Language of document : ECLI:EU:T:2017:26

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

25 gennaio 2017 (*)

«Dumping – Importazioni di taluni fogli di alluminio originari dell’Armenia, del Brasile e della Cina – Dazio antidumping definitivo – Status di impresa operante in economia di mercato – Articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), secondo trattino, del regolamento (CE) n. 384/96 – Valutazione cumulativa delle importazioni oggetto di inchieste antidumping – Articolo 3, paragrafo 4, lettere a) e b), del regolamento n. 384/96 – Offerta di impegno – Articolo 8, paragrafo 3, del regolamento n. 384/96»

Nella causa T‑512/09 RENV,

Rusal Armenal ZAO, con sede in Erevan (Armenia), rappresentata da B. Evtimov, E. Borovikov, avvocati, e D. O’Keeffe, solicitor,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato inizialmente da S. Boelaert e J.‑P. Hix, in qualità di agenti, successivamente da M. Hix, assistito da M.B. O’Connor, solicitor, e S. Gubel, avvocato,

convenuto,

sostenuto da

Parlamento europeo, rappresentato da D. Warin e A. Auersperger Matić, in qualità di agenti,

e da

Commissione europea, rappresentata da J.-F. Brakeland, M. França e A. Demeneix, in qualità di agenti,

intervenienti,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e intesa all’annullamento del regolamento (CE) n. 925/2009 del Consiglio, del 24 settembre 2009, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di fogli di alluminio originari dell’Armenia, del Brasile e della Repubblica popolare cinese (GU 2009, L 262, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata),

composto da M. Prek (relatore), presidente, I. Labucka, J. Schwarcz, V. Tomljenović e V. Kreuschitz, giudici,

cancelliere: C. Heeren, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1° giugno 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La Rusal Armenal ZAO, ricorrente, è una società produttrice ed esportatrice di prodotti di alluminio con sede in Armenia dal 2000. Il 5 febbraio 2003, la Repubblica d’Armenia ha aderito all’accordo istitutivo dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) (GU 1994, L 336, pag. 3).

2        In seguito a una denuncia depositata il 28 maggio 2008 dalla Eurométaux, la Commissione delle Comunità europee ha aperto un procedimento antidumping riguardante le importazioni di fogli di alluminio originari dell’Armenia, del Brasile e della Repubblica popolare cinese (in prosieguo: la «RPC»). L’avviso di apertura di tale procedimento è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 12 luglio 2008 (GU 2008, C 177, pag. 13).

3        Con lettere del 25 luglio e 1° settembre 2008, la ricorrente ha contestato segnatamente la classificazione dell’Armenia fra i paesi non retti da un’economia di mercato ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento di base»), allora applicabile. Inoltre, nell’ambito dell’esame relativo alla sottoquotazione dei prezzi o alla sottoquotazione dei prezzi di riferimento, la ricorrente ha fatto valere difetti relativi ai suoi prodotti, questione sulla quale ha fornito informazioni aggiuntive in una lettera datata 7 ottobre 2008.

4        Inoltre, la ricorrente ha chiesto che le fosse concesso lo status di società operante in economia di mercato o, in subordine, un trattamento individuale (in prosieguo: la «domanda SEM»). A tal riguardo, con lettera del 19 dicembre 2008, la Commissione ha trasmesso alla ricorrente le considerazioni sulla base delle quali essa riteneva che i requisiti riguardanti la contabilità e i costi di produzione indicati all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo e terzo trattino, del regolamento di base non fossero soddisfatti. Con lettera del 5 gennaio 2009, la ricorrente ha ribadito le sue censure nei confronti dell’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base all’Armenia e ha contestato le valutazioni della Commissione riguardanti i requisiti che quest’ultima ha ritenuto non soddisfatti. Con lettera del 13 marzo 2009, la ricorrente ha presentato alla Commissione elementi aggiuntivi relativi alla sua domanda SEM.

5        Il 7 aprile 2009, la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 287/2009, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di fogli di alluminio originari dell’Armenia, del Brasile e della [RPC] (GU 2009, L 94, pag. 17; in prosieguo: il «regolamento provvisorio»). Con lettera dell’8 aprile 2009, la Commissione ha trasmesso alla ricorrente, in applicazione dell’articolo 14, paragrafo 2, e dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento di base, il regolamento provvisorio, nonché le considerazioni relative al calcolo del margine di dumping e di pregiudizio riguardo alla ricorrente.

6        La Turchia è stata designata come paese di riferimento ai fini del calcolo del valore normale per i produttori esportatori a cui non verrebbe concesso lo status di società operante in economia di mercato. Un produttore turco del prodotto simile ha risposto al questionario inviato dalla Commissione (considerando 10, 12 e 52 del regolamento provvisorio).

7        Secondo il considerando 13 del regolamento provvisorio, l’inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1° luglio 2007 e il 30 giugno 2008 (in prosieguo: il «periodo d’inchiesta»). L’analisi delle tendenze utili per la valutazione del pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1° gennaio 2005 e il 30 giugno 2008 (in prosieguo: il «periodo in esame»).

8        Ai termini del considerando 19 del regolamento provvisorio, il prodotto in esame è costituito da fogli di alluminio di spessore non inferiore a 0,008 mm e non superiore a 0,018 mm, senza supporto, semplicemente laminati, presentati in rotoli di larghezza non superiore a 650 mm e di peso superiore a 10 kg, originari dell’Armenia, del Brasile e della RPC, classificati al codice NC ex 7607 11 19. Per quanto riguarda il prodotto simile, il considerando 20 del regolamento provvisorio dispone che i fogli di alluminio prodotti e venduti nell’Unione dall’industria dell’Unione europea, i fogli di alluminio prodotti e venduti sui mercati interni dell’Armenia, del Brasile e della RPC e i fogli di alluminio importati nell’Unione da questi paesi nonché quelli prodotti e venduti in Turchia abbiano essenzialmente le stesse caratteristiche fisiche e tecniche di base e le stesse utilizzazioni finali di base.

9        Per quanto concerne la concessione dello status di società operante in economia di mercato, la Commissione ha concluso che l’Armenia non potesse essere considerata un’economia di mercato, in quanto essa era menzionata nella nota a piè di pagina di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base. Inoltre, la Commissione ha affermato che la ricorrente non soddisfaceva i requisiti riguardanti la contabilità e i costi di produzione indicati all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo e terzo trattino, del regolamento di base. Al riguardo, la Commissione ha rilevato, in primo luogo, che i conti della ricorrente per l’esercizio 2006 contenevano un parere negativo del revisore, mentre per l’esercizio 2007 quest’ultima non avrebbe presentato conti sottoposti a revisione e, in secondo luogo, che il prezzo pagato allo Stato armeno per l’acquisto di azioni dell’impresa che gestiva l’originario sito di produzione corrispondeva a circa un terzo del loro valore nominale e la ricorrente avrebbe, inoltre, ottenuto il godimento di beni immobili gratuitamente (considerando 24, 25 e da 27 a 31 del regolamento provvisorio).

10      Per quanto riguarda il calcolo del margine di dumping, la Commissione ha sostenuto, in allegato alla sua lettera dell’8 aprile 2009 (v. punto 5 supra), che la ricorrente soddisfaceva i requisiti per ottenere un trattamento individuale. Inoltre, il confronto dei valori normali medi ponderati di ciascun tipo di prodotto interessato esportato nell’Unione e proveniente dal produttore turco che aveva risposto al relativo questionario con i prezzi all’esportazione medi ponderati corrispondenti della ricorrente aveva dato luogo a un margine di dumping del 37%. Tali elementi sono ripresi ai considerando 42, 74 e 77 del regolamento provvisorio.

11      La Commissione ha inoltre ritenuto che fosse possibile una valutazione cumulativa degli effetti delle importazioni interessate, in quanto i requisiti di una siffatta valutazione, previsti all’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento di base, erano soddisfatti (considerando da 91 a 94 del regolamento provvisorio).

12      Inoltre, secondo la Commissione, l’analisi relativa al consumo dell’Unione, al volume e ai prezzi delle importazioni dai paesi interessati e alla situazione dell’industria dell’Unione ha dimostrato che quest’ultima aveva subito un notevole pregiudizio ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base (considerando da 88 a 90 e da 95 a 118 del regolamento provvisorio). Inoltre, dopo un’analisi relativa agli effetti delle importazioni oggetto di un dumping e agli effetti di altri fattori, la Commissione ha concluso che il pregiudizio doveva essere dovuto ad un aumento delle importazioni in dumping dai paesi terzi interessati dall’inchiesta (considerando da 119 a 138 del regolamento provvisorio).

13      Dal momento che la Commissione non ha ravvisato motivi imperativi per non istituire misure provvisorie, tale istituzione ha proceduto all’imposizione di un dazio antidumping provvisorio per eliminare il pregiudizio tenendo conto di un prezzo non pregiudizievole che dovrebbe ottenere l’industria dell’Unione. Pertanto, il dazio antidumping provvisorio è stato stabilito al 20% per i prodotti fabbricati dalla ricorrente (considerando da 164 a 170 del regolamento provvisorio).

14      Con lettera del 15 luglio 2009, la Commissione ha trasmesso alla ricorrente, ai sensi dell’articolo 20, paragrafi da 2 a 4, del regolamento di base, un documento informativo finale in merito ai fatti e alle considerazioni principali alla base della proposta di imporre dazi antidumping definitivi. La Commissione ha invitato la ricorrente a trasmetterle le sue osservazioni sul documento informativo finale entro il 30 luglio 2009.

15      Con lettera del 22 luglio 2009, la ricorrente ha presentato le sue osservazioni sul documento informativo finale e ha proposto un impegno ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento di base, chiedendo parimenti una riunione ai fini dell’analisi di detto impegno. Con messaggio di posta elettronica del 27 luglio 2009, la Commissione ha inviato alla ricorrente un formulario di impegno e ha proposto l’organizzazione di una riunione il 29 luglio successivo, ricordando al contempo che il termine per la presentazione definitiva dell’impegno scadeva il 30 luglio. Con lettera del 30 luglio 2009, la ricorrente ha sottoposto il suo impegno alla Commissione.

16      Con lettera del 7 agosto 2009, la Commissione ha illustrato alla ricorrente i motivi per cui essa riteneva che l’impegno proposto da quest’ultima non potesse essere accettato. La Commissione ha invitato la ricorrente a trasmetterle le sue osservazioni al riguardo entro il 12 agosto 2009; la ricorrente ha ottemperato a tale richiesta con messaggio di posta elettronica del 10 agosto 2009.

17      Il 24 settembre 2009, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato il regolamento (CE) n. 925/2009, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di fogli di alluminio originari dell’Armenia, del Brasile e della [RPC] (GU 2009, L 262, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»). Inoltre, con la decisione 2009/736/CE, del 5 ottobre 2009, che accetta un impegno offerto nell’ambito del procedimento antidumping relativo alle importazioni di fogli d’alluminio originari, tra l’altro, del Brasile (GU 2009, L 262, pag. 50), la Commissione ha accettato gli impegni proposti dalla Companhia Brasileira de Aluminio (CBA), un produttore esportatore brasiliano.

18      Per quanto riguarda la domanda SEM della ricorrente, il Consiglio ha confermato, ai considerando da 18 a 26 e 32 del regolamento impugnato, le valutazioni del regolamento provvisorio riguardanti lo status dell’Armenia, i requisiti che la Commissione ha ritenuto non soddisfatti dalla ricorrente, nonché la concessione a favore di quest’ultima di un trattamento individuale (v. punti 9 e 10 supra). In tale contesto, il margine di dumping della ricorrente è stato stabilito al 33,4% (punto 4.4 del regolamento impugnato). Il Consiglio ha confermato inoltre, ai considerando 55 e 56 del regolamento impugnato, le valutazioni contenute nel regolamento provvisorio riguardanti la valutazione cumulativa degli effetti delle importazioni interessate (v. punto 11 supra). Infine, ai considerando da 44 a 48 e da 59 a 109 del regolamento impugnato, il Consiglio ha del pari confermato le valutazioni contenute nel regolamento provvisorio e riassunte ai punti 12 e 13 supra, e ha stabilito il livello di eliminazione del pregiudizio causato dalle importazioni dei prodotti della ricorrente al 13,4%.

19      Per quanto riguarda l’impegno offerto dalla ricorrente, il Consiglio ha indicato, al considerando 114 del regolamento impugnato, che esso non poteva essere accettato per motivi legati, essenzialmente, al rischio di compensazione trasversale dovuto alla struttura del gruppo al quale apparteneva la ricorrente e alla conseguente natura dei rapporti commerciali fra la stessa e i suoi clienti nell’Unione. Secondo il considerando 115 del regolamento impugnato, tale impegno è stato parimenti respinto sulla base di constatazioni relative alla contabilità della ricorrente, formulate ai considerando 21 e 22 del medesimo regolamento.

20      In tali circostanze, il Consiglio ha imposto, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento impugnato, un dazio antidumping definitivo del 13,4% alle importazioni dei prodotti della ricorrente.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte

21      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2009, la ricorrente ha chiesto l’annullamento del regolamento impugnato.

22      A seguito di una richiesta in tal senso, la Commissione è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

23      La ricorrente concludeva che il Tribunale volesse:

–        annullare il regolamento impugnato nella parte in cui la riguarda;

–        condannare il Consiglio alle spese.

24      Il Consiglio e la Commissione chiedevano che il Tribunale volesse:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

25      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente ha fatto valere cinque motivi, relativi, il primo, ad un’eccezione di illegittimità nei confronti dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, asseritamente contrario, segnatamente, all’articolo 2.7. dell’Accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GATT) (GU 1994, L 336, pag. 103; in prosieguo: l’«accordo antidumping»), figurante all’allegato I A dell’accordo istitutivo dell’OMC; il secondo, alla violazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base; il terzo, alla violazione dell’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento di base e ad un difetto di motivazione; il quarto, alla violazione del principio della parità di trattamento e ad un manifesto errore di valutazione e, il quinto, alla violazione del principio di buona amministrazione.

26      Con sentenza del 5 novembre 2013, Rusal Armenal/Consiglio (T‑512/09, EU:T:2013:571), il Tribunale ha accolto il primo motivo del ricorso e ha annullato, di conseguenza, il regolamento impugnato nella parte in cui concerneva la ricorrente.

27      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 16 gennaio 2014, la Commissione ha proposto impugnazione, chiedendo alla Corte l’annullamento della sentenza del 5 novembre 2013, Rusal Armenal/Consiglio (T‑512/09, EU:T:2013:571).

28      A seguito di una domanda in tal senso, il Parlamento europeo è stato ammesso ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

29      A sostegno della sua impugnazione, la Commissione ha dedotto tre motivi, relativi, il primo, al fatto che il Tribunale avrebbe statuito ultra petita; il secondo, al fatto che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel dichiarare che l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base era volto a dare esecuzione agli obblighi particolari assunti nell’ambito dell’OMC e, il terzo, alla violazione del principio generale dell’equilibrio istituzionale.

30      Con sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Rusal Armenal (C‑21/14 P; in prosieguo: la «sentenza su impugnazione», EU:C:2015:494), la Corte ha accolto il secondo motivo e ha annullato la sentenza del 5 novembre 2013, Rusal Armenal/Consiglio (T‑512/09, EU:T:2013:571).

31      In via preliminare, la Corte ha ricordato che le disposizioni di un accordo internazionale di cui l’Unione sia parte possono essere invocate a sostegno di un ricorso di annullamento di un atto di diritto derivato dell’Unione o di un’eccezione di illegittimità di detto atto solo qualora, da una parte, la natura e l’economia generale dell’accordo in questione non vi ostino e, dall’altra, tali disposizioni appaiano, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise, e che esse potranno essere fatte valere dinanzi al giudice dell’Unione come criterio di valutazione della legittimità di un atto dell’Unione solo quando entrambe le condizioni sopracitate siano cumulativamente soddisfatte. La Corte ha parimenti sottolineato che, tenuto conto della loro natura e della loro economia, gli accordi OCM non figurano, in linea di principio, tra le normative alla luce delle quali può essere controllata la legittimità degli atti delle istituzioni dell’Unione (sentenza su impugnazione, punti 37 e 38).

32      La Corte ha cionondimeno rilevato di aver riconosciuto in due situazioni eccezionali, derivanti dall’intenzione del legislatore dell’Unione di limitare esso stesso il proprio margine di manovra nell’applicazione delle norme dell’OMC, che spetta al giudice dell’Unione, se del caso, controllare la legittimità di un atto dell’Unione e degli atti adottati per la sua applicazione alla luce degli accordi OMC, ossia, da un lato, nel caso in cui l’Unione abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nel contesto di tali accordi e, dall’altro, nel caso in cui l’atto di diritto dell’Unione di cui trattasi faccia espresso rinvio a precise disposizioni dei medesimi accordi (sentenza su impugnazione, punti 40 e 41).

33      La Corte ha poi ritenuto che l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base avesse introdotto un regime speciale che fissava norme dettagliate in materia di calcolo del valore normale relativamente alle importazioni provenienti da paesi dell’OMC non retti da un’economia di mercato, tra cui l’Armenia, e che esso esprimeva l’intenzione del legislatore dell’Unione di adottare, in tale ambito, un approccio specifico all’ordinamento giuridico dell’Unione (sentenza su impugnazione, punti 47 e 48). Nei limiti in cui l’accordo antidumping non contiene norme specifiche relative alle importazioni provenienti da paesi membri dell’OMC non retti da un’economia di mercato, non può essere stabilita alcuna corrispondenza tra, da un lato, le norme che figurano nell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base riguardo alle importazioni provenienti da paesi membri dell’OMC non retti da un’economia di mercato e, dall’altro, le norme definite all’articolo 2 dell’accordo antidumping. La Corte ne ha concluso che detta disposizione del regolamento di base non può essere considerata una misura diretta a garantire nell’ordinamento giuridico dell’Unione l’esecuzione di un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC (sentenza su impugnazione, punti da 49 a 53).

34      In applicazione dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte ha annullato la sentenza del 5 novembre 2013, Rusal Armenal/Consiglio (T‑512/09, EU:T:2013:571) e ha statuito definitivamente sul primo motivo del ricorso proposto dalla ricorrente, rigettandolo (sentenza su impugnazione, punti da 57 a 60). Essa ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale affinché statuisse sui motivi dal secondo al quinto.

35      A seguito del suo rinvio, la causa è stata assegnata alla Quarta Sezione ampliata del Tribunale.

36      Le parti non si sono avvalse della facoltà di presentare osservazioni scritte, prevista dall’articolo 217, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

37      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

38      Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza del 1° giugno 2016. In tale occasione, le parti sono state invitate a presentare le loro osservazioni sugli eventuali effetti della sentenza su impugnazione sui motivi dal secondo al quinto, circostanza della quale è stato preso atto nel verbale d’udienza.

 In diritto

39      A seguito della sentenza su impugnazione, restano da esaminare quattro motivi, relativi, rispettivamente, alla violazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base (secondo motivo); alla violazione dell’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento di base e ad un difetto di motivazione (terzo motivo); alla violazione del principio di parità di trattamento e ad un manifesto errore di valutazione (quarto motivo) e alla violazione del principio di buona amministrazione (quinto motivo).

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base

40      Nell’ambito del secondo motivo, la ricorrente fa valere che la valutazione della sua domanda SEM da parte delle istituzioni è viziata da errori manifesti. Il presente motivo è composto da due parti. Con la prima parte, la ricorrente contesta la fondatezza della constatazione concernente l’inosservanza dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo trattino, del regolamento di base. Con la seconda parte, la ricorrente contesta la fondatezza della constatazione concernente l’inosservanza dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base.

41      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, chiede il rigetto del presente motivo.

42      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo e terzo trattino, del regolamento di base, «la domanda di cui alla [disposizione lettera] b) (…) deve contenere prove sufficienti in ordine al fatto che il produttore opera in condizioni di economia di mercato. Ciò si verifica quando: (…) le imprese dispongano di una serie ben definita di documenti contabili di base soggetti a revisione contabile indipendente e che siano d’applicazione in ogni caso in linea con le norme internazionali in materia di contabilità [secondo trattino], (…) i costi di produzione e la situazione finanziaria delle imprese non siano soggette a distorsioni di rilievo derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato relativamente alle svalutazioni anche degli attivi, alle passività di altro genere, al commercio di scambio e ai pagamenti effettuati mediante compensazione dei debiti [terzo trattino]».

43      Nella misura in cui, da un lato, le condizioni elencate all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base rivestono carattere cumulativo (sentenza del 18 marzo 2009, Shanghai Excell M&E Enterprise e Shanghai Adeptech Precision/Consiglio, T‑299/05, EU:T:2009:72, punto 76) e, dall’altro, con le due parti del suo motivo, la ricorrente contesta la fondatezza delle constatazioni concernenti il secondo e il terzo trattino di detto articolo 2, paragrafo 7, lettera c), occorre rilevare che il rigetto di una di dette parti è sufficiente a respingere il motivo nel suo insieme.

44      Nelle circostanze che caratterizzano il caso di specie, occorre esaminare, anzitutto, la prima parte del motivo.

45      Occorre ricordare che, ai considerando 21 e 22 del regolamento impugnato, il Consiglio ha ritenuto che gli elementi fatti valere dalla ricorrente non soddisfacessero le condizioni elencate al secondo trattino dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base, e ha confermato l’analisi figurante nel regolamento provvisorio.

46      Il considerando 22 del regolamento impugnato così recita: «(…) [l]a società deve disporre di un’unica e chiara documentazione contabile conformemente alle norme contabili internazionali[; l]e irregolarità rilevate dai revisori contabili per gli esercizi finanziari 2006 e 2007 erano tali da dimostrare chiaramente che la contabilità della società non era stata redatta conformemente alle norme contabili internazionali e che essa non poteva pertanto comprovare di aver soddisfatto il secondo criterio TEM [criterio per ottenere il trattamento riservato alle società operanti in condizioni di economia di mercato][; d]i fatto, i criteri per l’ottenimento del TEM fanno riferimento a norme internazionali e il fatto di appartenere all’OMC non cambia nulla[; i]noltre, l’appartenenza all’OMC non costituisce di per sé una garanzia della prevalenza di condizioni di economia di mercato nell’attività economica di una società».

47      Al considerando 27 del regolamento provvisorio, la Commissione aveva rilevato che i conti della ricorrente per l’anno 2006 contenevano un parere negativo del revisore, e che per il 2007 essa non aveva presentato conti sottoposti a revisione.

48      Ai considerando 28 e 29 di questo stesso regolamento, la Commissione aveva respinto la linea argomentativa della ricorrente fondata, in primo luogo, sulla conformità al processo di revisione per quanto riguarda il 2006, in secondo luogo, sull’impegno di fornire per il 2007 conti verificati in linea con le norme internazionali di contabilità e, in terzo luogo, sull’irrilevanza dell’emissione di un parere negativo del revisore, dal momento che la revisione era stata effettuata conformemente alle norme internazionali di contabilità. Da un lato, la Commissione ha ricordato che i conti per il 2007 non le erano stati presentati nonostante le richieste in tal senso. Dall’altro, essa ha rilevato che l’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base, il quale prevede la concessione dello status di impresa operante in condizioni di economia di mercato (in prosieguo: il «SEM»), costituiva un’eccezione, la quale doveva essere interpretata in modo restrittivo, e ne ha desunto che i conti non dovevano solo essere verificati conformemente alle norme internazionali, ma anche elaborati conformemente a tali norme.

49      La linea argomentativa della ricorrente fatta valere nei confronti di tale analisi può essere suddivisa in due censure. La prima, presentata in via principale, è relativa ad un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo trattino, del regolamento di base, a causa dell’applicazione di un criterio giuridico erroneo. Con la seconda, presentata in subordine, la ricorrente fa valere un manifesto errore di valutazione del Consiglio nell’applicazione del criterio da esso privilegiato.

 Sulla censura relativa all’applicazione di un criterio giuridico erroneo

50      Secondo la ricorrente, l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base deve essere interpretato in modo da tenere conto dell’appartenenza della Repubblica di Armenia all’OMC e da non comportare un onere della prova irragionevole. Essa ritiene che il Consiglio, adottando un’interpretazione estensiva del requisito di una «revisione contabile indipendente (…) in linea con le norme internazionali in materia di contabilità» figurante all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo trattino, del regolamento di base, abbia applicato un criterio giuridico erroneo. Ciò avrebbe imposto alla medesima l’obbligo di assicurare che i propri conti fossero preparati nel rigoroso rispetto di tutte le norme internazionali di contabilità, fossero scevri da qualsivoglia vizio e riserva e fossero certificati da una relazione di revisione contabile senza riserve. Un siffatto requisito eccederebbe il dettato dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo trattino, il quale si limita ad esigere che i documenti contabili siano chiari, che siano soggetti a revisione contabile indipendente e che siano d’applicazione in ogni caso in linea con le norme internazionali in materia di contabilità.

51      Pertanto, il Consiglio sosterrebbe erroneamente la contrarietà alla logica dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base di un’interpretazione del riferimento ad una «revisione contabile indipendente (…) in linea con le norme internazionali in materia di contabilità» nel senso che esso riguarderebbe il mero svolgimento di un audit in linea con le norme internazionali in materia di contabilità.

52      Anzitutto, la ricorrente osserva che lo svolgimento di un audit implica non solo il rispetto delle norme internazionali in materia di audit, bensì anche un esame dei documenti contabili in conformità ai principi internazionali d’informativa finanziaria (International Financial Reporting Standards). Essa ne deduce, in sostanza, di non essere tenuta a preparare i propri documenti contabili in conformità ai principi internazionali d’informativa finanziaria, essendo sufficiente lo svolgimento di un audit. La ricorrente sottolinea, a tal riguardo, che la relazione di audit redatta per il 2007 (in prosieguo: la «relazione di audit per il 2007») fa riferimento ad una presentazione del rendimento finanziario e del suo flusso di cassa richiamando i principi internazionali d’informativa finanziaria. La ricorrente fa poi valere che, pur se i revisori constatano l’esistenza di distorsioni significative, essi non possono rilasciare un’attestazione. Infine, essa ritiene che sia illogico trattarla in maniera analoga ad un’impresa che non abbia svolto un audit in relazione ai propri conti o unicamente sulla base di norme locali non riconosciute.

53      La ricorrente aggiunge, in sostanza, che, nell’eventualità in cui le fosse stato concesso lo status di SEM, le istituzioni sarebbero in ogni caso state legittimate ad adeguare i suoi costi, facendo applicazione dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base.

54      Il Consiglio chiede il rigetto di tale censura.

55      È controverso il significato che occorre attribuire al requisito secondo il quale l’impresa deve utilizzare «una serie ben definita di documenti contabili di base soggetti a revisione contabile indipendente e che siano d’applicazione in ogni caso in linea con le norme internazionali in materia di contabilità», figurante all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base.

56      Per quanto riguarda, in primo luogo, le norme che devono governare l’esame di tale censura, in forza di una giurisprudenza costante, ai fini dell’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v. sentenza del 7 giugno 2005, VEMW e a., C‑17/03, EU:C:2005:362, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata).

57      Inoltre, nella misura in cui è controversa l’interpretazione di una delle condizioni per la concessione dello status di SEM di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base, occorre parimenti prendere in considerazione il fatto che il metodo di determinazione del valore normale di un prodotto contemplato da tale disposizione è un’eccezione al metodo specifico previsto a tal fine all’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), di detto regolamento, metodo che risulta applicabile, in linea di principio, nel caso di importazioni provenienti da paesi non retti da un’economia di mercato. Orbene, secondo una giurisprudenza costante, ogni deroga o eccezione ad una regola generale deve essere interpretata restrittivamente [v. sentenza del 10 ottobre 2012, Gem-Year e Jinn-Well Auto-Parts (Zhejiang)/Consiglio, T‑172/09, non pubblicata, EU:T:2012:532, punto 118 e la giurisprudenza ivi citata]. Poiché l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base precisa le condizioni che devono essere rispettate ai fini dell’applicazione di tale eccezione, dette condizioni devono essere interpretate restrittivamente.

58      Occorre rilevare, anzitutto, che, in contrasto con tale principio di interpretazione restrittiva, la ricorrente fa valere che l’interpretazione delle condizioni per la concessione dello status di SEM dovrebbe tenere conto, al contrario, dell’appartenenza della Repubblica di Armenia all’OMC.

59      È vero che si evince da una giurisprudenza costante della Corte che le disposizioni del diritto dell’Unione devono essere interpretate, per quanto possibile, alla luce del diritto internazionale, in particolare quando tali testi siano diretti, precisamente, ad eseguire un accordo internazionale concluso dall’Unione (v. sentenza del 15 marzo 2012, SCF Consorzio Fonografici, C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata).

60      Tuttavia, occorre sottolineare che uno dei postulati essenziali della sentenza su impugnazione poggia sulla specificità dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, quale risulta dalla scelta del legislatore dell’Unione di redigere norme specifiche relative alle importazioni provenienti dai paesi membri dell’OMC non retti da un’economia di mercato, mentre l’accordo antidumping non contiene norme specifiche relative alle importazioni provenienti da siffatti paesi (v. punto 33 supra).

61      È giocoforza constatare che tale messa in risalto, da parte della Corte, sia della specificità dell’approccio dell’Unione sia dell’assenza di una corrispondente disposizione nell’accordo antidumping priva di rilevanza la circostanza che la Repubblica di Armenia sia membro dell’OMC per quanto riguarda l’interpretazione delle condizioni previste all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base.

62      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo trattino, del regolamento di base, occorre ricordare che l’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), di questo stesso regolamento consente, in via eccezionale, ad un’impresa di un paese non retto da un’economia di mercato di vedere il valore normale del proprio prodotto determinato secondo le norme applicabili alle imprese facenti parte di paesi retti da una siffatta economia.

63      L’obiettivo delle condizioni figuranti all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base consiste nel far gravare sul richiedente il SEM un certo numero di obblighi intesi a consentire alle istituzioni di verificare che esso operi in condizioni di economia di mercato. In tale ottica, è giocoforza constatare che è particolarmente importante che i documenti contabili utilizzati da un’impresa riflettano la realtà delle spese sostenute dalla sua produzione, dal momento che è sulla base di queste ultime che verrà stabilito il valore normale del suo prodotto.

64      Alla luce di tale obiettivo, il riferimento, al secondo trattino dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base, all’utilizzazione di «una serie ben definita di documenti contabili di base soggetti a revisione contabile indipendente e che siano d’applicazione in ogni caso in linea con le norme internazionali in materia di contabilità» non può essere intesa altrimenti se non nel senso che essa mira a consentire alle istituzioni di assicurarsi dell’attendibilità dei documenti contabili dell’impresa di cui trattasi.

65      Di conseguenza, la ricorrente sostiene erroneamente, in sostanza, che una siffatta condizione potrebbe essere soddisfatta sulla sola base dello svolgimento di un procedimento di verifica conforme alle norme internazionali in materia di audit, indipendentemente dalle conclusioni ivi presentate in relazione alla conformità dei conti dell’impresa di cui trattasi con le norme internazionali in materia di contabilità. Da un lato, un siffatto approccio sarebbe contrario alla finalità dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo trattino, del regolamento di base, nella misura in cui esso potrebbe comportare la concessione di uno status di SEM con riferimento ad un’impresa i cui documenti contabili non sono sufficientemente attendibili. Dall’altro, un siffatto approccio sarebbe parimenti contrario al principio di interpretazione restrittiva dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b) e c), del regolamento di base, richiamato al punto 57 supra.

66      Ne discende che il criterio giuridico che il Consiglio era tenuto ad applicare consisteva nel verificare se le prove fornite dalla ricorrente in forza dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo trattino, del regolamento di base consentissero di assicurarsi dell’attendibilità dei suoi documenti contabili. Pertanto, il Consiglio aveva l’obbligo di prendere in considerazione le conclusioni delle verifiche effettuate in relazione alla conformità dei documenti contabili alle norme internazionali in materia di contabilità.

67      Di conseguenza, il Consiglio, rilevando, al considerando 22 del regolamento impugnato, che «[l]e irregolarità rilevate dai revisori contabili per gli esercizi finanziari 2006 e 2007 erano tali da dimostrare chiaramente che la contabilità della società non era stata redatta conformemente alle norme contabili internazionali e che essa non poteva pertanto comprovare di aver soddisfatto il secondo criterio TEM», non ha commesso l’errore di diritto fatto valere dalla ricorrente.

68      Tale conclusione non può essere inficiata dal riferimento all’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base, effettuato dalla ricorrente. Esso consente alle istituzioni, nei confronti di un’impresa operante in un paese retto da un’economia di mercato, i cui costi di produzione e le spese di vendita del prodotto oggetto di un’inchiesta non si riflettono adeguatamente nei suoi documenti contabili, di adeguarli o calcolarli sulla base dei costi di altri produttori o esportatori dello stesso paese oppure, qualora tali informazioni non siano disponibili o utilizzabili, di qualsiasi altro riferimento ragionevole, comprese le informazioni tratte da altri mercati rappresentativi.

69      In sostanza, la ricorrente sembra sostenere che eventuali errori nei suoi documenti contabili non costituirebbero un ostacolo al riconoscimento dello status di SEM, dal momento che essa si verrebbe in tal caso a trovare in una situazione equivalente a quella di un’impresa di un paese retto da un’economia di mercato nei confronti della quale viene applicato l’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base.

70      Tale argomento non convince.

71      Da un lato, esso si pone in diretto contrasto con il principio di interpretazione restrittiva delle condizioni per la concessione dello status di SEM specificato nella giurisprudenza citata al punto 57 supra.

72      Dall’altro, occorre rilevare che l’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base poggia, in via principale, sul principio di un adeguamento o di una determinazione delle spese dell’impresa di cui trattasi sulla base di un confronto con quelle di altri produttori o esportatori dello stesso paese. Orbene, è giocoforza constatare che il ricorso ad un confronto all’interno di uno stesso paese è possibile unicamente nei confronti di un’impresa operante in un’economia di mercato, ed è impossibile nei confronti di un richiedente il SEM, il quale fa parte, per definizione, di un paese non retto da una siffatta economia. Pertanto, in caso di dubbio sulla realtà dei costi di un richiedente il SEM, detta domanda deve essere respinta, e il valore normale del prodotto deve essere determinato sulla base del confronto con un paese terzo retto da un economia di mercato, in conformità all’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base.

73      Occorre, pertanto, respingere la prima censura.

 Sulla censura relativa ad un manifesto errore di valutazione

74      In subordine, la ricorrente sostiene che il considerando 22 del regolamento impugnato è inficiato da un manifesto errore di valutazione, in quanto il Consiglio avrebbe sopravvalutato gli effetti della riserva associata alla relazione di audit concernente gli stati finanziari per il 2007, la quale sarebbe rimasta positiva.

75      In primo luogo, la ricorrente sostiene che il riferimento ad una «conformità» alle norme internazionali non osta alla presenza di talune riserve, le quali non incidono sull’attendibilità della maggior parte dei conti sottoposti a revisione.

76      In secondo luogo, essa rammenta di avere presentato stati finanziari per l’esercizio 2007 il 12 e il 13 marzo 2009, ossia il giorno successivo alla loro comunicazione da parte dei revisori indipendenti e tre settimane prima dell’adozione del regolamento provvisorio. A parte una riserva concernente il valore delle scorte al 31 dicembre 2006, i revisori avrebbero emesso un parere positivo, il che attesterebbe la conformità con le norme internazionali, incluse quelle contabili.

77      In terzo luogo, la ricorrente sostiene, in sostanza, che per i revisori non era possibile, nella relazione di audit per il 2007, emettere un parere senza riserva, dal momento che gli stati finanziari per l’esercizio del 2007 vengono effettuati facendo riferimento alla chiusura dell’esercizio 2006, in relazione al quale era stato emesso un parere negativo. Essa fa valere che un giudizio con riserva facente seguito ad un giudizio negativo costituisce il riconoscimento della realizzazione di seri progressi nella presentazione dei conti e implica che essi, nella loro stragrande maggioranza, non siano interessati dalla riserva e siano conformi alle norme internazionali. La ricorrente ricorda, a tal riguardo, che un parere con riserva può essere emesso solo se la riserva non riveste un’importanza tale da rimettere in discussione il principio di un parere positivo e non riguarda un numero significativo di elementi contenuti negli stati finanziari. Pertanto, sarebbe manifestamente erroneo, da parte del Consiglio, ritenere che la riserva relativa alla valorizzazione delle scorte abbia avuto un’incidenza sui costi durante il periodo d’inchiesta, incidenza la quale, inoltre, sarebbe sufficientemente significativa da far ritenere che i conti non siano conformi alle norme internazionali.

78      In quarto luogo, la ricorrente addebita alle istituzioni di aver omesso di prendere in considerazione la chiusura della sua fabbrica per quasi tre anni fra il 2004 e il 2006 al fine di procedere ad una sostituzione o ad una modernizzazione delle sue attrezzature; ciò ha inciso sulla sua contabilità per l’esercizio 2006. Essa sostiene di essersi adoperata e di essere riuscita successivamente a quantificare e a rettificare i difetti rilevati in relazione a tale esercizio, il che spiega il ritardo nella presentazione della relazione di audit per il 2007. Essa afferma che sarebbe irragionevole chiederle di rettificare tutti gli errori relativi all’esercizio 2006. Nella replica, essa fa valere che le distorsioni concernenti la valutazione e il riporto degli inventari erano già corrette nella relazione di audit per il 2007 e che le riserve non potevano ripetersi nella relazione di audit per il 2008.

79      In via preliminare, il Tribunale rileva che la presente censura verte sull’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo trattino, del regolamento di base alle circostanze del caso di specie, e che la portata del controllo esercitato deve prendere in considerazione l’ampio potere discrezionale riconosciuto alle istituzioni nell’ambito delle misure di difesa commerciale, a causa della complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che devono esaminare (v. sentenza del 18 marzo 2009, Shanghai Excell M&E Enterprise e Shanghai Adeptech Precision/Consiglio, T‑299/05, EU:T:2009:72, punto 79 e la giurisprudenza ivi citata).

80      Ne discende che il sindacato del giudice dell’Unione sulle valutazioni delle istituzioni deve essere limitato alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati nell’operare la scelta contestata, dell’assenza di errore manifesto nella valutazione di detti fatti o dell’assenza di sviamento di potere (v. sentenza del 18 marzo 2009, Shanghai Excell M&E Enterprise e Shanghai Adeptech Precision/Consiglio, T‑299/05, EU:T:2009:72, punto 80 e la giurisprudenza ivi citata).

81      Tuttavia, occorre ricordare che, sebbene negli ambiti che richiedono valutazioni economiche complesse la Commissione disponga di potere discrezionale in materia economica, il giudice dell’Unione non deve per ciò stesso astenersi dal controllare l’interpretazione, da parte delle istituzioni, dei dati di natura economica. Infatti, il giudice dell’Unione è tenuto, in particolare, a verificare non solo l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se essi siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono (sentenza del 29 gennaio 2014, Hubei Xinyegang Steel/Consiglio, T‑528/09, EU:T:2014:35, punto 53).

82      Infine, va sottolineato che l’onere della prova incombe al produttore esportatore che desidera valersi del SEM. Infatti, l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base prevede che la domanda «deve (…) contenere prove sufficienti». Pertanto, non incombe alle istituzioni dell’Unione dimostrare che il produttore esportatore non soddisfa le condizioni previste per beneficiare di detto status. Per contro, compete alle istituzioni dell’Unione valutare se gli elementi forniti dal produttore esportatore siano sufficienti per dimostrare che i criteri enunciati all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base sono soddisfatti e al giudice dell’Unione verificare se tale valutazione non sia viziata da un errore manifesto (v. sentenza del 18 marzo 2009, Shanghai Excell M&E Enterprise e Shanghai Adeptech Precision/Consiglio, T‑299/05, EU:T:2009:72, punto 83 e la giurisprudenza ivi citata).

83      Alla luce delle considerazioni che precedono, la censura in esame implica di verificare se il Consiglio non sia incorso in un manifesto errore di valutazione allorché ha ritenuto, in sostanza, che gli inadempimenti rilevati dai revisori non consentissero di accertarsi dell’attendibilità della contabilità della ricorrente.

84      In primo luogo, occorre rilevare che il periodo d’inchiesta era compreso fra il 1° luglio 2007 e il 30 giugno 2008, e che la ricorrente è stata unicamente in grado di presentare una relazione di audit per una parte di tale periodo, ossia per il 2007.

85      In secondo luogo, si evince dal fascicolo che la relazione di audit per il 2007 includeva una riserva giustificata dalla seguente considerazione: «[l]a società ha individuato un certo numero di differenze fra i conti relativi all’inventario fisico e i registri contabili al 31 dicembre 2006, ma non è stata in grado di risolvere in maniera soddisfacente dette differenze a tale data[; c]i è stato impossibile assicurarci di tali quantità di inventario attraverso altri procedimenti di verifica[; d]i conseguenza, non abbiamo potuto stabilire se fosse necessario apportare adeguamenti agli inventari al 31 dicembre 2006, nonché al costo delle vendite e alle perdite nette per gli esercizi chiusi il 31 dicembre 2006 e 2007». Ciò ha condotto alla formulazione della seguente riserva nel parere positivo fornito dai revisori: «[a] nostro avviso, fatti salvi gli effetti di tali adeguamenti sulle cifre attuali, nonché sulle cifre corrispondenti, adeguamenti che avrebbero potuto, se del caso, essere reputati necessari qualora fosse stato possibile ottenere dati probatori sufficienti ed adeguati descritti negli elementi a sostegno del parere con riserva, gli stati finanziari presentano fedelmente, in tutti i loro aspetti significativi, la situazione finanziaria della società al 31 dicembre 2007, nonché i suoi risultati finanziari e i suoi flussi di cassa per l’esercizio chiuso a tale data, in conformità ai principi internazionali d’informativa finanziaria».

86      La riserva verteva, dunque, su tre elementi: l’inventario delle scorte al 31 dicembre 2006, il costo delle vendite e le perdite nette per gli anni 2006 e 2007.

87      In terzo luogo, è vero che la ricorrente ha osservato correttamente che si evince dalla sezione (m) di detta relazione di audit che nel corso dell’esercizio 2007 sono stati effettuati sforzi per rettificare gli errori individuati nella relazione di audit per il 2006. Tuttavia, la sezione (m) della relazione di audit non può essere letta indipendentemente dalla riserva espressa dai revisori. Ne risulta che, anche se la ricorrente ha proceduto ad una rivalutazione di taluni dati erronei nel 2006 (fra cui il valore delle attrezzature e delle scorte), l’affidabilità di tali rettifiche resta incerta.

88      A tal riguardo, è giocoforza constatare che la ricorrente riconosce essa stessa, nelle sue memorie, il carattere incompleto della rivalutazione alla quale essa ha proceduto, dal momento che essa sostiene nella replica che «[r]ettificare, nel corso dell’inchiesta antidumping, ogni singolo errore materiale figurante nei conti dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2006 e rilevato dai revisori avrebbe dunque rappresentato per la [su]a dirigenza un onere irragionevole».

89      In quarto luogo, risulta da quanto precede che gli elementi forniti dalla ricorrente, sulla quale grava l’onere della prova del soddisfacimento delle condizioni previste dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base, in applicazione della giurisprudenza citata al punto 82 supra, non consentivano alle istituzioni di assicurarsi della realtà dei conti della ricorrente in relazione a tre elementi: l’inventario delle scorte al 31 dicembre 2006, il costo delle vendite e le perdite nette per gli anni 2006 e 2007.

90      Orbene, da un lato, non si può ragionevolmente negare che tali elementi riguardano spese della ricorrente in grado di incidere sulla determinazione del valore normale del suo prodotto.

91      Dall’altro, ne risulta necessariamente che i documenti contabili della ricorrente non consentivano alle istituzioni di determinare detto valore normale in forza del metodo previsto all’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base.

92      Pertanto, il Consiglio non ha commesso il manifesto errore di valutazione fatto valere allorché ha ritenuto che la ricorrente non avesse dimostrato che le condizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo trattino, del regolamento di base, erano soddisfatte.

93      Alla luce di quanto precede, occorre respingere la seconda censura e, di conseguenza, la prima parte del motivo in toto. Per le ragioni illustrate al punto 43 supra, tale conclusione è sufficiente a respingere il presente motivo senza che occorra esaminare la sua seconda parte.

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento di base e ad un difetto di motivazione

94      Con tale motivo, la ricorrente addebita al Consiglio di aver violato l’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento di base, procedendo ad un cumulo delle importazioni provenienti dall’Armenia con quelle provenienti dal Brasile e dalla RPC.

95      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, chiede il rigetto del presente motivo.

96      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento di base, «[s]e le importazioni di un prodotto da più di un paese sono simultaneamente oggetto di inchieste antidumping, gli effetti di tali importazioni possono essere valutati cumulativamente solo se è accertato che a) il margine di dumping stabilito per le importazioni da ciascun paese è superiore a quello minimo definito all’articolo 9, paragrafo 3 e il volume delle importazioni da ciascun paese non è trascurabile e che b) la valutazione cumulativa degli effetti delle importazioni oggetto di dumping è opportuna alla luce delle condizioni della concorrenza tra i prodotti importati e tra questi ultimi e il prodotto comunitario simile».

97      Ai considerando da 55 a 57 del regolamento impugnato, il Consiglio ha respinto l’argomentazione della ricorrente relativa al fatto che le importazioni dall’Armenia non dovrebbero essere cumulate con quelle provenienti dal Brasile e dalla RPC nei seguenti termini:

«(55)          Dopo la divulgazione delle conclusioni provvisorie il produttore esportatore armeno ha affermato che le importazioni dall’Armenia non dovevano essere cumulate con le altre importazioni ai fini dell’analisi del pregiudizio dati i modesti volumi importati, la scarsa quota di mercato dell’Armenia, la tendenza alla stagnazione delle importazioni e le differenze di qualità presumibilmente significative tra il prodotto esportato dall’Armenia e quelli esportati dal Brasile e dalla RPC.

(56)               Questa obiezione non ha potuto essere accolta in quanto si è accertato il rispetto di tutte le condizioni necessarie per una valutazione cumulativa conformemente all’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento di base:

–        [c]ome stabilito a titolo provvisorio e come confermato dianzi ai considerando 38 e 39, il margine di dumping stabilito per l’Armenia era superiore alla soglia de minimis, conformemente all’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento di base.

–        Il volume delle importazioni dall’Armenia non era trascurabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 7, del regolamento di base, in quanto, come risulta dal considerando 96 (tabella 4) del regolamento provvisorio, la quota di mercato di tale paese era pari al 5,26%[; i]noltre, si è constatato che le importazioni dall’Armenia hanno registrato una notevole crescita tra il 2006 e la fine del PI, nonostante la reintroduzione delle importazioni dalla RPC e il volume considerevole delle importazioni dal Brasile durante il periodo in esame.

–        Per quanto riguarda le condizioni di concorrenza tra i prodotti importati dai paesi interessati e, in particolare, per quanto riguarda le obiezioni sollevate relativamente alle significative differenze di qualità tra i prodotti importati, di cui al considerando 52, si è constatato che i prodotti provenienti dall’Armenia presentano le stesse caratteristiche fisiche e tecniche di base e sono stati destinati agli stessi usi essenziali, a prescindere dalla loro qualità specifica[; s]i osserva, inoltre, che questo produttore esportatore ha annunciato la sua intenzione di riorientare la sua produzione verso fogli di alluminio di qualità ancora superiore, destinati alla trasformazione; ciò significa che l’argomentazione riguardante la qualità presumibilmente mediocre dei prodotti fabbricati potrebbe essere esagerata.

(57)               Le obiezioni sollevate a tale riguardo dal produttore esportatore armeno non sono state pertanto accolte».

98      Inoltre, il considerando 52 del regolamento impugnato, relativo alla confutazione di argomenti presentati da un produttore esportatore brasiliano, ma al quale rinvia il considerando 56, terzo trattino, così recita: «[p]er quanto riguarda la prima affermazione, vale a dire la differenza tra le norme di qualità, l’inchiesta ha rivelato che, nonostante le differenze di qualità, il mercato dei fogli di alluminio era determinato principalmente dai prezzi e che le differenze di qualità hanno avuto soltanto un ruolo secondario nella scelta di un fornitore[; t]ali conclusioni sono state confermate dagli importatori che hanno collaborato e dagli utilizzatori interessati[; l]’obiezione infondata del produttore esportatore brasiliano, ossia che il mercato dei fogli di alluminio era ripartito in diversi segmenti a seconda della qualità dei prodotti, non ha potuto essere confermata nel quadro della presente inchiesta e l’asserzione al riguardo ha dovuto essere respinta».

99      Il Tribunale ritiene che l’argomento presentato dalla ricorrente nell’ambito del presente motivo possa essere diviso in due parti, a seconda che sia contestata la valutazione delle condizioni figuranti, da un lato, all’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), del regolamento di base, relative al carattere non trascurabile delle importazioni oggetto di un cumulo e, dall’altro, all’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), del regolamento di base, concernente l’esame delle condizioni di concorrenza. Nell’ambito di questa seconda parte verrà esaminata, segnatamente, la contestazione, da parte della ricorrente, del carattere insufficientemente motivato del regolamento impugnato per quanto attiene all’applicazione di detto articolo 3, paragrafo 4, lettera b).

 Sulla prima parte, relativa alla condizione concernente il carattere non trascurabile delle importazioni oggetto di un cumulo

100    La ricorrente fa valere, in sostanza, cinque censure relative alla valutazione, da parte del Consiglio, del carattere non trascurabile delle importazioni oggetto di cumulo.

101    La prima censura verte sull’interpretazione della condizione che impone che il volume delle importazioni provenienti da ciascun paese di cui all’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), del regolamento di base non sia trascurabile. La ricorrente addebita al Consiglio di avere erroneamente preso in considerazione il criterio della quota di mercato dell’1% di cui all’articolo 5, paragrafo 7, del regolamento di base, al fine di valutare il carattere trascurabile delle importazioni ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), di questo stesso regolamento. Da un lato, la ricorrente osserva che l’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento di base non effettua alcun rinvio all’articolo 5, paragrafo 7, di questo stesso regolamento. Dall’altro, essa sostiene, in sostanza, che il livello debole di importazione non ha lo stesso effetto in queste due disposizioni. Mentre esso comporterebbe la cessazione del procedimento nel caso dell’articolo 5, paragrafo 7, del regolamento di base, ciò non avverrebbe necessariamente ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 4, lettera a). La ricorrente osserva, inoltre, che, per quanto riguarda l’interpretazione del regolamento di base, il Consiglio non può invocare il beneficio di un qualsivoglia potere discrezionale.

102    In via preliminare, occorre rilevare che il Consiglio, al considerando 56, secondo trattino, del regolamento impugnato, al fine di qualificare le importazioni della ricorrente come «non trascurabili», non ha proceduto ad una valutazione intrinseca dell’entità di dette importazioni, ma si è fondato sull’interpretazione del combinato disposto dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), del regolamento di base, da un lato, e dell’articolo 5, paragrafo 7, di questo stesso regolamento, dall’altro.

103    Si evince dalla giurisprudenza che l’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), del regolamento di base è stato interpretato nel senso che esso consente di tener conto delle importazioni provenienti da un determinato paese, nel caso di un cumulo, soltanto se esse provengono da un produttore esportatore la cui pratica di dumping sia stata accertata (sentenza del 28 ottobre 2004, Shanghai Teraoka Electronic/Consiglio, T‑35/01, EU:T:2004:317, punto 161). Ne consegue che l’obiettivo di tale disposizione consiste nell’evitare che venga effettuata una valutazione cumulativa degli effetti delle importazioni includendo un paese le cui importazioni del produttore esportatore di cui trattasi non sono all’origine di un dumping, o perché il margine di dumping è inferiore al livello minimo o perché i volumi di importazione sono trascurabili.

104    Orbene, è giocoforza constatare che l’articolo 5, paragrafo 7, del regolamento di base, nella parte in cui precisa che non «vengono avviati procedimenti contro paesi le cui importazioni rappresentano una quota di mercato inferiore all’1%, a meno che tali paesi complessivamente rappresentino una quota pari o superiore al 3% del consumo comunitario», mira appunto a chiarire le circostanze nelle quali la quota delle importazioni nel consumo dell’Unione è troppo esigua per potere ritenere che tali importazioni siano all’origine di un dumping.

105    Sussiste pertanto un rapporto di complementarietà fra le due disposizioni, cosicché il Consiglio non è incorso nell’errore di diritto fatto valere dalla ricorrente allorché ha preso in considerazione la soglia dell’1% menzionata all’articolo 5, paragrafo 7, del regolamento di base al fine di interpretare il requisito attinente al carattere non trascurabile delle importazioni figurante all’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), del regolamento di base.

106    La prima censura dev’essere, pertanto, respinta.

107    La seconda censura poggia su un confronto con la qualificazione, effettuata dal Consiglio, delle importazioni provenienti dalla Russia. Ad esso viene addebitato di avere ritenuto che le importazioni provenienti dall’Armenia avessero un’incidenza significativa sul mercato, mentre quelle provenienti dalla Russia, di un livello tuttavia superiore, sarebbero state considerate limitate e prive di effetto negativo sulla situazione dell’industria dell’Unione.

108    È giocoforza constatare che la ricorrente non fornisce una qualificazione giuridica di tale censura.

109    Nel caso in cui la presente censura venisse invocata al fine di dimostrare che le istituzioni hanno erroneamente ritenuto che le importazioni della ricorrente fossero non trascurabili ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), del regolamento di base, essa dovrebbe essere immediatamente respinta, nella misura in cui è stato concluso, ai punti da 103 a 105 supra, che l’interpretazione dell’espressione «non trascurabile» alla luce dell’articolo 5, paragrafo 7, del regolamento di base non era affatto errata.

110    Nel caso in cui la presente censura dovesse essere intesa nel senso che essa fa valere, in sostanza, una violazione del principio di parità di trattamento a scapito della ricorrente, essa non deve parimenti essere accolta. Senza che sia necessario verificare se le importazioni russe e armene si trovino in situazioni paragonabili, è sufficiente ricordare che il rispetto del principio di parità di trattamento deve essere conciliato con quello del principio di legalità; ciò implica che nessuno può invocare a proprio vantaggio un illecito commesso a favore di altri (v. sentenza del 14 aprile 2011, Visa Europe e Visa International Service/Commissione, T‑461/07, EU:T:2011:181, punto 219 e la giurisprudenza ivi citata). Pertanto, anche ammesso che il Consiglio abbia erroneamente qualificato come limitate le importazioni russe, un siffatto errore non inciderebbe sulla fondatezza della qualificazione delle importazioni armene come «non trascurabili».

111    Anche la seconda censura, pertanto, dev’essere respinta.

112    La terza, la quarta e la quinta censura vertono sulla scelta del periodo preso in considerazione ai fini della valutazione del carattere trascurabile o meno delle importazioni della ricorrente.

113    Con la terza censura al Consiglio viene addebitato di avere determinato il volume delle importazioni della ricorrente sulla base del solo periodo di inchiesta (dal luglio 2007 al giugno 2008), piuttosto che sulla base del periodo in esame (dal gennaio 2005 al giugno 2008). Si sostiene, in sostanza, che il solo periodo di inchiesta non è, nei confronti della ricorrente, rappresentativo, nella misura in cui esso non tiene conto degli effetti della chiusura completa delle sue attività fra il 2004 e il 2006. Pertanto, esso non rifletterebbe l’assenza di importazioni armene fino alla fine del 2006 e, in sostanza, sfocerebbe in una presentazione distorta delle importazioni. La considerazione del volume delle esportazioni durante il periodo in esame sarebbe bastata a dimostrare il carattere trascurabile delle sue importazioni. Essa aggiunge che la sola considerazione delle importazioni nel corso del periodo di inchiesta non è sufficiente per accertare il pregiudizio ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di base. La ricorrente sostiene parimenti, in sostanza, che l’analisi del Consiglio è contraddittoria, dal momento che esso, omettendo al contempo di tenere conto degli effetti della chiusura della fabbrica della ricorrente nel calcolo della media delle importazioni, ha fatto riferimento ad un aumento delle importazioni causato da detto periodo di chiusura.

114    Il regolamento impugnato, al suo considerando 3, opera una distinzione fra il periodo dell’inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio (fra il 1° luglio 2007 e il 30 giugno 2008), da un lato, e il periodo in esame, il quale verte sull’analisi delle tendenze utili per la valutazione del pregiudizio (fra il 1° gennaio 2005 e il 30 giugno 2008).

115    Al considerando 56, secondo trattino, del regolamento impugnato, il Consiglio ha preso in considerazione il volume delle importazioni dall’Armenia durante il periodo d’inchiesta (ossia il 5,26%) per ritenere che esso non fosse trascurabile. Il Consiglio ha parimenti constatato che le importazioni dall’Armenia avevano registrato una notevole crescita tra il 2006 e la fine del periodo d’inchiesta, nonostante la reintroduzione delle importazioni dalla RPC e il volume considerevole delle importazioni dal Brasile durante il periodo in esame.

116    Pertanto, per fondare la sua conclusione quanto al carattere non trascurabile delle importazioni, il Consiglio si è fondato, da un lato, sul volume delle importazioni della ricorrente durante il periodo d’inchiesta e, dall’altro, sull’evoluzione delle importazioni su una base temporale più ampia, quella del periodo in esame.

117    Nella misura in cui si evince dai punti da 104 a 105 supra, che la constatazione, rilevata al considerando 56, secondo trattino, del regolamento impugnato, dell’esistenza di una quota di mercato del 5,26% è sufficiente di per sé a dimostrare il carattere non trascurabile delle importazioni della ricorrente, il Tribunale ritiene che sia sufficiente verificare se il Consiglio non sia incorso in un manifesto errore di valutazione allorché ha stabilito detta quota di mercato fondandosi esclusivamente sui dati concernenti il periodo d’inchiesta che va dal 1° luglio 2007 al 30 giugno 2008.

118    Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento di base, «[d]opo l’apertura del procedimento, la Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, inizia l’inchiesta a livello comunitario[; l]’inchiesta riguarda tanto le pratiche di dumping quanto il pregiudizio, i cui aspetti sono esaminati simultaneamente[; a]i fini di una conclusione rappresentativa, viene scelto un periodo dell’inchiesta che per il dumping riguarda normalmente un periodo non inferiore ai sei mesi immediatamente precedenti l’inizio del procedimento».

119    Si evince dalla giurisprudenza che l’inchiesta deve essere condotta sulla base di informazioni il più possibile attuali, allo scopo di fissare dazi antidumping idonei a proteggere l’industria dell’Unione dalle pratiche di dumping (sentenze del 3 ottobre 2000, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, C‑458/98 P, EU:C:2000:531, punto 92, e del 28 gennaio 2016, CM Eurologistik e GLS, C‑283/14 e C‑284/14, EU:C:2016:57, punto 66).

120    Discende parimenti dalla giurisprudenza che il Consiglio può determinare il danno subìto dall’industria dell’Unione su di un periodo più lungo di quello di cui ha tenuto conto l’indagine sulla sussistenza di pratiche di dumping (v., in tal senso, sentenza del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio, C‑69/89, EU:C:1991:186, punto 87), grazie all’esame delle tendenze utili alla valutazione del pregiudizio nell’ambito del periodo in esame.

121    È nell’ambito di tale periodo più lungo che la ricorrente ritiene che il carattere non trascurabile delle sue importazioni avrebbe dovuto essere valutato.

122    È sufficiente sottolineare, a tal riguardo, che il Consiglio ha correttamente replicato che ciò avrebbe portato a fornire un’immagine falsata del volume reale delle esportazioni nell’Unione, in quanto, in tal caso, sarebbe stato preso in considerazione un periodo di chiusura della fabbrica della ricorrente in relazione al quale non si può ritenere che esso rifletta la realtà della sua attività di produzione e di esportazione.

123    Pertanto, determinando il carattere non trascurabile delle importazioni della ricorrente sulla base dei dati relativi al solo periodo d’inchiesta piuttosto che al periodo in esame, il Consiglio non ha commesso il manifesto errore di valutazione fatto valere dalla ricorrente.

124    Tale conclusione non è inficiata dall’argomento della ricorrente, figurante nella replica, relativo all’obbligo delle istituzioni di procedere ad un esame obiettivo ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di base. Senza che sia necessario interrogarsi sulla ricevibilità di tale argomento, contestata dal Consiglio, è sufficiente sottolineare che la mancata considerazione di un periodo che non riflette l’attività normale della ricorrente è in linea con la raccolta di dati il più possibile attuali e, pertanto, è conforme alla logica dell’esame obiettivo al quale l’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di base si riferisce.

125    Pertanto, la terza censura dev’essere respinta.

126    Nell’ambito della quarta censura, la ricorrente fa valere che le sue importazioni sono state analizzate su un periodo di 18 mesi, mentre quelle degli altri paesi esportatori lo sono state su un periodo di 42 mesi; ciò costituirebbe un trattamento discriminatorio nei suoi confronti.

127    Tuttavia, è giocoforza constatare che una siffatta censura è infondata in fatto. Si evince dal considerando 93, secondo trattino, del regolamento provvisorio, al quale il considerando 58 del regolamento impugnato rimanda, che i volumi delle importazioni sia dall’Armenia sia dal Brasile e dalla RPC sono stati determinati sulla stessa base temporale, ossia il periodo d’inchiesta.

128    Con la quinta censura la ricorrente addebita al Consiglio di non avere tenuto conto dei volumi di importazione successivi al periodo d’inchiesta. Essa rammenta che le vendite da essa realizzate nel 2008 nell’Unione hanno iniziato a mostrare una tendenza al ribasso significativa, la quale si è mantenuta dopo la fine del periodo di inchiesta. Essa sostiene che la considerazione dei volumi di importazione successivi al periodo di inchiesta risponde all’intento di tenere conto dei dati il più possibile recenti e che, poiché l’inizio del loro calo precedeva di due mesi l’apertura del procedimento amministrativo, esso non può essere stato causato da detta apertura.

129    Come il Tribunale ha già avuto occasione di sottolineare, il periodo di inchiesta e il divieto di prendere in considerazione elementi posteriori allo stesso mirano a garantire che i risultati dell’inchiesta siano rappresentativi ed attendibili, assicurando che gli elementi sui quali si fonda l’accertamento del dumping e del danno non siano influenzati dal comportamento dei produttori interessati successivo all’apertura del procedimento antidumping e, quindi, che il dazio definitivo imposto all’esito del procedimento sia idoneo a porre effettivo rimedio al danno risultante dal dumping (v. sentenza del 17 dicembre 2008, HEG e Graphite India/Consiglio, T‑462/04, EU:T:2008:586, punto 66 e la giurisprudenza ivi citata).

130    Si aggiunga che, impiegando il termine «normalmente», l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento di base ammette eccezioni al divieto di prendere in considerazione informazioni relative a un periodo successivo a quello dell’inchiesta. Riguardo a circostanze favorevoli alle imprese interessate dall’inchiesta, è stato affermato che non competeva alle istituzioni dell’Unione prendere in considerazione elementi che si riferiscono a un periodo successivo a quello dell’inchiesta, salvo che detti elementi non rivelino nuovi sviluppi che rendano manifestamente inadeguata la prevista istituzione di un dazio antidumping. Se, per contro, taluni elementi relativi a un periodo successivo a quello dell’inchiesta, riflettendo il comportamento attuale delle imprese interessate, giustificassero l’imposizione ovvero l’aumento di un dazio antidumping, sulla base di quanto precede si dovrebbe necessariamente rilevare che le istituzioni hanno il diritto, se non l’obbligo, di tenerne conto (v. sentenza del 17 dicembre 2008, HEG e Graphite India/Consiglio, T‑462/04, EU:T:2008:586, punto 67 e la giurisprudenza ivi citata).

131    Nei suoi commenti sulla divulgazione delle conclusioni provvisorie, la ricorrente ha messo in evidenza un grafico di statistiche di importazione da parte dell’ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat), la cui lettura fa emergere un calo delle sue importazioni fra il marzo e l’aprile del 2008, e poi la stabilizzazione di tali importazioni fino alla fine del periodo oggetto di studio, ossia il gennaio 2009.

132    È vero che si evince da tale documento che il calo delle importazioni è avvenuto principalmente fra l’aprile e il maggio del 2008, anteriormente non solo all’apertura del procedimento antidumping da parte della Commissione (il 12 luglio 2008), ma anche alla denuncia dell’industria dell’Unione stessa (il 28 maggio 2008); ciò potrebbe significare che detto calo non trova la sua origine nell’apertura dell’inchiesta antidumping.

133    Tuttavia, occorre rilevare che la giurisprudenza menzionata al punto 130 supra contempla, per quanto riguarda le circostanze favorevoli alle imprese interessate dall’inchiesta, la considerazione di elementi che si riferiscono ad un periodo successivo a quello dell’inchiesta solo nel caso in cui essi rendano manifestamente inadeguata la prevista istituzione di un dazio antidumping.

134    Orbene, è giocoforza constatare che l’anteriorità del calo delle importazioni rispetto all’apertura del procedimento è estremamente relativa, in quanto detto calo è in realtà pressoché contestuale alla denuncia dell’industria dell’Unione e che, pertanto, non può escludersi che esista un rapporto di causalità fra questi due eventi. Inoltre, l’esistenza di tale procedimento ha potuto influenzare il comportamento della ricorrente, spingendola a mantenere un livello di importazione relativamente basso, fino alla chiusura del procedimento antidumping. La giustificazione basata sul possibile comportamento della ricorrente a causa dell’apertura di un’inchiesta antidumping non è pertanto manifestamente priva di rilevanza.

135    Il Consiglio non ha dunque commesso un errore manifesto nel rifiutare implicitamente di prendere in considerazione i volumi di importazione successivi al periodo di inchiesta.

136    Di conseguenza, occorre respingere la quinta censura e la prima parte del motivo in toto.

 Sulla seconda parte, relativa alla valutazione delle condizioni di concorrenza

137    L’argomento figurante nella presente parte del motivo può essere suddiviso in tre censure, a seconda che la ricorrente critichi, in primo luogo, la motivazione del regolamento impugnato in relazione all’applicazione dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), del regolamento di base; in secondo luogo, l’applicazione di criteri non rilevanti e, in terzo luogo, un manifesto errore di valutazione in sede di applicazione di tale disposizione alle circostanze del caso di specie.

138    Per quanto riguarda la prima censura, la ricorrente critica la motivazione del regolamento impugnato in relazione alla confutazione degli elementi di prova da essa addotti al fine di dimostrare che la cattiva qualità del suo prodotto l’avrebbe collocata in condizioni di concorrenza diverse da quelle degli importatori dal Brasile e dalla RPC, da un lato, e dei produttori dell’Unione, dall’altro. Essa osserva, a tal riguardo, che il Consiglio si è limitato a mettere in evidenza la sua intenzione di riorientare la propria produzione verso fogli di alluminio di qualità ancora superiore, destinati alla trasformazione.

139    Si evince da una giurisprudenza costante che la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione dell’Unione da cui promana l’atto impugnato, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato per difendere i propri diritti e permettere al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo (v. sentenza dell’11 luglio 2013, Hangzhou Duralamp Electronics/Consiglio, T‑459/07, non pubblicata, EU:T:2013:369, punto 86 e la giurisprudenza ivi citata).

140    Non è necessario che la motivazione specifichi tutti gli aspetti di fatto o di diritti pertinenti, in quanto le esigenze di motivazione devono essere valutate alla luce non solo del testo dell’atto, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia. È sufficiente che il Consiglio esponga i fatti e le considerazioni giuridiche che hanno un ruolo essenziale nell’economia del regolamento (v. sentenza dell’11 luglio 2013, Hangzhou Duralamp Electronics/Consiglio, T‑459/07, non pubblicata, EU:T:2013:369, punto 87 e la giurisprudenza ivi citata).

141    In particolare, le istituzioni non sono obbligate a prendere posizione su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere dinanzi ad esse, ma è sufficiente esporre i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell’economia della decisione (v. sentenza del 16 dicembre 2015, VTZ e a./Consiglio, T‑108/13, non pubblicata, EU:T:2015:980, punto 157 e la giurisprudenza ivi citata).

142    In primo luogo, occorre rilevare che il combinato disposto del considerando 52 e del considerando 56, terzo trattino, del regolamento impugnato fa apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dal Consiglio in relazione al rispetto della condizione figurante all’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), del regolamento di base. Ne emergono, in sostanza, tre elementi: anzitutto, l’importanza della dimensione prezzo nella concorrenza sul mercato dei fogli di alluminio e il ruolo debole svolto dalle differenze di qualità (considerando 52); inoltre, la constatazione che i prodotti della ricorrente presentavano le stesse caratteristiche fisiche e tecniche di base e che sono stati destinati agli stessi usi essenziali, a prescindere dalla loro qualità specifica (considerando 56, terzo trattino) e, infine, l’intenzione annunciata dalla ricorrente di riorientare la sua produzione verso fogli di alluminio di qualità ancora superiore, destinati alla trasformazione; ciò significherebbe che l’argomento riguardante la qualità presumibilmente mediocre dei prodotti fabbricati potrebbe essere esagerato (considerando 56, terzo trattino). Tale aspetto della motivazione del regolamento impugnato è pertanto conforme ai requisiti specificati al punto 139 supra.

143    In secondo luogo e di conseguenza, in applicazione della giurisprudenza citata ai punti 140 e 141 supra, occorre ritenere che tali motivi, enunciati al considerando 52 e al considerando 56, terzo trattino, del regolamento impugnato, relativi al rispetto della condizione figurante all’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), del regolamento di base, siano sufficienti a soddisfare i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE per quanto attiene a siffatto aspetto del suo ragionamento, senza che il Consiglio fosse tenuto a prendere esplicitamente posizione sui diversi elementi di prova addotti dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo.

144    La prima censura dev’essere, pertanto, respinta.

145    Nell’ambito di una seconda censura, la ricorrente sostiene che il regolamento impugnato è inficiato da un manifesto errore di valutazione nella parte in cui il suo argomento relativo alle condizioni di concorrenza è stato respinto sulla base di un motivo non rilevante. La constatazione figurante al considerando 56, terzo trattino, del regolamento impugnato – relativa al fatto che i prodotti provenienti dall’Armenia presentavano le stesse caratteristiche fisiche e tecniche di base e sarebbero stati destinati agli stessi usi essenziali, a prescindere dalla loro qualità specifica – sarebbe rilevante solo in relazione alla determinazione dei prodotti simili e interessati, in forza dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di base, e non al fine di valutare le condizioni di concorrenza, in forza dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), di questo stesso regolamento.

146    Occorre ricordare che, al considerando 56 del regolamento impugnato, il Consiglio ha constatato «che i prodotti provenienti dall’Armenia presentano le stesse caratteristiche fisiche e tecniche di base e sono stati destinati agli stessi usi essenziali, a prescindere dalla loro qualità specifica». La ricorrente ritiene che si sia in presenza, in tal caso, di criteri rilevanti nell’ambito dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di base, concernente la determinazione del prodotto simile, ma non nell’ambito dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), di tale regolamento.

147    In tal senso, tramite la presente censura, la ricorrente addebita al Consiglio di avere applicato criteri non rilevanti in sede di valutazione delle condizioni della concorrenza ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), del regolamento di base. È pertanto un eventuale errore di diritto del Consiglio ad essere in discussione, e non, come sembra affermare la ricorrente, l’esistenza di un manifesto errore di valutazione.

148    Al punto 103 supra, è stato ricordato che l’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), del regolamento di base è stato interpretato dal Tribunale nel senso che esso implica che una valutazione cumulativa degli effetti delle importazioni non può essere effettuata includendo un paese le cui importazioni del produttore esportatore di cui trattasi non sono all’origine di un dumping, o perché il margine di dumping è inferiore al livello minimo o perché i volumi di importazione sono trascurabili.

149    È giocoforza constatare che un approccio equivalente deve essere privilegiato nell’ambito dell’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), del regolamento di base. In tal senso, il riferimento all’opportunità di una valutazione cumulativa «degli effetti delle importazioni (…) alla luce delle condizioni della concorrenza tra i prodotti importati» deve essere inteso nel senso che esso mira ad evitare che non vengano cumulati gli effetti delle importazioni di prodotti che non sono sufficientemente in concorrenza fra loro per essere all’origine di uno stesso danno subìto dall’industria dell’Unione. Analogamente, la menzione dell’opportunità di una valutazione cumulativa «delle condizioni della concorrenza tra i prodotti importati e tra questi ultimi e il prodotto comunitario simile» deve essere intesa nel senso che essa mira ad evitare che importazioni caratterizzate da un grado di concorrenza insufficiente con il prodotto proveniente dall’industria dell’Unione e che, pertanto, non possono essere all’origine di un pregiudizio per quest’ultima possano essere oggetto di una valutazione cumulativa con altre importazioni.

150    Il Consiglio non ha pertanto commesso un errore di diritto allorché ha applicato criteri equivalenti a quelli rilevanti per la determinazione del prodotto simile ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di base, dal momento che essi mirano, in sostanza, ad assicurarsi dell’esistenza di un grado di concorrenza sufficiente fra il prodotto interessato e il prodotto simile.

151    Infatti, l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di base definisce il prodotto simile come «un prodotto identico, vale a dire simile sotto tutti gli aspetti al prodotto considerato oppure, in mancanza di un tale prodotto, un altro prodotto che, pur non essendo simile sotto tutti gli aspetti, abbia caratteristiche molto somiglianti a quelle del prodotto considerato». Secondo giurisprudenza costante, la definizione del prodotto in esame nell’ambito di un’inchiesta antidumping ha l’obiettivo di agevolare l’elaborazione dell’elenco dei prodotti che, se del caso, saranno assoggettati ai dazi antidumping. Ai fini di questa operazione le istituzioni possono tener conto di vari fattori, quali le caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche dei prodotti, il loro uso, la loro intercambiabilità, la percezione che ne ha il consumatore, i canali di distribuzione, il processo di fabbricazione, i costi di produzione e la qualità [sentenza del 10 ottobre 2012, Gem‑Year e Jinn-Well Auto-Parts (Zhejiang)/Consiglio, T‑172/09, non pubblicata, EU:T:2012:532, punto 59 e la giurisprudenza ivi citata].

152    Risulta da quanto precede che il Consiglio, tenendo conto della circostanza «che i prodotti provenienti dall’Armenia presentano le stesse caratteristiche fisiche e tecniche di base e sono stati destinati agli stessi usi essenziali, a prescindere dalla loro qualità specifica», non ha commesso l’errore di diritto invocato dalla ricorrente.

153    Di conseguenza, la seconda censura deve essere respinta.

154    Nell’ambito di una terza censura, la ricorrente sostiene che il Consiglio non ha tenuto sufficientemente conto della cattiva qualità dei suoi prodotti nella valutazione delle condizioni di concorrenza, nonché degli elementi di prova da essa addotti al fine di dimostrare detta cattiva qualità.

155    Nell’ambito dell’esame della presente censura, occorre prendere in considerazione, in applicazione della giurisprudenza citata al punto 79 supra, l’ampio potere discrezionale riconosciuto alle istituzioni nell’ambito delle misure di difesa commerciale, a causa della complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che devono esaminare.

156    Incombeva pertanto alla ricorrente dimostrare che la debole qualità delle sue importazioni collocava queste ultime in una situazione di concorrenza talmente diversa da quella delle altre importazioni e del prodotto interessato che la scelta del Consiglio di applicare l’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), del regolamento di base riveste un carattere manifestamente erroneo.

157    Come è stato osservato al punto 142 supra, il Consiglio si è fondato, in sostanza, su tre elementi, per concludere che la condizione di cui all’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), del regolamento di base era soddisfatta: la preponderanza della dimensione prezzo nella concorrenza sul mercato dei fogli di alluminio e il debole ruolo svolto dalle differenze di qualità; la constatazione che i prodotti della ricorrente presentavano le stesse caratteristiche fisiche e tecniche di base ed erano destinati agli stessi usi essenziali, a prescindere dalla loro qualità specifica, e l’intenzione annunciata dalla ricorrente di riorientare la sua produzione verso fogli di alluminio di qualità ancora superiore, destinati alla trasformazione.

158    In primo luogo, è giocoforza constatare che gli elementi di prova presentati dalla ricorrente non rimettono in discussione l’insieme degli elementi presi in considerazione dal Consiglio. Pertanto, essi non confutano l’esistenza di un’intenzione della ricorrente di migliorare la qualità dei suoi prodotti, intenzione che non è neanche contestata dalla ricorrente stessa nelle sue memorie.

159    A tal riguardo, può osservarsi che il Tribunale ha già avuto occasione di prendere in considerazione, nell’ambito della determinazione del prodotto simile, non solo la sostituibilità a livello della domanda, ma anche la sostituibilità a livello dell’offerta, nell’ottica della possibilità di passare dalla produzione di prodotti di una certa qualità alla produzione di prodotti di un’altra qualità [v., in tal senso, sentenza del 10 ottobre 2012, Gem-Year e Jinn-Well Auto-Parts (Zhejiang)/Consiglio, T‑172/09, non pubblicata, EU:T:2012:532, punto 75]. Per le ragioni illustrate ai punti da 149 a 151 supra, un ragionamento elaborato nell’ambito dell’analisi del prodotto interessato ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di base è parimenti rilevante in relazione alla determinazione delle condizioni di concorrenza, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), di questo stesso regolamento.

160    Ne consegue necessariamente che la possibilità, non contestata dalla ricorrente, di passare ad una produzione di qualità più elevata riduce in maniera considerevole la portata del suo argomento relativo all’incidenza sulle condizioni di concorrenza della qualità asseritamente mediocre dei suoi prodotti.

161    In secondo luogo, e in ogni caso, occorre parimenti rilevare che il Consiglio ha messo correttamente in evidenza lo scarso valore probatorio degli elementi di prova presentati dalla ricorrente.

162    Secondo una giurisprudenza costante, il principio che vige nel diritto dell’Unione è quello della libertà di forma dei mezzi probatori e il solo criterio rilevante per valutare le prove prodotte è quello della loro attendibilità. Quindi, per valutare l’efficacia probatoria di un elemento di prova, si deve anzitutto verificare la verosimiglianza dell’informazione in esso contenuta. Occorre dunque considerare in particolare da chi proviene il documento, in quali circostanze è stato elaborato e a chi è destinato per chiedersi se, in base al suo contenuto, esso appaia ragionevole e affidabile (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 29 giugno 2012, GDF Suez/Commissione, T‑370/09, EU:T:2012:333, punto 161 e la giurisprudenza ivi citata).

163    In primis, per quanto riguarda le lettere delle società Timos, DLR, RONCORNI, SPHERE France, FRIO COMSET, Cogepack, è giocoforza constatare, anzitutto, che tali lettere sono state redatte su richiesta della ricorrente successivamente all’apertura del procedimento; inoltre, che il loro testo è estremamente simile, se non identico e, infine, che esse chiedono tutte la cessazione del procedimento antidumping avviato nei confronti della ricorrente. In tali circostanze, non si può ritenere che dette lettere siano intese a fornire una valutazione obiettiva della qualità dei prodotti della ricorrente. Al paragrafo di tali lettere relativo all’asserita cattiva qualità dei prodotti della ricorrente può pertanto essere attribuita solo un’efficacia probatoria limitata.

164    In secundis, per quanto riguarda la lettera della società Achenbach, risulta che anch’essa è stata redatta su richiesta della ricorrente successivamente all’apertura del procedimento. Essa sottolinea, in sostanza, che la messa in funzione delle nuove macchine fornite alla ricorrente da detta società ha incontrato talune difficoltà che hanno avuto un’incidenza sul costo di fabbricazione dei fogli di alluminio. Una siffatta lettera non presenta dunque una vera e propria efficacia probatoria per quanto attiene alla dimostrazione di un’asserita cattiva qualità della produzione della ricorrente.

165    Pertanto, sotto un terzo profilo, l’unico elemento che attesta davvero la cattiva qualità di un lotto di prodotti della ricorrente è la lettera di reclamo della società LENZING, la quale metteva fine alle sue forniture presso la ricorrente. Siamo tuttavia in presenza, in tal caso, di una contestazione relativa ad un importo relativamente limitato (EUR 3 176), il quale non può ragionevolmente essere considerato rappresentativo della totalità o di un campione ampio della produzione della ricorrente.

166    Alla luce di tutti questi elementi, si deve concludere che la ricorrente non è stata in grado di dimostrare il carattere manifestamente erroneo dell’applicazione dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), del regolamento di base alle sue importazioni.

167    La terza censura deve pertanto essere respinta e, di conseguenza, il terzo motivo in toto.

 Sul quarto motivo, relativo al fatto che il rifiuto dell’offerta di impegno della ricorrente sarebbe inficiato da una violazione del principio di parità di trattamento e da manifesti errori di valutazione

168    La ricorrente ritiene che la sua offerta di impegno sia stata respinta in violazione del principio di parità di trattamento e sulla base di un ragionamento manifestamente erroneo.

169    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, chiede il rigetto del presente motivo.

170    Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento di base: «[q]ualora sia stata accertata in via provvisoria l’esistenza di un dumping e di un pregiudizio, la Commissione può accettare l’offerta di un esportatore di impegnarsi volontariamente e in modo soddisfacente a modificare i suoi prezzi oppure a cessare le esportazioni a prezzi di dumping, sempreché la Commissione, previa specifica consultazione del comitato consultivo, ritenga che il pregiudizio causato dal dumping sia in tal modo eliminato».

171    Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, di questo stesso regolamento, «[g]li impegni offerti non devono necessariamente essere accettati se si ritiene che la loro accettazione provochi difficoltà, per esempio se il numero di esportatori effettivi o potenziali è troppo elevato o per altri motivi, anche di ordine generale[; a]gli esportatori interessati possono essere comunicati i motivi per i quali si intende proporre il rifiuto dell’offerta di impegno e si può dare loro la possibilità di presentare osservazioni[; i] motivi del rigetto vengono esposti nella decisione definitiva».

172    I considerando da 113 a 115 del regolamento impugnato così recitano:

«(113) Nel corso dell’inchiesta l’unico produttore esportatore armeno e l’unico produttore esportatore brasiliano che hanno collaborato hanno proposto impegni sui prezzi, conformemente all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento di base.

(114)          Entrambe le offerte sono state esaminate. L’offerta dell’esportatore brasiliano elimina gli effetti pregiudizievoli del dumping e limita in misura sufficiente il rischio di elusione. Per quanto riguarda l’offerta dell’esportatore armeno, tenuto conto della struttura complessa del gruppo di società e della complessità dei suoi canali di vendita, esiste un rischio elevato di compensazione trasversale con vendite dello stesso prodotto, ma di origine diversa, agli stessi clienti, nonché con vendite di prodotti diversi agli stessi clienti, provenienti da società di vendita diverse appartenenti allo stesso gruppo. L’esportatore armeno ha presentato, oltre il termine stabilito nell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento di base, un’offerta di impegno sostanzialmente modificata. Va osservato che l’offerta non può essere accettata non solo per il mancato rispetto dei termini, ma anche per la ragione indicata in appresso. Benché la società si fosse impegnata a vendere solo direttamente al primo cliente indipendente dell’UE, vale a dire, senza includere le sue due società collegate nel canale di vendita, l’inchiesta ha rivelato che essa ha venduto altri prodotti agli stessi acquirenti nell’UE. La società ha inoltre annunciato la sua intenzione di produrre e di esportare nell’UE un nuovo tipo di prodotto, ossia fogli e nastri di ACF. Dato che non è escluso che questo prodotto possa essere venduto agli stessi acquirenti nell’UE, neppure quest’offerta modificata è in grado di contenere ragionevolmente il rischio di compensazione incrociata.

(115)          Con la decisione 2009/736(…), la Commissione ha accettato l’impegno offerto dalla [CBA]. Il Consiglio riconosce che l’offerta di impegno elimina gli effetti pregiudizievoli del dumping e limita in misura sufficiente il rischio di elusione. L’offerta di Rusal Armenal è respinta per le ragioni indicate nel considerando 114 e per i problemi posti dalla sua contabilità, come risulta dai considerando 21 e 22».

173    Nell’ambito di tale motivo, la ricorrente contesta la legittimità di quello che essa ritiene essere il quarto motivo di rigetto della sua offerta di impegno, ossia il carattere asseritamente tardivo della presentazione della sua offerta di impegno, la qualificazione di detta offerta come «sostanzialmente modificata», il «rischio elevato di compensazione trasversale» che la sua accettazione avrebbe implicato e le carenze che interessavano la sua contabilità.

174    Tuttavia, è giocoforza constatare che la lettura dei considerando 114 e 115 del regolamento impugnato fa emergere la presenza di due soli motivi di rigetto dell’offerta di impegno presentata dalla ricorrente, ossia, da un lato, la constatazione che la versione modificata dell’offerta non limitava in maniera sufficiente il rischio elevato di «compensazione trasversale con vendite dello stesso prodotto, ma di origine diversa, agli stessi clienti, nonché con vendite di prodotti diversi agli stessi clienti, provenienti da società di vendita diverse appartenenti allo stesso gruppo» (considerando 114), e, dall’altro, le carenze che interessavano i conti della ricorrente (considerando 115). Infatti, non si evince dal considerando 114 del regolamento impugnato che gli altri due elementi individuati dalla ricorrente costituiscono motivi sui quali il Consiglio si è fondato al fine di respingere detta offerta.

175    Per quanto attiene alla legittimità del motivo attinente a carenze nella contabilità della ricorrente, figurante al considerando 115 del regolamento impugnato, occorre osservare che esso è stato illustrato in dettaglio alla ricorrente dalla Commissione in una lettera datata 7 agosto 2009, nella quale è stato sottolineato, in sostanza, che il controllo del rispetto dell’impegno implicava la possibilità di poter verificare la contabilità della ricorrente, e che le mancanze osservate nella tenuta dei conti della ricorrente in occasione dell’esame della sua domanda SEM rimettevano in discussione la possibilità di una siffatta verifica.

176    Come il Tribunale ha avuto occasione di sottolineare, dall’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento di base risulta che le istituzioni dell’Unione possono tener conto di ogni tipo di circostanza di merito nella valutazione dell’offerta di impegno (sentenza del 10 marzo 2009, Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP/Consiglio, T‑249/06, EU:T:2009:62, punto 224). Inoltre, nessuna disposizione del regolamento di base fa obbligo alle istituzioni dell’Unione di accettare proposte di impegni in materia di prezzi formulate dagli operatori economici oggetto di un’inchiesta preliminare all’istituzione di dazi antidumping. Al contrario dal detto regolamento risulta che il carattere accettabile di tali impegni è definito dalle istituzioni nell’ambito del loro potere discrezionale (v. sentenza del 10 marzo 2009, Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP/Consiglio, T‑249/06, EU:T:2009:62, punto 225 e la giurisprudenza ivi citata).

177    Se ne desume logicamente che il Tribunale può esercitare unicamente un controllo ristretto sulla fondatezza del rifiuto di un’offerta di impegno. A tal riguardo, può essere rilevato che l’ampio potere discrezionale di cui beneficiano le istituzioni non discende unicamente dalla complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche richieste dalle misure di difesa commerciale. Esso è parimenti la conseguenza della scelta del legislatore di lasciare una libertà di decisione alle istituzioni per quanto riguarda l’opportunità di accettare o meno un’offerta di impegno.

178    In primo luogo, si deve rilevare che l’imperativo di assicurare un controllo adeguato degli impegni è una considerazione di cui le istituzioni potevano validamente tenere conto in occasione dell’esame dell’offerta di impegno della ricorrente.

179    In secondo luogo, e di conseguenza, occorre verificare se, nella parte in cui ritiene che le carenze rilevate nella contabilità della ricorrente fossero idonee a mettere in discussione il controllo del rispetto degli impegni della ricorrente, il regolamento impugnato sia viziato da un manifesto errore di valutazione.

180    Come è stato sottolineato al punto 89 supra, risulta dal considerando 22 del regolamento impugnato, al quale rimanda il considerando 115 di questo stesso regolamento, che le istituzioni erano in possesso soltanto delle relazioni di audit per gli anni 2006 e 2007, le quali mettevano in evidenza talune carenze in relazione a tre elementi: l’inventario delle scorte al 31 dicembre 2006, il costo delle vendite e le perdite nette per gli anni 2006 e 2007.

181    Orbene, da un lato, è giocoforza constatare che siffatte carenze, al di là dei loro effetti sul calcolo del valore normale dei prodotti della ricorrente, sono idonee a generare un sospetto legittimo quanto all’attendibilità della contabilità della ricorrente.

182    Tale conclusione non è inficiata dalla circostanza, rilevata dalla ricorrente, che la stessa si è vista accordare un trattamento individuale, dal momento che l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base non include alcuna condizione relativa alla contabilità dell’impresa di cui trattasi. Pertanto, una siffatta circostanza è irrilevante.

183    Dall’altro, il Consiglio ha fatto correttamene valere nelle sue memorie che il rischio di compensazione trasversale al quale l’impegno della ricorrente avrebbe dovuto porre rimedio rendeva ancora più importante un controllo, da parte della Commissione, dei registri contabili e dei registri relativi agli acquisti, alla produzione e alle scorte della ricorrente. Infatti, nell’eventualità in cui la proposta di impegno della ricorrente fosse stata accettata, sarebbe spettato alla Commissione assicurarsi che quest’ultima, direttamente o tramite una società del gruppo cui appartiene, non vendesse a uno dei suoi clienti nell’Unione un altro prodotto riducendo il suo prezzo, il che avrebbe comportato l’annullamento o la limitazione dell’effetto dell’aumento sul prezzo del prodotto della ricorrente conseguente al suo impegno. È giocoforza constatare che la possibilità di assicurare una siffatta verifica è condizionata dall’attendibilità dei registri della ricorrente.

184    Alla luce delle considerazioni che precedono, il considerando 115 del regolamento impugnato non risulta viziato da alcun manifesto errore di valutazione. Poiché tale considerando è idoneo a giustificare in maniera sufficiente il rifiuto delle istituzioni di accettare l’offerta di impegno della ricorrente, non occorre esaminare le critiche effettuate nei confronti del considerando 114 di questo stesso regolamento.

185    Occorre quindi respingere il quarto motivo.

 Sul quinto motivo, relativo alla violazione del principio di buona amministrazione

186    Nell’ambito del quinto motivo, la ricorrente richiama un articolo apparso sul Sunday Times nel Regno Unito il 12 ottobre 2008, il quale sottolineava l’esistenza, da un lato, di contatti sociali fra il suo proprietario, il sig. D., e un ex membro della Commissione responsabile della direzione generale (DG) «Commercio» e, dall’altro, di un’inchiesta antidumping avviata nei suoi confronti. In sostanza, essa ritiene che emergano da tale articolo, nonché da altri articoli successivi, accuse di favoritismo, riprese in un’interrogazione parlamentare. Essa osserva parimenti che, in una lettera datata 16 ottobre 2008, pubblicata il 19 ottobre 2008, il direttore generale della DG «Commercio» ha fatto sapere che, qualora fosse stato accertato un dumping in relazione alla ricorrente, il recupero di dazi era probabile e che, «lungi dal ricevere un trattamento favorevole», la ricorrente avrebbe in definitiva potuto vedersi costretta a versare dazi sulle sue esportazioni.

187    In sostanza, la ricorrente addebita alla Commissione di essersi fondata pubblicamente sul procedimento in corso nei suoi confronti al fine di difendersi dalle accuse di favoritismo rivoltele. Essa ritiene parimenti che sia probabile che la lettera del 16 ottobre 2008 sia stata intesa dal personale della Commissione come un incitamento a condurre l’inchiesta in modo da ottenere un risultato sfavorevole nei confronti della ricorrente, al fine di dimostrare la propria indipendenza. Ciò costituirebbe una violazione del principio di «buona amministrazione», idoneo a comportare l’annullamento del regolamento impugnato.

188    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, chiede il rigetto del presente motivo.

189    Risulta da una giurisprudenza costante che la Commissione e il Consiglio sono tenuti ad osservare i diritti fondamentali dell’Unione nel corso di un procedimento amministrativo in materia di difesa contro le importazioni oggetto di un dumping da parte di paesi non membri dell’Unione, tra i quali vi è il diritto ad una buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [v. sentenza del 12 dicembre 2014, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio, T‑643/11, EU:T:2014:1076, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata]. Secondo la giurisprudenza relativa al principio di buona amministrazione, nei casi in cui le istituzioni dell’Unione dispongano di un potere discrezionale il rispetto delle garanzie offerte dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi riveste un’importanza ancor più fondamentale. Fra queste garanzie rientra in particolare l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie (sentenze del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, EU:C:1991:438, punto 14, e del 10 ottobre 2012, Ningbo Yonghong Fasteners/Consiglio, T‑150/09, non pubblicata, EU:T:2012:529, punto 77).

190    Nella specie, è giocoforza constatare che la Commissione si è limitata a richiamare elementi che rivestono un carattere pubblico, senza venire meno al suo dovere di imparzialità.

191    In primo luogo, nella misura in cui la ricorrente sostiene che la Commissione è all’origine degli elementi segnalati nell’articolo del Sunday Times, da un lato, occorre rilevare che l’esistenza di un’inchiesta avviata nei confronti delle importazioni di taluni fogli di alluminio originari dell’Armenia rivestiva un carattere pubblico, dal momento che detto articolo è posteriore alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea dell’avviso di apertura del procedimento, il 12 luglio 2008. Dall’altro, quanto alla circostanza che il sig. D. sia il proprietario della società oggetto di detta inchiesta, è sufficiente sottolineare che tale informazione poteva agevolmente essere desunta da elementi muniti di notorietà. Infatti, si può ragionevolmente ritenere che sia la circostanza che la ricorrente costituisca l’unica produttrice di alluminio in Armenia sia il fatto che il sig. D. sia il suo proprietario siano elementi di pubblico dominio.

192    In secondo luogo, per quanto riguarda il contenuto della lettera del 16 ottobre 2008, è giocoforza constatare che essa si limita a richiamare la logica del regolamento di base, ossia che le importazioni che sono oggetto di dumping e che arrecano un pregiudizio all’industria dell’Unione possono essere oggetto di dazi antidumping.

193    Non può pertanto essere ritenuta sussistente alcuna violazione del principio di buona amministrazione.

194    Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere il quinto motivo e, di conseguenza, l’intero ricorso.

 Sulle spese

195    Conformemente all’articolo 219 del regolamento di procedura del Tribunale, nelle decisioni del Tribunale pronunciate dopo l’annullamento e il rinvio, il medesimo provvede sulle spese relative, da un lato, ai procedimenti instaurati dinanzi ad esso e, dall’altro, al procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte. Nella misura in cui, nella sentenza su impugnazione, la Corte ha riservato le spese, spetta al Tribunale pronunciarsi del pari, nella presente sentenza, sulle spese relative al procedimento di impugnazione.

196    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, risultata soccombente, sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dal Consiglio, conformemente alla domanda di quest’ultimo.

197    In conformità dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le istituzioni intervenute nella causa sopportano le proprie spese. Il Parlamento e la Commissione sopporteranno pertanto le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Rusal Armenal ZAO sopporterà le proprie spese, nonché quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea nei procedimenti dinanzi al Tribunale e alla Corte.

3)      Il Parlamento europeo e la Commissione europea sopporteranno le proprie spese.

Prek

Labucka

Schwarcz

Tomljenović

 

      Kreuschitz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 gennaio 2017.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.