Language of document : ECLI:EU:T:2001:52

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

14 febbraio 2001 (1)

«Concorrenza - Distribuzione di autoveicoli - Rigetto di una denuncia - Ricorso di annullamento»

Nella causa T-26/99,

Trabisco SA, con sede in Cognac (Francia), rappresentata dall'avv. J.-C. Fourgoux, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dai signori G. Marenco e L. Guérin, quindi dal sig. M. Marenco e dalla sig.ra F. Siredey-Garnier, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda diretta all'annullamento della decisione della Commissione 17 novembre 1998 che rigetta una denuncia della ricorrente fondata sull'art. 85 del Trattato CE (divenuto art. 81 CE)

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dai sigg. J. Pirrung, presidente, A. Potocki e A.W.H. Meij, giudici,

cancelliere: J. Palacio Gonzáles, amministratore

vista la fase scritta del procedimento ed in seguito alla trattazione orale del 20 settembre 2000,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti e procedimento

1.
    La ricorrente, la Trabisco SA, esercita, secondo l'estratto del registro delle imprese e delle società del Tribunal de commerce di Saintes, che essa ha allegato in conformità dell'art. 44, n. 5, del regolamento di procedura del Tribunale, l'attività di acquisto e vendita di qualsiasi veicolo, pezzo di ricambio e riparazioni.

2.
    Citata da concessionari di autoveicoli delle marche Peugeot e Citroën dinanzi al Tribunal de commerce di Saintes per imporle il divieto a norma della legislazione nazionale in materia di concorrenza sleale, dell'importazione parallela di veicoli nuovi e di veicoli d'occasione con meno di 3 000 km., il 4 luglio 1994 la ricorrente ha presentato alla Commissione una denuncia ai sensi dell'art. 3, n. 2, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204), contro il costruttore di autoveicoli delle marche Peugeot e Citroën (PSA) e contro taluni dei suoi concessionari o agenti.

3.
    Con tale denuncia, si era essenzialmente addebitato alla PSA ed ai suoi concessionari di essersi concertati per intentare azioni in giudizio avverso la ricorrente ed avverso imprese che esercitano attività similari allo scopo di ottenere informazioni sulle loro fonti di approvvigionamento e sulle tariffe praticate ondefrapporre ostacoli, a detrimento dei consumatori, ai prezzi competitivi praticati da importatori paralleli. La denuncia si riferiva ad altre denunce, relative a fatti analoghi, presentate dalle società Massol e SGA.

4.
    Il 18 agosto 1994, la ricorrente ha inoltrato alla Commissione, da un lato, documenti provenienti dalla PSA relativi al «sistema di bivalenza» in materia di anno di costruzione di un autoveicolo e, dall'altro, articoli di stampa concernenti denunce rivolte da altri rivenditori alla Commissione.

5.
    Il 6 novembre 1995, la Commissione ha indirizzato alla ricorrente una comunicazione ai sensi dell'art. 6 del regolamento (CEE) della Commissione 25 luglio 1963, n. 99/63/CEE, relativo alle audizioni previste all'art. 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 17 del Consiglio (GU 1963, n. 127, pag. 2268).

6.
    Il 4 dicembre 1995 la ricorrente ha fatto pervenire le proprie osservazioni su tale comunicazione ed ha presentato nuovi documenti.

7.
    Il 17 dicembre 1997 la Commissione ha inviato al rappresentante della ricorrente una lettera in cui invitava quest'ultima ed altre due imprese rappresentate dal medesimo avvocato a riflettere, alla luce della sentenza della Corte 15 febbraio 1996, causa C-226/94, Grand garage albigeois e a. (Racc. pag. I-651), sull'opportunità di ritirare le loro denunce di modo che la Commissione potesse procedere alla loro archiviazione. Con lettera 26 gennaio 1998, l'avvocato della ricorrente si è opposto all'archiviazione delle denunce in questione, indicando che i denuncianti accettavano che le loro denunce fossero riunite allo scopo di facilitare il compito della Commissione.

8.
    Nella controversia all'origine della denuncia della ricorrente, il Tribunal de commerce di Saintes ha emesso una pronuncia il 7 maggio 1998, che condanna i concessionari, i quali avevano rinunciato al procedimento per concorrenza sleale, a versare il risarcimento dei danni alla ricorrente. Un ricorso in appello avverso tale pronuncia è pendente dinanzi alla Cour d'appel di Poitiers.

9.
    Con decisione 17 novembre 1998, la Commissione ha respinto la denuncia della ricorrente (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

10.
    Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 25 gennaio 1999, la ricorrente ha proposto un ricorso diretto all'annullamento di tale decisione.

11.
    Con decisione del Tribunale 6 luglio 1999, il giudice relatore è stato assegnato alla Seconda Sezione, alla quale, di conseguenza, tale causa è stata assegnata.

12.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di passare alla fase orale. Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale all'udienza del 20 settembre 2000.

Conclusioni delle parti

13.
    La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione impugnata;

-    darle atto che essa si riserva il diritto di presentare un ricorso contro la Commissione sulla base dell'art. 215 del Trattato CE (divenuto art. 288 CE);

-    condannare la Commissione alle spese.

14.
    La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

-    dichiarare irricevibile la domanda diretta a che il Tribunale dia atto alla ricorrente che essa si riserva il diritto di presentare un ricorso sulla base dell'art. 215 del Trattato;

-    respingere il ricorso in quanto infondato;

-    condannare la ricorrente alle spese.

Sulla ricevibilità

15.
    La Commissione considera irricevibile la domanda diretta a che il Tribunale dia atto alla ricorrente che essa si riserva il diritto di presentare un ricorso per risarcimento danni contro la Commissione, affermazione che la ricorrente dichiara di non comprendere.

16.
    Il Tribunale ritiene che il contenzioso comunitario non conosce mezzi di ricorso che autorizzino il giudice a «dare atto» ad una parte che essa si riserva il diritto di presentare un ricorso. Tale capo delle conclusioni è quindi irricevibile.

Sul merito

17.
    La ricorrente fa valere, in sostanza, tre motivi.

Sul primo e sul terzo motivo, relativi alla violazione, da parte della Commissione, dei suoi obblighi concernenti l'esame della denuncia e dell'obbligo di motivazione

Argomenti delle parti

18.
    Il primo motivo si articola, in sostanza, in sei parti. Con la prima, la ricorrente fa valere che la Commissione ha posto in non cale i suoi obblighi di perseguire infrazioni al diritto della concorrenza e di istruire la sua denuncia ed ha interpretato in maniera troppo estensiva il proprio potere discrezionale al riguardo.

19.
    La seconda parte del motivo è relativa ad un errore manifesto concernente gli elementi di prova di cui disponeva la Commissione e la valutazione dell'interesse comunitario ad istruire la denuncia. La ricorrente fa valere che la Commissione era adita con numerose denunce dirette contro la PSA e segnalanti comportamenti analoghi a quelli presi in considerazione dalla sua stessa denuncia. Essa è del parere che la Commissione non ha tenuto nella dovuta considerazione l'effetto cumulativo degli elementi di prova portati alla sua attenzione dall'insieme dei denuncianti, effetto che avrebbe giustificato un'istruzione da parte sua. Essa ritiene che a torto la Commissione ha proceduto alla «suddivisione» dei fascicoli invece che alla loro riunione, suggerita dalla ricorrente con lettera 26 gennaio 1998. Con tale addebito la ricorrente fa sostanzialmente valere che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione degli elementi di prova e dell'interesse comunitario a istruire la sua denuncia esaminandola isolatamente e senza tener conto delle altre numerose denunce dirette contro la PSA di cui era investita. La ricorrente ritiene poi che la Commissione ha posto in non cale la gravità dei comportamenti intesi a compartimentare i mercati.

20.
    La terza parte del motivo è fondata su un errore manifesto di valutazione in merito all'esistenza di una concertazione nel contesto dei procedimenti giudiziari avviati contro la ricorrente ed altre imprese che versano nella medesima situazione allo scopo di impedir loro di accedere al mercato in quanto importatori paralleli. La ricorrente è del parere che gli elementi di prova di cui la Commissione disponeva in proposito non necessitavano investigazioni dispendiose per constatare un'infrazione, ma unicamente un'analisi obiettiva.

21.
    La quarta parte del motivo è basata su un errore manifesto di valutazione degli elementi di prova relativi alla compartimentazione dei mercati ed agli ostacoli all'approvvigionamento degli importatori paralleli. La ricorrente cita numerosi esempi di tali ostacoli. Si tratterebbe segnatamente di rifiuti di vendita, di risoluzioni di contratti, di ritardi nella consegna, di pressioni esercitate sui concessionari stranieri della PSA per dissuaderli dal vendere veicoli in vista della loro reimportazione in Francia, della cessazione dell'esportazione di modelli particolarmente ricercati in Francia e del trattamento differenziato dei concessionari stranieri in materia di prezzi, sconti e premi, a seconda della destinazione finale dei veicoli venduti. Essa fa valere che tali pratiche perdurano e che un intervento della Commissione in tal senso si giustifica con riguardo al principio di sussidiarietà.

22.
    Nella replica, la ricorrente addebita alla Commissione di considerarla come rivenditore autonomo e non come intermediario mandatario, quando nessun elemento del fascicolo stabilisce tale qualità di rivenditore autonomo. Essa considera pertanto che la Commissione non può dedurre da elementi degli atti di causa che i rifiuti di vendita sono opposti, dai membri della rete della PSA, solo ai rivenditori autonomi.

23.
    Con la quinta parte del suo motivo, la ricorrente adduce un errore manifesto di valutazione della Commissione relativo alle misure di accompagnamento del «contributo Balladur» le quali, secondo la ricorrente, costituivano una pratica concordata da parte dei costruttori e dei loro concessionari destinata a discriminare i veicoli oggetto di importazioni parallele.

24.
    La sesta parte del primo motivo concerne un errore manifesto di valutazione della Commissione relativo all'utilizzazione del regime francese dell'anno di costruzione di un autoveicolo quale ostacolo alle importazioni parallele. La ricorrente fa valere che le concessioni della Francia nei confronti della Commissione al riguardo non sono state sufficienti ad impedire ai costruttori francesi di automobili di fornire in proposito informazioni ingannevoli ai clienti degli importatori paralleli. Essa fornisce un esempio di tale informazione scorretta e sottolinea che non sempre viene chiuso il fascicolo relativo all'anno di costruzione.

25.
    Con il terzo motivo, la ricorrente fa valere che la decisione impugnata non è motivata a sufficienza.

26.
    La Commissione ritiene che la censura fondata sul fatto che essa non ha proceduto alla riunione delle diverse denunce provenienti dalla ricorrente e da altre imprese versanti in una situazione analoga, potrebbe essere sollevato nel contesto di un ricorso per risarcimento danni, ma che non può costituire motivo di annullamento di una decisione che rigetta una denuncia.

27.
    Quanto alle censure relative a vari errori manifesti di valutazione, la Commissione fa valere che gli elementi di prova avanzati dalla ricorrente non dimostrerebbero l'esistenza delle asserite infrazioni e che un'inchiesta idonea ad accertare se le censure della ricorrente fossero fondate avrebbe richiesto da parte sua l'impiego di mezzi che non era disposta a mettere in opera, tenuto conto dell'interesse del caso e della probabilità di successo. Essa aggiunge che i giudici nazionali erano perfettamente in grado di constatare un'eventuale violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81 CE).

28.
    La Commissione considera irricevibile il terzo motivo, riguardante una violazione dell'obbligo di motivazione, dato che non è corroborato da alcun elemento di fatto o di diritto.

Giudizio del Tribunale

29.
    Gli obblighi della Commissione, quando essa è investita di una denuncia, sono stati definiti da una costante giurisprudenza (v., segnatamente, sentenza della Corte 4 marzo 1999, causa C-119/97, Ufex e a., v., Racc. pag. I-1341, punti 86 e ss.).

30.
    Risulta in particolare da tale giurisprudenza che la Commissione, quando decide di accordare gradi di priorità differenti alle denunce di cui è investita, può non soltanto stabilire l'ordine in cui le denunce saranno esaminate, ma anche respingereuna denuncia per mancanza di interesse comunitario sufficiente alla prosecuzione dell'esame della pratica (v. sentenza del Tribunale 24 gennaio 1995, causa T-5/93, Tremblay e a./Commissione, Racc. pag. II-185, punto 60).

31.
    Il potere discrezionale di cui dispone la Commissione non è però senza limiti. In tal senso la Commissione è vincolata da un obbligo di motivazione quando decide di non proseguire l'esame di una denuncia e tale motivazione dev'essere sufficientemente precisa e dettagliata in modo da consentire al Tribunale di svolgere un effettivo controllo sull'esercizio da parte della Commissione del suo potere discrezionale di definire determinate priorità (v. sentenza Ufex e a./Commissione, citata, punti 89-95). Tale controllo non deve condurre il giudice comunitario a sostituire la propria valutazione dell'interesse comunitario a quella della Commissione, bensì a verificare se la decisione controversa non si basi su fatti materialmente inesatti e non sia viziata da errori di diritto, da manifesti errori di valutazione o da sviamento di potere (v. sentenze del Tribunale 18 settembre 1992, causa T-24/90, Automec/Commissione, Racc. pag. II-2223, punto 80, e 13 dicembre 1999, cause riunite T-9/96 e T-211/96, Européenne automobile/Commissione, Racc. pag. II-3639, punto 29).

32.
    Dalla decisione impugnata non emerge che la Commissione non abbia tenuto conto dei principi derivanti dalla giurisprudenza circa l'estensione dei suoi obblighi. Risulta infatti da tale decisione come la Commissione abbia attentamente esaminato gli elementi addotti dalla ricorrente. Le considerazioni che tale decisione contiene quanto alla valutazione dell'interesse comunitario a proseguire l'istruzione della denuncia non permettono nemmeno di constatare che la Commissione abbia posto in non cale i principi derivanti dalla giurisprudenza comunitaria.

33.
    La seconda parte del primo motivo, relativa alla «suddivisione» dei fascicoli relativi alle diverse denunce dirette contro la PSA ed i suoi concessionari, è diretta a porre in questione la legittimità della decisione impugnata e può quindi essere fatta valere a sostegno di un ricorso di annullamento, contrariamente a quanto ritiene la Commissione.

34.
    Circa la fondatezza di tale parte del motivo, va ricordato che, allorché si tratta di valutare l'interesse comunitario ad istruire una denuncia, la Commissione non deve esaminare quest'ultima isolatamente, ma nel contesto della situazione del mercato interessato in generale. L'esistenza di numerose denunce che addebitano comportamenti simili agli stessi operatori economici rientra negli elementi di cui la Commissione deve tener conto all'atto della sua valutazione dell'interesse comunitario.

35.
    Parimenti la Commissione, quando valuta la probabilità di poter stabilire l'esistenza di un'infrazione e l'estensione delle misure d'istruzione necessarie a tal fine, deve tener conto di tutti gli elementi di prova a sua disposizione e può limitarsi a valutare separatamente gli indizi presentati da ciascun denunciante per concludereche ogni denuncia, isolatamente presa, non è corroborata da elementi sufficienti di prova.

36.
    Tuttavia, la Commissione non è tenuta a «riunire» i procedimenti di esame di varie denunce aventi ad oggetto il comportamento della stessa impresa, in quanto la conduzione dell'istruzione di una denuncia rientra nel potere discrezionale dell'istituzione. In particolare, l'esistenza di numerose denunce di operatori appartenenti a differenti categorie quali, nel contesto della presente causa, rivenditori autonomi, intermediari mandatari e concessionari, non può essere di ostacolo al rigetto di quelle tra le denunce che appaiono, sulla base degli indizi di cui dispone la Commissione, prive di fondamento o di interesse comunitario. Di conseguenza, il fatto di aver trattato separatamente le diverse denunce non può essere considerato, in quanto tale, come irregolare (v., per analogia, sentenza Tribunale 14 maggio 1997, cause riunite T-70/92 e T-71/92, Florimex e VGB/Commissione, Racc. pag. II-693, punti 89-95).

37.
    Nel caso di specie è vero che le numerose denunce dirette contro la PSA sono all'origine di controversie pendenti dinanzi ai giudici comunitari e che gli elementi di prova prodotti nel contesto di tali cause possono originare il sospetto che pratiche illegittime, analoghe a quelle constatate nella decisione della Commissione 28 gennaio 1998, 98/273/CE (IV/35.733 - VW) (GU L 124, pag. 60), in gran parte confermata dalla sentenza del Tribunale 6 luglio 2000, causa T-62/98, Volkswagen/Commissione (Racc. pag. II-0000), esistono anche in seno alla rete di distribuzione della PSA. Inoltre, tali indizi fanno emergere la possibilità che non si tratti di casi isolati i cui effetti sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri sono trascurabili.

38.
    Non è tuttavia provato che la Commissione non abbia tenuto conto nella sua decisione dell'esistenza di tali elementi. Certo, il tenore letterale della decisione impugnata è un poco ambiguo al riguardo. La Commissione si riferisce a più riprese alla situazione individuale della ricorrente e non menziona espressamente le altre denunce che le sono pervenute. Però il rigetto dei vari addebiti sollevati è basato ogni volta su considerazioni di ordine generale che non si limitano ad esaminare la situazione individuale della ricorrente.

39.
    Non sembra, quindi, che la Commissione abbia ignorato il suo obbligo di esaminare l'interesse comunitario alla prosecuzione dell'istruzione nei confronti della PSA nel più generale contesto del comportamento della PSA e dei membri della sua rete in rapporto alle importazioni parallele.

40.
    Va aggiunto che la Commissione, cui erano pervenute numerose denunce dirette non soltanto contro la PSA, ma anche contro altri costruttori, è intervenuta nel settore con la decisione 98/273 (citata al punto 37, supra), e che tale decisione è stata oggetto di un ricorso dinanzi al Tribunale. Dati tali elementi, era legittimo per la Commissione non consacrare risorse considerevoli all'istruzione di un caso simile.

41.
    Ne consegue che le prime due parti del motivo sono infondate.

42.
    Quanto alla terza parte del motivo, relativa alle azioni giudiziarie contro la ricorrente ed altre imprese che esercitano attività similari, l'esistenza di un gran numero di cause relative all'attività dei mandatari e dei rivenditori autonomi non è sufficiente, in mancanza di altre prove, a dimostrare che una concertazione tra la PSA e i suoi concessionari sia all'origine di tali azioni (v. sentenza Européenne automobile/Commissione, citata supra al punto 31, punto 36). Nemmeno è provato che la Commissione abbia commesso un errore manifesto considerando che i giudici nazionali, e segnatamente il Tribunal de commerce di Saintes, investito della controversia relativa alla ricorrente, sono in grado di salvaguardare i diritti che essa deriva dal diritto comunitario. Tale valutazione non può essere infirmata dal fatto che, nella decisione impugnata, la Commissione non si è riferita alla pronuncia emessa da tale giudice il 7 maggio 1998. Infatti, quest'ultima conferma gli argomenti della Commissione senza che ne dipenda la validità del ragionamento figurante nella decisione impugnata. Una volta di più non risulta quindi che la Commissione abbia ignorato l'interesse comunitario ad istruire la denuncia per quanto quest'ultima riguardi le azioni giudiziarie contro la ricorrente.

43.
    Relativamente alla quarta parte del motivo, riguardante un errore manifesto di valutazione degli elementi di prova relativi alla compartimentazione dei mercati ed agli ostacoli all'approvvigionamento degli importatori paralleli, la Commissione distingue con giusta ragione, nella decisione impugnata, la situazione dei rivenditori autonomi da quella degli intermediari mandatari. Per quanto riguarda il rifiuto di vendere alla ricorrente e ad altre imprese che esercitano simili attività, nonché le misure dirette a scoraggiare le vendite dei concessionari stranieri della PSA a tali imprese, il Tribunale constata che gli elementi di prova dedotti dalla ricorrente non sono sufficienti a dimostrare, di per sé, l'esistenza di un'intesa diretta ad ostacolare l'attività degli intermediari mandatari che agiscono conformemente all'art. 3, punto 11, del regolamento (CEE) della Commissione 12 dicembre 1984, n. 123/85, relativo all'applicazione dell'art. 85, n. 3, del Trattato CEE a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il servizio di assistenza alla clientela (GU 1985, L 15, pag. 16). Tali elementi sono stati inoltre oggetto di una spiegazione plausibile da parte della PSA, nel senso cioè che essa si opponeva solamente all'attività dei rivenditori autonomi, cosa che non è contraria al diritto della concorrenza. La Commissione non poteva nella fattispecie ritenere provata un'infrazione (v. sentenze del Tribunale 21 gennaio 1999, cause riunite T-185/96, T-189/96, T-190/96, Riviera auto service e a./Commissione, Racc. pag. II-93, punto 47, e Européenne automobile/Commissione, citata supra al punto 31, punto 37).

44.
    La censura sollevata in proposito nella replica e basata sulla circostanza che la ricorrente non eserciterebbe l'attività di rivenditore autonomo, ma unicamente quella di mandatario, va disattesa. Infatti, nella sua corrispondenza con la Commissione, la ricorrente non ha mai dichiarato espressamente di esercitare l'attività di intermediario mandatario. La descrizione della sua attività, quale risultadalla sua carta intestata, fa pensare che essa esercita l'attività di rivenditore autonomo. Nella sua denuncia, essa segnala di versare nella medesima situazione delle imprese SGA e Massol, che definisce essa stessa «commercianti autonomi». Orbene, quanto alla prima, il Tribunale ha dichiarato che non era provato che esercitasse l'attività di intermediario o rivenditore (sentenza del Tribunale 13 dicembre 1999, cause riunite T-189/95, T-39/96 e T-123/96, SGA/Commissione, Racc. pag. II-3587, punto 50). Per la seconda, la Corte ha avuto l'occasione di constatare che essa esercita l'attività di rivenditore autonomo (sentenza Gran garage albigeois e a., citata supra punto 7).

45.
    Conseguentemente, non può addebitarsi alla Commissione di aver commesso un errore manifesto quanto all'attività della ricorrente. Inoltre, la Commissione non ha fondato la sua decisione su una definizione dell'attività della ricorrente, ma ha soltanto prospettato l'eventualità che la ricorrente esercita l'attività di rivenditore autonomo o di mandatario.

46.
    Circa la quinta parte del primo motivo, riguardante un errore manifesto relativo alle misure adottate dalla PSA a seguito dell'attuazione da pare del governo francese del contributo Balladur, è sufficiente rilevare che il fatto che un costruttore permetta ai suoi concessionari di accordare sconti supplementari senza che ne beneficino le importazioni parallele non può essere considerato una violazione del diritto della concorrenza (v. sentenza Européenne automobile/Commissione, citata supra al punto 31, punto 54).

47.
    Con riguardo alla sesta parte del primo motivo, concernente il comportamento della PSA e dei suoi concessionari in rapporto alla normativa francese relativa all'anno di costruzione di un autoveicolo, i problemi sollevati dalla ricorrente non sono sufficienti a provare l'esistenza di un'intesa illecita in proposito e di un errore manifesto della Commissione.

48.
    Infine, quanto al terzo motivo relativo ad una violazione dell'obbligo di motivazione, va rilevato, in merito all'argomento della Commissione concernente la sua irricevibilità, che tale motivo può essere esaminato d'ufficio dal Tribunale. In proposito, la decisione impugnata contiene un'esposizione chiara delle considerazioni di diritto e di fatto che hanno condotto la Commissione a concludere per l'assenza di un interesse comunitario sufficiente. Conseguentemente, tale motivo non è fondato.

49.
    Ne deriva che il primo ed il terzo motivo sono infondati.

Sul secondo motivo, basato sulla durata non ragionevole del procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione

Argomenti delle parti

50.
    Con il secondo motivo, la ricorrente fa valere che la Commissione deve, conformemente alla giurisprudenza della Corte (sentenza della Corte 18 marzo 1997, causa C-282/95 P, Guérin automobiles/Commissione, Racc. pag. I-1503), emanare una decisione entro un termine ragionevole. Essa ritiene che un termine superiore a quattro anni tra la sua denuncia e la decisione di rigetto non è ragionevole e che ciò giustifica l'annullamento della decisione impugnata.

Giudizio del Tribunale

51.
    Se è vero che la Commissione ha l'obbligo, conformemente alla giurisprudenza della Corte citata dalla ricorrente, di statuire, entro un termine ragionevole, su una denuncia ai sensi dell'art. 3 del regolamento n. 17, il superamento di un termine siffatto, anche supponendo che sia provato, non giustifica necessariamente, in quanto tale, l'annullamento della decisione impugnata.

52.
    Trattandosi dell'applicazione delle regole di concorrenza, il superamento del termine ragionevole può costituire un motivo di annullamento solo qualora si fosse provato che la violazione di tale principio ha comportato una violazione dei diritti della difesa delle imprese interessate. Al di fuori di tale specifica ipotesi, il mancato rispetto del termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo ai sensi del regolamento n. 17 (sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite T-305/94-T-307/94, T-313/94-T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, detta «PVC II», Racc. pag. II-931, punti 121 e 122).

53.
    Va aggiunto che, in una situazione in cui la parte denunciante in base al diritto della concorrenza addebita alla Commissione di aver violato il principio dell'osservanza di un termine ragionevole, in occasione dell'adozione della decisione di rigetto della sua denuncia, l'annullamento della decisione per tale motivo avrebbe come unico effetto un prolungamento supplementare del procedimento dinanzi alla Commissione, il che sarebbe contrario agli interessi della parte denunciante medesima.

54.
    Di conseguenza, il secondo motivo è inefficace.

55.
    Ne consegue che la domanda diretta all'annullamento della decisione impugnata è infondata.

Sulle spese

56.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. La ricorrente risulta soccombente, per cui va condannata alle spese in conformità delle conclusioni della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente sopporterà le spese.

Pirrung
Potocki
Meij

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 febbraio 2001.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

A.W.H. Meij


1: Lingua processuale: il francese.

Racc.