali si [era] stabilito che non si fonda[vano] su alcuna dichiarazione [di] immission[e] in consumo».

4        L’UCLAF ha successivamente attirato l’attenzione delle autorità italiane sui fondamenti normativi delle future azioni da avviare alla luce di tali circostanze, ricordando, in particolare, che, «in applicazione dell’articolo 11, paragrafo 1, 4° e 5° capoverso del Regolamento [n.] 3665/87, l’esportatore [sarebbe stato] obbligato a pagare un importo negativo corrispondente, secondo i casi, al punto a) o al punto b) [del primo comma del] paragrafo 1».

5        Infine, sulla base dei suoi accertamenti, l’UCLAF ha invitato le autorità italiane a «cercare il nome dell’esportatore per avviare le procedure di recupero delle restituzioni e, se la conoscenza colpevole [fosse stata] stabilita, delle azioni penali».

6        In seguito a detta lettera, la Direzione compartimentale per le contabilità centralizzate del Ministero delle Finanze italiano ha notificato, con lettere del 15 gennaio 1999, alla Inalca e alla Cremonini alcune decisioni di recupero delle restituzioni relative alle esportazioni controverse.

7        La Direzione compartimentale per le contabilità centralizzate del Ministero delle Finanze italiano ha invitato pertanto la Inalca a restituire un importo che ammontava a ITL 2 248 307 130 (pari a EUR 1 161 153,72) e la Cremonini a restituire un importo che ammontava a ITL 8 640 531 045 (pari a EUR 4 462 461,86).

8        Il 16 febbraio 1999 il Ministero delle Finanze italiano ha comunicato i risultati dell’inchiesta dell’UCLAF all’autorità giudiziaria. È stato conseguentemente avviato un procedimento penale a carico dei rappresentanti legali delle ricorrenti per i reati di cui agli artt. 81 e 640 bis del Codice penale italiano, cioè per il concorso formale nel reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

9        Le ricorrenti hanno proposto, contro le suddette misure di recupero, determinati ricorsi amministrativi, con cui hanno rilevato le numerose irregolarità che, a loro avviso, viziavano tali misure.

10      Il 30 novembre 1999, le ricorrenti hanno costituito due polizze fideiussorie per importi che ammontavano rispettivamente ad EUR 1 161 153,72 (contratto n. 994376490) e a EUR 4 462 461,86 (contratto n. 994376491), al fine di ottenere la sospensione del procedimento di recupero delle somme da restituire.

11      Con decisioni 7 marzo 2000, la Direzione centrale dei servizi doganali del Ministero delle Finanze italiano ha respinto i ricorsi amministrativi proposti dalle ricorrenti. Le due decisioni di rigetto indicavano in particolare che le decisioni di recupero «si fond[avano] sugli esiti dell’indagine dell’UCLAF, dalla quale i documenti doganali giordani risulta[va]no falsi, per cui, ferma restando la competenza esclusivamente amministrativa dell’organismo pagatore sulla base del contenuto dei rilievi effettuati, la stessa non poteva non assolvere al compito di recuperare le somme erogate».

12      Detto obbligo di recupero incombente all’amministrazione italiana sulla base dei risultati del rapporto dell’UCLAF è stato ulteriormente confermato all’atto degli incontri che una delle ricorrenti, la Inalca, ha avuto con i funzionari della suddetta direzione allo scopo di risolvere per via amministrativa i problemi in esame.

13      Con decisione 18 dicembre 2002, il Giudice per le indagini preliminari ha archiviato la denuncia depositata dall’amministrazione, ritenendo che i comportamenti dei rappresentanti legali delle società ricorrenti fossero penalmente irrilevanti.

14      Basandosi sul risultato dell’indagine penale, il Tribunale civile di Roma ha constatato, con sentenza emessa il 16 gennaio 2004, che le censure formulate dalla Direzione compartimentale per le contabilità centralizzate del Ministero delle Finanze italiano avverso l’Inalca, a sostegno della decisione di recupero 15 gennaio 1999 che la riguardava, erano prive di fondamento e che la somma di cui detta amministrazione reclamava il rimborso non era dovuta dalla Inalca.

15      Con lettere datate rispettivamente 22 e 23 marzo 2004, l’Agenzia delle dogane del Ministero delle Finanze italiano ha accolto la domanda della Inalca di revocare la decisione di recupero 15 gennaio 1999 che la riguardava e ha svincolato la polizza fideiussoria, avente ad oggetto l’importo di EUR 1 161 153,72, costituita da detta società (contratto n. 994376490). Del pari, con lettere datate rispettivamente 22 e 23 dicembre 2004, tale agenzia ha accolto la domanda della Cremonini di revocare la decisione di recupero 15 gennaio 1999 che la riguardava e ha svincolato la polizza fideiussoria, avente ad oggetto l’importo di EUR 4 462 461,86, costituita da detta società (contratto n. 994376491).

16      Alla luce dei fatti sopra descritti, la Inalca ha chiesto alla Commissione delle Comunità europee, con lettera del 27 gennaio 2005, il risarcimento del danno che essa avrebbe subito in seguito all’indagine avviata dall’UCLAF e alle conclusioni comunicate da quest’ultima alle autorità italiane.

17      Con lettera del 15 aprile 2005, il direttore generale dell’OLAF ha informato la Inalca del fatto che egli non poteva dare seguito a tale domanda di risarcimento, in quanto un eventuale diritto a risarcimento sarebbe comunque, «a norma dell’art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia, totalmente prescritto».

18      Con sentenza emessa il 27 aprile 2005 il Tribunale civile di Roma ha dichiarato che la somma reclamata alla Cremonini dal Ministero delle Finanze italiano, nella decisione di recupero 15 gennaio 1999 che la riguardava, non era dovuta. Esso ha considerato infatti che la versione delle circostanze presentata dagli ispettori dell’UCLAF «risulta[va] in parte documentalmente smentita, ed in parte non compiutamente provata, lasciando verosimilmente propendere per un’altra ricostruzione della vicenda, non penalmente rilevante e altrettanto non idonea a sostenere la pretesa alla restituzione delle somme ricevute».

19      La Commissione, con decisione 3 ottobre 2006, 2006/678/CE, relativa alle conseguenze finanziarie da applicare, nell’ambito della liquidazione delle spese finanziate dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione garanzia, in determinati casi di irregolarità commesse da alcuni operatori (GU L 278, pag. 24), ha depennato dall’elenco delle comunicazioni previste agli artt. 3 e 5 del regolamento (CEE) del Consiglio 4 marzo 1991, n. 595, relativo alle irregolarità e al recupero delle somme indebitamente pagate nell’ambito del finanziamento della politica agricola comune nonché all’instaurazione di un sistema di informazione in questo settore e che abroga il regolamento (CEE) n. 283/72 (GU L 67, pag. 11), le irregolarità nelle restituzioni all’esportazione di carne bovina destinata alla Giordania notificate alla Repubblica italiana.

20      Con lettera del 9 marzo 2006, le ricorrenti hanno inviato alla Commissione una domanda intesa ad ottenere il risarcimento dei danni subiti, valutati per un totale di EUR 2 861 000. La Commissione non ha dato alcun seguito a tale domanda.

 Procedimento e conclusioni delle parti

21      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 giugno 2006, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

22      Con atto distinto, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 settembre 2006, la Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità a norma dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

23      Le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni sull’eccezione di irricevibilità il 16 ottobre 2006.

24      Nel ricorso, le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        accertare la responsabilità extracontrattuale della Comunità;

–        condannare la Commissione al risarcimento dei danni subiti, quantificati in EUR 2 861 000, e al pagamento degli interessi compensativi ad essi relativi, nonché degli eventuali interessi moratori;

–        condannare la Commissione alle spese.

25      Nella sua eccezione di irricevibilità, la Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

26      Nelle loro osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere l’eccezione di irricevibilità;

–        condannare la Commissione alle spese.

27      Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato assegnato alla sesta sezione, cui la presente causa è stata di conseguenza attribuita.

28      A fronte dell’impedimento del giudice T. Tchipev a partecipare al procedimento, il presidente del Tribunale, applicando l’art. 32, n. 3, del regolamento di procedura del Tribunale, ha riattribuito la causa al presidente di sezione A.W.H. Meij in quanto giudice relatore ed ha designato il giudice sig.ra K. Jürimae per integrare la sezione.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

29      Ai sensi dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura, se una parte ne fa domanda, il Tribunale può statuire sull’irricevibilità senza impegnare la discussione nel merito. Ai sensi dell’art. 114, n. 3, il procedimento prosegue oralmente, salvo decisione contraria del Tribunale.

30      Nella fattispecie, il Tribunale si considera sufficientemente edotto dagli atti di causa e decide di statuire senza aprire la fase orale.

 Argomenti delle parti

31      A sostegno della sua eccezione di irricevibilità, la Commissione sostiene che il presente ricorso è irricevibile perché prescritto ai sensi dell’art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia. Essa si riserva peraltro la possibilità di far valere in particolare, in caso di rigetto della presente eccezione, la circostanza che il danno lamentato non possa essere ascritto alla Comunità.

32      La Commissione osserva che il danno lamentato non trova la sua fonte in un atto normativo, bensì nella lettera amministrativa inviata dall’UCLAF alle autorità italiane il 6 luglio 1998. Di conseguenza, il termine di prescrizione sarebbe iniziato a decorrere, al più tardi, poco dopo il 15 gennaio 1999, data in cui le ricorrenti hanno avuto conoscenza di detta lettera, e comunque prima del 24 settembre 1999, data in cui le autorità italiane hanno sollecitato chiarimenti presso l’OLAF, su domanda delle ricorrenti. Sotto questo profilo poco importerebbe che il danno sia stato o no considerato sufficientemente certo.

33      La Commissione precisa che, anche se si è giudicato che il termine di prescrizione non può cominciare a decorrere prima che gli effetti pregiudizievoli di tale atto si siano prodotti, un siffatto ragionamento è valido soltanto in merito ai casi in cui la responsabilità extracontrattuale della Comunità trovi origine in un atto normativo e non nell’ipotesi in cui, come nella fattispecie, il danno di cui si chiede il risarcimento risulti dall’adozione di un atto materiale oppure di natura amministrativa.

34      In subordine, la Commissione fa valere che, anche supponendo che siano applicabili nella fattispecie i principi enunciati in materia di responsabilità per atto normativo, cosa che essa contesta, il danno lamentato si è prodotto al più tardi nel mese di novembre 1999, al momento della firma della polizza fideiussoria da parte delle ricorrenti e della pubblicazione di talune informazioni a mezzo stampa.

35      Infine, sarebbe inconferente qui riferirsi alla «giurisprudenza relativa al carattere continuativo del danno». Infatti, nella fattispecie, gli effetti ascritti dalle ricorrenti alla lettera contestata si sarebbero manifestati istantaneamente.

36      Le ricorrenti chiedono il rigetto dell’eccezione di irricevibilità.

37      Esse asseriscono che, qualunque sia la natura dell’atto in esame, il termine di prescrizione non può iniziare a decorrere prima che siano integrate tutte le condizioni cui è subordinato l’obbligo di risarcimento e, in particolare, prima che si siano prodotti gli effetti pregiudizievoli dell’atto.

38      Orbene, in contrasto con quanto sostenuto dalla Commissione, gli effetti dannosi della lettera contestata non si sarebbero prodotti immediatamente, cioè nel mese di settembre 1999 o, al più tardi, nel mese di novembre 1999, bensì il 3 ottobre 2006, data in cui la Commissione ha formalmente adottato la decisione mediante la quale essa avrebbe definitivamente riconosciuto che il debito che era stato ascritto alle ricorrenti era inesistente.

39      Le ricorrenti fanno inoltre osservare che la posizione della Commissione è in contraddizione con le affermazioni contenute nella sua lettera del 15 aprile 2005, con cui essa respingeva la richiesta di risarcimento presentata dalla Inalca. Infatti, in tale lettera il direttore generale dell’OLAF avrebbe, in particolare, indicato che la Commissione non aveva ancora adottato alcuna decisione definitiva in merito alla regolarità delle restituzioni controverse, corrisposte alle ricorrenti, e che tale decisione sarebbe stata adottata nell’ambito della liquidazione delle spese finanziate dal FEAOG, sezione «Garanzia». Ciò avrebbe lasciato permanere dubbi quanto alla certezza dell’esistenza del danno che le ricorrenti potevano aver subito.

40      Ad ogni buon conto, i danni subiti dalle ricorrenti sarebbero stati quotidiani e avrebbero presentato, conseguentemente, il carattere della continuità e della progressività.

41      Più in particolare, il danno morale, consistente in un pregiudizio alla reputazione delle ricorrenti, provocato dal loro coinvolgimento in procedimenti di carattere amministrativo e giudiziario (civili e penali) sarebbe perdurato fino al 27 aprile 2005, data dell’ultima decisione giudiziaria con la quale i sospetti che gravavano sulla regolarità e la legalità dell’attività delle ricorrenti sono stati «pubblicamente» e ufficialmente cancellati.

42      Quanto al danno emergente derivante dalla conclusione delle polizze fideiussorie nel periodo 1999-2004, nonché dalla retribuzione dei servizi di assistenza e di consulenza legale, ed al lucro cessante derivante dalla riduzione delle disponibilità finanziarie causata dall’impiego di somme destinate alle polizze fideiussorie e alle altre spese sostenute nel contesto della controversia in questione, esse sarebbero perdurate fino al 23 dicembre 2004, data in cui è stata svincolata l’ultima polizza fideiussoria.

43      In tale contesto, le ricorrenti sottolineano che la domanda di risarcimento può essere considerata prescritta esclusivamente per quanto riguarda il periodo che precede di oltre cinque anni la data della proposizione del presente ricorso.

 Giudizio del Tribunale

44      Ai sensi dell’art. 46 dello Statuto della Corte, applicabile, in conformità all’art. 53 dello stesso Statuto, alla procedura dinanzi al Tribunale, le azioni contro le Comunità in materia di responsabilità extracontrattuale si prescrivono in cinque anni a decorrere dal momento in cui avviene il fatto che dà loro origine.

45      Risulta, peraltro, dall’art. 288 CE e dall’art. 46 dello Statuto della Corte che la responsabilità extracontrattuale della Comunità e il conseguente diritto al risarcimento del danno dipendono da un complesso di condizioni relative all’esistenza di un illecito delle istituzioni comunitarie, di un danno reale e di un nesso di causalità tra di essi (sentenza della Corte 27 gennaio 1982, cause riunite 256/80, 257/80, 265/80, 267/80 e 5/81, Birra Wührer e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 85, punto 9).

46      Ne deriva che, secondo una giurisprudenza consolidata, il termine di prescrizione dell’azione per responsabilità extracontrattuale della Comunità inizia a decorrere quando sono integrate tutte le condizioni cui è subordinato l’obbligo di risarcimento del danno e, in particolare, quando il danno da risarcire si è concretato [ordinanza della Corte 18 luglio 2002, causa C‑136/01 P, Autosalone Ispra dei Fratelli Rossi/Commissione, Racc. pag. I‑6565, punto 30, e sentenza della Corte 19 aprile 2007, causa C‑282/05 P, Holcim (Deutschland)/Commissione, Racc. pag. I‑2941, punto 29].

47      Ne consegue che, nei casi in cui la responsabilità della Comunità trova la sua origine in un atto normativo, il termine di prescrizione inizia a decorrere quando gli effetti dannosi di tale atto si sono prodotti [sentenza Holcim (Deutschland)/Commissione, citata al precedente punto 46, punto 29]. Del pari, in contrasto con l’asserto della Commissione, nei contenziosi nati, come nella fattispecie, da atti individuali, il termine di prescrizione comincia a decorrere soltanto a partire dal momento in cui il danno si è effettivamente concretizzato [v., in questo senso, sentenza Holcim (Deutschland)/Commissione, citata al precedente punto 46, punti 30-33].

48      Nella fattispecie, in seguito alla lettera dell’UCLAF del 6 luglio 1998, le autorità italiane hanno notificato alle ricorrenti le decisioni di recupero delle restituzioni di cui trattasi con lettere del 15 gennaio 1999. Tali decisioni riconoscevano la facoltà di costituire garanzie allo scopo di evitare il rimborso immediato delle somme dovute.

49      In tale contesto, e lasciando aperta la questione se le decisioni nazionali di recupero summenzionate siano imputabili alla Commissione o allo Stato membro interessato, occorre determinare il momento preciso nel quale gli effetti dannosi lamentati nella lettera controversa si sono effettivamente prodotti nei confronti delle ricorrenti. Per far questo occorre valutare, nell’ordine, i danni materiali e il danno morale di cui le ricorrenti chiedono il risarcimento.

–       Sul danno materiale

50      Le ricorrenti lamentano anzitutto la perdita di somme di denaro consistenti, in primo luogo, nel pagamento dei premi legati alla costituzione delle polizze fideiussorie e, in secondo luogo, nelle spese di assistenza e di consulenza legale, nonché nelle spese relative al personale sostenute nel contesto dei procedimenti avviati a loro carico (damnum emergens). Inoltre, esse affermano di avere anche subito un lucro cessante per la riduzione delle loro disponibilità finanziarie conseguenti alla suddetta perdita finanziaria (lucrum cessans).

51      In primo luogo, va constatato che il danno legato alla costituzione delle polizze fideiussorie presso una società assicurativa si è concretizzato in modo certo a partire dal 30 novembre 1999, data in cui le ricorrenti hanno concluso dette polizze allo scopo di evitare di dover rimborsare immediatamente le somme reclamate dalle autorità italiane.

52      Pertanto, a partire da tale data le ricorrenti erano in grado di proporre un ricorso per responsabilità extracontrattuale della Comunità, in quanto il danno legato alla costituzione di tali polizze era certo per quanto riguada l’«an» e poteva essere valutato nella sua portata [v., in tal senso, sentenza Holcim (Deutschland)/Commissione, citata al precedente punto 46, punti 32 e 33].

53      Occorre peraltro osservare che il termine di prescrizione poteva iniziare a decorrere solo dal momento in cui il danno pecuniario si era effettivamente concretizzato, cioè a partire dal momento in cui, nella fattispecie, si erano prodotte le spese generate dalla costituzione delle polizze fideiussorie [sentenza Holcim (Deuschland)/Commissione, citata al precedente punto 46, punto 33].

54      Orbene, nella fattispecie risulta dal fascicolo che le spese legate alle due polizze fideiussorie si sono prodotte a partire dalla data di conclusione dei contratti, cioè il 30 novembre 1999. Risulta infatti espressamente da detti contratti, conclusi per un periodo iniziale compreso tra il 28 ottobre 1999 e il 28 ottobre 2000, che il pagamento del primo premio annuale era dovuto alla data della loro firma.

55      Ne consegue che non può essere accolto l’argomento delle ricorrenti secondo cui gli effetti pregiudizievoli della lettera controversa si sarebbero prodotti in modo certo soltanto all’atto dell’adozione della decisione 3 ottobre 2006, in cui la Commissione ha constatato che le restituzioni all’esportazione in esame non erano state versate indebitamente. Al riguardo, la circostanza che le ricorrenti avessero ritenuto di non disporre ancora, prima dell’adozione di tale decisione nel contesto della liquidazione delle spese finanziate dal FEAOG, sezione «Garanzia», di tutti gli elementi che consentissero loro di dimostrare in modo adeguato la responsabilità della Comunità nell’ambito del procedimento giudiziario non può tuttavia impedire il decorso del termine di prescrizione. Se così fosse, infatti, si verrebbe a determinare una confusione fra il criterio processuale, relativo all’inizio del termine di prescrizione, e la verifica della sussistenza delle condizioni per la responsabilità, che può, in definitiva, essere svolta soltanto dal giudice adito ai fini del giudizio definitivo sul merito della controversia (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale 17 gennaio 2001, causa T‑124/99, Autosalone Ispra dei Fratelli Rossi/Commissione, Racc. pag. II‑53, punto 24).

56      Occorre peraltro ricordare che, secondo la giurisprudenza, qualora i danni non siano stati causati istantaneamente, ma si siano prodotti nell’arco di un certo periodo, il diritto al risarcimento riguarda periodi successivi (sentenza del Tribunale 31 gennaio 2001, causa T‑76/94, Jansma/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑243, punto 78). In particolare, qualora l’importo delle spese bancarie aumenti in proporzione al numero dei giorni trascorsi durante i quali le garanzie sono in vigore, il danno lamentato presenta carattere continuativo e non è limitato alla sola costituzione delle garanzie [sentenza Holcim (Deutschland)/Commissione, citata al precedente punto 46, punti 34 e 35].

57      Sebbene la giurisprudenza citata al punto precedente si riferisca esclusivamente a danni che si riproducono quotidianamente, ne deriva più in generale che tutti i danni che si riproducono nel corso di periodi successivi e che aumentano in proporzione al tempo trascorso devono essere considerati di carattere continuativo.

58      Nella fattispecie, risulta dagli elementi del fascicolo che le polizze fideiussorie di cui trattasi contenevano una clausola di tacito rinnovo per il caso in cui, alla scadenza del periodo annuo che giungeva a maturazione il 28 ottobre, il beneficiario, cioè l’Agenzia delle Dogane del Ministero delle Finanze italiano, non avesse svincolato le cauzioni. Orbene, queste ultime erano state costituite per sospendere il procedimento di recupero sino alla decisione sulla legittimità delle decisioni di recupero 19 gennaio 1999. Tali cauzioni sono state svincolate soltanto in seguito alla pronuncia della sentenza del Tribunale civile di Roma 16 gennaio 2004. Di conseguenza, a partire dalla loro conclusione il 30 novembre 1999 fino al loro svincolo, le polizze fideiussorie sono state oggetto, il 29 ottobre di ogni anno, di un tacito rinnovo che ha dato luogo al pagamento da parte delle ricorrenti di un premio annuo ad una compagnia assicurativa.

59      Ne deriva che i danni lamentati, rappresentati dalle spese legate alla costituzione delle polizze fideiussorie, sostenute dalle ricorrenti, hanno carattere continuativo in quanto sono stati reiterati ogni anno, nel giorno in cui i contratti venivano rinnovati e i premi annui erano dovuti.

60      Quando il pregiudizio ha carattere continuativo, la prescrizione contemplata all’art. 46 dello Statuto della Corte si applica al periodo che precede di oltre cinque anni la data dell’atto interruttivo, senza ledere i diritti sorti durante i periodi successivi [v. sentenza del Tribunale 21 aprile 2005, causa T‑28/03, Holcim (Deutschland)/Commissione, Racc. pag. II‑1357, punto 70, e giurisprudenza ivi citata].

61      Ai sensi dell’art. 46 dello Statuto della Corte, la prescrizione è interrotta sia dall’istanza presentata alla Corte, sia dalla preventiva richiesta che il danneggiato può rivolgere all’istituzione competente. In quest’ultimo caso l’istanza deve essere proposta nel termine di due mesi previsto dall’art. 230 CE; le disposizioni di cui all’art. 232, secondo comma, CE, sono, quando ne sia il caso, applicabili.

62      Nella fattispecie, una prima domanda di risarcimento rivolta dalle ricorrenti alla Commissione con lettera del 27 gennaio 2005 veniva respinta da detta istituzione con lettera del 15 aprile 2005. Tale decisione di rigetto non è stata oggetto di ricorso di annullamento nel termine prescritto. Le ricorrenti hanno presentato alla Commissione una seconda domanda di risarcimento con lettera del 9 marzo 2006, rimasta senza risposta (v. il precedente punto 20).

63      In tal contesto, le ricorrenti sostengono giustamente che il termine di prescrizione è stato interrotto con la proposizione del presente ricorso il 27 giugno 2006. Ne consegue che il presente ricorso per risarcimento danni è prescritto con riferimento alle spese legate alla costituzione delle polizze fideiussorie sostenute dalle ricorrenti più di cinque anni prima di tale data, cioè prima del 27 giugno 2001.

64      Per contro, il presente ricorso è ricevibile nei limiti in cui è inteso ad ottenere il risarcimento dei danni legati alla costituzione delle polizze fideiussorie subiti continuativamente dalle ricorrenti nel periodo successivo al 27 giugno 2001.

65      Nella fattispecie, risulta dal fascicolo che i premi annui legati alla costituzione delle polizze fideiussorie erano dovuti, come si è già constatato, in seguito al tacito rinnovo di tali contratti, il 29 ottobre di ogni anno (v. il precedente punto 58). Le cauzioni sono state svincolate rispettivamente il 23 marzo 2004, per quanto riguarda il contratto della polizza fideiussoria n. 994376490, e il 22 dicembre 2004, per quanto riguarda il contratto della polizza fideiussoria n. 994376491.

66      Ne deriva che il presente ricorso è ricevibile in quanto diretto ad ottenere il risarcimento delle perdite collegate al pagamento dei premi connessi alla costituzione delle polizze fideiussorie e dovuti, da una parte, in seguito al tacito rinnovo nel 2001, nel 2002 e nel 2003, del contratto della polizza fideiussoria n. 994376490 e, dall’altra, in seguito al tacito rinnovo nel 2001, nel 2002, nel 2003 e nel 2004, del contratto della polizza fideiussoria n. 994376491.

67      In secondo luogo, per quanto concerne le spese sostenute per servizi di assistenza e consulenza legale, nonché le spese relative al personale generate dalla gestione delle pratiche in parola, le ricorrenti si limitano ad affermare, nel ricorso, che «si tratta di oneri che [esse] sono state costrette a sostenere nel corso del lungo iter amministrativo per difendersi dalle accuse dell’UCLAF, poi rivelatesi infondate». Nelle loro osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, esse fanno valere soltanto che tali danni presentavano carattere continuativo e sono perdurati fino al 23 dicembre 2004, data alla quale è stata svincolata l’ultima cauzione.

68      Ai sensi dell’art. 21 dello Statuto della Corte, nonché dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, l’atto introduttivo del ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia è necessario, affinché un ricorso sia considerato ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano, anche solo sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto introduttivo stesso. Risulta da una costante giurisprudenza che, per soddisfare tali obblighi, l’atto di ricorso diretto ad ottenere il risarcimento dei danni causati da un’istituzione comunitaria deve indicare gli elementi che consentano di individuare il comportamento che il ricorrente addebita all’istituzione, le ragioni per cui questi ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento e il danno che afferma di aver subito, nonché la natura e l’entità di tale danno (sentenza del Tribunale 13 dicembre 2006, causa T‑304/01, Abad Pérez e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑4857, punto 44).

69      In particolare, per quanto riguarda il danno lamentato, l’atto di ricorso deve contenere gli elementi che consentano di individuarlo e di valutarne la natura e l’entità, per consentire alla convenuta di preparare le sue difese (sentenze del Tribunale 30 settembre 1998, causa T‑149/96, Coldiretti e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑3841, punto 47, e 29 ottobre 1998, causa T‑13/96, TEAM/Commissione, Racc. pag. II‑4073, punto 29). Peraltro, soltanto in presenza di circostanze particolari – di cui il ricorrente deve dimostrare l’esistenza – non è indispensabile precisare nell’atto introduttivo l’entità esatta del danno e stimare esattamente l’importo del risarcimento chiesto (ordinanza del Tribunale 5 febbraio 2007, causa T‑91/05, Sinara Handel/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑245, punto 110, e sentenza del Tribunale 28 gennaio 2009, causa T‑125/06, Centro Studi Manieri/Consiglio, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 100).

70      Nella fattispecie, dall’argomentazione delle ricorrenti (v. il precedente punto 67), interpretata alla luce dell’esposizione dei fatti che figura nel ricorso, risulta che esse hanno chiaramente indicato nel loro atto introduttivo che la loro domanda di risarcimento si riferisce alle spese di assistenza e consulenza legale, nonché alle spese relative al personale occasionate, da una parte, dal ricorso amministrativo e dal ricorso giurisdizionale che esse hanno proposto, rispettivamente, nel 1999 e nel 2000 avverso le decisioni nazionali di recupero delle restituzioni all’esportazione in esame e, dall’altra, dal procedimento penale avviato a carico dei loro dirigenti in seguito alla comunicazione, il 16 febbraio 1999, dei risultati dell’indagine dell’UCLAF al pubblico ministero.

71      Tuttavia, in contrasto con quanto asserito dalle ricorrenti, i danni costituiti dalle spese di assistenza e consulenza legale e dalle spese relative al personale, occasionate da tale circostanza, presentano carattere istantaneo, in quanto si sono effettivamente concretizzate alla data d’avvio di ciascuna di tali procedure, cioè, secondo le indicazioni fornite dalle ricorrenti, a partire dal 1999, per quanto riguarda i ricorsi amministrativi e il procedimento penale, ed a partire dal 2000, per quanto riguarda i ricorsi giurisdizionali proposti dalle ricorrenti contro le decisioni nazionali di recupero delle restituzioni alle esportazioni di cui trattasi.

72      In effetti, i danni summenzionati, pur non potendo essere quantificati in modo definitivo fin dall’avvio delle suddette procedure, risultavano in modo certo dall’avvio di tali procedure ed erano sufficientemente prevedibili fin da tale data. Essi si sono concretizzati al più tardi nel momento in cui i legali delle ricorrenti sono intervenuti per la prima volta in seguito all’avvio di ciascuna delle procedure summenzionate. L’argomento delle ricorrenti secondo cui tali danni avrebbero presentato carattere continuativo fino al 23 dicembre 2004, data dello svincolo dell’ultima cauzione, non può pertanto essere accolto, in quanto detti danni non erano costituiti da spese rinnovabili che aumentavano in proporzione al tempo trascorso (v. i precedenti punti 56 e 57).

73      Ne risulta che il presente ricorso per risarcimento danni è prescritto per quanto riguarda i danni costituiti dalle spese di assistenza e consulenza legale e dalle spese relative al personale, lamentati dalle ricorrenti, nei limiti in cui tali danni si sono verificati nel 1999 e nel 2000, cioè più di cinque anni prima della data d’interruzione del termine di prescrizione, effettuata mediante la proposizione del presente ricorso, il 27 giugno 2006 (v. il precedente punto 63).

74      Infine, per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno che esse asseriscono di aver subito sotto forma di lucro cessante a causa della riduzione delle disponibilità finanziarie conseguenti al summenzionato pagamento dei premi collegati alla costituzione delle polizze fideiussorie e alle citate spese di assistenza e consulenza giuridica, nonché relative al personale, le ricorrenti si limitano a sostenere genericamente che sarebbe stato possibile utilizzare le somme così perdute per partecipare a gare d’appalto che richiedevano il versamento di una cauzione. Data la sua astrattezza, tale domanda manca della precisione necessaria e deve pertanto essere dichiarata irricevibile ai sensi dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, in conformità alla giurisprudenza (v. il precedente punto 69).

75      Alla luce di quanto precede, occorre constatare che sono ricevibili soltanto le domande di risarcimento del danno materiale, costituito dalle perdite causate dal pagamento dei premi collegati alla costituzione delle polizze fideiussorie e dovuti a partire dal 27 giugno 2001.

–       Sul danno morale

76      Le ricorrenti fanno valere, inoltre, di aver subito un danno morale sotto forma di un pregiudizio arrecato alla loro reputazione commerciale per il coinvolgimento in procedimenti amministrativi, civili e penali.

77      Va constatato che il presente ricorso per risarcimento danni è prescritto per quanto riguarda il danno morale lamentato, derivante dal coinvolgimento delle ricorrenti e dei loro dirigenti nei procedimenti suddetti, nei limiti in cui tale danno si è concretizzato al momento dell’avvio di detti procedimenti, nel 1999 e nel 2000, cioè più di cinque anni prima della proposizione del presente ricorso.

78      Al riguardo, non può essere accolto l’argomento delle ricorrenti secondo cui tale danno avrebbe presentato carattere continuativo fino alla pronuncia della sentenza del Tribunale civile di Roma 27 aprile 2005. Infatti, anche ammettendo che il danno morale lamentato sia perdurato fino alla data summenzionata, ciò non toglie che esso si sia integralmente verificato a partire dal coinvolgimento delle ricorrenti e dei loro dirigenti nei procedimenti summenzionati, nel 1999 e nel 2000. Secondo la giurisprudenza, tale pregiudizio, che non si è rinnovato e che non è aumentato in proporzione al tempo trascorso, non può essere assimilato ad un danno continuativo (v. i precedenti punti 56 e 57).

79      Inoltre, ed in ogni caso, le ricorrenti si limitano ad invocare un pregiudizio arrecato alla loro reputazione commerciale causata dal loro coinvolgimento in procedimenti amministrativi, civili e penali, senza fornire la minima indicazione con riferimento a tale pregiudizio. Orbene, il semplice asserto dell’esistenza di tale pregiudizio, nel ricorso, non è sufficiente per individuare il danno morale di cui le ricorrenti chiedono il risarcimento. La domanda di risarcimento del danno morale manca, quindi, della precisione necessaria e deve, per questo motivo e in ogni caso, essere dichiarata irricevibile, ai sensi dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, in conformità alla giurisprudenza (v. il precedente punto 69).

80      Alla luce di quanto precede, la domanda di risarcimento del danno morale deve essere dichiarata manifestamente irricevibile.

81      Ne consegue che il presente ricorso è ricevibile esclusivamente nei limiti in cui è inteso ad ottenere il risarcimento del danno derivante dal pagamento dei premi collegati alla costituzione delle polizze fideiussorie a partire dal 27 giugno 2001. Esso deve essere dichiarato irricevibile per il resto.

 Nel merito

82      Ai sensi dell’art. 111 del regolamento di procedura, quando un ricorso è manifestamente infondato in diritto, il Tribunale può, senza proseguire il procedimento, statuire con ordinanza motivata.

83      Nella fattispecie, il Tribunale, considerandosi sufficientemente edotto dagli atti di causa, decide di statuire nel merito senza proseguire il procedimento.

84      Occorre ricordare che, come risulta da una giurisprudenza consolidata, in forza dell’art. 288, secondo comma, CE, la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito dei suoi organi presuppone che siano soddisfatte varie condizioni, vale a dire l’illiceità del comportamento di cui si fa carico all’istituzione, la realizzazione effettiva di un danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento fatto valere e il danno lamentato (sentenze della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16, e del Tribunale 14 dicembre 2005, causa T‑383/00, Beamglow/Parlamento e a., Racc. pag. II‑5459, punto 95).

85      Quando uno dei tre presupposti per la sussistenza di una responsabilità della Comunità non ricorre, le domande di risarcimento devono essere respinte, senza che sia necessario esaminare se ricorrano gli altri due presupposti (sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa C‑146/91, KYDEP/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑4199, punto 81, e sentenza del Tribunale 20 febbraio 2002, causa T‑170/00, Förde-Reederei/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑515, punto 37).

86      Del resto, il giudice comunitario non è tenuto ad esaminare il ricorrere di tali presupposti in un ordine determinato (sentenza della Corte 9 settembre 1999, causa C‑257/98 P, Lucaccioni/Commissione, Racc. pag. I‑5251, punti 13‑15).

87      Nella fattispecie, il Tribunale considera opportuno esaminare anzitutto la condizione relativa all’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento addebitato alla Commissione e il danno lamentato, consistente nel pagamento dei premi collegati alla costituzione delle polizze fideiussorie a partire dal 27 giugno 2001.

88      Secondo la giurisprudenza, il danno deve derivare in modo sufficientemente diretto dal comportamento contestato e costituire la causa determinante del pregiudizio (v. sentenze della Corte 4 ottobre 1979, cause riunite 64/76, 113/76, 167/78, 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, Dumortier e a./Consiglio, Racc. pag. 3091, punto 21, e del Tribunale 10 maggio 2006, causa T‑279/03, Galileo International Technology e a./Commissione, Racc. pag. II‑1291, punto 130, e giurisprudenza ivi citata).

89      Nella fattispecie, con le lettere del 15 gennaio 1999 alle ricorrenti è stato imposto di rimborsare, rispettivamente, EUR 1 161 153,72 e EUR 4 462 461,86. Allo scopo di ottenere la sospensione di tale decisione, le ricorrenti hanno preferito costituire polizze fideiussorie invece di procedere al rimborso immediato delle somme suddette.

90      In tale contesto, e senza che sia necessario pronunciarsi sulla questione dell’imputabilità alla Comunità del danno causato dalle decisioni nazionali di recupero 15 gennaio 1999 e, in particolare, sul nesso di causalità tra tale pregiudizio e la lettera dell’UCLAF del 6 luglio 1998, è sufficiente constatare che, comunque, il danno derivante dalla costituzione delle polizze fideiussorie non è stato direttamente causato dalla lettera dell’UCLAF del 6 luglio 1998.

91      Infatti, secondo una giurisprudenza ben consolidata, quando una decisione che impone il pagamento di un’ammenda riconosce la facoltà di costituire una garanzia destinata a garantire il pagamento dell’ammenda e degli interessi moratori in attesa dell’esito di un ricorso proposto avverso detta decisione, il danno che consiste nelle spese per la costituzione della garanzia non deriva da tale decisione, bensì dalla scelta personale dell’interessato di non dare immediatamente esecuzione all’obbligo di rimborso, ma di costituire una garanzia [v., per analogia, sentenza 21 aprile 2005, Holcim (Deutschland)/Commissione, citata al precedente punto 60, punto 123].

92      Allo stesso modo, nella fattispecie, si deve constatare che la scelta di costituire polizze fideiussorie era lasciata alla libera discrezionalità delle ricorrenti e non rivestiva alcuna obbligatorietà derivante dall’adozione delle decisioni nazionali di recupero 15 gennaio 1999. Infatti, se le ricorrenti avessero optato per il rimborso immediato delle sovvenzioni all’esportazione, avrebbero evitato di dover pagare le spese collegate alla costituzione di dette polizze.

93      Alla luce di quanto precede e anche supponendo che, come sostengono le ricorrenti, l’intervento delle autorità italiane non fosse idoneo a interrompere il nesso di causalità tra il comportamento contestato alla Commissione e il danno lamentato – il che resta indimostrato –, non può comunque esistere un nesso di causalità diretto tra tale comportamento, cioè la trasmissione della lettera del 6 luglio 1998 alle autorità italiane, che le ha informate dei risultati dell’indagine condotta in Giordania dall’UCLAF e che è stata all’origine delle lettere di rimborso delle autorità italiane alle ricorrenti, e il danno lamentato, cioè il pagamento delle spese relative alle polizze fideiussorie costituite dalle ricorrenti presso una società assicurativa allo scopo di sospendere il rimborso immediato delle sovvenzioni all’esportazione.

94      Pertanto, il presente ricorso per risarcimento danni proposto dalle ricorrenti ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE, nei limiti in cui è ricevibile, deve essere dichiarato manifestamente infondato in diritto, senza che occorra esaminare gli altri due presupposti per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale della Comunità.

95      Da quanto precede risulta che il presente ricorso deve essere dichiarato in parte irricevibile e in parte manifestamente infondato in diritto.

 Sulle spese

96      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate a sopportare tutte le spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

così provvede:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Inalca SpA – Industria Alimentari Carni e la Cremonini SpA sono condannate alle spese.

Lussemburgo, 4 settembre 2009

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

      A.W.H. Meij


* Lingua processuale: l’italiano.