Language of document : ECLI:EU:T:2021:780

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

10 novembre 2021 (*)

«Aiuti di Stato – Mercato dell’energia elettrica prodotta a partire da fonti di energia rinnovabili, che includono l’energia fotovoltaica – Obbligo di acquisto da parte della legge francese dell’energia elettrica a un prezzo superiore al prezzo di mercato – Rigetto di una denuncia – Articolo 12, paragrafo 1, e articolo 24, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2015/1589 – Ambito di applicazione»

Nella causa T‑678/20,

Solar Electric Holding, con sede in Le Lamentin (Francia),

Solar Electric Guyane, con sede in Le Lamentin,

Solar Electric Martinique, con sede in Le Lamentin,

Société de production d’énergies renouvelables, con sede in Le Lamentin,

rappresentate da S. Manna, avvocata,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da B. Stromsky e A. Bouchagiar, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda basata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione della Commissione del 3 settembre 2020 recante rigetto della denuncia delle ricorrenti del 20 giugno 2020 relativa ad aiuti di Stato illegali agli impianti fotovoltaici delle ricorrenti,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da J. Svenningsen, presidente, R. Barents e J. Laitenberger (relatore), giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La loi no 2000-108, du 10 février 2000, relative à la modernisation et au développement du service public de l’électricité (legge n. 2000-108, del 10 febbraio 2000, relativa alla modernizzazione e allo sviluppo del servizio pubblico dell’energia elettrica) (JORF dell’11 febbraio 2000, pag. 2143) mira a promuovere lo sviluppo di energie rinnovabili nel territorio francese. A tal fine, la suddetta legge ha introdotto un obbligo di acquisto che è stato riprodotto dagli articoli L.314-1 e seguenti del code de l’énergie (codice dell’energia) e secondo cui Électricité de France (EDF) e i distributori non nazionalizzati menzionati all’articolo 23 della loi no 46-628, du 8 avril 1946, sur la nationalisation de l’électricité et du gaz (legge n. 46-628, dell’8 aprile 1946, sulla nazionalizzazione dell’energia elettrica e del gas) hanno l’obbligo di stipulare, quando i produttori interessati ne facciano domanda, un contratto per l’acquisto di energia elettrica prodotta a partire da fonti di energia rinnovabili, che includono l’energia fotovoltaica, di una durata di 20 anni a un prezzo fissato con decreto tariffario ministeriale. Fino al 31 dicembre 2015 i costi sostenuti da EDF e dai distributori non nazionalizzati menzionati all’articolo 23 della loi no 46-628 (legge n. 46-628) a causa dell’obbligo di acquisto sono stati oggetto, in forza del décret no 2004-90, du 28 janvier 2004, relatif à la compensation de charges de service public d’électricité (decreto n. 2004-90, del 28 gennaio 2004, sulla compensazione di oneri del servizio pubblico dell’energia elettrica), di un meccanismo di compensazione integrale finanziato da un contributo al servizio pubblico dell’energia elettrica prelevato sui consumatori di energia elettrica. Dal 1° gennaio 2016 tali costi sono compensati da un conto a destinazione specifica per la transizione energetica finanziato da imposte sul consumo di prodotti energetici.

2        Decreti tariffari, del tipo di quelli menzionati al precedente punto 1, sono stati adottati, segnatamente, il 10 luglio 2006 (in prosieguo: il «decreto tariffario 2006»), il 12 gennaio 2010 (in prosieguo: il «decreto tariffario 1/2010»), il 31 agosto 2010 (in prosieguo: il «decreto tariffario 8/2010»), il 4 marzo 2011 e il 9 maggio 2017. Anche se solo quest’ultimo decreto è tuttora vigente, gli altri decreti tariffari, abrogati nel frattempo, continuano a essere applicabili nei limiti in cui il prezzo di acquisto dell’energia elettrica pagato durante tutta la durata del contratto di acquisto, ossia 20 anni, è quello definito dal decreto tariffario in vigore nel momento in cui il produttore ha formulato una domanda completa di allaccio alla rete pubblica.

3        La Solar Electric Holding, società holding che detiene al 100%, come controllate, la Solar Electric Guyane e la Solar Electric Martinique, che sono incaricate dello sviluppo e della costruzione di progetti di produzione di energia elettrica da fonti di energia fotovoltaica, rispettivamente, in Guyana francese e in Martinica, nonché la Société de production d’énergies rinnovabili (Soproder), incaricata dello sfruttamento di tali diversi impianti fotovoltaici, ha stipulato con EDF contratti di acquisto di energia elettrica sul fondamento dei decreti tariffari menzionati al precedente punto 1. La Soproder si è pertanto ritrovata, all’interno del gruppo formato da tali diverse società, ad essere quella che beneficiava in modo diretto e immediato delle tariffe preferenziali fissate da detti decreti

4        Con sentenza del 18 settembre 2019 la Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia), investita di domande di risarcimento, ha giudicato che le misure fondate sui decreti tariffari 2006 e 1/2010, che attuano un meccanismo di obbligo di acquisto a un prezzo superiore a quello di mercato, costituivano aiuti di Stato illegali in quanto non erano stati notificati alla Commissione europea conformemente all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

5        Inoltre, con lettera del 26 marzo 2020 trasmessa alla Solar Electric Holding, alla Solar Electric Guyane, alla Solar Electric Martinique e alla Soproder, ricorrenti, la Commissione ha confermato che le misure basate sui decreti tariffari 2006, 1/2010 e 8/2010 non le erano state notificate.

6        Il 20 giugno 2020 le ricorrenti hanno trasmesso alla Commissione il modulo di denuncia di aiuto di Stato illegale di cui all’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 [TFUE] (GU 2015, L 248, pag. 9). In tale modulo le ricorrenti hanno indicato che era stata data esecuzione ai regimi di aiuto risultanti dai decreti tariffari 2006, 1/2010 e 8/2010, sebbene la Commissione non si fosse mai pronunciata sulla loro compatibilità con il mercato interno e che l’assenza di decisione della Commissione creava, a loro avviso, un vuoto giuridico pregiudizievole per tutti i produttori francesi di energia elettrica da fonti di energia fotovoltaica, nei limiti in cui i guadagni derivanti dai contratti stipulati alla tariffa prevista dai suddetti decreti potrebbero essere rimessi in discussione ed essere oggetto di misure di recupero. Orbene, secondo le informazioni fornite in tale modulo dalle ricorrenti, i meccanismi di sostegno alla produzione di energia elettrica a partire da fonti di energia fotovoltaica risultanti dai decreti tariffari 2006, 1/2010 e 8/2010 sarebbero compatibili con il mercato interno. Invocando al contempo l’articolo 108, paragrafo 1, TFUE, nonché l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589, le ricorrenti, in tale modulo, e più precisamente nelle sue sezioni 3.4, 8 e 9.3, hanno «chiest[o] alla Commissione di pronunciarsi espressamente sulla compatibilità dei regimi di aiut[i] risultanti da [detti] decreti».

7        Con lettera del 1° luglio 2020 i servizi della Commissione hanno formulato diverse domande e richieste di informazioni complementari, alle quali le ricorrenti hanno risposto con messaggio di posta elettronica del 31 agosto 2020.

8        Con lettera del 3 settembre 2020 la Commissione ha respinto la denuncia delle ricorrenti del 20 giugno 2020 relativa ad aiuti di Stato illegali agli impianti fotovoltaici delle ricorrenti (in prosieguo: la «decisione impugnata»), precisando segnatamente quanto segue:

«La [Direzione generale “Concorrenza”] ritiene che la Vostra denuncia debba essere respinta in quanto l’oggetto non rientra nell’ambito di applicazione degli articoli 12, paragrafo 1, e 24, paragrafo 2, del [regolamento 2015/1589] (...)

[L]e autrici della denuncia chiedono alla Commissione di pronunciarsi sulla compatibilità dei regimi di aiut[i], come se esse rappresentassero la Francia in un procedimento di quasi notifica. Pertanto, l’oggetto della Vostra denuncia non rientra nell’ambito di applicazione degli articoli 12, paragrafo 1, e 24, paragrafo 2, del [regolamento 2015/1589], e deve essere per questo motivo respinta (...)

Vi ringraziamo per le informazioni che ci avete trasmesso. La Commissione le registrerà quali informazioni generali relative al mercato».

 Procedimento e conclusioni delle parti

9        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 novembre 2020 le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

10      Il controricorso è stato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 gennaio 2021.

11      Con decisione del 2 febbraio 2021 il Tribunale, conformemente all’articolo 83, paragrafo 1, del suo regolamento di procedura, ha deciso che un secondo scambio di memorie non era necessario.

12      Con lettera del 15 aprile 2021 le ricorrenti hanno chiesto la fissazione di un’udienza di discussione ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

13      Il 4 giugno 2021 il Tribunale, come misura di organizzazione del procedimento, ha posto alle parti un quesito con richiesta di risposta scritta, al quale queste ultime hanno risposto il 21 giugno 2021.

14      Con lettera del 9 luglio 2021 le ricorrenti hanno informato il Tribunale della rinuncia alla loro domanda di udienza di discussione.

15      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia annullare la decisione impugnata.

16      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese del giudizio.

 In diritto

17      A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti deducono tre motivi, vertenti, rispettivamente, il primo, su una violazione dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589, il secondo, su una violazione dell’articolo 12, paragrafo 1, del medesimo regolamento e, il terzo, sull’obbligo imposto alla Commissione di far applicare il trattato FUE.

 Sul primo motivo, vertente su una violazione dellarticolo 24, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589

18      Nell’ambito del primo motivo, basandosi sulla formulazione dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589, le ricorrenti sostengono che è sufficiente che un aiuto sia illegale perché possa essere oggetto di una denuncia ricevibile ai sensi di tale articolo. L’articolo 24, paragrafo 2, di detto regolamento non imporrebbe in alcun modo una condizione supplementare connessa al fatto che tale denuncia dovrebbe mirare a ottenere una dichiarazione di incompatibilità dell’aiuto di cui trattasi. Sebbene, secondo le ricorrenti, in pratica, sia raro, se non addirittura senza precedenti, che una denuncia contro un aiuto illegale e compatibile sia presentata da una parte interessata, tale carattere eccezionale non può tuttavia porre tale denuncia al di fuori dell’ambito di applicazione dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589, salvo aggiungere una condizione di ricevibilità non prevista dal trattato FUE o da detto regolamento.

19      Inoltre, la Commissione, nella decisione impugnata, si sarebbe erroneamente basata sulle condizioni di avvio di un procedimento di indagine formale, che dovrebbe essere avviato qualora, al termine dell’esame preliminare, persistessero dubbi sulla compatibilità dell’aiuto con il mercato interno. Secondo le ricorrenti, anche se, in pratica, la maggior parte delle denunce riguardanti aiuti illegali ha come obiettivo ultimo l’avvio del procedimento di indagine formale, la facoltà di presentare una denuncia che metta in discussione un aiuto illegale che deve sfociare prima di tutto sull’esame preliminare non deve essere confusa con il caso di avvio di un procedimento formale.

20      In tali circostanze, il fatto che le ricorrenti ritengano che l’aiuto illegale oggetto della loro denuncia sia compatibile con il mercato interno e che esse cerchino di ottenere, mediante tale denuncia, una decisione della Commissione di non sollevare obiezioni per quanto riguarda tale aiuto non escluderebbe tale denuncia dall’ambito di applicazione dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589.

21      La Commissione contesta tali argomenti.

22      In via preliminare, occorre rilevare che la denuncia presentata dalle ricorrenti mirava a ottenere dalla Commissione una decisione di non sollevare obiezioni quanto alla compatibilità delle misure attuate dalle autorità francesi e basate sui decreti tariffari 2006, 1/2010 e 8/2010. In tale contesto, il primo motivo solleva la questione se l’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589 conferisca al beneficiario di un aiuto nuovo versato illegalmente e, come nel caso di specie, alle società che hanno un interesse economico nella società beneficiaria di tale aiuto, a motivo di un’integrazione in seno allo stesso gruppo, un diritto soggettivo a presentare una denuncia alla Commissione al fine di ottenere da parte di quest’ultima una decisione che dichiari la compatibilità con il mercato interno di un aiuto che non è stato notificato dallo Stato membro interessato.

23      L’articolo 24 del regolamento 2015/1589, intitolato «Diritti degli interessati», al suo paragrafo 2, dispone che «[o]gni parte interessata può presentare denuncia per informare la Commissione di presunti aiuti illegali o della presunta attuazione abusiva di aiuti». Allo stesso tempo, la definizione di «interessati» di cui all’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589 riguarda «qualsiasi Stato membro e qualsiasi persona, impresa o associazione d’imprese i cui interessi possono essere lesi dalla concessione di aiuti, in particolare il beneficiario, le imprese concorrenti e le organizzazioni professionali».

24      Se è vero che la formulazione delle disposizioni sopra citate tende quindi a stabilire che i beneficiari di aiuti versati illegalmente possono presentare una denuncia alla Commissione, una siffatta conclusione deve tuttavia essere esclusa per motivi attinenti alla struttura del controllo degli aiuti di Stato nonché all’impianto sistematico del meccanismo delle denunce.

25      Per quanto attiene, innanzitutto, alla struttura del controllo degli aiuti di Stato, si deve rammentare che l’obbligo di notifica costituisce uno degli elementi fondamentali del sistema di controllo degli aiuti di Stato istaurato dal trattato FUE, che stabilisce un controllo preventivo sui progetti di aiuti nuovi istituito dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE e diretto a far sì che venga data esecuzione solo ad aiuti compatibili con il mercato interno, e ciò solo dopo che, con la decisione finale della Commissione, vengano dissipati i dubbi circa la loro compatibilità (sentenza del 24 novembre 2020, Viasat Broadcasting UK, C‑445/19, EU:C:2020:952, punti 18 e 19). Tale sistema di controllo preventivo osta a che gli Stati membri che versano aiuti in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del TFUE siano favoriti a discapito di quelli che, conformemente a tale disposizione, notificano il progetto di aiuti e si astengono dall’attuarli in attesa della decisione finale adottata dalla Commissione (sentenza del 4 marzo 2021, Commission/Fútbol Club Barcelona, C‑362/19 P, EU:C:2021:169, punto 92). A tal riguardo, occorre altresì rammentare che la valutazione della compatibilità delle misure di aiuto con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, TFUE, rientra nella competenza esclusiva della Commissione, che agisce sotto il controllo dei giudici dell’Unione europea (v. sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

26      Dallo stesso impianto sistematico dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, che istituisce un rapporto bilaterale tra la Commissione e gli Stati membri, risulta che l’obbligo di notifica grava su questi ultimi. Tale obbligo non può, di conseguenza, essere considerato adempiuto in caso di notifica effettuata dall’impresa beneficiaria dell’aiuto. Come ha già statuito la Corte, il meccanismo di controllo e di esame degli aiuti di Stato istituito dall’articolo 108 TFUE, non impone al beneficiario dell’aiuto alcun obbligo specifico. Da un lato, l’obbligo di notifica e il divieto di attuazione immediata dei progetti di aiuti hanno come destinatario solo lo Stato membro interessato, come emerge in modo implicito anche dell’articolo 10 del regolamento 2015/1589, che prevede che lo Stato membro interessato può ritirare la notifica prima che la Commissione abbia adottato una decisione sulla compatibilità dell’aiuto con il mercato interno. Dall’altro lato, quest’ultimo è anche l’unico destinatario della decisione con la quale la Commissione dichiara un aiuto incompatibile e lo invita a abolirlo entro il termine da essa stabilito [sentenze dell’11 luglio 1996, SFEI e a., C‑39/94, EU:C:1996:285, punto 73, e del 1° giugno 2006, P & O European Ferries (Vizcaya) e Diputación Foral de Vizcaya/Commissione, C‑442/03 P e C‑471/03 P, EU:C:2006:356, punto 103].

27      Orbene, ammettere che il beneficiario di un aiuto versato illegalmente possa presentare una denuncia alla Commissione affinché essa dichiari la compatibilità di tale aiuto con il mercato interno avrebbe come unico effetto di consentire a tale beneficiario di sostituirsi allo Stato membro interessato, il solo competente a notificare una misura di aiuto alla Commissione.

28      Inoltre, una siffatta facoltà riconosciuta al beneficiario di un aiuto illegalmente versato di adire la Commissione al fine di far dichiarare la compatibilità di tale aiuto con il mercato interno rimetterebbe in discussione il carattere fondamentale e imperativo dell’obbligo di notifica delle misure di aiuto e del divieto della loro attuazione in forza dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, quale rammentato dalla giurisprudenza (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2019, Italia e Eurallumina/Commissione, T‑119/07 e T‑207/07, non pubblicata, EU:T:2019:613, punto 113), nonché della sanzione di principio associata alla violazione da parte dello Stato membro segnatamente di tale obbligo di previa notifica, ossia il rimborso di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 1996, SFEI e a., C‑39/94, EU:C:1996:285, punto 70).

29      Infatti, essa offrirebbe al beneficiario di un aiuto versato illegalmente la possibilità di ovviare agli inadempimenti dello Stato membro interessato a proprio vantaggio, provocando una decisione della Commissione che gli consenta successivamente di avvalersi del punto 55 della sentenza del 12 febbraio 2008, CELF e ministre de la Culture et de la Communication (C‑199/06, EU:C:2008:79), in forza del quale il giudice nazionale non è tenuto a ordinare il recupero di un aiuto a cui è stata data esecuzione in violazione dell’ultima frase dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, qualora la Commissione abbia adottato una decisione finale che dichiari la compatibilità di siffatto aiuto con il mercato interno, obiettivo che le ricorrenti stesse ammettono di perseguire.

30      Inoltre, occorre ricordare, sempre dal punto di vista della struttura del sistema di controllo degli aiuti di Stato, che i giudici nazionali devono garantire ai singoli che saranno tratte tutte le conseguenze da una violazione degli obblighi discendenti dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, conformemente al loro diritto interno, sia per quanto concerne la validità degli atti che comportano l’attuazione delle misure d’aiuto, sia per quanto attiene al recupero degli aiuti finanziari concessi in violazione di tale norma o di eventuali misure provvisorie (sentenza del 21 novembre 1991, Fédération nationale du commerce extérieur des produits alimentaires e Syndicat national des négociants et transformateurs de saumon, C‑354/90, EU:C:1991:440, punto 12). A tale scopo, ai giudici nazionali possono essere sottoposte controversie nelle quali sono tenuti a interpretare e applicare la nozione di aiuto di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in particolare al fine di stabilire se una misura statale avrebbe dovuto o meno essere soggetta al procedimento di controllo preventivo di cui all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE. Qualora tali giudici giungano alla conclusione che effettivamente la misura interessata avrebbe dovuto essere previamente notificata alla Commissione, essi la devono dichiarare illegale (sentenza del 19 marzo 2015, OTP Bank, C‑672/13, EU:C:2015:185, punto 37).

31      Ne discende che i beneficiari di un aiuto illegale possono adire i propri giudici nazionali al fine di far sanzionare il rifiuto esplicito o implicito dello Stato erogatore di tale aiuto di conformarsi al suo obbligo di notifica. Pertanto, non si deve riconoscere loro il diritto di far scattare, mediante una denuncia trasmessa alla Commissione sulla base dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 2015/1589, l’esame della compatibilità dell’aiuto affinché sia autorizzato, e ciò, eventualmente, contrariamente alla volontà dello Stato membro interessato, manifestata dall’assenza di notifica da parte di quest’ultimo.

32      Come giustamente rilevato dalla Commissione, non esiste un diritto soggettivo alla concessione di un aiuto di Stato nel diritto dell’Unione. Pertanto, il beneficiario non può sostituirsi alle competenze dello Stato membro e procedere, di sua iniziativa, a una notifica per conto dello Stato membro allo scopo di ottenere mediante essa una decisione che autorizza l’attuazione di un aiuto non notificato [v., in tal senso, sentenza del 1° giugno 2006, P & O European Ferries (Vizcaya) e Diputación Foral de Vizcaya/Commissione, C‑442/03 P e C‑471/03 P, EU:C:2006:356, punto 103].

33      Per quanto riguarda l’impianto sistematico del meccanismo delle denunce e il diritto di presentare una denuncia alla Commissione, si deve rilevare che, secondo l’articolo 24, paragrafo 2, prima frase, del regolamento 2015/1589, lo scopo di quest’ultimo è informare la Commissione di presunti aiuti illegali, il che, conformemente all’articolo 15, paragrafo 1, prima frase, del medesimo regolamento, ha come effetto di far scattare l’avvio della fase di esame preliminare di cui all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE che comporta l’adozione, da parte della Commissione, di una decisione ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2, 3 o 4, del regolamento 2015/1589 (sentenza del 5 maggio 2021, ITD e Danske Fragtmænd/Commissione, T‑561/18, con impugnazione pendente, EU:T:2021:240, punto 47).

34      Inoltre, l’articolo 12, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento 2015/1589 dispone che la Commissione «assicura che lo Stato membro interessato sia pienamente e regolarmente informato dei progressi e del risultato dell’esame [di ogni denuncia]». Tale disposizione, che mira a proteggere i diritti di difesa dello Stato membro interessato, implica che la decisione che fa seguito e accoglie una denuncia è destinata ad essergli sfavorevole e, di conseguenza, a constatare l’incompatibilità dell’aiuto oggetto della denuncia.

35      La concezione del meccanismo di denuncia come diretto a identificare gli aiuti incompatibili con il mercato interno è altresì corroborata dal punto 8 del modulo di denuncia di cui all’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589 e allegato al regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione, del 21 aprile 2004, recante disposizioni di esecuzione del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU 2004, L 140, pag. 1), come modificato, il quale richiede che l’autore della denuncia indichi «per quali ragioni [, a suo avviso,] l’aiuto non sarebbe compatibile con il mercato interno».

36      Inoltre, dal punto 3 dello stesso modulo emerge che i beneficiari dell’aiuto non figurano tra le parti che possono presentare una denuncia. Inoltre, il riferimento al concorrente del beneficiario dell’aiuto, così come la domanda contenuta nello stesso punto che mira a chiarire perché e in quale misura il presunto aiuto di Stato incide sulla posizione concorrenziale dell’autore della denuncia, dimostrano che il meccanismo di denuncia mira a tutelare in particolare i diritti di coloro i cui interessi rischiano di essere lesi dalla concessione dell’aiuto a taluni beneficiari. Ciò è ulteriormente corroborato dal punto 7 di detto modulo che richiede all’autore della denuncia di illustrare perché, a suo avviso, il presunto aiuto rappresenterebbe un vantaggio economico per i beneficiari.

37      Pertanto, sebbene i beneficiari siano considerati «interessati» all’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589, l’impianto sistematico del meccanismo di denuncia osta a che quest’ultimo sia utilizzato dalle parti che, come, in particolare, i beneficiari dell’aiuto denunciato, hanno un interesse a che venga dichiarata la compatibilità di tale aiuto da parte della Commissione.

38      Ne consegue che l’ambito di applicazione dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 2015/1589 è circoscritto alle denunce dirette a denunciare aiuti illegali che gli autori delle denunce considerano incompatibili con il mercato interno. Invece, l’ambito di applicazione dell’articolo 24, paragrafo 2, di tale regolamento non copre le denunce con cui i denuncianti sostengono che un aiuto è compatibile con il mercato interno e dovrebbe, per tale motivo, essere autorizzato dalla Commissione. Di conseguenza, i beneficiari di un aiuto illegale e le società che hanno un interesse economico in tale società beneficiaria a motivo dell’unità economica che esse formano con questa in ragione della detenzione da parte della società madre del 100% del capitale dei denuncianti non possono fondarsi sull’articolo 24, paragrafo 2, prima frase, del regolamento 2015/1589 per presentare una denuncia riguardante un aiuto illegale di cui beneficiano direttamente o indirettamente, e ciò allo scopo di far adottare alla Commissione una decisione che dichiara la compatibilità di tale aiuto.

39      In tali circostanze, occorre dichiarare che la denuncia presentata dalle ricorrenti il 20 giugno 2020 non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589.

40      Da quanto precede risulta che la Commissione non è incorsa in un errore di diritto nel constatare che la denuncia presentata dalle ricorrenti non rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589. Pertanto, il primo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo, vertente su una violazione dellarticolo 12, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589

41      Con il secondo motivo, le ricorrenti deducono che la Commissione ha commesso un errore di diritto in quanto avrebbe agito contro il suo obbligo di avviare la fase di esame preliminare. Un siffatto obbligo sarebbe scattato in forza dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589. Infatti, le ricorrenti avrebbero presentato una denuncia, a loro avviso, conformemente all’articolo 24, paragrafo 2, di tale regolamento.

42      La Commissione ritiene che il secondo motivo non sia autonomo rispetto al primo e che le sue sorti, pertanto, dipendano interamente dal primo motivo di annullamento, vertente sulla violazione dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 2015/1589. Orbene, la Commissione lo respinge in quanto infondato tenendo conto al contempo delle disposizioni dell’articolo 12 di tale regolamento. Di conseguenza, occorrerebbe respingere anche tale secondo motivo di annullamento.

43      In risposta a tale motivo, si deve rilevare che, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento 2015/1589, la Commissione esamina la denuncia «presentata da una parte interessata conformemente all’articolo 24, paragrafo 2 [, di tale regolamento]». La Commissione è pertanto tenuta ad effettuare un esame diligente e imparziale delle denunce che le vengono trasmesse quando esse sono fondate su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e individuano in modo univoco e circostanziato talune misure all’origine di siffatta violazione (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2018, Naviera Armas/Commissione, T‑108/16, EU:T:2018:145, punto 102). Orbene, poiché la denuncia quale presentata dalle ricorrenti il 20 giugno 2020 non deduceva una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e non rientrava quindi nell’ambito di applicazione dell’articolo 24, paragrafo 2, di detto regolamento, la Commissione non era tenuta ad avviare la fase di esame preliminare ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, di detto regolamento.

44      In tali circostanze, il secondo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul terzo motivo, vertente sullobbligo imposto alla Commissione di far applicare il trattato FUE

45      Nell’ambito del terzo motivo le ricorrenti sostengono che la Commissione è venuta meno ai propri obblighi di cui agli articoli 107, 108 e 109 TFUE e di cui al regolamento 2015/1589.

46      Sebbene la Commissione sia stata informata dell’esistenza dei regimi di aiuti derivanti dai decreti tariffari 2006, 1/2010 e 8/2010 nonché dell’assenza della loro notifica, essa sarebbe rimasta inerte, il che avrebbe privato della loro utilità le disposizioni del Trattato FUE. Respingendo una denuncia vertente su aiuti, di cui la Commissione riconoscerebbe l’illegalità, senza tuttavia aver previamente verificato che essi non fossero incompatibili con il mercato interno, la Commissione sarebbe venuta meno al suo ruolo di garante del diritto dell’Unione e a quello consistente, per essa, nel garantire la certezza del diritto dei singoli. Poiché la Commissione ha una competenza esclusiva per analizzare la compatibilità di un aiuto, le sarebbe spettato verificare che l’aiuto illegale, la cui esistenza era stata portata a sua conoscenza dalle ricorrenti, non fosse incompatibile. Peraltro, esisterebbero elementi addotti dalle ricorrenti, ossia in particolare un parere della Commission de régulation de l’énergie (Commissione per la regolamentazione dell’energia, Francia), che avrebbero messo in dubbio la compatibilità degli aiuti con il mercato interno.

47      In tali circostanze, la mancata presa di posizione della Commissione sulla compatibilità degli aiuti di cui trattasi equivale, secondo le ricorrenti, a un diniego di giustizia, poiché tale assenza creerebbe un vuoto giuridico che gli articoli da 107 a 109 TFUE nonché il regolamento 2015/1589 intenderebbero evitare.

48      La Commissione contesta gli argomenti dedotti.

49      In risposta al terzo motivo, occorre innanzitutto rammentare, al pari delle ricorrenti, che la Commissione ha una competenza esclusiva per valutare la compatibilità di misure di aiuto con il mercato interno (v. sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 37 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, il diritto dell’Unione non impone alla Commissione un obbligo assoluto di effettuare una valutazione della compatibilità di un aiuto non notificato non appena ne sia informata.

50      Infatti, il regolamento 2015/1589 prevede solo due ipotesi in cui la Commissione è effettivamente tenuta a procedere all’esame della compatibilità di una misura di aiuto con il mercato interno. Da un lato, un siffatto obbligo sussiste in caso di notifica da parte dello Stato membro erogatore dell’aiuto. Infatti, l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, di tale regolamento dispone che «[l]a Commissione procede all’esame della notifica non appena questa le è pervenuta». Dall’altro lato, un obbligo di esame incombe alla Commissione, in forza dell’articolo 12, paragrafo 1, secondo comma, di detto regolamento, nel caso di una denuncia «presentata da una parte interessata conformemente all’articolo 24, paragrafo 2[, del medesimo regolamento]».

51      Orbene, nel caso di specie, è pacifico che gli aiuti risultanti dai decreti tariffari 2006, 1/2010 e 8/2010 non sono stati notificati alla Commissione dalla Repubblica francese. Inoltre, è giocoforza constatare che la denuncia presentata dalle ricorrenti il 20 giugno 2020 non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589. In tali circostanze, la Commissione non era tenuta a procedere a un esame delle misure di aiuto sopra menzionate. Pertanto, l’assenza da parte sua di decisione nei confronti di tali misure di aiuto non può costituire un diniego di giustizia atto a creare un vuoto giuridico. Tanto più che, come è stato rilevato ai precedenti punti 29 e 30, i ricorrenti possono adire i giudici dello Stato membro interessato al fine di far sanzionare il rifiuto di tale Stato di procedere alla notifica delle misure denunciate, ammesso che tali giudici constatino che esse rientrano nella qualificazione come aiuti di Stato nuovi.

52      A tal riguardo, si deve rilevare che il divieto di dare esecuzione ai progetti di aiuto sancito dall’articolo 108, paragrafo 3, ultima frase, TFUE ha effetto diretto. L’immediata applicabilità del divieto di esecuzione prevista da tale disposizione si estende a qualsiasi aiuto che sia stato posto in esecuzione senza essere notificato (v. sentenza del 21 novembre 2013, Deutsche Lufthansa, C‑284/12, EU:C:2013:755, punto 29 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, spetta alle autorità nazionali recuperare di propria iniziativa ogni aiuto concesso illegalmente (sentenza del 5 marzo 2019, Eesti Pagar, C‑349/17, EU:C:2019:172, punto 92).

53      Alla luce di tale chiaro quadro giuridico quanto al regime degli aiuti di Stato nuovi concessi senza previa notifica e dell’assenza di un diritto soggettivo derivante dal diritto dell’Unione per beneficiari attuali e potenziali di ricevere un aiuto da uno Stato membro in mancanza di notifica da parte di tale Stato membro, neppure l’assenza di decisione della Commissione sulla compatibilità di un siffatto aiuto illegale può violare il principio di certezza del diritto.

54      Alla luce di quanto precede, occorre respingere il terzo motivo e, in definitiva, il ricorso nella sua interezza.

 Sulle spese

55      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Solar Electric Holding, la Solar Electric Guyane, la Solar Electric Martinique e la Société de production d’énergies renouvelables sono condannate alle spese.

Svenningsen

Barents

Laitenberger

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 novembre 2021.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.