Language of document : ECLI:EU:T:2012:301

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

14 giugno 2012 (*)

«Ambiente — Regolamento (CE) n. 1367/2006 — Obbligo degli Stati membri di proteggere e migliorare la qualità dell’aria ambiente — Deroga temporanea concessa ad uno Stato membro — Domanda di riesame interno — Diniego — Provvedimento di portata individuale — Validità — Convenzione di Aarhus»

Nella causa T‑396/09,

Vereniging Milieudefensie, con sede in Amsterdam (Paesi Bassi),

Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, con sede in Utrecht (Paesi Bassi),

rappresentate da A. van den Biesen, avocat,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da P. Oliver, W. Roels e A. Alcover San Pedro, successivamente da M. Oliver, Alcover San Pedro e E. Manhaeve, e infine da Oliver, Alcover San Pedro e B. Burggraaf, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato da C. Wissels, Y. de Vries, J. Langer e M. de Ree, in qualità di agenti,

dal

Parlamento europeo, rappresentato inizialmente da L. Visaggio e A. Baas, successivamente da Visaggio e G. Corstens, in qualità di agenti,

e dal

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Moore e F. Naert, in qualità di agenti,

intervenienti,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione C(2009) 6121 della Commissione, del 28 luglio 2009, che rigetta in quanto irricevibile la domanda delle ricorrenti affinché la Commissione riesamini la sua decisione C(2009) 2560 def., del 7 aprile 2009, con la quale concede al Regno dei Paesi Bassi una deroga temporanea agli obblighi previsti dalla direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (GU L 152, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto dal sig. A. Dittrich, presidente, dalla sig.ra I. Wiszniewska-Białecka (relatore) e dal sig. M. Prek, giudici,

cancelliere: sig. N. Rosner, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 settembre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Le ricorrenti sono, da un lato, la Vereniging Milieudefensie, un’associazione di diritto olandese, con sede in Amsterdam (Paesi Bassi) avente per oggetto la protezione dell’ambiente e il miglioramento della qualità dell’aria nei Paesi Bassi e, dall’altro lato, la Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, una fondazione di diritto olandese con sede in Utrecht (Paesi Bassi), che si dedica alla lotta contro l’inquinamento dell’aria nella regione di Utrecht.

2        Il 15 luglio 2008, il Regno dei Paesi Bassi, conformemente all’articolo 22 della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (GU L 152, pag. 1), notificava alla Commissione delle Comunità europee la proroga del termine fissato per raggiungere il valore limite annuale fissato per il biossido di azoto in nove zone e l’esenzione dall’obbligo di applicare i valori limite giornalieri e annuali fissati per il materiale particolato che penetra attraverso un ingresso dimensionale selettivo con un’efficienza di penetrazione del 50% per un diametro aerodinamico di 10 µm (in prosieguo: il «PM10»).

3        Il 7 aprile 2009 la Commissione adottava la decisione C(2009) 2560 def. (in prosieguo: la « decisione del 7 aprile 2009 »).

4        L’articolo 1 della decisione del 7 aprile 2009 così dispone:

« 1. Nessuna obiezione viene sollevata alla proroga del termine fissato per raggiungere il valore limite annuale per il biossido di azoto fissato nell’allegato XI della direttiva 2008/50/CE nelle zone da 1 a 8 menzionate nell’allegato alla presente decisione. La proroga si applica fino al 31 dicembre 2014.

2. Nessuna obiezione viene sollevata alla proroga del termine fissato per raggiungere il valore limite annuale del biossido d’azoto nella zona n. 9 menzionata nell’allegato della presente decisione, fintanto che non saranno stati adattati, in modo da garantire che il valore limite annuale per il biossido d’azoto venga rispettato per il 31 dicembre 2012, il piano nazionale in materia di qualità dell’aria, il [Nationale Samenwerkingsprogramma Luchtkwaliteit] (NSL), e il relativo piano regionale (…)».

5        L’articolo 2 della decisione del 7 aprile 2009 recita:

«Nessuna obiezione viene sollevata alle esenzioni (…) dall’obbligo di applicare i valori limite per i PM10 fissati nell’allegato XI della direttiva 2008/50/CE (…).

L’esenzione si applica fino al 10 giugno 2011».

6        L’articolo 3 della decisione del 7 aprile 2009 prevede che il Regno dei Paesi Bassi comunichi alla Commissione talune informazioni relative ai valori limite fissati nella direttiva 2008/50.

7        Con lettera del 18 maggio 2009, le ricorrenti hanno presentato alla Commissione una domanda di riesame interno della decisione del 7 aprile 2009 ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 264, pag. 13).

8        Con decisione C(2009) 6121, del 28 luglio 2009 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione respingeva la domanda di riesame interno presentata dalle ricorrenti, affermando:

«Voi chiedete il riesame della decisione del 7 aprile 2009 per il motivo che i Paesi Bassi non soddisfarebbero le condizioni di cui all’articolo 22 della direttiva 2008/50/CE e che, di conseguenza, la Commissione avrebbe dovuto sollevare obiezioni avverso la domanda di proroga del termine fissato per il raggiungimento dei valori limite fissati per il [biossido d’azoto] e di esenzione dall’obbligo di applicare i valori limite fissati per i PM10.

(…)

Dalla lettura del combinato disposto di cui all’articolo 10 e dalla definizione di “atto amministrativo” di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 1367/2006 risulta che una domanda di riesame interno può essere presentata unicamente contro un provvedimento di portata individuale nell’ambito del diritto ambientale adottato da un’istituzione o da un organo comunitario e avente effetti esterni e giuridicamente vincolanti.

Senza pronunciarsi sulla questione se le altre condizioni di ricevibilità della domanda di cui al Titolo IV del regolamento n. 1367/2006 siano integrate, la Commissione ritiene che la decisione del 7 aprile 2009 non sia un provvedimento di portata individuale.

La Commissione comprende la vostra domanda nel senso che voi ritenete che la decisione costituisca un atto amministrativo di portata individuale (una decisione), in particolare, in quanto, essa è rivolta ad un solo Stato membro specificamente menzionato (…).

Una decisione rivolta ad uno Stato membro specifico può tuttavia costituire un provvedimento di portata generale se è inteso ad approvare provvedimenti che si applicano a una o più categorie di persone definite in modo generale e astratto.

Esiste una giurisprudenza secondo cui le deroghe a un regime generale specifico che la Commissione ha autorizzato con decisioni di conferma in forza di una specifica direttiva hanno il medesimo carattere giuridico della direttiva stessa quando tali decisioni della Commissione si rivolgono in termini astratti a categorie di persone indeterminate e si applicano a situazioni definite obiettivamente. In un siffatto caso le decisioni (benché siano chiamate decisioni) debbono essere considerate atti di portata generale. V. ordinanza del Tribunale del 16 febbraio 2005, Fost Plus VZW/Commissione (T‑142/03, Racc. pag. II‑589, punto 47, e la giurisprudenza ivi citata).

Alla luce del campo di applicazione e delle condizioni della deroga prevista dall’articolo 22 della direttiva 2008/50/CE, la Commissione ritiene che essa riguardi un’applicazione a una situazione obiettivamente definita, che ha effetti giuridici su categorie di persone definite in modo generale e astratto. Di conseguenza, le decisioni fondate sull’articolo 22 della direttiva 2008/50/CE debbono considerarsi come “deroghe a un regime generale” ai sensi della giurisprudenza qui sopra citata e tali decisioni hanno pertanto la medesima portata generale della la suddetta direttiva.

Si deve peraltro rilevare che l’applicazione dell’articolo 22 della direttiva 2008/50/CE presuppone che lo Stato membro abbia redatto un piano relativo alla qualità dell’aria per le zone o gli agglomerati ai quali la proroga del termine e l’esenzione debbono applicarsi. Tale piano prevede l’adozione e l’esecuzione di misure che si applicano a persone indeterminate in situazioni obiettivamente definite. La decisione fondata sull’articolo 22 della direttiva 2008/50/CE, con la quale la Commissione non solleva obiezioni alla notifica dei Paesi Bassi, è basata sul piano relativo alla qualità dell’aria trasmesso da tale Stato membro.

Alla luce degli elementi di cui sopra, la Commissione è del parere che la vostra domanda di riesame interno non verta su un provvedimento amministrativo ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 1367/2006. Di conseguenza, la Commissione dichiara la vostra domanda irricevibile (…)».

 Procedimento e conclusioni delle parti

9        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 ottobre 2009, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

10      Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 ottobre 2009, le ricorrenti hanno depositato una domanda di provvedimenti urgenti, nella quale hanno, in sostanza, chiesto al presidente del Tribunale di sospendere l’esecuzione della decisione impugnata fintanto che il Tribunale non si sarà pronunciato sul ricorso principale o fintanto che la Commissione non avrà adottato una nuova decisione in merito alla domanda di riesame interno.

11      Con ordinanza del 17 dicembre 2009, il presidente del Tribunale ha dichiarato la domanda di provvedimenti urgenti manifestamente irricevibile e l’ha respinta. Le spese sono state riservate.

12      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 14, 15 e, rispettivamente, il 26 gennaio 2010, il Parlamento europeo, il Regno dei Paesi Bassi e il Consiglio dell’Unione europea hanno presentato istanza di intervento a sostegno delle conclusioni della Commissione. Con ordinanza del presidente della Prima Sezione del Tribunale dell’11 marzo 2010, le suddette domande sono state accolte. Il Parlamento, il Regno dei Paesi Bassi e il Consiglio hanno depositato le loro memorie di intervento il 28 maggio 2010. La Commissione e le ricorrenti hanno depositato le loro osservazioni sulle predette memorie il 15 e, rispettivamente, il 19 luglio 2010.

13      In seguito alla modifica della composizone delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Settima Sezione alla quale è stata di conseguenza attribuita la presente causa.

14      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Settima Sezione) ha deciso di passare alla fase orale.

15      Le parti sono state sentite nelle loro difese orali e nelle loro risposte ai quesiti del Tribunale nel corso dell’udienza svoltasi il 13 settembre 2011.

16      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        ordinare alla Commissione di statuire nel merito sulla domanda di riesame interno e di fissarle un termine a tal proposito;

–        condannare la Commissione alle spese.

17      La Commissione, sostenuta dal Regno dei Paesi Bassi, dal Parlamento e dal Consiglio, conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

 Sulla domanda di ingiunzione

18      Per quanto riguarda la domanda di ingiunzione, figurante nel secondo capo delle conclusioni delle ricorrenti e intesa ad ottenere che il Tribunale ordini alla Commissione di statuire nel merito sulla domanda di riesame interno fissandole a tal proposito un termine, si deve ricordare che secondo una costante giurisprudenza nell’ambito di un ricorso di annullamento, la competenza del giudice dell’Unione è limitata al controllo di legittimità dell’atto impugnato e il Tribunale non può, nell’esercizio dei poteri attribuitigli, rivolgere ingiunzioni alle istituzioni dell’Unione (sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, DSM/Commissione, C‑5/93 P, Racc. pag. I‑4695, punto 36, e sentenza del Tribunale del 24 febbraio 2000, ADT Projekt/Commissione, T‑145/98, Racc. pag. II‑387, punto 83). Spetta poi all’istituzione interessata, ai sensi dell’articolo 266 TFUE, prendere i provvedimenti che l’esecuzione di una sentenza di annullamento (sentenze del Tribunale del 27 gennaio 1998, Ladbroke Racing/Commissione, T‑67/94, Racc. pag. II‑1, punto 200, e del 29 settembre 2009, Thomson Sales Europa/Commissione, T‑225/07 e T‑364/07, non pubblicata nella Raccolta, punto 221).

19      Da ciò consegue che il secondo capo delle conclusioni delle ricorrenti è irricevibile.

 Sulla domanda di annullamento

20      A sostegno del capo delle loro domande di annullamento, le ricorrenti sollevano due motivi. In principalità, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha a torto considerato irricevibile la loro domanda di riesame interno della decisione del 7 aprile 2009, per il motivo che si trattava di un provvedimento di portata generale. Si deve interpretare tale motivo nel senso che in sostanza deduce la violazione del combinato disposto di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006 e dell’articolo 2, paragrafo 1, lett. g), del medesimo regolamento.

21      In subordine, le ricorrenti sostengono che, qualora il primo motivo dovesse essere respinto, andrebbe considerato che l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, in quanto limita la nozione di «atti» di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata a Aarhus il 25 giugno 1998 (in prosieguo: la «convenzione di Aarhus»), ai soli «att[i] amministrativ[i]», inoltre definiti all’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del medesimo regolamento come «provvediment[i] di portata individuale», è in contrasto con la suddetta disposizione della convenzione di Aarhus.

 Sul primo motivo che deduce la violazione del combinato disposto di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006 e l’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del medesimo regolamento

22      Con il presente motivo, sollevato in principalità, le ricorrenti in sostanza sostengono che la Commissione, nel respingere come irricevibile la loro domanda di riesame interno della decisione del 7 aprile 2009, ha violato l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006.

23      In applicazione dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006 qualsiasi organizzazione non governativa che soddisfa i criteri di cui all’articolo 11 del presente regolamento può presentare una richiesta di riesame interno all’istituzione dell’Unione che ha adottato un atto amministrativo ai sensi del diritto ambientale. La nozione di atto amministrativo contenuta in tale disposizione è definita all’articolo 2, paragrafo 1, lettera g) del regolamento n. 1367/2006 come un provvedimento di portata individuale nell’ambito del diritto ambientale adottato da un’istituzione dell’Unione e avente effetti esterni giuridicamente vincolanti.

24      Nella specie, la Commissione ha respinto in quanto irricevibile la domanda di riesame interno della decisione del 7 aprile 2009 presentata dalle ricorrenti in quanto, dato che tale decisione non costituisce un provvedimento di portata individuale, la domanda di riesame interno non verteva su un atto amministrativo ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006. Le ricorrenti contestano tale valutazione e sostengono che la decisione del 7 aprile 2009 è un provvedimento di portata individuale.

25      Pertanto, al fine di stabilire se la Commissione abbia correttamente considerato che la domanda di riesame interno presentata dalle ricorrenti non soddisfaceva le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, si deve esaminare se la decisione del 7 aprile 2009 costituisce un provvedimento di portata individuale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 1367/2006.

26      Secondo la giurisprudenza, per stabilire la portata di un atto, il giudice dell’Unione non deve limitarsi alla denominazione ufficiale dell’atto, ma deve tener conto in primo luogo del suo oggetto e del suo contenuto (v., in questo senso, sentenza della Corte del 14 dicembre 1962, Confédération nationale des producteurs de fruits et légumes e a./Consiglio, 16/62 e 17/62, Racc. pag. 901, 918). Quindi, una decisione avente come destinatario uno Stato membro riveste una portata generale se si applica a situazioni obiettivamente determinate e comporta effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in modo generale ed astratto (v., in questo senso, ordinanza della Corte dell’8 aprile 2008, Saint‑Gobain Glass Deutschland/Commissione, C‑503/07 P, Racc. pag. I‑2217, punto 71).

27      Inoltre, le limitazioni o le deroghe di natura temporanea o di portata territoriale contenute in un provvedimento fanno parte integrante delle disposizioni complessive in cui figurano e partecipano salvo sviamento di potere, della natura generale di queste (sentenza della Corte del 29 giugno 1993, Gibraltar/Consiglio, C‑298/89, Racc. pag. I‑3605, punto 18; ordinanza del Tribunale del 12 marzo 2007, Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia/Commissione, T‑417/04, Racc. pag. II‑641, punto 49, e sentenza del Tribunale del 1° luglio 2008, Região autónoma dos Açores/Consiglio, T‑37/04, non pubblicata nella Raccolta, punto 33).

28      Infine, il giudice dell’Unione ha considerato che deroghe al regime generale costituite dalle decisioni di conferma adottate dalla Commissione in forza di una disposizione di una direttiva condividessero il carattere generale della direttiva, dato che esse si rivolgono in termini astratti a categorie di persone indeterminate e si applicano a situazioni definite obiettivamente (v. ordinanza del Tribunale del 16 febbraio 2005, Fost Plus/Commissione, T‑142/03, Racc. pag. II‑589, in prosieguo «l’ordinanza Fost Plus», punto 47, e la giurisprudenza ivi citata).

29      Nella specie si deve in primo luogo rilevare che la direttiva 2008/50 è un atto di portata generale in quanto fissa, in termini astratti e oggettivi, un regime generale in materia di valutazione e di limitazione delle emissioni di sostanze inquinanti.

30      In secondo luogo, l’articolo 22 della direttiva 2008/50 prevede una possibilità per gli Stati membri di derogare temporaneamente all’obbligo di rispettare i valori limite fissati da tale direttiva fatto salvo il rispetto di talune condizioni e sotto il controllo della Commissione. Tale articolo così dispone:

«1. Se in una determinata zona o agglomerato non è possibile raggiungere i valori limite fissati per il biossido d’azoto (…) entro i termini di cui all’allegato XI, uno Stato membro può prorogare tale termine di cinque anni al massimo per la zona o l’agglomerato in questione, a condizione che sia predisposto un piano per la qualità dell’aria a norma dell’articolo 23 per la zona o per l’agglomerato cui si intende applicare la proroga. Tale piano è integrato dalle informazioni (...) relative agli inquinanti in questione e dimostra come i valori limite saranno conseguiti entro il nuovo termine.

2. Se in una determinata zona o agglomerato non è possibile conformarsi ai valori limite per il PM10 di cui all’allegato XI, per le caratteristiche di dispersione specifiche del sito, per le condizioni climatiche avverse o per l’apporto di inquinanti transfrontalieri, uno Stato membro non è soggetto all’obbligo di applicare tali valori limite fino all’11 giugno 2011 purché siano rispettate le condizioni di cui al paragrafo 1 e purché lo Stato membro dimostri che sono state adottate tutte le misure del caso a livello nazionale, regionale e locale per rispettare le scadenze.

3. Qualora gli Stati membri applichino i paragrafi 1 o 2, provvedono affinché il valore limite per ciascun inquinante non sia superato oltre il margine di tolleranza massimo indicato nell’allegato XI per ciascun inquinante interessato.

4. Gli Stati membri notificano alla Commissione i casi in cui ritengono applicabili i paragrafi 1 o 2 e le comunicano il piano per la qualità dell’aria di cui al paragrafo 1, comprese tutte le informazioni utili di cui la Commissione deve disporre per valutare se le condizioni pertinenti siano soddisfatte. In tale valutazione la Commissione tiene conto degli effetti stimati sulla qualità dell’aria ambiente negli Stati membri, attualmente e in futuro, delle misure adottate dagli Stati membri e degli effetti stimati sulla qualità dell’aria ambiente delle attuali misure comunitarie e delle misure comunitarie previste che la Commissione proporrà.

Se la Commissione non solleva obiezioni entro nove mesi dalla data di ricevimento di tale notifica, le condizioni per l’applicazione dei paragrafi 1 o 2 sono considerate soddisfatte.

In caso di obiezioni, la Commissione può chiedere agli Stati membri di rettificare i piani per la qualità dell’aria oppure di presentarne di nuovi».

31      In terzo luogo, nella decisione del 7 aprile 2009, adottata in applicazione dell’articolo 22, paragrafo 4, della direttiva 2008/50, a seguito della notifica da parte del Regno dei Paesi Bassi, la Commissione non ha sollevato obiezioni nei confronti della proroga del termine fissata per raggiungere i valori limite determinati per il biossido di azoto nelle zone da 1 a 8 e nei confronti dell’esenzione dell’obbligo di applicare i valori limite fissati per i PM10. Per quanto riguarda la proroga del termine fissato per raggiungere i valori limite fissati per il biossido d’azoto nella zona 9 non è stata sollevata alcuna obiezione a condizione che siano adattati l’NSL e il relativo piano regionale. Tale decisione ha effetti sulla qualità dell’aria in talune zone dei Paesi Bassi nonché su tutte le persone che ivi sono presenti.

32      La decisione del 7 aprile 2009, adottata dalla Commissione in applicazione dell’articolo 22, paragrafo 4, della direttiva 2008/50, costituisce quindi una deroga al regime generale fissato dalla direttiva 2008/50 che condivide il carattere generale della direttiva in quanto si rivolge in termini astratti a categorie indeterminate di persone e si applica a situazioni obiettivamente definite.

33      La soluzione accolta nell’ordinanza Fost Plus, punto 28 supra, è pertanto trasponibile al caso di specie. Infatti, innanzitutto, sia la direttiva 2008/50 come pure la direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (GU L 365, pag. 10), oggetto dell’ordinanza Fost Plus, punto 28 supra, istituiscono in termini astratti e oggettivi un regime generale in materia di lotta contro l’inquinamento dell’aria ambiente e rispettivamente il riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio. Quindi, alla stregua dell’articolo 6, paragrafo 6, della direttiva 94/62, l’articolo 22 della direttiva 2008/50 autorizza gli Stati membri a derogare al regime generale istituito da tale direttiva, a talune condizioni, sotto il controllo della Commissione. Infine, le decisioni adottate dalla Commissione in forza dell’articolo 22 della direttiva 2008/50 condividono, al pari delle decisioni di conferma adottate dalla Commissione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 6, della direttiva 94/62, il carattere generale della direttiva, dato che esse si rivolgono in termini astratti a categorie di persone indeterminate e si applicano a situazioni obiettivamente definite.

34      Di conseguenza, è giocoforza constatare che la decisione del 7 aprile 2009, poiché costituisce un provvedimento di portata generale, non può essere considerata come un atto amministrativo ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 1367/2006.

35      Tale conclusione non viene messa in discussione dagli argomenti delle ricorrenti.

36      Per quanto riguarda in primo luogo gli argomenti con i quali le ricorrenti intendono dimostrare che la decisione del 7 aprile 2009 è un provvedimento di portata individuale, si deve rilevare innanzitutto che il fatto che tale decisione sia indirizzata al Regno dei Paesi Bassi non è determinante per definirne la portata alla luce della giurisprudenza supra citata ai punti da 26 a 28. Infatti, è stato giudicato che una decisione avente come destinatario un solo Stato membro era di portata generale (ordinanza Saint-Gobain Glass Deutschland/Commissione, punto 26 supra, punto 71). Inoltre, la sentenza della Corte del 20 marzo 2003, Danimarca/Commissione (C‑3/00, Racc. pag. I‑2643, punti 39 e 40), invocata dalle ricorrenti non è nella specie pertinente dato che la causa che ha dato luogo a tale sentenza verte su una questione distinta da quella sollevata nella presente causa. In tale sentenza la Corte ha considerato che il procedimento conclusosi con una decisione della Commissione, adottata sulla base dell’articolo 95, paragrafi 4 e 6, CE, che approva il mantenimento di una disposizione nazionale che derogava ad un atto di portata generale non può essere considerato facente parte di un processo legislativo che sfocia nell’adozione dell’atto di portata generale. La questione pertanto non era quella se la decisione allora in esame fosse un provvedimento di portata individuale o generale, ma se essa s’iscrivesse in un procedimento legislativo. Pertanto, l’argomento con il quale le ricorrenti deducono che la decisione del 7 aprile 2009 è indirizzata al solo Regno dei Paesi Bassi non può sortire esito fruttuoso.

37      Si deve poi rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la circostanza che la Commissione abbia il potere di valutare individualmente la domanda di deroga presentata da uno Stato membro e la possibilità di accogliere o di respingere tale domanda o di accettarla a talune condizioni, non è determinante per definire la portata della decisione del 7 aprile 2009 alla luce della giurisprudenza supra citata ai punti da 26 a 28.

38      Infine, l’argomento delle ricorrenti secondo cui la decisione del 7 aprile 2009 è un provvedimento di portata individuale poiché produce effetti giuridici soltanto nei confronti del Regno dei Paesi Bassi non è convincente. Infatti, si deve rilevare che tale decisione autorizza il Regno dei Paesi Bassi ad adottare atti di portata generale che si applicano all’insieme delle persone fisiche o giuridiche che risiedono o esercitano un’attività nelle zone e negli agglomerati olandesi considerati in tale decisione. Pertanto, tale decisione implica effetti giuridici non soltanto nei confronti del Regno dei Paesi Bassi, ma anche nei confronti di ognuna delle predette persone.

39      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento con il quale le ricorrenti deducono che la direttiva 2008/50, poiché è indirizzata agli Stati membri i quali conservano un margine di discrezionalità nell’attuazione della direttiva e non ai cittadini e alle imprese, non contiene «provvedimenti che si applicano a una o più categorie di persone definite in modo generale e astratto», va ricordato che una direttiva è un atto normativo generale e astratto (ordinanza della Corte del 23 novembre 1995, Asocarne/Consiglio, C‑10/95 P, Racc. pag. I‑4149, punto 37). Così, il fatto che il Regno dei Paesi Bassi conserva un margine di discrezionalità nella scelta della forma e degli strumenti appropriati per dare attuazione alla direttiva 2008/50 non vale a rimettere in discussione la portata generale di tale direttiva. L’argomento delle ricorrenti pertanto non può sortire esito fruttuoso.

40      In terzo luogo, l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione doveva riesaminare la decisione del 7 aprile 2009 dal momento che avevano sostenuto che il Regno dei Paesi Bassi non integrava le condizioni previste dalla direttiva 2008/50 per ottenere una deroga non è pertinente. Infatti, l’esame della fondatezza della domanda di riesame interno non ha alcuna incidenza sulla ricevibilità di tale domanda.

41      Risulta da quanto precede che la decisione del 7 aprile 2009, poiché non costituisce un provvedimento di portata individuale non può essere qualificata atto amministrativo ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 1367/2006. Pertanto, tale decisione non poteva costituire l’oggetto di una domanda di riesame interno ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, di tale regolamento. Da ciò consegue che, alla luce di tali disposizioni, la Commissione non è incorsa in errore nel dichiarare irricevibile la domanda di riesame interno della decisione del 7 aprile 2009 presentata dalle ricorrenti.

42      Di conseguenza, il presente motivo va respinto.

 Sul secondo motivo che deduce l’invalidità dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006 in quanto limita la nozione di «atti» di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus ai soli «att[i] amministrativ[i]», definiti all’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del medesimo regolamento come «provvediment[i] di portata individuale»

43      Le ricorrenti in sostanza in subordine sostengono che se la decisione impugnata non dovesse essere annullata sulla base del primo motivo andrebbe considerato che l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, nel limitare la nozione di «atti» dell’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus ai soli «att[i] amministrativ[i] », definiti all’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del medesimo regolamento come «provvediment[i] di portata individuale», è in contrasto con tale disposizione della convenzione di Aarhus. Orbene, alla luce del primato della convenzione di Aarhus sul regolamento n. 1367/2006, tale disposizione del regolamento n. 1367/2006 essendo in contrasto con la convenzione di Aarhus non dovrebbe essere applicata.

44      Si deve considerare che, con tale motivo, le ricorrenti sollevano un’eccezione di illegittimità dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, letto in combinato con l’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), di tale regolamento ai sensi dell’articolo 241 CE.

45      La Commissione e gli intervenienti chiedono che tale motivo venga respinto.

46      Il Parlamento e il Consiglio contestano la ricevibilità di tale motivo, in particolare, in quanto il ricorso non contiene conclusioni intese a chiedere al Tribunale di dichiarare che il regolamento n. 1367/2006 è illegittimo.

47      Si deve a questo proposito ricordare che, secondo la giurisprudenza, l’eccezione di illegittimità prevista dall’articolo 241 CE è espressione di un principio generale che garantisce a qualsiasi parte il diritto di contestare per via incidentale la validità di precedenti atti che costituiscono il fondamento giuridico della decisione impugnata al fine di ottenere l’annullamento di una decisione che le arreca pregiudizio (sentenza del Tribunale del 19 luglio 1999, Q/Conseil, T‑20/98, Racc.FP pag. I‑A‑147 e II‑779, punto 47). Quindi, nel caso di specie, l’eccezione di illegittimità del regolamento n. 1367/2006 viene sollevata a titolo di incidente dalle ricorrenti, al fine di ottenere l’annullamento della decisione impugnata adottata sulla base di tale regolamento. La ricevibilità dell’eccezione di illegittimità non è pertanto subordinata all’esistenza di una conclusione circa l’illegittimità del regolamento n. 1367/2006.

48      Del resto, il Consiglio sostiene che non è chiaro se le ricorrenti rimettano in discussione la legittimità del regolamento n. 1367/2006 rispetto alla convenzione di Aarhus in quanto sono indecise se il regolamento n. 1367/2006 sia in conflitto con la convenzione di Aarhus o se tale regolamento possa essere interpretato conformemente a tale convenzione. Il Consiglio pertanto dubita che il motivo invocato in subordine dalle ricorrenti presenti il livello di chiarezza e di precisione che l’articolo 44, paragrafo 1, punto c), del regolamento di procedura del Tribunale richiede.

49      A questo proposito, è sufficiente rispondere che le ricorrenti indicano chiaramente, al punto 39 del ricorso, che poiché non è possibile una interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 1367/2006 conforme alla convenzione di Aarhus, tale disposizione non deve essere applicata laddove in contrasto con la convenzione di Aarhus.

50      Da ciò consegue che l’eccezione di illegittimità dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006 è ricevibile in quanto limita la nozione di«atti» dell’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus ai soli « att[i] amministrativ[i] » quali definiti dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del medesimo regolamento.

51      Per quanto riguarda la fondatezza di tale motivo, si deve rilevare che dall’articolo 300, paragrafo 7, CE, risulta che le istituzioni della Comunità sono vincolate dagli accordi da questa conclusi e di conseguenza tali accordi prevalgono sugli atti di diritto comunitario derivato (v., in questo senso, sentenze della Corte del 10 settembre 1996, Commissione/Germania, C‑61/94, Racc. pag. I‑3989, punto 52, e del 12 gennaio 2006, Algemene Scheeps Agentuur Dordrecht, C‑311/04, Racc. pag. I‑609, punto 25).

52      La convenzione di Aarhus è stata firmata dalla Comunità europea e successivamente approvata con decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU L 124, pag. 1). Pertanto, le istituzioni sono vincolate da tale convenzione, la quale prevale sugli atti comunitari derivati. Ne consegue che la validità del regolamento n. 1367/2006 può essere inficiata per incompatibilità con la convenzione di Aarhus.

53      Secondo la giurisprudenza, il giudice dell’Unione può procedere all’esame della validità di una disposizione di un regolamento alla luce di un trattato internazionale solo se non vi si oppongano la sua natura e la sua struttura e se, inoltre, le sue disposizioni appaiono dal punto di vista del loro contenuto incondizionate e sufficientemente precise (sentenze della Corte del 3 giugno 2008, Intertanko e a., C‑308/06, Racc. pag. I‑4057, punto 45, e del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, Racc. pag. I‑6513, punto 110).

54      Tuttavia, nell’ipotesi in cui la Comunità abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito di un accordo internazionale o eventualmente, in cui l’atto faccia espressamente rinvio a precise disposizioni di tale accordo, spetta alla Corte controllare la legittimità dell’atto di cui trattasi con riferimento alle norme di tale accordo [v., in questo senso, per quanto riguarda l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, sentenze della Corte del 23 novembre 1999, Portogallo/Consiglio, C‑149/96, Racc. pag. I‑8395, punto 49; del 30 settembre 2003, Biret International/Consiglio, C‑93/02 P, Racc. pag. I‑10497, punto 53, e del 1° marzo 2005, Van Parys, C‑377/02, Racc. pag. I‑1465, punto 40; v. altresì in questo senso, per quanto riguarda l’accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (in prosieguo: il «GATT»), sentenze della Corte del 22 giugno 1989, Fediol/Commissione, 70/87, Racc. pag. 1781, punti 19‑22, e del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio, C‑69/89, Racc. pag. I‑2069, punto 31]. Quindi, il giudice dell’Unione deve poter procedere al controllo della legittimità di un regolamento con riferimento ad un trattato internazionale, senza previamente verificare se siano soddisfatte le condizioni enunciate supra al punto 53, qualora tale regolamento sia inteso a dare attuazione ad un obbligo imposto da tale trattato internazionale alle istituzioni dell’Unione.

55      In effetti, nella sentenza Nakajima/Consiglio, punto 54 supra (punto 28), la Corte ha constatato che la ricorrente non invocava l’effetto diretto delle disposizioni del codice antidumping del GATT ma che metteva in discussione, incidentalmente, conformemente all’articolo 241 CE, la validità di un regolamento invocando uno degli strumenti di controllo di legalità menzionati dall’articolo 230 CE, e cioè la violazione del trattato o di ogni norma relativa alla sua applicazione. La Corte ha considerato che il regolamento contestato dalla ricorrente in tale causa era stato adottato per adempiere gli obblighi internazionali della Comunità, cui spetta pertanto secondo la costante giurisprudenza garantire il rispetto delle disposizioni del GATT e delle relative misure di esecuzione (v. sentenza Nakajima/Consiglio, punto 54 supra, punto 31, e la giurisprudenza ivi citata; v. altresì in tal senso sentenza della Corte del 12 novembre 1998, Italia/Consiglio, C‑352/96, Racc. pag. I‑6937, punti 20 e 21).

56      La giurisprudenza sviluppata nelle cause relative agli accordi GATT e dell’Organizzazione mondiale del commercio è stata egualmente applicata nella sentenza del 16 giugno 1998, Racke (C‑162/96, Racc. pag. I‑3655), dove la Corte ha esaminato la validità di un regolamento con riferimento al diritto internazionale consuetudinario nella misura in cui ha considerato che «l’amministrato invoca[va] norme di diritto consuetudinario internazionale di natura fondamentale nei confronti del regolamento controverso, il quale [era] stato adottato in applicazione di tali norme e lo priva[va] dei diritti al trattamento preferenziale che detto accordo gli attribui[va]» (sentenza Racke, cit., punto 48).

57      Nella specie si deve rilevare da un lato che, al pari della causa che ha dato luogo alla sentenza Nakajima/Consiglio, punto 54 supra (punto 28), le ricorrenti mettono in discussione, in via incidentale, conformemente all’articolo 241 CE, la validità di una disposizione del regolamento n. 1367/2006 rispetto alla convenzione di Aarhus.

58      D’altro lato, è giocoforza constatare che il regolamento n. 1367/2006 è stato adottato per adempiere gli obblighi internazionali dell’Unione derivanti dall’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus. Infatti, dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1367/2006 risulta che tale regolamento ha come obiettivo quello di contribuire all’adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione di Aarhus garantendo in particolare «l’accesso alla giustizia in materia ambientale a livello [dell’Unione] alle condizioni stabilite dal presente regolamento». Inoltre, il diciottesimo considerando del regolamento n. 1367/2006 fa espressamente riferimento all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus. Inoltre dalla giurisprudenza della Corte risulta che dall’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus derivano degli obblighi e che il regolamento n. 1367/2006 ha come obiettivo quello di dare attuazione alle norme dell’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus per quanto riguarda le istituzioni dell’Unione (v., in questo senso, sentenza della Corte dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie, C‑240/09, Racc. pag. I‑1255, punti 39 e 41).

59      Da ciò consegue che occorre verificare la validità della disposizione di cui viene eccepita l’illegittimità dalle ricorrenti con riferimento all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aahrus, il che implica stabilire se la nozione di «atti» di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus possa essere interpretato nel senso che sia limitato ai «soli provvedimenti di portata individuale».

60      L’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus così dispone:

«In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale».

61      La nozione di «atti» figurante all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus non è definita in tale convenzione. Conformemente ad una costante giurisprudenza un trattato internazionale dev’essere interpretato non soltanto alla stregua dei termini in cui è redatto ma anche alla luce dei suoi obiettivi. Gli articoli 31 delle convenzioni di Vienna, del 23 maggio 1969, sul diritto dei trattati e del 21 marzo 1986, sul diritto dei trattati tra gli Stati e le organizzazioni internazionali o tra organizzazioni internazionali, che costituiscono in tal senso un’espressione del diritto internazionale consuetudinario, precisano, a questo proposito, che un trattato dev’essere interpretato in buona fede, secondo il senso comune da attribuire ai suoi termini nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo (v. sentenza della Corte del 10 gennaio 2006, IATA e ELFAA, C‑344/04, Racc. pag. I‑403, punto 40, e la giurisprudenza ivi citata).

62      Occorre innanzitutto ricordare gli obiettivi della convenzione di Aarhus.

63      Dal sesto e dall’ottavo considerando del preambolo della convenzione di Aahrus risulta così che gli autori di tale convenzione «[r]iconoscendo che un’adeguata tutela dell'ambiente è indispensabile per il benessere umano e per il godimento dei diritti fondamentali, compreso il diritto alla vita, considerano che, per poter affermare tale diritto e adempiere a tale obbligo, i cittadini devono avere accesso alle informazioni, essere ammessi a partecipare ai processi decisionali e avere accesso alla giustizia in materia ambientale, e riconoscendo che per esercitare i loro diritti essi possono aver bisogno di assistenza». Inoltre, dal nono considerando del preambolo della convenzione di Aahrus risulta che ««un più ampio accesso alle informazioni e una maggiore partecipazione ai processi decisionali migliorano la qualità delle decisioni e ne rafforzano l’efficacia, contribuiscono a sensibilizzare il pubblico alle tematiche ambientali e gli consentono di esprimere le sue preoccupazioni, permettendo alle pubbliche autorità di tenerne adeguatamente conto».

64      Inoltre, l’articolo 1 della convenzione di Aarhus, intitolato «Finalità», dispone «per contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere, ciascuna parte garantisce il diritto di accesso alle informazioni, di partecipazione del pubblico ai processi decisionali e di accesso alla giustizia in materia ambientale in conformità delle disposizioni della presente convenzione».

65      Si deve considerare che un procedimento di riesame interno che riguarderebbe soltanto provvedimenti di portata individuale avrebbe una portata molto limitata in quanto gli atti adottati in materia ambientale sono per lo più atti di portata generale. Orbene, alla luce delle finalità e dell’oggetto della convenzione di Aarhus, una siffatta limitazione non è giustificata.

66      Inoltre, per quanto riguarda i termini nei quali l’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aahrus è redatto, si deve rilevare che essi lasciano un certo di margine di manovra alle parti della convenzione di Aarhus circa la definizione delle persone abilitate a intraprendere procedimenti amministrativi o giudiziari e la natura del procedimento (amministrativo o giudiziario). Infatti, secondo tale disposizione, solo «i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale [possono] promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale». Tuttavia, i termini dell’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aahrus non lasciano lo stesso margine di manovra per quanto riguarda la definizione di «atti» contestabili. Pertanto, non vi è alcuna ragione per interpretare la nozione di «atti» dell’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus nel senso che copre soltanto gli atti di portata individuale.

67      Infine, per quanto riguarda i termini delle altre disposizioni della convenzione di Aarhus, si deve rilevare che in forza dell’articolo 2, paragrafo 2, di tale convenzione la nozione di autorità pubblica «non comprende gli organi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio del potere giudiziario o legislativo». Quindi, gli atti adottati da un’istituzione o da un organo dell’Unione che opera nell’esercizio del suo potere giudiziario o legislativo possano pertanto essere esclusi dalla nozione di «atti» di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus. Tale esclusione non consente tuttavia di limitare la nozione di «atti» di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus ai soli provvedimenti di portata individuale. Infatti, non esiste correlazione tra gli atti di portata generale e quelli adottati da una pubblica autorità nell’esercizio della sua competenza giudiziaria o legislativa. Gli atti di portata generale non sono necessariamente atti adottati da una autorità pubblica nell’esercizio del suo potere giudiziario o legislativo.

68      Da ciò consegue che l’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus non può essere interpretato nel senso che si riferisca unicamente ai provvedimenti di portata individuale.

69      Pertanto, l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, è incompatibile con l’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus in quanto limita la nozione di «atti» di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus ai soli «att[i] amministrativ[i]», definiti all’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del medesimo regolamento come «provvediment[i] di portata individuale».

70      Tale conclusione non viene rimessa in discussione dagli argomenti svolti dalle ricorrenti.

71      Per quanto riguarda l’argomento del Parlamento e del Consiglio, secondo cui la nozione di «atti» di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus deve essere limitata, nel diritto dell’Unione, ai provvedimenti di portata individuale, poiché la procedura di riesame interno non essendo autonoma dal procedimento giudiziario previsto dall’articolo 12 del regolamento n. 1367/2006, deve essere conforme all’articolo 230 CE, e in particolare alla condizione secondo cui il ricorrente deve essere individualmente e direttamente interessato dall’atto impugnato, è sufficiente ricordare il contenuto dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006.

72      In forza dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, un’organizzazione non governativa che ha formulato una domanda di riesame interno ai sensi dell’articolo 10 del suddetto regolamento può proporre ricorso dinanzi alla Corte di giustizia a norma delle pertinenti disposizioni del trattato e quindi conformemente all’articolo 230 CE. Orbene, quale che sia la portata del provvedimento che ha costituito l’oggetto del riesame interno previsto dall’articolo 10 di tale regolamento, le condizioni di ricevibilità dell’articolo 230 CE debbono comunque essere rispettate nell’ipotesi di un ricorso dinanzi ai giudici dell’Unione.

73      Peraltro, le condizioni di cui all’articolo 230 CE, e in particolare quella secondo la quale il ricorrente dev’essere individualmente e direttamente interessato dall’atto impugnato si applicano anche ai provvedimenti di portata individuale dei quali il ricorrente non è il destinatario. Un’organizzazione non governativa, che risponde alle condizioni enunciate all’articolo 11 del regolamento n. 1367/2006, non deve pertanto essere necessariamente interessata direttamente e individualmente da un provvedimento di portata individuale. Contrariamente a quanto sostenuto dal Parlamento e dal Consiglio, la limitazione della nozione di «atti» ai soli atti di portata individuale non consente di garantire che sarà soddisfatta la condizione prevista dall’articolo 230 CE, secondo cui il ricorrente dev’essere direttamente e individualmente interessato dall’atto impugnato.

74      Il Consiglio sostiene altresì che l’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus comporta una libertà di valutazione che lascia un margine di manovra sufficiente per trasporre l’obbligo risultante da tale articolo mediante procedimenti nazionali combinati con questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte.

75      Si deve a questo proposito sottolineare che perché un’organizzazione non governativa, che soddisfi le condizioni per proporre una domanda di riesame interno previste dall’articolo 11 del regolamento n. 1367/2006, possa mettere indirettamente in discussione un provvedimento di portata generale adottato da un’istituzione dell’Unione dinanzi ad un giudice nazionale, suppone che tale misura di portata generale sia stata trasposta nel diritto nazionale. Orbene, tutti i provvedimenti di portata generale adottati dalle istituzioni dell’Unione in materia ambientale non costituiscono l’oggetto di una trasposizione nazionale che possa essere contestata dinanzi ad un giudice nazionale.

76      Inoltre, l’argomento del Consiglio non è suffragato da elementi che dimostrano come, nella specie, le ricorrenti potrebbero rimettere in discussione il provvedimento di portata generale di cui esse hanno chiesto alla Commissione il riesame dinanzi a un giudice nazionale.

77      Da ciò consegue che l’eccezione di illegittimità dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, letto in combinato con l’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del medesimo regolamento, deve essere accolta e con essa il secondo motivo. Di conseguenza, la decisione impugnata deve essere annullata.

 Sulle spese

78      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta soccombente, va condannata alle spese, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario, conformemente alle conclusioni in tal senso delle ricorrenti.

79      Ai termini dell’articolo 87, paragrafo 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Si deve pertanto disporre che il Regno dei Paesi Bassi, il Parlamento e il Consiglio sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione C(2009) 6121 della Commissione, del 28 luglio 2009, è annullata.

2)      La Commissione europea è condannata a sopportare oltre alle proprie spese, quelle esposte dalla Vereniging Milieudefensie e dalla Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, comprese quelle relative al procedimento sommario.

3)      Il Regno dei Paesi Bassi, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea sopporteranno le proprie spese.

Dittrich

Wiszniewska-Białecka

Prek

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 giugno 2012.

Firme


* Lingua processuale: l’olandese.