Language of document : ECLI:EU:T:2006:167

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

21 giugno 2006 (*)

«Diritto societario – Direttive 68/151/CEE e 78/660/CEE – Pubblicità dei conti annuali – Protezione del segreto professionale – Violazione dei diritti fondamentali – Fondamento giuridico – Ricorso per risarcimento danni – Irricevibilità»

Nella causa T47/02,

Manfred Danzer, residente in Linz (Austria),

Hannelore Danzer, residente in Linz,

rappresentati inizialmente dagli avv.ti J. Hintermayr, M. Krüger, F. Haunschmidt, G. Minichmayr e P. Burgstaller, successivamente dagli avv.ti Hintermayr, Haunschmidt, Minichmayr, Burgstaller, G. Tusek, T. Riedler e C. Hadeyer,

ricorrenti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dalla sig.ra M. Giorgi Fort e dal sig. M. Bauer, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto, da una parte, una domanda di risarcimento ai sensi dell’art. 288 CE, diretta al risarcimento del danno asseritamente subito dai ricorrenti a causa dell’obbligo di pubblicare talune informazioni nei conti annuali delle società di cui sono amministratori, che risulta dall’art. 2, n. 1, lett. f), della prima direttiva del Consiglio 9 marzo 1968, 68/151/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell’articolo 58, secondo comma, del Trattato (divenuto art. 58, secondo comma, del Trattato CE, divenuto a sua volta art. 48, secondo comma, CE) per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (GU L 65, pag. 8), e dall’art. 47 della quarta direttiva del Consiglio 25 luglio 1978, 78/660/CEE, basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato [divenuto art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato CE, divenuto a sua volta, in seguito a modifica, art. 44, n. 2, lett. g), CE] e relativa ai conti annuali di taluni tipi di società (GU L 222, pag. 11), e, dall’altra, una domanda di constatazione d’invalidità delle disposizioni citate,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione),

composta dal sig. M. Jaeger, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dal sig. O. Czúcz, giudici,

cancelliere: sig. I. Natsinas, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 novembre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo e fattuale della controversia

1        L’art. 2, n. 1, lett. f), della prima direttiva del Consiglio 9 marzo 1968, 68/151/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell’articolo 58, secondo comma, del Trattato (divenuto art. 58, secondo comma, del Trattato CE, divenuto a sua volta art. 48, secondo comma, CE) per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (GU L 65, pag. 8), (in prosieguo: la «prima direttiva società»), nella sua versione in vigore all’epoca dei fatti del caso di specie, prevede che:

«1.      Gli Stati membri adottano le misure necessarie perchè l’obbligo della pubblicità per le società concerna almeno gli atti e le indicazioni seguenti:

(…)

f)      il bilancio ed il conto profitti e perdite di ogni esercizio (…)».

2        Ai sensi dell’art. 6 di tale direttiva:

«Gli Stati membri stabiliscono adeguate sanzioni per i casi di:

–        mancata pubblicità del bilancio e del conto profitti e perdite, come prescritta dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera f)».

3        Ai sensi dell’art. 47, n. 1, della quarta direttiva del Consiglio 25 luglio 1978, 78/660/CEE, basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato CEE [divenuto art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato CE, divenuto a sua volta, in seguito a modifica, art. 44, n. 2, lett. g), CE] e relativa ai conti annuali di taluni tipi di società (GU L 222, pag. 11; in prosieguo: la «quarta direttiva società»), come modificata dalla settima direttiva del Consiglio 13 giugno 1983, 83/349/CEE (GU L 193, pag. 1):

«1. I conti annuali regolarmente approvati e la relazione sulla gestione, nonché la relazione redatta dalla persona incaricata della revisione dei conti formano oggetto di una pubblicità effettuata nei modi prescritti dalla legislazione di ogni Stato membro conformemente all’articolo 3 della [prima direttiva società].

Tuttavia, la legislazione di uno Stato membro può consentire che la relazione sulla gestione non formi oggetto di detta pubblicità. In tal caso, la relazione sulla gestione è tenuta a disposizione del pubblico presso la sede sociale della società nello Stato membro interessato. Deve essere possibile ottenere copia integrale o parziale di questa relazione a semplice richiesta. Il prezzo di tale copia non deve superare il costo amministrativo».

4        Gli artt. 9, 10 e 22-27 di tale direttiva descrivono gli schemi, rispettivamente, della struttura del bilancio e della struttura del conto profitti e perdite che gli Stati membri adottano. Gli artt. 43-45 e 46 descrivono, rispettivamente, il contenuto dell’allegato e della relazione di gestione.

5        Tali disposizioni sono state trasposte nell’ordinamento austriaco con la legge relativa alla redazione del rendiconto (Rechnungslegungsgesetz; BGBl 475/1990) e con la legge di modifica del diritto societario (EU‑GesRÄG; BGBl 304/1996), che emenda taluni articoli del codice commerciale austriaco, (Handelsgesetzbuch; in prosieguo: l’«HGB»). Conformemente alla quarta direttiva società, l’HGB prevede un regime pubblicitario differenziato a seconda delle dimensioni delle società.

6        Il sig. Danzer e la sig.ra Danzer sono, rispettivamente, socio amministratore della società Dan-Küchen Möbelfabrik M. Danzer Gesellschaft mbH (in prosieguo: la «Dan-Küchen Möbelfabrik») e amministratore della società Danzer Holding Gesellschaft mbH (in prosieguo: la «Danzer Holding»), e amministratrice di tali due società (in prosieguo: congiuntamente, le «società interessate»).

7        Poiché hanno reiteratamente rifiutato di sottostare all’obbligo pubblicitario dei conti annuali, secondo quanto previsto dall’HGB, delle società interessate, i ricorrenti si sono visti imporre penali da parte delle autorità austriache competenti. All’epoca dei fatti, i ricorrenti avrebbero dunque pagato una somma di 334 940 scellini austriaci (ATS), pari a EUR 24 341,04, mentre altre penali sarebbero state ancora prevedibili, per un importo di EUR 20 800.

8        I ricorrenti hanno contestato alcune di tali penali dinanzi ai giudici austriaci competenti. I ricorsi dei ricorrenti sono stati respinti, in particolare, dall’Oberlandesgericht Linz (tribunale regionale superiore di Linz) e dall’Oberster Gerichtshof (Corte suprema austriaca) con due ordinanze, rispettivamente il 20 giugno ed il 31 gennaio 2002. In tale occasione, l’Oberster Gerichtshof ha considerato in particolare che la legislazione austriaca in questione era compatibile con il diritto comunitario e con i diritti fondamentali nonché con i principi di obiettività e di proporzionalità. Inoltre ha stabilito che non si doveva accogliere la richiesta dei ricorrenti volta ad adire la Corte di giustizia in via pregiudiziale.

 Procedimento e conclusioni delle parti

9        Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 27 febbraio 2002, i ricorrenti hanno presentato il ricorso in esame.

10      Con ordinanza del presidente della Quarta Sezione del Tribunale 8 luglio 2003, il procedimento nella causa di cui trattasi è stato sospeso fino alla decisione della Corte che ha concluso la causa nei procedimenti riuniti C-435/02 e C‑103/03, tra la Springer AG e la Zeitungsverlag Niederrhein GmbH & Co. Essen KG e Hans-Jürgen Weske, in base all’art. 77, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, a causa della affinità dei problemi posti in tali casi.

11      Con decisione 13 settembre 2004 relativa alla composizione delle Sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Terza Sezione, a cui è stata attribuita, di conseguenza, la causa di cui trattasi.

12      Il 23 settembre 2004, la Corte ha deliberato con ordinanza sulle cause citate (ordinanza della Corte 23 settembre 2004, cause riunite C‑435/02 e C‑103/03, Springer, Racc. pag. I‑8663; in prosieguo: l’«ordinanza Springer»).

13      Il procedimento nell’ambito della causa di cui trattasi è stato ripreso a seguito dell’adozione dell’ordinanza Springer. Il Tribunale (Terza Sezione) ha invitato le parti a far conoscere le loro osservazioni sui provvedimenti da prendere nel ricorso in esame. Queste hanno comunicato le loro osservazioni il 22 e il 26 novembre 2004.

14      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di aprire la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del regolamento di procedura, ha invitato i ricorrenti a rispondere ad alcuni quesiti scritti. Si è ottemperato a tale richiesta.

15      Le difese orali e le risposte delle parti ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza del 16 novembre 2005.

16      In questa occasione, il Tribunale ha preso atto della revoca da parte dei ricorrenti della loro domanda iniziale volta alla constatazione d’invalidità delle disposizioni controverse.

17      I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        condannare il Consiglio a versare, entro un termine di quattordici giorni, la somma di EUR 24 341,04, salvo sviluppi;

–        condannare il Consiglio alle spese.

18      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile;

–        in via subordinata, dichiararlo infondato;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

 In diritto

 Argomenti delle parti

19      Il Consiglio, senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità, contesta la ricevibilità del ricorso per il fatto che, da una parte, questo tende in realtà all’annullamento dell’art. 2, n. 1, lett. f), della prima direttiva società e dell’art. 47 della quarta direttiva società (in prosieguo: le «disposizioni controverse») e, dall’altra, che i ricorrenti avrebbero dovuto, prima di adire il Tribunale, attendere l’esito del ricorso da essi proposto dinanzi l’Oberster Gerichtshof contro le penali inflitte dal Landesgericht Linz (tribunale regionale di Linz). Infatti, risulterebbe dalla giurisprudenza della Corte, che, nel caso in cui un singolo si consideri leso dall’applicazione di un atto normativo comunitario ritenuto illegittimo, dispone della possibilità, se l’esecuzione dell’atto è affidata alle autorità nazionali, d’impugnare l’atto stesso, in occasione di tale esecuzione, dinanzi al giudice nazionale, facendo causa all’autorità interna. Detto giudice può, o persino deve, nelle ipotesi contemplate dall’art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), sottoporre alla Corte una questione relativa alla validità dell’atto comunitario impugnato. Tuttavia, l’esperimento di questa azione può garantire in modo efficace la tutela dei singoli solo se può portare al risarcimento del danno asserito (sentenza della Corte 12 aprile 1984, causa 281/82, Unifrex/Commissione e Consiglio, Racc. pag. 1969, punto 11).

20      Orbene, nel caso di specie, qualora la Corte, adita in via pregiudiziale da parte dell’Oberster Gerichtshof, dichiarasse l’invalidità delle disposizioni controverse, tale giudice sarebbe tenuto ad annullare le penali di cui trattasi dato che il ricorso di cui trattasi diventerebbe senza oggetto.

21      In udienza, il Consiglio ha tuttavia ammesso che i ricorrenti hanno esaurito tutti i rimedi giurisdizionali di cui disponevano in Austria, dal momento che l’Oberster Gerichtshof aveva respinto, con ordinanza 31 gennaio 2002, la loro richiesta di annullamento di alcune penali e aveva precisato, in tale occasione, che non accoglieva la richiesta dei ricorrenti diretta ad effettuare un rinvio pregiudiziale per valutare la validità delle disposizioni controverse.

22      Il Consiglio, ha tuttavia confermato i suoi dubbi in merito alla ricevibilità del ricorso nella parte in cui è volto, in realtà, ad ottenere dal Tribunale una constatazione generale di illegittimità delle disposizioni controverse che le autorità austriache ed il legislatore comunitario dovrebbero prendere in considerazione. Orbene, secondo il Consiglio, ciò non può essere oggetto di un ricorso per risarcimento.

23      I ricorrenti osservano che le penali inflitte dal Landesgericht Linz, dedotte nell’ambito del ricorso in esame, sono state confermate dall’Oberster Gerichtshof e sono state già riscosse. Inoltre, gli Stati membri non avrebbero disposto di alcun margine discrezionale nel recepimento delle disposizioni incondizionate della prima e della quarta direttiva società, di modo che l’obbligo di pubblicità che arreca pregiudizio alle parti ricorrenti sarebbe imputabile alla Comunità, anche qualora le penali di cui trattasi fossero state stabilite sul fondamento delle disposizioni austriache rilevanti.

24      Infine, i ricorrenti ritengono che i loro diritti possono essere efficacemente tutelati soltanto con la proposizione del ricorso in esame, dato che i giudici austriaci competenti hanno rifiutato di effettuare un rinvio per valutare la validità dinanzi alla Corte, pur essendovi tenuti e anche se la validità delle disposizioni controverse poteva legittimamente essere messa in discussione. Essi sostengono, a tale riguardo, che il riferimento alla sentenza della Corte 4 dicembre 1997, causa C‑97/96, Daihatsu Deutschland (Racc. pag. I‑6843), da parte dell’Oberlandesgericht Linz e dell’Oberster Gerichtshof nelle ordinanze che respingevano il loro ricorso è privo di rilevanza nel caso di specie. Essi concludono da quanto precede che, benché il ricorso per risarcimento dinanzi al giudice comunitario abbia soltanto un carattere subordinato rispetto ai rimedi giurisdizionali nazionali in esame, il ricorso deve essere considerato ricevibile, tenuto conto del fatto che i detti rimedi non consentono di assicurare in modo efficace la tutela dei loro diritti, conformemente alla giurisprudenza della Corte (sentenze della Corte 26 febbraio 1986, causa 175/84, Krohn/Commissione, Racc. pagg. 97, e 30 maggio 1989, causa 20/88, Roquette frères/Commissione, Racc. pag. 1553).

 Giudizio del Tribunale

25      Il Consiglio ha inizialmente sollevato, in sostanza, due eccezioni di irricevibilità, attinenti, rispettivamente, al mancato esaurimento dei rimedi giurisdizionali nazionali di cui dispongono i ricorrenti ed al fatto che il ricorso per risarcimento di cui trattasi è diretto, in realtà, ad ottenere l’annullamento delle disposizioni controverse.

26      Per quanto riguarda il primo di tali elementi, il Consiglio ha ammesso in udienza che esso non era più fondato, poiché l’Oberster Gerichtshof ha respinto il ricorso proposto dai ricorrenti contro le penali di cui trattasi, come risulta del resto dagli allegati della replica. Gli argomenti del Consiglio che risultano nella memoria di difesa e che sono volti al rigetto del ricorso a causa di un mancato esaurimento dei rimedi giurisdizionali nazionali devono essere dunque disattesi.

27      Per quanto riguarda, tuttavia, il secondo elemento sollevato dal Consiglio, il Tribunale rammenta che, secondo una giurisprudenza costante, l’azione risarcitoria ex art. 288, secondo comma, CE è un mezzo autonomo, dotato di una particolare funzione nell’ambito del regime delle impugnazioni e subordinato, quanto al suo esercizio, a condizioni attinenti al suo specifico oggetto. Essa differisce dall’azione di annullamento in quanto tende ad ottenere non già l’eliminazione di un atto determinato, bensì il risarcimento del danno causato da un’istituzione (sentenze della Corte 2 dicembre 1971, causa 5/71, Zuckerfabrik Schöppenstedt/Consiglio, Racc. pag. 975, punto 3; Krohn/Commissione, cit. supra al punto 24, punti 26 e 32, e 17 maggio 1990, causa C-87/89, Sonito e a./Commissione, Racc. pag. I-1981, punto 14). Il principio dell’autonomia dell’azione di risarcimento trova quindi giustificazione nel fatto che tale azione si contraddistingue da quella di annullamento per via del suo oggetto (sentenza del Tribunale 24 ottobre 2000, causa T-178/98, Fresh Marine/Commissione, Racc. pag. II-3331, punto 45).

28      Su questo fondamento è stato statuito che un ricorso per risarcimento danni va dichiarato irricevibile allorché tende in realtà al ritiro di un atto divenuto definitivo e avrebbe come conseguenza, nell’ipotesi di un suo accoglimento, di eliminare gli effetti giuridici dell’atto medesimo (sentenza Krohn/Commissione, cit. supra al punto 24, punto 30; sentenze del Tribunale 15 marzo 1995, causa T‑514/93, Cobrecaf e a./Commissione, Racc. pag. II-621, punto 59; e Fresh Marine/Commissione, cit. supra al punto 27, punto 50). In particolare, questo è il caso allorché il ricorso per risarcimento mira alla corresponsione di una somma d’importo esattamente pari a quello dei dazi pagati dal ricorrente in esecuzione di un atto divenuto definitivo (sentenza Krohn/Commissione, cit. punto 24, punto 33).

29      Nel caso di specie, il ricorso proposto dai ricorrenti mira ad ottenere il risarcimento del danno asseritamene subito dal fatto delle penali che sono state imposte loro dalle autorità austriache competenti sul fondamento del diritto nazionale adottato in applicazione delle disposizioni controverse della prima e quarta direttiva società. I ricorrenti valutano dunque il loro danno pari allo stretto ammontare delle penali che essi hanno dovuto pagare, vale a dire EUR 24 341,04, il che è stato da loro confermato in udienza, aggiungendo che il loro ricorso mirava ad ottenere la compensazione di detta somma. Si deve constatare che i ricorrenti non deducono, peraltro, qualsivoglia danno che potrebbe essere considerato distinto dai soli effetti che risultano immediatamente ed esclusivamente dall’esecuzione delle dette decisioni.

30      Risulta da tali circostanze che i ricorrenti mirano ad ottenere, mediante il ricorso per risarcimento in esame, gli effetti che deriverebbero dall’annullamento delle decisioni sulle penali pronunciate dalle autorità nazionali preposte a tale scopo, il che non rientra nella competenza del Tribunale. In conformità della giurisprudenza citata supra al punto 28, occorre dunque concludere che il ricorso deve essere dichiarato irricevibile.

31      Peraltro, anche ammesso che le disposizioni controverse possano essere considerate direttamente all’origine delle dette decisioni nazionali sulle penali, sebbene l’art. 6 della prima direttiva società disponga semplicemente che gli Stati membri devono prevedere «sanzioni appropriate» in caso di violazione da parte delle società interessate dell’obbligo di pubblicare i loro conti annuali che la prima e la quarta direttiva società impongono loro, e che i ricorrenti abbiano un interesse a far constatare l’illegittimità delle dette disposizioni controverse, occorre sottolineare che il ricorso per risarcimento di cui trattasi non costituisce l’ambito appropriato a tale scopo.

32      Infatti, si deve rammentare che, secondo la giurisprudenza, nel caso in cui un singolo si ritiene leso dall’applicazione di un atto normativo comunitario che ritenga illegittimo, egli ha la possibilità, qualora l’attuazione dell’atto sia lasciata alle autorità nazionali, di contestare, in occasione di tale attuazione, la validità dell’atto dinanzi ad un giudice nazionale nell’ambito di una controversia che lo opponga all’autorità nazionale. Tale giudice può, o addirittura deve, se sussistono le condizioni di cui all’art. 234 CE, sottoporre alla Corte una questione in merito alla validità dell’atto comunitario interessato (sentenze della Corte Unifrex/Commissione e Consiglio, cit. supra al punto 19, punto 11, e 29 settembre 1987, causa 81/86, De Boer Buizen/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 3677, punto 9; sentenza del Tribunale 18 settembre 1995, causa T-167/94, Nölle/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-2589, punto 35).

33      Nel caso di specie, tenuto conto del fatto che i ricorrenti mirano, in definitiva, ad ottenere l’annullamento delle decisioni nazionali per il fatto che esse sono fondate sulle disposizioni del diritto austriaco adottate in applicazione delle disposizioni asseritamente illegittime della prima e della quarta direttiva società, che costituiscono atti normativi comunitari di portata generale, si deve considerare che, nel sistema dei mezzi di ricorso previsto dal Trattato, il mezzo giuridico appropriato sarebbe consistito nel sollecitare, presso il giudice nazionale a cui è stato sottoposto un ricorso avverso tali decisioni, un rinvio pregiudiziale per valutare la validità delle disposizioni controverse dinanzi alla Corte, competente in via esclusiva a dichiararne, eventualmente, l’invalidità (v., in tal senso, sentenza della Corte 21 marzo 2000, causa C‑6/99, Greenpeace France e a., Racc. pag. I‑1651, punto 54).

34      La mera circostanza, fatta valere dalle parti ricorrenti, che tanto l’Oberlandesgericht Linz quanto l’Oberster Gerichtshof abbiano respinto la loro richiesta in tal senso non è tale da condurre ad una conclusione diversa.

35      Al contrario, secondo una costante giurisprudenza, nell’ambito della collaborazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’art. 234 CE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (sentenze della Corte 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I-2099, punto 38, e 27 febbraio 2003, causa C-373/00, Adolf Truley, Racc. pag. I-1931, punto 21, e 12 aprile 2005, causa C-145/03, Keller, Racc. pag. I-2529, punto 33).

36      È vero che quando una questione di interpretazione del diritto comunitario è sollevata dinanzi a una giurisdizione nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale giurisdizione, in linea di principio, è tenuta a rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale ai sensi dell’art. 234, terzo comma, CE. Nondimeno, e salvo le indicazioni risultanti dalla sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01, Köbler (Racc. pag. I-10239), nell’ipotesi in cui l’applicazione del diritto comunitario si imponga con un’evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio (sentenza della Corte 6 ottobre 1982, causa 283/81, CILFIT, Racc. pag. 3415, punto 21), tale giudice può astenersi, nell’esercizio di un potere discrezionale che spetta soltanto a lui, dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto comunitario che è stata sollevata dinanzi ad esso (sentenza 15 settembre 2005, causa C‑495/03, Intermodal Transports, Racc. pag. I-8151, punto 37).

37      A maggior ragione, tale giudice non può essere costretto ad accogliere ogni domanda di rinvio pregiudiziale per valutare la validità di un atto comunitario proposta dinanzi ad esso. Infatti, non basta che una parte sostenga che la controversia pone una questione di validità del diritto comunitario perché il giudice interessato sia obbligato a ritenere configurabile una questione sollevata ai sensi dell’art. 234 CE (sentenza della Corte 10 gennaio 2006, causa C-344/04, International Air Transport Association e a., Racc. pag. I-403, punto 28). In particolare, esso può considerare che l’interpretazione dell’atto comunitario contestato non dia adito ad alcun dubbio e che quindi non si debba adire la Corte a tale proposito. È stato altresì statuito che il giudice di cui trattasi può verificare la validità di un atto comunitario e, se non ritiene fondati i motivi di invalidità addotti dalle parti, può respingerli concludendo per la piena validità dell’atto. Così facendo, infatti, esso non mette in discussione l’esistenza dell’atto comunitario (sentenza della Corte 22 ottobre 1987, causa 314/85, Foto-Frost, Racc. pag. 4199, punto 14).

38      È nell’esercizio della competenza esclusiva di cui essi beneficiano in materia che, nel caso di specie, i giudici nazionali austriaci hanno considerato che i motivi dedotti dalle parti ricorrenti, volti a contestare la validità della prima e della quarta direttiva società non giustificavano che si procedesse ad un rinvio pregiudiziale per valutare la validità delle disposizioni controverse delle dette direttive dinanzi alla Corte.

39      Orbene, non spetta al Tribunale valutare, nell’ambito di un ricorso per risarcimento, l’opportunità di tale decisione. La ricevibilità del ricorso in esame attribuirebbe inoltre la facoltà alle parti ricorrenti di eludere tanto il rigetto, da parte dei giudici nazionali esclusivamente competenti a procedere, delle loro domande di annullamento delle decisioni nazionali sulle penali, quanto il rifiuto che è stato opposto loro dagli stessi giudici a rinviare la causa dinanzi alla Corte, il che osterebbe allo stesso principio di cooperazione giurisdizionale alla base del procedimento pregiudiziale. A tale riguardo, occorre rilevare che proprio i ricorrenti hanno indicato nelle loro memorie e in udienza che essi considerano il loro ricorso come l’unico mezzo, ancora a loro disposizione, per rivolgersi direttamente al giudice comunitario per ottenere da parte sua una valutazione della validità delle disposizioni controverse, il che costituisce uno sviamento dell’oggetto stesso del ricorso per risarcimento.

40      Ad abundantiam, il Tribunale rileva che i giudici austriaci hanno legittimamente considerato che la validità della prima e della quarta direttiva società non dava adito a dubbi.

41      Infatti, si deve rammentare che l’argomento dei ricorrenti si basa, in primo luogo, sull’asserita violazione della tutela del segreto commerciale, dei principi di libera concorrenza e di proporzionalità, nonché del diritto di proprietà e del «principio di autonomia privata», suo corollario; il Tribunale ha infatti preso atto, in udienza, del fatto che le censure dedotte relative alla violazione dei principi di parità di trattamento, della libertà di stabilimento e del libero esercizio di un’attività economica sono state ritirate. In secondo luogo, i ricorrenti deducono una violazione del diritto alla tutela dei dati personali e del segreto fiscale. In terzo luogo, essi asseriscono che le disposizioni controverse costituiscono una violazione del diritto di non testimoniare contro se stessi. In quarto e ultimo luogo, essi fanno valere il mancato fondamento giuridico delle disposizioni controverse e la violazione dell’art. 44, n. 1, lett. g), CE.

42      Orbene, per quanto riguarda, in primo luogo, le censure attinenti alla violazione della tutela del segreto commerciale, dei principi di libera concorrenza e di proporzionalità, nonché del diritto di proprietà, basta rammentare che, nell’ordinanza Springer, la Corte ha avuto l’occasione di pronunciarsi, in sostanza, sulla validità della direttiva del Consiglio 8 novembre 1990, 90/605/CEE, che modifica le direttive 78/660 e 83/349 relative rispettivamente ai conti annuali e ai conti consolidati per quanto riguarda il loro campo d’applicazione (GU L 317, pag. 60), in collegato disposto con l’art. 47 della quarta direttiva società, la quale direttiva 90/605 estende l’obbligo di pubblicazione che risulta dalla quarta direttiva società alle società in nome collettivo e alle società in accomandita semplice. Il ragionamento che la Corte ha sviluppato in tale contesto è, in sostanza, applicabile altresì alla situazione delle società di capitali e alle censure dei ricorrenti in esame, come afferma il Consiglio.

43      Su tale fondamento, si deve considerare che, anche ammesso che gli obblighi di pubblicità di cui trattasi abbiano un effetto sufficientemente diretto e significativo sull’uso dei diritti fatti valere dalle parti ricorrenti, la restrizione che essi comportano, in particolare quella relativa al diritto di un’impresa di mantenere segreti taluni dati potenzialmente sensibili, appare in ogni caso chiaramente giustificata. Infatti, da una parte, i provvedimenti imposti dalla prima e quarta direttiva società perseguono il duplice obiettivo di interesse economico generale sancito dall’art. 44, n. 2, lett. g), CE, vale a dire la tutela dei terzi dai rischi finanziari inerenti alle forme di società che offrono come garanzie ai terzi solo il proprio patrimonio sociale e l’instaurazione nella Comunità di condizioni giuridiche minime equivalenti per quanto riguarda la portata delle informazioni finanziarie che le società concorrenti devono mettere a disposizione del pubblico. Dall’altra, l’eventuale pregiudizio eventualmente causato dagli obblighi imposti da queste regole in materia di pubblicità pare limitato, in quanto, sembra dubbio che tali regole siano idonee a modificare la posizione concorrenziale delle società di cui trattasi. Infine, le stesse disposizioni della quarta direttiva società, segnatamente i suoi artt. 11, 27, e 44-47, prevedono la possibilità di ridurre le informazioni da riportare nei conti annuali e nella relazione sulla gestione nel caso delle società che non superino i limiti numerici cifrati relativi a taluni criteri, nonché la pubblicità dei conti di tali società, mentre l’art. 45 di tale direttiva ha segnatamente lo scopo di evitare che la pubblicazione di taluni dati arrechi un danno grave alle imprese interessate. Del pari, secondo il suo art. 46, le indicazioni che devono obbligatoriamente comparire nella relazione sulla gestione possono essere fornite in termini generali (v., in tal senso, ordinanza Springer, punti 49-55).

44      Ne deriva che, anche ammesso che possa ritenersi che le disposizioni controverse sono idonee a ledere, in una certa misura, la tutela del segreto commerciale, il principio di libera concorrenza e il diritto di proprietà, gli obblighi che esse impongono alle società di cui trattasi non costituiscono un intervento smisurato e intollerabile che lede la sostanza stessa di tali diritti e non possono, pertanto, essere considerati sproporzionati rispetto allo scopo di interesse generale menzionato all’art. 44, n. 2, lett. g), CE. Lo stesso vale per l’asserita violazione del diritto alla tutela dei dati personali, che comprende la tutela del segreto fiscale, senza che ci sia bisogno di interrogarsi in merito all’esistenza di un diritto fondamentale alla tutela dei dati personali a vantaggio delle persone giuridiche.

45      Per la parte in cui i ricorrenti deducono, in secondo luogo, una violazione della tutela dei dati personali relativi ai loro redditi, si deve constatare che, se i dati del conto profitti e perdite la cui pubblicità è stata resa obbligatoria dalla prima e quarta direttiva società devono effettivamente menzionare le spese per il personale [in particolare salari, stipendi e oneri sociali, ai sensi dell’art. 23, n. 6, lett. a) e b), e l’art. 24, n. 3, lett. a) e b), della quarta direttiva società] nonché l’importo delle retribuzioni corrisposte ai membri degli organi di amministrazione, direzione o vigilanza a motivo delle loro funzioni (art. 43, n. 1, punto 12, della quarta direttiva società), le dette direttive non impongono in alcun modo l’individuazione delle persone beneficiarie di tali redditi e, in via di principio, non rendono nemmeno tali persone individuabili. In particolare, occorre sottolineare che il detto art. 43, n. 1, punto 12, prevede espressamente che le retribuzioni di cui trattasi devono essere indicate in modo globale per ciascuna categoria. I ricorrenti hanno ammesso tali circostanze in udienza, ma hanno affermato, da un parte, che, nel loro caso, il consiglio di amministrazione delle società interessate è composto da un unico membro, vale a dire il sig. Danzer e, dall’altra, che tali società dispongono soltanto di due amministratori, vale a dire il sig. e la sig.ra Danzer. Tenuto conto del fatto che il Firmenbuch (registro delle società tenuto dai tribunali competenti in Austria) individuerebbe i soci e gli amministratori delle società, i redditi dei ricorrenti sarebbero indirettamente individuabili.

46      Anche ammesso che tali circostanze siano dimostrate, basta rilevare che non sarebbe l’art. 43, n. 1, punto 12, della quarta direttiva società che, in sé, condurrebbe alla divulgazione delle retribuzioni delle parti ricorrenti e dunque, violerebbe i diritti fondamentali dedotti, ma il fatto che da un lato, l’identità dei soci e degli amministratori delle società sarebbe oggetto di una pubblicazione nel Firmenbuch e, dall’altro, che il sig. Danzer sarebbe l’unico membro del consiglio di amministrazione delle società interessate ed il sig. e la sig.ra Danzer ne sarebbero gli unici amministratori. Sarebbe dunque la combinazione di tali diversi elementi, estranei alle esigenze che risultano dalle disposizioni controverse, che sarebbe idonea a rendere possibile la divulgazione delle retribuzioni dei ricorrenti. Ne deriva che l’eventuale danno che i ricorrenti potrebbero subire dal fatto della pubblicazione richiesta dalle disposizioni controverse non sarebbe direttamente riconducibile alle dette disposizioni.

47      In terzo luogo, in merito all’asserita violazione, fatta valere nella replica, del diritto di non testimoniare contro se stessi previsto dall’art. 6, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia delle libertà fondamentali e dei diritti dell’uomo (CEDH), firmata a Roma il 4 novembre 1950, anche senza che ci si debba interrogare in merito alla ricevibilità di tale argomento, in quanto strettamente collegato ad una della censure contenute nel ricorso, basta rilevare che, anche ammesso che un tale principio esista a vantaggio delle persone giuridiche, la sua applicabilità suppone l’esistenza di un’accusa penale, in senso largo, la quale si definisce secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, come la notifica ufficiale, proveniente dall’autorità competente, della contestazione di un illecito penale, sebbene essa possa in alcuni casi prendere altri provvedimenti che comportino tale contestazione e che abbiano anch’essi ripercussioni importanti sulla situazione dell’imputato (Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza Oztürk c. Germania, serie A n. 73, § 55).

48      Orbene, si deve constatare che l’obbligo imposto dalle disposizioni controverse alle società interessate, in via generale, di pubblicare i loro conti annuali non si inserisce in alcun modo nell’ambito di un’accusa nei confronti dei ricorrenti e non comporta, in sé, alcuna contestazione nei loro riguardi. In tali circostanze, i ricorrenti non possono far valere la natura di accusato o di imputato ai sensi della giurisprudenza citata in precedenza. Ne deriva che essi non possono addurre a loro vantaggio il diritto di non testimoniare contro se stessi.

49      Infine, in quarto ed ultimo luogo, in merito all’asserita mancanza di fondamento giuridico delle disposizioni controverse e alla violazione dell’art. 44, n. 2, lett. g), CE, anche ammesso che tali censure siano derivate da una regola di diritto che ha per oggetto di conferire diritti ai singoli, si deve constatare che esse si basano sulla premessa erronea secondo cui una direttiva di coordinamento non potrebbe creare nuove disposizioni che non esistevano anteriormente nei diversi ordinamenti giuridici degli Stati membri. Infatti, lo scopo del coordinamento delle legislazioni consiste, per quanto riguarda le direttive fondate sull’art. 44 CE, nell’eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento che risultano dalla eterogeneità delle normative dei diversi Stati membri e instaurando nella Comunità, per quanto riguarda in particolare lo scopo previsto dall’art. 44, n. 2, lett. g), CE, condizioni giuridiche minime equivalenti per quanto riguarda la portata delle informazioni finanziarie che le società concorrenti devono rendere pubbliche. Il perseguimento di tale scopo può comportare, per gli Stati membri, tanto la soppressione di alcune disposizioni nazionali quanto l’adozione di nuove disposizioni in conformità degli scopi fissati dalla detta direttiva, al fine di introdurre condizioni legislative, regolamentari e amministrative equivalenti nel complesso del territorio della Comunità.

50      Per quanto riguarda l’argomento dei ricorrenti secondo cui soltanto il regolamento, a differenza della direttiva, consente l’instaurazione da parte della Comunità di norme che non esistevano anteriormente nell’ordinamento giuridico degli Stati membri, si deve constatare che si tratta di una mera affermazione priva di qualsiasi fondamento giuridico. Infatti, ai sensi dell’art. 249, secondo e terzo comma, CE, la differenza tra il regolamento e la direttiva consiste nel fatto che il primo è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, mentre la seconda vincola lo Stato membro cui è rivolta in tutti i suoi elementi, per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. La distinzione operata dai ricorrenti secondo l’esistenza o la mancanza di disposizioni nazionali anteriori è dunque manifestamente priva di rilevanza.

51      Risulta dal complesso delle osservazioni che precedono che le censure dei ricorrenti non sono tali da rimettere in discussione la legittimità delle disposizioni controverse e che quindi giustamente i giudici austriaci hanno considerato che la sola contestazione, dinanzi ad essi, della validità di tali disposizioni non giustificava il rinvio di una questione pregiudiziale alla Corte.

52      Si deve comunque constatare che, per i motivi esposti supra ai punti 41-50, il ricorso per risarcimento in esame deve essere altresì respinto in quanto infondato. Poiché i ricorrenti non sono stati in grado di dimostrare l’illegittimità delle disposizioni controverse, l’adozione di quest’ultime, da parte del Consiglio, non può, infatti, costituire un comportamento illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità. Tanto più che, come ritengono la Corte ed il Tribunale nel campo della responsabilità della Comunità a motivo di atti normativi che traducono scelte di politica economica, per l’elaborazione delle quali le istituzioni comunitarie dispongono altresì di un ampio potere discrezionale (sentenza Zuckerfabrik Schöppenstedt/Consiglio, cit. supra al punto 27, punto 11; sentenze del Tribunale 13 dicembre 1995, cause riunite T‑481/93 e T‑484/93, Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, Racc. pag. II‑2941, punto 81; 15 aprile 1997, causa T‑390/94, Schröder e a./Commissione, Racc. pag. II‑501, punti 62 e 63, e 20 febbraio 2002, causa T‑170/00, Förde‑Reederei/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑515, punto 46), l’illegittimità di una direttiva di coordinamento non può essere, da sola, sufficiente per far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità, poiché tale responsabilità può sorgere soltanto in presenza di una violazione sufficientemente caratterizzata di una regola di diritto che sia preordinata a conferire diritti ai singoli (v., in tal senso, sentenze della Corte 18 aprile 1991, causa C‑63/89, Assurances du crédit/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑1799, punto 12, e 4 luglio 2000, causa C‑352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I‑5291, punto 42).

53      Deriva da quanto precede che il ricorso deve essere dichiarato irricevibile e, comunque, infondato, senza che occorra accogliere la domanda di perizia proposta dai ricorrenti.

 Sulle spese

54      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, i ricorrenti, rimasti soccombenti, devono essere condannati alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      I ricorrenti sono condannati a sopportare le proprie spese, nonché quelle sostenute dal Consiglio.

Jaeger

Tiili

Czúcz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 giugno 2006.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      M. Jaeger


* Lingua processuale: il tedesco.