Language of document : ECLI:EU:T:2024:114

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

21 febbraio 2024 (*)

«Dumping – Importazioni di determinati alcoli polivinilici originari della Cina – Dazio antidumping definitivo – Regolamento di esecuzione (UE) 2020/1336 – Calcolo del valore normale – Distorsioni significative nel paese esportatore – Articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento (UE) 2016/1036 – Diritto dell’OMC – Principio di interpretazione conforme – Scelta del paese rappresentativo appropriato – Dati prontamente disponibili – Omessa collaborazione – Nozione di “informazioni necessarie” – Articolo 18 del regolamento 2016/1036 – Undercutting dei prezzi – Segmenti di mercato – Metodo dei numeri di controllo del prodotto – Articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento 2016/1036 – Diritti della difesa – Trattamento riservato – Articoli 19 e 20 del regolamento 2016/1036»

Nella causa T‑763/20,

Inner Mongolia Shuangxin Environment-Friendly Material Co. Ltd, con sede in Ordos (Cina), rappresentata da J. Cornelis, F. Graafsma e E. Vermulst, avvocati,

ricorrente,

sostenuta da

Wegochem Europe BV, con sede in Amsterdam (Paesi Bassi), rappresentata da R. Antonini, E. Monard e B. Maniatis, avvocati,

interveniente,

contro

Commissione europea, rappresentata da G. Luengo, in qualità di agente,

convenuta,

sostenuta da

Parlamento europeo, rappresentato da A. Neergaard, D. Moore e A. Pospíšilová Padowska, in qualità di agenti,

da

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da H. Marcos Fraile e B. Driessen, in qualità di agenti, assistiti da N. Tuominen, avvocata,

da

Kuraray Europe GmbH, con sede in Hattersheim am Main (Germania), rappresentata da R. MacLean e D. Sevilla Pascual, avvocati,

e da

Sekisui Specialty Chemicals Europe SL, con sede in La Canonja (Spagna), rappresentata da A. Borsos e J. Jousma, avvocati,

intervenienti,


IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da L. Truchot (relatore), presidente, H. Kanninen, L. Madise, R. Frendo e T. Perišin, giudici,

cancelliere: I. Kurme, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 14 e del 15 dicembre 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza (1)

1        Con il loro ricorso presentato ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la ricorrente, la Inner Mongolia Shuangxin Environment-Friendly Material Co. Ltd, chiede l’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) 2020/1336 della Commissione, del 25 settembre 2020, che istituisce dazi antidumping definitivi sulle importazioni di determinati alcoli polivinilici originari della Repubblica popolare cinese (GU 2020, L 315, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»), nella parte in cui esso la riguarda.

[omissis]

 Conclusioni delle parti

13      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato nella parte in cui esso la riguarda;

–        condannare la Commissione alle spese.

14      La Wegochem Europe BV (in prosieguo: la «Wegochem»), interveniente a sostegno della ricorrente, chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato nella parte in cui esso riguarda la ricorrente;

–        condannare la Commissione alle spese, incluse quelle che essa ha sostenuto.

15      La Commissione, sostenuta dal Parlamento europeo, dal Consiglio dell’Unione europea, dalla Kuraray e dalla Sekisui Specialty Chemicals Europe SL (in prosieguo: la «Sekisui»), chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

[omissis]

 Sulla domanda della Commissione diretta al rigetto dei motivi dal secondo al quinto in quanto inoperanti

51      La Commissione chiede che i motivi dal secondo al quinto siano respinti in quanto inoperanti, per il motivo che essi vertono sul margine di dumping, valutato al 115,6% nel regolamento impugnato, mentre il dazio antidumping applicabile alla ricorrente corrisponde al margine di pregiudizio, valutato al 72,9% nel regolamento impugnato. La ricorrente, sulla quale graverebbe l’onere della prova, non avrebbe dimostrato che, se i motivi di cui trattasi fossero fondati, la differenza tra il margine di dumping e il margine di pregiudizio sarebbe ridotta a meno di zero.

52      Peraltro, la Commissione fa valere che la ricorrente è tenuta a dimostrare l’esistenza di un interesse personale, esistente ed attuale, che non può riguardare una situazione futura ed ipotetica.

53      A sostegno del carattere operante dei motivi in questione, in primo luogo, la ricorrente invoca la giurisprudenza relativa alla violazione dei diritti della difesa, secondo la quale non si può obbligare la ricorrente a dimostrare che la decisione della Commissione avrebbe avuto un contenuto differente, bensì solo che tale ipotesi non va totalmente esclusa (sentenze del 1º ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares, Hardware/Consiglio, C‑141/08 P, EU:C:2009:598, punto 94, e dell’11 luglio 2013, Hangzhou Duralamp Electronics/Consiglio, T‑459/07, non pubblicata, EU:T:2013:369, punti 110 e 111). Tale giurisprudenza sarebbe trasponibile al caso di specie, dal momento che la ricorrente si troverebbe nella difficile situazione in cui non sarebbe in grado di presentare le cifre dello scenario controfattuale. Benché la differenza tra il margine di dumping e il margine di pregiudizio sia notevole, non si potrebbe escludere che, a seguito della correzione degli errori considerati con i mezzi di cui trattasi, il margine di dumping divenga inferiore al margine di pregiudizio.

54      In secondo luogo, la ricorrente avrebbe un interesse a che la Commissione calcoli correttamente il margine di dumping, ai fini dei possibili riesami delle misure istituite dal regolamento impugnato, degli altri procedimenti antidumping di cui essa potrebbe essere oggetto o delle domande di restituzione dei dazi antidumping versati che essa potrebbe proporre. Tali situazioni non sarebbero future ed ipotetiche.

55      In terzo luogo, la ricorrente ricorda che i dati relativi al valore normale dei prodotti da essa fabbricati sono stati utilizzati ai fini del calcolo del dazio antidumping applicabile a un altro produttore esportatore cinese, dazio antidumping che sarebbe stato fissato sulla base non già del margine di pregiudizio di tale produttore esportatore, bensì del suo margine di dumping. La ricorrente non dovrebbe sostenere la responsabilità di essere la causa principale indiretta del fatto che il margine di dumping di un altro produttore esportatore sia stato sopravvalutato.

56      Occorre ricordare che l’articolo 9, paragrafo 4, secondo comma, del regolamento di base è così formulato:

«L’importo del dazio antidumping non deve superare il margine di dumping accertato ma dovrebbe essere inferiore a tale margine, qualora tale importo inferiore sia sufficiente per eliminare il pregiudizio causato all’industria dell’Unione».

57      Secondo la giurisprudenza, tale disposizione enuncia la cosiddetta regola del «dazio inferiore» (in prosieguo: la «regola del dazio inferiore»), in forza della quale per determinare l’aliquota del dazio antidumping si deve utilizzare il margine di pregiudizio qualora il margine di dumping sia più elevato del margine di pregiudizio, e viceversa [v., in tal senso, sentenze del 4 marzo 2010, Foshan City Nanhai Golden Step Industrial/Consiglio, T‑410/06, EU:T:2010:70, punto 94 e giurisprudenza ivi citata, e del 18 ottobre 2016, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio, T‑351/13, non pubblicata, EU:T:2016:616, punto 49 e giurisprudenza ivi citata].

58      La regola del dazio inferiore mira in particolare ad evitare che il dazio antidumping imposto ecceda quanto necessario ad eliminare il pregiudizio provocato dalle importazioni oggetto di dumping. Infatti, l’istituzione dei dazi antidumping costituisce una misura di difesa e di protezione contro la concorrenza sleale derivante dalle pratiche di dumping e non una sanzione o una misura che conferisce un vantaggio concorrenziale all’industria dell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2016, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio, T‑351/13, non pubblicata, EU:T:2016:616, punto 50 e giurisprudenza ivi citata].

59      Nel caso di specie, al considerando 658 del regolamento impugnato, la Commissione ha «confrontato i margini di pregiudizio e i margini di dumping» e rilevato che «[l]’importo dei dazi [antidumping] [doveva]essere stabilito al livello corrispondente al valore più basso tra il margine di dumping e il margine di pregiudizio».

60      Al considerando 659 del medesimo regolamento figura la seguente tabella:

Società

Margine di dumping

Margine di pregiudizio

Dazio antidumping definitivo

Gruppo Shuangxin [T‑763/20]

115,6%

72,9%

72,9%

Gruppo Sinopec [T‑762/20]

17,3%

57,6%

17,3%

Gruppo Wan Wei

193,2%

55,7%

55,7%

Altre società che hanno collaborato

80,4%

57,9%

57,9%

Tutte le altre società

193,2%

72,9%

72,9%


61      Mentre la Commissione ha fatto valere che i motivi in questione sono inoperanti, in quanto la ricorrente non avrebbe dimostrato che, se tali motivi fossero fondati, il margine di dumping sarebbe divenuto inferiore al margine di pregiudizio, cosicché il dazio antidumping avrebbe dovuto essere ridotto, la ricorrente ha risposto invocando non solo l’onere della prova, ma anche il suo interesse a sollevare tali motivi, il che ha indotto la Commissione a sostenere che tale interesse non fosse caratterizzato nel caso di specie.

62      Secondo una giurisprudenza costante, da un lato, nell’ambito di un ricorso di annullamento è considerato inoperante un motivo che, anche nell’ipotesi in cui fosse fondato, sarebbe inidoneo a comportare l’annullamento perseguito dalla parte ricorrente (ordinanza del 26 febbraio 2013, Castiglioni/Commissione, T‑591/10, non pubblicata, EU:T:2013:94, punto 45, e sentenza del 15 gennaio 2015, Francia/Commissione, T‑1/12, EU:T:2015:17, punto 73; v. altresì, in tal senso, sentenza del 21 settembre 2000, EFMA/Consiglio, C‑46/98 P, EU:C:2000:474, punto 38).

63      Dall’altro, un motivo di annullamento è irricevibile a causa della mancanza di interesse ad agire qualora, anche supponendo che detto motivo sia fondato, l’annullamento dell’atto impugnato sulla base di tale motivo non sarebbe idoneo a dare soddisfazione al ricorrente (v. ordinanza del 14 luglio 2020, Shindler e a./Commissione, T‑627/19, EU:T:2020:335, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

64      Tali due questioni sono diverse [v., in tal senso, sentenze del 21 settembre 2000, EFMA/Consiglio, C‑46/98 P, EU:C:2000:474, punto 38, e del 4 maggio 2022, CRIA et CCCMC/Commissione, T‑30/19, EU:T:2022:266, punto 92 (non pubblicata)].

65      Si deve considerare che, qualora, nell’ambito di un ricorso avente ad oggetto una domanda di annullamento di un regolamento che istituisce dazi antidumping nel quale le istituzioni dell’Unione hanno applicato la regola del dazio inferiore, la parte ricorrente sollevi motivi o parti di motivi che rimettono in discussione il margine più elevato tra il margine di dumping e il margine di pregiudizio, la questione che si pone è quella se tali motivi o parti di essi siano operanti (v., in tal senso, sentenze del 4 marzo 2010, Foshan City Nanhai Golden Step Industrial/Consiglio, T‑410/06, EU:T:2010:70, punti da 94 a 98, e del 21 marzo 2012, Fiskeri og Havbruksnæringens Landsforening e a./Consiglio, T‑115/06, non pubblicata, EU:T:2012:136, punti da 45 a 47).

66      Pertanto, occorre rilevare che sono privi di pertinenza gli argomenti delle parti relativi all’interesse della ricorrente a sollevare i motivi in questione.

67      In ordine al carattere operante dei motivi in argomento, in risposta a quesiti scritti posti dal Tribunale, la Commissione ha mantenuto la sua posizione secondo cui incombeva alla ricorrente dimostrare che i suoi motivi influivano sull’esito dell’inchiesta, ma ha altresì valutato l’effetto che ciascuno dei motivi di cui trattasi, se fondato, avrebbe potuto avere sul margine di dumping. In particolare, essa sostiene che la fondatezza del quinto motivo di ricorso è una condizione necessaria, ma non sufficiente, affinché le violazioni contemplate dai motivi di cui trattasi possano ridurre il margine di dumping ad un livello inferiore al margine di pregiudizio. Infatti, secondo la Commissione, se il quinto motivo fosse fondato, essa sarebbe tenuta a ricalcolare il margine di dumping, che dovrebbe allora essere ridotto di 41,1 punti percentuali e si situerebbe quindi al 74,5%. Tale margine sarebbe ancora superiore al margine di pregiudizio, che raggiunge il 72,9%, tuttavia, se altri motivi di ricorso in questione, o parti di essi, fossero a loro volta fondati, sarebbe possibile che il margine di dumping divenisse inferiore al margine di pregiudizio. Per contro, la Commissione fa valere che, se il quinto motivo di ricorso fosse respinto, il margine di dumping da ricalcolare resterebbe superiore al margine di pregiudizio, quand’anche gli altri motivi in questione fossero fondati. Infatti, questi ultimi riguarderebbero asseriti errori la cui eliminazione potrebbe tutt’al più ridurre il margine di dumping a un livello che continuerebbe a superare il 90%. Essa rimarrebbe quindi superiore, in misura rilevante, al margine di pregiudizio.

68      La ricorrente, pur ammettendo che la fondatezza del quinto motivo potrebbe comportare una riduzione del margine di dumping di 41,1 punti percentuali, contesta i calcoli della Commissione da cui quest’ultima trae la conclusione che tale fondatezza è una conditio sine qua non affinché i motivi di ricorso dal secondo al quarto siano operanti, nel senso che, se accolti, il margine di dumping diverrebbe inferiore al margine di pregiudizio. Secondo la ricorrente, se tutti i motivi in questione, ad eccezione del quinto, fossero fondati, il margine di dumping ne risulterebbe ridotto al 71,1% e sarebbe quindi inferiore al margine di pregiudizio, che si situa al 72,9%. In udienza, in risposta a un quesito del Tribunale, la ricorrente ha confermato che tale cifra del 71,1% presupponeva la fondatezza del secondo motivo di ricorso, che comporterebbe una riduzione del margine di dumping di 8,6 punti percentuali, e che, in caso di rigetto di tale motivo, tale margine ammonterebbe al 79,7% e sarebbe quindi superiore al margine di pregiudizio.

69      Ne consegue che la ricorrente ammette che, nell’ipotesi in cui il secondo e il quinto motivo di ricorso fossero respinti nel merito, sarebbe escluso che gli altri motivi in questione possano comportare una riduzione del margine di dumping tale da divenire inferiore al margine di pregiudizio. Di conseguenza, si deve considerare che, in tale ipotesi, gli altri motivi in questione sarebbero necessariamente inoperanti.

70      In tali circostanze, occorre esaminare nel merito il secondo e il quinto motivo di ricorso, prima di pronunciarsi sul carattere operante del terzo e del quarto motivo.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dellarticolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base per quanto riguarda la scelta del paese rappresentativo appropriato

71      La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato l’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base, in quanto ha utilizzato la Turchia come paese rappresentativo appropriato, sulla base dei dati relativi alla Ilkalem Ticaret Ve Sanayi AS (in prosieguo: la «Ilkalem»), mentre avrebbe dovuto scegliere il Messico, sulla base dei dati relativi alla Solutia Tlaxcala SA de CV (in prosieguo: la Solutia Tlaxcala) o alla Wyn De Mexico Productos Quimicos SA de CV (in prosieguo: la «Wyn»).

72      In primo luogo, la ricorrente fa valere che la Commissione ha interpretato erroneamente la condizione di cui all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base, secondo la quale, affinché i dati relativi a una società stabilita nel paese considerato possano essere utilizzati, essi devono essere «prontamente disponibili».

73      In secondo luogo, la ricorrente deduce la violazione del dovere di diligenza che la Commissione avrebbe dovuto rispettare nella scelta del paese rappresentativo appropriato.

74      In terzo luogo, la ricorrente fa valere che il Messico era il paese rappresentativo più appropriato, giacché applica un livello di protezione sociale e ambientale più elevato di quello della Turchia.

75      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

76      Poiché i termini dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base sono stati ripresi al punto 8 supra, occorre riassumere le fasi principali seguite, nel caso di specie, dalla Commissione in sede di applicazione dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), di detto regolamento, quali risultano dal regolamento impugnato.

77      Ai sensi del considerando 175 del regolamento impugnato, il paese rappresentativo è stato scelto «in base ai seguenti criteri:

–        un livello di sviluppo economico simile a quello della [Cina;]

–        la produzione del prodotto oggetto dell’inchiesta in tale paese;

–        disponibilità di dati pubblici pertinenti in quel paese;

–        nel caso di più paesi rappresentativi possibili, la preferenza è accordata, se del caso, al paese con un livello adeguato di protezione sociale e ambientale».

78      Dai considerando da 177 a 184, 198, 199 e 203 del regolamento impugnato risulta che, dopo aver preso in considerazione cinque paesi idonei ad essere utilizzati come paese rappresentativo appropriato, la Commissione ha escluso tre di essi, cosicché essa doveva scegliere tra i due restanti, vale a dire il Messico e la Turchia.

79      Per quanto riguarda il Messico, la Commissione ha analizzato la disponibilità dei dati finanziari della Solutia Tlaxcala e della Wyn (considerando 38, da 200 a 202, 212, 229 e 230 del regolamento impugnato).

80      Quanto alla Solutia Tlaxcala, la Commissione si è trovata di fronte al fatto che la società madre Solutia Europe SPRL/BVBA (in prosieguo: la «Solutia Europe»), un utilizzatore di PVA con sede in Belgio, le aveva trasmesso i dati finanziari necessari solo in forma riservata, alla quale il pubblico non poteva avere accesso, e che tali dati non erano disponibili nella banca dati Orbis (in prosieguo: la «banca dati Orbis»).

81      La Commissione ha altresì rilevato che, sebbene alcuni produttori esportatori avessero sostenuto che i dati relativi alla Solutia Tlaxcala erano disponibili nella banca dati Dun&Bradstreet (in prosieguo: la «banca dati Dun&Bradstreet»), essi si erano limitati a far valere tale elemento come «prova prima facie» della disponibilità di tali dati, ma non li avevano prodotti. La Commissione ha pertanto concluso di non poter utilizzare detti dati nell’ambito del procedimento.

82      Quanto alla Wyn, la Commissione ha rilevato che i dati finanziari pubblici di quest’ultima erano disponibili solo per i primi sei mesi del 2018 e che tale periodo non coincideva con quello oggetto della sua inchiesta e non poteva essere considerato rappresentativo di un intero anno, a causa di fluttuazioni stagionali. Inoltre, la Commissione ha constatato che Wyn non era stata redditizia nel 2017. Pertanto, la Commissione ha concluso che il Messico non poteva essere un paese rappresentativo appropriato ai fini della sua inchiesta.

83      Per quanto riguarda la Turchia, la Commissione ha ritenuto di potersi basare sui dati relativi alla Ilkalem, che erano disponibili nella banca dati Orbis, in particolare per il 2018, e mostravano che, sebbene tale società fosse stata in perdita nel corso di tale anno, a causa di oneri finanziari elevati, l’esame dei dati relativi agli anni precedenti consentiva di qualificare tali oneri come eccezionali. Pertanto, la Commissione ha concluso che i dati relativi al 2018 potevano essere utilizzati, mediante un adeguamento per tener conto della natura eccezionale degli oneri finanziari sostenuti nel corso di tale anno (considerando 205, 206 e da 213 a 215 del regolamento impugnato).

84      Inoltre, ai considerando 221 e 226 del regolamento impugnato, la Commissione ha precisato che, avendo stabilito che la Turchia era l’unico paese rappresentativo appropriato disponibile, non era necessario svolgere la valutazione del livello di protezione sociale ed ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), primo trattino, ultima frase, del regolamento di base.

85      I principi da applicare per l’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione sono stati ricordati al precedente punto 28.

86      Sul piano letterale, la ricorrente fa valere che l’interpretazione dell’espressione «dati prontamente disponibili» adottata dalla Commissione è incompatibile con il tenore letterale dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base, dato che gli avverbi «prontamente» e «pubblicamente» non sono sinonimi.

87      Occorre rilevare che, sebbene il regolamento impugnato non sia privo di ambiguità al riguardo, in quanto utilizza a più riprese le espressioni «dati (...) pubblici» e «dati (...) pubblicamente disponibili» (v., in particolare, considerando 175, 194, 202, 212 e 217 di detto regolamento), al considerando 228 di tale regolamento, la Commissione ha affermato quanto segue:

«228 [A] norma dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base, i dati non devono essere “pubblicamente disponibili” ma “prontamente disponibili”. La Commissione ha fatto notare che con “pubblicamente disponibili” si intende “a disposizione del grande pubblico”, mentre per “prontamente disponibile” si intende “a disposizione di tutti” purché siano soddisfatte determinate condizioni, come il pagamento di una tariffa. È importante notare che tutte le informazioni utilizzate per costruire il valore normale sono state messe a disposizione nel fascicolo consultabile da tutte le parti. Ciò significa che anche se le informazioni sono disponibili solo a pagamento, tutte le parti interessate possono accedervi».

88      Alla luce di tale interpretazione dell’espressione «prontamente disponibili», la ricorrente sostiene erroneamente che la Commissione ha confuso le nozioni di «pubblicamente disponibili» e di «prontamente disponibili». Infatti, la Commissione ha stabilito una distinzione tra queste due nozioni, che essa non ha quindi considerato equivalenti fra loro.

89      Sul piano del contesto, la ricorrente sottolinea che, quando il regolamento di base prevede che un elemento sia destinato ad essere reso pubblico, tale precisazione figura espressamente nelle disposizioni pertinenti. Peraltro, dal diritto dell’OMC risulterebbe che obblighi procedurali di riservatezza non ostano a che, nel merito, un’autorità competente utilizzi dati riservati.

90      Da un lato, poiché è già stato rilevato che la Commissione non ha confuso le due nozioni menzionate al precedente punto 88, è di scarsa rilevanza che, in talune disposizioni del regolamento di base, il legislatore abbia precisato che taluni elementi dovevano essere resi accessibili al pubblico.

91      D’altro lato, la Commissione è legittimata a sostenere che l’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base deve essere interpretato alla luce delle prescrizioni derivanti dalle disposizioni di tale regolamento dedicate al trattamento riservato e di quelle che disciplinano l’informazione delle parti, per tutelare i loro diritti della difesa.

92      Sul piano teleologico, la ricorrente sostiene che l’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base deve contribuire all’obiettivo di quest’ultimo, che consisterebbe nel prevenire le pratiche di dumping nel mercato dell’Unione e nel garantire scambi e una concorrenza leale su tale mercato. Pertanto, la scelta da parte della Commissione del paese rappresentativo appropriato non potrebbe dipendere dal consenso di un produttore alla divulgazione al pubblico dei suoi dati.

93      Orbene, se è vero che il regolamento di base mira a garantire la difesa contro le importazioni oggetto di dumping, evitando in particolare che sia arrecato un pregiudizio ad una produzione stabilita nell’Unione (v., per analogia, ordinanza dell’11 ottobre 2011, DBV/Commissione, T‑297/10, non pubblicata, EU:T:2011:583, punto 37; v. altresì, in tal senso e per analogia, sentenza del 28 febbraio 2008, Carboni e derivati, C‑263/06, EU:C:2008:128, punto 39), il legislatore ha nondimeno deciso di perseguire tale obiettivo tenendo conto al contempo delle esigenze connesse al trattamento riservato di talune informazioni e alla tutela dei diritti della difesa.

94      Occorre ricordare i termini delle disposizioni del regolamento di base pertinenti al riguardo.

95      L’articolo 19 del regolamento di base prevede quanto segue:

«1. Le informazioni di natura riservata (ad esempio perché la loro divulgazione implicherebbe un significativo vantaggio concorrenziale per un concorrente oppure danneggerebbe gravemente la persona che ha fornito l’informazione o la persona dalla quale ha ottenuto l’informazione la persona che l’ha fornita) oppure che sono comunicate a titolo riservato dalle parti interessate dall’inchiesta, per motivi debitamente giustificati, devono essere trattate come tali dalle autorità.

2. Alle parti interessate che comunicano informazioni riservate viene chiesto di presentare un riassunto non riservato, sufficientemente particolareggiato affinché la sostanza delle informazioni presentate a titolo riservato possa essere adeguatamente compresa. In circostanze eccezionali le parti possono precisare che tali informazioni non si prestano ad essere riassunte. In tali circostanze eccezionali, devono essere comunicati i motivi di tale impossibilità.

3. Se la domanda di trattamento riservato non è considerata giustificata e la parte che ha comunicato le informazioni non è disposta a renderle pubbliche, né ad autorizzarne la divulgazione in termini generici o sintetici, tali informazioni possono essere disattese, a meno che la loro esattezza sia adeguatamente dimostrata da fonti attendibili. Le domande di trattamento riservato non devono essere respinte arbitrariamente.

4. Il presente articolo non osta alla rivelazione da parte delle autorità dell’Unione, di informazioni generali, e in particolare dei motivi che hanno giustificato le decisioni prese in forza del presente regolamento, né alla rivelazione di elementi di prova su cui le autorità dell’Unione si sono basate, qualora essa sia necessaria per illustrare detti motivi nel corso di procedimenti giudiziari. Tale divulgazione deve tener conto del legittimo interesse delle parti a che i loro segreti d’impresa non siano rivelati.

5. La Commissione e gli Stati membri, inclusi i loro agenti, sono tenuti a non rivelare, salvo esplicita autorizzazione della parte che le ha fornite, le informazioni ricevute in applicazione del presente regolamento per le quali è stato chiesto il trattamento riservato

(…)».

96      Ai sensi dell’articolo 20, del regolamento di base:

«1. I denuncianti, gli importatori, gli esportatori e le loro associazioni rappresentative e i rappresentanti del paese esportatore possono chiedere di essere informati degli elementi specifici dei principali fatti e considerazioni in base ai quali sono state istituite le misure provvisorie. (...)

2. Le parti di cui al paragrafo 1 possono chiedere di essere informate dei principali fatti e considerazioni in base ai quali si intende raccomandare l’istituzione di misure definitive oppure la chiusura di un’inchiesta o di un procedimento senza l’istituzione di misure definitive, in particolare per quanto riguarda eventuali fatti e considerazioni diversi da quelli utilizzati per le misure provvisorie.

(…)».

97      L’articolo 6, paragrafo 7, del regolamento di base prevede quanto segue:

«7. I denuncianti, gli importatori, gli esportatori (...) che ne facciano richiesta per iscritto possono prendere conoscenza di tutte le informazioni fornite dalle parti interessate all’inchiesta, tranne i documenti interni preparati dalle autorità dell’Unione o degli Stati membri, purché tali informazioni siano pertinenti per la tutela dei loro interessi, non siano riservate ai sensi dell’articolo 19 e siano utilizzate nell’inchiesta.

(…)».

98      Con tali disposizioni, il regolamento di base persegue due obiettivi, vale a dire, da un lato, consentire alle parti interessate di difendere utilmente i loro interessi e, dall’altro, preservare la riservatezza delle informazioni raccolte nel corso dell’inchiesta (v., per analogia, sentenza del 30 giugno 2016, Jinan Meide Casting/Consiglio, T‑424/13, EU:T:2016:378, punto 96; v. altresì, in tal senso e per analogia, sentenza del 1º giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T‑442/12, EU:T:2017:372, punto 142 e giurisprudenza ivi citata).

99      Per quanto riguarda il primo obiettivo di cui al paragrafo 307, occorre ricordare che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione che dev’essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma riguardante il procedimento di cui trattasi. Tale principio riveste un’importanza capitale nei procedimenti di indagini antidumping (v. sentenza del 1º giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T‑442/12, EU:T:2017:372, punto 139 e giurisprudenza ivi citata).

100    In forza di detto principio, le imprese interessate devono essere state messe in condizione, nel corso del procedimento amministrativo, di far conoscere efficacemente il loro punto di vista sulla sussistenza e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze addotti nonché sugli elementi di prova accolti dalla Commissione a sostegno delle proprie affermazioni relative all’esistenza di una pratica di dumping e del pregiudizio che ne conseguirebbe (v. sentenza del 1º giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T-442/12, EU:T:2017:372, punto 140 e giurisprudenza ivi citata).

101    Per quanto riguarda il secondo obiettivo menzionato al precedente punto 307, occorre ricordare che la tutela del segreto commerciale costituisce un principio generale del diritto dell’Unione. Il mantenimento di una concorrenza leale costituisce un interesse pubblico importante la cui salvaguardia può giustificare il diniego di divulgare informazioni che rientrano nel segreto commerciale (v., in tal senso, sentenza 30 giugno 2016, Jinan Meide Casting/Consiglio, T‑424/13, EU:T:2016:378, punto 165 e giurisprudenza ivi citata).

102    Per conciliare i due obiettivi di cui trattasi, nell’adempimento del loro dovere d’informazione, le istituzioni dell’Unione devono agire con tutta la dovuta diligenza cercando di dare alle imprese interessate, compatibilmente con l’osservanza del segreto commerciale, indicazioni utili per la tutela dei loro interessi, scegliendo, eventualmente d’ufficio, i modi appropriati di una siffatta comunicazione (v., in tal senso, sentenza del 1º giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T-442/12, EU:T:2017:372, punto 141).

103    La necessità di conciliare tali obiettivi risulta altresì dal fatto che, secondo la giurisprudenza, l’articolo 19 del regolamento di base mira a tutelare non solo i segreti commerciali, ma anche i diritti della difesa delle altre parti del procedimento antidumping (v. sentenza del 15 ottobre 2020, Zhejiang Jiuli Hi-Tech Metals/Commissione, T-307/18, non pubblicata, EU:T:2020:487, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

104    Alla luce di tali disposizioni e principi, si deve considerare che la Commissione, quando cerca di ottenere, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base, dati «prontamente disponibili», ha il diritto di rifiutare di utilizzare a tal fine dati che sono considerati, dalla parte che li ha forniti, riservati e dei quali essa non riesce ad ottenere un riassunto non riservato sulla base del quale le altre parti interessate dall’inchiesta possano esercitare i loro diritti della difesa.

105    Tale conclusione non è rimessa in discussione dalla relazione dell’organo d’appello relativa alla controversia «Tailandia – Dazi antidumping sui profilati di ferro o di acciai non legati e sulle travi a H provenienti dalla Polonia», adottata dal DSB il 5 aprile 2001 (WT/DS 122/AB/R) (in prosieguo: la «relazione sui profilati e sulle travi»), invocata dalla ricorrente.

106    Infatti, secondo il punto 111 della relazione sui profilati e le travi, è previsto quanto segue:

«[L]a prescrizione dell’articolo 3.1 [dell’accordo antidumping], secondo cui la determinazione dell’esistenza di un pregiudizio deve essere fondata su elementi di prova "diretti" e comportare un esame "obiettivo" degli elementi richiesti relativi al pregiudizio non significa che la determinazione debba essere fondata unicamente sul ragionamento o sui fatti che sono stati divulgati alle parti di un’inchiesta antidumping o che erano da esse riconoscibili. [Tale] articolo 3.1, al contrario, consente a un’autorità [competente] di basare la propria determinazione su tutti i ragionamenti e i fatti pertinenti di cui essa dispone».

107    Tuttavia, occorre anzitutto constatare che l’articolo 3.1 dell’accordo antidumping non contiene la condizione, che figura, per contro, all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base, che i dati utilizzati dalla Commissione debbano essere «prontamente disponibili».

108    Occorre poi ricordare che, al punto 107 della relazione sui profilati e sulle travi, l’organo d’appello precisa che «[u]na inchiesta antidumping comporta la raccolta e la valutazione, allo stesso tempo, di informazioni riservate e di informazioni non riservate» e che la determinazione dell’esistenza di un pregiudizio (...) deve basarsi sull’insieme di tali elementi di prova». Esso ne conclude che «nulla nell’articolo 3.1 [dell’accordo antidumping] obbliga un’autorità [competente] a fondare la determinazione dell’esistenza di un danno unicamente su informazioni non riservate». Pertanto, se è vero che, in forza degli insegnamenti derivanti da tale relazione, l’autorità competente può utilizzare, oltre ad informazioni non riservate, anche informazioni riservate, essa non può basarsi esclusivamente su informazioni riservate. Orbene, ciò si sarebbe verificato se la Commissione avesse utilizzato i dati che la Solutia Europe le aveva fornito riguardo alla Solutia Tlaxcala.

109    Infine, si deve sottolineare che, al punto 109 della relazione sui profilati e sulle travi, benché l’organo d’appello ricordi che l’articolo 6 dell’accordo antidumping «stabilisce un quadro di obblighi [procedurali] che, tra l’altro, esige che, nel corso dell’inchiesta, le autorità [competenti] comunichino determinati elementi di prova alle parti interessate» e constati che «[n] on vi è alcun motivo per dare a tali obblighi (...) una lettura che li includa nelle disposizioni di diritto sostanziale dell’articolo 3.1» di tale accordo, esso precisa che, così facendo, esso «non lascia intendere che la determinazione dell’esistenza di un pregiudizio accertata nel caso di specie (...) soddisfacesse necessariamente le prescrizioni [di detto] articolo». Infatti, secondo l’organo di appello, il gruppo di esperti autore della relazione dinanzi ad esso contestata, «avendo constatato che l’affermazione formulata dalla [Repubblica di] Polonia ai sensi [di quest’ultimo articolo] non soddisfaceva i requisiti di cui all’articolo 6.2 del [memorandum d’intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie, contenuto all’allegato 2 dell’accordo che istituisce l’OMC], non ha esaminato la questione».

110    Pertanto, l’organo d’appello ha voluto evitare che, qualora una parte, nella sua domanda di costituzione di un gruppo speciale, abbia omesso di sollevare con la necessaria chiarezza la questione del rispetto, da parte dell’autorità competente, degli obblighi procedurali previsti all’articolo 6 dell’accordo antidumping, relativi al trattamento riservato e ai diritti della difesa, essa possa ovviare a tale omissione sostenendo che la valutazione della violazione delle disposizioni sostanziali di cui essa ha validamente investito tale gruppo include l’esame del rispetto di tali obblighi procedurali.

111    Ne consegue che la relazione sui profilati e sulle travi non può essere interpretata nel senso che essa consacra un principio generale secondo cui un’autorità competente può in ogni caso utilizzare informazioni riservate.

112    Nel caso di specie, è pacifico che la Solutia Europe si è opposta alla divulgazione dei dati relativi alla Solutia Tlaxcala e che essa non ha fornito alla Commissione un riassunto non riservato di tali dati. Pertanto, in forza dell’articolo 19, paragrafo 3, del regolamento di base, la Commissione poteva disattendere tali dati, a meno che non potesse ottenerli da altre fonti.

113    A tal riguardo, la ricorrente fa valere che i dati relativi alla Solutia Tlaxcala sono disponibili nella banca dati Dun&Bradstreet, accessibile su abbonamento. Poco importerebbe che la Commissione abbia scelto di abbonarsi solo alla banca dati Orbis.

114    Si deve constatare che, nelle sue osservazioni sulle informazioni finali, la ricorrente ha richiamato l’attenzione della Commissione sul fatto che la banca dati Dun&Bradstree conteneva dati facilmente disponibili relativi alla Solutia Tlaxcala e ha inserito un collegamento ipertestuale nel passaggio pertinente di tali osservazioni, precisando al contempo che tali dati erano accessibili dietro pagamento di diritti di accesso.

115    Dalle risposte delle parti principali a quesiti scritti posti dal Tribunale risulta che il collegamento ipertestuale indicato dalla ricorrente non consentiva di avere accesso ai dati della Solutia Tlaxcala contenuti nella banca dati Dun&Bradstreet.

116    Peraltro, nelle sue osservazioni sull’informazione finale, la ricorrente si era limitata ad indicare che esisteva una prova «prima facie» della possibilità di ottenere i dati della Solutia Tlaxcala nella banca dati Dun&Bradstreet.

117    Ne deriva che la ricorrente stessa non aveva avuto accesso a tali dati, cosicché ignorava il grado di dettaglio di questi ultimi e il periodo che essi coprivano.

118    Pertanto, a buon diritto la Commissione si è rifiutata di utilizzare tali dati, al considerando 230 del regolamento impugnato.

119    Per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente relativi alla violazione del dovere di diligenza, poiché essa invoca i principi risultanti dalla giurisprudenza relativa all’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base, nella sua versione anteriore al regolamento 2017/2321, che sarebbero applicabili per analogia, occorre ricordare i termini di tale disposizione, che così recitano:

«Nel caso di importazioni in provenienza da paesi non retti da un’economia di mercato (...), il valore normale è determinato in base al prezzo o al valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato oppure al prezzo per l’esportazione da tale paese terzo ad altri paesi; compresa l’Unione, oppure, qualora ciò non sia possibile, su qualsiasi altra base equa, compreso il prezzo realmente pagato o pagabile nell’Unione per un prodotto simile, se necessario debitamente adeguato per includere un equo margine di profitto.

Un paese terzo ad economia di mercato è opportunamente selezionato, tenendo debitamente conto di tutte le informazioni attendibili di cui si disponga al momento della scelta (...)».

120    Secondo la giurisprudenza relativa all’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base, nella sua versione anteriore al regolamento 2017/2321, la scelta del «paese analogo» ai sensi di tale disposizione si colloca nell’ambito dell’ampio potere discrezionale di cui godono le istituzioni dell’Unione in materia di politica commerciale comune, in ragione della complessità delle situazioni economiche e politiche che esse devono esaminare (v., per analogia, sentenza del 29 luglio 2019, Shanxi Taigang Stainless Steel/Commissione, C‑436/18 P, EU:C:2019:643, punto 30 e giurisprudenza ivi citata). L’esercizio del potere discrezionale delle istituzioni dell’Unione all’atto della scelta di tale paese è soggetto al sindacato giurisdizionale. Infatti, incombe al giudice dell’Unione verificare l’osservanza delle norme di procedura, l’esattezza materiale dei fatti considerati nell’operare la scelta contestata, l’insussistenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti e l’insussistenza di sviamento di potere. In particolare, occorre verificare se dette istituzioni abbiano omesso di prendere in considerazione elementi essenziali al fine di accertare l’adeguatezza del paese prescelto e se gli elementi del fascicolo siano stati esaminati con tutta la diligenza richiesta perché possa ritenersi che il valore normale del prodotto in esame sia stato determinato in maniera idonea ed equa (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 29 maggio 1997, Rotexchemie, C‑26/96, EU:C:1997:261, punti da 10 a 12; del 10 settembre 2015, Fliesen-Zentrum Deutschland, C‑687/13, EU:C:2015:573, punto 51, e del 23 aprile 2018, Shanxi Taigang Stainless Steel/Commissione, T‑675/15, non pubblicata, EU:T:2018:209, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

121    Nonostante le differenze esistenti tra l’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base e il suo precedente articolo 2, paragrafo 7, lettera a), tali principi sono applicabili per analogia nel caso di specie, come sostiene la Commissione.

122    Nel caso di specie, in primo luogo, la ricorrente fa valere che la Commissione ha accettato i dati relativi alla Ilkalem, nonostante il fatto che, durante il periodo dell’inchiesta, tale società fosse in perdita a causa di oneri finanziari eccezionali e che, pertanto, fosse necessario operare taluni adeguamenti sulla base dei dati relativi ai tre esercizi finanziari precedenti. L’accettazione di tali dati sarebbe in contraddizione con il fatto che la Commissione ha rifiutato i dati relativi alla Wyn, poiché questi ultimi coprivano un periodo che non coincideva con quello oggetto della sua inchiesta. Pertanto, la Commissione avrebbe erroneamente preferito i dati della Ilkalem a quelli della Wyn nonché a quelli della Solutia Tlaxcala, che sarebbero stati non solo «prontamente disponibili», ma anche integrali e completi.

123    Occorre rilevare che la ricorrente non contesta la realtà delle considerazioni contenute nel regolamento impugnato, in forza delle quali la Commissione ha escluso di basarsi sui dati relativi alla Wyn, in quanto questi ultimi non riguardavano il periodo d’inchiesta e mostravano che tale società non aveva realizzato utili nel 2017 (v. punto 82 supra). La ricorrente si limita a sostenere che tale esclusione contrasta con il fatto che la Commissione ha accettato i dati relativi alla Ilkalem. Tuttavia, occorre constatare che questi ultimi dati, contrariamente a quello relativo alla Wyn, erano disponibili per l’intero anno 2018, cosicché essi coprivano almeno una parte del periodo d’inchiesta. Inoltre, tali dati mostravano anche che la Ilkalem aveva realizzato utili nei tre anni precedenti e che l’assenza di utili nel 2018 era dovuta a spese finanziarie particolarmente elevate, che la Commissione ha qualificato come eccezionali. Orbene, la ricorrente non ha contestato la fondatezza di tale qualificazione, così come non ha dimostrato che gli adeguamenti operati dalla Commissione ai dati della Ilkalem del 2018 al fine di controbilanciare l’effetto di tali spese eccezionali non erano appropriati.

124    Tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui disponeva la Commissione nel caso di specie per quanto riguarda la scelta del paese rappresentativo appropriato (v. punti 120 e 121 supra), la ricorrente, affinché il suo motivo possa essere accolto, deve fornire elementi sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti operate nel regolamento impugnato (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 3 dicembre 2019, Yieh United Steel/Commissione, T‑607/15, EU:T:2019:831, punto 110 e giurisprudenza citata).

125    Pertanto, occorre respingere il presente argomento della ricorrente.

126    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe dovuto quantomeno operare una distinzione fra, da un lato, i dati relativi ai valori di sostituzione dei fattori di produzione (in prosieguo: i «valori di sostituzione») e, dall’altro, quelli relativi alle SGAV e al margine di profitto. I dati della Ilkalem sarebbero utili unicamente per questi ultimi elementi, dato che i valori di sostituzione potrebbero essere ottenuti da fonti pubbliche, in particolare dalla banca dati Global Trade Atlas, che conterrebbe tali valori per le materie prime messicane. La ricorrente segnala che la Commissione ha già utilizzato dati provenienti da fonti diverse in un’inchiesta antidumping, così come avrebbero fatto le autorità degli Stati Uniti d’America.

127    Orbene, occorre rilevare che la ricorrente si limita ad affermare che la banca dati Global Trade Atlas contiene i valori di sostituzione relativi al Messico, ma non spiega in che modo tali valori sarebbero più pertinenti di quelli relativi alla Turchia. A maggior ragione, essa non dimostra che fosse manifestamente errato utilizzare i valori di sostituzione turchi.

128    Inoltre, la ricorrente non precisa in che modo sarebbe manifestamente errato prendere in considerazione i dati relativi ad un solo e medesimo paese terzo tanto per i valori di sostituzione quanto per le SGAV e per il margine di profitto.

129    La ricorrente invoca la prassi della Commissione, la quale dimostrerebbe che quest’ultima ha già utilizzato dati provenienti da fonti diverse, nonché la prassi delle autorità degli Stati Uniti d’America, confermata dagli organi giurisdizionali competenti.

130    Tuttavia, da un lato, secondo la giurisprudenza, la legittimità di un regolamento che istituisce dazi antidumping deve essere valutata alla luce delle norme di diritto e, in particolare, delle disposizioni del regolamento di base, e non sulla base dell’asserita prassi decisionale anteriore delle istituzioni dell’Unione [v., in tal senso e per analogia, sentenze del 10 febbraio 2021, RFA International/Commissione, C‑56/19 P, EU:C:2021:102, punto 79; del 4 ottobre 2006, Moser Baer India/Consiglio, T‑300/03, EU:T:2006:289, punto 45, e del 18 ottobre 2016, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio, T‑351/13, non pubblicata, EU:T:2016:616, punto 107].

131    D’altro lato, quanto alla prassi delle autorità degli Stati Uniti d’America, occorre rilevare che tale prassi può riguardare soltanto l’applicazione del diritto degli Stati Uniti d’America, le cui disposizioni non coincidono necessariamente con quelle del regolamento di base, come interpretate dalla Corte e dal Tribunale. Pertanto, quand’anche tale prassi riguardasse una situazione di fatto e di diritto analoga a quella di cui trattasi nel caso di specie, circostanza che la ricorrente non ha dimostrato, essa non può vincolare il Tribunale.

132    Di conseguenza, occorre respingere il presente argomento della ricorrente.

133    Infine, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il Messico presenta un livello di protezione sociale e ambientale più elevato di quello della Turchia, occorre rilevare che, secondo la formulazione stessa dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), primo trattino, del regolamento di base, la questione del livello di tali tutele si pone solo «qualora vi sia più di un paese rappresentativo appropriato».

134    Orbene, poiché, nel caso di specie, la Commissione aveva buone ragioni per ritenere che sussistessero dati pertinenti sulle SGAV e sul margine di profitto unicamente per la Turchia, e non per il Messico, essa poteva a buon diritto concludere, ai considerando 221 e 226 del regolamento impugnato, che la Turchia era l’unico paese rappresentativo appropriato e che, di conseguenza, la questione del livello di protezione sociale e ambientale non si poneva.

135    In considerazione di quanto precede, occorre respingere il secondo motivo in quanto infondato.

 Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dellarticolo 18 del regolamento di base

136    La ricorrente fa valere che la Commissione, per calcolare il valore normale dei prodotti da essa fabbricati, ha erroneamente utilizzato i dati disponibili ai sensi dell’articolo 18 per quanto riguarda i fattori produttivi prodotti in proprio, quali il vapore e l’elettricità, nonostante avesse collaborato al meglio delle sue possibilità, rispondendo al questionario della Commissione.

137    Secondo la ricorrente, la Commissione, che le addebita di non aver attribuito al prodotto interessato dall’inchiesta una parte dei costi relativi ai fattori necessari per la produzione in proprio di taluni fattori produttivi che essa utilizza per produrre i suoi PVA, non ha tenuto conto del fatto che tale attribuzione è impossibile, a causa delle caratteristiche del processo di produzione dei suoi PVA.

138    Peraltro, poiché la ricorrente avrebbe cooperato con la Commissione al meglio delle sue possibilità, quest’ultima sarebbe stata tenuta, in forza dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base, a prendere in considerazione le informazioni che le aveva fornito e non sarebbe stata legittimata ad utilizzare i dati disponibili ai sensi di tale articolo.

139    La Commissione, sostenuta dalla Sekisui, contesta l’argomentazione della ricorrente.

140    Occorre ricordare i termini delle pertinenti disposizioni dell’articolo 18 del regolamento di base, dedicato all’«[o]messa collaborazione», formulate come segue:

«1.      Qualora una parte interessata rifiuti l’accesso alle informazioni necessarie oppure non le comunichi entro i termini fissati dal presente regolamento oppure ostacoli gravemente l’inchiesta, possono essere elaborate conclusioni provvisorie o definitive, affermative o negative, in base ai dati disponibili.

(...)

3.      Le informazioni presentate da una parte interessata che non sono perfettamente conformi alle condizioni richieste non devono essere disattese, a condizione che le eventuali carenze non siano tali da provocare eccessive difficoltà per l’elaborazione di conclusioni sufficientemente precise e che le informazioni siano state presentate correttamente entro i termini e siano verificabili e la parte interessata abbia agito con la massima diligenza.

(…)».

141    Per comprendere la ratio dell’articolo 18 del regolamento di base, occorre ricordare che spetta alla Commissione, in quanto autorità investigatrice, determinare l’esistenza di un dumping, di un pregiudizio e di un nesso di causalità tra le importazioni oggetto di dumping e il pregiudizio accertato. Poiché nessuna disposizione del regolamento di base conferisce alla Commissione il potere di costringere le parti interessate a partecipare all’inchiesta oppure a produrre informazioni, tale istituzione dipende dalla collaborazione volontaria di tali parti per fornirle le informazioni necessarie. In tale contesto, emerge dal considerando 27 del regolamento di base che il legislatore dell’Unione ha ritenuto «necessario stabilire che nei confronti delle parti che non collaborano in misura sufficiente possono essere usate ai fini delle risultanze altre informazioni che possano essere meno favorevoli per dette parti». Quindi, lo scopo dell’articolo 18 del regolamento di base consiste nel consentire alla Commissione di proseguire nell’inchiesta anche qualora le parti interessate si rifiutassero di cooperare o cooperassero in modo insufficiente. Pertanto, atteso che le parti interessate sono tenute a collaborare con la migliore diligenza, tali parti devono fornire tutte le informazioni di cui dispongono e che le istituzioni ritengano necessarie per adottare le loro conclusioni [v., per analogia, sentenza del 14 dicembre 2017, EBMA/Giant (China), C‑61/16 P, EU:C:2017:968, punti da 54 a 56].

142    Il regolamento di base non definisce le informazioni «necessarie» ai sensi del suo articolo 18, paragrafo 1.

143    Secondo la giurisprudenza, emerge dal tenore letterale, dal contesto e dalla finalità dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base che la nozione di «informazioni necessarie» rinvia alle informazioni in possesso delle parti interessate che le istituzioni dell’Unione chiedono loro di fornire per elaborare le conclusioni necessarie nell’ambito dell’inchiesta antidumping [v., per analogia, sentenza del 14 dicembre 2017, EBMA/Giant (China), C61/16 P, EU:C:2017:968, punto 57].

144    Inoltre, secondo la giurisprudenza, l’articolo 18 del regolamento di base costituisce la trasposizione nel diritto dell’Unione dell’articolo 6.8 nonché dell’allegato II dell’accordo antidumping (in prosieguo: l’«allegato II»), alla luce dei quali deve essere interpretato, per quanto possibile (v., per analogia, sentenza del 22 maggio 2014, Guangdong Kito Ceramics e a./Consiglio, T‑633/11, non pubblicata, EU:T:2014:271, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

145    L’articolo 6.8 dell’accordo antidumping dispone quanto segue:

«Se una parte interessata rifiuta l’accesso alle necessarie informazioni o comunque non le fornisce entro un termine ragionevole, oppure impedisce le indagini, le decisioni, in via preliminare e definitiva, di natura positiva o negativa, possono essere prese sulla base dei fatti disponibili. L’applicazione del presente paragrafo avviene conformemente alle disposizioni dell’allegato II».

146    L’articolo 5 dell’allegato II corrisponde all’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base, nella misura in cui prevede quanto segue:

«Anche se le informazioni fornite non sono complete sotto tutti gli aspetti, le autorità non possono per questo ignorarle, sempreché nel fornirle la parte interessata abbia fatto del suo meglio».

147    Si deve osservare che l’allegato II è «incorporato mediante richiamo nell’articolo 6.8» dell’accordo antidumping [relazione dell’organo d’appello relativa alla controversia «Stati Uniti – Misure antidumping applicate a taluni prodotti in acciaio laminati a caldo provenienti dal Giappone», adottata dal DSB il 23 agosto 2001 (WT/DS 184/AB/R, punto 75)] e che le disposizioni di tale allegato sono imperative, nonostante siano spesso formulate in senso condizionale [relazione del gruppo di esperti relativa alla controversia «Stati Uniti – Misure antidumping e compensative applicate a lamiere in acciaio provenienti dall’India», adottata dal DSB il 29 luglio 2002 (WT/DS 206/R, punto 7.56)].

148    Secondo la relazione del gruppo di esperti riguardante la controversia «Corea – Dazi antidumping sulle valvole pneumatiche provenienti dal Giappone», adottata dal DSB il 30 settembre 2019 (WT/DS 504/R, punto 7.43), a decisione di considerare o meno necessaria una determinata informazione, ai sensi dell’articolo 6.8 dell’accordo antidumping, deve essere adottata alla luce delle specifiche circostanze del caso concreto, e non in astratto. Inoltre, secondo la relazione del gruppo di esperti riguardante la controversia «Comunità europee – Misure antidumping riguardanti il salmone d’allevamento proveniente dalla Norvegia», adottata dal DSB il 15 gennaio 2008 (WT/DS 337/R, punto 7.343), deve essere considerato necessario, ai sensi della medesima disposizione, una particolare informazione detenuta da una parte interessata e richiesta dall’autorità incaricata dell’inchiesta antidumping (in prosieguo: l’«autorità competente») al fine di adottare le proprie «determinazioni».

149    Inoltre, si è ritenuto che le informazioni relative ai volumi di produzione e ai costi di fabbricazione del prodotto oggetto di un’inchiesta antidumping fossero chiaramente informazioni necessarie ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base (v., per analogia, sentenza del 22 settembre 2021, NLMK/Commissione (T‑752/16, non pubblicata, EU:T:2021:611, punto 53).

150    Nel caso di specie, dai considerando 274, 275 e da 317 a 322 del regolamento impugnato e dalle precisazioni che la Commissione ha fornito in corso di causa, in risposta a un quesito del Tribunale, risulta che quest’ultima, per costruire il valore normale, ha fatto ricorso ai dati disponibili ai sensi dell’articolo 18 per stabilire i volumi di consumo dei fattori produttivi, quali il carbone e l’acqua, che la ricorrente utilizzava per la produzione in proprio di taluni fattori produttivi che intervenivano nella produzione dei suoi PVA, quali l’elettricità e il vapore. Infatti, la ricorrente non aveva fornito alla Commissione le informazioni di cui essa riteneva di aver bisogno a tal fine.

151    È pacifico che i fattori produttivi prodotti in proprio hanno un ruolo non trascurabile nella produzione dei PVA. Orbene, tali fattori di produzione richiedono a loro volta taluni fattori produttivi, che costituiscono quindi costi che la ricorrente sostiene per produrre i suoi PVA. Poiché il valore normale nel caso di specie è stato costruito utilizzando un metodo basato sui costi di produzione, si deve constatare che la Commissione aveva bisogno di conoscere i volumi di consumo di tutti i fattori produttivi utilizzati per produrre i PVA, compresi quindi i fattori necessari per la produzione in proprio di taluni fattori produttivi.

152    La ricorrente fa valere che le era impossibile fornire i dati richiesti dalla Commissione, a causa delle specificità del suo procedimento di produzione, di cui il questionario predisposto da quest’ultima non ha tenuto conto. Infatti, i fattori produttivi prodotti in proprio non sarebbero utilizzati unicamente per produrre i PVA. Essa invoca altresì il rischio di doppio conteggio che, come essa avrebbe esposto nel corso dell’inchiesta, deriva dal fatto che il vapore generato dalle caldaie a carbone è utilizzato, in un primo tempo, per produrre energia e, in un secondo tempo, per produrre PVA, con elettricità che non è quindi generata direttamente dal carbone. Pertanto, tale elettricità e tale vapore prodotti in proprio non sarebbero assimilabili a fattori di produzione tradizionali, come il carbone. Inoltre, la ricorrente sottolinea che il suo procedimento è una reazione interamente chimica nel corso della quale diversi ingredienti interagiscono e talvolta si assorbono reciprocamente, lasciando residui che potranno essere riutilizzati o che si trasformeranno in altre sostanze.

153    Occorre ricordare che, secondo il considerando 319 del regolamento impugnato, la ricorrente aveva «già comunicato i fattori per la produzione dei fattori produttivi prodotti in proprio». La Commissione ne trae la conclusione che «questi ultimi potevano essere ugualmente assegnati al prodotto oggetto dell’inchiesta».

154    Dal considerando 319 del regolamento impugnato risulta che la ricorrente aveva indicato alla Commissione i fattori necessari per la produzione in proprio di taluni fattori produttivi. Tuttavia, la ricorrente ritiene di non essere in grado di precisare in quale misura tali fattori produttivi prodotti in proprio, e quindi i fattori necessari per produrli, possano essere attribuiti alla produzione della PVA.

155    Ne deriva che la ricorrente contesta, in realtà, la validità del metodo utilizzato dalla Commissione per costruire il valore normale, nei limiti in cui tale metodo ha portato a una sovrastima del consumo di detti fattori necessari per la produzione in proprio di taluni fattori produttivi, che sono stati attribuiti in misura eccessiva alla produzione di PVA, mentre i fattori produttivi prodotti in proprio non sono stati utilizzati esclusivamente per produrre questi ultimi. Orbene, tale contestazione non è idonea a dimostrare che fosse impossibile fornire le informazioni richieste dalla Commissione.

156    Peraltro, occorre rilevare che, per evitare che la Commissione facesse ricorso ai dati disponibili ai sensi dell’articolo 18, la ricorrente avrebbe potuto comunicarle tali informazioni, fatta salva la possibilità di contestare nel merito, anche dinanzi al Tribunale, l’uso che ne avrebbe fatto la Commissione.

157    Di conseguenza, si deve respingere la censura vertente sulla violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base.

158    Per quanto riguarda i suoi argomenti relativi alla violazione dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, l’articolo 18 di tale regolamento si riferisce, ai suoi paragrafi 1 e 3, a situazioni diverse. Pertanto, mentre l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base descrive, in maniera generale, casi in cui le informazioni che sono necessarie alle istituzioni, ai fini dell’inchiesta, non sono state fornite, l’articolo 18, paragrafo 3, di tale regolamento prende in considerazione i casi in cui i dati necessari, ai fini dell’inchiesta, sono stati forniti, ma non sono pertinenti, cosicché i dati disponibili non devono necessariamente essere utilizzati (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 22 maggio 2014, Guangdong Kito Ceramics e a./Consiglio, T‑633/11, non pubblicata, EU:T:2014:271, punto 98 e giurisprudenza ivi citata).

159    Nel caso di specie, la Commissione ha utilizzato i dati disponibili ai sensi dell’articolo 18 solo per sostituire gli elementi che la ricorrente non le aveva fornito, a causa della presunta impossibilità di farlo.

160    Inoltre, occorre precisare che l’entità dello sforzo compiuto da una parte interessata per comunicare determinate informazioni non è necessariamente collegata alla qualità intrinseca delle informazioni comunicate e non costituisce, in ogni caso, il solo elemento determinante. Così, se alla fine non si ottengono le informazioni richieste, la Commissione è legittimata a fare ricorso ai dati disponibili relativi a tali informazioni (v., per analogia, sentenza del 4 marzo 2010, Sun Sang Kong Yuen Shoes Factory/Consiglio, T‑409/06, EU:T:2010:69, punto 104).

161    Dato che la ricorrente non ha fornito gli elementi che la Commissione le ha chiesto in merito ai fattori necessari per la produzione in proprio di taluni fattori produttivi, si deve constatare che l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base non era applicabile e che la Commissione poteva soltanto utilizzare i dati disponibili ai sensi dell’articolo 18 per sostituire tali elementi.

162    In ogni caso, secondo l’organo di appello, l’articolo 5 dell’allegato II richiede alle parti interessate un notevole sforzo [relazione dell’organo d’appello relativa alla controversia «Stati Uniti – Misure antidumping applicate a taluni prodotti in acciaio laminati a caldo provenienti dal Giappone», adottata dal DSB il 23 agosto 2001 (WT/DS 184/, punto 102)].

163    Orbene, non si può ritenere che la ricorrente abbia compiuto uno sforzo di questo tipo, dato che essa ha rifiutato di procedere all’esercizio contabile richiesto dalla Commissione per attribuire ai PVA una parte dei costi di produzione dei fattori produttivi prodotti in proprio.

164    Di conseguenza, si deve respingere la censura vertente sulla violazione dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base.

165    Nella replica, la ricorrente sostiene che la Commissione non le ha comunicato in tempo utile la «relazione di verifica» che essa sarebbe tenuta a trasmettere a una parte interessata prima di inviarle la lettera con la quale la informa della sua intenzione di utilizzare i dati disponibili ai sensi dell’articolo 18. Tale irregolarità procedurale costituirebbe una violazione dei suoi diritti della difesa.

166    Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, sebbene la ricorrente non possa essere obbligata a dimostrare che la decisione della Commissione sarebbe stata diversa in mancanza dell’irregolarità procedurale di cui trattasi, ma unicamente che tale possibilità non è del tutto esclusa poiché tale parte avrebbe potuto difendersi meglio in mancanza di siffatta irregolarità, resta nondimeno il fatto che l’esistenza di un’irregolarità relativa ai diritti della difesa può comportare l’annullamento dell’atto in questione solo nella misura in cui sussiste la possibilità che, a causa di tale irregolarità, il procedimento amministrativo avrebbe potuto portare a un risultato diverso, violando così concretamente i diritti della difesa (v., sentenza del 5 maggio 2022, Zhejiang Jiuli Hi-Tech Metals/Commissione C718/20 P, EU:C:2022:362, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

167    Orbene, la ricorrente non ha invocato il minimo elemento idoneo a dimostrare che non era escluso che il procedimento sarebbe potuto sfociare in un risultato diverso se essa avesse ricevuto prima la «relazione di verifica».

168    Pertanto, occorre respingere il presente argomento della ricorrente in quanto infondato, senza che sia necessario pronunciarsi sulla sua ricevibilità, contestata dalla Commissione per il motivo che esso non era stato invocato nell’atto introduttivo del ricorso.

169    Alla luce di quanto precede, il quinto motivo deve essere respinto in quanto infondato.

170    Inoltre, in forza delle considerazioni esposte al precedente punto 69, il rigetto del secondo e del quinto motivo in quanto infondati consente di respingere in quanto inoperanti il terzo ed il quarto motivo.

[omissis]

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Inner Mongolia Shuangxin Environment-Friendly Material Co. Ltd si farà carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione europea, dalla Kuraray Europe GmbH e dalla Sekisui Specialty Chemicals Europe SL.

3)      Il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Wegochem Europe BV si faranno carico delle proprie spese.

Truchot

Kanninen

Madise

Frendo

 

      Perišin


Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 febbraio 2024.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.


1      Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.