Language of document : ECLI:EU:T:2016:739

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

15 dicembre 2016 (*)

«Unione doganale – Importazione di prodotti derivati dal tonno provenienti dall’Ecuador – Recupero di dazi all’importazione – Domanda di non recupero dei dazi all’importazione – Articolo 220, paragrafo 2, lettera b), e articolo 236 del regolamento (CEE) n. 2913/92 – Avviso agli importatori pubblicato nella Gazzetta ufficiale – Buona fede – Domanda di sgravio dei dazi all’importazione – Articolo 239 del regolamento (CEE) n. 2913/92»

Nella causa T‑548/14,

Regno di Spagna, rappresentato inizialmente da A. Rubio González, e successivamente da V. Ester Casa, abogado del Estado,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da P. Arenas, A. Caeiros, e B.-R. Killmann, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e intesa all’annullamento dell’articolo 2 della decisione C(2014) 3007 final della Commissione, del 15 maggio 2014, con la quale si accerta che, in un caso particolare, lo sgravio dei dazi all’importazione è giustificato per un determinato importo e non è giustificato per un altro importo (REM 03/2013),

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto, al momento della deliberazione, da A. Dittrich, presidente, J. Schwarcz (relatore) e V. Tomljenović, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 aprile 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Fra il 30 giugno 2009 e il 24 settembre 2010, la ACTEMSA SA (in prosieguo: il «debitore»), impresa stabilita in Spagna, ha importato nell’Unione europea prodotti ottenuti dalla trasformazione del tonno, ossia conserve di tonno e di filetti di tonno surgelati, dichiarati originari dell’Ecuador (in prosieguo: le «importazioni controverse»).

2        Il debitore ha chiesto alle autorità doganali spagnole l’applicazione del sistema di preferenze tariffarie generalizzate (in prosieguo: il «SPG») in relazione alle importazioni controverse, producendo, a sostegno delle sue dichiarazioni doganali, certificati di origine «modulo A» rilasciati dalle autorità ecuadoregne sulla base di un formulario depositato dall’esportatore, il quale dichiarava che l’origine dei prodotti era effettivamente l’Ecuador e che i requisiti per ottenere i certificati di origine erano soddisfatti.

3        Sulla base dei certificati di origine presentati dal debitore, le autorità doganali spagnole hanno concesso il beneficio del trattamento tariffario preferenziale alle importazioni controverse.

4        Durante il periodo delle importazioni controverse, richiamato al punto 1 supra, ossia il 21 maggio 2010, la Commissione europea ha pubblicato un avviso agli importatori intitolato «Importazioni nell’[Unione] di tonno proveniente dalla Colombia e da El Salvador» (GU 2010, C 132, pag. 15; in prosieguo: l’«avviso»), i cui passaggi rilevanti ai fini della presente causa, al fine di delimitare la portata dell’avviso e stabilire se esso riguardi le importazioni controverse, sono i seguenti:

«La Commissione (…) informa gli operatori dell’Unione (…) che sussistono ragionevoli dubbi per quanto riguarda la corretta applicazione del trattamento preferenziale e l’applicabilità delle prove d’origine presentate nell’Unione (…) per le conserve di tonno e i filetti di tonno congelati di cui alla sottovoce 1604 14 del SA importati dalla Colombia e da El Salvador.

Diverse indagini hanno rivelato che quantitativi significativi di conserve di tonno e di filetti di tonno surgelati della sottovoce 1604 14 del SA sono stati dichiarati originari della Colombia o di El Salvador senza che ricorrano i criteri di ammissibilità.

Inoltre non si può escludere che vengano importate partite da altri paesi beneficiari del [SPG] senza che siano soddisfatti i requisiti previsti dalle norme di origine SPG relative al cumulo dell’origine».

5        Dal 14 al 30 settembre 2010, una missione congiunta composta dai rappresentanti dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e da taluni Stati membri si è recata in Ecuador per determinare l’origine delle materie prime utilizzate nella fabbricazione dei prodotti ottenuti dalla trasformazione del tonno proveniente da tale paese ed esportati nell’Unione con certificati di origine «modulo A» emessi in tale paese per beneficiare del trattamento tariffario preferenziale.

6        La relazione finale dell’OLAF ha stabilito che le autorità ecuadoregne avevano erroneamente rilasciato certificati di origine «modulo A» per prodotti a base di tonno trasformati in Ecuador a partire da materie prime catturate da pescherecci salvadoregni e panamensi, non essendo state rispettate le norme che consentivano di ritenere che le merci fossero originarie dell’Ecuador.

7        L’OLAF ha osservato, per quanto riguarda il pesce crudo catturato dai pescherecci salvadoregni, che le autorità di tale paese non avevano dimostrato l’origine del pesce in conformità agli articoli 72 bis e 80 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (GU 1993, L 253, pag. 1) e, per quanto riguarda il pesce crudo catturato dai battelli panamensi, che le autorità panamensi avevano rilasciato certificati di origine «modulo A», ma che la regola sul valore aggiunto prevista all’articolo 70 del regolamento n. 2454/93 non era stata osservata.

8        Poiché le importazioni controverse non potevano beneficiare del trattamento tariffario preferenziale, le autorità spagnole hanno avviato, nel 2012, un procedimento di recupero dei dazi all’importazione, e hanno applicato alle operazioni di cui trattasi la tariffa doganale comune del 24%, cosicché l’importo dei dazi doganali richiesti è salito a EUR 2 094 850,62.

9        Con diverse lettere, l’ultima della quale datata 7 febbraio 2013, il debitore ha chiesto alle autorità spagnole lo sgravio dei dazi all’importazione in forza dell’articolo 236, in combinato disposto con l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1992, L 302, pag. 1; in prosieguo: il «CDC»), oppure, in subordine, in forza dell’articolo 239 del CDC.

10      Con lettera del 18 aprile 2013, le autorità spagnole hanno chiesto alla Commissione di stabilire se fosse giustificato procedere ad uno sgravio dei dazi all’importazione ai sensi dell’articolo 236, in combinato disposto con l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del CDC e con gli articoli 869 e 871 del regolamento n. 2454/93 o, in subordine, ai sensi dell’articolo 239 del CDC e dell’articolo 905 del regolamento n. 2454/93.

11      Con lettere dell’8 maggio e del 17 settembre 2013, la Commissione ha chiesto informazioni supplementari, fornite dalle autorità spagnole con lettere del 28 maggio e del 21 ottobre 2013. Il debitore è potuto venire a conoscenza di entrambe queste richieste di informazioni e ha potuto formulare osservazioni relative alla risposta che le autorità spagnole intendevano inviare.

12      Con lettera del 12 febbraio 2014, la Commissione ha invitato il debitore, in conformità agli articoli 873 e 906 bis del regolamento n. 2454/93, a formulare le proprie osservazioni su qualsiasi questione di diritto o di fatto idonea, a suo avviso, a comportare il rigetto della sua domanda. Il debitore ha risposto con lettera del 5 marzo 2014, nella quale affermava di non essere tenuto a sopportare la responsabilità di un errore delle autorità ecuadoregne. Esso ha parimenti sottolineato la propria buona fede, nonché il proprio disaccordo con i rilievi della Commissione relativi al suo difetto di diligenza in relazione alle importazioni effettuate dopo il 21 maggio 2010.

13      L’8 maggio 2014, in conformità agli articoli 873 e 907 del regolamento n. 2454/93, un gruppo di esperti composto da rappresentanti degli Stati membri si è riunito per esaminare la pratica.

14      Con la decisione C(2014) 3007 final, del 15 maggio 2014, la Commissione ha considerato che, in un caso specifico, lo sgravio dei dazi all’importazione era giustificato per un determinato importo, ma che non lo era per un altro importo (REM 03/2013) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

15      Nell’ambito dell’esame della domanda fondata sull’articolo 236, in combinato disposto con l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del CDC, la Commissione ha constatato, al punto 26 della decisione impugnata, che, da un lato, le autorità doganali ecuadoregne avevano proceduto ad un’applicazione erronea delle norme relative al rilascio dei certificati di origine «modulo A» e che, dall’altro, il fatto che fossero state effettuate dichiarazioni inesatte al momento della richiesta di certificati da parte della società esportatrice non era sufficiente ad escludere l’esistenza di un errore imputabile alle autorità ecuadoregne. La Commissione ha poi ritenuto di dover verificare se l’errore potesse essere ragionevolmente scoperto dal debitore, prendendo in considerazione le circostanze del caso di specie, la natura dell’errore, l’esperienza professionale e la diligenza del debitore.

16      Per quanto riguarda la natura dell’errore, la Commissione ha ritenuto, al punto 28 della decisione impugnata, che la ripetizione dell’errore, risultante dal rilascio di certificati di origine «modulo A» da parte delle autorità ecuadoregne nel corso di un lungo periodo, deponesse a favore della buona fede del debitore, e che non fosse possibile stabilire se l’errore così commesso avrebbe potuto essere scoperto dal medesimo per le importazioni effettuate prima del 21 maggio 2010.

17      Al punto 29 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che il debitore fosse estremamente esperto dal punto di vista professionale, essendo attivo nel settore dell’import-export di prodotti della pesca provenienti dall’America latina, dall’Africa e dai paesi dell’Asia orientale.

18      Per quanto riguarda la diligenza del debitore, la Commissione ha distinto, ai punti da 30 a 36 della decisione impugnata, le importazioni effettuate dal debitore prima del 21 maggio 2010, data in cui la stessa aveva pubblicato l’avviso, da quelle effettuate dopo tale data. Richiamando il fatto che l’avviso indicava che «non si poteva escludere che venissero importate partite da altri paesi beneficiari del SPG senza che fossero soddisfatti i requisiti previsti dalle norme di origine SPG relative al cumulo dell’origine», essa ha considerato che il debitore, dopo il 21 maggio 2010, avrebbe dovuto prendere tutte le debite precauzioni per controllare le prove d’origine, al fine di assicurarsi dell’applicazione corretta delle norme relative al trattamento preferenziale e, in particolare, alla luce delle regole sul cumulo regionale. Di conseguenza, a partire dalla pubblicazione dell’avviso, il debitore non poteva più essere considerato in buona fede. Per contro, in relazione alle importazioni effettuate prima della pubblicazione dell’avviso, nulla consentiva di dubitare della buona fede del debitore né della sua diligenza.

19      La Commissione ha poi esaminato, ai punti da 39 a 48 della decisione impugnata, i requisiti ai quali l’articolo 239 del CDC subordina la concessione di uno sgravio per le importazioni successive al 21 maggio 2010. Quanto al primo requisito, la Commissione ha ritenuto che il debitore non si trovasse in una situazione particolare rispetto a quella di altri operatori che esercitavano la medesima attività economica, dopo aver ricordato che l’affidamento nella validità di certificati di origine che si rivelavano invalidi non implicava l’esistenza di una situazione particolare. La Commissione ha parimenti precisato che neanche il secondo requisito, attinente alla diligenza richiesta a un importatore esperto, era soddisfatto, e ha rinviato alle considerazioni concernenti la diligenza del debitore esaminata nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 220 del CDC.

20      Di conseguenza, nella decisione impugnata, la Commissione è giunta alla seguente conclusione:

«Articolo 1

Lo sgravio dei dazi all’importazione è concesso per un importo pari a EUR 999 863,58, chiesto dal Regno di Spagna il 18 aprile 2013, in relazione alle importazioni effettuate fra il 1o gennaio 2009 e il 20 maggio 2010.

Articolo 2

Non è concesso lo sgravio dei dazi all’importazione per un importo pari a EUR 1 094 987,04, chiesto dal Regno di Spagna il 18 aprile 2013, in relazione alle importazioni effettuate fra il 21 maggio 2010 e il 24 settembre 2010».

 Procedimento e conclusioni delle parti

21      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 luglio 2014, il Regno di Spagna ha proposto il ricorso in esame. La Commissione ha presentato il controricorso il 7 ottobre 2014. Il 22 dicembre 2014, il Regno di Spagna ha depositato la replica e, il 17 febbraio 2015, la Commissione ha depositato la controreplica.

22      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di avviare la trattazione orale.

23      All’udienza del 6 aprile 2016, le parti sono state sentite nelle loro difese orali e nelle loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale.

24      Il Regno di Spagna chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’articolo 2 della decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

25      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere integralmente il ricorso;

–        condannare il Regno di Spagna alle spese.

 In diritto

26      Il Regno di Spagna deduce tre motivi a sostegno del proprio ricorso. Il primo motivo è relativo ad una violazione dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), quinto comma, del CDC; il secondo ad una violazione dell’articolo 239 del CDC e il terzo, dedotto in subordine, ad una violazione dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), quinto comma, del CDC per quanto attiene alla regola del cumulo regionale prevista dal regolamento n. 2454/93.

 Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), quinto comma, del CDC

27      In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del CDC subordina la non effettuazione del recupero dei dazi all’importazione da parte delle autorità nazionali a tre condizioni cumulative (v., per analogia, sentenza del 14 novembre 2002, Ilumitrónica, C‑251/00, EU:C:2002:655, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).

28      Anzitutto, i dazi non devono essere stati riscossi a causa di un errore delle stesse autorità competenti. Inoltre, l’errore commesso da queste ultime deve essere di natura tale da non poter ragionevolmente essere riconosciuto dal debitore in buona fede, nonostante la sua esperienza professionale e la diligenza di cui era tenuto a dar prova. Infine, quest’ultimo deve aver osservato tutte le disposizioni previste per la sua dichiarazione in dogana dalla normativa vigente (v., per analogia, sentenza del 14 novembre 2002, Ilumitrónica, C‑251/00, EU:C:2002:655, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata).

29      Il rispetto di tali condizioni deve essere valutato alla luce della finalità dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del CDC, consistente nel tutelare il legittimo affidamento del debitore circa la fondatezza dell’insieme degli elementi che intervengono nella decisione di recuperare o meno i dazi doganali (v., per analogia, sentenza del 14 novembre 2002, Ilumitrónica, C‑251/00, EU:C:2002:655, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).

30      Tuttavia, ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), quinto comma, del CDC, il debitore non può invocare la propria buona fede qualora la Commissione abbia pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso agli importatori indicante l’esistenza di fondati dubbi circa la corretta applicazione del regime preferenziale da parte del paese terzo beneficiario (v., in tal senso, ordinanza del 1o ottobre 2009, Agrar-Invest-Tatschl/Commissione, C‑552/08 P, EU:C:2009:605, punti 56 e 57); tale disposizione non prevede la possibilità che il debitore dimostri la propria buona fede adottando misure supplementari al fine di assicurare l’autenticità e l’esattezza dei certificati per l’applicazione del regime preferenziale (sentenza dell’8 ottobre 2008, Agrar-Invest-Tatschl/Commissione, T‑51/07, EU:T:2008:420, punto 42).

31      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare il primo motivo di ricorso.

32      In via principale, il Regno di Spagna sostiene, in sostanza, che la Commissione, quando intende discostarsi dalla posizione adottata dalle autorità nazionali, deve dimostrare, sulla base di elementi di fatto rilevanti, l’esistenza di un comportamento manifestamente negligente da parte dell’operatore. La Commissione si sarebbe limitata a richiamare l’obbligo per gli importatori di prendere tutte le precauzioni necessarie per controllare le prove d’origine contenute nell’avviso, senza dimostrare in che senso il debitore non avrebbe adempiuto al suo obbligo di diligenza o di buona fede. Orbene, secondo il Regno di Spagna, la pubblicazione dell’avviso non impedirebbe al debitore di far valere la propria buona fede, in quanto tale avviso riguarderebbe unicamente le importazioni originarie della Colombia e di El Salvador, e i suoi effetti non potrebbero essere estesi agli altri paesi facenti parte del gruppo regionale II, come l’Ecuador, fra i quali si applica la regola del cumulo regionale (v., parimenti, punto 48 infra).

33      La Commissione ritiene che l’argomento del Regno di Spagna debba essere respinto. In sostanza, essa ricorda in via preliminare che, in linea di principio, qualora una merce che ha eventualmente beneficiato del trattamento tariffario preferenziale non abbia l’origine fatta valere oppure la sua origine non possa essere verificata, le autorità competenti devono procedere ad una contabilizzazione a posteriori dei dazi all’importazione.

34      Secondo la Commissione, è soddisfatto il primo requisito previsto dall’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del CDC, affinché non vi sia un recupero a posteriori, nella misura in cui le autorità ecuadoregne hanno commesso un errore rilasciando certificati di origine «modulo A» nonostante l’inosservanza delle norme sul cumulo regionale.

35      Se gli altri due requisiti previsti da tale articolo erano soddisfatti prima del 21 maggio 2010, essi avrebbero cessato di esserlo successivamente. A partire da tale data, ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), quinto comma, del CDC, il debitore non potrebbe più far valere la propria buona fede, nella misura in cui l’avviso sarebbe parimenti applicabile all’Ecuador e questi non avrebbe dato prova di diligenza al fine di assicurarsi del rispetto dei requisiti relativi al trattamento tariffario preferenziale.

36      La Commissione considera che la giurisprudenza dell’Unione non si è pronunciata sulla questione se l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), quinto comma, del CDC introduca una presunzione assoluta. La Commissione ritiene che, in talune circostanze eccezionali, un operatore possa invocare la propria buona fede dopo aver dimostrato che, a seguito della pubblicazione di un avviso agli importatori, erano state effettuate verifiche supplementari.

37      Inoltre, la Commissione ritiene che, in caso di pubblicazione di un avviso agli importatori, l’onere della prova della buona fede e della diligenza incomba al debitore. Nella specie, il Regno di Spagna non avrebbe apportato alcuna prova delle misure supplementari adottate dal debitore per assicurarsi dell’origine delle merci successivamente alla pubblicazione dell’avviso.

38      La Commissione rileva che l’avviso menziona la Colombia e El Salvador e, in relazione agli altri nove paesi del gruppo regionale II, l’eventualità di irregolarità per i prodotti che rientrano nella stessa sottovoce tariffaria delle importazioni controverse. In tal senso, essa ritiene che l’avviso faccia riferimento a questi altri nove paesi, senza nominarli espressamente. Un operatore esperto desumerebbe dall’avviso l’esistenza di rischi per tutti i paesi del gruppo regionale II per quanto attiene al cumulo regionale. La Commissione ricorda parimenti che essa può riferirsi legittimamente e in maniera generale a vari paesi in un avviso agli importatori, come fatto due volte in precedenza.

39      L’avviso attirerebbe l’attenzione degli importatori sulla necessità di adottare precauzioni nei confronti delle importazioni da tutti i paesi del gruppo II. Infatti, le materie prime provenienti dalla Colombia o da El Salvador potrebbero essere esportate verso un altro paese del gruppo II, al fine di essere utilizzate nella lavorazione di prodotti ottenuti dalla trasformazione del tonno per essere esportate nell’Unione. In applicazione del principio del cumulo regionale, tali prodotti potrebbero essere considerati originari dell’Ecuador, senza che l’origine della materia prima sia nota all’importatore nell’Unione.

40      Inoltre, la Commissione sostiene che non si evince né dal testo dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del CDC, né dalle sue comunicazioni del 5 dicembre 2000, che precisano le condizioni di informazione degli operatori economici e delle amministrazioni degli Stati membri in materia di regimi tariffari preferenziali in caso di «dubbio fondato» circa l’origine delle merci (GU 2000, C 348, pag. 4), e del 30 ottobre 2012, che precisano le condizioni di informazione degli operatori economici e delle amministrazioni degli Stati membri in materia di regimi tariffari preferenziali in caso di «dubbio fondato» circa l’origine delle merci (GU 2012, C 332, pag. 1), richiamate dal Regno di Spagna dinanzi al Tribunale, che i dubbi fondati debbano essere espressi nei confronti dei paesi o dei prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’avviso, in quanto tali dubbi, formulati nei confronti di taluni paesi, implicano parimenti l’esistenza di irregolarità concernenti gli altri paesi dello stesso gruppo regionale.

41      Per quanto attiene al periodo successivo alla pubblicazione dell’avviso, la Commissione considera che il debitore avrebbe dovuto adottare misure al fine di assicurarsi dell’origine delle merci. Essa ritiene che l’avviso invitasse a raddoppiare le precauzioni in relazione alle importazioni provenienti da tutti i paesi del gruppo regionale II, in quanto un prodotto asseritamente originario dell’Ecuador poteva contenere materia prima proveniente dalla Colombia o da El Salvador potenzialmente irregolare. Alla luce del numero estremamente limitato di avvisi agli importatori pubblicati dalla Commissione, un debitore che importa prodotti da un paese appartenente allo stesso gruppo regionale di quello oggetto dell’avviso senza prenderlo in considerazione non può essere qualificato come diligente. In ogni caso, il debitore non avrebbe adottato le precauzioni necessarie per assicurare un controllo adeguato delle prove di origine ai fini dell’applicazione del trattamento tariffario preferenziale.

42      Nella controreplica, la Commissione sostiene che, anche se la relazione finale dell’OLAF prevede la possibilità di abrogare o modificare l’avviso qualora El Salvador modifichi il proprio comportamento, ciò riguarda unicamente tale paese, mentre l’avviso resta in vigore per gli altri paesi del gruppo regionale II. Secondo la Commissione, gli avvisi agli importatori da essa citati non soffrirebbero di una mancanza di certezza del diritto e non costituirebbero un’eccezione al regime generale. Per quanto riguarda la diligenza dell’operatore, la Commissione aggiunge che, dal momento che l’avviso esprimeva dubbi circa la corretta applicazione delle disposizioni relative al cumulo regionale, spettava al debitore, secondo la giurisprudenza, informarsi e cercare tutti i chiarimenti possibili al fine di non contravvenire alle summenzionate disposizioni, cosa che non ha fatto.

43      Infine, la Commissione ritiene che, anche se spettava alla medesima dimostrare la mancanza di diligenza del debitore, essa aveva assolto a tale onere spiegando il contenuto dell’avviso, rilevando la notevole esperienza del debitore nell’importazione dei prodotti interessati, cosicché quest’ultimo avrebbe dovuto nutrire dubbi sulla corretta applicazione delle norme di origine, e sottolineando l’assenza di precauzioni supplementari adottate dal debitore successivamente alla pubblicazione dell’avviso.

44      Secondo costante giurisprudenza della Corte, i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento devono essere rispettati, in particolare, dalle istituzioni dell’Unione (v. sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean, C‑183/14, EU:C:2015:454, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata). Da ciò consegue, segnatamente, che la normativa dell’Unione deve essere certa e la sua applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti, e tale esigenza di certezza del diritto si impone con particolare rigore in presenza di una normativa che può comportare conseguenze finanziarie, al fine di consentire agli interessati di conoscere con esattezza l’estensione degli obblighi che essa impone loro (sentenze del 15 dicembre 1987, Irlanda/Commissione, 325/85, EU:C:1987:546, punto 18, e del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean, C‑183/14, EU:C:2015:454, punto 31).

45      Inoltre, è stato statuito che l’esclusione assoluta della buona fede in caso di pubblicazione di un avviso agli importatori garantiva un elevato grado di certezza del diritto (sentenza dell’8 ottobre 2008, Agrar‑Invest‑Tatschl/Commissione, T‑51/07, EU:T:2008:420, punto 43).

46      Infatti, risulta dal testo stesso dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del CDC che la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea di un avviso agli importatori indicante l’esistenza di fondati dubbi circa la corretta applicazione del regime preferenziale da parte del paese terzo beneficiario impedisce agli importatori, a partire dalla pubblicazione, di far valere la propria buona fede, assicurando in tal modo un livello di certezza del diritto estremamente elevato e obbligando le autorità nazionali o la Commissione a respingere la domanda di non recupero dei dazi all’importazione.

47      Nella specie, l’articolo 2 della decisione impugnata respinge la domanda di non recupero dei dazi all’importazione per il periodo a partire dal 21 maggio 2010, data di pubblicazione dell’avviso.

48      Poiché il Regno di Spagna contesta l’applicazione dell’avviso alle importazioni controverse, le quali provengono dall’Ecuador e non dalla Colombia o da El Salvador, paesi interessati dall’avviso, occorre determinare la portata dell’avviso prima di rispondere, eventualmente, agli argomenti con i quali si sostiene che il debitore ha agito in buona fede. A tal riguardo, in via preliminare e tenendo conto degli argomenti della Commissione presentati dinanzi al Tribunale, si deve rilevare che, ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 3, lettera b) del regolamento n. 2454/93, ai fini dell’applicazione del cumulo regionale, il gruppo regionale II è composto dai seguenti paesi: Bolivia, Colombia, Costa Rica, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panama, Perù e Venezuela.

49      In primo luogo, occorre rilevare che l’avviso è rivolto agli operatori economici importatori nell’Unione di prodotti a base di tonno, vale a dire a professionisti, alcuni dei quali possono essere muniti di esperienza o di molta esperienza.

50      In secondo luogo, si deve constatare che l’avviso non menziona affatto l’Ecuador, né nel suo titolo né nel testo stesso. Al contrario, si evince chiaramente dal primo comma dell’avviso che esso fa riferimento ad importazioni di prodotti a base di tonno nell’Unione dichiarati originari della Colombia o di El Salvador.

51      In terzo luogo, l’avviso menziona, senza ulteriori specificazioni, «fondati dubbi» circa la corretta applicazione del regime preferenziale e l’applicabilità delle prove di origine presentate nell’Unione, avendo diverse indagini rivelato che quantità significative di prodotti a base di tonno erano dichiarate originarie della Colombia o di El Salvador senza che ricorressero i criteri di ammissibilità.

52      In quarto luogo, l’avviso non esclude l’ipotesi che vengano importate partite da altri paesi beneficiari del SPG senza che siano soddisfatti i requisiti previsti dalle norme di origine SPG relative al cumulo dell’origine. Occorre rilevare, a tal riguardo, che non è fornita alcuna precisazione supplementare esplicita quanto al SPG interessato.

53      È giocoforza constatare che questi due ultimi elementi non sono chiari, anche considerando una lettura da parte di un professionista esperto o molto esperto. Infatti, essi non consentono di capire, da un lato, perché le importazioni dichiarate di provenienza della Colombia e di El Salvador non beneficino del regime preferenziale e, dall’altro, se l’espressione relativa alle importazioni provenienti da altri paesi si riferisca a prodotti dichiarati come tali al momento della loro importazione nell’Unione o a prodotti dichiarati originari della Colombia o di El Salvador ma provenienti, in realtà, da altri paesi che beneficiano del SPG. Infine, come fatto correttamente valere dal Regno di Spagna, ci si può porre la questione se, attraverso la menzione del SPG, l’avviso comprenda tutti i paesi beneficiari di un siffatto regime o soltanto quelli facenti parte dello stesso gruppo regionale della Colombia e di El Salvador, ossia del gruppo regionale II.

54      Al fine di determinare in maniera esatta il senso e la portata dell’avviso, occorre esaminarne le altre versioni linguistiche, dalle quali può eventualmente emergere in maniera più chiara il contenuto dell’informazione fornita agli importatori. Tuttavia, il solo fatto che sia necessario paragonare le diverse versioni linguistiche di un avviso agli importatori per comprenderne correttamente la portata costituisce già un indizio negativo quanto alla chiarezza e alla precisione di detto avviso. Infatti, in linea di principio, ciascuna versione linguistica dovrebbe di per sé consentire agli operatori di cui trattasi di essere sufficientemente informati sui punti rilevanti e sui rischi contemplati dalla Commissione, in quanto non può esigersi da questi stessi operatori che essi procedano, in maniera generalizzata, ad un’esegesi comparativa del senso di un avviso alla luce delle sue diverse versioni linguistiche.

55      Nella specie, per quanto riguarda il secondo comma dell’avviso, il cui senso e la cui portata non risultano in maniera evidente leggendo la versione francese (v. punto 53 supra), la versione spagnola, particolarmente rilevante nella specie, a causa degli operatori e dei paesi coinvolti, è la seguente: «Diversas investigaciones han permitido constatar que cantidades importantes de atún en conserva y de lomos de atún congelados de la subpartida 1604 14 del SA se declaran como originarias de Colombia o El Salvador, sin cumplir las condiciones para ello». Ne discende che le importazioni dichiarate originarie della Colombia o di El Salvador non soddisfano i requisiti per essere dichiarate originarie di uno di questi due paesi. La versione inglese indica la stessa cosa: «From various investigations, it results that significant quantities of canned tuna and frozen tuna loins of HS subheading 1604 14 are declared as having origin of Colombia or El Salvador, for which they are not eligible».

56      Risulta da tali versioni linguistiche dell’avviso che le importazioni di prodotti a base di tonno dichiarate originarie della Colombia o di El Salvador non potevano, giustamente, vedersi riconoscere una siffatta origine; ciò spiega in certo qual modo il diniego del beneficio del regime preferenziale, menzionato nella versione francese in maniera insufficiente per comprendere in modo esatto la portata dell’avviso. Tuttavia, è giocoforza constatare che le altre versioni linguistiche summenzionate nulla aggiungono quanto ai fondamenti esatti di detto diniego. Infatti, la ragione precisa per la quale le importazioni in questione non potevano giustamente vedersi riconoscere detta origine non è stata fornita.

57      Pertanto, dai primi due commi dell’avviso si deve desumere unicamente che, a causa dei fondati dubbi circa l’applicabilità delle prove di origine presentate nell’Unione, le importazioni di prodotti a base di tonno dichiarate originarie della Colombia o di El Salvador sono state considerate non ammissibili al regime preferenziale, in quanto tali prove non dimostravano che, in applicazione del SPG, i prodotti in questione potevano vedersi riconoscere una siffatta origine.

58      In altri termini, l’avviso informa gli importatori che non è possibile ritenere che i prodotti dichiarati come originari della Colombia o di El Salvador abbiano una siffatta origine, indipendentemente da se quest’ultima sia stata desunta dal fatto che tali prodotti erano stati pescati e trasformati in tali paesi o dal fatto che essi erano stati considerati originari di questi due paesi dopo essere stati pescati o trasformati in un altro paese beneficiario del SPG. Come è già stato rilevato, l’avviso menziona il regime preferenziale SPG senza ulteriori precisazioni, in particolare per quanto riguarda il gruppo di paesi interessato.

59      Orbene, se è vero che può essere desunto da una delle possibili letture dell’avviso che tale riferimento è inteso a rimandare, in sostanza, al gruppo regionale II, del quale fanno parte i due paesi in questione, e ciò, segnatamente, sulla base della menzione del «cumulo d’origine», ciò non toglie che, a causa della redazione imprecisa dell’avviso, non si può neanche escludere che taluni operatori, anche dotati di notevole esperienza, possano interpretare l’avviso nel senso che esso ha ad oggetto tutte le importazioni provenienti da un paese qualsiasi beneficiario di un SPG che non soddisfano, tuttavia, i criteri necessari delle norme di origine di tale SPG relativi al cumulo di origine, e che sono state al contempo dichiarate come provenienti dalla Colombia o da El Salvador. Tale interpretazione resta possibile in quanto, da un lato, nell’avviso viene unicamente indicato che dalle importazioni in questione non vengono «soddisfatti i requisiti previsti dalle norme di origine SPG relative al cumulo dell’origine», senza ulteriori spiegazioni, e dall’altro, occorre tenere conto del fatto che il terzo comma dell’avviso deve essere necessariamente letto alla luce dei suoi primi due commi, dai quali emerge che i problemi sono connessi alle importazioni designate come originarie della Colombia o di El Salvador.

60      A tal riguardo, alla luce della particolare importanza di un avviso agli importatori, in conformità a quanto rilevato ai punti 44 e 45 supra, esso deve essere particolarmente chiaro, segnatamente per quanto attiene all’individuazione dei paesi interessati. Ciò vale a maggior ragione in quanto risulta direttamente dal testo dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), quinto comma, del CDC che un siffatto avviso deve indicare l’esistenza di fondati dubbi circa la corretta applicazione del regime preferenziale «da parte del paese beneficiario». In tal senso, la disposizione in questione non rimanda né ad un «gruppo di paesi» né a diversi paesi che spetterebbe agli operatori determinare per deduzione, sulla base di affermazioni generali della Commissione concernenti un’eventuale presenza di altri rischi non specificati. Inoltre, occorre constatare che la Commissione poteva precisare, senza grandi difficoltà, la portata dell’avviso, paese per paese, tanto più che, per sua stessa ammissione, essa aveva pubblicato, in passato, soltanto un numero estremamente limitato di avvisi agli importatori (v. punto 41 supra); si tratta di una circostanza dalla quale consegue l’impossibilità di prendere in considerazione una qualsiasi esigenza di semplificazione amministrativa che l’obbligherebbe, per ragioni di rapidità, a procedere ad una designazione per gruppo di paesi.

61      In tali circostanze, per quanto riguarda il terzo comma dell’avviso, occorre constatare, ancora più in particolare, che il suo significato non è sufficientemente chiaro da consentire di comprendere la portata esatta dell’avviso, né nella sua versione francese, redatta in termini estremamente generici, né in talune altre versioni linguistiche rilevanti.

62      La versione spagnola così recita: «Por otro lado, no se puede excluir que haya importaciones procedentes de otros países que se acojan al sistema de preferencias generalizadas (SPG) sin cumplir los requisitos fijados en las normas de origen del SPG relativas a la acumulación de origen». Ciò significa che non può escludersi che esistano importazioni provenienti da altri paesi che beneficiano del SPG senza soddisfarne i requisiti previsti dalle norme di origine relative al cumulo di origine. Orbene, anche una siffatta formulazione resta particolarmente ampia e poco precisa per quanto riguarda i paesi concretamente interessati o i requisiti esatti che non erano soddisfatti, vale a dire per quanto riguarda la base sulla quale è stato constatato che il cumulo d’origine non poteva essere accordato.

63      Quanto alla versione in lingua inglese, essa non apporta precisazioni aggiuntive: «Moreover, it cannot be excluded that consignments are imported from other countries benefitting from the generalized system of preferences (GSP) without fulfilling requirements of GSP rules of origin concerning cumulation of origin». Le importazioni in questione possono essere quelle dichiarate come originarie della Colombia o di El Salvador, ma provenienti in realtà da un altro paese.

64      Pertanto, i tre primi commi dell’avviso, anche letti congiuntamente, non contengono indicazioni sufficienti a definirne esattamente la sua portata.

65      Come è già stato affermato, dai due primi commi dell’avviso si evince meramente che, a causa dei fondati dubbi circa l’applicabilità delle prove d’origine presentate nell’Unione, le importazioni di prodotti a base di tonno dichiarate come originarie della Colombia o di El Salvador sono state considerate non ammissibili al regime preferenziale, in quanto tali prove non dimostravano che, in applicazione del SPG, i prodotti in questione potevano vedersi riconoscere una siffatta origine (v. punto 57 supra). È stata dunque accertata un’inosservanza delle norme di origine in relazione alle importazioni dichiarate in provenienza da due paesi del gruppo regionale II ai fini dell’applicazione del SPG.

66      Inoltre, il terzo comma dell’avviso indica che «non si può escludere» che vengano importate partite da altri paesi beneficiari del SPG senza che siano soddisfatti i requisiti previsti dalle norme di origine relative al cumulo di origine, come indica segnatamente la versione spagnola. Orbene, da un lato, come è già stato sottolineato, sebbene l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), quinto comma, del CDC, faccia appunto riferimento al «paese beneficiario», il terzo comma dell’avviso non indica esplicitamente l’uno o l’altro paese. Dall’altro, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, in assenza di ulteriori precisazioni quanto all’errore commesso, dal quale era conseguita l’impossibilità di soddisfare i requisiti del cumulo di origine, non è possibile, quantomeno con sufficiente certezza, concludere nel senso che ogni operatore economico avrebbe capito che l’avviso riguardava unicamente i paesi del gruppo regionale II, vale a dire i paesi dello stesso gruppo della Colombia e di El Salvador.

67      Infatti, a quest’ultimo riguardo, occorre inoltre rilevare che spettava alla Commissione, se tale fosse stata la sua intenzione, redigere il testo dell’avviso effettuando quantomeno una limitazione precisa al gruppo II del SPG, in modo che i «paesi beneficiari» fossero identificabili senza alcun dubbio da tutti gli operatori interessati. Orbene, tale menzione non è contenuta nell’avviso e non può essere necessariamente desunta, come è stato indicato supra, dal mero riferimento effettuato al «cumulo regionale». In tali circostanze, non può escludersi che un operatore possa leggere l’avviso nel senso che esso contiene un riferimento generico a tutte le situazioni che possono verificarsi in un qualsiasi regime di SPG e riguarda tutte le misure di elusione delle norme relative al cumulo d’origine.

68      Pertanto, occorre considerare che, come risulta dalla lettura dell’avviso, neanche un operatore esperto doveva necessariamente capire che solo le importazioni dei prodotti a base di tonno in questione, provenienti da uno dei paesi dello stesso gruppo regionale della Colombia e di El Salvador, ossia il gruppo regionale II, erano interessate dai dubbi espressi in relazione alle prove d’origine. Il carattere insufficientemente chiaro dell’avviso, il quale si limitava a contenere un’indicazione generica secondo la quale non potevano essere escluse irregolarità in altri paesi, non consentiva di eliminare dei dubbi quanto alla portata della sua applicazione geografica.

69      Infine, la circostanza che spetti agli operatori svolgere un’analisi meticolosa dell’avviso, tentando di interpretarlo in tutte le accezioni eventualmente possibili o comparando le sue diverse versioni linguistiche, è un indizio supplementare del fatto che la redazione di tale avviso non può essere reputata sufficientemente precisa, ai fini dell’applicazione dei principi sanciti nella giurisprudenza richiamata ai punti 44 e 45 supra, vale a dire al fine di assicurare la certezza del diritto e la tutela del legittimo affidamento degli operatori. Peraltro, la Commissione stessa ha ammesso, in udienza, che sarebbe stato più esatto menzionare esplicitamente i paesi interessati dall’avviso. In tali circostanze, sebbene l’ultimo comma dell’avviso faccia riferimento al fatto che gli operatori dell’Unione adottano «tutte le debite precauzioni», in relazione alle «merci suddette», non può dichiararsi che tali nozioni potevano essere intese, a partire dal testo dell’avviso, nel senso che esse riguardavano, parimenti, le importazioni controverse, provenienti dall’Ecuador.

70      Di conseguenza, la Commissione incorre in un errore di diritto sostenendo che l’avviso riguarda le importazioni controverse, originarie dell’Ecuador, paese che fa parte del gruppo regionale II ai fini del SPG, senza che assuma rilevanza il fatto che tale paese non viene menzionato nell’avviso. Pertanto, alla luce delle analisi risultanti dai punti da 49 a 69 supra, la Commissione è parimenti incorsa in un errore di diritto nel ritenere che il debitore non potesse dunque far valere la propria buona fede.

71      Le altre affermazioni della Commissione non possono inficiare questa conclusione. Infatti, in primo luogo, la questione della sua prassi in altri avvisi agli importatori, neanche i quali menzionerebbero sempre esplicitamente i paesi interessati, è indifferente, anche qualora essa sia considerata accertata, nella misura in cui, da un lato, i requisiti fissati dal testo stesso dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), quinto comma, del CDC, sono chiari e, dall’altro, la questione se un avviso agli importatori specifico soddisfi o meno i requisiti previsti dalla legge deve essere oggetto di una valutazione ad hoc et non di un’analisi alla luce di un’asserita prassi anteriore della Commissione.

72      In secondo luogo, nella misura in cui la Commissione fa riferimento alla finalità degli avvisi, consistente, segnatamente, da un lato, nel permettere agli Stati membri di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione e, dall’altro, nel permettere agli operatori di tutelare i loro interessi economici, è giocoforza constatare che l’imprecisione dell’avviso in questione non consentiva di conseguire detti obiettivi. Se la Commissione riteneva che occorresse agire in modo che non fosse elusa la finalità dell’avviso, concernente la Colombia e El Salvador, essa avrebbe dovuto redigere tale avviso in maniera più precisa per quanto attiene agli altri paesi interessati, al fine di escludere qualsiasi eventualità di spostamenti fraudolenti dei flussi commerciali concernenti la pesca dei prodotti in questione.

73      In terzo luogo, per quanto attiene ai molteplici riferimenti al fatto che gli operatori in questione sono, nella specie, professionisti estremamente esperti che operano in diverse zone del mondo, occorre rilevare che non si è in presenza, nella specie, di una circostanza dalla quale si dovrebbe desumere che ricada su di essi la responsabilità di una redazione poco chiara, da parte della Commissione, di un avviso che avrebbe dovuto appunto servire loro da guida nelle loro attività.

74      Risulta da tutte le considerazioni che precedono che, in applicazione dell’avviso, la Commissione non poteva sostenere, nella decisione impugnata, che il debitore non poteva far valere la propria buona fede nell’attuazione dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del CDC, al fine di ottenere che i dazi all’importazione non fossero recuperati per quanto riguarda la situazione successiva al 21 maggio 2010.

75      Si evince sia dalla decisione impugnata, e segnatamente dai punti 30 e seguenti, sia dalle risposte ai quesiti del Tribunale fornite dalla Commissione in udienza, che è sulla base dell’applicazione dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), quinto comma, e considerando che l’avviso riguardava parimenti le importazioni controverse provenienti dall’Ecuador, che la Commissione ha escluso la buona fede del debitore, nonché la sua diligenza. Occorre aggiungere che, come si evince dal punto 28 della decisione impugnata e dal suo articolo 1, la Commissione ha ritenuto che il debitore non potesse scoprire l’errore prima dell’adozione dell’avviso. Inoltre, è pacifico fra le parti che il debitore ha proceduto con la stessa diligenza prima e dopo l’avviso del 21 maggio 2010, mentre la Commissione gli addebita di non avere proceduto ad un controllo più accurato a seguito della pubblicazione dell’avviso (v., in tal senso, il punto 33 della decisione impugnata).

76      Orbene, nella misura in cui, come è stato constatato, tale avviso non può essere interpretato nel senso che esso si riferisce, con precisione sufficiente, anche alle importazioni provenienti dall’Ecuador, non si può pretendere dal debitore che questi abbia modificato il proprio approccio a seguito della pubblicazione di detto avviso. Un diverso approccio diminuirebbe la certezza del diritto degli operatori economici, in quanto essi sarebbero obbligati, in caso di dubbi sulla portata di un qualsivoglia avviso agli importatori, ad applicare sempre, per precauzione, misure di protezione supplementari, e ciò anche in relazione ad importazioni provenienti da paesi non chiaramente identificati come quelli oggetto dei dubbi della Commissione.

77      Di conseguenza, occorre accogliere il primo motivo del Regno di Spagna e pertanto, senza che sia necessario pronunciarsi sugli altri motivi, annullare l’articolo 2 della decisione impugnata, con il quale la Commissione ha deciso di non procedere allo sgravio dei dazi all’importazione per un importo pari a EUR 1 094 987,04.

 Sulle spese

78      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

79      Poiché la Commissione è rimasta soccombente, essa sosterrà le proprie spese, nonché quelle del Regno di Spagna, avendone quest’ultimo fatto domanda.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’articolo 2 della decisione C(2014) 3007 final della Commissione, del 15 maggio 2014, con il quale si accerta che, in un caso particolare, lo sgravio dei dazi all’importazione è giustificato per un determinato importo e non è giustificato per un altro importo (REM 03/2013), è annullato.

2)      La Commissione è condannata alle spese.

Dittrich

Schwarcz

Tomljenović

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 dicembre 2016.

Firme


* Lingua processuale: lo spagnolo.